Language of document : ECLI:EU:C:2020:753

SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

24 settembre 2020 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro – Direttive 2000/78/CE e 2006/54/CE – Ambito di applicazione – Divieto di discriminazioni indirette fondate sull’età o sul sesso – Giustificazioni – Normativa nazionale che prevede un prelievo sulle pensioni versate direttamente ai loro beneficiari da parte di imprese controllate a maggioranza dallo Stato nonché la soppressione dell’indicizzazione dell’importo della pensione – Articoli 16, 17, 20 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Applicabilità – Discriminazione fondata sul patrimonio – Lesione della libertà contrattuale – Violazione del diritto di proprietà – Articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali – Diritto a un ricorso effettivo»

Nella causa C‑223/19,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Landesgericht Wiener Neustadt (Tribunale del Land, Wiener Neustadt, Austria), con decisione dell’11 marzo 2019, pervenuta in cancelleria il 13 marzo 2019, nel procedimento

YS

contro

NK AG,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta da A. Prechal, presidente di sezione, L.S. Rossi, J. Malenovský, F. Biltgen (relatore) e N. Wahl, giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: D. Dittert, capo unità

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 22 gennaio 2020,

considerate le osservazioni presentate:

–        per YS, da M. Breunig, Rechtsanwalt, e J. Hanreich, Prozessbevollmächtigter;

–        per NK, da C. Egermann, Rechtsanwalt;

–        per il governo austriaco, da J. Schmoll, in qualità di agente;

–        per la Commissione europea, da C. Valero, B.‑R. Killmann e B. Bertelmann, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 7 maggio 2020,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (GU 2000, L 303, pag. 16), della direttive 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (GU 2006, L 204, pag. 23), nonché degli articoli 16, 17, 20, 21 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra YS e la NK AG in merito al prelievo di un importo sulla pensione aziendale versata direttamente da quest’ultima a YS nonché alla soppressione, per l’anno 2018, del beneficio dell’indicizzazione contrattualmente convenuta di tale pensione.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

 Direttiva 79/7/CEE

3        L’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 79/7/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1978, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale (GU 1979, L 6, pag. 24), prevede che tale direttiva si applica ai regimi giuridici che assicurano una protezione contro, segnatamente, il rischio «vecchiaia».

 Direttiva 2000/78

4        Ai sensi dell’articolo 1 della direttiva 2000/78, essa mira a stabilire un quadro generale per la lotta alle discriminazioni fondate sulla religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali, per quanto concerne l’occupazione e le condizioni di lavoro al fine di rendere effettivo negli Stati membri il principio della parità di trattamento.

5        L’articolo 2, paragrafi 1 e 2, di detta direttiva così recita:

«1.      Ai fini della presente direttiva, per “principio della parità di trattamento” si intende l’assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata su uno dei motivi di cui all’articolo 1.

2.      Ai fini del paragrafo 1:

(...)

b)      sussiste discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una posizione di particolare svantaggio le persone che professano una determinata religione o ideologia di altra natura, le persone portatrici di un particolare handicap, le persone di una particolare età o di una particolare tendenza sessuale, rispetto ad altre persone, a meno che:

i)      tale disposizione, tale criterio o tale prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari; (...)

(...)».

6        L’articolo 3 di detta direttiva, intitolato «Campo d’applicazione», al paragrafo 1, dispone quanto segue:

«Nei limiti dei poteri conferiti alla Comunità, la presente direttiva, si applica a tutte le persone, sia del settore pubblico che del settore privato, compresi gli organismi di diritto pubblico, per quanto attiene:

(...)

c)      all’occupazione e alle condizioni di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e la retribuzione;

(...)».

 Direttiva 2006/54

7        Il considerando 30 della direttiva 2006/54 stabilisce che:

«L’adozione di norme sull’onere della prova contribuisce in modo significativo a che il principio della parità di trattamento possa essere applicato efficacemente. Pertanto, come dichiarato dalla Corte di giustizia, occorre adottare provvedimenti affinché l’onere della prova sia a carico della parte convenuta quando si può ragionevolmente presumere che vi sia stata discriminazione, a meno che si tratti di procedimenti in cui l’istruzione dei fatti spetta all’organo giurisdizionale o ad altro organo nazionale competente. Occorre tuttavia chiarire che la valutazione dei fatti in base ai quali si può presumere che ci sia stata discriminazione diretta o indiretta rimane di competenza dell’organo nazionale competente, secondo il diritto e/o la prassi nazionali. Inoltre, spetta agli Stati membri prevedere, in qualunque fase del procedimento, un regime probatorio più favorevole alla parte attrice».

8        L’articolo 1 della suddetta direttiva così dispone:

«Lo scopo della presente direttiva è assicurare l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego.

A tal fine, essa contiene disposizioni intese ad attuare il principio della parità di trattamento per quanto riguarda:

(...)

b)      le condizioni di lavoro, compresa la retribuzione;

c)      i regimi professionali di sicurezza sociale.

(...)».

9        L’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della direttiva in parola definisce la nozione di «discriminazione indiretta» come la situazione nella quale una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una situazione di particolare svantaggio le persone di un determinato sesso, rispetto a persone dell’altro sesso, a meno che detta disposizione, criterio o prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari.

10      L’articolo 4, primo comma, della medesima direttiva è così formulato:

«Per quanto riguarda uno stesso lavoro o un lavoro al quale è attribuito un valore uguale, occorre eliminare la discriminazione diretta e indiretta basata sul sesso e concernente un qualunque aspetto o condizione delle retribuzioni».

11      L’articolo 5 della direttiva 2006/54, contenuto nel capo 2, intitolato «Parità di trattamento nel settore dei regimi professionali di sicurezza sociale», del titolo II della stessa, così recita:

«Fermo restando quanto disposto dall’articolo 4, nei regimi professionali di sicurezza sociale è vietata qualsiasi discriminazione diretta o indiretta fondata sul sesso, specificamente per quanto riguarda:

(...)

c)      il calcolo delle prestazioni, comprese le maggiorazioni da corrispondere per il coniuge e per le persone a carico, nonché le condizioni relative alla durata e al mantenimento del diritto alle prestazioni».

12      L’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), iii), di tale direttiva prevede che le disposizioni contenute in detto capo 2 si applicano ai regimi professionali di sicurezza sociale che assicurano una protezione contro il rischio «vecchiaia», compreso il caso del pensionamento anticipato.

 Diritto austriaco

13      L’articolo 1 del Sonderpensionenbegrenzungsgesetz (legge sulla limitazione delle pensioni speciali, BGBl. I, 46/2014; in prosieguo: lo «SpBegrG») è composto da disposizioni di rango costituzionale che hanno apportato talune modifiche al Bundesverfassungsgesetz über die Begrenzung von Bezügen öffentlicher Funktionäre (legge costituzionale federale sulla limitazione delle retribuzioni dei funzionari pubblici, BGBl. I, 64/1997; in prosieguo: il «BezBegrBVG»). Tale articolo 1 ha ampliato, in particolare, l’ambito di applicazione ratione personae del BezBegrBVG ai dipendenti ed ex dipendenti di enti sottoposti al controllo del Rechnungshof (Corte dei conti, Austria). Questi ultimi includono le imprese di diritto privato nelle quali il governo federale austriaco o i diversi Land esercitano un’influenza determinante.

14      Benché lo SpBegrG, in quanto legge federale, non possa incidere direttamente sui contratti dei dipendenti delle imprese soggette al controllo del Rechnungshof (Corte dei conti) a causa dell’influenza determinante esercitata su di esse dai Land, l’articolo 10, paragrafo 6, del BezBegrBVG autorizza il legislatore di un Land ad adottare norme analoghe a quelle previste a livello federale per i dipendenti e gli ex dipendenti di enti nei quali tale Land detiene una partecipazione determinante.

15      Il Niederösterreichisches Landes- und Gemeindebezügegesetz (legge del Land della Bassa Austria sui compensi a livello di Land e di comuni; in prosieguo: il «NÖ Landes- und GemeindebezügeG»), adottato sulla base dello SpBegrG, all’articolo 24a, intitolato «Limitazione delle pensioni», prevede quanto segue:

«(1)      Gli aventi diritto a prestazioni pensionistiche e previdenziali in forza di promesse di prestazioni

(...)

b)      da parte di enti che, in considerazione della partecipazione di maggioranza o del controllo di fatto esercitato mediante misure economiche, finanziarie oppure organizzative, da parte del Land Niederösterreich [(Land della Bassa Austria, Austria)] (...), sono soggetti al controllo del Rechnungshof [(Corte dei conti)]

devono corrispondere un contributo di garanzia pensionistica per ogni quota eccedente la base contributiva mensile massima ai sensi dell’articolo 45 [dell’Allgemeines Sozialversicherungsgesetz (legge generale in materia di previdenza sociale), BGBl. 189/1955], da ultimo modificato dal BGBl. I, 139/1997, e dell’articolo 108, paragrafi 1 e 3, di [tale legge], da ultimo modificato dal BGBl. I, 35/2012. Ciò vale anche per versamenti specifici.

(2)      Tale contributo di garanzia pensionistica dev’essere trattenuto dall’ente erogante e dev’essere versato all’ente costituito ai sensi della legge del Land o all’impresa da cui provengono le prestazioni pensionistiche o previdenziali.

(3)      Il contributo di garanzia pensionistica ammonta a: (...)».

16      L’articolo 711 della legge generale in materia di previdenza sociale (in prosieguo: l’«ASVG»), inserito dal Pensionsanpassungsgesetz 2018 (legge in materia di perequazione delle pensioni del 2018, BGBl. I, 151/2017) e intitolato «Adeguamento delle pensioni per il 2018», è formulato come segue:

«(1)      In deroga all’articolo 108h, paragrafi 1, prima frase, e 2, per il 2018 l’aumento delle pensioni non è basato sull’indice di perequazione, bensì [deve essere effettuato] secondo le seguenti modalità. Il reddito complessivo da pensione (paragrafo 2) va adeguato

1.      per importi mensili non superiori a EUR 1 500, del 2,2%;

2.      per importi mensili superiori a EUR 1 500 fino a EUR 2 000, di EUR 33;

3.      per importi mensili superiori a EUR 2 000 fino a EUR 3 355, dell’1,6%;

4.      per importi mensili superiori a EUR 3 355 fino a EUR 4 980, la pensione deve essere maggiorata di un’aliquota che diminuisce in modo lineare tra i sopraccitati valori, dall’1,6% fino allo 0%.

Per redditi complessivi da pensione mensili superiori a EUR 4 980 non si applica alcun adeguamento.

(2)      Il reddito complessivo da pensione di una persona è la somma di tutte le pensioni percepite dall’assicurazione pensionistica legale (...). Sono considerate parte del reddito complessivo da pensione anche tutte le prestazioni rientranti nello [SpBegrG], spettanti al beneficiario al 31 dicembre 2017.

(...)

(6)      (Norma di rango costituzionale) L’adeguamento per il 2018 di prestazioni rientranti nello [SpBegrG] non deve superare l’aumento previsto al paragrafo 1, tenuto conto del reddito complessivo da pensione (paragrafo 2)».

17      Ai sensi dell’articolo 2 del Betriebspensionsgesetz (legge in materia di pensioni aziendali, BGBl. 282/1990):

«Le promesse di prestazioni ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, sono impegni assunti dal datore di lavoro, a seguito di dichiarazioni unilaterali, accordi individuali o norme di contratti collettivi,

1.      a versare a un fondo pensione (...) contributi a favore del lavoratore e dei superstiti dello stesso; (...) a versare premi per un’assicurazione collettiva aziendale (...) a favore del lavoratore e dei superstiti dello stesso; (...)

2.      a erogare prestazioni direttamente al lavoratore e ai superstiti dello stesso (promessa di prestazione diretta):

3.      a versare premi per un’assicurazione sulla vita stipulata a favore del lavoratore e dei superstiti dello stesso».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

18      L’attore nel procedimento principale è un ex dipendente della NK, una società per azioni quotata in borsa, nella quale il Land della Bassa Austria detiene una partecipazione di circa il 51%.

19      In data 2 marzo 1992, l’attore nel procedimento principale ha stipulato un contratto pensionistico aziendale con la NK. Tale accordo includeva una «promessa di prestazione diretta» a carico della NK, vale a dire una pensione aziendale, finanziata da riserve costituite da tale datore di lavoro e che quest’ultimo si è impegnato a versare direttamente al lavoratore, al termine del rapporto di lavoro. Inoltre, veniva concordata una clausola d’indicizzazione, in forza della quale tutti i diritti pensionistici sarebbero stati aumentati fino a concorrenza della stessa percentuale di quella che sarebbe stata applicata, durante il percepimento della suddetta pensione aziendale, alle retribuzioni della rispettiva categoria massima, come previste nel contratto collettivo per i dipendenti delle imprese austriache del settore interessato.

20      L’attore nel procedimento principale è stato collocato a riposo il 1° aprile 2010. Da allora percepisce, a tale titolo, varie prestazioni pensionistiche. In particolare, dal 17 dicembre 2010, la NK gli versa la «promessa di prestazione diretta» prevista dal contratto pensionistico aziendale del 2 marzo 1992.

21      A partire dal 1° gennaio 2015, la NK preleva, ai sensi dell’articolo 24a del NÖ Landes- und GemeindebezügeG, un contributo di garanzia pensionistica.

22      In applicazione dell’articolo 711 dell’ASVG, la NK non ha aumentato l’importo della pensione aziendale dell’attore nel procedimento principale per il 2018, laddove la parte di tale pensione versata direttamente avrebbe dovuto aumentare del 3% conformemente all’indicizzazione delle retribuzioni prevista per tale anno dal contratto collettivo per i dipendenti delle imprese austriache del settore interessato.

23      L’attore nel procedimento principale ha proposto dinanzi al giudice del rinvio, il Landesgericht Wiener Neustadt (Tribunale del Land, Wiener Neustadt, Austria), un’azione contro la NK diretta, da un lato, a contestare detti prelievi nonché il mancato aumento della sua pensione aziendale e, dall’altro, ad ottenere un accertamento dei suoi diritti futuri.

24      Per quanto riguarda l’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, in particolare delle direttive 79/7, 2000/78 e 2006/54, il giudice del rinvio ritiene che l’articolo 24a del NÖ Landes- und GemeindebezügeG e l’articolo 711 dell’ASVG (in prosieguo, congiuntamente: le «disposizioni nazionali in questione») disciplinino direttamente le modalità e le condizioni di determinazione dell’importo della pensione aziendale cui l’attore nel procedimento principale ha diritto in base al contratto pensionistico aziendale del 2 marzo 1992.

25      Il giudice del rinvio sottolinea che le disposizioni nazionali in questione si riferiscono a coloro che beneficiano di una pensione aziendale in forma di «promessa di prestazione diretta», il cui importo è relativamente elevato, a carico di un ente sottoposto al controllo del Rechnungshof (Corte dei conti), in particolare per il fatto che l’azionista di maggioranza è un Land che ha adottato norme in materia analoghe a quelle previste a livello federale.

26      Tale giudice espone che le disposizioni nazionali in questione non si applicano alle persone che non hanno raggiunto una determinata età, dal momento che gli accordi relativi alla concessione di una pensione in forma di «promessa di prestazione diretta» hanno cessato di essere stipulati in Austria nel corso dell’anno 2000 circa. Per contro, poiché questo tipo di accordo è stato generalmente concluso con persone che hanno raggiunto un numero considerevole di anni di anzianità e un certo livello di responsabilità in seno all’impresa che le occupava, esse avrebbero oggi raggiunto una certa età.

27      Il giudice del rinvio rileva inoltre che, secondo le statistiche ufficiali austriache, le disposizioni nazionali in questione riguardano in maggioranza la pensione aziendale degli uomini.

28      Quanto agli obiettivi di tali disposizioni, il giudice del rinvio ne menziona due, presi in considerazione dallo SpBegrG, consistenti, da un lato, nel ridurre gli squilibri creati per quanto riguarda le pensioni cosiddette «speciali» e, dall’altro, nell’assicurare il finanziamento sostenibile delle prestazioni pensionistiche.

29      Peraltro, secondo il giudice del rinvio, le disposizioni nazionali in questione sono state adottate sotto forma di disposizioni di rango costituzionale, principalmente al fine di limitare la possibilità di contestare la loro validità dinanzi al Verfassungsgerichtshof (Corte costituzionale, Austria).

30      In tale contesto, il Landesgericht Wiener Neustadt (Tribunale del Land, Wiener Neustadt) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se rientrino nel campo di applicazione della [direttiva 79/7/CEE] e/o della [direttiva 2006/54] disposizioni di uno Stato membro che producano l’effetto che, al momento dell’erogazione delle pensioni aziendali, l’ex datore di lavoro deve trattenere somme di denaro da un numero notevolmente più elevato di uomini aventi diritto alla pensione aziendale che di donne aventi diritto alla pensione aziendale e possa utilizzare dette somme liberamente, e se tali disposizioni siano discriminatorie ai sensi delle citate direttive.

2)      Se rientrino nel campo di applicazione della [direttiva 2000/78] disposizioni di uno Stato membro che discriminino in base all’età, ponendo un onere economico solo a carico di persone anziane che abbiano un diritto di natura privatistica all’erogazione di una pensione aziendale pattuita in forma di “promessa di prestazione diretta”, mentre le persone meno anziane e giovani che abbiano stipulato contratti relativi alle pensioni aziendali sono escluse da tale onere economico.

3)      Se le disposizioni della [Carta] e, in particolare, i divieti di discriminazione di cui ai suoi articoli 20 e 21, siano applicabili alle pensioni aziendali anche qualora le disposizioni di uno Stato membro non comportino discriminazioni come quelle vietate dalle direttive 79/7, 2000/78 e 2006/54.

4)      Se gli articoli 20 e segg. della [Carta] debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a disposizioni di uno Stato membro che diano attuazione al diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 51 della [Carta] e che discriminino persone che vantano un diritto di natura privatistica a una pensione aziendale, rispetto ad altre persone che vantano un diritto a una pensione aziendale, in base al sesso, all’età, al patrimonio o per altri motivi, come, ad esempio, l’attuale assetto proprietario dell’ex datore di lavoro, e se la [Carta] proibisca siffatte forme di discriminazione.

5)      Se disposizioni nazionali che impongono prestazioni finanziarie in favore dell’ex datore di lavoro solo a un gruppo ristretto di persone che vantano diritti contrattuali a una pensione aziendale in forma di “promessa di prestazione diretta” siano discriminatorie anche in base al patrimonio, ai sensi dell’articolo 21 della [Carta], quando siano colpite solo persone con pensioni aziendali elevate.

6)      Se l’articolo 17 della [Carta] debba essere interpretato nel senso che esso osta a disposizioni di uno Stato membro che prevedano un’ingerenza con effetto espropriativo, la quale avvenga direttamente per legge e senza il pagamento di un’indennità, nell’accordo stipulato tra due privati in merito a una pensione aziendale in forma di “promessa di prestazione diretta”, a carico dell’ex lavoratore dipendente di un’impresa che abbia provveduto all’erogazione della pensione aziendale e che non si trovi in difficoltà economiche.

7)      Se un obbligo previsto per legge a carico dell’ex datore di lavoro di una persona che vanta un diritto a una pensione aziendale di non erogare parte della remunerazione pattuita (la pensione aziendale pattuita) rappresenti, quale violazione della libertà contrattuale, un’ingerenza nel diritto di proprietà del datore di lavoro.

8)      Se l’articolo 47 della [Carta] debba essere interpretato nel senso che esso osta a disposizioni di uno Stato membro che prevedano l’espropriazione direttamente per legge e non contemplino nessun rimedio contro quest’ultima, se non quello di agire nei confronti del beneficiario dell’espropriazione (ossia l’ex datore di lavoro, debitore nell’ambito del contratto pensionistico), chiedendo il risarcimento dei danni e il rimborso delle somme di denaro espropriate».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima parte della prima e della seconda questione

31      Con la prima parte della prima e della seconda questione, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se le direttive 79/7, 2000/78 e 2006/54 debbano essere interpretate nel senso che rientrano nel loro ambito di applicazione disposizioni del diritto di uno Stato membro ai sensi delle quali, da un lato, una parte dell’importo della pensione aziendale, che il datore di lavoro si è impegnato, mediante contratto, a versare direttamente al suo ex lavoratore, deve essere prelevata alla fonte da detto datore di lavoro e, dall’altro, l’indicizzazione contrattualmente convenuta dell’importo di tale prestazione è resa inefficace.

32      A tale riguardo, occorre, in un primo tempo, ricordare che, conformemente all’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 79/7, quest’ultima si applica solo ai regimi legali che assicurano una protezione contro, in particolare, il rischio «vecchiaia» (v., in tal senso, sentenza del 22 novembre 2012, Elbal Moreno, C‑385/11, EU:C:2012:746, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

33      Per contro, prestazioni concesse in forza di un regime pensionistico che dipende essenzialmente dal posto ricoperto dall’interessato si ricollegano alla retribuzione che quest’ultimo percepiva e rientrano nelle previsioni dell’articolo 157 TFUE [v., in tal senso, sentenza del 5 novembre 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza dei giudici di diritto comune), C‑192/18, EU:C:2019:924, punto 59 e giurisprudenza ivi citata]. Pertanto, esse costituiscono «retribuzioni» ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2000/78 (v., in tal senso, sentenza del 15 gennaio 2019, E.B., C‑258/17, EU:C:2019:17, punti 44 e 48).

34      Inoltre, dall’articolo 1, lettera c), e dall’articolo 5, lettera c), della direttiva 2006/54 risulta che quest’ultima riguarda i regimi professionali di sicurezza sociale. Orbene, è già stato dichiarato che i regimi pensionistici nei quali le relative prestazioni sono versate al beneficiario a motivo del suo rapporto di lavoro con il datore di lavoro pubblico rientrano anch’essi nell’ambito di applicazione materiale dell’articolo 5 della direttiva 2006/54 [v., in tal senso, sentenza del 5 novembre 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza dei giudici di diritto comune), C‑192/18, EU:C:2019:924, punti 72 e 73].

35      Ne consegue che una pensione, come la «promessa di prestazione diretta» che l’attore nel procedimento principale percepisce dal suo ex datore di lavoro a motivo del suo rapporto di lavoro con quest’ultimo, non rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 79/7, bensì in quello delle direttive 2000/78 e 2006/54.

36      In un secondo momento, occorre osservare che le disposizioni nazionali in questione, in forza delle quali, da un lato, una parte dell’importo della pensione aziendale, che il datore di lavoro si è impegnato, mediante contratto, a versare direttamente al suo ex lavoratore, deve essere prelevata alla fonte da detto datore di lavoro e, dall’altro, l’indicizzazione contrattualmente convenuta dell’importo di tale prestazione è resa inefficace, comportano una riduzione dell’importo della pensione che tale società si è impegnata a versare al suddetto ex lavoratore. Esse incidono, quindi, sulle condizioni di retribuzione di quest’ultimo, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2000/78 e sul regime professionale di sicurezza sociale ai sensi dell’articolo 5, lettera c), della direttiva 2006/54. Pertanto, tali direttive si applicano a una situazione come quella di cui trattasi nel procedimento principale (v., per analogia, sentenza del 16 giugno 2016, Lesar, C‑159/15, EU:C:2016:451, punto 18 e giurisprudenza ivi citata).

37      Tale conclusione non è rimessa in discussione dall’insegnamento che emerge dalla sentenza del 2 giugno 2016, C (C‑122/15, EU:C:2016:391), citata dal governo austriaco nelle sue osservazioni scritte, al cui punto 30 la Corte ha dichiarato che una normativa nazionale relativa a un’imposta addizionale sui redditi pensionistici non rientra nell’ambito di applicazione sostanziale della direttiva 2000/78.

38      Infatti, la Corte si è basata, ai punti 25 e 26 di detta sentenza, sulla circostanza che la controversia che ha dato luogo a quest’ultima verteva non sulle modalità o sulle condizioni di determinazione dell’importo delle prestazioni corrisposte al lavoratore in ragione del suo rapporto di lavoro con il suo ex datore di lavoro, bensì sull’aliquota d’imposta sui redditi pensionistici, imposizione che deriva direttamente ed esclusivamente dalla normativa fiscale nazionale e che è estranea al rapporto di lavoro e, pertanto, alla determinazione della «retribuzione», ai sensi della suddetta direttiva e dell’articolo 157, paragrafo 2, TFUE.

39      Di conseguenza, occorre rispondere alla prima parte della prima e della seconda questione dichiarando che le direttive 2000/78 e 2006/54 devono essere interpretate nel senso che rientrano nel loro ambito di applicazione disposizioni del diritto di uno Stato membro ai sensi delle quali, da un lato, una parte dell’importo della pensione aziendale, che il datore di lavoro si è impegnato, mediante contratto, a versare direttamente al suo ex lavoratore, deve essere prelevata alla fonte da detto datore di lavoro e, dall’altro, l’indicizzazione contrattualmente convenuta dell’importo di tale prestazione è resa inefficace.

 Sulla seconda parte della prima questione

40      Con la seconda parte della sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva 2006/54 debba essere interpretata nel senso che essa osta alla normativa di uno Stato membro ai sensi della quale i beneficiari di una pensione che un’impresa controllata dallo Stato si è impegnata, mediante contratto, a versare loro direttamente e che supera determinate soglie fissate da tale normativa si vedono privati, da un lato, di un importo trattenuto sulla parte di tale pensione eccedente una di dette soglie e, dall’altro, del beneficio di un’indicizzazione contrattualmente convenuta di detta pensione, allorché vi sono molti più beneficiari di sesso maschile che di sesso femminile i quali sono interessati dalla suddetta normativa.

41      Ai sensi dell’articolo 5, lettera c), della direttiva 2006/54, è vietata qualsiasi discriminazione diretta o indiretta fondata sul sesso nel calcolo delle prestazioni erogate nei regimi professionali di sicurezza sociale che, conformemente all’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), iii), di tale direttiva, assicurano una protezione, in particolare, contro il rischio «vecchiaia».

42      Occorre anzitutto rilevare che disposizioni nazionali come quelle di cui al procedimento principale non comportano una discriminazione diretta, dal momento che si applicano indistintamente ai lavoratori di sesso maschile e femminile.

43      Quanto alla questione di sapere se una normativa nazionale siffatta comporti una discriminazione indiretta, tale nozione è definita, ai fini della direttiva 2006/54, all’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), di quest’ultima, come la situazione nella quale una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una situazione di particolare svantaggio le persone di un determinato sesso, rispetto a persone dell’altro sesso, a meno che detta disposizione, criterio o prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari.

44      A tale riguardo, in primo luogo, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che le persone svantaggiate dalle disposizioni nazionali in questione sono gli ex dipendenti di imprese controllate dallo Stato che percepiscono una pensione in forma di «promessa di prestazione diretta», il cui importo supera determinate soglie. Infatti, da un lato, l’articolo 24a del NÖ Landes- und GemeindebezügeG prevede il versamento di un contributo di garanzia pensionistica per la parte di tale prestazione eccedente l’importo della base contributiva massima mensile, conformemente all’ASVG. All’udienza dinanzi alla Corte, il governo austriaco ha affermato che tale importo mensile ammontava a EUR 5 370 lordi per l’anno 2020. Dall’altro lato, in forza dell’articolo 711, paragrafo 6, dell’ASVG, nessun aumento di una prestazione contemplata dallo SpBegrG, quale la «promessa di prestazione diretta» di cui trattasi nel procedimento principale, poteva essere effettuato per l’anno 2018 se l’importo cumulato di tutte le pensioni dell’interessato era superiore a EUR 4 980 mensili.

45      Ai fini dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2006/54, la situazione delle persone cui si applicano le disposizioni nazionali in questione non può essere paragonata a quella degli ex lavoratori di imprese non controllate dallo Stato o a quella delle persone che percepiscono una pensione aziendale in una forma diversa da una «promessa di prestazione diretta», come i versamenti di un fondo pensione o di un’assicurazione sulla vita. Infatti, a differenza delle pensioni corrisposte alle due categorie di soggetti soprammenzionati, lo Stato federale o il Land interessato controlla i datori di lavoro dei lavoratori che beneficiano di una «promessa di prestazione diretta» e i fondi destinati alle pensioni di detti lavoratori.

46      Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 55 delle sue conclusioni, le situazioni da confrontare sono, tra le persone che percepiscono una pensione in forma di «promessa di prestazione diretta» da un’impresa controllata dallo Stato, quella delle persone interessate dalle disposizioni nazionali in questione a causa dell’importo di tale prestazione e quella delle persone che non lo sono.

47      Ne consegue che il criterio apparentemente neutro, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2006/54, che dà luogo a una disparità di trattamento in ragione dell’applicazione delle disposizioni nazionali in questione, deve essere considerato come l’importo delle prestazioni determinato da queste ultime, in quanto solo i beneficiari di pensioni il cui importo supera determinate soglie sono svantaggiati da tali disposizioni.

48      Per quanto riguarda, in secondo luogo, la questione se tale disparità di trattamento sfavorisca in modo particolare persone di un sesso rispetto a persone dell’altro sesso, il giudice del rinvio si limita a rilevare che, secondo le statistiche ufficiali austriache, le disposizioni nazionali in questione riguardano in maggioranza uomini.

49      A tal proposito, la Corte ha dichiarato che l’esistenza di un siffatto particolare svantaggio potrebbe essere dimostrata, segnatamente, se fosse provato che una normativa nazionale colpisce negativamente in proporzione significativamente maggiore le persone di un determinato sesso rispetto a quelle dell’altro sesso (sentenza del 3 ottobre 2019, Schuch-Ghannadan, C‑274/18, EU:C:2019:828, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

50      Come risulta parimenti dal considerando 30 della direttiva 2006/54, la valutazione dei fatti che consentono di presumere l’esistenza di una discriminazione indiretta è una questione di competenza del giudice nazionale, secondo il diritto o la prassi nazionale, che possono prevedere, in particolare, che la discriminazione indiretta sia accertata con qualsiasi mezzo, compresa l’evidenza statistica (sentenza del 3 ottobre 2019, Schuch-Ghannadan, C‑274/18, EU:C:2019:828, punto 46 e giurisprudenza ivi citata).

51      Pertanto, spetta al giudice nazionale valutare in qual misura i dati statistici prodotti dinanzi ad esso siano affidabili e se possano essere presi in considerazione, vale a dire se, in particolare, non riflettano fenomeni puramente fortuiti o congiunturali e se siano sufficientemente significativi (v., in tal senso, sentenza del 3 ottobre 2019, Schuch-Ghannadan, C‑274/18, EU:C:2019:828, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).

52      Quanto ai dati statistici, la Corte ha parimenti affermato, da una parte, che spetta al giudice del rinvio prendere in considerazione l’insieme dei lavoratori assoggettati alla normativa nazionale da cui ha origine la disparità di trattamento e, dall’altra, che il miglior metodo di comparazione consiste nel comparare le proporzioni rispettive dei lavoratori che sono e che non sono colpiti dall’asserita disparità di trattamento nell’ambito della mano d’opera maschile rientrante nel campo di applicazione di tale normativa e le medesime proporzioni nell’ambito della mano d’opera femminile ivi rientrante (v., in tal senso, sentenze del 6 dicembre 2007, Voß, C‑300/06, EU:C:2007:757, punti 40 e 41, nonché del 3 ottobre 2019, Schuch-Ghannadan, C‑274/18, EU:C:2019:828, punto 47).

53      Nel caso di specie, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che rientrano nell’ambito di applicazione delle disposizioni nazionali in questione gli ex lavoratori di un ente sottoposto al controllo del Rechnungshof (Corte dei conti) che beneficiano di una pensione aziendale in forma di «promessa di prestazione diretta».

54      Di conseguenza, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi da 65 a 67 delle sue conclusioni, se le statistiche disponibili dovessero effettivamente dimostrare che la quota di ex lavoratori in relazione ai quali l’importo di una siffatta pensione aziendale è stato interessato dalle disposizioni nazionali in questione è notevolmente più elevata tra gli ex lavoratori di sesso maschile rientranti nell’ambito di applicazione di queste ultime rispetto agli ex lavoratori di sesso femminile ivi rientranti, occorrerebbe ritenere che tale situazione sia rivelatrice di una discriminazione indiretta fondata sul sesso, contraria all’articolo 5, lettera c), della direttiva 2006/54, sempreché tali disposizioni non siano giustificate da fattori obiettivi ed estranei a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso (v., per analogia, sentenza del 6 dicembre 2007, Voß, C‑300/06, EU:C:2007:757, punto 42).

55      Infatti, e in terzo luogo, supponendo che il giudice del rinvio ritenga, alla luce delle considerazioni esposte ai punti 53 e 54 della presente sentenza, che le disposizioni nazionali in questione sono all’origine di una disparità di trattamento idonea a costituire una discriminazione indiretta fondata sul sesso, spetterebbe allora a tale giudice esaminare in quale misura una siffatta disparità di trattamento possa nondimeno essere giustificata da fattori obiettivi estranei a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso, come risulta dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2006/54.

56      Conformemente alla giurisprudenza della Corte, tale ipotesi ricorre, in particolare, se gli strumenti scelti rispondono a uno scopo legittimo di politica sociale, sono idonei a conseguire l’obiettivo perseguito dalla disciplina in esame e sono necessari a tal fine, fermo restando che essi possono essere considerati idonei a garantire l’obiettivo indicato solo se soddisfano realmente l’intento di raggiungerlo e se sono attuati in maniera coerente e sistematica (v., in tal senso, sentenza del 17 luglio 2014, Leone, C‑173/13, EU:C:2014:2090, punti 53 e 54 e giurisprudenza ivi citata).

57      Inoltre, la Corte ha dichiarato che, nello scegliere i provvedimenti atti a realizzare gli obiettivi della loro politica sociale e occupazionale, gli Stati membri dispongono di un’ampia discrezionalità (sentenze del 6 aprile 2000, Jørgensen, C‑226/98, EU:C:2000:191, punto 41, e del 20 ottobre 2011, Brachner, C‑123/10, EU:C:2011:675, punto 73 e giurisprudenza ivi citata).

58      Dalla giurisprudenza della Corte emerge altresì che, sebbene spetti in ultima analisi al giudice nazionale, che è il solo competente a valutare i fatti e ad interpretare il diritto nazionale, stabilire se ed entro quali limiti la disposizione di legge di cui trattasi sia giustificata da tale fattore oggettivo, la Corte, chiamata a fornire ad esso risposte utili nell’ambito di un rinvio pregiudiziale, è competente per dare indicazioni, vertenti sugli atti del procedimento principale nonché sulle osservazioni scritte e orali sottopostele, idonee a consentire al giudice nazionale di pronunciarsi (sentenza del 17 luglio 2014, Leone, C‑173/13, EU:C:2014:2090, punto 56 e giurisprudenza ivi citata).

59      Nel caso di specie, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che lo SpBegrG, al quale le disposizioni nazionali in questione sono strettamente collegate, persegue due obiettivi, vale a dire, da un lato, ridurre gli squilibri creati per quanto riguarda le pensioni cosiddette «speciali», le quali, come indicato dal governo austriaco nelle sue osservazioni scritte, sono «pensioni complementari al di fuori dei regimi pensionistici abituali» e, dall’altro, assicurare il finanziamento sostenibile delle prestazioni pensionistiche. Il governo austriaco ha confermato tali obiettivi nelle sue osservazioni scritte, specificando che le disposizioni nazionali in questione mirano, più precisamente, a compensare gli squilibri nella concessione di prestazioni pensionistiche finanziate in ultima istanza dallo Stato. Tale governo ha inoltre precisato che siffatte pensioni costituiscono oneri finanziari gravosi per le imprese interessate, che rischiano di avere ripercussioni indirette sul bilancio dello Stato, in particolare a causa di distribuzioni ridotte di dividendi.

60      A tale riguardo, la Corte ha già dichiarato che considerazioni di bilancio non possono giustificare una discriminazione a sfavore di uno dei sessi (sentenza del 23 ottobre 2003, Schönheit e Becker, C‑4/02 e C‑5/02, EU:C:2003:583, punto 85 nonché giurisprudenza ivi citata).

61      Per contro, gli obiettivi consistenti nell’assicurare il finanziamento sostenibile delle prestazioni pensionistiche e nel ridurre il divario tra i livelli delle pensioni finanziate dallo Stato possono essere considerati, tenuto conto dell’ampio margine di discrezionalità di cui godono gli Stati membri, come obiettivi legittimi di politica sociale estranei a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso.

62      Nel caso di specie, e fatte salve le verifiche che spetta al giudice del rinvio effettuare al riguardo, dal fascicolo sottoposto alla Corte risulta che le disposizioni nazionali sono idonee a perseguire siffatti obiettivi. Da un lato, sia la trattenuta di una parte della prestazione da versare sia il mancato aumento dell’importo di quest’ultima sono tali da consentire la costituzione di riserve per i futuri obblighi di pagamento. A tale riguardo, se è vero, come sottolineato dall’attore nel procedimento principale nonché dalla NK all’udienza dinanzi alla Corte, che gli importi così risparmiati possono, in linea di principio, essere utilizzati per qualsiasi scopo dalle imprese interessate, resta il fatto che, fatte salve le medesime verifiche, lo Stato, in caso di partecipazione maggioritaria, dispone di un’influenza sufficiente su detta impresa al fine di garantire un finanziamento adeguato da parte di quest’ultima delle prestazioni pensionistiche di cui trattasi.

63      Dall’altro, poiché tali disposizioni incidono soltanto sulle prestazioni il cui importo supera una determinata soglia, esse hanno l’effetto di ravvicinare queste ultime al livello delle pensioni meno elevate.

64      Peraltro, con riserva di verifica da parte del giudice del rinvio, le suddette disposizioni sono attuate in modo coerente e sistematico in quanto si applicano a tutte le pensioni concesse in forma di «promessa di prestazione diretta» dagli enti e dalle imprese direttamente o indirettamente soggette al controllo dello Stato, per i quali le riserve costituite grazie agli importi trattenuti o non erogati sono quindi disponibili per finanziare futuri obblighi pensionistici.

65      Le disposizioni nazionali in questione non appaiono comportare misure che vadano al di là di quanto necessario per raggiungere gli obiettivi perseguiti, in particolare in quanto tengono conto delle capacità contributive degli interessati, dato che tanto gli importi prelevati ai sensi dell’articolo 24a del NÖ Landes- und GemeindebezügeG, quanto le limitazioni all’aumento delle pensioni previste all’articolo 711 dell’ASVG sono scaglionati in funzione degli importi delle prestazioni concesse.

66      Inoltre, per quanto riguarda, più in particolare, l’obiettivo di assicurare il finanziamento sostenibile delle prestazioni pensionistiche, il fatto che una determinata impresa, come la NK, possa aver costituito riserve sufficienti a tal fine non può di per sé rimettere in discussione il carattere necessario delle disposizioni nazionali in questione, dal momento che, come rilevato dalla Commissione europea nelle sue osservazioni scritte, queste riguardano tutte le imprese controllate a maggioranza dallo Stato federale e dal Land della Bassa Austria.

67      Tenuto conto delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla seconda parte della prima questione dichiarando che l’articolo 5, lettera c), e l’articolo 7, lettera a), iii), della direttiva 2006/54 devono essere interpretati nel senso che essi non ostano alla normativa di uno Stato membro ai sensi della quale i beneficiari di una pensione che un’impresa controllata dallo Stato si è impegnata, mediante contratto, a versare loro direttamente e che supera determinate soglie fissate da tale normativa si vedono privati, da un lato, di un importo trattenuto sulla parte di tale pensione eccedente una di dette soglie e, dall’altro, del beneficio di un’indicizzazione contrattualmente convenuta di detta pensione, anche laddove la quota di ex lavoratori in relazione ai quali l’importo di una siffatta pensione aziendale è stato interessato dalle disposizioni nazionali in questione sia notevolmente più elevata tra gli ex lavoratori di sesso maschile rientranti nell’ambito di applicazione di queste ultime rispetto agli ex lavoratori di sesso femminile ivi rientranti, a condizione che tali conseguenze siano giustificate da fattori obiettivi estranei a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

 Sulla seconda parte della seconda questione

68      Con la seconda parte della sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva 2000/78 debba essere interpretata nel senso che essa osta alla normativa di uno Stato membro ai sensi della quale i beneficiari di una pensione che un’impresa controllata dallo Stato si è impegnata, mediante contratto, a versare loro direttamente e che supera determinate soglie fissate da tale normativa si vedono privati, da un lato, di un importo trattenuto sulla parte di tale pensione eccedente una di dette soglie e, dall’altro, del beneficio di un’indicizzazione contrattualmente convenuta di detta pensione, laddove detta normativa si applichi unicamente a beneficiari che hanno superato una determinata età.

69      Ai sensi dell’articolo 1 e dell’articolo 2, paragrafo 1 e paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2000/78, è vietata qualsiasi discriminazione indiretta fondata, in particolare, sull’età. Sussiste discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una posizione di particolare svantaggio le persone di una particolare età rispetto ad altre persone, a meno che tale disposizione, tale criterio o tale prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari (sentenza del 7 febbraio 2019, Escribano Vindel, C‑49/18, EU:C:2019:106, punti 41 e 42).

70      Secondo il giudice del rinvio, l’eventuale esistenza di una discriminazione indiretta fondata sull’età si basa sul fatto che nessun contratto pensionistico in forma di «promessa di prestazione diretta» è stato più stipulato in Austria dal 2000, cosicché le disposizioni nazionali in questione si applicano solo alle persone che hanno raggiunto una determinata età, dato che i contratti pensionistici aziendali per le altre persone sono stati conclusi sul modello dei fondi pensione o dell’assicurazione.

71      Orbene, al pari di una discriminazione indiretta fondata sul sesso, come risulta dai punti 45, 49 e 52 della presente sentenza, una discriminazione indiretta fondata sull’età può essere ravvisata solo qualora sia provato che una normativa nazionale incide negativamente, e senza giustificazione, su una percentuale significativamente più elevata di persone di una determinata età rispetto ad altre persone. A tal fine, occorre prendere in considerazione tutti i lavoratori soggetti alla normativa nazionale da cui trae origine la disparità di trattamento.

72      Ne consegue che, al fine di accertare l’esistenza di una discriminazione indiretta fondata sull’età, le persone svantaggiate dalle disposizioni nazionali in questione non possono essere paragonate a persone che non rientrano nell’ambito di applicazione di queste ultime, quali le persone che hanno stipulato un contratto pensionistico sul modello dei fondi pensione o dell’assicurazione.

73      Peraltro, come ricordato dall’avvocato generale al paragrafo 89 delle sue conclusioni, il solo fatto che alle persone che non hanno raggiunto una determinata età sia stato applicato un quadro giuridico nuovo non può dar luogo a una discriminazione indiretta fondata sull’età a danno delle altre persone, alle quali si applica il vecchio quadro giuridico (v., in tal senso, sentenza del 14 febbraio 2019, Horgan e Keegan, C‑154/18, EU:C:2019:113, punto 28).

74      Occorre, inoltre, rilevare che il giudice del rinvio non ha fornito indicazioni secondo le quali, tra i soggetti che rientrano nell’ambito di applicazione delle disposizioni nazionali in questione, vale a dire i beneficiari di una pensione versata da un’impresa controllata dallo Stato in forma di «promessa di prestazione diretta», una quota significativamente maggiore di persone che abbiano raggiunto una determinata età sarebbe svantaggiata da queste ultime.

75      Di conseguenza, si deve rispondere alla seconda parte della seconda questione dichiarando che l’articolo 2, paragrafo 1 e paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2000/78 deve essere interpretato nel senso che esso non osta alla normativa di uno Stato membro ai sensi della quale i beneficiari di una pensione che un’impresa controllata dallo Stato si è impegnata, mediante contratto, a versare loro direttamente e che supera determinate soglie fissate da tale normativa si vedono privati, da un lato, di un importo trattenuto sulla parte di tale pensione eccedente una di dette soglie e, dall’altro, del beneficio di un’indicizzazione contrattualmente convenuta di detta pensione, per il solo fatto che detta normativa si applica unicamente a beneficiari che hanno superato una determinata età.

 Sulla terza, quarta, quinta, sesta e settima questione

76      Con la sua terza, quarta, quinta, sesta e settima questione, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 16, 17, 20 e 21 della Carta debbano essere interpretati nel senso che essi ostano alla normativa di uno Stato membro ai sensi della quale i beneficiari di una pensione che un’impresa controllata dallo Stato si è impegnata, mediante contratto, a versare loro direttamente e che supera determinate soglie fissate da tale normativa si vedono privati, da un lato, di un importo trattenuto sulla parte di tale pensione eccedente una di dette soglie e, dall’altro, del beneficio di un’indicizzazione contrattualmente convenuta di detta pensione.

77      A tal proposito, occorre ricordare che l’ambito di applicazione della Carta è definito al suo articolo 51, paragrafo 1, ai sensi del quale, per quanto riguarda l’azione degli Stati membri, le disposizioni della Carta si applicano a questi ultimi esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione.

78      Si deve altresì ricordare che i diritti fondamentali garantiti dalla Carta sono applicabili a tutte le situazioni regolate dal diritto dell’Unione e che, quindi, essi devono essere rispettati, segnatamente, allorché una normativa nazionale rientra nell’ambito di applicazione di tale diritto [sentenza del 21 maggio 2019, Commissione/Ungheria (Usufrutti su terreni agricoli), C‑235/17, EU:C:2019:432, punto 63 e giurisprudenza ivi citata].

79      Occorre tuttavia che, nel settore interessato, il diritto dell’Unione imponga obblighi specifici agli Stati membri in relazione alla situazione oggetto del procedimento principale (v., in tal senso, sentenza del 10 luglio 2014, Julián Hernández e a., C‑198/13, EU:C:2014:2055, punto 35).

80      Orbene, nel caso di specie, come risulta dai punti da 40 a 67 della presente sentenza, le disposizioni nazionali in questione potrebbero dar luogo a una disparità di trattamento fondata sul sesso che, in mancanza di giustificazione, costituirebbe una discriminazione indiretta vietata dalla direttiva 2006/54. Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 98 delle sue conclusioni, esse sono quindi soggette a una disciplina specifica del diritto dell’Unione, in quanto la determinazione e il calcolo delle prestazioni nei regimi professionali di sicurezza sociale devono essere privi di discriminazioni contrarie a tale direttiva nonché alla direttiva 2000/78.

81      Ne consegue che le disposizioni nazionali in questione costituiscono un’attuazione del diritto dell’Unione, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, cosicché esse devono rispettare i diritti fondamentali garantiti da quest’ultima.

82      A tal proposito, in primo luogo, l’articolo 20 della Carta sancisce il principio di uguaglianza di tutte le persone davanti alla legge. Ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 1 della Carta medesima, è vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, l’età o il patrimonio.

83      Per quanto riguarda, più precisamente, la discriminazione fondata sull’età, dalla giurisprudenza della Corte discende che, quando adottano misure rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva 2000/78, in cui trova espressione concreta, in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, il divieto di discriminazioni in funzione dell’età, gli Stati membri devono agire nel rispetto di tale direttiva (sentenza del 21 gennaio 2015, Felber, C‑529/13, EU:C:2015:20, punto 16 e giurisprudenza ivi citata). Del pari, gli Stati membri, quando adottano provvedimenti rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva 2006/54, la quale concretizza, in tale settore, il divieto di discriminazioni fondate sul sesso, devono agire nel rispetto di quest’ultima direttiva.

84      Ciò premesso, le questioni del giudice del rinvio relative all’esistenza di una discriminazione fondata sull’età e sul sesso devono essere esaminate, come lo sono state nell’ambito delle risposte alla prima e alla seconda questione, unicamente alla luce, rispettivamente, delle direttive 2000/78 e 2006/54 (v., in tal senso, sentenza del 13 novembre 2014, Vital Pérez, C‑416/13, EU:C:2014:2371, punto 25).

85      Per quanto riguarda una discriminazione fondata sul patrimonio, ammesso che possa essere dimostrato che la disparità di trattamento individuata al punto 46 della presente sentenza, ossia il fatto che le disposizioni nazionali in questione incidano unicamente su pensioni il cui importo supera una certa soglia, svantaggia in particolare le persone che dispongono di un certo patrimonio, una circostanza del genere può essere giustificata nel caso di specie per i motivi esposti ai punti da 60 a 66 della presente sentenza, fatte salve le verifiche che il giudice del rinvio deve effettuare. Entro questi limiti, siffatte disposizioni non comportano alcuna violazione dell’articolo 20 e dell’articolo 21, paragrafo 1, della Carta a tale titolo.

86      Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’articolo 16 della Carta, occorre ricordare che la libertà contrattuale contemplata dalla settima questione pregiudiziale rientra nella libertà d’impresa garantita da tale articolo (v., in tal senso, sentenza del 22 gennaio 2013, Sky Österreich, C‑283/11, EU:C:2013:28, punto 42). Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 110 delle sue conclusioni, tale libertà include quella di fissare o negoziare il prezzo di una prestazione.

87      Ne consegue che disposizioni come le disposizioni nazionali in questione costituiscono una limitazione alla libertà contrattuale, in quanto obbligano le imprese interessate a versare ai loro ex dipendenti una pensione in forma di «promessa di prestazione diretta» il cui importo è inferiore a quello contrattualmente convenuto.

88      Tuttavia, la libertà d’impresa non costituisce una prerogativa assoluta, bensì deve essere presa in considerazione rispetto alla sua funzione nella società e può essere soggetta a interventi dei poteri pubblici suscettibili di stabilire, nell’interesse generale, limiti all’esercizio dell’attività economica. Inoltre, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciute da quest’ultima devono essere previste dalla legge, rispettare il contenuto essenziale di tali diritti e libertà e, nel rispetto del principio di proporzionalità, essere necessarie e rispondere effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione europea o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui (v., in tal senso, sentenza del 4 maggio 2016, Pillbox 38, C‑477/14, EU:C:2016:324, punti da 157 a 160).

89      A tale riguardo, occorre rilevare che la limitazione della libertà contrattuale menzionata al punto 87 della presente sentenza è stata prevista dalla legge e rispetta il contenuto essenziale di tale libertà, in quanto comporta solo una privazione molto parziale del pagamento delle pensioni aziendali che erano state negoziate e convenute tra l’impresa interessata e i suoi lavoratori. Peraltro, fatta salva la verifica da parte del giudice del rinvio, tale privazione risponde agli obiettivi di interesse generale consistenti nel finanziamento sostenibile delle prestazioni pensionistiche finanziate dallo Stato e nella riduzione del divario tra i livelli di dette pensioni. Infine, come risulta dai punti da 61 a 66 della presente sentenza, si deve ritenere che detta limitazione rispetti il principio di proporzionalità, cosicché essa non è contraria all’articolo 16 della Carta.

90      Per quanto riguarda, in terzo luogo, l’articolo 17, paragrafo 1, della Carta, che sancisce il diritto di proprietà, occorre ricordare che la tutela conferita da tale disposizione verte su diritti aventi valore patrimoniale da cui deriva, riguardo all’ordinamento giuridico, una posizione giuridica acquisita che consente l’esercizio autonomo di tali diritti da parte e a favore del loro titolare (v., in tal senso, sentenza del 22 gennaio 2013, Sky Österreich, C‑283/11, EU:C:2013:28, punto 34).

91      Si deve considerare che la conclusione di un contratto avente ad oggetto una pensione aziendale genera un interesse patrimoniale in capo al beneficiario di tale pensione. Inoltre, la trattenuta da parte dell’impresa interessata di una parte dell’importo contrattualmente pattuito e la disapplicazione dell’indicizzazione contrattualmente convenuta incidono su detto interesse patrimoniale. Ciononostante, il diritto garantito dall’articolo 17, paragrafo 1, della Carta non è assoluto, cosicché non può essere interpretato nel senso che esso conferisca il diritto a una pensione di un determinato importo (v., in tal senso, sentenza del 13 giugno 2017, Florescu e a., C‑258/14, EU:C:2017:448, punti 50 e 51).

92      Tuttavia, come risulta dal punto 88 della presente sentenza, qualsiasi limitazione a detto diritto di proprietà deve essere prevista dalla legge, deve rispettare il suo contenuto essenziale e, nel rispetto del principio di proporzionalità, essere necessaria e rispondere effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione. Orbene, le limitazioni dei diritti pensionistici di cui al procedimento principale sono previste dalla legge. Inoltre, esse limitano solo una parte dell’importo totale delle pensioni in forma di «promessa di prestazione diretta» interessate, di modo che non si può ritenere che esse incidano sul contenuto essenziale di detti diritti. Peraltro, con riserva di verifica da parte del giudice del rinvio, tali limitazioni sembrano necessarie e rispondere effettivamente agli obiettivi di interesse generale costituiti dal finanziamento duraturo delle pensioni di vecchiaia finanziate dallo Stato e dalla riduzione del divario tra i livelli di dette pensioni.

93      Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla terza, quarta, quinta, sesta e settima questione dichiarando che gli articoli 16, 17, 20 e 21 della Carta devono essere interpretati nel senso che essi non ostano alla normativa di uno Stato membro ai sensi della quale i beneficiari di una pensione che un’impresa controllata dallo Stato si è impegnata, mediante contratto, a versare loro direttamente e che supera determinate soglie fissate da tale normativa si vedono privati, da un lato, di un importo trattenuto sulla parte di tale pensione eccedente una di dette soglie e, dall’altro, del beneficio di un’indicizzazione contrattualmente convenuta di detta pensione.

 Sullottava questione

94      Con la sua ottava questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 47 della Carta debba essere interpretato nel senso che esso osta a che uno Stato membro si astenga dal prevedere, nel proprio ordinamento giuridico, un mezzo di ricorso autonomo diretto, in via principale, ad esaminare la conformità al diritto dell’Unione di disposizioni nazionali che attuano tale diritto.

95      Dalla decisione di rinvio risulta che le disposizioni nazionali in questione sono strettamente connesse all’articolo 1 dello SpBegrG o sono state adottate come sua conseguenza diretta. Poiché quest’ultimo contiene disposizioni di rango costituzionale, le possibilità di contestare le disposizioni nazionali in questione in sede giurisdizionale dinanzi al Verfassungsgerichtshof (Corte costituzionale) sarebbero ridotte, cosicché tali disposizioni nazionali potrebbero essere rimesse in discussione solo in via incidentale, mediante la proposizione di un ricorso di diritto privato nei confronti della controparte contrattuale della pensione aziendale.

96      Tuttavia, la Corte ha dichiarato che il principio di tutela giurisdizionale effettiva garantito dall’articolo 47 della Carta non richiede, in quanto tale, l’esistenza di un ricorso autonomo diretto, in via principale, a contestare la conformità di disposizioni nazionali alle norme del diritto dell’Unione, purché esistano uno o più rimedi giurisdizionali che consentano, in via incidentale, di garantire il rispetto dei diritti che spettano ai soggetti dell’ordinamento in forza del diritto dell’Unione (sentenza del 21 novembre 2019, Deutsche Lufthansa, C‑379/18, EU:C:2019:1000, punto 61 e giurisprudenza ivi citata).

97      Dal momento che il giudice del rinvio afferma che le disposizioni nazionali in questione possono essere rimesse in discussione in via incidentale, non può essere ravvisata una violazione del principio di tutela giurisdizionale effettiva a causa della mancanza di rimedi giurisdizionali autonomi.

98      Di conseguenza, occorre rispondere all’ottava questione dichiarando che l’articolo 47 della Carta deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che uno Stato membro si astenga dal prevedere, nel proprio ordinamento giuridico, un mezzo di ricorso autonomo diretto, in via principale, a esaminare la conformità al diritto dell’Unione di disposizioni nazionali che attuano tale diritto, purché esista la possibilità di un siffatto esame in via incidentale.

 Sulle spese

99      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

1)      La direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, e la direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego, devono essere interpretate nel senso che rientrano nel loro ambito di applicazione disposizioni del diritto di uno Stato membro ai sensi delle quali, da un lato, una parte dell’importo della pensione aziendale, che il datore di lavoro si è impegnato, mediante contratto, a versare direttamente al suo ex lavoratore, deve essere prelevata alla fonte da detto datore di lavoro e, dall’altro, l’indicizzazione contrattualmente convenuta dell’importo di tale prestazione è resa inefficace.

2)      L’articolo 5, lettera c), e l’articolo 7, lettera a), iii), della direttiva 2006/54 devono essere interpretati nel senso che essi non ostano alla normativa di uno Stato membro ai sensi della quale i beneficiari di una pensione che un’impresa controllata dallo Stato si è impegnata, mediante contratto, a versare loro direttamente e che supera determinate soglie fissate da tale normativa si vedono privati, da un lato, di un importo trattenuto sulla parte di tale pensione eccedente una di dette soglie e, dall’altro, del beneficio di un’indicizzazione contrattualmente convenuta di detta pensione, anche laddove la quota di ex lavoratori in relazione ai quali l’importo di una siffatta pensione aziendale è stato interessato dalle disposizioni nazionali in questione sia notevolmente più elevata tra gli ex lavoratori di sesso maschile rientranti nell’ambito di applicazione di queste ultime rispetto agli ex lavoratori di sesso femminile ivi rientranti, a condizione che tali conseguenze siano giustificate da fattori obiettivi estranei a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

3)      L’articolo 2, paragrafo 1 e paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2000/78 deve essere interpretato nel senso che esso non osta alla normativa di uno Stato membro ai sensi della quale i beneficiari di una pensione che un’impresa controllata dallo Stato si è impegnata, mediante contratto, a versare loro direttamente e che supera determinate soglie fissate da tale normativa si vedono privati, da un lato, di un importo trattenuto sulla parte di tale pensione eccedente una di dette soglie e, dall’altro, del beneficio di un’indicizzazione contrattualmente convenuta di detta pensione, per il solo fatto che detta normativa si applica unicamente a beneficiari che hanno superato una determinata età.

4)      Gli articoli 16, 17, 20 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea devono essere interpretati nel senso che essi non ostano alla normativa di uno Stato membro ai sensi della quale i beneficiari di una pensione che un’impresa controllata dallo Stato si è impegnata, mediante contratto, a versare loro direttamente e che supera determinate soglie fissate da tale normativa si vedono privati, da un lato, di un importo trattenuto sulla parte di tale pensione eccedente una di dette soglie e, dall’altro, del beneficio di un’indicizzazione contrattualmente convenuta di detta pensione.

5)      L’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che uno Stato membro si astenga dal prevedere, nel proprio ordinamento giuridico, un mezzo di ricorso autonomo diretto, in via principale, a esaminare la conformità al diritto dell’Unione di disposizioni nazionali che attuano tale diritto, purché esista la possibilità di un siffatto esame in via incidentale.

Firme


*      Lingua processuale: il tedesco.