Language of document : ECLI:EU:C:2017:865

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MELCHIOR WATHELET

presentate il 15 novembre 2017 (1)

Cause riunite C327/16 e C421/16

Marc Jacob

contro

Ministre des Finances et des Comptes publics (C‑327/16)

e

Ministre des Finances et des Comptes publics

contro

Marc Lassus (C‑421/16)

[Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Conseil d’État (Consiglio di Stato, Francia)]

«Rinvio pregiudiziale – Fiscalità – Fusioni, scissioni, conferimenti di attivo e scambi di azioni concernenti società di Stati membri diversi – Direttiva 90/434/CEE – Articolo 8 – Meccanismo di differimento di imposta – Potere impositivo dello Stato di residenza – Trasferimento del domicilio fiscale – Rilevanza – Libertà di stabilimento – Articolo 49 TFUE – Imputazione delle minusvalenze – Differenza di trattamento delle operazioni imponibili comparabili a seconda che il contribuente abbia esercitato o meno il suo diritto di stabilimento in un altro Stato membro – Giustificazione – Mantenimento della ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri»






I.      Introduzione

1.        Le domande di pronuncia pregiudiziale in esame, depositate presso la cancelleria della Corte il 10 giugno 2016 (2) e il 28 luglio 2016 (3) dal Conseil d’État (Consiglio di Stato, Francia), vertono sull’interpretazione dell’articolo 8 della direttiva 90/434/CEE del Consiglio, del 23 luglio 1990, relativa al regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, ai conferimenti d’attivo ed agli scambi d’azioni concernenti società di Stati membri diversi (4).

2.        Tali domande sono state presentate nel contesto delle controversie che oppongono il sig. Marc Jacob al ministre des Finances et des Comptes publics (Ministro delle Finanze e dei Conti pubblici, Francia) nonché il Ministro delle Finanze e dei Conti pubblici (Francia) al sig. Lassus relativamente alla decisione dell’amministrazione fiscale di assoggettare ad imposta, in occasione della successiva cessione dei titoli ricevuti, le plusvalenze derivanti da un’operazione di scambio di titoli.

3.        Il giudice del rinvio ritiene che, per dirimere la controversia di cui è investito, occorra stabilire, in particolare, se l’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 90/434 osti a una normativa nazionale come quella di cui ai procedimenti principali, che istituisce un meccanismo di riporto dell’imposizione delle plusvalenze realizzate alla data dello scambio delle azioni o dei titoli ceduti fino alla loro successiva cessione.

4.        Secondo tale meccanismo, la base imponibile della plusvalenza è fissata alla data dello scambio delle azioni o dei titoli, mentre l’imposizione (5) interviene solo nel momento in cui le azioni o i titoli in questione vengono successivamente ceduti (6). Orbene, i sigg. Jacob e Lassus ritengono che l’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 90/434 richieda un meccanismo di sospensione d’imposta, e non di differimento, con la conseguenza che lo scambio delle azioni o dei titoli costituisce solamente un’operazione intermedia fiscalmente neutra e che solo la successiva cessione delle azioni o dei titoli ricevuti in occasione dello scambio può costituire il fatto generatore d’imposta. Sulla base di tale assunto, i sigg. Jacob e Lassus ritengono che le plusvalenze generate al momento della cessione dei titoli o delle azioni in questione non potessero formare oggetto delle imposizioni controverse.

5.        Nel corso del 2000, il governo francese ha sostituito tale sistema di differimento di imposta con un sistema di sospensione d’imposta, secondo il quale tutte le modalità di imposizione sono determinate al momento della cessione dei titoli, riguardino esse la determinazione della base imponibile, dell’aliquota d’imposta o della fissazione dell’imposta dovuta. È in tale momento, a parere del sig. Jacob, che il governo francese ha istituito parallelamente un sistema di exit tax (vale a dire un sistema di «imposizione all’uscita»).

6.        Tali nozioni di «sospensione» o di «differimento di imposta» devono essere mantenute distinte dal differimento della riscossione, che implicherebbe che tutte le modalità dell’imposizione (determinazione della base imponibile della plusvalenza e dell’aliquota d’imposta) vengano fissate alla data dello scambio delle azioni o dei titoli e che solo il pagamento dell’imposta così determinata venga rinviato al momento della loro successiva cessione. Tale meccanismo è al centro dei casi che hanno dato luogo alla giurisprudenza elaborata nelle sentenze del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, EU:C:2011:785); del 23 gennaio 2014, DMC (C‑164/12, EU:C:2014:20); del 21 maggio 2015, Verder LabTec (C‑657/13, EU:C:2015:331), e del 21 dicembre 2016, Commissione/Portogallo (C‑503/14, EU:C:2016:979).

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

7.        L’articolo 49 TFUE (ex articolo 43 TCE) è così formulato:

«Nel quadro delle disposizioni che seguono, le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro vengono vietate (…)».

8.        I considerando primo, quarto e sesto della direttiva 90/434 enunciano quanto segue:

«(…) le fusioni, le scissioni, i conferimenti d’attivo e gli scambi d’azioni che interessano società di Stati membri diversi possono essere necessari per porre in essere nella Comunità condizioni analoghe a quelle di un mercato interno e per garantire in tal modo l’instaurazione ed il buon funzionamento del mercato comune; (…) tali operazioni non devono essere intralciate da restrizioni, svantaggi e distorsioni particolari derivanti dalle disposizioni fiscali degli Stati membri; (…) occorre quindi istituire per queste operazioni regole fiscali neutre nei riguardi della concorrenza, per consentire alle imprese di adeguarsi alle esigenze del mercato comune, di migliorare la loro produttività e di rafforzare la loro posizione competitiva sul piano internazionale;

(…)

(…) il regime fiscale comune deve evitare un’imposizione all’atto di una fusione, di una scissione, di un conferimento d’attivo o di uno scambio di azioni, pur tutelando gli interessi finanziari dello Stato cui appartiene la società conferente o acquisita;

(…)

(…) il sistema del riporto dell’imposizione delle plusvalenze inerenti ai beni conferiti, fino alla loro effettiva realizzazione, applicato ai beni inerenti a detto stabilimento permanente, consente di evitare un’imposizione delle plusvalenze corrispondenti, pur garantendo la loro successiva imposizione da parte dello Stato della società conferente, all’atto della loro realizzazione».

9.        L’articolo 8 della direttiva 90/434 prevede quanto segue:

«1.      L’assegnazione, in occasione di una fusione, scissione o scambio di azioni, di titoli rappresentativi del capitale sociale della società beneficiaria o acquirente ad un socio della società conferente o acquistata, in cambio di titoli rappresentativi del capitale sociale di quest’ultima società, non deve di per se stessa comportare alcuna imposizione sul reddito, gli utili o le plusvalenze di questo socio.

2.      Gli Stati membri subordinano l’applicazione del paragrafo 1 alla condizione che il socio non assegni ai titoli ricevuti in cambio un valore fiscale superiore a quello che i titoli scambiati avevano immediatamente prima della fusione, della scissione o dello scambio di azioni.

L’applicazione del paragrafo 1 non impedisce agli Stati membri di tassare il profitto risultante dalla successiva cessione dei titoli ricevuti allo stesso modo del profitto risultante dalla cessione dei titoli esistenti prima dell’acquisto.

(…)».

B.      Diritto convenzionale

10.      L’articolo 18 della convenzione tra la Francia e il Belgio del 10 marzo 1964 volta a evitare la doppia imposizione e a stabilire norme di assistenza amministrativa e giuridica reciproca in materia di imposte sui redditi così dispone:

«Se non diversamente disposto nei precedenti articoli della presente convenzione, i redditi dei residenti di uno degli Stati contraenti sono imponibili solo in tale Stato».

11.      L’articolo 13, paragrafi 3 e 4, della convenzione tra il governo della Repubblica francese e il governo del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, firmata a Londra il 22 maggio 1968, volta a evitare la doppia imposizione e a prevenire l’evasione fiscale nel settore delle imposte sul reddito (in prosieguo: la «convenzione fiscale franco-britannica»), enuncia quanto segue:

«3.      I profitti ottenuti dall’alienazione di beni diversi da quelli contemplati ai paragrafi 1 e 2 sono tassabili solo nello Stato contraente in cui risiede il cedente.

4.      In deroga alle disposizioni del paragrafo 3, i profitti ottenuti da una persona fisica che risieda in uno Stato contraente al momento dell’alienazione di più del 25% delle quote detenute, individualmente o con persone collegate, direttamente o indirettamente, in una società avente sede nell’altro Stato contraente sono imponibili in tale altro Stato. Le disposizioni del presente paragrafo si applicano solo qualora:

a)      la persona fisica abbia la cittadinanza dell’altro Stato contraente senza avere la cittadinanza del primo Stato contraente; e

b)      la persona fisica sia stata residente nell’altro Stato contraente per un qualsivoglia periodo nel corso dei cinque anni immediatamente precedenti l’alienazione delle quote».

C.      Diritto francese

12.      Ai sensi dell’articolo 92 B, paragrafo II, punto 1, del Code général des impôts (Codice generale delle imposte; in prosieguo: il «CGI»), nella versione applicabile alle plusvalenze collocate in differimento di imposta al 1o gennaio 2000:

«1.      A decorrere dal 1o gennaio 1992 o dal 1o gennaio 1991 per i conferimenti di titoli a una società soggetta all’imposta sulle società, l’imposizione della plusvalenza realizzata in caso di scambio di titoli derivante da un’operazione di offerta pubblica, di fusione, di scissione, di assorbimento di un fondo comune d’investimento ad opera di una società d’investimento a capitale variabile realizzata in conformità alla disciplina vigente ovvero da un conferimento di titoli ad una società soggetta all’imposta sulle società, può essere differita al momento in cui sarà effettuata la cessione o il riacquisto dei titoli ricevuti all’atto dello scambio (…)».

13.      L’articolo 160, paragrafi I e I ter, del CGI, nella versione applicabile all’epoca dei fatti nei procedimenti principali, enunciava quanto segue:

«I.      (…) L’imposizione della plusvalenza così realizzata è subordinata alla sola condizione che i diritti detenuti direttamente o indirettamente sugli utili societari dal cedente o dal suo coniuge, dai loro ascendenti o discendenti, abbiano superato complessivamente il 25% degli utili stessi in un momento qualsiasi nel corso degli ultimi cinque anni. Tuttavia, qualora sia consentita la cessione a favore di uno dei soggetti indicati nel presente comma, la plusvalenza è esente da imposta se i suddetti diritti societari, non vengono rivenduti totalmente o in parte ad un terzo nel periodo di cinque anni. In caso contrario, la plusvalenza è assoggettata a imposta a nome del primo cedente a titolo dell’anno in cui è stata effettuata la cessione dei diritti al terzo.

(…)

Le minusvalenze subite nel corso di un anno sono compensabili esclusivamente con le plusvalenze della stessa natura realizzate nel corso del medesimo anno o dei cinque anni successivi (…)» (7).

«I ter.      (…) 4. L’imposizione della plusvalenza realizzata a partire dal 1o gennaio 1991 in caso di scambio di diritti societari derivante da un’operazione di fusione, di scissione, di conferimento di titoli a una società soggetta all’imposta sulle società può essere differita alle condizioni previste dall’articolo 92 B, paragrafo II (…)».

14.      Ai sensi dell’articolo 164 B, paragrafo I, lettera f), del CGI, nella versione applicabile nel 1999 (8), sono considerati redditi di origine francese «le plusvalenze menzionate all’articolo 160 e derivanti dalla cessione di diritti relativi a società aventi sede in Francia».

15.      L’articolo 244 bis B del CGI, nella versione applicabile alla data della cessione dei titoli nel 1999 (9), prevedeva quanto segue:

«I proventi delle cessioni di titoli societari menzionati all’articolo 160, realizzate da persone fisiche non fiscalmente domiciliate in Francia ai sensi dell’articolo 4 B ovvero da persone giuridiche o enti, in qualunque forma, aventi la loro sede sociale al di fuori della Francia, sono accertati e assoggettati a imposta con le modalità previste dall’articolo 160».

III. Procedimento principale e questioni pregiudiziali

A.      Causa C327/16

16.      Il 23 dicembre 1996, il sig. Jacob ha conferito alla Dubocage Développement SAS taluni titoli da lui detenuti nella Dubocage SAS – entrambe società francesi – ricevendo in cambio titoli emessi dalla prima di tali società. La plusvalenza realizzata in occasione di tale operazione di scambio di titoli è stata collocata, su sua istanza, in regime di differimento di imposta conformemente alle disposizioni francesi vigenti (10).

17.      Il 1o ottobre 2004, il sig. Jacob ha trasferito il proprio domicilio fiscale in Belgio.

18.      Il 21 dicembre 2007 egli ha ceduto la totalità dei titoli che deteneva nella Dubocage Développement. A seguito di tale cessione, la plusvalenza che permaneva in regime di differimento di imposta è stata oggetto d’imposta, a titolo dell’anno 2007, per un ammontare pari a EUR 1 342 384, con interessi di mora e una maggiorazione pari al 10%.

19.      L’8 giugno 2012 il tribunal administratif de Montreuil (Tribunale amministrativo di Montreuil, Francia) ha stabilito lo sgravio di tali importi; tuttavia, con sentenza del 28 maggio 2015, pronunciata a fronte dell’appello interposto dal Ministro delle Finanze e dei Conti pubblici, la Cour administrative d’appel de Versailles (Corte d’appello amministrativa di Versailles, Francia) ha annullato tale sentenza, ripristinando le imposte controverse. In data 1o ottobre 2015 il sig. Jacob ha proposto un ricorso per cassazione dinanzi al Conseil d’État (Consiglio di Stato).

20.      Il Conseil d’État (Consiglio di Stato) rileva che dalle disposizioni del CGI applicabili risulta che esse, in deroga alla norma secondo cui il fatto generatore dell’imposta su una plusvalenza viene in essere nel corso dell’anno della sua realizzazione, hanno l’effetto di consentire l’accertamento e la liquidazione della plusvalenza derivante dallo scambio nell’anno in cui tale scambio ha avuto luogo e di assoggettarla ad imposta nell’anno in cui interviene l’evento che pone fine al differimento di imposta, nella fattispecie la cessione dei titoli ricevuti all’atto dello scambio. Secondo il Conseil d’État (Consiglio di Stato), il fatto che il contribuente abbia nel frattempo trasferito il proprio domicilio fiscale in un altro Stato non ha alcuna incidenza sul potere dello Stato, ove questi risiedeva al momento della realizzazione della plusvalenza derivante dallo scambio, di assoggettarla ad imposta al momento della cessione definitiva dei titoli ottenuti con lo scambio stesso.

21.      Tuttavia, il Conseil d’État (Consiglio di Stato) rileva che il sig. Jacob asserisce altresì che tali disposizioni del CGI, come interpretate dal Conseil d’État (Consiglio di Stato), contrastano con gli obiettivi delle citate disposizioni dell’articolo 8 della direttiva 90/434, poiché consentono al governo francese, al momento della cessione dei titoli ottenuti con lo scambio, di assoggettare ad imposta la plusvalenza realizzata al momento dello scambio dei titoli inizialmente detenuti e collocata in regime di differimento di imposta, giacché, a parere del sig. Jacob, l’operazione di scambio di azioni non può costituire il fatto generatore di un’imposta e dovrebbe essere trattata come un’operazione intermedia fiscalmente neutra, dato che l’evento generatore della plusvalenza sarebbe rappresentato dalla cessione dei titoli ricevuti con lo scambio.

22.      In tale contesto, il Conseil d’État (Consiglio di Stato) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se le disposizioni dell’articolo 8 della direttiva [90/434] debbano essere interpretate nel senso che esse vietano, nel caso di un’operazione di scambio di titoli rientrante nell’ambito di applicazione della direttiva, un meccanismo di differimento di imposta che preveda che, in deroga alla norma secondo cui il fatto generatore dell’imposta su una plusvalenza viene in essere nel corso dell’anno della sua realizzazione, una plusvalenza derivante da scambio venga accertata e liquidata in occasione dell’operazione di scambio di titoli e sia assoggettata ad imposta nell’anno in cui si realizza l’evento che pone fine al differimento di imposta, che può essere segnatamente rappresentato dalla cessione dei titoli ricevuti all’atto dello scambio.

2)      Se le disposizioni dell’articolo 8 della direttiva [90/434] debbano essere interpretate nel senso che esse vietano, nel caso di un’operazione di scambio di titoli rientrante nell’ambito di applicazione della direttiva, che la plusvalenza derivante da scambio di titoli, supponendola imponibile, possa essere assoggettata ad imposta dallo Stato di residenza del contribuente al momento dell’operazione di scambio, laddove il contribuente, alla data della cessione dei titoli ottenuti all’atto dello scambio stesso, data in cui la plusvalenza derivante dallo scambio viene effettivamente assoggettata ad imposta, abbia trasferito il proprio domicilio fiscale in un altro Stato membro».

B.      Causa C421/16

23.      Il sig. Lassus ha residenza fiscale britannica dal 1997. Il 7 dicembre 1999 egli ha conferito alla società lussemburghese Gemplus International titoli (11) della società francese Gemplus Associates (12) ricevendone in cambio titoli della prima di tali società (13). In occasione di tale scambio egli ha realizzato una plusvalenza pari a EUR 17 814 460, collocata in regime di differimento di imposta in applicazione della normativa controversa (14). In seguito a tale operazione, il sig. Lassus ha acquistato altri titoli della Gemplus International.

24.      Nel dicembre 2002, il sig. Lassus ha ceduto il 45% dei titoli della Gemplus International (15) da lui detenuti. L’amministrazione fiscale francese (16) ha quindi ritenuto che i titoli ricevuti dal sig. Lassus in occasione dell’operazione di scambio del 7 dicembre 1999 fossero stati ceduti in misura pari al 45% e ha assoggettato ad imposta la corrispondente frazione della plusvalenza collocata in regime di differimento di imposta, come accertata nello stesso anno. Di conseguenza, detta amministrazione ha posto a carico del sig. Lassus contributi supplementari di imposta sui redditi per l’anno 2002.

25.      Contestando tali contributi, il sig. Lassus ha adito il tribunal administratif de Paris (Tribunale amministrativo di Parigi, Francia), il quale ne ha respinto il ricorso. Investita di un’impugnazione, la cour administrative d’appel de Paris (Corte d’appello amministrativa di Parigi, Francia) ha annullato la decisione del primo giudice e ha quindi sancito lo sgravio del sig. Lassus da tali contributi. L’amministrazione fiscale ha quindi proposto un ricorso per cassazione dinanzi al Conseil d’État (Consiglio di Stato).

26.      Il giudice del rinvio espone che, conformemente alla normativa controversa nel procedimento principale e all’articolo 13, paragrafo 4, lettere a) e b), della convenzione fiscale franco‑britannica, la plusvalenza derivante da scambio realizzata nel 1999 dal sig. Lassus, con residenza fiscale britannica, poteva essere assoggettata ad imposta in Francia.

27.      Inoltre, il giudice del rinvio ritiene che la normativa nazionale in questione, in deroga alla norma secondo cui il fatto generatore dell’imposta su una plusvalenza viene in essere nel corso dell’anno della sua realizzazione, ha l’effetto di consentire l’accertamento e la liquidazione della plusvalenza derivante dallo scambio di titoli nell’anno in cui tale scambio ha avuto luogo e di assoggettarla ad imposta nell’anno in cui interviene l’evento che pone fine al differimento di imposta, vale a dire la cessione dei titoli ricevuti all’atto dello scambio. In tale contesto, la circostanza che la plusvalenza della successiva cessione dei titoli ricevuti sia imponibile in uno Stato membro diverso da quello nel quale la plusvalenza inerente ai titoli scambiati era imponibile al momento dell’operazione di scambio non incide, secondo detto giudice, sul potere di quest’ultimo Stato membro (17) di sottoporre ad imposta la plusvalenza dei titoli scambiati al momento della cessione definitiva dei titoli ricevuti in cambio.

28.      Tuttavia, il sig. Lassus contesta siffatta interpretazione.

29.      Da un lato, in via principale, egli sostiene che il meccanismo di differimento di imposta istituito dalla normativa nazionale è incompatibile con l’articolo 8 della direttiva 90/434, poiché detta disposizione prevede quale fatto generatore dell’imposta la cessione dei titoli ricevuti e non l’operazione di scambio di titoli, dato che quest’ultima corrisponde a un’operazione intermedia fiscalmente neutra. Sostiene inoltre che, nella fattispecie, alla data di tale cessione, l’amministrazione fiscale francese aveva perduto il suo potere impositivo, dal momento che l’operazione di cessione rientrava nella competenza fiscale del Regno Unito.

30.      Dall’altro, nell’ipotesi in cui la cessione fosse imponibile in Francia, in quanto la normativa nazionale consente di compensare la minusvalenza derivante da cessione con le plusvalenze di uguale natura, il diniego opposto dall’amministrazione fiscale di compensare la minusvalenza generata dalla cessione dei titoli del 2002 con la plusvalenza derivante da scambio collocata in regime di differimento di imposta contrasterebbe con gli obiettivi dell’articolo 8 della direttiva 90/434 e costituirebbe un ostacolo alla libertà di stabilimento garantita dall’articolo 49 TFUE.

31.      In tale contesto, il Conseil d’État (Consiglio di Stato) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se le citate disposizioni dell’articolo 8 della direttiva [90/434] debbano essere interpretate nel senso che esse vietano, nel caso di un’operazione di scambio di titoli rientrante nell’ambito di applicazione della direttiva, un meccanismo di differimento di imposta che preveda che, in deroga alla norma secondo cui il fatto generatore dell’imposta su una plusvalenza viene in essere nel corso dell’anno della sua realizzazione, una plusvalenza derivante da scambio venga accertata e liquidata in occasione dell’operazione di scambio di titoli e sia assoggettata ad imposta nell’anno in cui si realizza l’evento che pone fine al differimento di imposta, che può essere segnatamente rappresentato dalla cessione dei titoli ricevuti all’atto dello scambio.

2)      Se la plusvalenza derivante da scambio di titoli, supponendola imponibile, possa essere assoggettata ad imposta dallo Stato che deteneva il potere impositivo al momento dell’operazione di scambio, laddove la cessione dei titoli ricevuti in occasione di tale scambio ricada nella competenza fiscale di un altro Stato membro.

3)      Nel caso in cui le precedenti questioni siano risolte affermando che la direttiva [90/434] non osta all’eventualità che la plusvalenza derivante da scambio di titoli sia assoggettata ad imposta al momento della successiva cessione dei titoli ricevuti al momento dello scambio, anche qualora le due operazioni non ricadano nella competenza fiscale dello stesso Stato membro, se lo Stato membro nel quale la plusvalenza derivante da scambio è stata collocata in regime di differimento di imposta possa assoggettare ad imposta la plusvalenza in regime di differimento di imposta al momento di tale cessione, fatte salve le disposizioni applicabili della convenzione fiscale bilaterale, senza tener conto del risultato della cessione ove tale risultato sia una minusvalenza. Tale questione si pone tanto con riferimento alla direttiva [90/434], quanto con riferimento alla libertà di stabilimento garantita dall’articolo [49 TFUE], atteso che un contribuente fiscalmente domiciliato in Francia al momento dell’operazione di scambio e al momento dell’operazione di cessione di titoli potrebbe beneficiare, alle condizioni rammentate al punto 4 della presente decisione (18), della compensazione di una minusvalenza derivante da cessione.

4)      Nel caso in cui si risponda alla terza questione nel senso che deve tenersi conto della minusvalenza derivante da cessione dei titoli ricevuti all’atto dello scambio, se lo Stato membro in cui la plusvalenza da scambio è stata realizzata sia tenuto a compensare la minusvalenza derivante da cessione con la plusvalenza o se invece, dal momento che la cessione non ricade nella sua competenza fiscale, debba rinunciare ad assoggettare ad imposta la plusvalenza derivante da scambio.

5)      Nel caso in cui si risponda alla quarta questione nel senso che si deve compensare la minusvalenza da cessione con la plusvalenza derivante da scambio, quale sia il prezzo d’acquisto dei titoli ceduti da considerare ai fini del calcolo di detta minusvalenza da cessione. In particolare, se si debba considerare quale prezzo d’acquisto unitario dei titoli ceduti il valore complessivo dei titoli della società ricevuti all’atto dello scambio, come risultante dalla dichiarazione di plusvalenza, diviso per il numero di detti titoli ricevuti all’atto dello scambio, ovvero se si debba considerare un prezzo d’acquisto medio ponderato, tenendo conto altresì delle operazioni successive allo scambio, quali quelle concernenti altri acquisti ovvero distribuzioni gratuite di titoli della medesima società».

IV.    Procedimento dinanzi alla Corte

32.      Nella causa Jacob (C‑327/16) hanno presentato osservazioni scritte il sig. Jacob, i governi francese, finlandese e svedese nonché la Commissione europea. Nella causa Lassus (C‑421/16) hanno presentato osservazioni scritte i governi francese, austriaco, finlandese e svedese nonché la Commissione.

33.      Con decisione del presidente della Corte del 10 novembre 2016, in applicazione dell’articolo 54 del regolamento di procedura della Corte, le cause Jacob (C‑327/16) e Lassus (C‑421/16) sono state riunite ai fini della fase orale e della sentenza.

34.      Il sig. Jacob, i governi francese e svedese e la Commissione hanno presentato osservazioni orali all’udienza tenutasi il 13 settembre 2017.

V.      Sulla competenza della Corte nella causa Jacob (C327/16)

35.      Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale nella causa Jacob (C‑327/16) risulta che i fatti all’origine della controversia oggetto del procedimento principale riguardavano operazioni di scambio di azioni relative a società stabilite in un unico Stato membro, il che li escludeva, a priori, dall’ambito di applicazione della direttiva 90/434 (19) e costituiva quindi una situazione puramente interna.

36.      Tuttavia, da detta domanda risulta che il sig. Jacob sosteneva che le disposizioni che garantiscono la trasposizione della direttiva 90/434nel diritto francese, vale a dire le disposizioni dell’articolo 92 B, paragrafo II, e dell’articolo 160, paragrafo I ter, punto 4, del CGI, si applicavano del pari alle operazioni di scambio di azioni risultanti da un’operazione di fusione, di scissione o di conferimento realizzate tra due società francesi.

37.      A seguito di una richiesta di informazioni della Corte del 21 luglio 2016 rivolta al Conseil d’État (Consiglio di Stato), il presidente della Terza Sezione del Conseil d’État (Consiglio di Stato) ha confermato, con lettera del 1o agosto 2016, che «le disposizioni controverse degli articoli 92 B e 160 del CGI, adottate ai fini della trasposizione della direttiva [90/434], sono applicabili alla medesime condizioni alle operazioni di scambio di azioni, sia tra società francesi, sia tra società di Stati membri diversi o di paesi terzi, se (…) il contribuente detentore delle azioni ha il proprio domicilio fiscale in Francia alla data dello scambio».

38.      Occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, la Corte è competente a pronunciarsi, in via pregiudiziale, sull’interpretazione dei Trattati e degli atti adottati dalle istituzioni dell’Unione europea. Nel contesto della cooperazione fra la Corte e i giudici nazionali, istituita dall’articolo suddetto, spetta solo al giudice nazionale valutare, tenendo conto delle specificità di ogni causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per poter rendere la propria decisione, sia la rilevanza delle questioni che esso sottopone alla Corte.

39.      Di conseguenza, se le questioni sollevate dai giudici nazionali vertono sull’interpretazione di una disposizione del diritto dell’Unione, la Corte è in linea di principio tenuta a statuire. In applicazione di questa giurisprudenza, la Corte si è ripetutamente dichiarata competente a statuire sulle domande di pronuncia pregiudiziale vertenti su disposizioni del diritto dell’Unione in situazioni in cui i fatti della causa principale si collocavano al di fuori della sfera di applicazione diretta del diritto dell’Unione, ma nelle quali le suddette disposizioni erano state rese applicabili dalla normativa nazionale, la quale si uniformava, per le soluzioni date a fattispecie puramente interne, a quelle adottate dal diritto dell’Unione.

40.      Infatti, in simili casi vi è un sicuro interesse dell’Unione a che, per evitare future divergenze d’interpretazione, le disposizioni o le nozioni riprese dal diritto dell’Unione ricevano un’interpretazione uniforme, a prescindere dalle condizioni in cui verranno applicate (20).

41.      Per quanto riguarda la domanda di pronuncia pregiudiziale nella causa Jacob (C‑327/16), poiché dalla risposta del Conseil d’État (Consiglio di Stato) del 1o agosto 2016 (21) risulta che il legislatore francese ha deciso di applicare un trattamento identico alle fattispecie interne e alle fattispecie disciplinate all’articolo 8 della direttiva 90/434, è giocoforza constatare che la Corte è competente a rispondere alle questioni poste, che riguardano detta disposizione.

VI.    Sull’applicabilità della direttiva 90/434

42.      Il governo austriaco esprime dubbi circa l’applicabilità stessa della direttiva 90/434 alla causa Lassus (C‑421/16).

43.      Esso ritiene che le norme di tale direttiva riguardino solo «lo Stato in cui il socio conferente ha il proprio domicilio fiscale e lo Stato in cui la società beneficiaria ha il proprio domicilio fiscale. Se il socio conferente è domiciliato fiscalmente in un altro (terzo) Stato membro, la direttiva non sembra applicabile nei suoi confronti».

44.      Il governo austriaco osserva che ciò risulta dall’impianto sistematico della direttiva 90/434. A suo parere, tale direttiva non prevedrebbe alcuna norma per «i casi nei quali lo Stato membro (…), a motivo del conferimento, perda il suo diritto di imposizione sui titoli della società acquisita, senza d’altro lato poter assoggettare ad imposta nuovi titoli imponibili della società acquirente, [in cui è lasciata] allo Stato membro in questione una discrezionalità legislativa e regolamentare che non è limitata dalla direttiva, fermo restando che le misure fiscali degli Stati membri devono tuttavia essere compatibili con le libertà fondamentali». Secondo il governo austriaco, ciò «si verifica nel caso di specie: per effetto della convenzione [fiscale] franco‑britannica sulla doppia imposizione, la Francia ha il diritto di assoggettare ad imposta le plusvalenze generate fino allo scambio dei titoli. In seguito a tale operazione, titoli della società lussemburghese acquirente vengono ceduti, in cambio, al socio domiciliato nel Regno Unito. Tali titoli ricevuti in cambio possono essere assoggettati ad imposta solo nel Regno Unito, e non in Francia».

45.      Ritengo che la limitazione dell’ambito di applicazione della direttiva 90/434 invocata dal governo austriaco non sia affatto suffragata né dalla lettera, né dall’impianto sistematico di tale direttiva.

46.      Dall’articolo 1 della direttiva 90/434 risulta chiaramente che ogni Stato membro applica detta direttiva alle «operazioni di fusioni, scissioni, conferimenti d’attivo e scambi di azioni riguardanti società di due o più Stati membri». Orbene, è pacifico che l’operazione in discussione nella causa Lassus (C‑421/16) è un’operazione transfrontaliera che riguarda società di due Stati membri, nella fattispecie la Repubblica francese e il Granducato di Lussemburgo.

47.      A mio avviso, né l’articolo 1 della direttiva 90/434, né, d’altra parte, l’articolo 8 della stessa limitano il loro ambito di applicazione in funzione del domicilio fiscale della società conferente o della società acquirente, entrambe parti dell’operazione transfrontaliera.

48.      Inoltre, contrariamente alle osservazioni formulate dal governo austriaco in merito ai «casi nei quali lo Stato membro (…), a motivo del conferimento, perda il suo diritto di imposizione sui titoli della società acquisita», ritengo che l’articolo 8, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 90/434 non impedisca a uno Stato membro di prevedere in particolare un meccanismo di differimento dell’imposizione delle plusvalenze accertate al momento di uno scambio di titoli fino alla successiva cessione di detti titoli (22). Ne consegue che, in applicazione dell’articolo 8, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 90/434, lo Stato membro interessato, nella fattispecie la Repubblica francese, mantiene il proprio diritto di assoggettare ad imposta una plusvalenza realizzata nell’ambito della sua giurisdizione fiscale prima dello scambio dei titoli (23).

VII. Nel merito

A.      Sulla prima questione pregiudiziale

49.      Con la prima questione nelle presenti cause, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 8 della direttiva 90/434 osti a una normativa di uno Stato membro secondo cui uno scambio di azioni o di titoli dà luogo a un differimento dell’imposizione della plusvalenza accertata e liquidata in occasione dell’operazione di scambio fino all’anno in cui interviene l’evento che pone fine a tale differimento, vale a dire, nella fattispecie, la successiva cessione di tali azioni o titoli.

50.      Sebbene il legislatore francese abbia privilegiato un meccanismo di differimento di imposta (24) secondo cui la base imponibile della plusvalenza di titoli è fissata al momento dell’operazione di scambio di titoli, e l’imposizione della plusvalenza nonché la riscossione hanno luogo solo al momento della successiva cessione dei titoli ottenuti in occasione dello scambio, i sigg. Jacob e Lassus ritengono che l’articolo 8 della direttiva 90/434 imponga, ai fini del rispetto del principio di neutralità fiscale sancito da tale direttiva, un meccanismo di sospensione d’imposta (25).

51.      Ciò detto, non spetta alla Corte esaminare, nelle presenti cause, né la legittimità alla luce dell’articolo 8, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 90/434 di un meccanismo di sospensione di imposta, né l’opportunità di un siffatto meccanismo rispetto al meccanismo di differimento di imposta. La presente questione del giudice del rinvio verte unicamente sul meccanismo di differimento di imposta vigente in Francia. Pertanto, nella fattispecie, non spetta alla Corte rivedere la valutazione operata dal giudice del rinvio, il quale ha circoscritto l’ambito giuridico e fattuale della controversia della quale è stato investito e non ha incluso tale aspetto del problema nella sua questione (26).

52.      Occorre ricordare che, nella sentenza del 5 luglio 2007, Kofoed (C‑321/05, EU:C:2007:408, punto 32), la Corte ha dichiarato che l’obiettivo della direttiva 90/434 consiste «nell’eliminare [gli] ostacoli fiscali alle ristrutturazioni transfrontaliere di imprese, da una parte, garantendo che eventuali aumenti di valore di quote sociali non vengano tassati prima della loro realizzazione effettiva e, dall’altra, evitando che operazioni comportanti plusvalenze molto elevate realizzate in occasione di uno scambio di quote sociali siano sottratte all’imposta semplicemente perché rientrano nell’ambito di una ristrutturazione».

53.      In altri termini, l’obiettivo dell’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 90/434 consiste, segnatamente, nell’evitare gli svantaggi in termini di liquidità che risulterebbero qualora l’imposta sulle plusvalenze accertate in occasione di uno scambio di azioni o di titoli dovesse essere assolta prima della loro realizzazione (27).

54.      Infatti, l’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 90/434 prevede che un’operazione di scambio di azioni non deve di per se stessa comportare alcuna imposizione (28). Ne consegue che, con tale obbligo di neutralità fiscale nei confronti di uno scambio di azioni o di titoli, detta direttiva mira, come risulta dai suoi considerando primo e quarto, a garantire che uno scambio siffatto che interessa società di Stati membri diversi non sia intralciato da restrizioni, svantaggi o distorsioni particolari derivanti dalle disposizioni fiscali degli Stati membri (29).

55.      Tuttavia, nonostante tale imperativo di neutralità fiscale previsto all’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 90/434, l’articolo 8, paragrafo 2, secondo comma, di detta direttiva prevede che gli Stati membri possono (30) «tassare il profitto risultante dalla successiva cessione dei titoli ricevuti allo stesso modo del profitto risultante dalla cessione dei titoli esistenti prima dell’acquisto».

56.      Pertanto, se pure l’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 90/434 vieta di tassare l’operazione di scambio di azioni al momento dello scambio, dall’articolo 8, paragrafo 2, secondo comma, di detta direttiva risulta che le menzionate disposizioni non prevedono tuttavia un’esenzione definitiva dall’imposizione della plusvalenza inerente a tale scambio (31).

57.      Infatti, al punto 35 della sentenza dell’11 dicembre 2008, A.T. (C‑285/07, EU:C:2008:705), la Corte ha dichiarato che «la stessa direttiva 90/434 mira, secondo il suo quarto ’considerando’, a tutelare gli interessi finanziari dello Stato della società acquistata. Infatti, l’[articolo] 8, [paragrafo 2], secondo comma, della direttiva 90/434 dispone che l’applicazione del [paragrafo] 1 di detto articolo non impedisce agli Stati membri di assoggettare ad imposta il profitto risultante dalla successiva cessione dei titoli ricevuti, allo stesso modo del profitto risultante dalla cessione dei titoli esistenti prima dell’acquisto» (32).

58.      Occorre rilevare che, come osservato dal governo svedese e dalla Commissione (33), l’articolo 8, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 90/434 non contiene alcuna disposizione relativa alle modalità di un’eventuale imposizione delle azioni o dei titoli al momento della loro successiva cessione. Dato il silenzio dell’articolo 8, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 90/434, gli Stati membri dispongono di un certo margine di discrezionalità ai fini della trasposizione e dell’attuazione di tale disposizione del diritto dell’Unione, purché ciò non contravvenga alle disposizioni del TFUE, in particolare alla libertà di stabilimento garantita dall’articolo 49 TFUE (34), o alle altre disposizioni della direttiva 90/434, segnatamente al suo articolo 8, paragrafo 1.

59.      L’articolo 8 della direttiva 90/434 non osta a che uno Stato membro preveda un meccanismo di differimento, fino alla successiva cessione dei titoli, dell’imposizione delle plusvalenze accertate in occasione di uno scambio di tali titoli. Il meccanismo del differimento di imposta rispetta il principio di neutralità fiscale, assicurando che un’operazione di scambio di titoli non comporti di per se stessa alcuna imposizione e che eventuali incrementi del valore dei titoli non siano tassati prima della loro effettiva realizzazione, rispettando nel contempo gli interessi dello Stato membro in cui è stata realizzata la plusvalenza derivante dallo scambio. Tale meccanismo assicura allo Stato membro interessato, nella fattispecie la Repubblica francese, il diritto di assoggettare ad imposta successivamente, al momento della sua realizzazione, una plusvalenza che era latente al momento dello scambio dei titoli.

60.      Infatti, l’accertamento della plusvalenza al momento dello scambio dei titoli e il differimento della sua imposizione fino alla successiva cessione dei titoli scambiati non possono essere considerati equivalenti all’imposizione vietata all’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 90/434. Siffatto meccanismo non comporta gli svantaggi di liquidità che risulterebbero qualora l’imposta sulle plusvalenze accertate al momento di uno scambio di azioni o di titoli dovesse essere assolta prima della loro realizzazione.

61.      In mancanza di una normativa dell’Unione sull’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 90/434, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro, in virtù del principio di autonomia processuale degli Stati membri, stabilire le modalità procedurali intese a garantire la tutela dei diritti riconosciuti ai contribuenti segnatamente in forza dell’articolo 8 di detta direttiva, a condizione, tuttavia, che dette modalità non siano meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza) e che esse non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività)(35).

62.      A tale proposito, le modalità di applicazione dell’articolo 8, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 90/434 previste dal diritto nazionale e dal diritto convenzionale devono essere trasparenti e coerenti al fine di garantire la certezza del diritto dei contribuenti, circostanza la cui verifica spetta al giudice del rinvio.

63.      Pertanto, ritengo che l’articolo 8, paragrafi 1 e 2, secondo comma, della direttiva 90/434 debba essere interpretato nel senso che esso non osta a un meccanismo come quello controverso nel procedimento principale che rinvia l’imposizione della plusvalenza accertata in occasione di un’operazione di scambio di titoli rientrante nell’ambito di applicazione di detta direttiva al momento della successiva cessione dei titoli.

B.      Sulla seconda questione pregiudiziale

64.      Con la sua seconda questione nelle presenti cause, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la plusvalenza derivante da scambio, supponendola imponibile, possa essere assoggettata ad imposta dallo Stato che deteneva il relativo potere al momento dell’operazione di scambio, laddove la successiva cessione dei titoli ricevuti in occasione di tale scambio ricada nella competenza fiscale di un altro Stato membro.

65.      Vista la soluzione da me fornita alla prima questione, secondo cui la plusvalenza accertata al momento dell’operazione di scambio dei titoli può essere assoggettata ad imposta in occasione della successiva vendita di tali titoli, occorre rispondere alla seconda questione posta dal giudice del rinvio.

66.      Preciso che la seconda questione verte sulla possibilità di assoggettare ad imposta la plusvalenza derivante dallo scambio di titoli al momento della loro successiva cessione, e non un’eventuale plusvalenza derivante dalla successiva cessione di tali titoli (36).

67.      La direttiva 90/434 istituisce per gli scambi di titoli concernenti società di Stati membri diversi regole fiscali neutre riguardo alla concorrenza, per consentire alle imprese di adeguarsi alle esigenze del mercato comune ed evitare che tali operazioni siano intralciate da restrizioni, svantaggi e distorsioni particolari derivanti dalle disposizioni fiscali degli Stati membri (37).

68.      Tuttavia, sebbene la direttiva 90/434 non armonizzi i criteri di ripartizione del potere impositivo degli Stati membri (38) e, in assenza di armonizzazione a livello dell’Unione, gli Stati membri restino competenti a definire, in via convenzionale o unilaterale, i criteri di ripartizione del loro potere impositivo, in particolare al fine di eliminare le doppie imposizioni (39), come ho già rilevato al paragrafo 59 delle presenti conclusioni, l’articolo 8 della direttiva 90/434 mira altresì, al paragrafo 2, a salvaguardare gli interessi finanziari dello Stato in cui è stata realizzata la plusvalenza derivante da scambio.

69.      Alla luce della mia risposta alla prima questione, secondo cui l’articolo 8, paragrafi 1 e 2, secondo comma, della direttiva 90/434 non osta ad un meccanismo di differimento dell’imposizione di una plusvalenza accertata e liquidata in occasione di un’operazione di scambio di titoli rientrante nell’ambito di applicazione della direttiva citata (40) al momento della successiva cessione di tali titoli, ritengo irrilevante la circostanza che la cessione dei titoli oggetto dell’operazione di scambio rientri nella competenza fiscale di uno Stato membro diverso da quello competente ad assoggettare a imposta la plusvalenza derivante dallo scambio, nella fattispecie la Repubblica francese.

70.      Infatti, l’articolo 8, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 90/434 non esclude la possibilità per uno Stato membro di prevedere che la plusvalenza derivante da uno scambio di titoli sia assoggettata a imposta al momento della successiva cessione degli stessi allorché, tenuto conto di un elemento di estraneità intervenuto tra lo scambio dei titoli e la loro cessione, quest’ultima potrebbe non rientrare nella competenza fiscale di tale Stato membro.

71.      In altre parole, la competenza fiscale degli Stati membri al momento della cessione dei titoli oggetto di uno scambio non pregiudica il diritto di un altro Stato membro di assoggettare ad imposta una plusvalenza realizzata nell’ambito della sua competenza fiscale al momento dello scambio dei titoli (41), nemmeno nel caso in cui essi vengano successivamente ceduti. Tale possibilità non pregiudica affatto la neutralità fiscale dello scambio dei titoli, pur rispettando gli interessi dello Stato membro in cui è stata realizzata la plusvalenza derivante da scambio (42).

72.      Di conseguenza, ritengo che l’articolo 8, paragrafi 1 e 2, secondo comma, della direttiva 90/434 (43) debba essere interpretato nel senso che la plusvalenza derivante da uno scambio di titoli può essere assoggettata ad imposta, al momento della loro successiva cessione, dallo Stato membro che deteneva il potere impositivo su tale plusvalenza al momento dell’operazione di scambio, anche qualora la successiva cessione dei titoli oggetto dello scambio possa rientrare nella competenza fiscale di un altro Stato membro.

C.      Sulla terza questione pregiudiziale

73.      La terza questione sollevata nella causa Lassus (C‑421/16) deve essere esaminata solo nel caso in cui si risponda alle prime due questioni nel senso che la direttiva 90/434 non osta a un meccanismo di differimento dell’imposizione della plusvalenza realizzata in occasione di uno scambio di titoli, come quello di cui trattasi.

74.      Con tale questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva 90/434 e/o l’articolo 49 TFUE ostino a che uno Stato membro assoggetti ad imposta la plusvalenza derivante da scambio, collocata in tale Stato in regime di differimento di imposta, senza tenere conto della minusvalenza risultante dalla successiva cessione dei titoli ricevuti con lo scambio, quando tale operazione di cessione dei titoli non rientri nella competenza fiscale di detto Stato membro.

75.      Il sig. Lassus ha fatto valere dinanzi al giudice del rinvio che, conformemente all’articolo 160, paragrafo I, quarto comma, del CGI, secondo cui le minusvalenze subite nel corso di un anno sono compensabili con le plusvalenze di uguale natura realizzate nel corso dello stesso anno ovvero nel corso dei cinque anni seguenti, un contribuente fiscalmente domiciliato in Francia al momento dell’operazione di scambio e dell’operazione di cessione di titoli potrebbe beneficiare dell’imputazione di una minusvalenza derivante da cessione.

76.      Rilevo che, sebbene nella sua risposta alla richiesta di chiarimenti formulata dalla Corte il giudice del rinvio abbia confermato che gli articoli 92 B e 160 del CGI sono «applicabili alle medesime condizioni alle operazioni di scambio di azioni, sia tra società francesi, sia tra società di Stati membri diversi o di paesi terzi» (44), detto giudice ha indicato, nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, che, a parere del sig. Lassus, l’amministrazione fiscale francese aveva rifiutato di compensare la minusvalenza derivante dalla cessione da lui realizzata nel 2002 con la plusvalenza collocata in regime di differimento d’imposta nel 1999, ossia entro cinque anni, come stabilito dall’articolo 160, paragrafo I, quarto comma, del CGI, in quanto vi ostava la ripartizione del potere impositivo tra la Francia e il Regno Unito.

77.      Il governo francese osserva infatti che, nella sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, EU:C:2011:785, punto 56), la Corte ha già riconosciuto che il fatto che lo Stato membro di origine di una società non tenga conto di minusvalenze realizzate da quest’ultima dopo il trasferimento della sua sede amministrativa effettiva non può essere ritenuto sproporzionato allo scopo della ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri perseguito dalla normativa in discussione (45).

78.      Per quanto riguarda la direttiva 90/434, oltre al fatto che essa non armonizza i criteri di ripartizione del potere impositivo degli Stati membri e che il suo articolo 8, paragrafo 2, secondo comma, non contiene alcuna disposizione relativa alle modalità di un’eventuale imposizione dei titoli scambiati al momento della loro successiva cessione, la menzionata direttiva non disciplina il diritto o l’obbligo di compensare eventuali minusvalenze derivanti dalla successiva cessione dei titoli scambiati.

79.      Data la suddetta mancanza di armonizzazione, occorre esaminare tale questione alla luce dell’articolo 49 TFUE.

80.      Dal fascicolo dinanzi alla Corte si evince che, secondo le osservazioni della Commissione (46), l’applicazione della normativa francese (47) e della convenzione fiscale franco‑britannica comporta un trattamento differenziato di operazioni imponibili comparabili, a seconda che il contribuente abbia esercitato o meno il suo diritto di stabilimento in un altro Stato membro (48), il che costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento ai sensi dell’articolo 49 TFUE (49).

81.      Risulta da una giurisprudenza costante che una restrizione alla libertà di stabilimento può essere ammessa solo se giustificata da motivi imperativi di interesse generale. Anche in tale ipotesi, però, la sua applicazione dovrebbe essere idonea a garantire il conseguimento dello scopo in tal modo perseguito e non eccedere quanto necessario per raggiungerlo (50).

82.      A tale proposito, il governo francese ritiene che le modalità di imposizione di una plusvalenza derivante da uno scambio di titoli che non tengano conto della minusvalenza eventualmente realizzata al momento della successiva cessione dei titoli scambiati, quando tale cessione non rientra nella sua competenza fiscale, siano giustificate dall’obiettivo dell’equilibrata ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri (51).

83.      La Commissione sostiene che la Repubblica francese «è tenuta a prendere in considerazione la minusvalenza da cessione inerente ai titoli scambiati nel 1999, poiché a tale data essa disponeva del potere impositivo (…). Di conseguenza, dal momento che, sulla base delle disposizioni di recepimento della direttiva [90/434], la quale offre la possibilità di rinviare l’imposizione della plusvalenza derivante da scambio, la [Repubblica francese] ha deciso di trattare allo stesso modo gli azionisti residenti e quelli non residenti, essa non può basarsi sulle regole convenzionali di ripartizione del potere impositivo tra Stati membri per negare il beneficio della compensazione della minusvalenza derivante da una cessione a un contribuente che abbia esercitato il suo diritto di stabilimento in un altro Stato membro, mentre siffatto vantaggio sarebbe accordato a un contribuente residente. Infatti, per quanto riguarda sia l’imposizione inizialmente rinviata, sia la presa in considerazione della minusvalenza inerente alle azioni la cui imposizione era stata rinviata, è in discussione il potere impositivo di un unico Stato membro, vale a dire quello della [Repubblica francese]» (52).

84.      Il mantenimento della ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri è un obiettivo legittimo riconosciuto dalla Corte (53).

85.      Infatti, al punto 46 della sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, EU:C:2011:785), la Corte ha statuito che, sulla base del principio di territorialità fiscale, uno Stato membro ha il diritto, in caso di trasferimento di attivi a una stabile organizzazione situata in un altro Stato membro, di assoggettare ad imposta al momento di tale trasferimento le plusvalenze realizzate sul suo territorio prima di detto trasferimento. Un siffatto provvedimento mira a prevenire situazioni tali da compromettere il diritto dello Stato membro di provenienza di esercitare la propria competenza fiscale in merito alle attività realizzate sul proprio territorio.

86.      Ne consegue che uno Stato membro, in caso di trasferimento di attivi verso un altro Stato membro, non deve rinunciare al proprio diritto di assoggettare ad imposta le plusvalenze generate nell’ambito della sua giurisdizione fiscale prima del trasferimento di queste ultime al di fuori del proprio territorio (54).

87.      Al punto 58 della sentenza del 21 dicembre 2016, Commissione/Portogallo, (C‑503/14, EU:C:2016:979), la Corte ha ricordato, citando il punto 52 della sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, EU:C:2011:785), che una normativa di uno Stato membro, che impone a una società che trasferisce in un altro Stato membro la propria sede amministrativa effettiva, la riscossione immediata, al momento stesso di tale trasferimento, dell’imposta sulle plusvalenze latenti relative agli elementi patrimoniali di tale società, è sproporzionata a causa dell’esistenza di misure meno lesive della libertà di stabilimento rispetto alla riscossione immediata di tale imposta. Tuttavia, tale discussione riguardava non un differimento di imposta, bensì un differimento di riscossione (55).

88.      Nella sentenza del 21 maggio 2015, Verder LabTec (C‑657/13, EU:C:2015:331, punto 48), la Corte ha statuito che per uno Stato membro, ai fini della salvaguardia dell’esercizio della propria giurisdizione fiscale, appare proporzionato determinare l’importo dell’imposta dovuta sulle plusvalenze latenti, generate sul proprio territorio, inerenti agli attivi trasferiti al di fuori del proprio territorio, nel momento in cui gli attivi stessi sfuggono al proprio potere impositivo, nella specie nel momento del trasferimento di questi ultimi al di fuori del territorio di tale Stato membro. Per quanto riguarda la riscossione di un’imposta di tal genere, la Corte ha aggiunto, al punto 49 di detta sentenza, che occorre lasciare al soggetto passivo la scelta tra, da un lato, l’assolvimento immediato di tale imposta e, dall’altro, il versamento differito del suo importo, eventualmente accompagnato da interessi ai sensi della normativa nazionale applicabile (56).

89.      Inoltre, la Corte ha dichiarato che il fatto che lo Stato membro ospitante eventualmente non tenga conto di minusvalenze non impone allo Stato membro di provenienza alcun obbligo di rivalutare, al momento del realizzo dell’attivo di cui trattasi, un debito d’imposta che è stato determinato in via definitiva nel momento in cui la società interessata, a causa del trasferimento della propria sede amministrativa effettiva, ha cessato di essere soggetta all’imposta in quest’ultimo Stato membro (57).

90.      Ritengo che, contrariamente alla situazione nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, EU:C:2011:785), in cui lo Stato membro di provenienza aveva esercitato pienamente (con riserva di un eventuale rinvio della riscossione) il suo diritto di tassare le plusvalenze latenti generate sul suo territorio al momento del trasferimento (58), lo Stato membro di provenienza nella causa Lassus (C‑421/16), ossia la Repubblica francese, che, sulla base dell’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 90/434, non aveva alcun diritto di assoggettare ad imposta le plusvalenze derivanti dall’operazione di scambio dei titoli nel 1999 al momento di tale scambio, abbia applicato, conformemente all’articolo 8, paragrafo 2, secondo comma, di detta direttiva, un meccanismo di differimento dell’imposizione della plusvalenza derivante dallo scambio dei titoli al momento della loro successiva cessione. Occorre inoltre ricordare che dal fascicolo nazionale depositato nella cancelleria della Corte sembra emergere che le modalità di imposizione della plusvalenza da scambio, quale l’aliquota d’imposta, sono determinate alla data della successiva cessione dei titoli scambiati e che l’imposta da pagare viene stabilita solo a tale data.

91.      Pertanto, così facendo, il governo francese esercita il proprio potere impositivo al momento della successiva cessione (59) dei titoli scambiati (60), e ciò nonostante il fatto che l’imposizione di un’eventuale plusvalenza derivante dalla successiva cessione dei titoli scambiati non rientri nella sua competenza fiscale.

92.      Ne consegue che, contrariamente alle circostanze delle cause che hanno dato luogo alle sentenze del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, EU:C:2011:785), del 21 maggio 2015, Verder LabTec (C‑657/13, EU:C:2015:331), e del 21 dicembre 2016, Commissione/Portogallo (C‑503/14, EU:C:2016:979), nella causa Lassus (C‑421/16) lo Stato membro di provenienza, vale a dire la Repubblica francese, disponeva del potere impositivo al momento della realizzazione delle minusvalenze (61) nel 2002.

93.      Ritengo che, in tali circostanze, il mantenimento della ripartizione del potere impositivo non giustifichi un trattamento diverso dei soggetti passivi residenti rispetto ai soggetti passivi non residenti, dato che era in discussione solo il potere impositivo del governo francese.

94.      Di conseguenza, lo Stato membro di provenienza non dovrebbe negare a un soggetto passivo che abbia esercitato il proprio diritto di stabilimento in un altro Stato membro il beneficio della compensazione di minusvalenze realizzate nell’ambito di applicazione della sua normativa nazionale (62) allorché tale vantaggio sia accordato a un soggetto passivo residente.

95.      Occorre rispondere alla terza questione sollevata dal giudice del rinvio nella causa Lassus (C‑421/16) nel senso che l’articolo 49 TFUE osta a che uno Stato membro, in cui la plusvalenza derivante da scambio è stata collocata in regime di differimento di imposta conformemente all’articolo 8, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 90/434, assoggetti ad imposta tale plusvalenza al momento della successiva cessione dei titoli scambiati senza tenere conto delle minusvalenze intervenute dopo lo scambio, laddove tale vantaggio verrebbe accordato a un soggetto passivo residente. Il fatto che la successiva cessione dei titoli scambiati non rientri nella competenza fiscale di detto Stato membro non giustifica siffatto trattamento discriminatorio.

D.      Sulla quarta questione pregiudiziale

96.      Con la quarta questione nella causa Lassus (C‑421/16), che viene sollevata solo nel caso in cui si risponda alla terza questione nel senso che occorre tenere conto della minusvalenza derivante da cessione, il giudice del rinvio chiede in sostanza se lo Stato membro di provenienza debba compensare con la plusvalenza accertata al momento dell’operazione di scambio dei titoli la minusvalenza derivante dalla cessione di detti titoli o debba rinunciare ad assoggettare ad imposta la plusvalenza in questione, quando la cessione stessa non ricada nella sua competenza fiscale.

97.      Dalle mie risposte alle questioni dalla prima alla terza risulta che, dal momento che l’articolo 8 della direttiva 90/434 non prevede un’esenzione definitiva dall’imposizione della plusvalenza accertata al momento di un’operazione di scambio di titoli conformemente alla menzionata direttiva, lo Stato membro di provenienza ha facoltà di prevedere un meccanismo di differimento di imposta della plusvalenza derivante da scambio fino alla successiva cessione di detti titoli, sebbene la cessione non rientri nella sua competenza fiscale. Ritengo che, in conformità alle osservazioni del governo francese, la circostanza che la cessione dei titoli scambiati abbia dato luogo a una minusvalenza non metta in discussione la competenza fiscale dello Stato membro di provenienza.

98.      Tuttavia, se il diritto nazionale prevede un meccanismo di differimento dell’imposizione, fino alla loro successiva cessione, di una plusvalenza accertata in occasione di un’operazione di scambio di titoli rientrante nell’ambito di applicazione della direttiva 90/434 e tale diritto prevede che, per i soggetti passivi residenti, siano prese in considerazione le minusvalenze intervenute dopo lo scambio di titoli, lo Stato membro di provenienza deve, conformemente all’articolo 49 TFUE, accordare il medesimo vantaggio ai soggetti passivi non residenti. Tale obbligo non impone allo Stato membro di provenienza di rinunciare ad assoggettare ad imposta la plusvalenza derivante da scambio per il fatto che la successiva cessione dei titoli scambiati non ricada nella sua competenza fiscale.

E.      Sulla quinta questione pregiudiziale

99.      Con la quinta questione nella causa Lassus (C‑421/16), che viene sollevata nel caso in cui si risponda alla terza e alla quarta questione nel senso che occorre compensare la minusvalenza derivante da cessione con la plusvalenza derivante da scambio, il giudice del rinvio si interroga in sostanza sulle modalità di siffatta compensazione.

100. Ritengo, conformemente alle osservazioni del governo francese (63) e della Commissione (64), che né la direttiva 90/434 né altre disposizioni di diritto dell’Unione precisino le modalità di imputazione di cui trattasi.

101. Di conseguenza, le modalità relative all’eventuale imputazione di una minusvalenza realizzata al momento della successiva cessione dei titoli rientrano nell’ambito del diritto nazionale dello Stato membro di provenienza nel rispetto del diritto dell’Unione, in particolare dell’articolo 49 TFUE sulla libertà di stabilimento.

VIII. Conclusione

102. Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dal Conseil d’État (Consiglio di Stato, Francia) nel seguente modo:

–        L’articolo 8, paragrafo 1 e l’articolo 8, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 90/434/CEE del Consiglio, del 23 luglio 1990, relativa al regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, ai conferimenti d’attivo ed agli scambi d’azioni concernenti società di Stati membri diversi, non ostano a un meccanismo che rinvia l’imposizione della plusvalenza accertata in occasione di un’operazione di scambio di titoli rientrante nell’ambito di applicazione di detta direttiva al momento della successiva cessione di tali titoli.

–        L’articolo 8, paragrafo 1 e l’articolo 8, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 90/434 devono essere interpretati nel senso che la plusvalenza derivante da uno scambio di titoli può essere assoggettata ad imposta in occasione della loro successiva cessione dallo Stato membro che deteneva il potere impositivo su tale plusvalenza al momento dell’operazione di scambio, anche qualora la successiva cessione dei titoli oggetto dello scambio possa rientrare nella competenza fiscale di un altro Stato membro.

–        L’articolo 49 TFUE osta a che uno Stato membro, in cui la plusvalenza derivante da scambio è stata collocata in regime di differimento di imposta conformemente all’articolo 8, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 90/434, fino alla successiva cessione dei titoli scambiati, assoggetti ad imposta tale plusvalenza al momento di tale cessione senza tenere conto delle minusvalenze intervenute dopo lo scambio, qualora tale vantaggio sia accordato a un soggetto passivo residente. Il fatto che la successiva cessione dei titoli scambiati non rientri nella competenza fiscale di detto Stato membro non giustifica siffatto trattamento discriminatorio.

–        Se il diritto nazionale prevede un meccanismo di differimento dell’imposizione, fino alla loro successiva cessione, di una plusvalenza accertata in occasione di un’operazione di scambio di titoli rientrante nell’ambito di applicazione della direttiva 90/434 e tale diritto prevede che, per i soggetti passivi residenti, siano prese in considerazione le minusvalenze intervenute dopo la scambio dei titoli, lo Stato membro di provenienza deve, conformemente all’articolo 49 TFUE, accordare il medesimo vantaggio ai soggetti passivi non residenti. Tale obbligo non impone allo Stato membro di provenienza di rinunciare ad assoggettare ad imposta la plusvalenza derivante da scambio in ragione del fatto che la successiva cessione dei titoli scambiati non rientri nella sua competenza fiscale.

–        Le modalità relative all’eventuale imputazione di una minusvalenza realizzata al momento della successiva cessione dei titoli rientrano nell’ambito del diritto nazionale dello Stato membro di provenienza nel rispetto del diritto dell’Unione, in particolare dell’articolo 49 TFUE.


1      Lingua originale: il francese.


2      Nella causa Jacob (C‑327/16).


3      Nella causa Lassus (C‑421/16).


4      GU 1990, L 225, pag. 1. L’articolo 8 di tale direttiva è stato modificato dalla direttiva 2005/19/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005 (GU 2005, L 58, pag. 19). In seguito, la direttiva 90/434 è stata abrogata dalla direttiva 2009/133/CE del Consiglio, del 19 ottobre 2009, relativa al regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, alle scissioni parziali, ai conferimenti d’attivo ed agli scambi d’azioni concernenti società di Stati membri diversi e al trasferimento della sede sociale di una SE e di una SCE tra Stati membri (GU 2009, L 310, pag. 34). Tuttavia, i termini dell’articolo 8, paragrafo 1, e dell’articolo 8, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 90/434 sono pressoché identici a quelli dell’articolo 8, paragrafi 1 e 6, della medesima direttiva, come modificata dalla direttiva 2005/19, e a quelli dell’articolo 8, paragrafi 1 e 6, della direttiva 2009/133.


5      Determinata in funzione della base imponibile fissata al momento dello scambio.


6      Dal fascicolo nazionale depositato nella cancelleria della Corte sembra emergere che le altre modalità di imposizione della plusvalenza, in particolare l’aliquota d’imposta, sono determinate alla data della successiva cessione. Infatti, nella sua prima questione pregiudiziale nelle presenti cause riunite, il Conseil d’État (Consiglio di Stato) fa riferimento a «una plusvalenza derivante da scambio [che] è accertata e liquidata in occasione dell’operazione di scambio di titoli e assoggettata ad imposta nell’anno in cui si realizza l’evento che pone fine al differimento di imposta». Il corsivo è mio.


7      Secondo il giudice del rinvio, tale disposizione «legislativa ha avuto segnatamente l’effetto di consentire la compensazione di una minusvalenza con una plusvalenza precedentemente collocata in regime di differimento di imposta, in occasione dell’imposizione di tale plusvalenza, nell’anno in cui interviene l’evento che pone fine al differimento di imposta».


8      Tale data è pertinente per la causa Lassus (C‑421/16). V. paragrafo 24 delle presenti conclusioni.


9      Tale data è pertinente per la causa Lassus (C‑421/16). V. paragrafo 24 delle presenti conclusioni.


10      V. articolo 92 B, paragrafo II, e articolo 160, paragrafo I ter, punto 4, del CGI.


11      Nella fattispecie, 11 924 titoli.


12      Già Mars Sun.


13      Egli ha ricevuto in cambio 599 874 titoli della Gemplus International.


14      Articolo 160, paragrafo I ter, e articolo 92 B del CGI.


15      Alla società Sagem.


16      La plusvalenza da scambio realizzata dal sig. Lassus il 7 dicembre 1999 era imponibile in Francia, sebbene egli fosse residente nel Regno Unito dal 1997, conformemente all’articolo 13, paragrafo 4, della convenzione fiscale franco‑britannica.


17      Nella fattispecie, la Repubblica francese.


18      V. paragrafo 13 delle presenti conclusioni.


19      Infatti, l’articolo 1 della direttiva 90/434 dispone quanto segue:


      «Ogni Stato membro applica la presente direttiva alle operazioni di fusioni, scissioni, conferimenti d’attivo e scambi di azioni riguardanti società di due o più Stati membri».


20      Sentenza del 14 marzo 2013, Allianz Hungária Biztosító e a. (C‑32/11, EU:C:2013:160, punti 19 e 20 e giurisprudenza citata). V. altresì sentenza del 18 ottobre 1990, Dzodzi (C‑297/88 e C‑197/89, EU:C:1990:360, punti da 33 a 37).


21      V. paragrafo 37 delle presenti conclusioni.


22      V. paragrafo 59 delle presenti conclusioni.


23      V. paragrafo 59 delle presenti conclusioni.


24      V. articolo 92 B, paragrafo II, del CGI.


25      V. paragrafo 4 delle presenti conclusioni sulla differenza tra differimento di imposta e sospensione di imposta. V. altresì paragrafo 6 delle presenti conclusioni sulla nozione di «differimento della riscossione». A parere del sig. Jacob, il meccanismo di differimento di imposta previsto dalla normativa francese rimette in discussione il principio di neutralità fiscale che induce a considerare lo scambio di titoli come un «evento fiscale» in sé, «dato che si dovrà allora accertare una plusvalenza, corrispondente alla rivalutazione dei titoli scambiati dopo la loro acquisizione, e l’accertamento di tale plusvalenza costituisce il fondamento del diritto impositivo dello Stato in cui l’interessato era residente all’epoca».


26      «Peraltro, una modifica delle questioni pregiudiziali sotto il profilo sostanziale [su richiesta di una delle parti] o una risposta alle questioni complementari citate dalle [parti] nella causa principale nelle loro osservazioni sarebbe incompatibile con il ruolo assegnato alla Corte dall’articolo [267 TFUE] e con l’obbligo della Corte di dare ai governi degli Stati membri e alle parti interessate la possibilità di presentare osservazioni ai sensi dell’articolo 23 del suo Statuto, tenuto conto del fatto che, in base alla suddetta disposizione, alle parti interessate vengono notificate solo le decisioni di rinvio». V. le mie conclusioni nella causa Ehrmann (C‑609/12, EU:C:2013:746, paragrafo 27 e giurisprudenza citata).


27      V., per analogia, sentenza dell’11 dicembre 2008, A.T. (C‑285/07, EU:C:2008:705, punto 36). V. altresì conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Kofoed (C‑321/05, EU:C:2007:86, paragrafo 36): «[l’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 90/434 è volto ad] assicurare la neutralità fiscale di una siffatta operazione di ristrutturazione e [ad] impedire che eventuali riserve occulte o altri aumenti di valore delle quote sociali vengano tassati ancor prima della loro effettiva realizzazione». V. anche sentenza del 20 maggio 2010, Modehuis A. Zwijnenburg (C‑352/08, EU:C:2010:282, punti 39 e 40). Nella sentenza dell’8 marzo 2017, Euro Park Service (C‑14/16, EU:C:2017:177, punti 28 e 29), la Corte ha ricordato che «un’operazione di fusione transfrontaliera costituisce una modalità particolare di esercizio della libertà di stabilimento, importante per il buon funzionamento del mercato interno, e rientra pertanto tra le attività economiche per le quali gli Stati membri sono tenuti al rispetto di tale libertà (…). Affinché tale modalità particolare di esercizio della libertà di stabilimento non sia ostacolata da restrizioni, svantaggi o distorsioni particolari derivanti dalle disposizioni fiscali degli Stati membri, la direttiva 90/434, come emerge dai suoi considerando dal primo al quinto, istituisce un regime fiscale comune prevedendo agevolazioni fiscali, quali il riporto dell’imposizione delle plusvalenze inerenti ai beni conferiti in occasione di un’operazione siffatta». Il corsivo è mio.


28      «[I]l testo di tale disposizione è univoco e vincolante». V. conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nella causa A.T. (C‑285/07, EU:C:2008:608, paragrafo 24).


29      V., in tal senso, sentenza dell’11 dicembre 2008, A.T. (C‑285/07, EU:C:2008:705, punto 21).


30      Infatti, sebbene la formulazione dell’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 90/434 sia imperativa, quella del suo paragrafo 2, secondo comma, che prevede la possibilità per gli Stati membri di tassare il profitto risultante dalla successiva cessione dei titoli, è, invece, chiaramente facoltativa.


31      V., per analogia, sentenza del 19 dicembre 2012, 3D I (C‑207/11, EU:C:2012:818, punto 28), vertente sugli articoli 4 e 9 della direttiva 90/434. Secondo l’avvocato generale Jääskinen, detta direttiva mira a «conseguire la neutralità fiscale creando un sistema comune di riporto dell’imposizione delle plusvalenze inerenti a (…) scambi di azioni transfrontalieri. L’imposizione non deve avere luogo prima della data dell’effettiva cessione delle azioni o dei beni». Egli considera che «il principio di neutralità fiscale» riguarda solo il trattamento fiscale al momento dello scambio di azioni transfrontaliero, e non ad uno stadio diverso – conclusioni dell’avvocato generale Jääskinen nella causa 3D I (C‑207/11, EU:C:2012:433, paragrafi 37 e 39). Secondo l’avvocato generale Sharpston, la direttiva 90/434 «impone un regime fiscale comune da applicare (…) agli scambi d’azioni concernenti società di Stati membri diversi. Essa ha lo scopo di evitare un’imposizione all’atto di siffatte operazioni, pur tutelando gli interessi finanziari dello Stato membro in cui sorge un obbligo di imposta. Nel contesto dello scambio di azioni, la direttiva persegue tale obiettivo prevedendo che l’assegnazione di titoli della società acquirente ad un socio della società acquistata “non deve di per se stessa comportare alcuna imposizione sul reddito, gli utili o le plusvalenze di questo socio” pur permettendo agli Stati membri di tassare “il profitto risultante dalla successiva cessione dei titoli ricevuti allo stesso modo del profitto risultante dalla cessione dei titoli esistenti prima dell’acquisto”» – v. paragrafo 3 delle conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nella causa A.T. (C‑285/07, EU:C:2008:608).


32      Secondo il governo austriaco, l’articolo 8 della direttiva 90/434 è fondato «sull’idea che, in ragione della cessione dei titoli scambiati ai soci della società conferente o acquisita, lo Stato in cui sono domiciliati detti soci deve mantenere la facoltà di assoggettare ad imposta successivamente i titoli acquistati». Il governo finlandese considera che «l’obiettivo della direttiva 90/434 [non è] concedere un’esenzione fiscale definitiva della cessione che ha avuto luogo in occasione dello scambio dei titoli detenuti inizialmente, ma solo garantire il vantaggio costituito dal riporto dell’imposizione, al fine di facilitare gli scambi transfrontalieri di titoli. Tale posizione, conforme all’obiettivo e al testo della direttiva, è stata anche confermata dalla giurisprudenza della Corte, ad esempio nella [sentenza del 5 luglio 2007, Kofoed (C‑321/05, EU:C:2007:408)]».


33      Secondo la Commissione, la direttiva 90/434 non osterebbe a che un’operazione di scambio di titoli, seguita da un’ulteriore cessione, venga suddivisa in due fasi successive, vale a dire, in primo luogo, l’accertamento e la liquidazione della plusvalenza derivante da scambio collocata in regime di differimento di imposta e, in secondo luogo, l’effettiva imposizione dell’utile realizzato al momento della successiva cessione dei medesimi titoli.


34      Al punto 41 della sentenza del 5 luglio 2007, Kofoed (C‑321/05, EU:C:2007:408), la Corte ha avuto occasione di precisare che «ciascuno degli Stati membri destinatari di una direttiva ha l’obbligo di adottare, nell’ambito del proprio ordinamento giuridico, tutti i provvedimenti necessari a garantire la piena efficacia della direttiva, conformemente allo scopo che essa persegue». «[G]li Stati membri hanno la scelta della forma e dei mezzi di attuazione delle direttive che meglio permettono di garantire il risultato a cui mirano queste ultime» (punto 43 della medesima sentenza).


35      V., per analogia, sentenza dell’8 marzo 2017, Euro Park Service (C‑14/16, EU:C:2017:177, punto 36).


36      Nella causa Jacob (C‑327/16), il sig. Jacob era residente e soggetto ad imposta in Francia al momento dello scambio dei titoli conformemente all’articolo 92 B, paragrafo II, e all’articolo 160, paragrafo I ter, punto 4, del CGI. Egli ha trasferito il proprio domicilio fiscale successivamente a tale scambio e prima della cessione dei titoli di cui trattasi. Nella causa Lassus (C‑421/16), il sig. Lassus era soggetto ad imposta in Francia per quanto riguarda la plusvalenza da scambio nel 1999 conformemente all’articolo 13, paragrafo 4, lettere a) e b), della convenzione fiscale franco‑britannica, pur essendo domiciliato nel Regno Unito fin dal 1997. Infatti, secondo il governo francese, «[i]n applicazione del combinato disposto degli articoli 164 B e 244 bis B del CGI vigenti alla data dell’operazione di scambio di titoli del 7 dicembre 1999, le plusvalenze realizzate sulla cessione di diritti relativi a società aventi sede in Francia costituiscono redditi di fonte francese imponibili in Francia secondo le modalità previste dall’articolo 160 del CGI anche se il beneficiario, persona fisica, di tali plusvalenze non era fiscalmente domiciliato in Francia. (…) Peraltro, l’articolo 13, paragrafo 4, della convenzione fiscale franco‑britannica conferma tale ripartizione della competenza fiscale tra la Francia e il Regno Unito». Per contro, secondo il governo francese, l’operazione di cessione dei titoli ricevuti in cambio, vale a dire i titoli della società lussemburghese Gemplus International, non rientrava nei casi previsti dagli articoli 164 B e 244 bis B del CGI e dall’articolo 13, paragrafo 4, della convenzione fiscale franco‑britannica, in quanto tale cessione aveva ad oggetto titoli di una società lussemburghese detenuti da una persona fisica fiscalmente domiciliata nel Regno Unito. Occorre rilevare che il sig. Lassus ha sostenuto dinanzi al Conseil d’État (Consiglio di Stato) che la successiva cessione dei titoli scambiati rientrava nella competenza fiscale del governo del Regno Unito, il che non ha alcuna incidenza sulla competenza del governo francese a tassare le plusvalenze in questione.


37      V. primo considerando della direttiva 90/434.


38      Ritengo, al pari del sig. Jacob e dei governi francese e finlandese, che la direttiva 90/434 non sia intesa a stabilire regole di territorialità dell’imposta e a ripartire il potere impositivo tra gli Stati membri.


39      Sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, EU:C:2011:785, punto 45 e giurisprudenza citata).


40      Vale a dire, un’operazione transfrontaliera conformemente all’articolo 1 della direttiva 90/434 o un’operazione interna alla quale la normativa nazionale abbia reso applicabile detta direttiva.


41      V. per analogia, sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, EU:C:2011:785, punto 46 e giurisprudenza citata). V. altresì sentenza del 23 gennaio 2014, DMC (C‑164/12, EU:C:2014:20, punto 47).


42      V. quarto considerando della direttiva 90/434. Inoltre, dal momento che tale possibilità rispetta del pari gli interessi dello Stato membro in cui è stata effettuata la successiva cessione dei titoli scambiati, in quanto non pregiudica il diritto di detto Stato membro di assoggettare ad imposta eventuali plusvalenze derivanti da tale cessione, essa garantisce a mio avviso una ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri, che è un obiettivo legittimo riconosciuto dalla Corte.


43      I governi francese, finlandese e svedese nonché la Commissione considerano che l’articolo 8 della direttiva 90/434 non vieta che la plusvalenza derivante da scambio di titoli venga tassata dallo Stato membro in cui risiede il soggetto passivo al momento dello scambio anche se tale soggetto aveva trasferito la sua residenza fiscale al momento della successiva cessione dei titoli. Il sig. Jacob ritiene che l’articolo 8 della direttiva 90/434 debba essere interpretato nel senso che, nel caso di un’operazione di scambio di titoli rientrante nell’ambito di applicazione della direttiva, l’unico fatto generatore dell’imposizione interviene alla data della cessione dei titoli ricevuti con lo scambio. Egli considera quindi che le norme di territorialità dell’imposta devono essere valutate a tale data in base alle disposizioni del diritto interno degli Stati membri e delle convenzioni fiscali eventualmente concluse tra gli stessi.


44      Il corsivo è mio.


45      Il governo austriaco ritiene che «la mancata presa in considerazione di minusvalenze non è in contrasto con la libertà di stabilimento in quanto spetta agli Stati membri fissare definitivamente l’importo dell’imposta sulle plusvalenze non realizzate – senza tenere conto di eventuali minusvalenze o plusvalenze intervenute successivamente – nel momento in cui viene meno il potere impositivo dello Stato membro per quanto riguarda gli elementi di attivo in questione». Il governo svedese considera che «lo Stato membro non dovrebbe ragionevolmente essere tenuto a prendere in considerazione minusvalenze sotto forma di perdite sopravvenute nella fase della vendita finale dei titoli, vale a dire una volta che non disponga più del potere impositivo. Di conseguenza, il fatto di non tenere conto di una perdita al momento di tale cessione finale non dovrebbe essere considerato un ostacolo alla libertà di stabilimento. Qualora la Corte decidesse in senso contrario, una siffatta restrizione potrebbe in ogni caso essere motivata con l’equilibrata ripartizione del potere impositivo tra gli Stati e sarebbe quindi giustificata da motivi imperativi di interesse generale nonché conforme al principio di proporzionalità». Il governo finlandese ritiene «che lo Stato membro non abbia l’obbligo di tenere conto di tale minusvalenza al momento della tassazione della plusvalenza realizzata in occasione di uno scambio di titoli. In primo luogo, per quanto riguarda la direttiva 90/434, è sufficiente ribadire che tale direttiva non disciplina affatto la questione della ripartizione tra gli Stati membri del potere impositivo riguardo a uno scambio di titoli. Pertanto, non è disciplinato dalla direttiva neppure il diritto di imputare le minusvalenze, che rientra parimenti nella questione della ripartizione del potere impositivo. Così, dalla direttiva non deriva alcuna limitazione, sotto tale profilo, per la normativa fiscale degli Stati membri. In secondo luogo, l’articolo 49 TFUE non impone nemmeno di tenere conto di una minusvalenza derivante dalla cessione dei titoli ricevuti con lo scambio».


46      Secondo la Commissione, «sembra che il cedente il quale non eserciti il suo diritto di stabilimento possa beneficiare della compensazione integrale della plusvalenza derivante da scambio, inizialmente collocata in regime di differimento di imposta, con la minusvalenza derivante dalla corrispondente cessione. Per contro, se egli esercita il suo diritto di stabilimento nel Regno Unito, come ha fatto il contribuente nella causa [Lassus (C‑421/16)], la presa in considerazione della minusvalenza derivante da cessione risulta notevolmente limitata a causa dell’applicazione di calcoli effettuati sulla base di norme che non sarebbero state applicate in un contesto puramente interno».


47      Vale a dire l’articolo 160, paragrafo I, quarto comma, del CGI. Tale trattamento differenziato delle operazioni imponibili comparabili non risulta dal testo delle disposizioni in questione.


48      Sentenza del 21 dicembre 2016, Commissione/Portogallo (C‑503/14, EU:C:2016:979, punto 46 e giurisprudenza citata).


49      Il governo francese «non contesta che tali modalità di imposizione di una plusvalenza derivante da uno scambio di titoli equivalgano a trattare in modo diverso le operazioni di scambio di titoli effettuate da non residenti o da residenti nazionali divenuti non residenti al momento della cessione dei titoli scambiati, rispetto alle operazioni di scambio realizzate da residenti nazionali per i quali la minusvalenza eventualmente realizzata in occasione della successiva cessione dei titoli scambiati verrebbe compensata con la plusvalenza derivante dallo scambio al fine di calcolare l’imposta dovuta». Il corsivo è mio.


50      Sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, EU:C:2011:785, punto 42 e giurisprudenza citata).


51      Secondo il governo francese, le modalità di imposizione di una plusvalenza derivante da scambio di titoli sono definite conformemente all’articolo 13, paragrafo 4, della convenzione fiscale franco‑britannica. Per contro, la successiva minusvalenza eventualmente derivante dalla cessione dei titoli ricevuti in cambio non rientrerebbe nella competenza fiscale del governo francese, bensì in quella del Regno Unito. Inoltre, il governo francese ritiene che le suddette modalità di imposizione di una plusvalenza derivante da uno scambio di titoli non eccedano quanto necessario per conseguire l’obiettivo da esse perseguito.


52      Il corsivo è mio.


53      Inoltre, come indicato al paragrafo 68 delle presenti conclusioni, risulta da una giurisprudenza costante che, in mancanza di disposizioni di unificazione o di armonizzazione adottate dall’Unione, gli Stati membri rimangono competenti a definire, in via convenzionale o unilaterale, i criteri di ripartizione del loro potere impositivo, in particolare, al fine di eliminare le doppie imposizioni (sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus, C‑371/10, EU:C:2011:785, punto 45).


54      Sentenza del 21 maggio 2015, Verder LabTec (C‑657/13, EU:C:2015:331, punto 44).


55      V. paragrafo 6 delle presenti conclusioni.


56      Sentenza del 21 maggio 2015, Verder LabTec (C‑657/13, EU:C:2015:331, punti 48 e 49 e giurisprudenza citata). Ne consegue che l’imposizione della plusvalenza non è stata rinviata a una data successiva.Nella causa che ha dato luogo a detta sentenza, l’imposta sulle plusvalenze latenti in questione è stata fissata al momento del trasferimento e la sua riscossione è stata rinviata o scaglionata in dieci annualità.


57      Sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, EU:C:2011:785, punto 61). V. altresì sentenza del 21 dicembre 2016, Commissione/Portogallo (C‑503/14, EU:C:2016:979, punto 55). Sul trasferimento della sede amministrativa di un trust, v., per analogia, sentenza del 14 settembre 2017, Trustees of the P Panayi Accumulation & Maintenance Settlements (C‑646/15, EU:C:2017:682, punto 58), e conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Trustees of the P Panayi Accumulation & Maintenance Settlements (C‑646/15, EU:C:2016:1000, paragrafi da 61 a 65). Al punto 58 della sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, EU:C:2011:785), la Corte ha dichiarato che, «[d]al momento che, in una situazione come quella [dibattuta nella presente causa], gli utili della società che ha trasferito la propria sede amministrativa effettiva saranno tassati, dopo tale trasferimento, solo nello Stato membro ospitante, conformemente al principio di territorialità fiscale, associato a un elemento temporale, spetta altresì a quest’ultimo Stato membro, considerato il suddetto legame tra gli attivi di una società ed i suoi utili imponibili, e quindi per motivi connessi alla simmetria tra il diritto di tassare gli utili e la possibilità di dedurre le perdite, tener conto nel suo sistema fiscale delle fluttuazioni del valore degli attivi della società interessata intervenute a partire dalla data in cui lo Stato membro di provenienza ha perso ogni qualsivoglia collegamento fiscale con tale società».


58      V. altresì, per analogia, sentenze del 21 maggio 2015, Verder LabTec (C‑657/13, EU:C:2015:331), e del 21 dicembre 2016, Commissione/Portogallo (C‑503/14, EU:C:2016:979).


59      Occorre ricordare che dal fascicolo nazionale depositato nella cancelleria della Corte sembra emergere che le modalità di imposizione della plusvalenza derivante da scambio, come ad esempio l’aliquota d’imposta, sono determinate alla data della successiva cessione dei titoli scambiati.


60      A tale proposito si deve ricordare che, come indicato nella nota 36 delle presenti conclusioni, il sig. Lassus era soggetto ad imposta in Francia per la plusvalenza realizzata nel 1999, conformemente all’articolo 13, paragrafo 4, lettere a) e b), della convenzione fiscale franco‑britannica, pur essendo domiciliato nel Regno Unito dal 1997.


61      Ricordo che le minusvalenze sono state subite nel corso dei cinque anni successivi allo scambio dei titoli in questione.


62      Nella fattispecie, l’articolo 160, paragrafo I, quarto comma, del CGI. Rilevo che tale disposizione fissa un termine massimo di cinque anni. A mio avviso, se la cessione dei titoli scambiati interviene oltre cinque anni dopo l’operazione di scambio, non si deve tenere conto della minusvalenza derivante da cessione. L’applicazione dell’articolo 49 TFUE impone unicamente di trattare allo stesso modo le operazioni comparabili.


63      Il governo francese ritiene che la Corte non sia competente a rispondere a tale questione, in quanto il diritto dell’Unione, primario e derivato, non precisa tali modalità. Se del caso, esso ritiene che, se uno Stato membro ha l’obbligo di tenere conto, al momento dell’imposizione della plusvalenza derivante da scambio, dell’eventuale minusvalenza derivante dalla cessione dei titoli scambiati, esso possa tenere conto solo della minusvalenza inerente a tali titoli. Inoltre, secondo il governo francese, per calcolare l’importo della minusvalenza occorre considerare quale prezzo d’acquisto il valore dei titoli al momento dell’operazione di scambio.


64      La Commissione rileva che la direttiva 90/434 non prevede le modalità di calcolo della plusvalenza derivante dallo scambio, né il regime applicabile all’eventuale minusvalenza derivante da cessione.