Language of document : ECLI:EU:C:2018:139

SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

1o marzo 2018 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Tassa di effetto equivalente a dazi doganali – Articolo 30 TFUE – Tributo interno – Articolo 110 TFUE – Tassa applicata ai prodotti petroliferi esportati – Non-ripercussione della tassa sul consumatore – Onere della tassa sostenuto dal contribuente – Rimborso delle somme versate dal contribuente»

Nella causa C‑76/17,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Înalta Curte de Casaţie şi Justiţie (Alta Corte di cassazione e di giustizia, Romania), con decisione del 17 novembre 2016, pervenuta in cancelleria il 13 febbraio 2017, nel procedimento

SC Petrotel-Lukoil SA,

Maria Magdalena Georgescu

contro

Ministerul Economiei,

Ministerul Energiei,

Ministerul Finanţelor Publice,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta da T. von Danwitz, presidente di sezione, C. Vajda, E. Juhász, K. Jürimäe e C. Lycourgos (relatore), giudici,

avvocato generale: M. Szpunar

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la SC Petrotel-Lukoil SA, da C. Vasile, M. Strîmbei e A. Barbu, avocats;

–        per il governo rumeno, da R.‑H. Radu, L. Liţu e R. Mangu, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da F. Clotuche-Duvieusart e L. Radu Bouyon, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 30 TFUE.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone, da una parte, la SC Petrotel-Lukoil SA (in prosieguo: la «Lukoil») e la sig.ra Maria Magdalena Georgescu e, dall’altra, il Ministerul Economiei (Ministero dell’Economia, Romania), il Ministerul Energiei (Ministero dell’Energia, Romania) e il Ministerul Finanţelor Publice (Ministero delle Finanze pubbliche, Romania), in merito al rifiuto da parte del Ministero dell’Economia di restituire gli importi forfettari versati dalla Lukoil per il Fondo speciale per i prodotti petroliferi, costituito per il recupero dei debiti della preesistente Compania Română de Petrol (Società petrolifera rumena; in prosieguo: la «CRP»).

 Contesto normativo

3        L’Ordonanţa de urgenţă a Guvernului nr. 249/2000 privind constituirea şi utilizarea Fondului special pentru produse petroliere (decreto legge n. 249/2000, relativo alla costituzione e all’utilizzo del Fondo speciale per i prodotti petroliferi, Monitorul Oficial al României, parte I, n. 647, del 12 dicembre 2000), come modificata dalla Legea nr. 142/2006 pentru aprobarea Ordonanţei Guvernului nr. 53/2005 privind reglementarea unor măsuri financiare în domeniul bugetar şi al contabilităţii publice (legge n. 142/2006 di approvazione dell’ordinanza del governo n. 53/2005, recante misure finanziarie nel settore del bilancio e della contabilità pubblica) (in prosieguo: l’«OUG n. 249/2000»), ha istituito il Fondo speciale per i prodotti petroliferi al fine di assolvere all’insieme delle obbligazioni pecuniarie gravanti sulla preesistente CRP.

4        L’articolo 1 dell’OUG n. 249/2000 è formulato nei seguenti termini:

«Il Fondo speciale per i prodotti petroliferi è costituito includendo una somma forfettaria espressa in [lei rumeni (RON)], pari a[0,01 dollari statunitensi (USD) al litro] al tasso di cambio dell’ultimo giorno del mese precedente alla cessione, nel prezzo dei prodotti petroliferi venduti sui mercati nazionale ed estero, benzina e gasolio, ottenuti da produttori o derivanti da una lavorazione».

5        Ai sensi dell’articolo 2 dell’OUG n. 249/2000:

«Il Fondo speciale per i prodotti petroliferi, costituito conformemente all’articolo 1, è amministrato dal Ministerul Industriei şi Comerţului (Ministero dell’Industria e del Commercio, Romania) e sarà utilizzato per assolvere all’insieme delle obbligazioni finanziarie dell’ex [CRP]».

6        L’articolo 5 dell’OUG n. 249/2000 così dispone:

«L’obbligo di calcolare e versare le somme derivanti dall’applicazione dell’articolo 1 incombe ai produttori e ai raffinatori che siano persone giuridiche stabilite in Romania, indipendentemente dalla loro forma organizzativa, dalla natura del loro capitale e dalla destinazione dei loro prodotti, corrispondente alla categoria d’impiego e alla tipologia di utilizzatori del prodotto in esame».

7        L’articolo 7 dell’OUG n. 249/2000 così dispone:

«La somma forfettaria inclusa nel prezzo dei prodotti petroliferi di cui all’articolo 1 di tale decreto rappresenta un onere fiscalmente detraibile».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

8        La Lukoil ha reclamato presso il Ministero dell’Economia la restituzione delle somme che ha versato per le esportazioni di prodotti petroliferi, a norma dell’OUG n. 249/2000, tra il 1o gennaio 2007 e il 31 marzo 2010.

9        Con lettera del 24 maggio 2010, il Ministero dell’Economia ha rifiutato di restituire le somme richieste dalla Lukoil.

10      La Lukoil ha quindi proposto un ricorso dinanzi alla Curtea de Apel București (Corte d’appello di Bucarest, Romania). Tale società ha sostenuto, in sostanza, che dette somme erano indebite a decorrere dalla data di adesione della Romania all’Unione europea, il 1o gennaio 2007, dato che il loro pagamento era in contrasto con l’articolo 30 TFUE, poiché esse costituivano una tassa di carattere fiscale imposta unilateralmente da uno Stato membro e riscossa sulle merci che attraversano una frontiera.

11      Con sentenza del 12 ottobre 2011, la Curtea de Apel București (Corte d’appello di Bucarest) ha respinto il ricorso della Lukoil. Tale giudice ha considerato, in particolare, che la somma di 0,01 USD al litro inclusa nel prezzo dei prodotti petroliferi era calcolata per i prodotti forniti sia in Romania sia al di fuori di tale Stato membro, sicché, non essendo dovuta in forza del fatto che una merce ha attraversato una frontiera, la tassa controversa non costituiva né un dazio doganale all’esportazione né una tassa di effetto equivalente, bensì un tributo interno. Esso ha aggiunto che, anche ammesso che la tassa istituita dall’OUG n. 249/2000 costituisca un dazio doganale vietato dall’articolo 30 TFUE, la domanda della Lukoil diretta ad ottenere che le sia rimborsata tale tassa sarebbe infondata, alla luce del divieto di arricchimento senza causa, come applicato dalla Corte nella sentenza del 14 gennaio 1997, Comateb e a. (da C‑192/95 a C‑218/95, EU:C:1997:12). In effetti, secondo la Curtea de Apel București (Corte d’appello di Bucarest), la somma in questione era inclusa, ai sensi dell’articolo 1 dell’OUG n. 249/2000, nel prezzo della benzina e del gasolio forniti al di fuori della Romania, e pertanto non veniva sopportata dalla persona che effettua la cessione dei prodotti petroliferi, bensì dall’acquirente.

12      La Lukoil ha impugnato la sentenza del 12 ottobre 2011 dinanzi all’Înalta Curte de Casație şi Justiție (Alta Corte di cassazione e di giustizia, Romania). Tale giudice ha annullato la suddetta sentenza e ha rinviato la causa dinanzi alla Curtea de Apel București (Corte d’appello di Bucarest). Con sentenza del 25 gennaio 2016 quest’ultimo giudice ha respinto il ricorso della Lukoil.

13      In tale sentenza, la Curtea de Apel București (Corte d’appello di Bucarest) sulla base di una perizia contabile, ha ritenuto che, pur avendo calcolato e versato l’imposta di cui trattasi allo Stato, la Lukoil non aveva aggiunto la somma forfettaria di 0,01 USD per litro al prezzo di vendita dei prodotti petroliferi che ha venduto tra il 1o gennaio 2007 e il 31 marzo 2010, ma aveva imputato tale somma ai propri fondi. Nonostante tale conclusione, detto giudice ha tuttavia statuito che la Lukoil non aveva dimostrato che il pagamento di detta tassa le avesse arrecato un danno. In effetti, la Lukoil avrebbe predisposto, di propria iniziativa, una modalità di pagamento che non è né imputabile all’amministrazione convenuta né fondata sulle disposizioni dell’OUG n. 249/2000. Detto giudice ha quindi dichiarato che la Lukoil non aveva diritto alla restituzione richiesta, dato che la tassa controversa era stata versata sulla base non già di disposizioni definitivamente dichiarate illegittime, in quanto contrarie al diritto dell’Unione, bensì di un meccanismo che la Lukoil stessa aveva istituito e che non era previsto dalla normativa nazionale.

14      La Lukoil ha impugnato la sentenza del 25 gennaio 2016 dinanzi all’Înalta Curte de Casație şi Justiție (Alta Corte di cassazione e di giustizia). Tale giudice rileva che la tassa controversa costituisce una tassa di effetto equivalente a un dazio doganale, in quanto essa presenta carattere pecuniario, è imposta unilateralmente dall’autorità competente di uno Stato membro e colpisce le merci in ragione del fatto che esse varcano la frontiera. Essa indica che la Lukoil ha chiesto il rimborso delle somme da essa versate con fondi propri tra il 1o gennaio 2007 e il 31 marzo 2010. Orbene, la Corte non si sarebbe mai pronunciata, alla luce all’articolo 30 TFUE, per chiarire se, qualora un contribuente abbia effettivamente sostenuto l’onere di una tassa di effetto equivalente a un dazio doganale, egli possa chiedere la restituzione delle somme versate, sebbene il meccanismo di pagamento della tassa sia stato concepito dalla normativa nazionale in modo che detta tassa si ripercuota sul consumatore.

15      In tali circostanze, l’Înalta Curte de Casație și Justiție (Alta corte di cassazione e di giustizia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se le disposizioni dell’articolo 30 TFUE ostino a un’interpretazione nel senso che, qualora il contribuente abbia effettivamente sopportato la tassa di effetto equivalente, egli possa chiedere la restituzione delle somme versate a tale titolo anche se il meccanismo di pagamento della tassa è stato concepito dalla normativa nazionale in modo che la tassa si ripercuota sul consumatore europeo.

2)      Se la restituzione delle somme riscosse a titolo di tassa di effetto equivalente, qualora le medesime siano state effettivamente sopportate dal contribuente (ma non trasferite al consumatore), sia compatibile con le disposizioni del diritto [dell’Unione]».

 Sulle questioni pregiudiziali

16      Con le sue due questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il diritto dell’Unione, in particolare l’articolo 30 TFUE, debba essere interpretato nel senso che il contribuente che abbia effettivamente sopportato l’onere di una tassa di effetto equivalente contraria a tale articolo, deve poter ottenere il rimborso delle somme versate a tale titolo, anche laddove il meccanismo di pagamento della tassa è stato concepito dalla normativa nazionale in modo che detta tassa si ripercuota sul consumatore.

 Considerazioni preliminari

17      La circostanza che, formalmente, il giudice del rinvio abbia formulato la sua domanda di pronuncia pregiudiziale facendo riferimento a talune disposizioni del diritto dell’Unione non osta a che la Corte fornisca a tale giudice tutti gli elementi interpretativi che possono essere utili per la soluzione della causa di cui è investito, indipendentemente dal fatto che esso vi abbia fatto o meno riferimento nella formulazione delle sue questioni. A tal proposito, la Corte è tenuta a trarre dall’insieme degli elementi forniti dal giudice nazionale e, in particolare, dalla motivazione della decisione di rinvio, gli elementi di diritto dell’Unione che richiedano un’interpretazione, tenuto conto dell’oggetto della controversia (v., in particolare, sentenze del 27 ottobre 2009, ČEZ, C‑115/08, EU:C:2009:660, punto 81, e del 29 settembre 2016, Essent Belgium, C‑492/14, EU:C:2016:732, punto 43).

18      Nel caso di specie, il giudice del rinvio osserva che la tassa istituita dalla OUG n. 249/2000 costituisce una tassa di effetto equivalente ai sensi dell’articolo 30 TFUE. Tuttavia, dalla decisione di rinvio risulta che, in risposta alla richiesta di rimborso della Lukoil, il Ministero dell’Economia aveva sostenuto che tale tassa non era né un dazio doganale né una tassa di effetto equivalente, bensì costituiva un tributo interno. La Curtea de Apel București (Corte d’appello di Bucarest), giudice del merito nel procedimento principale, ha confermato tale conclusione con sentenza del 12 ottobre 2011.

19      Nelle loro osservazioni scritte, anche il governo rumeno e la Commissione europea ritengono che la tassa di cui all’OUG n. 249/2000 costituisca un tributo interno ai sensi dell’articolo 110 TFUE.

20      Alla luce di queste obiezioni, è necessario, prima di rispondere alle questioni sollevate dal giudice del rinvio, fornire a tale giudice tutti gli elementi interpretativi utili sulla qualificazione giuridica di detta tassa sotto il profilo del diritto dell’Unione.

21      Costituisce una tassa di effetto equivalente ad un dazio doganale qualsiasi onere pecuniario, sia pur minimo, imposto unilateralmente, a prescindere dalla sua denominazione e dalla sua struttura, che colpisca le merci per il fatto di attraversare una frontiera, quando non si tratti di un dazio doganale in senso proprio. Viceversa, gli oneri pecuniari derivanti da un regime generale di imposizioni interne che gravano sistematicamente, secondo gli stessi criteri obiettivi, su categorie di prodotti indipendentemente dalla loro origine e dalla loro destinazione, rientrano nell’articolo 110 TFUE, che vieta i tributi interni discriminatori (v., in tal senso, sentenze del 15 giugno 2006, Air Liquide Industries Belgium, C‑393/04 e C‑41/05, EU:C:2006:403, punti 51, 55 e 56, e del 17 luglio 2008, Essent Netwerk Noord e a., C‑206/06, EU:C:2008:413, punti 40 e 41).

22      Una tassa che colpisce, in base a criteri identici, i prodotti nazionali commercializzati sul mercato nazionale e quelli esportati può tuttavia essere vietata dal Trattato FUE qualora il gettito di tale tributo sia destinato a finanziare attività che giovano in modo specifico ai prodotti nazionali commercializzati sul mercato interno.

23      In tal caso, infatti, può risultarne una discriminazione nei confronti dei prodotti esportati, nella misura in cui l’onere fiscale gravante sui prodotti commercializzati sul mercato nazionale sia neutralizzato da vantaggi finanziati per mezzo di esso, mentre quello gravante sui prodotti esportati rappresenta un onere netto (v., in tal senso, sentenze del 23 aprile 2002, Nygård, C‑234/99, EU:C:2002:244, punto 22, e dell’8 giugno 2006, Koornstra, C‑517/04, EU:C:2006:375, punto 18).

24      In proposito, se i benefici derivanti dalla destinazione del gettito di una tassa, facente parte di un regime generale di imposizioni interne gravanti sistematicamente sui prodotti nazionali commercializzati sul mercato nazionale e su quelli esportati, compensano integralmente l’onere sopportato dal prodotto nazionale commercializzato sul mercato nazionale all’atto della sua immissione in commercio, tale imposizione costituisce una tassa di effetto equivalente a un dazio doganale, incompatibile con gli articoli 28 e 30 TFUE. Per contro, una tassa di tal genere costituirebbe una violazione del divieto di discriminazione sancito dall’articolo 110 TFUE se i benefici derivanti dalla destinazione del gettito dell’imposta per i prodotti nazionali commercializzati sul mercato nazionale compensassero solo parzialmente l’onere che grava su di essi. In tale ipotesi, la tassa riscossa sui prodotti nazionali esportati, legittima in linea di principio, dovrà essere vietata nella misura in cui essa va a compensare detto onere e dovrà essere oggetto di una riduzione proporzionale (v., segnatamente, sentenza dell’8 giugno 2006, Koornstra, C‑517/04, EU:C:2006:375, punti 19 e 20, nonché giurisprudenza ivi citata).

25      Il criterio della compensazione, per poter essere proficuamente e correttamente applicato, richiede che, nel corso di un periodo di riferimento, si accerti l’equivalenza pecuniaria fra l’ammontare totale del tributo riscosso sui prodotti nazionali commercializzati sul mercato nazionale per effetto della tassa in questione e i benefici di cui tali prodotti fruiscono in via esclusiva. Spetterà quindi al giudice del rinvio verificare che i prodotti nazionali commercializzati sul mercato nazionale non traggano, de facto, dal gettito della tassa controversa, un beneficio esclusivo o proporzionalmente più rilevante rispetto ai prodotti nazionali esportati, in modo da compensare totalmente o parzialmente l’onere rappresentato da detta tassa (v., in tal senso, sentenza dell’8 giugno 2006, Koornstra, C‑517/04, EU:C:2006:375, punti 21 e 22, nonché giurisprudenza ivi citata).

26      Nel caso di specie, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che l’OUG n. 249/2000 ha istituito il Fondo speciale per i prodotti petroliferi, creato per il recupero dei debiti della preesistente CRP e finanziato con il contributo di tutti i produttori e i raffinatori di prodotti petroliferi (benzina e gasolio) stabiliti in Romania. Ai sensi dell’articolo 1 dell’OUG n. 249/2000, tali contribuenti sono tenuti ad includere, nel prezzo dei prodotti che forniscono sia sul mercato nazionale che al di fuori della Romania, una somma forfettaria pari a USD 0,01 per ogni litro di prodotto petrolifero commercializzato. A norma dell’articolo 5 dell’OUG n. 249/2000, l’obbligo di calcolare e versare le somme che ne derivano grava sui produttori e sui raffinatori che siano persone giuridiche stabilite in Romania, a prescindere dalla destinazione dei loro prodotti.

27      Orbene, per quanto la tassa di cui all’articolo 1 dell’OUG n. 249/2000 costituisce effettivamente un onere pecuniario, imposto unilateralmente, che colpisce le merci, tuttavia, alla luce degli elementi illustrati al punto precedente, essa non appare dovuta in ragione dell’attraversamento di una frontiera. In effetti, tale tassa si applica, nella stessa maniera, al medesimo tasso e nella stessa fase, sia ai prodotti petroliferi forniti sul mercato rumeno sia a quelli forniti in un altro Stato membro. Il fatto generatore dell’imposta di cui all’articolo 1 sembra quindi costituito dalla commercializzazione dei prodotti petroliferi, a prescindere dalla circostanza che quest’ultima abbia luogo all’interno della Romania o in un altro Stato membro. Pertanto, l’imposta si applicherebbe indipendentemente dal fatto che i prodotti petroliferi in oggetto varchino la frontiera rumena.

28      Ciò considerato, detta tassa può costituire un tributo interno non discriminatorio, compatibile con il diritto dell’Unione.

29      Tuttavia, il giudice del rinvio dovrebbe ancora accertare se la destinazione del gettito di tale tassa non favorisca i prodotti petroliferi nazionali commercializzati sul mercato nazionale, dato che la sua decisione non contiene alcun elemento al riguardo. Infatti, la circostanza che la tassa istituita all’articolo 1 dell’OUG n. 249/2000 serve a pagare i debiti della preesistente CRP non consente, di per sé, di escludere definitivamente l’ipotesi secondo cui il gettito di tale tassa sia di fatto destinato a finanziare attività che giovano esclusivamente o parzialmente a tali prodotti a scapito dei prodotti nazionali esportati verso Stati membri diversi dalla Romania.

30      Se da tali controlli dovesse emergere che il gettito della tassa di cui all’articolo 1 dell’OUG n. 249/2000 non avvantaggia i prodotti nazionali commercializzati sul mercato nazionale, la tassa potrebbe costituire un tributo interno legittimo. Se risultasse che essa li avvantaggia parzialmente, o al punto di compensare integralmente l’onere, potrebbe trattarsi, vuoi, nel primo caso, di un tributo interno discriminatorio contrario all’articolo 110 TFUE, vuoi, nel secondo caso, di una tassa di effetto equivalente a un dazio doganale, contraria all’articolo 30 TFUE. Spetta quindi al giudice del rinvio effettuare le verifiche necessarie al fine di stabilire la natura della tassa di cui all’articolo 1 dell’OUG n. 249/2000 e la sua compatibilità con il diritto dell’Unione.

31      Ciò chiarito, nel caso in cui si tratti di una tassa di effetto equivalente, contraria all’articolo 30 TFUE, occorre rispondere alla questione relativa al diritto al rimborso, come riformulata al punto 16 della presente sentenza.

 Sul diritto al rimborso

32      Secondo costante giurisprudenza, il diritto di ottenere il rimborso delle imposte riscosse da uno Stato membro in violazione del diritto dell’Unione costituisce la conseguenza e il complemento dei diritti attribuiti ai contribuenti dalle disposizioni del diritto dell’Unione, nell’interpretazione loro data dalla Corte. Lo Stato membro è quindi tenuto, in linea di principio, a rimborsare i tributi riscossi in violazione del diritto dell’Unione, seguendo le modalità procedurali nazionali in conformità ai principi di equivalenza e di effettività (v., in tal senso, in particolare, sentenze del 9 novembre 1983, San Giorgio, 199/82, EU:C:1983:318, punto 12; del 14 gennaio 1997, Comateb e a., da C‑192/95 a C‑218/95, EU:C:1997:12, punto 20, nonché del 12 dicembre 2013, Test Claimants in the Franked Investment Income Group Litigation, C‑362/12, EU:C:2013:834, punto 30).

33      Il principio del rimborso di tributi incompatibili con il diritto dell’Unione conosce, tuttavia, un’eccezione allorché la ripetizione del tributo indebitamente percepito comporterebbe un arricchimento senza causa degli aventi diritto. La tutela dei diritti garantiti in questa materia dall’ordinamento giuridico dell’Unione non impone, quindi, il rimborso di dazi, imposte e tasse riscossi in violazione del diritto dell’Unione quando sia appurato che la persona tenuta al loro pagamento li ha di fatto riversati su altri soggetti (sentenze del 9 novembre 1983, San Giorgio, 199/82, EU:C:1983:318, punto 13; del 14 gennaio 1997, Comateb e a., da C‑192/95 a C‑218/95, EU:C:1997:12, punto 21, nonché del 6 settembre 2011, Lady & Kid e a., C‑398/09, EU:C:2011:540, punto 18).

34      In effetti, in tale situazione, l’onere del tributo indebitamente percepito non è stato sopportato dall’operatore, bensì dall’acquirente, sul quale l’onere è stato traslato. Pertanto, il rimborso all’operatore dell’importo del tributo che questi ha già percepito dall’acquirente equivarrebbe, per il detto operatore, a un doppio introito qualificabile come arricchimento senza causa, mentre resterebbero immutate le conseguenze che derivano all’acquirente dall’illegittimità del tributo (v., in tal senso, sentenze del 14 gennaio 1997, Comateb e a., da C‑192/95 a C‑218/95, EU:C:1997:12, punto 22, e del 6 settembre 2011, Lady & Kid e a., C‑398/09, EU:C:2011:540, punto 19).

35      Tuttavia, costituendo una limitazione di un diritto soggettivo tratto dall’ordinamento giuridico dell’Unione, tale rifiuto di rimborsare un tributo applicato sulla vendita di prodotti deve essere interpretato in maniera restrittiva. La traslazione diretta del tributo indebito sull’acquirente è, dunque, l’unica eccezione al diritto al rimborso dei tributi riscossi in violazione del diritto dell’Unione. (sentenza del 6 settembre 2011, Lady & Kid e a., C‑398/09, EU:C:2011:540, punto 20).

36      Nel caso di specie è pacifico che, contrariamente a quanto dispone l’articolo 1 dell’OUG n. 249/2000, la Lukoil non ha ripercosso la tassa istituita da tale articolo sul consumatore dei prodotti petroliferi che commercializza. Il giudice del rinvio si chiede se, in una situazione in cui il meccanismo di pagamento di tale tassa sia stato concepito nella normativa nazionale in modo che detta tassa si ripercuota sul consumatore, la Lukoil possa comunque avere diritto al rimborso delle somme versate.

37      A questo proposito si deve rilevare che, atteso che la Lukoil ha sostenuto l’importo della tassa istituita all’articolo 1 dell’OUG n. 249/2000, la restituzione di tale importo non comporterebbe alcun arricchimento senza causa di detta società. Ciò considerato, dal momento che l’unica eccezione al principio del rimborso di tributi incompatibili con il diritto dell’Unione accolta dalla Corte non si verifica nel caso di specie, la Lukoil ha diritto alla restituzione dell’imposta da essa sostenuta, se essa viene qualificata come tassa di effetto equivalente a un dazio doganale. L’eventuale violazione dell’obbligo, derivante dalla normativa nazionale, di ripercuotere la tassa di cui trattasi nel procedimento principale sul prezzo finale del prodotto in esame è priva di rilievo a tale riguardo. Infatti, il diritto alla restituzione di questa tassa, che trova il proprio fondamento nel diritto dell’Unione, non può essere rifiutato per un motivo tratto dal diritto nazionale.

38      Occorre peraltro precisare che alla Lukoil spetterebbe il diritto a una restituzione, seppur parziale, dell’imposta da essa assolta a norma dell’articolo 1 dell’OUG n. 249/2000 anche nel caso in cui il giudice del rinvio accertasse, alla luce della giurisprudenza della Corte e delle considerazioni contenute ai punti da 21 a 25 della presente sentenza, che la tassa di cui a tale articolo costituisce un tributo interno discriminatorio contrario all’articolo 110 TFUE. In tale ipotesi, detto diritto al rimborso riguarderebbe la differenza tra l’onere dell’imposta gravante sui prodotti commercializzati sul mercato dell’Unione e l’onere dell’imposta gravante sui prodotti commercializzati sul mercato nazionale, laddove quest’ultimo onere tenga debitamente conto dei vantaggi di cui tali prodotti avrebbero beneficiato a titolo esclusivo.

39      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni sollevate che il diritto dell’Unione, in particolare l’articolo 30 TFUE, deve essere interpretato nel senso che il contribuente che abbia effettivamente sostenuto l’onere di una tassa di effetto equivalente contraria a tale articolo deve poter ottenere la restituzione delle somme versate a tale titolo, anche in una situazione in cui il meccanismo di pagamento della tassa è stato concepito, nella normativa nazionale, in modo che tale tassa si ripercuota sul consumatore.

 Sulle spese

40      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

Il diritto dell’Unione, in particolare l’articolo 30 TFUE, deve essere interpretato nel senso che il contribuente che abbia effettivamente sostenuto l’onere di una tassa di effetto equivalente contraria a tale articolo deve poter ottenere la restituzione delle somme versate a tale titolo, anche in una situazione in cui il meccanismo di pagamento della tassa è stato concepito, nella normativa nazionale, in modo che tale tassa si ripercuota sul consumatore.

Firme


*      Lingua processuale: il rumeno.