Language of document : ECLI:EU:C:2016:992

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ELEANOR SHARPSTON

presentate il 21 dicembre 2016 (1)

Procedimento di parere 2/15

instaurato su domanda della Commissione europea

«Domanda di parere ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 11, TFUE – Conclusione dell’accordo di libero scambio tra l’Unione europea e la Repubblica di Singapore – Ripartizione delle competenze tra l’Unione europea e gli Stati membri»







Indice



1.        La Commissione europea chiede alla Corte di esprimere un parere ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 11, TFUE in merito alla ripartizione delle competenze tra l’Unione europea e gli Stati membri per quanto riguarda la conclusione del previsto Accordo di libero scambio tra l’Unione europea e la Repubblica di Singapore (in prosieguo; l’«ALS/UE‑S») (2). Il testo dell’ALS/UE‑S, quale è stato negoziato dalla Commissione, prevede che esso debba essere concluso come accordo tra l’Unione europea e la Repubblica di Singapore (in prosieguo: «Singapore»), senza la partecipazione degli Stati membri. La Commissione chiede indicazioni alla Corte sulla correttezza di tale approccio.

2.        La Commissione sostiene che l’Unione europea dispone di una competenza esclusiva a concludere l’ALS/UE‑S. Essa afferma che la maggior parte di detto accordo rientra nella competenza conferita all’Unione europea dall’articolo 207 TFUE in materia di politica commerciale comune, che è una competenza esclusiva [articolo 3, paragrafo 1, lettera e), TFUE], e che la competenza esclusiva dell’Unione europea a concludere altre parti dell’accordo deriva da un atto legislativo che le conferisce il potere di farlo (prima ipotesi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE) o dal fatto che la conclusione dell’ALS/UE‑S può incidere su norme comuni o modificarne la portata (terza ipotesi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE). Il Parlamento europeo concorda in generale con la Commissione. Tutte le altre parti che hanno presentato osservazioni ribattono che l’Unione europea non può concludere l’ALS/UE‑S autonomamente, poiché alcune parti di tale accordo rientrano nella competenza concorrente dell’Unione europea e degli Stati membri o addirittura nella competenza esclusiva degli Stati membri. Ne consegue che anche gli Stati membri devono essere parti dell’ALS/UE‑S.

3.        L’ALS/UE‑S fa parte di una nuova generazione di accordi sugli scambi e sugli investimenti negoziati o in corso di negoziazione tra l’Unione europea e partner commerciali in altre regioni del mondo. Detto accordo non è un «accordo omogeneo», nel senso che non disciplina un determinato settore o una determinata materia né persegue un unico obiettivo. Esso mira, in particolare, a liberalizzare gli scambi e gli investimenti e garantisce un determinato livello di tutela in modo da conciliare obiettivi economici e non economici. Pur essendo fondato su norme vigenti contenute in accordi dell’Organizzazione mondiale del commercio (in prosieguo: l’«OMC») (3), l’ALS/UE‑S estende tali norme e disciplina materie che non formano (ancora) oggetto di tali accordi.

4.        Per stabilire se l’Unione europea possa concludere l’accordo ALS/UE‑S senza gli Stati membri, occorre anzitutto avere una visione chiara delle materie disciplinate da detto accordo e degli obiettivi che esso persegue (4). Ciò costituirà la base per l’applicazione delle diverse norme del Trattato relative all’attribuzione di competenze all’Unione europea e alla natura di tali competenze. A tal fine, è opportuno applicare le regole stabilite dall’articolo 3, paragrafo 1, TFUE (sulla competenza esclusiva esplicita) prima di applicare quelle previste dall’articolo 3, paragrafo 2, TFUE (sulla competenza esclusiva implicita (5)) e, se necessario, quelle dell’articolo 4 TFUE (sulla competenza concorrente).

 L’ALS/UE‑S

5.        Nel dicembre 2006 la Commissione ha raccomandato che il Consiglio dell’Unione europea la autorizzasse a negoziare un accordo di libero scambio con paesi dell’Associazione delle nazioni del sud-est asiatico («ASEAN») a nome e per conto della Comunità europea e degli Stati membri. Nell’aprile 2007 il Consiglio ha autorizzato la Commissione ad avviare negoziati. I negoziati relativi a un accordo da regione a regione si sono rivelati difficoltosi e sono quindi stati sospesi. La Commissione ha pertanto suggerito di perseguire accordi di libero scambio bilaterali con i paesi ASEAN interessati, iniziando da Singapore. Nel dicembre 2009 il Consiglio, sulla base delle direttive di negoziato che aveva emesso per i negoziati con l’ASEAN, ha autorizzato la Commissione a negoziare un accordo commerciale con Singapore. Detti negoziati hanno avuto inizio nel marzo 2010. Nel settembre 2011 il Consiglio ha modificato le direttive di negoziato aggiungendo gli investimenti all’elenco delle materie coperte dall’accordo. A tale riguardo, il Consiglio ha dichiarato che l’obiettivo era fare in modo che il capo relativo agli investimenti dell’accordo comprendesse settori di competenza concorrente, quali gli investimenti di portafoglio (6), la risoluzione delle controversie, la proprietà e l’espropriazione.

6.        Il 20 settembre 2013 l’Unione europea (agendo tramite la Commissione) e Singapore hanno siglato il testo dell’ALS/UE‑S (ossia l’hanno accettato come testo definitivo), ad eccezione del capo relativo agli investimenti. Detto testo è stato pubblicato alla stessa data.

7.        Quando è emerso che tale testo prevedeva che l’ALS/UE‑S fosse firmato e concluso dall’Unione europea senza la partecipazione degli Stati membri, nel febbraio 2014 il comitato per la politica commerciale (un comitato designato dal Consiglio ai sensi dell’articolo 207, paragrafo 3, TFUE) ha sottoposto la questione al comitato dei rappresentanti permanenti («COREPER»). Il comitato per la politica commerciale ha invitato il COREPER a confermare la procedura per la firma e la conclusione dell’ALS/UE‑S e gli ha chiesto di invitare la Commissione, in qualità di negoziatore a nome e per conto dell’Unione europea e degli Stati membri, ad adattare il testo al carattere misto di tale tipo di accordo. Il COREPER ha indicato che vi era un chiaro consenso tra le delegazioni sul fatto che l’ALS/UE‑S dovesse essere firmato e concluso in quanto accordo misto, con ciò intendendosi che dovevano esserne parte sia l’Unione europea, sia gli Stati membri.

8.        I negoziati sul capo relativo agli investimenti si sono conclusi nell’ottobre 2014. Nel giugno 2015 la Commissione ha inviato al comitato per la politica commerciale il testo consolidato del capo relativo agli investimenti, segnalandogli che l’intero accordo era stato siglato.

9.        L’ALS/UE‑S è composto da un preambolo, 17 capi, un protocollo e 5 intese.

10.      Il capo 1 Obiettivi e definizioni generali») enuncia che l’ALS/UE-S ha per obiettivi l’istituzione di una zona di libero scambio conformemente all’articolo XXIV del GATT 1994 (7) e all’articolo V del GATS (8) nonché la liberalizzazione e la facilitazione degli scambi commerciali e degli investimenti tra le Parti conformemente alle sue disposizioni.

11.      Il capo 2Trattamento nazionale e accesso al mercato per le merci») inizia riaffermando l’obbligo delle Parti di accordare il trattamento nazionale (9) conformemente all’articolo III del GATT 1994 (che viene integrato nell’ALS/UE‑S attraverso tale capo). Esso definisce inoltre taluni obblighi riguardo alle misure non tariffarie. Disposizioni distinte riguardano la messa a disposizione e condivisione di informazioni, notifiche e richieste nonché l’amministrazione delle misure disciplinate.

12.      Il capo 3Misure di difesa commerciale») stabilisce taluni obblighi relativi, da un lato, alle misure antidumping e compensative e, dall’altro, a due tipi di garanzie (misure di salvaguardia globale e misure di salvaguardia bilaterale).

13.      Il capo 4Ostacoli tecnici agli scambi») mira a facilitare e incrementare gli scambi di merci tra le Parti mediante un quadro che permetta di prevenire, individuare ed eliminare gli inutili ostacoli agli scambi che rientrano nel campo di applicazione dell’accordo TBT (che viene integrato nell’ALS/UE‑S).

14.      Il capo 5Misure sanitarie e fitosanitarie») è inteso a a) proteggere la vita e la salute delle persone, degli animali e delle piante nei rispettivi territori delle Parti, agevolando nel contempo gli scambi commerciali tra le stesse nell’ambito delle misure sanitarie e fitosanitarie (in prosieguo: le «misure SPS»), b) collaborare all’ulteriore attuazione dell’accordo sull’applicazione delle misure sanitarie e fitosanitarie (in prosieguo: l’«accordo SPS») e c) fornire uno strumento per migliorare la comunicazione, la cooperazione e la risoluzione delle questioni relative all’attuazione delle misure SPS che incidono sugli scambi tra le Parti.

15.      Il capo 6Dogane e facilitazione degli scambi commerciali») riconosce l’importanza delle dogane e della facilitazione degli scambi nell’evoluzione del contesto commerciale globale nonché del rafforzamento della cooperazione in questo settore. Esso stabilisce i principi sui quali devono essere basate le disposizioni e le procedure delle Parti in materia doganale.

16.      Il capo 7 Ostacoli non tariffari agli scambi e agli investimenti nella produzione di energie rinnovabili») è inteso a promuovere, sviluppare ed aumentare la produzione di energia da fonti non fossili rinnovabili e sostenibili («energia verde»), in particolare facilitando gli scambi e gli investimenti. Tale capo si applica alle misure che possono incidere sugli scambi commerciali e sugli investimenti tra le Parti connessi alla produzione di energia verde, ma non ai prodotti dai quali l’energia viene generata.

17.      Nel capo 8 Servizi, stabilimento e commercio elettronico»), le Parti riaffermano i rispettivi impegni derivanti dall’accordo OMC (10). Tale capo stabilisce le disposizioni necessarie per la progressiva e reciproca liberalizzazione degli scambi di servizi, vale a dire la prestazione transfrontaliera di servizi dal territorio di una Parte nel territorio dell’altra Parte e nel territorio di una Parte a un consumatore di servizi dell’altra Parte, lo stabilimento e la presenza temporanea di persone fisiche per motivi professionali. Tale capo disciplina il commercio elettronico separatamente. Esso contiene inoltre disposizioni concernenti le regolamentazioni interne dei servizi informatici, postali, di telecomunicazioni, finanziari e di trasporto marittimo internazionale.

18.      Il capo 9 Investimenti») è composto da due parti.

19.      La sezione A contiene le norme sostanziali relative alla protezione degli investimenti. Ai fini di tale capo, per «investimento» si intende «qualunque tipo di attività che presenti le caratteristiche di un investimento, compresi l’impegno di capitale o di altre risorse, l’aspettativa di guadagno o di utili, l’assunzione di un rischio o una certa durata». Gli obblighi principali riguardano il trattamento nazionale, il trattamento giusto ed equo e la piena protezione e sicurezza, nonché gli indennizzi per le perdite subite a causa di guerre o altri conflitti armati, rivoluzioni, situazioni di emergenza nazionale, rivolte, insurrezioni o sommosse nel territorio dell’altra Parte. La sezione A stabilisce altresì che nessuna delle Parti può, direttamente o indirettamente, nazionalizzare o espropriare gli investimenti disciplinati da detta sezione di investitori contemplati dell’altra Parte, né sottoporli a misure di effetto equivalente alla nazionalizzazione o all’espropriazione, salvo che ricorrano determinate condizioni. Inoltre, ciascuna Parte deve consentire che tutti i trasferimenti relativi ad un investimento disciplinato dal capo 9 siano effettuati in valuta liberamente convertibile senza restrizioni o ritardi. Al momento dell’entrata in vigore dell’ALS/UE‑S, gli accordi bilaterali tra gli Stati membri dell’Unione e Singapore elencati all’allegato 9-D cesseranno di produrre effetti e saranno sostituiti dall’ALS/UE‑S.

20.      La sezione B istituisce un meccanismo di «risoluzione delle controversie investitore‑Stato» (Investor-to-State Dispute Settlement; in prosieguo: l’«ISDS»). Tale meccanismo, che può includere l’arbitrato, si applica alle controversie tra un ricorrente di una Parte e l’altra Parte relative a un trattamento (comprese le omissioni) che abbia asseritamente violato le disposizioni di cui alla sezione A e causato danni o perdite al ricorrente o alla sua impresa stabilita in loco. Una disposizione separata stabilisce che, in linea di principio, nessuna delle Parti offre protezione diplomatica o avvia un ricorso internazionale in relazione ad una controversia che uno dei suoi investitori e l’altra Parte abbiano sottoposto o deciso di sottoporre ad arbitrato a norma della sezione B del capo 9.

21.      Il capo 10 Appalti pubblici») si applica a qualsiasi misura relativa a un tipo di appalto disciplinato dall’accordo, vale a dire un appalto indetto da un ente ivi elencato e il cui valore superi una determinata soglia.

22.      Il capo 11 Proprietà intellettuale») stabilisce diritti e obblighi in relazione a sette categorie di diritti di proprietà intellettuale disciplinate anche dall’accordo TRIPS nonché a una categoria non disciplinata da tale accordo, vale a dire le privative per ritrovati vegetali. La struttura di tale sezione ricalca quella dell’accordo TRIPS: ogni sottosezione riguarda un diritto di proprietà intellettuale disciplinato dall’ALS/UE‑S e include anche diritti e obblighi previsti da altri accordi multilaterali (alcuni dei quali formano parte dell’accordo TRIPS).

23.      Il capo 12 Concorrenza e questioni correlate») è incentrato sull’importanza di una concorrenza libera e non falsata nelle relazioni commerciali delle Parti. Esso definisce taluni principi in materia di antitrust e concentrazioni, imprese pubbliche, imprese cui sono riconosciuti diritti speciali o esclusivi, monopoli di Stato e sovvenzioni.

24.      Il capo 13 Commercio e sviluppo sostenibile») riguarda l’impegno delle Parti a sviluppare e promuovere il commercio internazionale e le loro relazioni economiche e commerciali bilaterali in modo da contribuire allo sviluppo sostenibile. Alle Parti è richiesto principalmente di stabilire i propri livelli di protezione dell’ambiente e del lavoro e di adottare o modificare di conseguenza le proprie leggi e politiche pertinenti, in conformità ai principi sanciti dalle norme o dagli accordi in materia di ambiente e di lavoro riconosciuti a livello internazionale di cui sono firmatarie. Il capo in parola prevede inoltre taluni obblighi distinti relativi al commercio del legname, dei prodotti del legno e dei prodotti ittici, nonché disposizioni specifiche sulla risoluzione delle controversie.

25.      Il capo 14 Trasparenza») prevede l’obbligo di predisporre un contesto regolamentare efficace e prevedibile per gli operatori economici e di introdurre chiarimenti e migliori regole in materia di trasparenza, consultazione e gestione delle misure di applicazione generale. Tali obblighi si applicano, in linea di principio, congiuntamente a norme più specifiche di altri capi dell’ALS/UE‑S.

26.      Il capo 15 Risoluzione delle controversie») stabilisce le norme di applicazione generale relative alla prevenzione e risoluzione di qualsiasi divergenza di interpretazione e di applicazione dell’ALS/UE‑S tra le Parti al fine di giungere, per quanto possibile, a soluzioni accettabili per entrambe. Tale procedimento di risoluzione delle controversie si articola nelle seguenti fasi: richiesta di consultazioni, (richiesta di) costituzione di un collegio arbitrale, presentazione di una relazione interinale e presentazione del lodo finale. Disposizioni distinte disciplinano il procedimento di esecuzione e le misure dirette a garantire l’esecuzione.

27.      Il capo 16 Meccanismo di mediazione») istituisce un meccanismo di mediazione per la ricerca di una soluzione reciprocamente concordata mediante una procedura esauriente e rapida con l’assistenza di un mediatore. Esso si applica a qualsiasi misura rientrante nel campo di applicazione dell’ALS/UE‑S che incida negativamente sugli investimenti o sugli scambi tra le Parti, salvo disposizioni contrarie.

28.      Il capo 17 Disposizioni istituzionali, generali e finali») contiene tre categorie di disposizioni. La prima categoria definisce una struttura istituzionale composta da vari comitati nei quali le Parti devono riunirsi per sorvegliare e facilitare l’attuazione ed applicazione dell’ALS/UE‑S. La seconda categoria di disposizioni riguarda il processo decisionale, le modifiche, l’entrata in vigore, l’efficacia diretta, le adesioni all’Unione, l’applicazione territoriale dell’ALS/UE‑S, i vari allegati e altri testi che formano parte integrante dell’ALS/UE‑S nonché le versioni facenti fede del testo dell’ALS/UE-S. La terza categoria riguarda questioni sostanziali, quali fiscalità, conto corrente e movimenti di capitali, fondi sovrani di investimento, restrizioni a salvaguardia della bilancia dei pagamenti ed eccezioni relative alla sicurezza.

29.      L’ALS/UE‑S contiene, in allegato al testo in cui figurano i suoi capi, un protocollo sulle regole di origine e alcune intese concernenti l’articolo 17.6 (fiscalità), la retribuzione degli arbitri, le ulteriori disposizioni in materia doganale, il riconoscimento reciproco dei programmi di operatore economico autorizzato nonché le limitazioni specifiche di Singapore per quanto riguarda lo spazio o l’accesso alle risorse naturali.

30.      Una sintesi più dettagliata dell’ALS/UE‑S è contenuta nell’allegato delle presenti conclusioni. Lo scopo di detto allegato non è riassumere ogni singolo aspetto dell’ALS/UE‑S, bensì fornire una sintesi dei principali punti pertinenti ai fini delle presenti conclusioni. La descrizione della domanda, gli argomenti delle parti e la mia analisi della domanda devono essere letti congiuntamente a detto allegato.

 Diritto dell’Unione

 Trattato sull’Unione europea

31.      L’articolo 5 TUE sancisce il principio di attribuzione, secondo cui le competenze non attribuite all’Unione europea dai Trattati appartengono agli Stati membri (11). L’articolo 5, paragrafo 2, TUE dispone che «(…) l’Unione agisce esclusivamente nei limiti delle competenze che le sono attribuite dagli Stati membri nei trattati per realizzare gli obiettivi da questi stabiliti. Qualsiasi competenza non attribuita all’Unione nei trattati appartiene agli Stati membri».

32.      L’articolo 21, paragrafo 2, TUE riguarda i principi e gli obiettivi che l’Unione europea deve rispettare e perseguire nella definizione e attuazione delle politiche e delle azioni comuni. I medesimi principi e obiettivi si applicano all’elaborazione e all’attuazione dell’azione esterna dell’Unione e delle altre politiche nei loro aspetti esterni (articolo 21, paragrafo 3, TUE). Rientrano fra tali obiettivi «incoraggiare l’integrazione di tutti i paesi nell’economia mondiale, anche attraverso la progressiva abolizione delle restrizioni agli scambi internazionali» [articolo 21, paragrafo 2, lettera e) TUE] nonché «contribuire all’elaborazione di misure internazionali volte a preservare e migliorare la qualità dell’ambiente e la gestione sostenibile delle risorse naturali mondiali, al fine di assicurare lo sviluppo sostenibile» [articolo 21, paragrafo 2, lettera f), TUE].

 Trattato sul funzionamento dell’Unione europea

33.      L’articolo 2 TFUE prevede, in particolare, quanto segue:

«1.      Quando i trattati attribuiscono all’Unione una competenza esclusiva in un determinato settore, solo l’Unione può legiferare e adottare atti giuridicamente vincolanti. Gli Stati membri possono farlo autonomamente solo se autorizzati dall’Unione oppure per dare attuazione agli atti dell’Unione.

2.      Quando i trattati attribuiscono all’Unione una competenza concorrente con quella degli Stati membri in un determinato settore, l’Unione e gli Stati membri possono legiferare e adottare atti giuridicamente vincolanti in tale settore. Gli Stati membri esercitano la loro competenza nella misura in cui l’Unione non ha esercitato la propria (12). Gli Stati membri esercitano nuovamente la loro competenza nella misura in cui l’Unione ha deciso di cessare di esercitare la propria.

(…)».

34.      L’articolo unico del protocollo n. 25 (13) sull’esercizio della competenza concorrente così recita: «Con riferimento all’articolo 2, paragrafo 2 [TFUE] relativo alla competenza concorrente, quando l’Unione agisce in un determinato settore, il campo di applicazione di questo esercizio di competenza copre unicamente gli elementi disciplinati dall’atto dell’Unione in questione e non copre pertanto l’intero settore».

35.      L’articolo 3, paragrafo 1, TFUE elenca i settori in cui l’Unione europea ha competenza esclusiva, ivi inclusi:

«a)      unione doganale;

(…)

d)      conservazione delle risorse biologiche del mare nel quadro della politica comune della pesca;

e)      politica commerciale comune».

36.      Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE, l’Unione europea ha inoltre competenza esclusiva per la conclusione di accordi internazionali «(…) allorché tale conclusione è prevista in un atto legislativo dell’Unione [prima ipotesi] o è necessaria per consentirle di esercitare le sue competenze a livello interno [seconda ipotesi] o nella misura in cui può incidere su norme comuni o modificarne la portata [terza ipotesi]».

37.      L’articolo 4 TFUE riguarda la competenza concorrente, e dispone quanto segue:

«1.      L’Unione ha competenza concorrente con quella degli Stati membri quando i trattati le attribuiscono una competenza che non rientra nei settori di cui agli articoli 3 e 6 (14).

2.      L’Unione ha una competenza concorrente con quella degli Stati membri nei principali seguenti settori:

a)      mercato interno:

b)      politica sociale, per quanto riguarda gli aspetti definiti nel presente trattato;

(…)

d)      agricoltura e pesca, tranne la conservazione delle risorse biologiche del mare;

e)      ambiente;

(…)

g)      trasporti;

(…)

i)      energia;

(…)».

38.      Ai sensi dell’articolo 9 TFUE, che fa parte delle disposizioni di applicazione generale, nella definizione e nell’attuazione delle sue politiche e azioni, l’Unione deve «(…) [tenere] conto delle esigenze connesse con la promozione di un elevato livello di occupazione [e con] la garanzia di un’adeguata protezione sociale (…)».

39.      L’articolo 11 TFUE (che rientra parimenti tra le disposizioni di applicazione generale) dispone che «[l]e esigenze connesse con la tutela dell’ambiente devono essere integrate nella definizione e nell’attuazione delle politiche e azioni dell’Unione, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile».

40.      La parte quinta, titolo I, del TFUE, che comprende gli articoli 205 TFUE, 206 TFUE e 207 TFUE, contiene le disposizioni generali sull’azione esterna dell’Unione europea.

41.      L’articolo 206 TFUE dispone che «[l]’Unione, tramite l’istituzione di un’unione doganale in conformità degli articoli da 28 a 32, contribuisce nell’interesse comune allo sviluppo armonioso del commercio mondiale‚ alla graduale soppressione delle restrizioni agli scambi internazionali e agli investimenti esteri diretti, e alla riduzione delle barriere doganali e di altro tipo».

42.      L’articolo 207, paragrafo 1, TFUE così recita:

«La politica commerciale comune è fondata su principi uniformi‚ in particolare per quanto concerne le modificazioni tariffarie‚ la conclusione di accordi tariffari e commerciali relativi agli scambi di merci e servizi, e gli aspetti commerciali della proprietà intellettuale‚ gli investimenti esteri diretti, l’uniformazione delle misure di liberalizzazione‚ la politica di esportazione e le misure di protezione commerciale‚ tra cui quelle da adottarsi nei casi di dumping e di sovvenzioni. La politica commerciale comune è condotta nel quadro dei principi e obiettivi dell’azione esterna dell’Unione».

43.      Ai sensi dell’articolo 207, paragrafo 5, TFUE, «[l]a negoziazione e la conclusione di accordi internazionali nel settore dei trasporti sono soggette al titolo VI della parte terza [che contiene le disposizioni relative alla politica comune dei trasporti] e all’articolo 218».

44.      L’articolo 207, paragrafo 6, TFUE dispone che «[l]’esercizio delle competenze attribuite dal presente articolo nel settore della politica commerciale comune non pregiudica la ripartizione delle competenze tra l’Unione e gli Stati membri e non comporta un’armonizzazione delle disposizioni legislative o regolamentari degli Stati membri, se i trattati escludono tale armonizzazione».

45.      L’articolo 216 TFUE stabilisce i casi nei quali l’Unione europea può concludere un accordo internazionale con uno o più paesi terzi. Ai sensi dell’articolo 216, paragrafo 1, TFUE, essa può agire in tal senso «(…) qualora i trattati lo prevedano [prima ipotesi] o qualora la conclusione di un accordo sia necessaria per realizzare, nell’ambito delle politiche dell’Unione, uno degli obiettivi fissati dai trattati [seconda ipotesi], o sia prevista in un atto giuridico vincolante dell’Unione [terza ipotesi], oppure possa incidere su norme comuni o alterarne la portata [quarta ipotesi]». L’articolo 216, paragrafo 2, TFUE stabilisce che tali accordi vincolano le istituzioni dell’Unione e gli Stati membri.

46.      L’articolo 218 TFUE fissa le norme procedurali che disciplinano, fra l’altro, la negoziazione, la firma e la conclusione di accordi internazionali:

«1.      Fatte salve le disposizioni particolari dell’articolo 207, gli accordi tra l’Unione e i paesi terzi o le organizzazioni internazionali sono negoziati e conclusi secondo la procedura seguente.

2.      Il Consiglio autorizza l’avvio dei negoziati, definisce le direttive di negoziato, autorizza la firma e conclude gli accordi.

3.      La Commissione (…) presenta raccomandazioni al Consiglio, il quale adotta una decisione che autorizza l’avvio dei negoziati (…).

4.      Il Consiglio può impartire direttive al negoziatore e designare un comitato speciale che deve essere consultato nella conduzione dei negoziati.

5.      Il Consiglio, su proposta del negoziatore, adotta una decisione che autorizza la firma dell’accordo e, se del caso, la sua applicazione provvisoria prima dell’entrata in vigore.

6.      Il Consiglio, su proposta del negoziatore, adotta una decisione relativa alla conclusione dell’accordo.

(…)

11.      Uno Stato membro, il Parlamento europeo, il Consiglio o la Commissione possono domandare il parere della Corte di giustizia circa la compatibilità di un accordo previsto con i trattati. In caso di parere negativo della Corte, l’accordo previsto non può entrare in vigore, salvo modifiche dello stesso o revisione dei trattati».

 La domanda di parere presentata alla Corte

47.      Con domanda del 10 luglio 2015, la Commissione ha chiesto alla Corte, conformemente all’articolo 218, paragrafo 11, TFUE, di esprimere un parere in merito alla seguente questione:

«L’Unione ha la competenza richiesta per firmare e concludere da sola l’[ALS/UE-S]? Più specificamente:

–        quali disposizioni dell’accordo ricadono nella competenza esclusiva dell’Unione?

–        quali disposizioni dell’accordo ricadono nella competenza concorrente dell’Unione? e

–        vi sono disposizioni dell’accordo che ricadono nella competenza esclusiva degli Stati membri?».

48.      Il Consiglio, il Parlamento e i governi di tutti gli Stati membri, ad eccezione di quelli belga, croato, estone e svedese, hanno presentato osservazioni scritte sulla domanda della Commissione. La Commissione, il Consiglio, il Parlamento nonché i governi austriaco, belga, ceco, danese, finlandese, francese, tedesco, greco, irlandese, italiano, lituano, olandese, polacco, rumeno, sloveno e spagnolo hanno partecipato all’udienza, tenutasi il 12 e 13 settembre 2016.

 Le questioni sollevate dalla domanda di parere della Commissione

49.      La domanda di parere della Commissione è chiaramente ricevibile, dato che l’ALS/UE‑S non è ancora stato concluso e costituisce quindi un accordo «previsto» ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 11, TFUE. In sostanza, la suddetta domanda è composta da due parti.

50.      La prima parte riguarda la questione se l’Unione europea possa firmare e concludere l’ALS/UE‑S da sola, vale a dire senza la partecipazione degli Stati membri.

51.      Nella seconda parte si chiede quali disposizioni dell’ALS/UE‑S ricadano nella competenza esclusiva dell’Unione, nella competenza concorrente dell’Unione o nella competenza esclusiva degli Stati membri.

52.      Qualora la Corte rispondesse in senso affermativo alla prima parte della domanda, in quanto l’intero ALS/UE‑S ricade nella competenza esterna esclusiva dell’Unione (sulla base dell’articolo 3, paragrafi 1 o 2, TFUE), non occorrerebbe esaminare la seconda parte. L’ALS/UE‑S dovrebbe quindi essere concluso dalla sola Unione europea.

53.      Se l’Unione europea non ha competenza esclusiva sull’intero ALS/UE‑S, la situazione risulta più complessa. Qualora la competenza a concludere l’ALS/UE‑S sia in parte esclusiva dell’Unione (in virtù dell’articolo 3 TFUE) e in parte concorrente (ai sensi dell’articolo 4 TFUE), chi può (o deve) firmare tale accordo (15)?

54.      A questo punto, è necessario che spieghi come intendo le correlazioni del sistema di competenze interne ed esterne.

55.      Gli articoli da 2 TFUE a 4 TFUE vanno letti nel contesto degli articoli 4 TUE e 5 TUE. Devono inoltre essere interpretati tenendo conto della loro collocazione proprio all’inizio del TFUE («Parte Prima – Principi», «Titolo I – Categorie e settori di competenza dell’Unione») e alla luce di quanto previsto dalle precedenti versioni di Trattati.

56.      A tale proposito, occorre ricordare le versioni di quello che è divenuto il TFUE quali risultavano dai Trattati di Maastricht (1992), di Amsterdam (1997) e di Nizza (2001). In particolare, l’articolo 3 B del Trattato CE, come modificato dal Trattato sull’Unione europea di Maastricht [divenuto in seguito articolo 5 CE (Amsterdam e successivamente Nizza)] conteneva, nei tre paragrafi che lo costituivano, una descrizione della competenza che includeva in ordine successivo i principi di attribuzione, di sussidiarietà e di proporzionalità (16). Tuttavia, durante tutto quel periodo non è mai esistito un elenco dettagliato di competenze. Il Trattato che adotta una costituzione per l’Europa, che non è mai entrato in vigore, avrebbe introdotto un simile elenco; il contenuto e gli elementi fondamentali degli attuali articoli 2 TFUE, 3 TFUE e 4 TFUE sono stati tratti più o meno direttamente dal progetto di Costituzione e inseriti nel Trattato di Lisbona (17).

57.      Tali versioni precedenti mostrano chiaramente che la sezione iniziale di quello che costituisce attualmente il TFUE non riguarda le relazioni esterne in quanto tali. Essa verte sulla questione costituzionale fondamentale della ripartizione dei poteri tra l’Unione europea e gli Stati membri che la costituiscono, ossia il principio di attribuzione dei poteri. Le competenze vengono conferite all’Unione europea principalmente per consentirle di legiferare in vari settori di attività politica ed economica nel territorio dell’Unione. Si tratta di una visione del mondo in cui l’Unione è al centro (più che di una «Weltanschauung»). L’obiettivo è raggiungere l’equilibrio perseguito tra l’autorità centrale (sovranazionale) unificante istituita in base ai Trattati e gli Stati membri, ancora sovrani, che costituiscono l’Unione europea (gli «Herren der Verträge»). Dalla ripartizione delle competenze sulla quale si fonda l’intero progetto dell’Unione europea deve emergere chiaramente quali soggetti siano competenti ad agire in settori specifici. La questione fondamentale è «chi è competente ad agire nel territorio dell’Unione europea: l’Unione o gli Stati membri?». Ciò detto, la ripartizione delle competenze tra l’Unione europea e gli Stati membri incide necessariamente anche sull’esercizio della competenza esterna.

58.      Quale effetto hanno avuto le modifiche introdotte dal Trattato di Lisbona?

59.      Talune competenze incluse in un breve ed esaustivo elenco di settori sono attribuite irreversibilmente all’Unione (fatte salve le modifiche del Trattato) (articolo 3, paragrafo 1, TFUE). La maggior parte dei settori di competenza, tuttavia, appare nell’elenco dei «settori principali» – vale a dire in un elenco non esaustivo – di competenze concorrenti (articolo 4, paragrafo 2, TFUE). Una competenza definita «concorrente» non si trasformerà mai in una competenza a priori esclusiva dell’Unione nell’accezione dell’articolo 3, paragrafo 1, TFUE. È vero che se l’Unione europea, esercitando il suo diritto di prelazione ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, TFUE (che esaminerò tra breve) ha effettivamente occupato un settore, quest’ultimo diviene un settore in cui l’Unione europea dispone de facto di una competenza esclusiva. Tuttavia, la differenza tra, da un lato, le competenze esclusive a priori dell’Unione previste dall’articolo 3, paragrafo 1, TFUE e, dall’altro, le competenze dell’Unione che sono divenute de facto esclusive tramite il meccanismo di cui all’articolo 2, paragrafo 2, TFUE (18), consiste nel fatto che una competenza esclusiva a priori dell’Unione non può mai (fatte salve modifiche del Trattato) trasformarsi in una competenza dell’Unione non esclusiva. Per contro, è possibile, in teoria, che un settore già occupato da una normativa dell’Unione adottata nell’esercizio del diritto di prelazione ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, venga restituito agli Stati membri. Il legislatore dell’Unione dovrebbe solo decidere di non legiferare più e abrogare le norme dell’Unione esistenti in tale settore.

60.      Inoltre, le competenze concorrenti di cui all’articolo 4 TFUE sono inscindibilmente connesse alla presenza di una (distinta) disposizione del Trattato che conferisca all’Unione europea una competenza che non è né esclusiva (articolo 3 TFUE) né collaterale (articolo 6 TFUE: «competenza per svolgere azioni intese a sostenere, coordinare o completare l’azione degli Stati membri»). Ciò in quanto l’articolo 4, paragrafo 1, TFUE dispone che «[l]’Unione ha competenza concorrente con quella degli Stati membri quando i trattati le attribuiscono una competenza che non rientra nei settori di cui agli articoli 3 e 6» (19). L’articolo 4 TFUE prevede quindi l’esistenza di varie competenze condivise tra l’Unione e gli Stati membri.

61.      L’articolo 2 TFUE tratta poi vari aspetti dell’esercizio della competenza. In particolare, l’articolo 2, paragrafo 2, seconda frase, prevede il «diritto di prelazione» dell’Unione europea. Tale disposizione conferisce all’Unione europea il diritto di scegliere di iniziare ad esercitare una delle competenze concorrenti elencate. Qualora essa operi tale scelta (ma solo in questo caso), gli Stati membri non possono più esercitare la loro competenza concorrente nella stessa materia specifica. Così, il protocollo n. 25 dispone espressamente che, «quando l’Unione agisce in un determinato settore, il campo di applicazione di questo esercizio di competenza copre unicamente gli elementi disciplinati dall’atto dell’Unione in questione e non copre pertanto l’intero settore». La prelazione ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, TFUE è chiaramente descritta come reversibile. Se l’Unione europea cessa di agire in relazione a una certa parte di una competenza concorrente determinata, tale competenza torna agli Stati membri. E le parti devono sempre concorrere a formare un insieme: ogni competenza esercitata in un settore concorrente viene esercitata dall’Unione europea o dagli Stati membri, non può restare in un limbo tra i due.

62.      Gran parte dell’esercizio della competenza dell’Unione europea continua a riguardare ciò che avviene «a livello interno», ossia nel territorio dell’Unione europea. Alcuni aspetti della ripartizione delle competenze continuano necessariamente ad avere implicazioni per l’azione esterna. Ciò vale sia per i settori nei quali l’Unione europea dispone di una competenza esclusiva, sia per i settori di competenza concorrente. Qualora venga intrapresa un’azione esterna, essa deve rispettare la ripartizione concordata delle competenze tra l’Unione europea e gli Stati membri che la costituiscono. Tali principi devono essere rispettati in tutte le azioni intraprese dall’Unione europea, sia interne che esterne (20).

63.      Le competenze in materia di unione doganale e di politica commerciale comune (entrambe elencate tra le competenze esclusive dell’Unione europea all’articolo 3, paragrafo 1, TFUE) trovano specifico riconoscimento ed espressione agli articoli 206 TFUE (l’unione doganale) e 207 TFUE (la politica commerciale comune), nella parte quinta del TFUE, intitolata «Azione esterna dell’Unione». La politica commerciale comune è uno dei rari esempi di competenza puramente esterna dell’Unione. Sebbene l’articolo 207, paragrafo 2, TFUE, conferisca al Parlamento europeo e al Consiglio il potere di adottare, deliberando mediante regolamenti secondo la procedura legislativa ordinaria, le misure che definiscono il quadro di attuazione della politica commerciale comune, tali regolamenti costituiscono misure di azione esterna (intese a disciplinare, attraverso atti legislativi dell’Unione, gli scambi commerciali con paesi terzi). La corrispondente competenza interna è la competenza, in materia di ravvicinamento delle legislazioni di cui agli articoli 114 TFUE e 115 TFUE, a disciplinare il mercato interno, competenza che l’articolo 4, paragrafo 2, lettera a), TFUE definisce come concorrente.

64.      A differenza dell’articolo 3, paragrafo 1, TFUE, che non parla espressamente di competenza esterna, l’articolo 3, paragrafo 2, TFUE si riferisce ai casi nei quali l’Unione europea «ha (…) competenza esclusiva per la conclusione di accordi internazionali». Le quattro (21) ipotesi previste dagli estensori del Trattato («allorché tale conclusione è prevista in un atto legislativo dell’Unione », «[allorché tale conclusione] è necessaria per consentir[e all’Unione] di esercitare le sue competenze a livello interno» e «nella misura in cui può incidere su norme comuni o modificarne la portata») rispecchiano e sostanzialmente codificano la precedente giurisprudenza della Corte (22) Analogamente, l’articolo 216 TFUE (contenente le disposizioni di dettaglio che stabiliscono quando l’Unione europea «può concludere un accordo con uno o più paesi terzi o organizzazioni internazionali»), rispecchia e codifica la giurisprudenza della Corte sull’esistenza di una competenza esterna dell’Unione; tale disposizione presenta un nesso diretto con la ripartizione delle competenze prevista agli articoli da 2 TFUE a 4 TFUE. L’articolo 216, paragrafo 1, TFUE determina l’esistenza della competenza esterna dell’Unione, ma non la sua natura esclusiva: quest’ultima è determinata dall’articolo 3, paragrafi 1 e 2, TFUE.

65.      In tale contesto, passo ad esaminare più nel dettaglio la competenza esterna.

66.      Per quanto riguarda la politica commerciale comune, l’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), TFUE prevede che l’Unione ha competenza esclusiva in tale settore. L’articolo 207 TFUE precisa che la politica commerciale comune «è fondata (…) [sulla] conclusione di accordi tariffari e commerciali relativi [a vari settori]». Secondo la prima ipotesi di cui all’articolo 216, paragrafo 1, TFUE, l’Unione europea può concludere un accordo internazionale «qualora i trattati lo prevedano». Pertanto, se una determinata materia rientra nell’ambito della politica commerciale comune (questione spinosa alla quale è dedicata ampia parte dell’analisi contenuta nelle restanti parti delle presenti conclusioni), l’Unione europea disporrà di una competenza esterna esclusiva per la conclusione di un accordo internazionale in tale materia. Altre competenze esclusive elencate all’articolo 3, paragrafo 1, TFUE possono ricollegarsi ad altre ipotesi previste dall’articolo 216, paragrafo 1, TFUE, in particolare alla seconda («qualora la conclusione di un accordo sia necessaria per realizzare, nell’ambito delle politiche dell’Unione, uno degli obiettivi fissati dai trattati»).

67.      Se ricorre una delle ipotesi di cui all’articolo 3, paragrafo 2, TFUE e se l’Unione europea dispone di una competenza esterna conformemente alle norme di dettaglio che conferiscono la competenza a concludere accordi internazionali ai sensi dell’articolo 216, paragrafo 1, TFUE, tale competenza esterna sarà esclusiva. Esaminiamo brevemente ciascuna di tali ipotesi in ordine successivo.

68.      In primo luogo, si può individuare un «atto giuridico vincolante dell’Unione» a norma del quale l’Unione europea conclude un accordo internazionale di questo tipo (terza ipotesi dell’articolo 216, paragrafo 1, TFUE)? In caso affermativo, e se tale atto è un «atto legislativo dell’Unione » (prima ipotesi di cui all’articolo 3, paragrafo 2, TFUE) (23), la competenza esterna dell’Unione che ne deriva sarà esclusiva (24).

69.      In secondo luogo, la conclusione di un accordo internazionale è «necessaria per realizzare, nell’ambito delle politiche dell’Unione, uno degli obiettivi fissati dai trattati» (seconda ipotesi di cui all’articolo 216, paragrafo 1, TFUE)? In caso affermativo, e se una competenza interna dell’Unione europea non può essere semplicemente esercitata in pratica senza che vi sia anche una componente esterna (la seconda ipotesi di cui all’articolo 3, paragrafo 2, TFUE), la competenza esterna dell’Unione che ne deriva sarà anch’essa esclusiva. Come dimostra la giurisprudenza precedente al Trattato di Lisbona, tali situazioni sono rare, ma possibili (25).

70.      Infine, vi è già stata sufficiente attività legislativa dell’Unione perché l’Unione stessa disponga attualmente di una competenza esterna esclusiva attraverso l’«effetto AETS» codificato (26)? La prova che la conclusione di un accordo internazionale «può incidere su norme comuni o modificarne la portata» (27) soddisfa automaticamente le condizioni della quarta ipotesi di cui all’articolo 216, paragrafo 1, TFUE e della terza ipotesi di cui all’articolo 3, paragrafo 2, TFUE, e l’Unione europea dispone pertanto di una competenza esterna esclusiva.

71.      Se l’Unione europea non dispone di una competenza esterna esclusiva in virtù dell’articolo 3 TFUE, ha una competenza esterna concorrente in virtù degli articoli 2 TFUE e 4 TFUE (che disciplinano la concorrenza concorrente) e dell’articolo 216 TFUE (che conferisce la competenza esterna), oppure non esiste alcuna competenza esterna dell’Unione, salvo eventualmente una competenza esterna collaterale (28)? Sotto questo aspetto, la questione risulta più complessa.

72.      Anzitutto, occorre verificare se esista effettivamente una competenza concorrente ai sensi dell’articolo 4 TFUE. Supponendo che la risposta a tale questione sia affermativa, occorre fare riferimento all’articolo 216, paragrafo 1, TFUE per accertare se ricorra una delle ipotesi ivi indicate nelle quali l’Unione europea ha competenza per la conclusione di un accordo internazionale. Dato che, in tal caso, non esiste una competenza esterna esclusiva ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE, è probabile che siano pertinenti la prima, la seconda e la terza ipotesi previste da tale disposizione. Il combinato disposto degli articoli 4 TFUE e 216, paragrafo 1, TFUE crea i necessari presupposti dell’esistenza della competenza esterna concorrente dell’Unione europea. Ma qual è la situazione per quanto riguarda l’esercizio di detta competenza?

73.      A tale proposito, occorre tornare all’articolo 2, paragrafo 2, TFUE e al diritto di prelazione dell’Unione europea. Se l’Unione europea sceglie di non esercitare tale diritto, la competenza esterna – al pari di quella interna – rimarrà agli Stati membri, con la conseguenza che essi (e non l’Unione europea) saranno competenti a negoziare, firmare e concludere un accordo internazionale il cui oggetto ricada in tale settore di competenza concorrente. Tuttavia, il testo dell’articolo 2, paragrafo 2, TFUE può essere interpretato nel senso che consente all’Unione europea di esercitare il suo diritto di prelazione in relazione sia alla competenza esterna, sia a quella interna.

74.      Accettare questa tesi non implica che l’Unione europea disponga di un diritto illimitato a far valere la competenza esterna su qualsiasi settore di competenza concorrente elencato all’articolo 4, a prescindere dalla circostanza che abbia scelto di esercitare tale diritto a livello interno. All’udienza, il Consiglio ha sottolineato che la questione se l’Unione europea o gli Stati membri esercitino una competenza esterna per concludere un determinato accordo internazionale in un settore di competenza concorrente è «una scelta politica». A mio avviso, le tutele giuridiche sottese a tale scelta politica risiedono nelle modalità procedurali previste dall’articolo 218 TFUE. L’articolo 218, paragrafo 2, TFUE dispone che «[i]l Consiglio autorizza l’avvio dei negoziati, definisce le direttive di negoziato, autorizza la firma e conclude gli accordi». I paragrafi successivi precisano che l’avvio dei negoziati (articolo 218, paragrafo 3, TFUE), la firma dell’accordo (articolo 218, paragrafo 5, TFUE) e la conclusione dell’accordo (articolo 218, paragrafo 6, TFUE) richiedono tutti distinte decisioni del Consiglio, vale a dire decisioni degli Stati membri agenti in qualità di membri del Consiglio che autorizzano la competente istituzione dell’Unione ad agire. Nel corso dell’intero procedimento, il Consiglio delibera a maggioranza qualificata, salvo per alcuni settori nei quali è richiesta l’unanimità (articolo 218, paragrafo 8, TFUE), e la conclusione dell’accordo, nella misura in cui rappresenta una forma di esercizio della competenza esterna dell’Unione, richiede normalmente anche il consenso, o quanto meno la consultazione, del Parlamento europeo [articolo 218, paragrafo 6, TFUE, rispettivamente lettere a) e b)].

75.      Ne consegue che un accordo internazionale vertente su settori rientranti nella competenza esterna concorrente e che venga alla fine firmato e concluso dalla sola Unione europea è del tutto diverso, concettualmente, da un accordo internazionale riguardante solo settori rientranti nella competenza esterna esclusiva dell’Unione europea. Nel primo caso, gli Stati membri nel loro insieme (agendo in qualità di membri del Consiglio) hanno il potere di concordare che l’Unione europea agisca oppure, di insistere per continuare ad esercitare singolarmente la loro competenza esterna. Nel secondo caso, essi non dispongono di tale opzione, in quanto la competenza esterna esclusiva appartiene già all’Unione europea.

76.      Se un accordo internazionale viene concluso nel contempo dall’Unione europea e dagli Stati membri che la costituiscono, tanto l’Unione quanto gli Stati membri sono, sotto il profilo del diritto internazionale, parti di tale accordo. Ciò avrà conseguenze, in particolare, per quanto riguarda la responsabilità per la violazione dell’accordo e del diritto di ricorso contro tale violazione. Per motivi di trasparenza all’interno dell’Unione europea e per tutelare gli interessi del paese terzo (o dei paesi terzi) con cui viene concluso detto accordo internazionale, sarebbe quindi auspicabile che tali decisioni indicassero molto chiaramente gli aspetti specifici della competenza concorrente che gli Stati membri (agendo in qualità di membri del Consiglio) hanno deciso di lasciare all’Unione europea, da un lato, e gli aspetti che sono invece (ancora) esercitati dagli Stati membri, dall’altro. Ritengo peraltro che una dichiarazione sulle competenze allegata all’accordo in questione non sarebbe fuori luogo.

77.      Infine, qualora un accordo internazionale venga firmato sia dall’Unione europea sia dai suoi Stati membri, ciascuno Stato membro rimane libero, secondo il diritto internazionale, di porre fine a tale accordo secondo la procedura prevista a tal fine dall’accordo stesso. Dopo tutto, detto Stato partecipa all’accordo in quanto Stato Parte sovrano, e non come mera appendice dell’Unione europea (e sotto questo aspetto è del tutto irrilevante che l’Unione europea abbia avuto il ruolo principale nella negoziazione dell’accordo). Tuttavia, qualora uno Stato membro prendesse tale decisione, l’effetto dell’articolo 216, paragrafo 2, TFUE sarebbe che – sotto il profilo del diritto dell’Unione – detto Stato continuerebbe a essere vincolato dalle parti dell’accordo concluse in base alla competenza dell’Unione (in quanto si tratta di uno Stato membro dell’Unione), a meno che e finché l’Unione europea non ponga fine all’accordo (29). La capacità dello Stato membro di agire autonomamente in qualità di soggetto di diritto internazionale rispecchia il fatto che esso conserva la sua competenza internazionale, e il fatto che detto Stato rimanga parzialmente vincolato dall’accordo anche nel caso in cui ne receda conformemente al diritto internazionale non è un effetto del diritto internazionale, bensì del diritto dell’Unione.

78.      La situazione è diversa quando gli Stati membri dispongono di una competenza esclusiva per una o più parti di un accordo internazionale (e il resto dell’accordo rientra nella competenza esclusiva o concorrente dell’Unione europea): in tal caso, l’accordo deve essere concluso sia dagli Stati membri sia dall’Unione europea (30).

79.      Tuttavia, sempre ammesso che la Corte debba rispondere alla seconda parte della domanda, è necessario che essa accerti chi sia competente in relazione ad ogni singola disposizione dell’ALS/UE‑S?

80.      Ritengo di no.

81.      Nel parere 2/00 la Corte ha precisato che, supponendo che la competenza a concludere un accordo internazionale sia ripartita tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, l’esatta portata della competenza esclusiva dell’Unione europea e della competenza concorrente (o esclusiva) degli Stati membri relativamente a un accordo specifico non può, di per sé, incidere sulla competenza dell’Unione europea a concludere tale accordo né, in generale, sulla validità sostanziale o sulla regolarità formale della decisione dell’Unione europea di concluderlo (31). La procedura di cui all’articolo 218, paragrafo 11, TFUE è specificamente intesa ad evitare le complicazioni che potrebbero sorgere, tanto a livello internazionale quanto a livello dell’Unione, qualora la decisione di concludere l’accordo fosse considerata invalida (32). Non spetta alla Corte, nel contesto di tale procedura, fornire indicazioni specifiche su chi sia competente in relazione ad ogni singola disposizione dell’accordo di cui trattasi e su chi debba essere considerato responsabile dell’esecuzione degli obblighi internazionali che esso comporta (33).

82.      Semmai, nel rispondere alla seconda parte della domanda della Commissione, esaminerò per quali parti dell’ALS/UE‑S l’Unione europea disponga di una competenza esclusiva (fondata sul paragrafo 1 o sul paragrafo 2 dell’articolo 3 TFUE), se vi siano parti rispetto alle quali la competenza è condivisa con gli Stati membri (sulla base dell’articolo 4 TFUE) e se rimangano ancora altre parti per le quali l’Unione europea non ha competenza. L’ALS/UE‑S è un accordo molto eterogeneo. Ciò significa che, per forza di cose, l’analisi volta ad accertare la competenza e la sua natura (esclusiva o concorrente) dovrà concentrarsi (a seconda del contesto) su un singolo capo o su gruppi di capi dell’ALS/UE‑S, o su una o più parti di tale accordo oppure, in taluni casi, su una singola disposizione.

83.      Sebbene la domanda di parere riguardi solo la ripartizione delle competenze tra l’Unione europea e gli Stati membri, alcune osservazioni scritte (in particolare quelle del Consiglio) suggeriscono che anche il procedimento con cui la Commissione ha negoziato l’ALS/UE‑S e propone ora di firmarlo potrebbe sollevare un problema. Mentre le direttive di negoziato prevedevano la negoziazione di un accordo misto, la Commissione ha negoziato l’ALS/UE‑S soltanto come se si trattasse di un accordo tra l’Unione europea e Singapore. Il problema è se, agendo in tal modo, la Commissione abbia violato l’articolo 218, paragrafo 4, TFUE e il principio di leale cooperazione sancito dall’articolo 13, paragrafo 2, TUE.

84.      A mio parere, non è né necessario né opportuno, nel contesto del presente procedimento, prendere posizione su questo punto. Le modalità con cui è stato negoziato l’ALS/UE‑S non incidono, di per sé, sulla ripartizione delle competenze tra l’Unione europea e gli Stati membri ai fini della sua conclusione. Tale aspetto esula quindi dall’ambito della domanda della Commissione. Né (in linea di massima) il mancato rispetto delle norme procedurali del diritto dell’Unione pregiudica la validità dell’accordo sotto il profilo del diritto internazionale (34). Pertanto, non esaminerò ulteriormente tale questione.

85.      Occorre inoltre ricordare che la domanda della Commissione non riguarda la conformità sostanziale (di una qualsiasi parte) dell’ALS/UE‑S con i Trattati. Pertanto, non si chiede alla Corte di esaminare, ad esempio, la compatibilità di un meccanismo ISDS con i Trattati. Questo tipo di procedura di risoluzione delle controversie non compare solo nell’ALS/UE‑S, ma anche in altri accordi sul commercio e sugli investimenti negoziati o in corso di negoziazione da parte dell’Unione europea. Nel presente procedimento, la questione relativa al meccanismo ISDS (e ad altre modalità di risoluzione delle controversie previste dall’ALS/UE‑S) riguarda solo «chi possa decidere». Pertanto, l’analisi svolta nelle presenti conclusioni non prende in considerazione le (eventuali) questioni relative alla conformità sostanziale dell’ALS/UE‑S, comprese le disposizioni concernenti il meccanismo ISDS, con i Trattati (35).

86.      Infine (il che probabilmente è ovvio), le mie conclusioni nel presente procedimento vertono esclusivamente sull’ALS/UE‑S. Esse non toccano quindi la ripartizione delle competenze tra l’Unione europea e gli Stati membri in relazione ad altri accordi sugli scambi commerciali e sugli investimenti.

87.      Nelle parti restanti delle presenti conclusioni, esaminerò anzitutto i principi fondamentali che disciplinano la ripartizione delle competenze esterne tra l’Unione europea e gli Stati membri e la base giuridica dell’azione dell’Unione. Analizzerò poi gli elementi essenziali della competenza esclusiva esplicita dell’Unione europea in materia di politica commerciale comune (articolo 207, paragrafo 1, TFUE), la sua competenza esclusiva implicita (articolo 3, paragrafo 2, TFUE) e la sua competenza concorrente (articolo 4 TFUE) in materia di azione esterna. In tale contesto generale, passerò quindi a esaminare la ripartizione delle competenze per quanto riguarda le materie disciplinate dall’ALS/UE‑S.

 La ripartizione delle competenze tra l’Unione europea e gli Stati membri e la base giuridica per la conclusione dell’ALS/UE‑S

88.      All’udienza è emerso che il Consiglio e alcuni Stati membri ritengono che occorra anzitutto definire la ripartizione delle competenze tra l’Unione europea e gli Stati membri in relazione all’ALS/UE‑S prima di stabilire, quale passo successivo, la base giuridica sulla quale dovrebbe fondarsi la decisione dell’Unione europea di firmare e concludere tale accordo.

89.      È evidente che in questa sede la Corte non è chiamata a pronunciarsi su tale seconda questione. Tuttavia, a mio avviso, il Consiglio e alcuni Stati membri non intendono correttamente il rapporto tra i principi alla base della ripartizione delle competenze (esterne) e quelli che disciplinano la scelta della base giuridica dell’azione dell’Unione.

90.      L’Unione europea dispone solo di competenze di attribuzione (36). Pertanto, essa deve ricollegare ogni suo atto a una disposizione del Trattato che l’abiliti ad approvare tale atto (37). Tale base giuridica deve essere stabilita con riferimento a elementi oggettivi suscettibili di sindacato giurisdizionale, tra i quali figurano lo scopo e il contenuto dell’atto (38).

91.      Nel parere 1/08, la Corte ha spiegato che il carattere esclusivo o meno della competenza dell’Unione europea ai fini della conclusione degli accordi e la base giuridica a cui si deve ricorrere a tal fine costituiscono due questioni intrinsecamente connesse (39). Infatti, la questione se l’Unione europea disponga da sola della competenza a concludere un accordo oppure se una tale competenza sia ripartita con gli Stati membri dipende, in particolare, dalla portata delle norme dell’Unione atte ad attribuire alle istituzioni dell’Unione il potere di partecipare ad un accordo siffatto (40).

92.      L’accertamento della competenza dell’Unione europea ad agire in un determinato settore (e quindi l’individuazione della base giuridica di tale azione) costituisce dunque una condizione preliminare per definire la ripartizione delle competenze tra l’Unione europea e gli Stati membri, conformemente agli articoli 3 TFUE e 4 TFUE, in relazione ad una specifica azione esterna (41).

93.      Per quanto riguarda l’individuazione della base giuridica, da una giurisprudenza costante risulta che, qualora un accordo dell’Unione europea persegua più di un obiettivo o comprenda due o più elementi, uno dei quali è identificabile come scopo o elemento principale o predominante, mentre l’altro o gli altri sono meramente incidentali o hanno una portata estremamente limitata, l’Unione europea deve concludere tale accordo sulla base di un unico fondamento giuridico, vale a dire quello imposto dall’obiettivo o elemento principale o predominante (42). Pertanto, se lo scopo predominante dell’ALS/UE‑S fosse perseguire la politica commerciale comune e gli altri aspetti di tale accordo dovessero invece essere considerati come il corollario indispensabile di detto elemento principale, o come aspetti che rivestono una portata estremamente limitata, la base giuridica sostanziale per la conclusione di siffatto accordo sarebbe l’articolo 207, paragrafo 1, TFUE (43). In tal caso, dall’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), TFUE discenderebbe che l’Unione europea ha competenza esclusiva a concludere l’ALS/UE‑S (44).

94.      D’altro canto, qualora la Corte stabilisse che l’ALS/UE‑S persegue contemporaneamente più finalità oppure ha più componenti legate tra loro in modo inscindibile, senza che una sia accessoria rispetto all’altra, cosicché siano applicabili diverse disposizioni dei Trattati, l’atto con cui l’Unione europea conclude tale accordo dovrebbe fondarsi sulle diverse basi giuridiche corrispondenti a tali componenti (45).

95.      In tale contesto, passo ora a esaminare la portata della politica commerciale comune nell’accezione dell’articolo 207 TFUE.

 L’articolo 207, paragrafi 1, 5 e 6, TFUE

96.      La Corte ha chiarito che l’Unione europea dispone di una competenza esclusiva in materia di politica commerciale comune molto prima dell’entrata in vigore dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), TFUE, che attualmente conferma in modo espresso la competenza esclusiva dell’Unione europea relativamente a tale politica. Così, nel suo primo parere emesso sulla base dell’attuale articolo 218, paragrafo 11, TFUE, la Corte ha dichiarato che la competenza esclusiva in materia di politica commerciale comune è giustificata dal fatto che, qualora si consentisse agli Stati membri di esercitare competenze concorrenti in tale settore, ciò «significherebbe ammettere che gli Stati membri possono assumere, nei rapporti con i paesi terzi, atteggiamenti divergenti dall’orientamento generale [dell’Unione europea], quindi ne resterebbe falsato il gioco istituzionale, ne risulterebbe scossa la buona fede nell’ambito [dell’Unione europea], che non sarebbe più in grado di assolvere il proprio compito che è soprattutto la tutela dell’interesse comune» (46). Tale ragionamento è coerente con l’instaurazione dell’unione doganale prevista dal Trattato di Roma. A livello interno, detta unione consiste in un divieto assoluto di dazi doganali all’importazione o all’esportazione e di tasse di effetto equivalente tra gli Stati membri (47). Al contempo, i Trattati affidano all’Unione europea e alle sue istituzioni il compito di proteggere gli interessi commerciali dell’Unione esternamente. Consentire agli Stati membri di perseguire proprie politiche commerciali con il mondo esterno (e dunque di perseguire i propri interessi in tale contesto) parallelamente alle azioni dell’Unione europea rischierebbe palesemente di compromettere tale funzione fondamentale.

97.      Nel presente procedimento, la Commissione invita la Corte a rivedere la sua precedente giurisprudenza relativa alla portata della politica commerciale comune. La questione è quanto si sia espansa tale politica a seguito delle modifiche introdotte dal Trattato di Lisbona (in particolare per quanto riguarda gli aspetti commerciali della proprietà intellettuale, gli investimenti esteri diretti, gli scambi di servizi, l’eccezione relativa al settore dei trasporti prevista dall’articolo 207, paragrafo 5, TFUE e i limiti derivanti dall’articolo 207, paragrafo 6, TFUE).

98.      Alcuni Stati membri hanno suggerito che, dopo il parere 1/94 della Corte, non sarebbe più appropriato considerare la politica commerciale comune come «dinamica».

99.      Non sono convinta che sia particolarmente utile dibattere sulla questione se la politica commerciale comune sia «dinamica» o meno. Ciò che rileva è che l’articolo 207, paragrafo 1, TFUE deve essere interpretato in modo da rispettare il tenore letterale di detta disposizione e garantire che l’Unione europea possa perseguire una politica commerciale comune efficace in un ambiente commerciale internazionale in costante evoluzione.

100. Condivido il parere espresso dall’avvocato generale Wahl nelle conclusioni relative al procedimento di parere 3/15, secondo cui, poiché le pratiche commerciali, gli schemi e le tendenze si evolvono nel tempo, l’oggetto di uno scambio internazionale non può essere determinato in maniera astratta né essere individuato in modo statico e rigido (48). Tuttavia, ciò che costituisce una «politica commerciale» o una «politica degli investimenti» nelle relazioni internazionali non coincide necessariamente con ciò che costituisce la politica commerciale comune secondo il diritto dell’Unione.

101. La Corte ha inoltre sottolineato l’esigenza di garantire l’efficacia della politica commerciale comune dell’Unione. Nel parere 1/78, essa ha spiegato che la politica commerciale comune non potrebbe più essere perseguita efficacemente se l’Unione europea non potesse più disporre di mezzi d’azione più complessi rispetto agli strumenti destinati ad incidere unicamente sugli aspetti tradizionali del commercio estero. Una «politica commerciale» così intesa sarebbe destinata a divenire prima o poi inoperante (49) e pertanto impedirebbe gradualmente all’Unione europea di svolgere il proprio ruolo di attore del commercio globale nei confronti dei propri partner commerciali, tanto in contesti bilaterali con paesi terzi quanto in fori multilaterali (50). Pertanto, la politica commerciale comune non è limitata agli atti che perseguono obiettivi commerciali. Essa può comprendere misure dirette a conseguire obiettivi non puramente commerciali, quali lo sviluppo (51), la politica estera e di sicurezza (52) o la tutela dell’ambiente e della salute umana (53), purché tali misure abbiano anche effetti diretti e immediati sugli scambi commerciali. L’interazione tra la politica commerciale comune e gli (altri) principi e obiettivi dell’azione esterna dell’Unione europea è espressamente riconosciuta all’articolo 207, paragrafo 1, ultima frase, TFUE.

102. Tuttavia, ciò non significa che non esistano limiti alla portata della politica commerciale comune. Né il fatto che una materia sia disciplinata da un accordo sugli scambi commerciali (e sugli investimenti) è sufficiente affinché detta materia ricada nell’ambito della politica commerciale comune. Gli accordi o le disposizioni che altri attori del diritto internazionale possono considerare come elementi di una politica commerciale non rientrano necessariamente nella definizione di «politica commerciale comune» ai sensi dei Trattati. Per definire tale politica, la Corte deve attenersi al tenore letterale degli articoli 206 TFUE e 207 TFUE.

103. Ciò che rileva ai fini dell’articolo 207 TFUE è che l’azione (interna o esterna) dell’Unione europea dovrebbe essere specificamente collegata al commercio internazionale, inteso come scambi con paesi terzi (e non scambi nel mercato interno) (54), in quanto è sostanzialmente diretta a promuovere, facilitare o disciplinare gli scambi e ha effetti diretti e immediati sugli stessi (55). Pertanto, la mera circostanza che un atto dell’Unione europea possa avere ripercussioni sul commercio internazionale non è sufficiente perché esso rientri nella politica commerciale comune.

104. Nel distinguere tra gli impegni (internazionali) ricompresi nell’ambito della politica commerciale comune e quelli il cui obiettivo principale è migliorare il funzionamento del mercato interno, è importante stabilire se lo scopo dell’accordo consista o meno, in sostanza, nell’estendere oltre il territorio dell’Unione europea il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri che è già stato «ampiamente realizzato» dal diritto derivato dell’Unione relativo agli scambi commerciali nel mercato interno (56). In caso affermativo, si può presumere che detto accordo sia inteso a promuovere gli scambi internazionali e la sua conclusione rientra quindi nell’ambito della politica commerciale comune. Per contro, se proprio detto ravvicinamento «interno» costituisce l’oggetto dell’accordo, lo scopo prevalente di quest’ultimo è migliorare il funzionamento del mercato interno, ed esso esula quindi dalla politica commerciale comune, anche nel caso in cui incida sul commercio internazionale (57).

105. Alcune delle parti temono, in generale o in riferimento a un capo specifico dell’ALS/UE‑S, che l’interpretazione ampia data dalla Commissione alla portata della politica commerciale comune dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona pregiudichi l’articolo 207, paragrafo 6, TFUE.

106. A mio parere, l’articolo 207, paragrafo 6, TFUE riguarda solo l’esercizio delle competenze conferite all’Unione europea dall’articolo 207, paragrafo 1, TFUE. Esso presuppone che detta competenza sia stata determinata. Pertanto, non può modificare la competenza esterna esclusiva dell’Unione europea ai sensi dell’articolo 207, paragrafo 1, TFUE. L’articolo 207, paragrafo 6, TFUE pone due limiti, anche se il secondo sembra essere un’applicazione del primo.

107. In primo luogo, l’esercizio della competenza in materia di politica commerciale comune non può incidere sulla ripartizione delle competenze tra l’Unione europea e gli Stati membri. A mio avviso, questo primo limite costituisce un’espressione del principio di attribuzione sancito dall’articolo 2, paragrafi 1 e 2, TFUE e ulteriormente sviluppato nella dichiarazione n. 18 in relazione alla delimitazione delle competenze (58). In altri termini, l’esercizio della competenza esclusiva dell’Unione europea in materia di politica commerciale comune non può modificare né incidere in altro modo sulle disposizioni del Trattato relative alla ripartizione delle competenze in altri settori che esulano dall’ambito di tale competenza (come ad esempio quello degli scambi commerciali nel mercato interno). Questa mia interpretazione mi sembra corroborata dall’articolo 207, paragrafo 2, TFUE, che fornisce una base giuridica per adottare «(…) misure che definiscono il quadro di attuazione della politica commerciale comune», anziché stabilire che l’Unione europea ha competenza esclusiva per tutte le misure che potrebbero doversi adottare per assolvere obblighi derivanti da un accordo concluso dall’Unione europea nell’esercizio della sua competenza esclusiva in materia di politica commerciale comune.

108. Così, ad esempio, il fatto che l’Unione europea eserciti la competenza esclusiva conferitale dall’articolo 207, paragrafo 1, TFUE in relazione all’accordo TRIPS nel suo complesso (59) non significa che essa sia competente a disciplinare tutte le materie coperte da detto accordo nel mercato interno. Né tale esercizio può modificare la ripartizione delle competenze esterne tra gli Stati membri e l’Unione europea per quanto riguarda i diritti di proprietà intellettuale in generale.

109. Per contro, non interpreto il primo limite nel senso che l’esercizio della competenza dell’Unione europea in materia di politica commerciale comune dipende dal fatto che quest’ultima disponga di una competenza interna su una base diversa o abbia esercitato tale competenza (60). In particolare, le altre parti dell’articolo 207 TFUE non autorizzano a insistere sul parallelismo tra l’aspetto esterno della politica commerciale comune e l’aspetto interno di altre politiche dell’Unione. L’articolo 207, paragrafo 4, TFUE conferma espressamente che la politica commerciale comune può includere gli scambi di servizi culturali e audiovisivi nonché gli scambi di servizi nell’ambito sociale, dell’istruzione e della sanità. Tuttavia, le competenze interne dell’Unione europea nel settore della sanità pubblica sono limitate, in quanto completano semplicemente le azioni degli Stati membri (61). Inoltre, l’azione dell’Unione deve rispettare le responsabilità degli Stati membri per la definizione della loro politica sanitaria nonché per l’organizzazione e la fornitura di servizi sanitari e di assistenza medica (62).

110. Il secondo limite imposto dall’articolo 207, paragrafo 6, TFUE, consiste nel fatto che l’esercizio delle competenze in materia di politica commerciale comune non può comportare l’armonizzazione di disposizioni legislative o regolamentari degli Stati membri, se i Trattati escludono tale armonizzazione. Come espressamente confermato dall’articolo 207, paragrafo 4, TFUE, detto limite non implica che la politica commerciale comune non possa coprire gli scambi in materie nelle quali l’armonizzazione è preclusa da altre disposizioni del Trattato (ad esempio in materia di politica sociale, istruzione, sanità pubblica o cultura) (63). Il limite in parola implica semmai che l’Unione europea non possa agire, attraverso l’esercizio delle competenze conferitele dall’articolo 207 TFUE, in modo da eludere il divieto di armonizzazione sancito dai Trattati. Tale limite costituisce quindi un’applicazione specifica del primo limite.

111. Ai fini del presente procedimento di parere occorre inoltre che la Corte interpreti l’articolo 207, paragrafo 5, TFUE, segnatamente per quanto riguarda gli impegni relativi ai trasporti di cui al capo 8 dell’ALS/UE‑S («Servizi, stabilimento e commercio elettronico») (64). Secondo tale disposizione, la negoziazione e la conclusione di accordi internazionali nel settore dei trasporti sono soggette al titolo VI della parte terza del TFUE, vale a dire le disposizioni del Trattato sulla politica dei trasporti dell’Unione europea. Detti accordi esulano quindi dall’ambito della politica commerciale comune.

112. Tale eccezione non rappresenta una novità. I Trattati hanno sempre tenuto la politica dei trasporti distinta dalla politica commerciale comune. Infatti, detta eccezione ha indotto la Corte a stabilire, nella sentenza AETS, il principio della competenza esterna esclusiva implicita, in contrapposizione alla competenza esclusiva esplicita, in materia di politica commerciale comune (65).

113. Sebbene la sentenza AETS riguardi un accordo che stabiliva norme di sicurezza, nel parere 1/94 la Corte non ha ravvisato motivi per giungere a una conclusione diversa in relazione agli accordi commerciali che riguardino anche i trasporti, come il GATS (66). La Corte ha confermato che «[l]’idea che sta alla base [della sentenza AETS] è che gli accordi internazionali in materia di trasporti non rientrano nell’ambito [della politica commerciale comune]» (67). Tale posizione è rimasta invariata sotto la vigenza del Trattato di Nizza (68) e del Trattato di Lisbona (69). Per quanto riguarda gli scambi internazionali di servizi di trasporto, i Trattati mirano quindi a «mantenere un parallelismo di principio tra la competenza interna che si esercita attraverso l’adozione unilaterale di norme [dell’Unione] e la competenza esterna che opera tramite la conclusione di accordi internazionali, l’una e l’altra competenza restando (…) basate sul titolo del Trattato specificamente inerente alla politica comune dei trasporti» (70).

114. Per tale motivo, l’applicazione dell’articolo 207, paragrafo 5, TFUE non è limitata agli accordi internazionali che riguardano esclusivamente o prevalentemente gli scambi di servizi di trasporto. Come la Corte ha dichiarato nel parere 1/08, concludere diversamente avrebbe per conseguenza che disposizioni internazionali aventi un oggetto rigorosamente identico contenute in un accordo rientrerebbero ora nella politica dei trasporti, ora nella politica commerciale, in funzione della mera circostanza che le parti contraenti dell’accordo abbiano deciso di occuparsi soltanto degli scambi di servizi di trasporto, oppure che abbiano convenuto di occuparsi contemporaneamente di detti scambi e degli scambi di tale o tal altro tipo di servizi o dell’insieme di questi servizi (71).

115. Nonostante l’ampia portata dell’articolo 207, paragrafo 5, TFUE, mi sembra che l’espressione «accordi internazionali nel settore dei trasporti» non significhi che ogni accordo applicabile ai trasporti (vale a dire, in sostanza, i servizi consistenti nel trasportare merci o persone con uno o più mezzi di trasporto da un punto ad un altro) debba essere escluso dalla politica commerciale comune. Il fatto che talune misure di applicazione generale possano, in pratica, essere applicate anche ai trasporti non fa necessariamente scattare l’eccezione di cui all’articolo 207, paragrafo 5, TFUE. Semmai, un accordo internazionale «nel settore dei trasporti» è un accordo contenente disposizioni che riguardano specificamente i trasporti. Ciò spiega perché, nel parere 1/08, la Corte abbia concentrato l’attenzione sugli impegni settoriali (e sugli impegni orizzontali applicati a complemento di tali impegni) per concludere che ricorrevano le condizioni di applicazione dell’eccezione di cui all’articolo 207, paragrafo 5, TFUE.

116. Il presente procedimento dimostra che vi è ancora incertezza circa l’ambito di applicazione dell’articolo 207, paragrafo 5, TFUE. Tra le questioni concernenti gli impegni relativi agli scambi di servizi di trasporto rientrano la questione se l’eccezione di cui all’articolo 207, paragrafo 5, TFUE si applichi allo stabilimento (quale definito nell’ALS/UE‑S), anche se il titolo VI della parte terza del TFUE non lo disciplina, e la questione se i servizi «ausiliari» dei servizi di trasporto rientrino in detta eccezione. Esaminerò tali questioni nell’analisi del capo 8 dell’ALS/UE‑S (72).

 Articolo 3, paragrafo 2, TFUE

117. Sebbene l’articolo 3, paragrafo 1, TFUE non conferisca all’Unione europea una competenza esclusiva esplicita a concludere accordi internazionali, essa può tuttavia disporre di una competenza esterna esclusiva implicita in base all’articolo 3, paragrafo 2, TFUE. Entrambi i paragrafi dell’articolo 3 TFUE riguardano specificamente la ripartizione delle competenze tra l’Unione europea e gli Stati membri. Tuttavia, a differenza del paragrafo 1 dell’articolo 3 TFUE, il suo paragrafo 2 riguarda solo la competenza esterna. Nondimeno, le varie ipotesi ivi previste implicano tutte necessariamente l’esercizio di una competenza interna.

118. La Commissione si basa su due ipotesi previste dall’articolo 3, paragrafo 2, TFUE per dimostrare che l’Unione europea dispone di una competenza esterna esclusiva.

119. Per la parte del capo 8 riguardante i servizi, lo stabilimento e il commercio elettronico (73), la Commissione si basa sulla prima ipotesi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE, secondo cui l’Unione europea ha competenza esclusiva «allorché tale conclusione è prevista in un atto legislativo dell’Unione». Conformemente alla giurisprudenza della Corte, la ratio sottostante a tale disposizione è che possono ricorrere situazioni nelle quali, sebbene i Trattati non conferiscano una competenza esterna all’Unione europea, norme comuni adottate dalle istituzioni stabiliscono siffatta competenza prevedendo la conclusione di accordi internazionali (74). In tali circostanze, l’Unione europea acquista una competenza esclusiva per effetto di norme comuni (75), poiché consentire agli Stati membri di concludere i propri accordi internazionali rischierebbe di compromettere l’azione esterna concordata nei settori disciplinati da tali norme dell’Unione (76).

120. Per alcune altre parti dell’ALS/UE‑S (77), la Commissione si basa sulla terza ipotesi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE. Secondo tale ipotesi, l’Unione europea dispone di una competenza esclusiva a concludere un accordo internazionale «(…) nella misura in cui [la sua conclusione] può incidere su norme comuni o modificarne la portata». Tale ipotesi corrisponde al criterio definito dalla Corte nella sentenza AETS al fine di definire «(…) la natura degli impegni internazionali che gli Stati membri non possono assumere fuori dall’ambito delle istituzioni dell’Unione, qualora norme comuni dell’Unione siano state adottate per raggiungere gli scopi del Trattato» (78).

121. Il cosiddetto «principio AETS» fornisce una base su cui fondare la competenza esclusiva implicita dell’Unione europea a concludere un accordo internazionale. Inizialmente, esso è stato elaborato tenendo conto, da un lato, dell’obbligo degli Stati membri, derivante dal diritto primario, di adottare tutti i provvedimenti atti ad assicurare l’adempimento delle obbligazioni derivanti dai Trattati, ovvero da atti delle istituzioni, e, dall’altro, di astenersi da qualsiasi provvedimento che rischi di compromettere il raggiungimento degli scopi dei Trattati (79). Pertanto, l’Unione europea ha competenza esterna esclusiva quando esiste il rischio che gli Stati membri, agendo al di fuori del quadro istituzionale dell’Unione, possano assumere obblighi internazionali che incidano sulle norme comuni o ne modifichino la portata. Ciò comporterebbe un’elusione delle norme dei Trattati volte all’attuazione delle politiche dell’Unione e potrebbe quindi rimettere in discussione l’essenza stessa del processo di integrazione nell’Unione.

122. La giurisprudenza della Corte offre alcune indicazioni per verificare se ricorrano le condizioni di applicazione della terza ipotesi. Occorre esaminare specificamente il rapporto tra l’accordo internazionale previsto e il diritto dell’Unione in vigore all’epoca dei fatti. Ai fini di tale analisi, e tenuto conto del principio di attribuzione, spetta alla parte che faccia valere una competenza esterna esclusiva, dimostrare l’esistenza di tale competenza (80).

123. La prima fase dell’analisi consiste nel definire il settore interessato dall’accordo internazionale, al fine di individuare le norme comuni pertinenti. L’oggetto dell’accordo può essere determinato in base al contenuto e alla finalità dell’accordo stesso. A tale riguardo, mentre nell’esame dei cosiddetti accordi omogenei si potrebbe affermare che l’accordo nel suo complesso riguarda un «settore» e verificare poi se tale settore sia completamente armonizzato da norme comuni o disciplinato in gran parte da norme comuni (81), tale approccio non è facilmente trasponibile a un accordo quale l’ALS/UE‑S, che disciplina diversi «settori» in capi o parti diversi.

124. Gli argomenti dedotti dalla Commissione nel presente procedimento sollevano una questione nuova: se la terza ipotesi di cui all’articolo 3, paragrafo 2, TFUE si applichi solo nel caso in cui le istituzioni dell’Unione abbiano già adottato «norme comuni» nell’esercizio delle competenze legislative dell’Unione europea, o se le stesse disposizioni del Trattato possano a loro volta costituire, a determinate condizioni, «norme comuni». La Commissione sostiene che la competenza esclusiva dell’Unione europea per le disposizioni dell’ALS/UE‑S relative a tipi di investimento diversi dagli investimenti esteri diretti risulta dalle «norme comuni» contenute nell’articolo 63 TFUE. Esaminerò tale questione quando analizzerò la sezione A del capo 9 dell’ALS/UE‑S (82).

125. La seconda fase consiste nell’individuare le norme comuni esistenti nel settore considerato. Tuttavia, non è necessaria una concordanza completa tra l’ambito di applicazione dell’accordo internazionale e quello delle norme comuni (83). Potrebbe essere sufficiente che il settore in cui rientra l’accordo internazionale sia disciplinato in gran parte da dette norme comuni (84). Le norme comuni pertinenti possono comprendere non solo la normativa applicabile al settore specifico disciplinato dall’accordo, ma anche normative aventi un ambito di applicazione più ampio (85). Inoltre, non rileva che tali norme comuni (non) si trovino in un unico strumento di diritto dell’Unione (86).

126. Le norme comuni non sono solo quelle che disciplinano situazioni caratterizzate da un elemento estraneo all’Unione e che presentano quindi una dimensione esterna (87). Per individuare le norme comuni occorre tenere conto sia del diritto dell’Unione in vigore sia dell’evoluzione di tali norme, nella misura in cui tale evoluzione sia prevedibile al momento dell’analisi (88).

127. Dagli argomenti delle parti relativi all’individuazione delle norme comuni pertinenti per l’applicazione del principio AETS nei settori dei servizi di trasporto e dei tipi di investimento diversi dagli investimenti esteri diretti sembrano emergere vari fraintendimenti riguardo alle «norme comuni». Il presente procedimento offre alla Corte l’opportunità di fornire i necessari chiarimenti (89).

128. La terza fase consiste nell’esaminare l’incidenza (eventuale) della conclusione dell’accordo internazionale sulle norme comuni pertinenti. Non è necessario dimostrare che tale incidenza esiste: è sufficiente un rischio di incidenza sulle norme comuni o di modifica della loro portata (90). Tale rischio sussiste quando gli impegni previsti dall’accordo internazionale rientrano nell’ambito di applicazione delle norme comuni (91). Non occorre dimostrare una possibile contraddizione, vale a dire un conflitto, tra l’accordo internazionale e le norme comuni (92).

129. Se le norme comuni armonizzano completamente il settore disciplinato dall’accordo internazionale (93), la competenza esclusiva a concludere tale accordo è facile da dimostrare. Si presume che gli impegni internazionali risultanti dalla conclusione di detto accordo incidano sulle norme armonizzate.

130. Se l’armonizzazione è solo parziale, il fatto che un accordo internazionale (o una o più parti di esso) riguardi un settore «in gran parte disciplinato» da norme dell’Unione non conduce automaticamente alla conclusione che l’Unione europea dispone di una competenza esclusiva a negoziare tale accordo internazionale nel suo complesso (o per la parte pertinente), senza esaminare la possibilità di applicare il principio AETS. Tutto dipende dal contenuto degli impegni contratti e dal loro eventuale collegamento con le norme dell’Unione (94).

131. Il protocollo n. 25 sull’esercizio della competenza concorrente non compromette i principi sopra illustrati. Detto protocollo riguarda solo l’articolo 2, paragrafo 2, TFUE. Il suo unico scopo è definire la portata dell’esercizio da parte dell’Unione europea di una competenza concorrente con gli Stati membri. Esso precisa che il campo di applicazione dell’esercizio di tale competenza «copre unicamente gli elementi disciplinati dall’atto dell’Unione [europea] in questione e non copre pertanto l’intero settore». Conseguentemente, il protocollo n. 25 non può essere interpretato nel senso che limita la portata della competenza esterna esclusiva dell’Unione nelle ipotesi previste dall’articolo 3, paragrafo 2, TFUE, come chiarito dalla giurisprudenza (95).

132. In tale contesto, passo ora a esaminare la ripartizione delle competenze tra l’Unione europea e gli Stati membri in relazione all’ALS/UE‑S.

 Obiettivi e definizioni generali pertinenti ai fini dell’ALS/UE‑S (capo 1 dell’ALS/UE‑S (96))

 Argomenti

133. La Commissione sostiene che il capo 1 rientra interamente nella politica commerciale comune. A suo parere, gli obiettivi generali fissati agli articoli 1.1 e 1.2 dell’ALS/UE‑S ricadrebbero, in gran parte, nell’ambito degli obiettivi della politica commerciale comune indicati all’articolo 206 TFUE. Gli obiettivi dell’ALS/UE‑S sarebbero più ampi di quelli della politica commerciale comune solo in misura marginale. In tal caso, detti obiettivi rientrerebbero comunque nell’ambito degli scopi del TFUE (in particolare articoli 63, paragrafo 1, TFUE, 91 TFUE e 100 TFUE).

134. Le altre parti non hanno dedotto argomenti specifici in merito al capo 1.

 Analisi

135. A mio parere, l’articolo 207, paragrafo 1, TFUE conferisce all’Unione europea competenza esclusiva a decidere di stabilire zone di libero scambio in conformità con l’articolo XXIV del GATT 1994 e con l’articolo V del GATS (97), nonché a concordare che gli obiettivi dell’ALS/UE‑S siano liberalizzare e facilitare gli scambi e gli investimenti. Tali materie rientrano chiaramente nella politica commerciale comune.

136. Inoltre, le disposizioni che elencano le definizioni applicabili in generale sono puramente accessorie. Dette disposizioni non sono idonee a modificare la ripartizione delle competenze tra l’Unione europea e gli Stati membri in relazione alle altre disposizioni dell’ALS/UE‑S.

137. Pertanto, concludo che il capo 1 rientra integralmente nella competenza esclusiva dell’Unione europea ai sensi dell’articolo 207 TFUE.

 Gli scambi di merci (capi da 2 a 6 dell’ALS/UE‑S (98) e protocollo 1 dell’ALS/UE‑S (99))

 Argomenti

138. La Commissione sostiene che i capi da 2 a 6 rientrano integralmente nella politica commerciale comune.

139. La Commissione afferma che tutte le disposizioni del capo 2 vertono specificamente sugli scambi internazionali di merci, in quanto mirano a liberalizzare gli scambi di merci tra le Parti e sortiscono su di essi effetti diretti e immediati. Ciò varrebbe sia per le disposizioni di detto capo relative alle tariffe, alle quali fa riferimento l’articolo 207, paragrafo 1, TFUE, sia per le disposizioni non tariffarie che riproducono, incorporano mediante rinvio o sviluppano disposizioni esistenti del GATT 1994 e di altri accordi multilaterali sugli scambi di merci (e che pertanto, come la Corte ha dichiarato nel parere 1/94, rientrano automaticamente nella politica commerciale comune).

140. La Commissione espone argomenti analoghi in relazione al capo 3 (l’articolo 207, paragrafo 1, TFUE comprende le «misure di protezione commerciale‚ tra cui quelle da adottarsi nei casi di dumping e di sovvenzioni»), al capo 4 (in quanto facilita gli scambi di beni mediante un quadro che permetta di prevenire, individuare ed eliminare gli inutili ostacoli agli scambi che rientrano nel campo di applicazione dell’accordo TBT) e al capo 5 (in quanto mira a minimizzare gli effetti negativi delle misure SPS sugli scambi). L’accordo relativo all’applicazione dell’articolo VI dell’accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio 1994 (in prosieguo: l’«accordo antidumping»), l’accordo sulle sovvenzioni e sulle misure compensative (in prosieguo: l’«accordo SCM»), l’accordo sulle misure di salvaguardia, l’accordo TBT e l’accordo SPS formano tutti parte degli accordi multilaterali sugli scambi di merci che, conformemente al parere 1/94, rientrano nell’ambito della politica commerciale comune.

141. Infine, anche il capo 6 riguarderebbe specificamente il commercio internazionale, in quanto mira a facilitare gli scambi di merci e a garantire l’efficacia dei controlli doganali. La Commissione aggiunge che la maggior parte delle disposizioni di detto capo corrisponde a disposizioni più dettagliate sulla stessa materia contenute nell’accordo OMC sull’agevolazione degli scambi, che è attualmente inserito nell’allegato 1A dell’accordo OMC (100). La Commissione osserva che né gli Stati membri né le altre istituzioni contestano la competenza esclusiva dell’Unione europea in relazione a tale nuovo accordo OMC.

142. Il Parlamento condivide in sostanza la posizione della Commissione.

143. Mentre il Consiglio e la quasi totalità degli Stati membri non hanno dedotto argomenti specifici in relazione ai capi da 2 a 6, uno Stato membro sostiene che la competenza esclusiva dell’Unione europea non copre la cooperazione doganale prevista dall’articolo 6.1, paragrafo 1, seconda frase, dell’ALS/UE‑S. L’articolo 206 TFUE menziona solo l’istituzione di un’unione doganale in conformità degli articoli da 28 TFUE a 32 TFUE. Esso non riguarderebbe quindi l’articolo 33 TFUE, che fornisce una base giuridica per l’adozione di «(…) misure per rafforzare la cooperazione doganale tra gli Stati membri e tra questi ultimi e la Commissione». Inoltre, dall’articolo 6, lettera g), TFUE discenderebbe, come confermato dall’articolo 197, paragrafo 2, TFUE (unica disposizione del titolo XXIV relativo alla «Cooperazione amministrativa») che, per quanto riguarda la cooperazione amministrativa, l’Unione europea ha competenza solo a sostenere, coordinare o completare l’azione degli Stati membri.

 Analisi

144. I capi da 2 a 6 riguardano diversi aspetti della regolamentazione degli scambi di merci. Le materie coperte da tali capi e gli obblighi ivi previsti corrispondono in una certa misura a quelli di alcuni accordi dell’OMC sugli scambi di merci.

145. La politica commerciale comune copriva gli scambi di merci già prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona. Nel parere 1/94, la Corte ha statuito che l’articolo 113 del Trattato CE conferiva alla (allora) Comunità europea competenza esclusiva a concludere «gli accordi multilaterali relativi al commercio dei prodotti», vale a dire gli accordi rientranti nell’allegato 1A dell’accordo OMC (in prosieguo: gli «accordi di cui all’allegato 1A») (101), che comprendono il GATT 1994 nonché altri 12 accordi. La Corte ha concluso che tutti gli accordi di cui all’allegato 1A rientrano nella politica commerciale comune, senza esaminarli singolarmente (102). Pertanto, è stato considerato che tutti i suddetti accordi vertano specificamente sugli scambi internazionali, in quanto sono sostanzialmente intesi a promuovere, facilitare o disciplinare gli scambi e sortiscono su di essi effetti diretti e immediati. La maggior parte degli accordi di cui all’allegato 1A dell’accordo OMC prevede obblighi concernenti, tra l’altro, l’accesso al mercato, il trattamento nazionale e altre forme di regolamentazione interna, la trasparenza, i ricorsi giurisdizionali e amministrativi nonché il bilanciamento tra gli obiettivi commerciali e quelli non commerciali. L’ambito di applicazione di alcuni di detti accordi è definito mediante rinvio al tipo di prodotti (ad esempio, l’accordo sull’agricoltura o l’accordo sui tessili e sull’abbigliamento); altri si applicano a determinati tipi di strumenti relativi al commercio (ad esempio, l’accordo TBT, l’accordo sulle misure relative agli investimenti che incidono sugli scambi commerciali, l’accordo antidumping, l’accordo SCM e l’accordo sulle misure di salvaguardia), alle misure commerciali che perseguono un obiettivo specifico (ad esempio, l’accordo SPS) o a talune fasi delle operazioni di importazione o esportazione [ad esempio, l’accordo relativo all’applicazione dell’articolo VII dell’accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio 1994 (in prosieguo: l’«accordo sulla valutazione in dogana»), l’accordo sulle ispezioni pre‑imbarco, l’accordo relativo alle norme in materia di origine e l’accordo relativo alle procedure in materia di licenze di importazione].

146. Dal parere 1/94 risulta dunque chiaramente che l’Unione europea dispone di una competenza esclusiva per le materie disciplinate da tali accordi e per gli obblighi che ne derivano (103). Tale posizione è rimasta invariata sotto la vigenza del Trattato di Lisbona, che non ha modificato la portata della politica commerciale comune in relazione agli scambi di merci.

147. In tale contesto, mi sembra evidente che i capi da 2 a 5 riguardano specificamente gli scambi di merci. Il loro oggetto corrisponde in sostanza alle materie disciplinate da alcuni accordi elencati nell’allegato 1A dell’accordo OMC che rientrano nella competenza esclusiva dell’Unione europea relativamente alla politica commerciale comune. Così, il capo 2 riguarda le materie oggetto degli articoli I, II e XI del GATT 1994, che contengono gli obblighi fondamentali in materia di accesso al mercato per quanto riguarda gli scambi di merci. Le materie disciplinate dal capo 3 si ricollegano alle disposizioni del GATT 1994 concernenti le misure antidumping, le sovvenzioni e le misure di salvaguardia nonché i corrispondenti accordi più specifici (l’accordo antidumping, l’accordo sulle sovvenzioni e sulle misure di compensazione, nonché l’accordo sulle misure di salvaguardia) di cui all’allegato 1A dell’accordo OMC. I capi 4 e 5 riguardano gli ostacoli non tariffari disciplinati dalle disposizioni dell’articolo III del GATT 1994 («trattamento nazionale») e dalle disposizioni più specifiche contenute nell’accordo TBT e nell’accordo SPS, parimenti inclusi nell’allegato 1A dell’accordo OMC.

148. Tali materie riguardano le operazioni di trasporto transfrontaliero delle merci, il loro svincolo, sdoganamento e trattamento all’interno di un mercato. Pertanto, esse sono specificamente connesse al commercio internazionale.

149. Inoltre, le norme dirette a facilitare tali operazioni (essenziali per l’importazione e l’esportazione di merci), nonché a rendere queste ultime e le norme che disciplinano il trattamento delle merci all’interno di un mercato più trasparenti, prevedibili, efficaci ed economicamente meno onerose, promuovono, facilitano o disciplinano gli scambi commerciali e sortiscono su di essi effetti diretti e immediati (104).

150. Tale conclusione vale del pari per la cooperazione doganale ai sensi del capo 6 e per le ulteriori disposizioni in materia doganale contenute nell’intesa 3, nonché per le disposizioni dell’intesa 4 sul riconoscimento reciproco dei programmi di operatore economico autorizzato (entrambe le intese riguardano il capo 6).

151. Il capo 6 riguarda le procedure doganali, la valutazione in dogana e l’agevolazione degli scambi (materie parzialmente disciplinate dal GATT 1994), l’accordo sulla valutazione in dogana e il recente accordo dell’OMC sull’agevolazione degli scambi. Le modalità di cooperazione previste dal capo 6 corrispondono in una certa misura a quelle applicabili alle materie doganali ai sensi del GATT 1994 e dell’accordo sulla valutazione in dogana. Questi ultimi accordi prevedono, oltre a disposizioni generali in materia di pubblicità (105), anche la consultazione su materie relative alla gestione del sistema di valutazione in dogana (106). Inoltre, a livello più generale, il GATT 1994 e gli accordi di cui all’allegato 1A prevedono numerose forme analoghe di cooperazione relativamente a varie materie inerenti agli scambi di merci (107). Tali disposizioni non hanno impedito alla Corte di concludere, nel parere 1/94, che detti accordi rientrano integralmente nella politica commerciale comune (108).

152. Non posso accogliere l’argomento formalistico basato sulla distinzione, per quanto riguarda gli scambi di merci nel mercato interno, tra le disposizioni del Trattato che disciplinano l’unione doganale (articoli da 30 TFUE a 32 TFUE) e quelle che disciplinano la cooperazione doganale (articolo 33 TFUE). È vero che l’articolo 206 TFUE, che fissa gli obiettivi dell’unione doganale, fa riferimento solo agli articoli da 28 TFUE a 32 TFUE. Tuttavia, ciò è dovuto al fatto che si tratta delle disposizioni che istituiscono l’unione doganale. Non è questo l’obiettivo di una disposizione quale l’articolo 33 TFUE, che offre una base giuridica per l’adozione di misure legislative dirette a rafforzare la cooperazione doganale all’interno dell’Unione europea. Non si possono quindi trarre conclusioni in merito alla portata della politica commerciale comune dal fatto che l’articolo 206 TFUE non fa espressamente riferimento all’articolo 33 TFUE. Né gli articoli 6, lettera g), TFUE e 197 TFUE hanno alcuna incidenza sulla portata di detta politica. Tali disposizioni trattano in termini generali della cooperazione amministrativa tra gli Stati membri nonché tra questi e l’Unione europea. Pertanto, esse non pregiudicano la competenza esclusiva dell’Unione europea ad adottare nell’ambito della propria politica commerciale comune misure dirette a migliorare la cooperazione amministrativa con paesi terzi in materie che rientrano in tale politica.

153. Infine, la mia analisi dei capi da 2 a 6 vale del pari per il protocollo 1 sulla definizione della nozione di «prodotti originari» e sui metodi di cooperazione amministrativa. Detto protocollo verte sulle regole di origine. È evidente che esso riguarda specificamente gli scambi internazionali di merci.

154. Pertanto, concludo che i capi da 2 a 6 rientrano integralmente nella competenza esclusiva dell’Unione europea in materia di politica commerciale comune ai sensi dell’articolo 207 TFUE.

155. Passo ora a esaminare il capo 8. Poiché i capi 7 (ostacoli non tariffari agli scambi e agli investimenti nella produzione di energie rinnovabili) e 13 (commercio e sviluppo sostenibile) sollevano questioni analoghe per quanto riguarda la portata della politica commerciale comune e il rapporto tra gli obiettivi di natura commerciale e quelli di natura non commerciale (109), esaminerò in seguito il capo 7 congiuntamente al capo 13.

 Servizi, stabilimento e commercio elettronico (capo 8 dell’ALS/UE‑S (110))

 Argomenti

 Argomenti generali

156. La Commissione afferma che la sezione A definisce l’obiettivo e l’ambito di applicazione del capo 8 dell’ALS/UE‑S. Le sezioni da B a D di detto capo ricadrebbero nella competenza esclusiva dell’Unione europea in quanto il loro ambito di applicazione corrisponde a quello degli impegni relativi alle prestazioni di servizi in modalità 1, 2, 3 e 4 ai sensi del GATS, che è coperto dall’articolo 207, paragrafo 1, TFUE. Conformemente all’articolo I, paragrafo 2, lettere da a) a d), del GATS, queste quattro modalità coprono la prestazione di servizi: a) dal territorio di un membro (dell’OMC) al territorio di un altro membro (dell’OMC) («modalità 1» o «prestazione transfrontaliera»); b) nel territorio di un membro (dell’OMC) a un consumatore di servizi di un qualsiasi altro membro (dell’OMC) («modalità 2» o «consumo all’estero»); c) da parte di un prestatore di servizi di un membro (dell’OMC), attraverso la presenza commerciale nel territorio di un qualsiasi altro membro (dell’OMC) («modalità 3» o «presenza commerciale»); e d) da parte di un prestatore di servizi di un membro (dell’OMC), attraverso la presenza di persone fisiche di un membro (dell’OMC) nel territorio di un qualsiasi altro membro (dell’OMC) («modalità 4» o «presenza di persone fisiche»).

157. La Commissione sostiene che tutte le sottosezioni della sezione E («Quadro normativo») del capo 8 presentano un collegamento sufficientemente stretto con il commercio internazionale.

158. Per quanto riguarda le disposizioni di applicazione generale (sottosezione 1), la Commissione si basa su un confronto con le disposizioni del GATS e con taluni strumenti non vincolanti adottati da vari organismi dell’OMC. La Commissione sostiene inoltre che l’articolo 8.16 dell’ALS/UE‑S sul reciproco riconoscimento delle qualifiche professionali rientra nella politica commerciale comune in quanto agevola l’accesso al mercato dei prestatori di servizi esteri e poiché la Corte ha confermato che tali obblighi previsti dal GATS formano parte integrante della politica commerciale comune. L’articolo 8.17 dell’ALS/UE‑S sulla trasparenza stabilisce taluni obblighi normalmente previsti dagli accordi commerciali internazionali, analoghi a quelli derivanti dall’articolo III, paragrafi 1 e 4, del GATS. Le incertezze circa le misure applicabili concernenti le azioni commerciali possono indurre i prestatori di servizi a rinunciare ad accedere a mercati esteri.

159. Per quanto riguarda la regolamentazione interna (sottosezione 2), la Commissione sostiene in sostanza che detta sottosezione stabilisce le condizioni per garantire che i requisiti e le procedure in materia di licenze e qualifiche non ostacolino gli scambi internazionali. Il loro obiettivo è analogo a quello dell’articolo VI, paragrafo 4, del GATS, che mira a garantire che tali norme e procedure, anche se non discriminatorie, non costituiscano inutili ostacoli agli scambi di servizi. Inoltre, l’obbligo previsto all’articolo 8.19, paragrafo 3, dell’ALS/UE‑S di mantenere o istituire procedure o istanze giurisdizionali, arbitrali o amministrative che provvedono al riesame delle decisioni è analogo a quello di cui all’articolo VI, paragrafo 2, lettera a), del GATS.

160. Inoltre, le disposizioni specifiche sui servizi informatici, i servizi postali, i servizi di telecomunicazioni e i servizi finanziari (sottosezioni 3, 4, 5 e 6), alcune delle quali confermano o sviluppano impegni assunti nel quadro del GATS, rientrerebbero del pari nell’ambito della competenza conferita all’Unione europea dall’articolo 207, paragrafo 1, TFUE.

161. La maggior parte della sezione F contiene dichiarazioni di intenti. L’unico obbligo sostanziale (previsto dall’articolo 8.58 dell’ALS/UE‑S) riguarda il divieto di dazi doganali, che è una questione chiaramente ricompresa nella politica commerciale comune.

162. Il Parlamento e il Consiglio non hanno dedotto argomenti specifici in merito alle disposizioni del capo 8 che non riguardano i trasporti (111).

163. Gli Stati membri concentrano l’attenzione in particolare su disposizioni specifiche, come quelle relative ai servizi finanziari e al reciproco riconoscimento delle qualifiche professionali.

164. Alcuni Stati membri sostengono che la sottosezione 6 sui servizi finanziari non rientra integralmente nella politica commerciale comune dell’Unione europea. La direttiva 2014/65 relativa ai mercati degli strumenti finanziari (in prosieguo: la «direttiva MiFiD II») (112), destinata a entrare in vigore nel gennaio 2017, armonizza solo alcuni aspetti della prestazione da parte di cittadini di paesi terzi di servizi finanziari e di investimento.

165. Non rientrano nella politica commerciale comune neppure le norme relative al reciproco riconoscimento delle qualifiche professionali. In primo luogo, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, il mero fatto che una materia incida sulle relazioni commerciali esterne o sia disciplinata dal diritto economico internazionale non è sufficiente affinché essa rientri nella politica commerciale comune. In secondo luogo, la direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali (113) lascia impregiudicata la competenza esclusiva degli Stati membri in materia di riconoscimento delle qualifiche professionali ottenute al di fuori del territorio dell’Unione europea. Analogamente, nel settore del trasporto marittimo, le norme comuni adottate, in particolare la direttiva 96/50/CE del Consiglio (riguardante i requisiti per il conseguimento dei certificati nazionali di conduzione di navi) e la direttiva 2008/106/CE (concernente i requisiti minimi di formazione per la gente di mare) (114), contengono solo prescrizioni minime sulle quali l’articolo 8.16 dell’ALS/UE‑S non potrebbe avere alcuna incidenza. In terzo luogo, la Commissione non tiene conto del fatto che il GATS (segnatamente l’articolo VII, paragrafo 1) non impone ai membri dell’OMC di riconoscere le qualifiche professionali di paesi terzi o di concludere accordi internazionali a tale riguardo.

166. Inoltre, le modalità con cui deve essere realizzata la liberalizzazione nell’ambito dell’ALS/UE‑S, segnatamente in materia di stabilimento, incideranno o potrebbero incidere sui servizi sanitari e sociali per i quali gli Stati membri rimangono competenti. Ciò è incompatibile con l’articolo 207, paragrafo 6, TFUE. Inoltre, la Commissione sostiene a torto che le disposizioni relative al commercio elettronico contengono solo dichiarazioni di intenti.

167. Infine, la Commissione non può basarsi sull’articolo 216 TFUE per dimostrare l’esistenza di una competenza concorrente in settori che esulano dalla competenza esclusiva dell’Unione europea. La Commissione non ha dimostrato che occorra concludere l’ALS/UE‑S per conseguire uno degli obiettivi menzionati nei Trattati.

 Argomenti relativi ai trasporti

168. La Commissione esamina separatamente gli obblighi derivanti dal capo 8 che riguardano specificamente i trasporti (indicati nell’elenco di impegni specifici dell’Unione europea di cui all’allegato 8‑A e alla sottosezione 7 della sezione E relativa ai servizi di trasporto marittimo internazionale).

169. La Commissione sostiene che, sebbene gran parte degli scambi commerciali tra Singapore e l’Unione europea nei cinque comparti dei trasporti disciplinati dall’ALS/UE‑S (aereo, ferroviario, stradale, sulle vie navigabili interne e marittimo) viene effettuata nella modalità 3 (stabilimento), le disposizioni relative allo stabilimento dei prestatori di servizi di trasporto non rientrano nell’eccezione di cui all’articolo 207, paragrafo 5, TFUE. Ciò è dovuto al fatto che lo stabilimento in relazione ai servizi di trasporto non rientra nell’ambito di applicazione del titolo VI della parte terza del TFUE (in combinato disposto con l’articolo 58, paragrafo 1, TFUE), cui rinvia l’articolo 207, paragrafo 5, TFUE, e al fatto che nessuna disposizione del Trattato vieta di applicare ai trasporti le disposizioni sulla libertà di stabilimento. A tale riguardo, la Commissione traccia un’analogia con la distinzione tra, da un lato, la libertà di prestare servizi di trasporto in base alle norme di diritto derivato adottate conformemente al titolo VI della parte terza del TFUE, che riguarda solo le modalità 1, 2 e 4, e, dall’altro, la libertà di stabilimento ai sensi degli articoli 49 e seguenti del TFUE.

170. Per quanto riguarda gli impegni a norma dell’ALS/UE‑S che rientrano nell’eccezione di cui all’articolo 207, paragrafo 5, TFUE, la Commissione sostiene che la competenza esclusiva dell’Unione europea deriva dalla terza ipotesi prevista dall’articolo 3, paragrafo 2, TFUE. L’azione esterna degli Stati membri rischierebbe di pregiudicare le norme comuni adottate nel settore dei servizi di trasporto, che è disciplinato in gran parte da norme comuni. Qualora la Corte non condividesse questa tesi e dichiarasse che occorre considerare singolarmente gli impegni relativi a ogni comparto dei trasporti, rientrerebbero nella competenza esclusiva dell’Unione europea quanto meno gli impegni assunti a norma dell’ALS/UE‑S relativi al trasporto marittimo internazionale, al trasporto ferroviario e al trasporto stradale, nonché alcuni servizi ausiliari.

171. Per quanto riguarda i servizi di trasporto aereo, la Commissione sostiene che la competenza esclusiva dell’Unione europea in materia di servizi di riparazione e manutenzione durante i quali gli aeromobili vengono ritirati dal servizio, in materia di vendita e commercializzazione di servizi di trasporto aereo e in materia di servizi telematici di prenotazione (ai quali si applicano le sezioni B e C) è fondata in parte sull’articolo 207, paragrafo 1, TFUE e in parte sulla prima e sulla terza ipotesi di cui all’articolo 3, paragrafo 2, TFUE. Per quanto riguarda i servizi di riparazione e manutenzione di aeromobili, l’articolo 12 del regolamento (CE) n. 216/2008 (115) prevede la conclusione di un accordo da parte dell’Unione europea (prima ipotesi di cui all’articolo 3, paragrafo 2, TFUE). Per quanto concerne la vendita e la commercializzazione di servizi di trasporto aereo, la Commissione sostiene che essi non includono di per sé il trasporto di merci o di passeggeri e, pertanto, rientrano nella politica commerciale comune. I sistemi di prenotazione telematica sono disciplinati in gran parte da norme comuni, in particolare dal regolamento (CE) n. 80/2009 (116) e rientrano quindi nella competenza esclusiva dell’Unione europea, in base alla terza ipotesi di cui all’articolo 3, paragrafo 2, TFUE.

172. Data la situazione geografica dell’Unione europea e di Singapore, le modalità 1, 2 e 4 hanno scarsa rilevanza pratica.

173. Pertanto, per quanto riguarda specificamente il trasporto sulle vie navigabili interne, praticamente non viene esercitata nessuna competenza esterna attraverso l’ALS/UE‑S.

174. Quanto al trasporto ferroviario, l’Unione europea non ha assunto impegni riguardo alle modalità 1 e 4 e ha assunto impegni completi solo in relazione alla modalità 2. In ogni caso, si tratta di impegni accessori rispetto agli impegni previsti dall’ALS/UE‑S nel settore dei trasporti o in quello della politica commerciale comune. Per quanto concerne la prestazione di servizi di trasporto ferroviario tramite una controllata di una società di Singapore stabilita in uno Stato membro con destinazione in un altro Stato membro (modalità 3), la direttiva 2012/34/UE autorizza la libera prestazione di servizi all’interno dell’Unione da parte di operatori stabiliti in uno Stato membro, senza prevedere requisiti di nazionalità riguardo ai proprietari della controllata (117). Pertanto, tale materia è disciplinata da norme comuni.

175. Per quanto riguarda il trasporto stradale, l’Unione europea ha assunto impegni limitati sul trasporto di passeggeri e di merci. Non sono stati assunti impegni in relazione alla modalità 1. Per contro, l’Unione europea assume un impegno completo (senza riserve) per la modalità 2 e un impegno soggetto a riserve per la modalità 4. Al pari del trasporto ferroviario, gli impegni assunti hanno una rilevanza pratica limitata. In ogni caso, l’impegno specifico relativo alla modalità 2 è accessorio rispetto agli altri impegni previsti dall’ALS/UE‑S. Per quanto riguarda la prestazione di tali servizi da parte di una controllata di una società di Singapore stabilita in uno Stato membro con destinazione in un altro Stato membro (modalità 3), i regolamenti (CE) n. 1072/2009 (118) e n. 1073/2009 (119), in combinato disposto con il regolamento (CE) n. 1071/2009 (120), stabiliscono norme comuni relative alle condizioni di stabilimento degli operatori di trasporto su strada nell’Unione europea. Poiché detti regolamenti si applicano a prescindere dalla nazionalità dei proprietari della controllata, la prestazione transfrontaliera di servizi di trasporto su strada da parte di società stabilite nell’Unione europea è disciplinata in gran parte da norme comuni. Pertanto, l’Unione europea dispone della corrispondente competenza esterna esclusiva ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE. Infine, per quanto riguarda la modalità 4, la Commissione deduce in merito al trasporto stradale i medesimi argomenti addotti in relazione al trasporto marittimo (121). In pratica, una società di trasporto su strada di Singapore potrebbe inviare personale chiave (presumibilmente personale trasferito all’interno di una società (122)) allo stabilimento costituito in uno Stato membro. In tali circostanze, la direttiva 2014/66/UE si applica all’ingresso e al soggiorno di tali cittadini di un paese terzo nell’ambito di trasferimenti intra‑societari (123). In ogni caso, tali impegni sono accessori rispetto all’impegno dell’Unione europea relativo alla prestazione di servizi di trasporto stradale nella modalità 3 (per il quale l’Unione europea dispone di una competenza esclusiva) (124).

176. Per quanto riguarda il trasporto marittimo, la Commissione sostiene che le norme comuni sono contenute nel regolamento (CEE) n. 4055/86 del Consiglio (125), che disciplina quanto meno una parte significativa della prestazione di servizi di trasporto marittimo tra gli Stati membri e paesi terzi. Detto regolamento disciplina anche il trattamento dei cittadini di paesi terzi (vale a dire alcune compagnie di navigazione stabilite in paesi terzi). A differenza dei regolamenti relativi al trasporto aereo, il regolamento n. 4055/86 si applica ad alcune società di navigazione di paesi terzi (126). Inoltre, detto regolamento non riguarda solo le linee marittime all’interno dell’Unione. Esso si applica del pari alla prestazione (transfrontaliera) di servizi di trasporto marittimo da parte di controllate di società di Singapore stabilite in uno Stato membro con partenza da tale Stato membro e destinazione in un altro Stato membro.

177. Per quanto concerne la modalità 4, la Commissione sostiene che, in pratica, una società di trasporto marittimo di Singapore invierà personale chiave (presumibilmente trasferimenti intrasocietari) allo stabilimento costituito in uno Stato membro. In tali circostanze, la direttiva 2014/66 si applica alle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di paesi terzi nel contesto di un trasferimento intrasocietario. In ogni caso, l’impegno in modalità 4 è un corollario indispensabile dell’impegno in modalità 3 per il quale l’Unione europea dispone di una competenza esclusiva (127).

178. La Commissione aggiunge che i servizi portuali, che formano oggetto dell’articolo 8.56, paragrafo 6, dell’ALS/UE‑S (compreso nella sottosezione 7) non sono stati liberalizzati per i prestatori esteri di tali servizi. Ciò in quanto l’Unione europea non ha assunto impegni nel proprio elenco. L’articolo 8.56, paragrafo 6, dell’ALS/UE‑S è una semplice rielaborazione dell’obbligo relativo al trattamento nazionale in relazione al trasporto marittimo internazionale, nella misura in cui è liberalizzato.

179. Per quanto concerne i servizi ausiliari del trasporto marittimo, del trasporto sulle vie navigabili interne, del trasporto ferroviario e del trasporto stradale, la Commissione sostiene che alcuni di tali servizi non sono servizi di trasporto. Pertanto, essi rientrano nella politica commerciale comune dell’Unione europea. Ciò vale specificamente per i servizi di sdoganamento. Per quanto concerne la manutenzione e riparazione delle attrezzature per il trasporto marittimo, il trasporto sulle vie navigabili interne, il trasporto ferroviario e il trasporto stradale, la Commissione afferma che tali servizi formano oggetto degli impegni assunti dall’Unione europea in materia di servizi alle imprese. Pertanto, essi rientrano nella politica commerciale comune.

180. Qualora la Corte statuisse che talune disposizioni dell’ALS/UE‑S relative ai servizi di trasporto non rientrino nella competenza esclusiva dell’Unione europea, la Commissione sostiene che tali disposizioni rientrano nella competenza concorrente dell’Unione europea, in quanto, conformemente alla seconda ipotesi di cui all’articolo 216, paragrafo 1, TFUE, detti impegni internazionali sono necessari per realizzare un obiettivo dei Trattati. La Commissione fa riferimento in particolare all’obiettivo di stabilire norme comuni per i servizi di trasporto tra l’Unione europea e un paese terzo ai sensi dell’articolo 91, paragrafo 1, TFUE.

181. Il Parlamento sostiene che alcuni servizi (quali stoccaggio e magazzinaggio, spedizione di merci, rimorchio e spinta) sono ausiliari ai servizi di trasporto marittimo e pertanto devono essere trattati allo stesso modo. Il Parlamento afferma inoltre che gli impegni relativi alla modalità 4 (presenza temporanea di persone fisiche) sono necessari per garantire un diritto di stabilimento effettivo. Pertanto, il regime giuridico della prestazione di servizi nella modalità 4 deve essere analogo a quello della modalità 3 e quindi esulare del pari dall’eccezione prevista all’articolo 207, paragrafo 5, TFUE. Qualora i servizi della modalità 4 dovessero invece essere considerati autonomamente, gli impegni corrispondenti rientrerebbero comunque nell’ambito di applicazione dell’articolo 207, paragrafo 1, TFUE, in quanto la presenza temporanea di persone fisiche è disciplinata dalle disposizioni del Trattato concernenti l’ingresso e il soggiorno di cittadini di paesi terzi nel territorio degli Stati membri, e non dalle disposizioni sulla politica dei trasporti contenute nel titolo VI della parte terza del TFUE. Per quanto riguarda il trasporto marittimo, il Parlamento aggiunge che, per effetto del regolamento n. 4055/86, l’Unione europea dispone di una competenza esclusiva in materia di clausole concernenti la ripartizione dei carichi.

182. Il Consiglio e numerosi Stati membri sostengono che non vi è motivo di escludere lo stabilimento nel settore dei trasporti dall’ambito di applicazione dell’articolo 207, paragrafo 5, TFUE. Né le disposizioni del titolo VI sui trasporti né la giurisprudenza indicano che lo stabilimento nel settore dei trasporti esuli completamente dall’ambito di applicazione di dette disposizioni. L’articolo 58, paragrafo 1, TFUE non conferma l’interpretazione data dalla Commissione all’articolo 207, paragrafo 5, TFUE. Vero è invece che non esiste una disposizione analoga sul diritto di stabilimento, così come non esiste per la libertà di circolazione dei lavoratori e la libera circolazione dei capitali. L’interpretazione della Commissione limiterebbe la portata del titolo sui trasporti alle materie concernenti la libera prestazione dei servizi. In ogni caso, l’articolo 58, paragrafo 1, TFUE non rientra nel titolo relativo ai trasporti. Non sarebbe coerente con la struttura dei Trattati che una disposizione che riduce in misura significativa l’ambito di applicazione del titolo sui trasporti non fosse contenuta in tale titolo. Il Consiglio e numerosi Stati membri forniscono esempi di atti normativi dell’Unione europea basati sull’articolo 91, paragrafo 1, TFUE o sull’articolo 100, paragrafo 2, TFUE e che riguardano la libertà di stabilimento o la libera circolazione dei lavoratori nel settore dei trasporti (128).

183. Il Consiglio afferma che la portata delle materie relative ai trasporti disciplinate dall’ALS/UE‑S è molto più ampia di quanto sostenuto dalla Commissione. Il Consiglio e numerosi Stati membri aggiungono che la rilevanza pratica di una disposizione dell’ALS/UE‑S (in particolare per quanto riguarda il trasporto sulle vie navigabili interne, ferroviario e stradale) non incide sulla ripartizione della competenza esterna. Analogamente, le riserve espresse dall’Unione europea a favore di singoli Stati membri non riducono la portata di una materia (129) (ad esempio per quanto riguarda i servizi di noleggio e locazione finanziaria senza operatori relativi a navi, aeromobili e ad altre attrezzature di trasporto di cui all’elenco di impegni specifici dell’Unione europea, oppure la manutenzione e riparazione delle imbarcazioni, delle attrezzature di trasporto ferroviario, di autoveicoli, motocicli, motoslitte, delle attrezzature di trasporto stradale nonché degli aeromobili e di loro parti, indicati in detto elenco).

184. Il Consiglio afferma che la Commissione non ha dimostrato che le condizioni di cui all’articolo 3, paragrafo 2, TFUE siano soddisfatte per tutte le disposizioni del capo 8 relative ai trasporti. I settori che non rientrano nella competenza esclusiva dell’Unione europea comprenderebbero: i) i servizi ausiliari del trasporto stradale, ferroviario e sulle vie navigabili interne nonché molti servizi ausiliari del trasporto marittimo; ii) i servizi di trasporto marittimo per quanto riguarda le navi battenti bandiera di un paese terzo, i servizi di trasporto marittimo prestati nella modalità 3 e i servizi di trasporto marittimo prestati nella modalità 4 per quanto riguarda i venditori di servizi alle imprese e i visitatori per motivi professionali a fini di stabilimento; iii) i servizi di trasporto sulle vie navigabili interne; iv) i servizi di trasporto ferroviario prestati nella modalità 2 e i servizi di manutenzione e riparazione di attrezzature per il trasporto ferroviario urbano ed extraurbano; v) i servizi di trasporto stradale prestati nella modalità 2 e quelli prestati nella modalità 4 in relazione ai venditori di servizi alle imprese e ai visitatori per motivi professionali a fini di stabilimento; e vi) il reciproco riconoscimento delle qualifiche professionali. Quand’anche la Corte condividesse l’interpretazione restrittiva data dalla Commissione all’articolo 207, paragrafo 5, TFUE, alcune parti del capo 8 non ricadrebbero comunque nella competenza esclusiva dell’Unione europea.

185. Il Consiglio e numerosi Stati membri affermano inoltre che la Commissione non può raggruppare tutte le materie relative ai trasporti disciplinate dall’ALS/UE‑S in un unico «settore» di riferimento, al fine di applicare la terza ipotesi di cui all’articolo 3, paragrafo 2, TFUE. Il Consiglio sostiene che alcuni servizi ausiliari sono sufficientemente diversi da formare un settore a sé. Ai fini della terza ipotesi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE, i «settori» pertinenti vanno definiti con riferimento alle diverse modalità di trasporto e non sono disciplinati in gran parte da norme comuni.

186. Così, per quanto concerne il trasporto marittimo, le disposizioni pertinenti dell’ALS/UE‑S prevedono obblighi che non ricadono nell’ambito di applicazione del regolamento n. 4055/86. Detto regolamento ha quindi un ambito di applicazione più ristretto. Inoltre, a differenza dell’ALS/UE‑S, il regolamento n. 4055/86 non si applica a tutte le modalità di servizi. Esso non riguarda i servizi portuali (ausiliari) né altri servizi ausiliari di trasporto marittimo, ma solo il trasporto di persone e merci.

187. Nei casi in cui detto regolamento trova applicazione, occorre distinguere tra le clausole in materia di ripartizione del carico, che sono disciplinate in gran parte dall’articolo 3 del regolamento n. 4055/86, e tutte le alte restrizioni alla libera circolazione dei servizi nel settore del trasporto marittimo, che non sono disciplinate in gran parte da detto regolamento.

188. Per quanto riguarda il trasporto sulle vie navigabili interne, la Commissione non avrebbe individuato le norme comuni sulle quali le disposizioni dell’ALS/UE‑S potrebbero incidere. La competenza esclusiva in tale settore ai sensi della terza ipotesi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE non può essere fondata sul regolamento (CEE) n. 3921/91 (130) né sul regolamento (CE) n. 1356/96 del Consiglio (131).

189. Per quanto riguarda il trasporto ferroviario, gli impegni previsti dall’ALS/UE‑S in relazione alla modalità 3 potrebbero incidere sulla direttiva 2012/34 che istituisce uno spazio ferroviario europeo unico. Tuttavia, detta direttiva non contiene norme relative alla modalità 2.

190. Per quanto riguarda il trasporto stradale, la Commissione non ha dimostrato l’esistenza di norme comuni relative alla modalità 2. Inoltre, per quanto concerne la modalità 4, la direttiva 2014/66 non si applica alle imprese di Singapore che non dispongono ancora di uno stabilimento in uno Stato membro. Esistono norme comuni solo in relazione alla modalità 3. Tali norme sono contenute, in particolare, nei regolamenti n. 1071/2009, n. 1072/2009 e n. 1073/2009, che non impongono il requisito della nazionalità ai fini della prestazione di servizi di trasporto su strada.

191. Per quanto riguarda il trasporto aereo, l’Unione europea dispone, conformemente all’articolo 3, paragrafo 2, TFUE, di una competenza esterna esclusiva per quanto concerne i sistemi telematici di prenotazione in virtù del regolamento n. 80/2009. Tuttavia, la Commissione avrebbe torto per quanto riguarda i servizi di riparazione e manutenzione di aeromobili (relativamente al fatto che l’articolo 12 del regolamento n. 216/2008 costituirebbe la base per la conclusione di un accordo internazionale), nonché la vendita e la commercializzazione di servizi di trasporto aereo (che, a suo parere, non rientrano nell’eccezione di cui all’articolo 207, paragrafo 5, TFUE). Tali servizi sono inscindibilmente connessi ai trasporti e perfino essenziali ai fini della prestazione di servizi di trasporto.

192. Per quanto riguarda le modalità di prestazione dei servizi di trasporto (anziché le modalità di trasporto), non esistono norme comuni relative alla prestazione di servizi di trasporto nella modalità 3 (stabilimento). Né è prevista l’adozione di tali norme nel prossimo futuro. La modalità 4 non è interamente disciplinata da norme comuni, in particolare dalla direttiva 2014/66. Detta direttiva si applica in particolare ai trasferimenti intrasocietari di cittadini di paesi terzi quali dirigenti, personale specializzato e dipendenti in tirocinio, ma non di altro personale chiave. Inoltre, le disposizioni di detta direttiva concernenti le condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di paesi terzi si applicano fatte salve le disposizioni più favorevoli di a) diritto dell’Unione, inclusi gli accordi bilaterali e multilaterali, e di b) accordi bilaterali o multilaterali tra uno o più Stati membri e uno o più paesi terzi (132). Siffatte disposizioni favorevoli figurano nell’ALS/UE‑S, in particolare all’articolo 8.14, in combinato disposto con l’articolo 8.13. Mentre l’Unione europea dispone di una competenza esterna esclusiva implicita per il soggiorno di breve periodo (in seguito all’adozione del regolamento n. 810/2009, che istituisce un codice comunitario dei visti (133)), gli Stati membri restano competenti per i visti di lungo periodo, tranne nei casi specifici disciplinati da norme comuni (come nel caso dei trasferimenti intragruppo).

193. Inoltre, a differenza della Commissione, gli Stati membri sostengono che la modalità 4 costituisce una modalità distinta di prestazione di servizi. La modalità 4 non può essere considerata un corollario indispensabile dello stabilimento (modalità 3), che comporta spesso l’assunzione di personale locale.

194. Infine, il riconoscimento della competenza esclusiva esterna dell’Unione europea riguardo alle disposizioni del capo 8 concernenti la presenza temporanea di persone fisiche comporterebbe un’armonizzazione e sarebbe quindi in contrasto con la ripartizione delle competenze tra l’Unione europea e gli Stati membri risultante dal protocollo 21 e dall’articolo 207, paragrafo 6, TFUE.

 Analisi

 Introduzione

195. Nel parere 1/94, la Corte ha dichiarato che, per quanto riguarda gli scambi di servizi – diversi dai servizi di trasporto – disciplinati dal GATS, solo le prestazioni transfrontaliere che non comportavano uno spostamento di persone («modalità 1») potevano essere equiparate agli scambi di merci e rientrare quindi nella politica commerciale comune (134). Per contro, le modalità 2, 3 e 4 (vale a dire, rispettivamente, il consumo all’estero, la presenza commerciale e la presenza di persone fisiche) implicano lo spostamento di persone e riguardano il trattamento di cittadini di paesi terzi all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne degli Stati membri. Tali modalità esulavano quindi dalla politica commerciale comune (135).

196. Il Trattato di Nizza ha poi ampliato la portata della politica commerciale comune includendovi, in particolare, la negoziazione e la conclusione di accordi sugli scambi di servizi, nella misura in cui detti accordi non rientravano ancora nella politica commerciale comune (136). Non era prevista alcuna distinzione in base alla modalità della prestazione. Tuttavia, tale competenza era soggetta a un insieme complesso di regole previste dall’articolo 133, paragrafi 5 e 6, CE. Un’eccezione prevedeva che gli accordi relativi agli scambi di servizi in alcuni settori (servizi culturali, audiovisivi e didattici, sociali e relativi alla salute umana) continuavano a rientrare nella competenza concorrente della (allora) Comunità europea e degli Stati membri (137). Fatte salve tali eccezioni, nel parere 1/08 la Corte ha dichiarato che la Comunità aveva acquisito competenza esclusiva a concludere, in particolare, accordi internazionali relativi agli scambi di servizi effettuati nelle modalità 2, 3 e 4 (138), senza esaminare dettagliatamente il tipo di obbligo assunto in relazione a ciascuna di tali modalità di prestazione.

197. Attualmente, a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, l’articolo 207, paragrafo 1, TFUE copre gli scambi di servizi effettuati nelle quattro modalità disciplinate dall’articolo I, paragrafo 2, lettere da a) a d), del GATS, essendo stata eliminata la distinzione tra gli scambi di merci e gli scambi di servizi. L’articolo 207 TFUE non contiene più alcuna deroga (settoriale) alla competenza esclusiva dell’Unione europea in tale settore, sebbene continui a trovare applicazione l’eccezione generale relativa ai trasporti (139). Pertanto, attualmente la politica commerciale comune si estende all’intero GATS, nella parte in cui esso si applica ai servizi diversi dai trasporti.

198. Come si presenta la situazione per quanto riguarda il capo 8 dell’ALS/UE‑S?

199. Per accertare se l’Unione europea abbia competenza relativamente al capo 8 e stabilire quale sia la natura di tale competenza, occorre distinguere le parti di detto capo che rientrano nella politica commerciale comune (articolo 207 TFUE) da quelle che possono rientrare nella competenza dell’Unione europea su un’altra base. Ciò in quanto l’articolo 207, paragrafo 5, TFUE esclude espressamente i servizi di trasporto dall’ambito della politica commerciale comune.

200. Pertanto, inizierò esaminando se il capo 8, nella parte in cui non si applica ai servizi di trasporti, rientri nella competenza esclusiva dell’Unione europea in materia di politica commerciale comune. Analizzerò poi separatamente la competenza dell’Unione europea in relazione alle disposizioni del capo 8 concernenti i servizi di trasporto. In tale contesto, occorre tenere conto delle disposizioni che riguardano espressamente la questione se detto capo si applichi o meno a tali servizi, delle disposizioni di applicazione generale, delle disposizioni specifiche che disciplinano i servizi di trasporto marittimo internazionale e dell’elenco di impegni specifici dell’Unione europea. Detto elenco contiene elenchi separati per la prestazione transfrontaliera di servizi, lo stabilimento, il personale chiave, i laureati in tirocinio e i venditori di servizi alle imprese. Tali elenchi separati contengono impegni specifici (sub)settoriali in relazione ai trasporti (segnatamente il trasporto marittimo, il trasporto sulle vie navigabili interne, il trasporto ferroviario, il trasporto stradale e il trasporto di merci diverse dal combustibile mediante condotte) e ai servizi ausiliari di tali diverse modalità di trasporto.

 La competenza esclusiva ai sensi dell’articolo 207, paragrafo 1, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 3, paragrafo 1, TFUE

201. Le sezioni da B a D del capo 8 (prestazione transfrontaliera, consumo all’estero (140), stabilimento e presenza temporanea di persone fisiche per motivi professionali) si applicano alle prestazioni di servizi corrispondenti alle modalità da 1 a 4 del GATS. Pertanto, le norme relative a tali modalità di prestazione rientrano, in linea di principio, nell’ambito di applicazione dell’articolo 207, paragrafo 1, TFUE. Lo stesso vale per gli obblighi orizzontali di cui alla sezione E («Quadro normativo»), sottosezioni 1 («Disposizioni di applicazione generale») e 2 («Regolamentazione interna»), nonché per gli obblighi specifici per settore previsti nelle sottosezioni 3 («Servizi informatici»), 4 («Servizi postali»), 5 («Servizi di telecomunicazioni») e 6 («Servizi finanziari»). Analogamente, la sezione F relativa al «Commercio elettronico» è intesa sostanzialmente a migliorare le possibilità commerciali derivanti dall’uso e dallo sviluppo del commercio elettronico. La sezione G definisce le condizioni in cui le Parti possono adottare misure che altrimenti potrebbero risultare in contrasto con il capo 8 e prevede il riesame di tale capo. Pertanto, dette sezioni hanno effetti diretti e immediati sul commercio e rientrano quindi nella politica commerciale comune dell’Unione europea.

202. Questione diversa è se la sezione C («Stabilimento», vale a dire la prestazione di servizi nella modalità 3) riguardi anche gli investimenti esteri diretti. La Commissione ammette che la sezione C del capo 8 può essere applicata, conformemente all’articolo 8.8, lettera d), dell’ALS/UE‑S, a modalità di stabilimento create per esercitare attività economiche che non comportano (esclusivamente) la prestazione di servizi. Tali modalità di stabilimento possono quindi non rientrare nella nozione di «scambi di servizi» ai sensi dell’articolo 207, paragrafo 1, TFUE. Tuttavia, la Commissione sostiene che, quand’anche lo stabilimento soddisfi le condizioni per essere qualificato come «investimento estero diretto», esso rientra comunque nella politica commerciale comune dell’Unione europea. Esaminerò tale argomento più avanti, al paragrafo 326.

203. Inoltre, come ho spiegato in precedenza (141), gli scambi di servizi prestati nella modalità 4 (presenza temporanea di persone fisiche) rientrano nell’ambito della politica commerciale comune, fatta salva soltanto l’eccezione di cui all’articolo 207, paragrafo 5, TFUE. Su tale base, respingo gli argomenti dedotti da alcuni Stati membri in relazione ai protocolli 21 e 22. Tali protocolli non possono avere alcuna incidenza sulla questione della base giuridica appropriata sulla quale il Consiglio possa adottare una decisione relativa alla conclusione di un accordo internazionale. È la base giuridica di una misura a determinare i protocolli applicabili, e non viceversa (142). Entrambi i protocolli riguardano il titolo V della parte terza del TFUE («Spazio di libertà, sicurezza e giustizia»). Nulla sembra indicare che detto titolo possa formare parte della base giuridica della decisione relativa alla conclusione dell’ALS/UE‑S. Ciò è dovuto in particolare all’articolo 8.1, paragrafo 4, dell’ALS‑UE‑S e al fatto che la modalità 4 (così come disciplinata dall’ALS/UE‑E) riguarda la presenza temporanea di persone fisiche per motivi professionali.

204. Analogamente, non posso accogliere l’argomento addotto da alcuni Stati membri in ordine ai servizi finanziari. Tale argomento presuppone che, affinché un settore rientri nella competenza esclusiva dell’Unione europea in materia di politica commerciale, occorre che l’Unione stessa abbia adottato un atto di diritto derivato. Ho già spiegato che né l’articolo 3, paragrafo 1, lettera e) TFUE né l’articolo 207, paragrafo 1, TFUE subordinano la competenza dell’Unione europea alla previa adozione di norme armonizzate o di altre norme che disciplinino le relazioni commerciali tra l’Unione europea e i paesi terzi (143). In tale contesto, non occorre esaminare il campo di applicazione della direttiva MiFiD II, alla quale è stato fatto riferimento in udienza.

205. Non sono nemmeno convinta che l’articolo 8.16 dell’ALS/UE‑S, relativo al reciproco riconoscimento delle qualifiche professionali, non rientri nella politica commerciale comune. Tale reciproco riconoscimento può incidere direttamente sulla liberalizzazione degli scambi di servizi, in particolare per quanto riguarda le modalità 3 e 4, poiché agevola la circolazione delle persone ai fini della prestazione di servizi. Inoltre, l’articolo 8.16 dell’ALS/UE‑S non armonizza i requisiti relativi alle qualifiche o all’esperienza professionale, e non impone né vieta alle Parti di imporre siffatti requisiti. Semmai, esso mira a incoraggiare le Parti ad adottare una raccomandazione (ed eventualmente a negoziare un accordo) sul reciproco riconoscimento dei requisiti relativi alle qualifiche professionali o all’esperienza professionale. Pertanto, la sua funzione è analoga a quella dell’articolo VII del GATS.

206. Infine, come ho già spiegato (144), non si può far dipendere la portata della politica commerciale comune, che è una politica autonoma, dalla previa adozione di una normativa di diritto derivato dell’Unione concernente il mercato interno, né, a fortiori, dalla portata e dal contenuto di detta normativa. Pertanto, la direttiva 2005/36 non può modificare la ripartizione delle competenze risultante dagli articoli 3, paragrafo 1, lettera e), TFUE e 207, paragrafo 1, TFUE.

207. Concludo pertanto che, fatta salva l’eccezione relativa ai trasporti di cui all’articolo 207, paragrafo 5, TFUE, le sezioni da B a G del capo 8 rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 207, paragrafo 1, TFUE. Ne consegue che la sezione A, che definisce gli obiettivi e l’ambito di applicazione di detto capo, rientra del pari nella politica commerciale comune (fatta salva la medesima eccezione).

 Materie escluse dall’ambito della politica commerciale comune per effetto dell’articolo 207, paragrafo 5, TFUE

208. Le norme sui trasporti esulano dalla competenza esclusiva dell’Unione europea per effetto dell’articolo 207, paragrafo 5, TFUE. Pertanto, nei limiti in cui il capo 8 si applica ai servizi di trasporto, occorre esaminare se l’Unione europea disponga comunque di una competenza esclusiva in base all’articolo 3, paragrafo 2, TFUE (145).

209. Le osservazioni presentate nel presente procedimento dimostrano che vi è ancora incertezza circa l’esatta portata dell’esclusione di cui all’articolo 207, paragrafo 5, TFUE. Tale disposizione è applicabile allo stabilimento nel settore dei trasporti? Rientrano in detta eccezione anche i servizi che possono essere prestati esclusivamente nel settore dei trasporti? Tratterò ciascuna questione singolarmente.

210. Per quanto riguarda la prima questione, non interpreto l’articolo 207, paragrafo 5, TFUE come lo interpreta la Commissione.

211. L’articolo 207, paragrafo 5, TFUE colloca gli «accordi internazionali nel settore dei trasporti» al di fuori della politica commerciale comune. Sebbene detta disposizione preveda che gli accordi in parola sono soggetti, tra l’altro, al titolo VI della parte terza del TFUE, tale riferimento riguarda gli effetti dell’eccezione, e non la sua portata. Gli argomenti addotti dal Consiglio e dagli Stati membri nel contesto dei trasporti sono incentrati sostanzialmente su questioni relative allo stabilimento (modalità 3).

212. Dal momento che l’articolo 207, paragrafo 5, TFUE non distingue tra le modalità di prestazione dei servizi, non vedo perché si dovrebbe ritenere che l’eccezione ivi contenuta non si applichi ai servizi prestati nella modalità 3. Ciò trova conferma (quanto meno implicitamente) nel parere 1/08, in cui la Corte ha dichiarato che gli aspetti inerenti ai trasporti degli accordi controversi, che riguardavano anche la modalità 3, rientravano nell’ambito della politica dei trasporti. Pertanto, per applicare (quello che è attualmente) l’articolo 207, paragrafo 5, TFUE, la Corte non ha fatto distinzioni tra le diverse modalità di prestazione (146).

213. In ogni caso, lo stabilimento non è escluso dall’ambito di applicazione del titolo VI, relativo ai «Trasporti», della parte terza del TFUE. Detto titolo si applica a tutte le modalità di prestazione, nella misura in cui riguardino servizi di trasporto. Così, ad esempio, lo stabilimento potrebbe essere disciplinato da una normativa adottata in base all’articolo 91, paragrafo 1, lettera b), TFUE, la quale definisce le condizioni per l’ammissione di trasportatori non residenti ai trasporti nazionali in uno Stato membro.

214. È vero che l’articolo 58, paragrafo 1, TFUE (che fa parte del capo 3, relativo ai servizi, del titolo IV) dispone che libera circolazione dei servizi, in materia di trasporti, è regolata dalle disposizioni del titolo VI della parte terza del TFUE, e che non esiste alcuna disposizione analoga nel capo 2 del titolo IV relativo al diritto di stabilimento. La Corte ha dichiarato che l’articolo 58, paragrafo 1, TFUE è ricompreso nel Capo 3 («I servizi») del Titolo IV del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea in quanto i trasporti si concretano precipuamente in prestazioni di servizi. Poiché è stato necessario prevedere un regime particolare, in considerazione degli aspetti speciali di questo ramo d’attività (147), i servizi di trasporto vengono trattati separatamente ed espressamente sottoposti alla disciplina del titolo VI della parte terza del TFUE, anziché alle disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei servizi (148).

215. Tuttavia, l’assenza di una disposizione analoga all’articolo 58, paragrafo 1, TFUE nel capo 2, relativo al diritto di stabilimento, del titolo IV, non significa che lo stabilimento sia escluso in quanto tale dal titolo VI della parte terza del TFUE. Significa semplicemente che lo stabilimento nel settore dei trasporti non è escluso dall’ambito di applicazione del capo 2 del titolo IV. La Corte ha statuito in sostanza che detto capo si applica direttamente ai trasporti, quanto meno nella misura in cui non si applichino norme più specifiche adottate sulla base del titolo VI della parte terza (149).

216. Passo ora ad esaminare la questione se i servizi prestati nel settore dei trasporti rientrino nell’eccezione di cui all’articolo 207, paragrafo 5, TFUE. Per rispondere a tale questione occorre stabilire se il grado di connessione tra i servizi e i trasporti debba raggiungere una certa soglia affinché scatti l’eccezione prevista dalla disposizione in parola. In particolare, si pone la questione se servizi quali la movimentazione del carico, lo sdoganamento, l’agenzia marittima, il noleggio di imbarcazioni con equipaggio, nonché la vendita e commercializzazione di servizi di trasporto aereo rientrino nella politica commerciale comune, oppure nella politica comune dei trasporti.

217. A mio parere, l’espressione «accordi internazionali nel settore dei trasporti» include gli accordi (o loro parti) che si applicano non solo ai servizi di trasporto in quanto tali (vale a dire i servizi di trasporto di merci o di persone per via aerea, stradale, ferroviaria, marittima e sulle vie navigabili interne), ma anche ai servizi intrinsecamente e inscindibilmente connessi a detti servizi, vale a dire i servizi specificamente connessi e accessori ai servizi di trasporto (150).

218. La coerenza dell’azione esterna in materia di trasporti implica che il servizio di trasporto in sé e il servizio ad esso ausiliario debbano formare oggetto della medesima politica comune. La coerenza della politica dell’Unione europea relativa ai servizi di trasporto in quanto tali e l’adeguata liberalizzazione di detti servizi potrebbero risultare compromesse qualora mancasse una politica corrispondente per i servizi che sono intrinsecamente connessi ai trasporti e che, in pratica, rendono possibile fornire un servizio di trasporto. Così, ad esempio, il trasporto su nave di merci in container risulta senza scopo se non sono disponibili servizi di scarico dei container dalla nave, in modo che il loro contenuto possa essere ulteriormente trasportato e infine consegnato ai destinatari. Le misure che liberalizzano l’accesso ai porti per le navi da carico potrebbero quindi essere messe a rischio se, ad esempio, i servizi di movimentazione del carico restassero soggetti a misure protezionistiche. Lo stesso vale, ad esempio, per la manutenzione e riparazione delle attrezzature di trasporto, che presumibilmente richiedono un know‑how e dotazioni tecniche specifici per la modalità di trasporto di cui trattasi, e che si presume siano necessarie per garantire l’efficacia del trasporto. Analogamente, i sistemi telematici di prenotazione sono sistemi informatici nei quali i dati vengono raccolti e resi disponibili al pubblico per prenotare e in definitiva acquistare (in particolare) servizi di trasporto. Il fatto che tali sistemi possano essere utilizzati anche per prenotare e acquistare servizi di alloggio per chi viaggia non modifica il fatto che il motivo principale per cui esistono siffatti sistemi è la vendita di servizi di trasporto. Tale interpretazione trova conferma nel parere 1/08, in cui la Corte ha dichiarato che «taluni servizi di trasporto aereo» rientranti nell’elenco in discussione in quel caso comprendevano «i servizi di riparazione e manutenzione degli aeromobili, la vendita e la commercializzazione di servizi di trasporto, o, ancora i servizi dei sistemi informatici di prenotazione» (151).

219. D’altro canto, i servizi che non sono intrinsecamente e inscindibilmente connessi a servizi di trasporto, quali i servizi di sdoganamento, esulano dall’eccezione di cui all’articolo 207, paragrafo 5, TFUE. Tali servizi vengono forniti in quanto le merci sono importate ed esportate. Ciò comprende ovviamente la movimentazione transfrontaliera delle merci con varie modalità di trasporto. Tuttavia, la necessità di tali servizi sorge indipendentemente dalle modalità di trasporto utilizzate.

 La competenza esclusiva sulla base dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE

220. Per le materie rientranti nell’ambito dell’esclusione di cui all’articolo 207, paragrafo 5, TFUE, e che ricadono quindi nel settore dei trasporti, le competenze, in linea di principio, sono ripartite tra l’Unione europea e gli Stati membri (152). La Commissione sostiene, tuttavia, che l’Unione europea dispone di una competenza esterna esclusiva in base alla prima o alla terza ipotesi di cui all’articolo 3, paragrafo 2, TFUE, a seconda del servizio di trasporto considerato.

–       La prima ipotesi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE

221. La Commissione afferma che l’articolo 12 del regolamento n. 216/2008 prevede la conclusione di un accordo da parte dell’Unione europea. Di conseguenza, quest’ultima dispone di una competenza esclusiva a concludere un accordo nei limiti in cui esso riguardi i servizi di manutenzione e riparazione di aeromobili.

222. Non sono d’accordo.

223. Il regolamento n. 216/2008 istituisce un’Agenzia europea per la sicurezza aerea e stabilisce un quadro di riferimento adeguato ed esaustivo per la definizione e l’attuazione di requisiti tecnici e procedure amministrative comuni nel settore dell’aviazione civile nonché per la sicurezza degli aeromobili di paesi terzi che utilizzano aeroporti dell’Unione (153). Detto regolamento si applica, tra l’altro, alla manutenzione e agli aspetti operativi di prodotti aeronautici (compresi quindi gli aeromobili (154)), parti e pertinenze (155).

224. A tenore dell’articolo 12, l’Unione europea deve concludere accordi di mutuo riconoscimento con paesi terzi riguardo all’uso dei certificati rilasciati dalle autorità aeronautiche di detti paesi che attestino la conformità ai requisiti relativi alla sicurezza dell’aviazione civile. Tale disposizione, in combinato disposto con la terza ipotesi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE, fornisce una base all’Unione europea per concludere, senza gli Stati membri, accordi internazionali con paesi terzi in materia di riconoscimento dei certificati in parola. Tuttavia, detta disposizione non istituisce una competenza esterna esclusiva dell’Unione a concludere accordi internazionali intesi a liberalizzare gli scambi di servizi di manutenzione e riparazione di aeromobili. In altri termini, il fatto che il legislatore abbia deciso che gli Stati membri non possono concludere propri accordi internazionali per un aspetto specifico di una politica non significa che la prima ipotesi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE, possa essere utilizzata per far valere una competenza esterna esclusiva sull’intera politica o su altri aspetti della stessa.

–       La terza ipotesi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE

225. Per applicare l’articolo 3, paragrafo 2, TFUE occorre anzitutto definire il settore interessato (156). Le parti non concordano sulla determinazione del settore rilevante per esaminare se l’Unione europea disponga di una competenza esclusiva per quanto concerne l’ALS/UE‑S, nella parte in cui si applica ai servizi di trasporto.

226. Evitando di assumere impegni, o assumendo solo impegni molto limitati, in relazione ad alcune modalità di prestazione per alcune forme di trasporto contemplate dal capo 8, l’Unione europea ha scelto di esercitare la propria competenza in una determinata maniera. In tali circostanze, la base giuridica per esercitare detta competenza esterna deve trovarsi nei Trattati. Ad esempio, dall’elenco di impegni specifici allegato al capo 8 risulta che l’Unione europea non assume impegni in relazione alla modalità 1 per i servizi di trasporto ferroviario (157). Essa ha quindi scelto di non assumere obblighi. Ciò presuppone che l’Unione europea sia competente a operare una simile scelta. Siffatta competenza richiede una base giuridica nei Trattati. Lo stesso ragionamento vale per gli impegni che potrebbero avere scarsa rilevanza pratica (ad esempio, a motivo della distanza geografica tra l’Unione europea e Singapore). Se viene esercitata una competenza, si applicano le pertinenti norme del Trattato relative alla ripartizione delle competenze esterne tra l’Unione europea e gli Stati membri. Pertanto, concordo con il Consiglio che detta ripartizione non può variare in funzione della situazione geografica delle parti terze con le quali l’Unione europea conclude un determinato accordo internazionale.

227. Per contro, le scelte effettuate nell’esercizio delle competenze nonché gli effetti pratici di tali scelte possono influire sulla questione se l’accordo internazionale incida su norme comuni o ne modifichi la portata. Nell’ultima fase dell’analisi AETS occorre esaminare specificamente, come ho esposto, le conseguenze degli impegni internazionali sul diritto derivato dell’Unione nel settore corrispondente (158).

228. Gli impegni orizzontali di cui al capo 8, nonché gli impegni orizzontali e gli impegni settoriali indicati nell’elenco di impegni specifici allegato a detto capo, dimostrano che l’ALS/UE‑S liberalizza gli scambi di servizi di trasporto tra l’Unione europea e Singapore in funzione della modalità di trasporto considerata. Così, mentre gli impegni orizzontali si applicano in linea di massima a tutti i servizi di trasporto (ad eccezione di gran parte dei servizi di trasporto aereo), la liberalizzazione dei servizi di trasporto marittimo internazionale è soggetta a principi particolari. Inoltre, l’elenco di impegni specifici (appendice 8-A-1) per la modalità 1 (prestazione transfrontaliera) distingue, in relazione al punto 11 («Servizi di trasporto»), tra gli impegni concernenti il trasporto marittimo (sezione 11.A), il trasporto sulle vie navigabili interne (sezione 11.B), il trasporto ferroviario (sezione 11.C), il trasporto stradale (sezione 11.D) e il trasporto di merci diverse dal combustibile mediante condotte (sezione 11.E). Il punto 12 («Servizi ausiliari dei servizi di trasporto») contiene un elenco di impegni specifici per i servizi ausiliari corrispondenti a ciascuna di tali forme di trasporto. La stessa distinzione compare nelle appendici 8‑A‑2 sulla modalità 3 (stabilimento) e 8-A-3 sulla modalità 4 (personale chiave e laureati in tirocinio, e venditori di servizi alle imprese) (159). Il grado di impegno dipende dalla circostanza che nell’elenco venga utilizzata l’espressione «nessun impegno» (nel senso che non sono stati assunti impegni per nessuno dei servizi interessati né per alcuni di essi) o «nessuna» (nel senso che sono stati assunti impegni completi) o vengano precisati i termini di uno specifico impegno (ad esempio la possibilità di continuare ad applicare un requisito di nazionalità).

229. Ciò è coerente con il fatto che, come dimostra la normativa di diritto derivato dell’Unione che dà attuazione alla politica comune dei trasporti dell’Unione (160), ogni forma di trasporto (aereo, stradale, ferroviario, marittimo e sulle vie navigabili interne) (161) presenta caratteristiche ampiamente peculiari che richiedono quindi l’adozione di norme specifiche, anche ai fini della loro liberalizzazione.

230. Ne consegue che, nel caso di specie, i settori rilevanti ai fini della terza ipotesi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE corrispondono alla prestazione di servizi di trasporto in tutte le forme di trasporto, vale a dire, trasporto aereo, trasporto stradale, trasporto ferroviario, trasporto marittimo e trasporto sulle vie navigabili interne (162). Ogni settore comprende servizi intrinsecamente connessi ai servizi di trasporto in questione. Tali servizi non possono essere intrinsecamente connessi a una forma di trasporto e allo stesso tempo costituire un settore a sé stante ai fini dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE (in ragione del fatto che sono distinti da altri servizi).

231. Esaminerò ora se tali settori siano «disciplinati in gran parte» da norme comuni, prima di valutare quale incidenza avrebbe la conclusione dell’ALS/UE‑S su dette norme.

232. Per quanto concerne il trasporto marittimo, respingo l’argomento secondo cui il fatto che il regolamento n. 4055/86 non verta (principalmente) sulla prestazione di servizi di trasporto marittimo internazionale in partenza da paesi terzi e con destinazione nell’Unione europea sarebbe sufficiente per escludere una competenza esterna esclusiva fondata sulla terza ipotesi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE.

233. È vero che il regolamento n. 4055/86 si applica ai «trasporti intracomunitari» (definiti come «il trasporto marittimo di passeggeri o merci tra un porto di uno Stato membro e un porto o impianti in mare aperto di un altro Stato membro») e ai «traffici con paesi terzi» (definiti come «il trasporto marittimo di passeggeri o merci tra un porto di uno Stato membro e un porto o impianti in mare aperto di un paese terzo») (163). Poiché è inteso sostanzialmente a recepire le norme del Trattato in materia di libera prestazione dei servizi e la relativa giurisprudenza (164), detto regolamento si applica solo i) ai cittadini dell’Unione stabiliti in uno Stato membro diverso da quello del destinatario dei servizi (articolo 1, paragrafo 1) o ii) ai cittadini di uno Stato membro stabiliti fuori dell’Unione e alle società di navigazione stabilite fuori dell’Unione ma controllate da cittadini dell’Unione, se le loro navi sono registrate in tale Stato membro conformemente alla sua legislazione (articolo 1, paragrafo 2) (165). A differenza dell’ALS/UE‑S, il regolamento n. 4055/86 non riguarda quindi l’eliminazione delle restrizioni alla prestazione di servizi di trasporto marittimo internazionale se tali servizi vengono prestati da cittadini di paesi terzi o da società di navigazione stabilite fuori dall’Unione e controllate da cittadini di paesi terzi, o se le navi sono registrate in un paese terzo, salvo nel caso in cui i servizi siano prestati da cittadini dell’Unione stabiliti in uno Stato membro diverso da quello del destinatario dei servizi (166).

234. Tuttavia, la questione se il regolamento n. 4055/86 si applichi alle situazioni che presentano un elemento estraneo all’Unione (e quindi una dimensione esterna) è irrilevante ai fini dell’analisi AETS. Un impegno internazionale è perfettamente idoneo a incidere sulle norme comuni che disciplinano solo situazioni «interne all’Unione» o a modificarne la portata. Il parere 1/03 ne fornisce un esempio (167). La nuova convenzione di Lugano, che formava oggetto della domanda di parere in quel procedimento, era intesa a estendere a paesi terzi le norme comuni concernenti la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale risultanti dal regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio (168). Sebbene dette norme comuni non fossero destinate a disciplinare la competenza di organi giurisdizionali di paesi terzi né il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni emesse da tali organi, la Corte ha concluso che la nuova convenzione di Lugano avrebbe pregiudicato l’applicazione uniforme e coerente del sistema istituito dal regolamento n. 44/2001 (169).

235. Il regolamento n. 4055/86 disciplina in gran parte il settore dei servizi di trasporto marittimo?

236. Per quanto riguarda il trasporto marittimo, in base al capo 8 dell’ALS/UE‑S l’Unione europea assume, oltre agli obblighi orizzontali previsti da detto capo, impegni completi in relazione alle modalità 1 e 2, alcuni impegni in relazione alla modalità 3 e impegni limitati in relazione alla modalità 4 (170). Quanto ai servizi ausiliari del trasporto marittimo, gli impegni relativi alle modalità 1 e 3 dipendono dallo Stato membro considerato e dal tipo di servizi ausiliari, e sono stati assunti impegni completi in relazione alla modalità 2. Alcuni Stati membri hanno assunto impegni limitati in relazione alla modalità 4.

237. Esiste certamente una sovrapposizione tra il regolamento n. 4055/86 e il capo 8 dell’ALS/UE‑S. Conformemente all’articolo 58, paragrafo 1, TFUE, tale regolamento è inteso ad applicare le regole del Trattato concernenti la libera prestazione di servizi al settore dei trasporti marittimi tra Stati membri (171). Pertanto, esso osta all’applicazione di qualsiasi normativa nazionale che abbia come effetto di rendere la prestazione di servizi tra Stati membri più difficile della prestazione di servizi puramente interna ad uno Stato membro, a meno che tale normativa non risulti giustificata da un motivo imperativo di interesse generale e purché le misure da essa previste siano necessarie e proporzionate (172). Al pari dell’ALS/UE‑S, il regolamento n. 4055/86 mira quindi a liberalizzare la prestazione transfrontaliera di servizi di trasporto marittimo (vale a dire, la prestazione di tali servizi nelle modalità 1 e 2). Inoltre, sia l’ALS/UE‑S sia detto regolamento contengono norme specifiche relative alle clausole in materia di ripartizione dei carichi contenute in accordi bilaterali conclusi con paesi terzi (173).

238. Tuttavia, la presenza di dette norme nel regolamento n. 4055/86 non è sufficiente per concludere che la liberalizzazione dei servizi di trasporto marittimo è disciplinata in gran parte da norme comuni.

239. In primo luogo, il regolamento n. 4055/86 riguarda solo gli scambi transfrontalieri di servizi marittimi (modalità 1 e 2). Esso non liberalizza la prestazione di servizi nella modalità 3, vale a dire lo stabilimento. Ciò potrebbe essere dovuto al fatto che il trasporto marittimo (al pari di altre modalità di trasporto) è già disciplinato, nell’Unione europea, dalle norme del Trattato sulla libertà di stabilimento di cui agli articoli da 49 TFUE a 55 TFUE. Tali disposizioni non contengono nessuna esclusione comparabile a quella prevista dall’articolo 58 TFUE in relazione ai servizi (174). Pertanto, la modalità 3 relativamente al trasporto marittimo è soggetta alle disposizioni del Trattato sulla libertà di stabilimento. Tuttavia, come spiegherò nel contesto degli investimenti di portafoglio, le disposizioni del Trattato, a mio avviso, non possono essere considerate «norme comuni» ai sensi della terza ipotesi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE (175). Inoltre, mentre l’articolo 50, paragrafo 1, TFUE fornisce una base giuridica per adottare norme comuni intese a «realizzare la libertà di stabilimento in una determinata attività», nessuna delle parti del presente procedimento ha affermato che detta disposizione sia stata utilizzata nel settore dei trasporti marittimi (176).

240. In secondo luogo, per quanto riguarda la modalità 4, la Commissione sostiene giustamente che norme comuni sono previste dalla direttiva 2014/66. Tuttavia, detta direttiva si applica specificamente ai trasferimenti intrasocietari di dirigenti, personale specializzato o dipendenti in tirocinio (177). Come dimostra l’articolo 8.13, paragrafo 2, dell’ALS/UE‑S, la sezione D del capo 8 ha una portata molto più ampia, dato che non si applica solo ai trasferimenti intrasocietari di personale, ma anche ad altre forme di «presenza temporanea di persone fisiche per motivi professionali». Così, l’articolo 8.13, paragrafo 2, lettera a), secondo comma, dell’ALS/UE‑S indica che il personale chiave comprende, oltre al «personale trasferito all’interno di una società», i «visitatori per motivi professionali a fini di stabilimento». Analogamente, tale sezione si applica ai «venditori di servizi alle imprese», definiti come «persone fisiche, rappresentanti di un prestatore di servizi di una Parte, che chiedono l’ingresso temporaneo nel territorio dell’altra Parte per trattare la vendita di servizi o concludere accordi per la vendita di servizi per conto di tale prestatore di servizi». Neppure siffatta prestazione di servizi comporta una «trasferimento intrasocietario» di personale.

241. Pertanto, concludo che il settore della liberalizzazione dei servizi di trasporto marittimo non è già disciplinato in gran parte da norme comuni e che, di conseguenza, non sussiste una competenza esterna esclusiva in tale settore ai sensi della terza ipotesi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE.

242. Tuttavia, posso ammettere che l’Unione europea ha competenza concorrente a concludere un accordo internazionale per la liberalizzazione dei servizi di trasporto marittimo.

243. A mio parere, le disposizioni dell’ALS/UE‑S relative ai servizi di trasporto marittimo possono essere considerate necessarie per realizzare gli obiettivi del titolo VI della parte terza del TFUE, riguardante la politica dell’Unione europea in materia di trasporti (seconda ipotesi dell’articolo 216, paragrafo 1, TFUE). Una politica comune dei trasporti richiede, tra l’altro, l’emanazione di norme comuni applicabili ai trasporti internazionali in partenza dal territorio di uno Stato membro o a destinazione di questo, o in transito sul territorio di uno o più Stati membri [articolo 91, paragrafo 1, lettera a), TFUE]. Ciò vale per i trasporti ferroviari, su strada, per vie navigabili, marittimi e aerei (articolo 100 TFUE). Un corollario necessario è la competenza a concludere accordi internazionali al fine di ottenere impegni reciproci dai paesi terzi nei quali i trasporti hanno origine o destinazione. Pertanto, ritengo che l’Unione europea e gli Stati membri condividano la competenza per tali disposizioni, in base all’articolo 4, paragrafo 2, lettera g), TFUE («trasporti») e alla seconda ipotesi dell’articolo 216, paragrafo 1, TFUE, in combinato disposto con gli articoli 91 TFUE e 100, paragrafo 2, TFUE.

244. Passo ora al trasporto sulle vie navigabili interne. Oltre agli obblighi orizzontali previsti dal capo 8, l’Unione europea assume impegni limitati ai sensi di detto capo nelle modalità 1 e 2, nonché nella modalità 3 (a seconda dello Stato membro considerato). Non vengono assunti impegni in relazione alla modalità 4. Per quanto riguarda i servizi ausiliari del trasporto sulle vie navigabili interne (quali i servizi di movimentazione del carico o i servizi di stoccaggio e magazzinaggio), gli impegni assunti in relazione alle modalità 1, 2 e 3 dipendono dallo Stato membro considerato e dal tipo di servizi ausiliari.

245. Ho già spiegato perché non condivido l’argomento della Commissione secondo cui, data la limitata rilevanza pratica di alcuni servizi, in sostanza l’Unione europea non assume impegni e in pratica non esercita competenze attraverso l’ALS/UE‑S (178). Inoltre, la Commissione non ha fornito elementi atti a dimostrare che ricorrano le condizioni della terza ipotesi di cui all’articolo 3, paragrafo 2, TFUE. In tali circostanze, non occorre esaminare ulteriormente l’eventuale applicazione dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE alle disposizioni del capo 8, nei limiti in cui riguardano il trasporto sulle vie navigabili interne. L’Unione europea non dispone di una competenza esterna esclusiva in relazione a tale tipo di trasporto in base all’articolo 3, paragrafo 2, TFUE.

246. Tuttavia, come nel caso dei trasporti marittimi (179), le disposizioni dell’ALS/UE‑S relative ai trasporti sulle vie navigabili interne possono essere considerate necessarie per realizzare gli obiettivi del titolo VI della parte terza del TFUE (seconda ipotesi dell’articolo 216, paragrafo 1, TFUE) e pertanto rientrano, per gli stessi motivi, nella competenza concorrente dell’Unione europea e degli Stati membri ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, lettera g), TFUE e della seconda ipotesi dell’articolo 216, paragrafo 1, TFUE, in combinato disposto con gli articoli 91 TFUE e 100, paragrafo 1, TFUE.

247. Per quanto concerne il trasporto aereo, a parte gli obblighi orizzontali previsti dal capo 8, l’Unione europea assume impegni completi in relazione alle modalità 1 e 2, sebbene tali impegni riguardino esclusivamente i) i servizi di riparazione e manutenzione durante i quali gli aeromobili vengono ritirati dal servizio; ii) la vendita e la commercializzazione di servizi di trasporto aereo; e iii) i sistemi telematici di prenotazione. Inoltre, l’Unione europea assume alcuni impegni in relazione alla modalità 3 e impegni limitati in relazione alla modalità 4 (può essere applicato un requisito di nazionalità) per i servizi di trasporto aereo internazionale.

248. Ho già respinto la tesi della Commissione secondo cui l’Unione europea dispone di una competenza esclusiva in materia di servizi di riparazione e manutenzione di aeromobili in base alla prima ipotesi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE (180).

249. Ne consegue che la risposta alla questione se l’Unione europea disponga di una competenza esclusiva in materia di trasporti aerei dipende dalla circostanza che siano soddisfatte le condizioni della terza ipotesi di cui all’articolo 3, paragrafo 2, TFUE.

250. A mio parere, la Commissione non ha dimostrato tale circostanza. I suoi argomenti relativi ai servizi di riparazione e manutenzione di aeromobili riguardano solo la prima ipotesi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE. Essa sostiene che la vendita e la commercializzazione di servizi di trasporto aereo rientrano nella politica commerciale comune. L’unico tipo di servizio di trasporto aereo in relazione al quale la Commissione propone un’analisi AETS è quello dei sistemi telematici di prenotazione. È pacifico che il regolamento n. 80/2009 stabilisce norme comuni applicabili a tutti i sistemi telematici di prenotazione nella misura in cui includano prodotti di trasporto aereo proposti o utilizzati nell’Unione. Inoltre, la Corte ha confermato che, in virtù del predecessore di detto regolamento [regolamento (CEE) n. 2299/89 del Consiglio (181)), l’Unione europea ha acquisito una competenza esclusiva a concludere accordi internazionali relativi ai sistemi telematici di prenotazione proposti o utilizzati sul suo territorio (182). Tuttavia, ciò non è di per sé sufficiente per concludere che la prestazione di servizi di trasporto aereo costituisce un settore disciplinato in gran parte da norme comuni. Pertanto, l’Unione europea non dispone di una competenza esterna esclusiva in tale settore.

251. Le disposizioni dell’ALS/UE‑S concernenti i servizi di trasporto aereo possono tuttavia essere considerate necessarie per realizzare gli obiettivi del titolo VI della parte terza del TFUE (seconda ipotesi dell’articolo 216, paragrafo 1, TFUE), per motivi analoghi a quelli indicati in relazione al trasporto marittimo e al trasporto per vie navigabili interne (183). Pertanto, l’Unione europea e gli Stati membri dispongono di una competenza concorrente per tali disposizioni in base all’articolo 4, paragrafo 2, lettera g), TFUE e alla seconda ipotesi dell’articolo 216, paragrafo 1, TFUE, in combinato disposto con gli articoli 91 TFUE e 100, paragrafo 2, TFUE.

252. Passando ora al trasporto ferroviario, a parte gli obblighi orizzontali previsti dal capo 8, l’Unione europea non ha assunto impegni in relazione alla modalità 1 e ha assunto impegni completi in relazione alla modalità 2. Sono stati assunti impegni completi per la maggior parte degli Stati membri in relazione alla modalità 3, sebbene questi ultimi possano assoggettare l’utilizzo di proprietà demaniali a monopoli di Stato o a diritti esclusivi concessi a operatori privati. Non si applicano riserve in relazione alla modalità 4 (184). Per quanto riguarda i servizi ausiliari del trasporto ferroviario, gli impegni relativi alle modalità 1 e 3 dipendono dallo Stato membro considerato e dal tipo di servizio ausiliario. Sono stati assunti impegni completi in relazione alla modalità 2.

253. Respingo l’argomento della Commissione secondo cui il parere 1/94 e la sentenza nella causa C‑268/94, Portogallo/Consiglio (185) offrirebbero elementi per concludere che gli impegni previsti dall’ALS/UE‑S riguardo alla prestazione di servizi di trasporto ferroviario nella modalità 2 hanno una «portata estremamente limitata» e sono quindi accessori rispetto agli impegni nel settore della politica commerciale comune (per la quale l’Unione europea dispone di una competenza esclusiva). Nella parte pertinente del parere 1/94, la Corte ha operato una distinzione tra un accordo internazionale «avente la natura e la portata del TRIP», che non può essere considerato ricompreso nell’ambito della politica commerciale comune, e gli accordi commerciali che riguardano i diritti di proprietà intellettuale in modo puramente incidentale (186). Pertanto, tale parte del parere 1/94 riguarda la portata di accordi fondati giuridicamente sull’(attuale) articolo 207, paragrafo 1, TFUE ed è irrilevante quando si chieda alla Corte, come nel caso in esame, di accertare se l’Unione europea disponga di una competenza esterna esclusiva in base all’articolo 3, paragrafo 2, TFUE per un settore (nella fattispecie, il trasporto ferroviario) che esula dalla politica commerciale comune. Lo stesso ragionamento vale per la sentenza Portogallo/Consiglio (187).

254. Passo ora alla questione se la direttiva 2012/34 disciplini in gran parte il settore dei servizi di trasporto ferroviario nell’Unione europea.

255. La direttiva 2012/34, che si applica all’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria adibita a servizi ferroviari nazionali e internazionali (188), è intesa ad applicare al settore dei trasporti ferroviari il principio della libera prestazione dei servizi, tenendo conto delle caratteristiche peculiari di tale settore (189). Conseguentemente, la direttiva 2012/34 disciplina l’accesso delle imprese ferroviarie all’infrastruttura ferroviaria in tutti gli Stati membri (anche in uno Stato membro diverso da quello in cui detta impresa è stabilita) per l’esercizio di servizi di trasporto ferroviario di merci o di servizi di trasporto internazionale di passeggeri (190). Pertanto, detta direttiva riguarda la prestazione di servizi di trasporto ferroviario transfrontaliero (modalità 1 e 2) nell’Unione europea. Inoltre, la direttiva in parola contiene norme sostanziali e procedurali relative alle condizioni in cui le imprese di trasporto ferroviario possono ottenere una licenza per fornire servizi di trasporto ferroviario nell’Unione europea, anche in partenza dal territorio di uno Stato membro e con destinazione nel territorio di un altro Stato membro. Tali condizioni riguardano, in particolare, l’onorabilità, la capacità finanziaria e la competenza professionale dell’impresa (191). Pertanto, la direttiva 2012/34 contiene norme di dettaglio sull’accesso al mercato mediante stabilimento (modalità 3).

256. In tali circostanze, ritengo che la direttiva 2012/34 disciplini in gran parte il settore dei trasporti ferroviari.

257. Ritengo altresì che le norme pertinenti dell’ALS/UE‑S modificherebbero la portata delle norme comuni introdotte da detta direttiva. Ad esempio, le disposizioni relative allo stabilimento (sezione C del capo 8) si applicano alle «misure adottate o mantenute in vigore dalle Parti che incidono sullo stabilimento in tutti i settori di attività economica» (192). Tali disposizioni riguardano anche la tutela contro i trattamenti discriminatori. Così, un’impresa di trasporto ferroviario di Singapore che intenda accedere al mercato dell’Unione stabilendovi una presenza commerciale deve poterlo fare a condizioni non discriminatorie, fatte salve le limitazioni indicate nell’elenco di impegni specifici dell’Unione europea (193). Una volta stabilita in uno Stato membro, l’impresa di cui trattasi non dovrebbe essere trattata in modo meno favorevole rispetto alle imprese simili di detto Stato membro (194). Tali disposizioni in materia di accesso al mercato e di trattamento nazionale hanno quindi l’effetto di garantire alle imprese di trasporto ferroviario di Singapore l’accesso allo spazio ferroviario europeo unico istituito dalla direttiva 2012/34. Ad esempio, un’impresa di trasporto ferroviario di Singapore avrebbe diritto, in linea di principio, ad ottenere il rilascio di una licenza alle stesse condizioni applicate alle imprese ferroviarie «nazionali» (195). Fatte salve le limitazioni orizzontali per i servizi pubblici indicate nell’elenco di impegni specifici dell’Unione europea in materia di stabilimento (196), l’impresa in parola avrebbe anche il diritto di accedere all’infrastruttura ferroviaria degli Stati membri (197) e di non essere trattata in modo meno favorevole rispetto alle imprese ferroviarie «nazionali» per quanto riguarda la ripartizione delle capacità (198). In altri termini, l’ALS/UE‑S modificherebbe la portata della direttiva 2012/34.

258. Poiché l’ALS/UE‑S avrebbe tale effetto sulle vigenti norme comuni in materia di accesso al mercato dei servizi di trasporto ferroviario dell’Unione, quest’ultima ha acquisito una competenza esterna esclusiva nel settore del trasporto ferroviario. Tale conclusione non può essere rimessa in discussione dal fatto che, per quanto riguarda la prestazione di servizi di trasporto ferroviario nella modalità 4, la direttiva 2014/66 ha un ambito di applicazione più limitato rispetto alle disposizioni pertinenti dell’ALS/UE‑S. La terza ipotesi di cui all’articolo 3, paragrafo 2, TFUE non presuppone che i settori disciplinati dagli impegni internazionali e quelli disciplinati dalla normativa dell’Unione coincidano completamente (199).

259. Pertanto, ritengo che l’Unione europea disponga di una competenza esterna esclusiva relativamente alle disposizioni dell’ALS/UE‑S concernenti i servizi di trasporto ferroviario, sulla base degli articoli 91 TFUE e 100, paragrafo 1, TFUE, in combinato disposto con la terza ipotesi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE e la terza ipotesi dell’articolo 216, paragrafo 1, TFUE.

260. Per quanto riguarda il trasporto stradale, a parte gli obblighi orizzontali risultanti dal capo 8, l’Unione europea non ha assunto impegni in relazione alla modalità 1 e ha assunto impegni completi in relazione alla modalità 2. Gli impegni relativi alla modalità 3 sono soggetti a varie riserve in alcuni Stati membri, in funzione del tipo di trasporto (trasporti di passeggeri o trasporto di merci). Per quanto concerne la modalità 4, alcuni Stati membri hanno formulato riserve (sotto forma di requisiti di nazionalità e di residenza). Per i servizi ausiliari del trasporto stradale, gli impegni relativi alle modalità 1 e 3 dipendono dallo Stato membro considerato e dal tipo di servizio ausiliario in questione. Sono stati assunti impegni completi in relazione alla modalità 2. Tre Stati membri hanno introdotto riserve in relazione alla modalità 4 (sotto forma di requisiti di nazionalità).

261. La Commissione sostiene che gli impegni relativi alla modalità 2 per i servizi di trasporto stradale hanno limitata rilevanza pratica. Respingo tale argomento per i motivi che ho già illustrato (200).

262. Tuttavia, il regolamento n. 1071/2009 disciplina in gran parte il settore dei servizi di trasporto stradale?

263. Il regolamento n. 1071/2009 stabilisce numerose norme in materia di accesso alla professione di trasportatore su strada e del suo esercizio, applicabili sia al trasporto su strada di merci sia al trasporto su strada di persone (201). Esso prevede taluni requisiti per l’esercizio di tale professione, ossia la disponibilità di una sede effettiva e stabile in uno Stato membro, l’onorabilità e un’adeguata idoneità finanziaria, nonché l’idoneità professionale richiesta (202). Inoltre, il regolamento n. 1071/2009 stabilisce che ogni Stato membro deve designare una o più autorità competenti incaricate di autorizzare le imprese a esercitare la professione di trasportatore su strada, ove soddisfino i menzionati requisiti (203). Tali norme sono integrate da norme settoriali del regolamento n. 1072/2009 concernenti l’accesso al mercato del trasporto su strada di merci (204) e del regolamento n. 1073/2009 concernenti l’accesso al mercato dei servizi di trasporto effettuati con autobus (205). Questi ultimi due regolamenti prevedono che le imprese interessate ottengano una licenza comunitaria per poter esercitare tali attività (206).

264. In tale contesto, i regolamenti n. 1071/2009, n. 1072/2009 e n. 1073/2009 disciplinano la prestazione transfrontaliera di servizi di trasporto su strada (modalità 1 e 2) nonché l’accesso al mercato dei servizi di trasporto su strada mediante stabilimento (modalità 3). Il regolamento n. 1072/2009 contiene inoltre norme sull’attestato di conducente e disciplina quindi la presenza temporanea di persone fisiche nel territorio degli Stati membri per fornire servizi di trasporto di merci su strada (modalità 4) (207). Sebbene la direttiva 2014/66 abbia un campo di applicazione più limitato rispetto a quello degli impegni pertinenti previsti dall’ALS/UE‑S in relazione alla modalità 4, ritengo che le norme comuni in vigore disciplinino in gran parte il settore dei trasporti su strada.

265. Ritengo inoltre che la portata dei regolamenti n. 1071/2009, n. 1072/2009 e n. 1073/2009 verrebbe modificata da impegni internazionali come quelli contenuti nell’ALS/UE‑S. Il mio ragionamento è analogo, in sostanza, a quello relativo ai trasporti ferroviari (208).

266. In particolare, le disposizioni relative allo stabilimento (sezione C del capo 8) si applicano alle «misure adottate o mantenute in vigore dalle Parti che incidono sullo stabilimento in tutti i settori di attività economica» (209). Tali disposizioni riguardano anche la protezione contro i trattamenti discriminatori. Così, un trasportatore stradale di Singapore che intenda accedere al mercato dell’Unione stabilendo una presenza commerciale nella stessa, deve poter accedere al mercato a condizioni non discriminatorie, fatte salve le limitazioni indicate nell’elenco di impegni specifici dell’Unione europea (210). Una volta stabilitosi in uno Stato membro, tale trasportatore avrebbe diritto a non essere trattato in modo meno favorevole rispetto ai trasportatori simili di detto Stato membro (211). Pertanto, le menzionate disposizioni in materia di accesso al mercato e di trattamento nazionale hanno l’effetto di garantire ai trasportatori su strada di Singapore l’accesso a condizioni non discriminatorie al mercato dell’Unione eliminando gli ostacoli al loro effettivo stabilimento nella stessa. Per effetto dell’ALS/UE‑S, detti trasportatori devono poter accedere a tale mercato alle medesime condizioni (ad esempio per quanto riguarda l’idoneità finanziaria o la competenza professionale (212)) applicabili ai trasportatori nazionali. In altri termini, l’ALS/UE‑S modificherebbe la portata dei regolamenti n. 1071/2009, n. 1072/2009 e n. 1073/2009.

267. Atteso che l’ALS/UE‑S avrebbe tale effetto sulle vigenti norme comuni in materia di accesso al mercato dei servizi di trasporto su strada dell’Unione europea, quest’ultima ha acquisito una competenza esterna esclusiva nel settore dei trasporti su strada. Conseguentemente, essa dispone di una competenza esterna esclusiva sulle disposizioni dell’ALS/UE‑S concernenti i servizi di trasporto su strada, sulla base degli articoli 91 TFUE e 100, paragrafo 1, TFUE, in combinato disposto con la terza ipotesi di cui all’articolo 3, paragrafo 2, TFUE e con la terza ipotesi di cui all’articolo 216, paragrafo 1, TFUE.

268. Alla luce di tali considerazioni, concludo che l’Unione europea condivide con gli Stati membri la competenza esterna ad assumere impegni a norma del capo 8 dell’ALS/UE‑S, nella parte in cui riguarda il trasporto aereo, il trasporto marittimo e il trasporto sulle vie navigabili interne, compresi i servizi intrinsecamente connessi a tali servizi di trasporto, e dispone di una competenza esterna esclusiva in base alla terza ipotesi di cui all’articolo 3, paragrafo 2, TFUE a contrarre impegni a norma del capo 8 dell’ALS/UE‑S nella parte in cui riguarda il trasporto ferroviario e il trasporto stradale (nonché i servizi intrinsecamente connessi a tali servizi di trasporto). L’Unione europea dispone di una competenza esterna esclusiva in base agli articoli 3, paragrafo 1, lettera e), TFUE e 207, paragrafo 1, TFUE per tutti gli altri servizi disciplinati dal suddetto capo.

269. Passo ora a esaminare la sezione A del capo 9 dell’ALS/UE‑S. Esaminerò la sezione B di tale capo congiuntamente ai capi 13, 15 e 16 dell’ALS/UE‑S (213).

 Investimenti (capo 9, sezione A, dell’ALS/UE‑S (214))

 Argomenti

270. La Commissione sostiene che la sezione A del capo 9 dell’ALS/UE‑S, che verte specificamente sugli investimenti internazionali e non si applica agli investimenti all’interno dell’Unione, rientra nella competenza esclusiva dell’Unione europea in materia di politica commerciale comune, nella parte in cui riguarda gli investimenti esteri diretti. Richiamandosi al criterio applicato in casi relativi a scambi di merci e servizi e agli aspetti commerciali della proprietà intellettuale, la Commissione afferma che un accordo rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 207, paragrafo 1, TFUE qualora riguardi specificamente gli investimenti internazionali in quanto sia sostanzialmente diretto a promuovere, facilitare o regolamentare gli investimenti internazionali e abbia effetti diretti e immediati su tali investimenti.

271. In base alla distinzione tra investimenti di portafoglio (o altri investimenti non diretti) e investimenti esteri diretti (che possono entrambi rientrare nella definizione di cui all’articolo 9.1 dell’ALS/UE‑S), la Commissione propone di trasporre all’articolo 207, paragrafo 1, TFUE la definizione di «investimenti diretti» utilizzata dalla Corte nel contesto della libera circolazione dei capitali e dei pagamenti.

272. Secondo la Commissione, la politica commerciale comune copre sia le norme che disciplinano l’accesso iniziale degli investimenti al mercato dello Stato ospitante, sia la protezione che deve essere accordata agli investimenti una volta che siano stati ammessi al mercato («tutela post‑ammissione»). La seconda comprende la protezione contro, ad esempio, le discriminazioni, i trattamenti ingiusti e iniqui e le espropriazioni senza indennizzo. La Commissione sostiene che gli articoli 206 TFUE e 207, paragrafo 1, TFUE, laddove menzionano gli «investimenti esteri diretti», non distinguono tra l’accesso al mercato e la tutela post‑ammissione. Inoltre, l’esclusione della tutela post‑ammissione degli investimenti esteri diretti dalla politica commerciale comune sarebbe anche contraria agli obiettivi indicati all’articolo 206 TFUE. In particolare, l’obiettivo della «graduale soppressione delle restrizioni (…) agli investimenti esteri diretti» riguarda la soppressione delle restrizioni risultanti da barriere all’ammissione iniziale di un investimento e da ostacoli alla sua gestione e al suo godimento successivi. In tale contesto, la Commissione traccia alcune analogie con la competenza esclusiva dell’Unione europea nel settore degli scambi di beni e servizi, che a sua volta non è limitata all’accesso al mercato.

273. La Commissione aggiunge che la politica commerciale comune copre già le norme del GATS applicabili al trattamento post‑ammissione della prestazione di servizi nella modalità 3 (vale a dire attraverso la presenza commerciale (215)). Norme analoghe sono contenute nel capo 8 dell’ALS/UE‑S. Sarebbe illogico concludere che l’Unione europea è priva di competenza esclusiva in relazione alle norme stabilite dal capo 9, ma ha competenza esclusiva per norme analoghe contenute nel capo 8 dell’ALS/UE‑S o nel GATS.

274. La Commissione ritiene che l’articolo 345 TFUE non limiti la competenza esclusiva dell’Unione per il capo 9 nella parte in cui riguarda l’espropriazione. L’articolo 9.6 dell’ALS/UE‑S subordina l’esercizio del diritto di espropriazione a condizioni analoghe a quelle imposte dagli articoli da 49 TFUE a 63 TFUE. Detta disposizione non pregiudica le norme che disciplinano il regime di proprietà degli Stati membri: essa non vieta agli Stati membri di espropriare né impone loro di espropriare beni appartenenti a investitori di Singapore.

275. Inoltre, la Commissione respinge l’argomento secondo cui la prima parte dell’articolo 207, paragrafo 6, TFUE esclude le clausole di espropriazione dall’ambito della politica commerciale comune, in quanto non esiste nel mercato interno una politica dell’Unione comparabile. Tale argomento non riconosce la distinzione tra la competenza esterna esclusiva esplicita e quella implicita. Neppure la seconda parte dell’articolo 207, paragrafo 6, TFUE, modifica la posizione della Commissione: l’articolo 345 TFUE non esclude di per sé l’armonizzazione dei diritti di proprietà. In ogni caso, l’articolo 9.6 dell’ALS/UE‑S non comporta un’armonizzazione delle disposizioni legislative o regolamentari degli Stati membri ai sensi dell’articolo 207, paragrafo 6, TFUE.

276. La Commissione ammette che il capo 9, nella parte in cui si applica agli investimenti di portafoglio, non rientra nella politica commerciale comune. Essa sostiene che, ciononostante, l’Unione europea dispone di una competenza esclusiva in quanto gli investimenti di portafoglio costituiscono movimenti di capitali ai sensi dell’articolo 63 TFUE e le norme in materia di trattamento contenute nel capo 9 sono coperte quanto meno in gran parte dalle norme comuni stabilite da detta disposizione del Trattato. In particolare, le regole fondamentali del trattamento nazionale, del trattamento giusto ed equo e della tutela contro l’espropriazione sono coperte dal divieto di cui all’articolo 63, paragrafo 1, TFUE. Sebbene l’articolo 63, paragrafo 1, TFUE sia soggetto alla deroga prevista all’articolo 64, paragrafo 1, TFUE, le restrizioni «fatte salve» da quest’ultima disposizione (vale a dire le restrizioni esistenti che è consentito mantenere) non includono restrizioni agli investimenti di portafoglio. Di conseguenza, ricorrono le condizioni della terza ipotesi di cui all’articolo 3, paragrafo 2, TFUE.

277. La Commissione afferma che la sua interpretazione, secondo cui le «norme comuni» della terza ipotesi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE sono sia le disposizioni del Trattato, sia le norme di diritto derivato, risulta conforme alla ratio della giurisprudenza AETS. Tale ratio consiste nella tutela dell’unità del mercato comune e nell’applicazione uniforme del diritto dell’Unione, nonché nella necessità di assicurare l’applicazione uniforme e coerente delle norme dell’Unione e il corretto funzionamento del sistema che esse istituiscono (216). La Commissione asserisce inoltre che le norme del Trattato sulla libera circolazione dei capitali sono uniche poiché possiedono una dimensione esterna. Inoltre, fatta salva l’eccezione di cui all’articolo 64, paragrafo 1, TFUE, lo stesso articolo 63, paragrafo 1, TFUE realizza la piena liberalizzazione dei movimenti di capitali tra l’Unione europea e paesi terzi. Pertanto, non occorre adottare atti di diritto derivato per estendere la libera circolazione dei capitali ai movimenti di capitali tra gli Stati membri e paesi terzi o per realizzare la piena armonizzazione. La maggior parte delle cause relative all’applicazione del principio AETS, ad eccezione della causa Pringle (217), riguarda norme comuni contenute in atti di diritto derivato in quanto i Trattati si limitano spesso a fissare obiettivi politici e a conferire competenze legislative alle istituzioni. Infine, se l’Unione europea non disponesse di una competenza esclusiva, non sarebbe possibile garantire che le norme comuni dell’articolo 63, paragrafo 1, TFUE siano applicate in modo uniforme e coerente.

278. La Commissione sostiene che, qualora la Corte stabilisse che l’Unione europea non ha competenza esclusiva per gli investimenti di portafoglio in base all’articolo 3, paragrafo 2, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 63, paragrafo 1, TFUE, essa dispone comunque di una competenza concorrente. A tale riguardo, la Commissione si basa sull’articolo 216, paragrafo 1, TFUE, che sancisce il diritto dell’Unione europea di concludere accordi internazionali con paesi terzi ove tale conclusione sia «(…) necessari[a] per realizzare, nell’ambito delle politiche dell’Unione, uno degli obiettivi fissati dai trattati (…)». Nel caso di specie, l’obiettivo consiste nel realizzare la libera circolazione dei capitali, compresi gli investimenti di portafoglio, tra l’Unione europea e paesi terzi. La liberalizzazione dei movimenti di capitali al di fuori dell’Unione può essere efficace solo se i paesi terzi eliminano le proprie restrizioni alla circolazione dei capitali tra l’Unione europea e i loro territori. A tal fine, occorre solitamente concludere accordi internazionali, basati sulla reciprocità, con tali paesi. La Commissione ribadisce di non sostenere che, poiché il capo 9 è necessario per consentire all’Unione europea di esercitare competenze esterne, essa dispone di una competenza esclusiva.

279. Il Parlamento si pronuncia anch’esso a favore della competenza esclusiva dell’Unione europea in relazione alla sezione A del capo 9 dell’ALS/UE‑S. In particolare, esso sostiene che l’Unione europea ha competenza esclusiva per gli investimenti di portafoglio in quanto, da un lato, la disciplina di detti investimenti contenuta nel capo 9 è accessoria rispetto all’obiettivo principale o prevalente di detto capo (garantire la protezione degli investimenti esteri diretti) e, dall’altro, poiché l’articolo 3, paragrafo 2, TFUE è applicabile anche quando possa esservi un’incidenza sul diritto primario dell’Unione. Il Parlamento condivide specificamente la tesi della Commissione secondo cui il divieto di espropriazione sancito dall’articolo 9.6 dell’ALS/UE‑S non costituirebbe né un’ingerenza nei diversi regimi di proprietà degli Stati membri e nei loro metodi di registrazione e organizzazione dei rapporti di proprietà secondo le diverse tradizioni giuridiche, né un’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri.

280. Il Consiglio ammette che, sotto il profilo economico, gli scambi commerciali e gli investimenti esteri diretti sono interconnessi e che alcuni aspetti del trattamento degli investimenti esteri diretti riguardano questioni ordinarie di politica commerciale comune (vale a dire l’accesso al mercato, quale l’accesso degli investitori esteri alle licenze di importazione o di esportazione). Tuttavia, esso afferma che la regolamentazione degli investimenti esteri diretti non persegue necessariamente obiettivi commerciali. A parere del Consiglio, la disciplina in materia di ammissione, trattamento e protezione degli investimenti esteri diretti costituisce un settore autonomo delle relazioni economiche internazionali che non rientra automaticamente nella politica commerciale. Il Consiglio distingue tra: i) l’ammissione degli investimenti esteri diretti [vale a dire l’accesso al mercato: la decisione se un investitore diretto possa investire in uno Stato ospitante e quali (eventuali) restrizioni o condizioni si applichino); ii) i movimenti di capitali in relazione agli investimenti esteri diretti (sebbene un investitore possa raccogliere capitali anche nello Stato ospitante e pertanto gli investimenti esteri diretti non comportino sempre necessariamente un movimento transfrontaliero di capitali); e iii) il trattamento degli investimenti.

281. Secondo il Consiglio, il capo 9 è un capo autonomo vertente solo sulla protezione degli investimenti, che utilizza una definizione molto ampia della nozione di investimenti basata sugli attivi. Tale capo non riguarda né l’ammissione né la promozione degli investimenti. Le norme sull’ammissione degli investimenti sono contenute nel capo 8 dell’ALS/UE‑S.

282. Il Consiglio ammette che l’Unione europea dispone di una competenza esclusiva per gli investimenti esteri diretti correlata alla politica commerciale comune, ma propone un’interpretazione dell’ambito di applicazione dell’articolo 207, paragrafo 1, TFUE più restrittiva rispetto a quella della Commissione e del Parlamento europeo. A tale proposito, il Consiglio ritiene che non sia necessario che la Corte definisca i limiti esatti della competenza in materia di investimenti esteri diretti ai sensi dell’ALS/UE‑S. In sostanza, il Consiglio afferma che la Commissione non ha dimostrato che tutte le norme della sezione A riguardino le disposizioni rientranti nella competenza esclusiva dell’Unione europea in materia di investimenti esteri diretti o di qualsiasi altro tipo di investimento disciplinato dal capo 9.

283. Per quanto riguarda la clausola di trattamento nazionale contenuta nell’articolo 9.3 dell’ALS/UE‑S, il Consiglio concentra l’attenzione sulle situazioni contemplate dall’articolo 9.3, paragrafo 3, nelle quali le Parti possono disapplicare l’obbligo di trattamento nazionale. A parere del Consiglio, l’Unione europea non può avere competenza esclusiva a firmare e concludere l’ALS/UE‑S nella parte in cui riguarda le misure adottate dagli Stati membri nell’esercizio della loro responsabilità per motivi di sicurezza nazionale. L’Unione europea non dispone nemmeno di una competenza esclusiva in materia di protezione del patrimonio nazionale né di competenza normativa per adottare provvedimenti nel settore della fiscalità diretta.

284. Per quel che riguarda la clausola di trattamento giusto ed equo nonché la clausola di piena protezione e sicurezza di cui all’articolo 9.4 dell’ALS/UE‑S, il Consiglio sostiene che la Commissione non ha dimostrato che l’Unione europea disponga di una competenza esclusiva per l’una o l’altra clausola.

285. Per quanto concerne il regime degli indennizzi per le perdite degli investimenti (disciplinato dal capo 9), previsto dall’articolo 9.5 dell’ALS/UE‑S, il Consiglio sostiene che l’Unione europea non ha competenza per quanto concerne la parte di detta disposizione che riguarda le forze armate degli Stati membri. Inoltre, vi sarebbero dubbi sulla questione se l’Unione europea possa firmare e concludere, da sola, un accordo concernente le conseguenze di guerre o altri conflitti armati, rivoluzioni, situazioni di emergenza nazionale, rivolte, insurrezioni o sommosse nel territorio degli Stati membri.

286. Riguardo alle clausole relative all’espropriazione contenute nell’articolo 9.6 dell’ALS/UE‑S, il Consiglio afferma che la giurisprudenza della Corte non avvalora l’argomento secondo cui tutte le misure in materia di espropriazione previste da detto accordo rientrano pienamente nella competenza esclusiva dell’Unione europea. Dall’articolo 345 TFUE discende che l’Unione europea non può avere competenza esclusiva a firmare e concludere l’articolo 9.6 dell’ALS/UE‑S.

287. Il Consiglio sostiene inoltre che la Commissione non ha affermato, né tanto meno dimostrato, che alcune materie disciplinate dall’articolo 9.7, paragrafo 2, dell’ALS/UE‑S, in particolare gli illeciti penali, la sicurezza sociale, i regimi pensionistici pubblici o di risparmio obbligatorio e la fiscalità, rientrino nella competenza esclusiva dell’Unione europea.

288. Il Consiglio non condivide il richiamo operato dalla Commissione alla terza ipotesi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE per far valere la competenza esclusiva riguardo all’Unione europea in relazione agli investimenti di portafoglio.

289. In primo luogo, sebbene gli investimenti di portafoglio possano comportare movimenti di capitali, tale tipo di investimento non è equiparabile alla libera circolazione dei capitali ai sensi dei Trattati. L’articolo 63, paragrafo 1, TFUE non riguarda la protezione degli investimenti, né gli investimenti di portafoglio o gli investimenti diretti in quanto tali. Detta disposizione si applica solo se interviene una circolazione di capitali. Ciò non accade sempre necessariamente per gli investimenti esteri diretti e per gli investimenti di portafoglio. Il Consiglio sottolinea inoltre l’importanza di garantire che gli operatori di paesi terzi non eludano le restrizioni ammissibili alla libertà di stabilimento (giustificate a norma dell’articolo 65, paragrafo 2, TFUE) tentando di far valere direttamente l’articolo 63 TFUE. La Corte ha operato una distinzione tra la libertà di stabilimento e la libera circolazione dei capitali adottando un approccio basato sul centro di gravità, in cui tiene conto dell’aspetto particolare di una situazione sul quale incide in via principale l’asserita restrizione.

290. In secondo luogo, nessuna disposizione dei Trattati conferisce una competenza specifica all’Unione europea ad agire in relazione agli investimenti di portafoglio o (a fortiori) alla protezione degli investimenti di portafoglio. Pertanto, alla luce degli articoli 4, paragrafo 1, TFUE e 5, paragrafo 2, TFUE, gli Stati membri hanno il diritto di agire in tale settore.

291. In terzo luogo, qualora la Corte riconoscesse, ciononostante, che gli investimenti di portafoglio costituiscono movimenti di capitali ai sensi dell’articolo 63, paragrafo 1, TFUE e che detta disposizione conferisce all’Unione europea una competenza specifica ad agire per la tutela di questo tipo di investimenti, il Consiglio sostiene che l’Unione europea non ha adottato atti legislativi concernenti la protezione degli investimenti di portafoglio sulla base dell’articolo 63, paragrafo 1, TFUE. Il Consiglio ammette che esistono norme di diritto derivato relative, ad esempio, all’ammissione dei valori mobiliari ai mercati borsistici e ai mercati degli strumenti finanziari. Sebbene tali norme riguardino anche aspetti degli investimenti di portafoglio, nessuna di esse è stata adottata utilizzando le basi giuridiche relative alla libera circolazione dei capitali.

292. In, quarto luogo, non potrebbe sussistere in alcun caso una competenza esterna esclusiva dell’Unione per gli investimenti di portafoglio, in quanto l’articolo 63, paragrafo 1, TFUE non è una «norma comune» ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE. Anche supponendo che esistano norme di diritto primario che realizzano la piena liberalizzazione dei movimenti di capitali tra gli Stati membri e paesi terzi, il Consiglio sostiene che la nuova interpretazione data dalla Commissione alla nozione di «norme comuni» di cui all’articolo 3, paragrafo 2, TFUE è errata. Dalla giurisprudenza della Corte emerge che l’Unione europea deve avere esercitato la competenza interna adottando norme di diritto derivato. Tale requisito è connaturato alla nozione di competenza implicita. La Commissione si basa erroneamente sulla sentenza Pringle e sul parere 1/92 (218). Nella sentenza Pringle (219), la Corte ha dichiarato che il Trattato sul meccanismo europeo di stabilità («MES») esulava completamente dalla competenza esclusiva che l’Unione europea invocava sulla base dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), TFUE. Non è stato necessario per la Corte esaminare l’ulteriore questione se il Trattato MES potesse incidere «su norme comuni o modificarne la portata» ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE. In ogni caso, è evidente che l’obiettivo della sentenza Pringle riguardava l’esercizio da parte dell’Unione europea delle competenze ad essa espressamente attribuite. Il Consiglio ammette che, nel parere 1/92 (220), la Corte ha fatto riferimento alle disposizioni del Trattato in materia di concorrenza. Tuttavia, le cause richiamate dalla Corte in detto parere evidenziano che le competenze interne devono essere esercitate prima che emerga una competenza implicita a concludere un accordo internazionale, o che l’esistenza di siffatta competenza implicita è connessa a una competenza espressamente attribuita dai Trattati.

293. Qualora la Corte riconoscesse che l’articolo 63, paragrafo 1, TFUE può costituire una «norma comune», il Consiglio sostiene che la Commissione non ha dimostrato in che modo il settore degli investimenti di portafoglio sarebbe «disciplinato in gran parte» dalle presunte «norme comuni». Né la Commissione ha dimostrato che il capo 9, nella parte in cui riguarda la protezione degli investimenti di portafoglio, incide su tali norme comuni o ne modifica la portata.

294. Il Consiglio è inoltre preoccupato dal ragionamento sotteso all’argomento in subordine della Commissione secondo cui esiste una competenza concorrente per gli investimenti di portafoglio basata sull’articolo 216, paragrafo 1, TFUE. L’esigenza di realizzare un obiettivo specifico del Trattato implica che sia dimostrato che le competenze a conseguire tale obiettivo sono state conferite a livello interno all’Unione europea. Ciò impedisce alla Commissione di basarsi sull’articolo 216, paragrafo 1, TFUE in relazione agli investimenti di portafoglio. Qualora la Corte concludesse che l’Unione europea dispone effettivamente della competenza necessaria per disciplinare la protezione degli investimenti di portafoglio, il Consiglio osserva che la Commissione non afferma che l’Unione europea potrebbe esercitare detta competenza interna solo attraverso la conclusione di un accordo internazionale, né che le competenze interne ed esterne in materia di protezione degli investimenti di portafoglio esteri debbano quindi essere esercitate simultaneamente. Inoltre, se quanto affermato dalla Commissione fosse corretto, non sarebbe necessario concludere un accordo internazionale: l’articolo 63, paragrafo 1, TFUE realizzerebbe di per sé la piena liberalizzazione dei movimenti di capitali tra l’Unione europea e paesi terzi.

295. Il Consiglio concorda sul fatto che l’Unione europea e gli Stati membri hanno una competenza concorrente per il capo 9. Tuttavia, dal momento che non è stata attribuita all’Unione europea la competenza a tutelare gli investimenti di portafoglio, essa non può esercitare tale competenza senza la partecipazione degli Stati membri. In subordine, il Consiglio afferma che, qualora la Corte riconoscesse che l’Unione europea ha competenza concorrente per gli investimenti di portafoglio, la questione se detta competenza debba essere esercitata attraverso la conclusione dell’ALS/UE‑S rimane una decisione politica.

296. La maggior parte degli Stati membri intervenienti si è espressa in merito alla sezione A. I loro argomenti coincidono in ampia misura con i diversi aspetti della posizione del Consiglio.

297. In tal senso, essi affermano che i termini «investimenti diretti», di cui all’articolo 64 TFUE, e «investimenti esteri diretti», di cui all’articolo 207, paragrafo 1, TFUE devono avere lo stesso significato. A tale proposito, risulta pertinente la giurisprudenza sulla portata dell’articolo 64 TFUE, nonché la definizione degli investimenti diretti (e degli investimenti di portafoglio) di cui al regolamento (CE) n. 184/2005 (221) e alla direttiva 88/361 (222).

298. La competenza esclusiva dell’Unione europea in materia di investimenti esteri diretti è limitata all’eliminazione delle restrizioni a questo tipo di investimenti. Nella misura in cui l’ALS/UE‑S garantisce anche altre forme di tutela, le relative disposizioni non rientrano nella competenza esclusiva conferita all’Unione europea dall’articolo 207, paragrafo 1, TFUE. Ciò vale per le disposizioni relative alla promozione e alla tutela degli investimenti esteri diretti (quali quelle concernenti l’espropriazione, le forze armate, la fiscalità diretta nonché il diritto penale e la procedura penale).

299. L’articolo 9.6 dell’ALS/UE‑S (espropriazione) stabilisce i principi generali secondo i quali le Parti devono applicare le proprie leggi in materia di proprietà. Tali materie rientrano nella competenza degli Stati membri, che devono esercitarla in conformità con il diritto dell’Unione. L’articolo 345 TFUE impone un limite all’esercizio da parte dell’Unione europea delle competenze conferitele dai Trattati.

300. Dall’articolo 207, paragrafo 6, TFUE discende che l’Unione europea non può esercitare una competenza esclusiva a negoziare e concludere accordi commerciali internazionali in settori nei quali non dispone di competenza legislativa ad adottare normative interne. Inoltre, detta disposizione osta a che l’Unione europea disponga di una competenza esclusiva ai sensi dell’articolo 207, paragrafo 1, TFUE in materia di investimenti diversi dagli investimenti esteri diretti.

301. La nuova interpretazione data dalla Commissione all’articolo 3, paragrafo 2, TFUE comporterebbe che l’Unione europea disporrebbe, in base agli articoli 3, paragrafo 2, TFUE e 63 TFUE, di una competenza esclusiva per gli investimenti di portafoglio. Siffatta interpretazione implicherebbe altresì che potrebbe rientrare nella competenza esclusiva implicita dell’Unione europea ogni accordo atto a limitare gli investimenti, a prescindere dalla circostanza che essi rientrino o meno nella politica commerciale comune. Tuttavia, dai Trattati emerge chiaramente che detta competenza esclusiva (esplicita) esiste solo per gli investimenti esteri diretti. Le norme comuni ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE sono norme di diritto derivato, e non di diritto primario. L’esistenza di una competenza interna non è sufficiente. Il contesto storico dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE conferma tale interpretazione. In ogni caso, l’articolo 63 TFUE non costituisce una base giuridica per l’esercizio di una competenza. Tale base giuridica si trova nell’articolo 64, paragrafo 2, TFUE ed è soggetta a limiti.

302. Inoltre, non ricorrono le condizioni di cui all’articolo 3, paragrafo 2, TFUE. L’ambito di applicazione della sezione A del capo 9 è molto più ampio di quello dell’articolo 63 TFUE. L’espropriazione non è una restrizione alla libera circolazione dei capitali prevista dai Trattati. L’articolo 63 TFUE, nei limiti in cui è applicabile, garantisce solo l’applicazione del principio di non discriminazione. Non sono state adottate norme comuni in materia di espropriazione.

303. L’Unione europea non potrebbe decidere da sola, approvando l’articolo 9.10, paragrafo 1, dell’ALS/UE‑S, di denunciare accordi conclusi tra gli Stati membri e Singapore. Tale disposizione non è conforme al principio generale, enunciato all’articolo 59, paragrafo 1, lettera a), della Convenzione di Vienna del 1969, secondo il quale gli accordi internazionali possono essere denunciati solo dalle rispettive parti. Inoltre, la Commissione non ha addotto un fondamento di diritto internazionale a sostegno della sua posizione. Peraltro, la stessa Unione europea ha riconosciuto, nel regolamento (UE) n. 1219/2012 (223), che gli accordi bilaterali degli Stati membri firmati prima del 1o dicembre 2009 possono rimanere o entrare in vigore conformemente a detto regolamento.

304. Infine, non ricorre nessuna delle ipotesi di cui all’articolo 216 TFUE. Pertanto, l’Unione europea non dispone di una competenza concorrente per quanto riguarda gli investimenti di portafoglio.

 Analisi

 Introduzione

305. L’Unione europea può acquisire in due modi una competenza esclusiva in relazione alle norme sostanziali sugli investimenti contenute nella sezione A del capo 9. La questione è se tali norme rientrino nella politica commerciale comune, quale definita all’articolo 207, paragrafo 1, TFUE. In caso di risposta negativa, ci si chiede se esse rientrino comunque in un settore nel quale esistono norme comuni (che coprono interamente tale settore o lo disciplinano in gran parte) sulle quali potrebbe verificarsi un’incidenza o la cui portata potrebbe essere modificata qualora fosse concluso l’ALS/UE‑S (terza ipotesi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE). Esaminerò tali possibilità in ordine successivo.

306. Il capo 9 solleva un’ulteriore, distinta questione, poiché l’articolo 9.10, paragrafo 1, dell’ALS/UE‑S prevede che, a seguito dell’entrata in vigore dell’ALS/UE‑S, alcuni accordi bilaterali in materia di investimenti conclusi tra gli Stati membri e Singapore (elencati in allegato al capo 9) cesseranno di esistere. Esaminerò tale questione separatamente (224).

 Competenza esclusiva in base all’articolo 207, paragrafo 1, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 3, paragrafo 1, TFUE

–       Il significato dei termini «investimenti esteri diretti» di cui all’articolo 207, paragrafo 1, TFUE

307. Il capo 9 definisce gli investimenti e gli investitori da esso disciplinati. A differenza dei Trattati, detto capo non distingue tra investimenti esteri diretti e altri tipi di investimento (225). Né l’ALS/UE‑S, né i Trattati menzionano gli «investimenti di portafoglio».

308. La domanda della Commissione offre per la prima volta alla Corte l’opportunità di interpretare la nozione di «investimenti esteri diretti» di cui all’articolo 207, paragrafo 1, TFUE e di stabilire in quale misura la loro regolamentazione rientri nella politica commerciale comune. Questo tipo di investimenti era già incluso nell’articolo III‑315, paragrafo 1, del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa (226). Il contenuto di detta disposizione era identico a quello dell’articolo 207, paragrafo 1, TFUE (227).

309. In virtù dell’articolo 207, paragrafo 1, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), TFUE, l’Unione europea ha competenza esclusiva in materia di investimenti esteri diretti. Tale competenza si applica unitamente alla competenza in altre materie che rientrano nella politica commerciale comune (quali i servizi) ma che potrebbero riguardare anche gli investimenti (quali gli investimenti nel settore dei servizi) (228).

310. I Trattati non definiscono la nozione di «investimenti esteri diretti». Tuttavia, alcune disposizioni dei Trattati, dei protocolli e delle dichiarazioni (229) utilizzano il termine «investimenti».

311. In generale, intendo il termine «investimento» nel senso che indica la collocazione di denaro o altri beni in un’attività commerciale al fine di conseguire un profitto.

312. L’articolo 207, paragrafo 1, TFUE fa riferimento a un tipo particolare di investimenti, vale a dire gli investimenti che siano nel contempo «esteri» e «diretti».

313. Un investimento estero è un investimento effettuato da una persona fisica o giuridica dell’Unione in un paese terzo o da una persona fisica o giuridica di un paese terzo nell’Unione europea. Gli investimenti esteri diretti sono quindi investimenti diretti che contengono una componente esterna all’Unione.

314. L’espressione «investimenti diretti» compare anche in altre disposizioni del Trattato, segnatamente all’articolo 64, paragrafi 1 e 2, TFUE, che fa parte del capo 4 («Capitali e pagamenti») del titolo IV («Libera circolazione delle persone, dei servizi e dei capitali»). Fatto salvo l’articolo 64, paragrafi 1 e 2, TFUE, l’articolo 63 TFUE vieta tutte le restrizioni ai movimenti di capitali e ai pagamenti tra Stati membri, nonché tra Stati membri e paesi terzi. Tale divieto ha ampia portata. Esso si applica, ad esempio, alle restrizioni ai movimenti di capitali che dissuadono i non residenti dal fare investimenti in uno Stato membro o dissuadono i residenti di questo Stato membro dal farne in altri Stati (230).

315. L’ambito di applicazione dell’articolo 64, paragrafo 1, TFUE è definito con riferimento alle categorie di movimenti capitali che possono essere oggetto di restrizioni (231). Esso delimita il divieto di cui all’articolo 63 TFUE in relazione ai movimenti di capitali provenienti da paesi terzi o ad essi diretti che implichino investimenti diretti (inclusi gli investimenti in proprietà immobiliari), lo stabilimento, la prestazione di servizi finanziari o l’ammissione di valori mobiliari nei mercati dei capitali. L’articolo 64, paragrafo 2, TFUE fornisce al Parlamento e al Consiglio una base giuridica per adottare misure riguardanti tali forme di movimento dei capitali. Alle condizioni previste dall’articolo 64, paragrafo 3, TFUE, il Consiglio può inoltre adottare misure che costituiscano un «passo indietro» nel diritto dell’Unione per quanto riguarda la liberalizzazione dei movimenti di capitali provenienti da paesi terzi o ad essi diretti.

316. A prescindere dall’esatta portata degli articoli 63 TFUE e 64 TFUE, mi sembra evidente che tali disposizioni si applicano ai movimenti di capitali e ai pagamenti provenienti da paesi terzi o ad essi diretti che comportano investimenti diretti, inclusi gli investimenti esteri diretti. Pertanto, sia tali disposizioni sia la giurisprudenza che le interpreta sono pertinenti per definire la portata della nozione di «investimenti esteri diretti» contenuta nell’articolo 207, paragrafo 1, TFUE.

317. Per interpretare la nozione di «investimenti diretti» di cui all’articolo 64, paragrafo 1, TFUE, la Corte si è basata sulla definizione di tale espressione contenuta nella direttiva 88/361 del Consiglio per l’attuazione dell’articolo 67 del Trattato CEE (232). L’articolo 1, paragrafo 1, di detta direttiva prevede che i movimenti di capitali devono essere classificati in base alla nomenclatura riportata nell’allegato I (di cui la Corte ha riconosciuto il valore indicativo (233)).

318. La nomenclatura di cui all’allegato I, sotto la voce «investimenti diretti», riporta quanto segue: «1) Costituzione ed estensione di succursali o di imprese nuove appartenenti esclusivamente al finanziatore e acquisto integrale di imprese già esistenti[.] 2) Partecipazione a imprese nuove o esistenti al fine di stabilire o mantenere legami economici durevoli[.] 3) Prestiti a lungo termine al fine di stabilire o mantenere legami economici durevoli[.] 4) Reinvestimenti di utili al fine di mantenere legami economici durevoli». Tale parte dell’allegato fa inoltre riferimento alle note esplicative che definiscono alcuni termini esclusivamente ai fini della nomenclatura e della direttiva 88/361. Dette note definiscono gli «investimenti diretti» come «investimenti di qualsiasi tipo effettuati da persone fisiche, imprese commerciali, industriali o finanziarie aventi lo scopo di stabilire o mantenere legami durevoli e diretti fra il finanziatore e l’imprenditore o l’impresa a cui tali fondi sono destinati per l’esercizio di un’attività economica». Le note precisano altresì che questa nozione «va quindi intesa in senso lato».

319. In tale contesto, la Corte ha dichiarato che la nozione di «investimenti diretti» riguarda «gli investimenti effettuati da persone fisiche o giuridiche aventi lo scopo di stabilire o mantenere legami durevoli e diretti fra il finanziatore e l’impresa cui tali fondi sono destinati per l’esercizio di un’attività economica» (234). Nella sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation, la Corte ha statuito che, in linea di principio, rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 63 TFUE i movimenti di capitali implicanti uno stabilimento o investimenti diretti e ha dichiarato che queste ultime nozioni «si riferiscono ad una forma di partecipazione in un’impresa mediante la detenzione di azioni, la quale conferisca la possibilità di partecipare effettivamente alla gestione e al controllo dell’impresa stessa» (235). Nella sentenza Haribo, la Corte ha applicato tale criterio per concludere che la partecipazione in una società non ricade nell’ambito di applicazione dell’articolo 64, paragrafo 1, TFUE (e pertanto, implicitamente, non costituisce un investimento diretto) qualora riguardi meno del 10% del capitale sociale di una società (236).

320. Tale giurisprudenza sembra rispecchiare definizioni utilizzate in altri ambiti. Ad esempio, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (in prosieguo: l’«OCSE») definisce gli «investimenti diretti» come «(…) una categoria di investimenti transfrontalieri effettuati da un residente in un’economia (…) al fine di stabilire un interesse duraturo [evidente quando l’investitore diretto detenga almeno il 10% dei diritti di voto dell’impresa di investimento diretto] in un’impresa (…) residente in un’economia diversa da quella dell’investitore diretto». L’interesse dell’investitore diretto risiede in «(…) un rapporto strategico duraturo con l’impresa di investimento diretto per garantire un grado significativo di influenza da parte dell’investitore diretto sulla gestione dell’impresa di investimento diretto» (237). Il Fondo monetario internazionale (in prosieguo: il «FMI») definisce un «investimento diretto» come «(…) una categoria di investimenti internazionali che riflettono l’obiettivo di un’entità residente in un’economia di acquisire un interesse duraturo in un’impresa residente in un’economia diversa». Secondo il FMI, un interesse duraturo «implica l’esistenza di una relazione a lungo termine tra l’investitore diretto e l’impresa e un grado significativo d’influenza dell’investitore sulla gestione dell’impresa» (238). La Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo («UNCTAD») fa riferimento alle definizioni utilizzate dall’OCSE e dal FMI.

321. Anche la giurisprudenza concernente l’ambito di applicazione dell’articolo 63 TFUE aiuta a comprendere quali investimenti siano esclusi dalla nozione di «investimento diretto». Così, la Corte ha distinto questo tipo di investimenti dagli «investimenti di portafoglio», cioè «l’acquisto dei titoli sul mercato dei capitali effettuato soltanto per realizzare un investimento finanziario, senza intenzione di incidere sulla gestione e sul controllo dell’impresa» (239). Siffatta interpretazione corrisponde peraltro alle definizioni degli investimenti di portafoglio utilizzate in altri ambiti (240).

322. In tale contesto, interpreto la nozione di «investimenti esteri diretti» di cui all’articolo 207, paragrafo 1, TFUE nel senso che indica gli investimenti effettuati da persone fisiche o giuridiche di un paese terzo nell’Unione europea e gli investimenti effettuati da persone fisiche o giuridiche dell’Unione in un paese terzo, intesi a stabilire o mantenere collegamenti diretti e durevoli, sotto forma di partecipazione effettiva nella gestione e nel controllo della società, tra la persona che effettua l’investimento e la società a cui tale investimento è messo a disposizione per l’esercizio di un’attività economica. Nell’applicare tale definizione, ritengo che il fatto che l’investitore diretto detenga almeno il 10% dei diritti di voto dell’impresa a cui è destinato l’investimento diretto possa offrire elementi sul piano probatorio, ma che certamente non sia decisivo.

–       La regolamentazione degli «investimenti esteri diretti» come elemento della politica commerciale comune

323. Le parti dissentono sulla questione relativa a quali forme di regolamentazione degli «investimenti esteri diretti» ricadano nella politica commerciale comune dell’Unione europea. È pacifico che detta politica riguarda l’accesso al mercato (ossia le condizioni di ingresso e stabilimento) e la promozione degli investimenti. Pertanto, una disposizione quale l’articolo 9.7 dell’ALS/UE‑S («Trasferimenti»), che impone alle Parti di consentire che tutti i trasferimenti relativi ad un investimento da realizzare siano effettuati senza restrizioni o ritardi in una valuta liberamente convertibile, e che si applica quindi all’accesso al mercato, rientra nella politica commerciale comune.

324. La politica commerciale comune copre anche la protezione degli investitori (e dei loro investimenti) dopo che questi hanno avuto accesso al mercato estero?

325. A mio parere, tale questione va risolta in senso affermativo.

326. È evidente che la politica commerciale comune riguarda, quanto meno in una certa misura, la protezione di alcuni investimenti esteri. Ciò in quanto detta politica copre gli scambi di servizi, intesi come servizi forniti secondo le quattro modalità coperte dal GATS (241). Quest’ultimo prevede obblighi concernenti, inter alia, l’accesso al mercato e il trattamento nazionale, il principio della nazione più favorita e la regolamentazione interna, segnatamente per quanto riguarda la prestazione di servizi da parte di un prestatore di servizi di un membro, attraverso la presenza commerciale nel territorio di un altro membro (la cosiddetta prestazione di servizi nella modalità 3, che generalmente corrisponde allo «stabilimento») (242). Per presenza commerciale a norma di detto accordo si intende «qualsiasi tipo di organizzazione commerciale o professionale, anche mediante: i) la costituzione, l’acquisizione o il mantenimento di una persona giuridica, o ii) la creazione o il mantenimento di una filiale o di un ufficio di rappresentanza nel territorio di un membro agli effetti di fornire un servizio» (243). Qualora l’investimento estero diretto sia inteso a stabilire una presenza commerciale agli effetti di fornire un servizio, esso ricade negli scambi di servizi e rientra quindi nella politica commerciale comune. Se si tiene conto dei tipi di obblighi assunti in base al GATS e della conclusione raggiunta dalla Corte nel parere 1/08 (244), risulta chiaro altresì che la politica commerciale comune copre l’accesso al mercato e il trattamento che deve essere accordato una volta che sia stata stabilita una presenza commerciale. Rientra quindi nella politica commerciale comune quanto meno una qualche forma di protezione post‑ammissione degli investimenti esteri diretti, nei limiti in cui essi riguardano gli scambi di servizi.

327. Inoltre, è già stata risolta la questione se rientrino nella politica commerciale comune le normative che, attraverso l’applicazione del principio del trattamento nazionale, proteggono le misure di investimento connesse agli scambi di merci. La Corte ha statuito che l’Unione europea ha competenza esclusiva per la conclusione dell’accordo sulle misure relative agli investimenti che incidono sugli scambi commerciali (in prosieguo: l’«accordo TRIMs») (245), che si applica alle misure concernenti gli investimenti connessi agli scambi di merci (246) e prevede, inter alia, un obbligo di trattamento nazionale (247).

328. È altresì giurisprudenza costante che un atto dell’Unione rientra nella politica commerciale comune «(…) se verte specificamente sugli scambi internazionali in quanto è sostanzialmente destinato a promuovere, facilitare o disciplinare tali scambi e sortisce su di loro effetti diretti ed immediati» (248). Lo stesso criterio dovrebbe valere per gli investimenti esteri diretti. Pertanto, le misure dell’Unione sostanzialmente volte a promuovere, facilitare o disciplinare gli investimenti esteri diretti e che sortiscono effetti diretti e immediati sugli investimenti esteri diretti e sugli investitori rientrano nella politica commerciale comune dell’Unione.

329. Aggiungerei che il contesto specifico in cui l’espressione «investimenti esteri diretti» compare negli articoli 206 TFUE e 207, paragrafo 1, TFUE corrisponde a quello in cui la medesima espressione è stata utilizzata nei progetti di articoli sull’azione esterna del Trattato costituzionale proposti dal Praesidium della Convenzione. In relazione agli (attuali) articoli 206 TFUE e 207, paragrafo 1, TFUE, il Praesidium osservava che era stato aggiunto un riferimento agli investimenti esteri diretti «(…) a riconoscimento del fatto che i flussi finanziari completano il commercio delle merci e rappresentano ormai gran parte degli scambi commerciali» (249). Ciò sembra indicare che gli investimenti e gli scambi sono elementi fondamentali di una politica commerciale comune efficace e unificata. In un’economia sempre più globalizzata, si deve presumere che le decisioni in ordine ai mercati delle esportazioni e delle importazioni e ai luoghi nei quali produrre dipendano nel contempo dal commercio e dalle politiche e normative in materia di investimenti.

330. Pertanto, la politica commerciale comune comprende, oltre alle misure che consentono e migliorano l’ingresso degli investimenti esteri diretti nel paese ospitante, le misure che tutelano detti investimenti, nei limiti in cui la disponibilità di tale tutela sortisce un effetto diretto e immediato sulla questione se effettuare un investimento estero diretto e sul godimento dei profitti di tale investimento.

331. Siffatta interpretazione dell’articolo 207 TFUE consente all’Unione europea di realizzare gli obiettivi della politica commerciale comune. Conformemente all’articolo 206 TFUE, nel perseguire detta politica, l’Unione europea deve contribuire, tra l’altro, «(…) alla graduale soppressione delle restrizioni agli scambi internazionali e agli investimenti esteri diretti». A mio parere, tale frase non può essere interpretata nel senso che la politica commerciale comune è limitata all’eliminazione delle restrizioni all’accesso al mercato per gli investimenti esteri diretti. L’obiettivo della progressiva abolizione delle restrizioni non è limitato alla questione se taluni prodotti o servizi possano avere accesso a un mercato o se un investimento estero diretto possa entrare in un mercato. Le misure alla frontiera e le limitazioni all’ingresso sono solo un tipo di restrizione. Molti altri tipi di misure (o la loro assenza) possono del pari precludere, rendere più costosa o in altro modo più onerosa la collocazione sul mercato di un prodotto o servizio o la realizzazione di un investimento al fine di trarne un profitto. Siffatte restrizioni potrebbero derivare, ad esempio, da un trattamento discriminatorio, dalla mancanza di sicurezza, prevedibilità e trasparenza delle normative in materia di scambi internazionali e di investimenti esteri diretti (250), o dall’esistenza di pratiche commerciali sleali.

332. Coerentemente con tale interpretazione, la Corte ha riconosciuto che le disposizioni sugli scambi di merci e servizi (ad eccezione dei trasporti) contenute nel GATT 1994 e nel GATS rientrano nella politica commerciale comune (251). Tali accordi non contengono solo norme sull’accesso ai mercati. Occorrono anche altri tipi di norme concernenti in particolare gli strumenti nazionali, dato che, in mancanza, i vantaggi dell’accesso al mercato potrebbero essere vanificati, tra l’altro, da misure nazionali discriminatorie.

333. Lo stesso ragionamento deve valere, a mio avviso, per la regolamentazione degli investimenti esteri diretti. Dopo tutto, l’efficacia delle norme che consentono questo tipo di investimento potrebbe essere totalmente compromessa qualora, una volta effettuato l’investimento, l’investitore fosse lasciato senza tutele contro, ad esempio, i trattamenti discriminatori (v. articolo 9.3 dell’ALS/UE-S sul «Trattamento nazionale», in combinato disposto con l’intesa 5 e con l’articolo 9.5, paragrafo 1, dell’ALS/UE‑S relativo all’«Indennizzo delle perdite»), l’espropriazione (v. articolo 9.6 dell’ALS/UE‑S sull’«Espropriazione») o le restrizioni ai trasferimenti (v. articolo 9.7 dell’ALS/UE‑S relativo ai «Trasferimenti»). Ad esempio, se è stato consentito l’accesso di un investimento al mercato, ma l’attività economica nel cui ambito detto investimento è stato effettuato viene successivamente espropriata senza indennizzo, il risultato per l’investitore potrebbe essere peggiore di quanto non lo sarebbe se fosse stato semplicemente negato l’accesso. Lo stesso vale nel caso in cui un investitore subisca perdite nello Stato ospitante a causa della requisizione o della distruzione non necessaria del suo investimento da parte delle forze armate o delle autorità di detto Stato (v. articolo 9.5, paragrafo 2, dell’ALS/UE‑S relativo all’«Indennizzo delle perdite»).

334. Analogamente, se agli investitori viene negato un trattamento giusto ed equo per i loro investimenti in quanto essi non hanno accesso alla giustizia, o a causa di una violazione fondamentale del principio del giusto processo o di un comportamento lesivo della buona fede posto in essere dallo Stato ospitante, ciò può compromettere la decisione di effettuare un investimento in detto Stato e di trarne profitto (v. articolo 9.4 dell’ALS/UE‑S sul «Livello di trattamento»). La stessa conseguenza può derivare dalla mancata protezione della sicurezza fisica degli investitori e degli investimenti (v. ancora articolo 9.4 dell’ALS/UE‑S relativo al «Livello di trattamento»).

335. Non vedo motivi per adottare una posizione diversa in ragione del fatto che le disposizioni che prevedono deroghe ad alcune di tali norme, quali l’articolo 9.3, paragrafo 3, dell’ALS/UE‑S, riguardano obiettivi che rientrano nella competenza degli Stati membri. La funzione di tali disposizioni consiste nello stabilire le condizioni alle quali le Parti possono adottare o attuare misure che altrimenti risulterebbero incompatibili con le suddette norme, al fine di realizzare obiettivi legittimi, quali la protezione della pubblica sicurezza o il mantenimento dell’ordine pubblico. Si tratta di misure che ricadono nell’ambito della politica commerciale comune dell’Unione europea a motivo del loro rapporto particolare con gli investimenti esteri diretti. Pertanto, rientrano del pari in detta politica le condizioni alle quali tali misure possono essere eccezionalmente applicate.

336. Concludo quindi che la politica commerciale comune riguarda anche le norme relative alla protezione degli investimenti esteri diretti, nella misura in cui la disponibilità di tale protezione sortisca effetti diretti e immediati sulla scelta se effettuare investimenti esteri diretti e sul godimento del relativo profitto.

337. Ciò significa che il capo 9, sezione A, dell’ALS/UE‑S rientra nella competenza esclusiva dell’Unione nei limiti in cui le disposizioni di detta sezione riguardano la liberalizzazione e la protezione degli investimenti esteri diretti ai sensi dell’articolo 207, paragrafo 1, TFUE.

338. Alcuni Stati membri obiettano, tuttavia, che la politica commerciale comune non può riguardare le disposizioni di protezione contro l’espropriazione di investimenti esteri diretti. Essi sostengono che, conformemente all’articolo 345 TFUE, tale materia ricade nella competenza degli Stati membri. Ai sensi di detta disposizione, i Trattati devono lasciare del tutto impregiudicato il regime di proprietà esistente negli Stati membri. Se letta in combinato disposto con l’articolo 207, paragrafo 6, TFUE, la disposizione in parola implica (a loro parere) che la politica commerciale comune non si estende all’espropriazione degli investimenti esteri diretti.

339. Non interpreto in tal senso gli articoli 207 paragrafo 6, TFUE e 345 TFUE.

340. L’articolo 345 TFUE esprime il principio di neutralità dei Trattati rispetto al regime di proprietà negli Stati membri: i Trattati non ostano, in linea di principio, né alla nazionalizzazione di imprese né alla loro privatizzazione (252). Tuttavia, la Corte ha statuito che l’articolo 345 TFUE «(…) non produce l’effetto di sottrarre i regimi di proprietà esistenti negli Stati membri alle norme fondamentali del [TFUE] tra cui, in particolare[,] quelle di non discriminazione, di libertà di stabilimento e di libertà di circolazione dei capitali» (253). A mio parere, ne consegue che, mentre gli Stati membri possono effettivamente scegliere il proprio regime di proprietà, le conseguenze di tale scelta e le condizioni di detenzione della proprietà non vengono sottratte dall’ambito di applicazione delle pertinenti norme di diritto dell’Unione. In altri termini, l’articolo 345 TFUE non può essere interpretato nel senso che gli Stati membri possono disciplinare la proprietà «escludendo ogni azione [dell’Unione] in materia» (254).

341. Qualora l’Unione europea concludesse un accordo internazionale (a prescindere dalla relativa base giuridica) che privasse gli Stati membri del loro diritto di espropriazione, ciò potrebbe effettivamente ledere il diritto garantito dall’articolo 345 TFUE. Questo non vale, tuttavia, nel caso in cui l’Unione europea concordi con un paese terzo che nessuna Parte dell’accordo può nazionalizzare o espropriare gli investimenti effettuati da investitori dell’altra Parte, salvo che ricorrano determinate condizioni. Un simile accordo non lede le prerogative degli Stati membri (vale a dire la competenza esclusiva) a scegliere il loro regime di proprietà. Esso delimita semplicemente i casi in cui gli Stati membri possono decidere di nazionalizzare o espropriare degli investimenti. Nella misura in cui siffatto accordo disciplina anche gli investimenti esteri diretti, l’articolo 345 TFUE non limita la competenza esclusiva dell’Unione europea ai sensi dell’articolo 207, paragrafo 1, TFUE a concordare con un paese terzo di subordinare a determinate condizioni l’esercizio di tale diritto. Inoltre, detto accordo non armonizza le condizioni di espropriazione all’interno dell’Unione europea.

342. Ritengo quindi che l’articolo 345 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 207, paragrafo 6, TFUE, non limiti l’esercizio delle competenze esclusive conferite all’Unione europea dall’articolo 207, paragrafo 1, TFUE (255).

343. Pertanto, concludo che la sezione A del capo 9 («Protezione degli investimenti»), nella misura in cui si applica agli investimenti esteri diretti, rientra pienamente nella competenza esclusiva dell’Unione europea ai sensi dell’articolo 207, paragrafo 1, TFUE.

344. Infine, aggiungerei che, mentre gli «investimenti esteri diretti» sono ormai una materia chiaramente ricompresa nella politica commerciale comune, alcune parti della sezione A del capo 9 dell’ALS/UE‑S potrebbero rientrare in detta politica anche in virtù di altri aspetti dell’articolo 207, paragrafo 1, TFUE. Ho già accennato all’interazione tra gli scambi di servizi e gli investimenti (256). Analogamente, gli aspetti commerciali del diritto della proprietà intellettuale possono interagire con gli investimenti nella misura in cui, secondo l’ALS/UE‑S, i diritti di proprietà intellettuale e l’avviamento commerciale costituiscono una forma di investimento disciplinata da detto capo (257).

345. Tuttavia, ai fini del presente procedimento, è sufficiente che il contenuto del capo 9 riguardi almeno una delle materie menzionate all’articolo 207, paragrafo 1, TFUE e ricada quindi nell’ambito della politica commerciale comune.

 La competenza dell’Unione europea ai sensi dell’articolo 63 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 3, paragrafo 2, TFUE

346. È pacifico che l’articolo 207, paragrafo 1, TFUE non riguarda di per sé tipi di investimenti diversi dagli investimenti esteri diretti. Le parti hanno usato per lo più l’espressione «investimenti di portafoglio» per descrivere tali investimenti.

347. Salvo che le norme dell’ALS/UE‑S (o parti di esse) riguardanti questi altri tipi di investimenti siano coperte da impegni relativi ai servizi (258), la base giuridica dell’azione dell’Unione europea relativa a detti investimenti e la sua competenza esclusiva vanno quindi ricercate altrove.

348. Non risulta che l’Unione europea debba disporre di una competenza esclusiva a concludere l’ALS/UE‑S per poter esercitare la sua competenza interna. Pertanto, la seconda ipotesi di cui all’articolo 3, paragrafo 2, TFUE non è applicabile.

349. Tuttavia, le parti dissentono sulla questione se la competenza esclusiva dell’Unione europea per il capo 9, sezione A, possa derivare dalla terza ipotesi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE, nei limiti in cui riguarda tipi di investimento diversi dagli investimenti esteri diretti.

350. Non posso condividere l’interpretazione ampia data dalla Commissione all’articolo 3, paragrafo 2, TFUE, secondo cui le «norme comuni» includerebbero le disposizioni del Trattato.

351. È vero che il tenore letterale dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE non offre indicazioni decisive. Sebbene il TFUE utilizzi la nozione di «norme comuni» specificamente in relazione all’adozione di atti di diritto derivato dell’Unione (259), il titolo VII della parte terza del TFUE è rubricato «Norme comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul ravvicinamento delle legislazioni». Pertanto, esso qualifica le disposizioni del Trattato ivi contenute come «norme comuni».

352. Tuttavia, la terza ipotesi di cui all’articolo 3, paragrafo 2, TFUE deve essere interpretata alla luce della sentenza AETS e della successiva giurisprudenza che applica il principio AETS (260). È evidente che, esaminata in tale contesto, l’interpretazione ampia data dalla Commissione alla nozione di «norme comuni» non può essere accolta.

353. L’articolo 3, paragrafo 2, TFUE stabilisce ulteriori ipotesi nelle quali l’Unione europea ha competenza esclusiva a concludere un accordo internazionale quando non disponga di una competenza esclusiva esplicita in base all’articolo 3, paragrafo 1, TFUE. Tale competenza deve quindi derivare da una base diversa dai Trattati. Nella terza ipotesi prevista dall’articolo 3, paragrafo 2, TFUE, siffatta base diversa è costituita dall’incidenza che gli accordi internazionali conclusi dagli Stati membri potrebbero avere sulle «norme comuni», cioè su norme adottate dall’Unione europea nell’esercizio della sua competenza interna (a perseguire una politica comune) in determinati settori. Pertanto, come la Corte ha sottolineato nel parere 2/92, solo l’esercizio di una competenza interna (che va tenuto distinto dalla mera esistenza della stessa) può generare una competenza esterna esclusiva (implicita) (261). Nel parere 1/94, la Corte ha sottolineato che «(…) la competenza esterna esclusiva dell[’Unione europea] non discende ipso facto dal suo potere di adottare norme interne» (262).

354. L’argomento della Commissione implicherebbe che l’articolo 3, paragrafo 2, TFUE conferisce all’Unione europea il diritto di concludere un accordo che incida sui Trattati o ne modifichi la portata. Tuttavia, la funzione principale dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE consiste, come risulta chiaramente dal suo tenore, nel delineare la natura della competenza esterna dell’Unione. Esso non può avere lo scopo di autorizzare l’Unione europea ad «incidere» sul diritto primario dell’Unione o a «modificarne la portata» concludendo un accordo internazionale (263). Il diritto primario può essere modificato solo modificando i Trattati in conformità con l’articolo 48 TUE (264). Contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, il rischio di incidere sul diritto primario dell’Unione non può determinare una competenza esterna esclusiva ai sensi della terza ipotesi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE (265). L’articolo 3, paragrafo 2, TFUE non può essere nemmeno interpretato nel senso che l’Unione europea dispone di una competenza esterna esclusiva solo perché è competente ad adottare norme interne (266).

355. A tale riguardo, la Commissione ha richiamato la sentenza Pringle, in cui la Corte ha esaminato se il Trattato MES (concluso dagli Stati membri la cui moneta è l’euro) incidesse sulla competenza dell’Unione europea a concedere, sulla base dell’articolo 122, paragrafo 2, TFUE, un’assistenza finanziaria puntuale a uno Stato membro che si trovi in difficoltà o sia seriamente minacciato da gravi difficoltà a causa di calamità naturali o di circostanze eccezionali che sfuggono al suo controllo. In quel caso, la Corte ha constatato che l’istituzione del MES non incideva sulla competenza dell’Unione europea di accordare, sulla base dell’articolo 122, paragrafo 2, TFUE, un’assistenza finanziaria puntuale ad uno Stato membro qualora si constati che quest’ultimo si trova in difficoltà o è seriamente minacciato da gravi difficoltà a causa di calamità naturali o di circostanze che sfuggono al suo controllo. La Corte ha tuttavia aggiunto che, poiché né l’articolo 122, paragrafo 2, TFUE né alcun’altra disposizione del TUE o del TFUE conferiscono una competenza specifica all’Unione europea ad istituire un meccanismo di stabilità permanente come il MES, alla luce degli articoli 4, paragrafo 1, TUE e 5, paragrafo 2, TUE gli Stati membri sono abilitati ad agire in tale settore (267). Per accertare se l’articolo 3, paragrafo 2, TFUE, vietasse agli Stati membri la cui moneta è l’euro di concludere il Trattato MES, la Corte ha esaminato sia il regolamento (UE) n. 407/2010 del Consiglio (268), sia la disposizione del Trattato che abilita l’Unione europea ad adottare atti di diritto derivato, e ha concluso che l’articolo 3, paragrafo 2, TFUE non impediva a un gruppo di Stati membri di concludere il Trattato MES.

356. Nella sentenza Pringle, dopo avere descritto lo scopo principale dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE, la Corte ha dichiarato che «discende altresì [dall’articolo 3, paragrafo 2, TFUE] che è vietato agli Stati membri concludere tra di loro un accordo che possa incidere su norme comuni o modificarne la portata» (269). Tale dichiarazione esprime semplicemente il principio della primazia del diritto dell’Unione sul diritto nazionale, principio che vale sia per il diritto primario dell’Unione sia per il diritto derivato. Tale parte del ragionamento svolto dalla Corte nella sentenza Pringle non avvalora la tesi secondo cui la competenza esclusiva dell’Unione a concludere un accordo internazionale sulla base della terza ipotesi di cui all’articolo 3, paragrafo 2, TFUE possa risultare da «norme comuni» contenute nel diritto primario dell’Unione.

357. L’argomento della Commissione implicherebbe inoltre che la competenza esterna esclusiva possa essere fondata sulla terza ipotesi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE, anche quando non sia stata esercitata la competenza interna sottesa alla disposizione del Trattato sulla quale essa si fonda. Se così fosse, verrebbe parzialmente meno la distinzione tra la seconda ipotesi, che riguarda specificamente il caso in cui non sia stata esercitata una competenza interna, e la terza ipotesi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE.

358. Inoltre, se la terza ipotesi di cui all’articolo 3, paragrafo 2, TFUE fosse interpretata nel senso che la competenza esclusiva è una conseguenza necessaria del fatto che un accordo internazionale può incidere su disposizioni del Trattato o modificarne la portata, la mera esistenza di una disposizione del Trattato potrebbe essere sufficiente per concludere che l’Unione europea dispone di siffatta competenza. Se così fosse, perché gli autori del Trattato non hanno semplicemente confermato in modo esplicito l’esistenza di tale competenza esterna esclusiva?

359. Ritengo quindi che l’espressione «norme comuni» di cui alla terza ipotesi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE non possa essere interpretata nel senso che ricomprende le «disposizioni del Trattato».

360. È pacifico che non esiste una normativa derivata dell’Unione ai sensi degli articoli 63, paragrafo 1, TFUE e 64, paragrafo 2, TFUE relativa a tipi di investimento diversi dagli investimenti esteri diretti.

361. Pertanto, concludo che, in mancanza di norme comuni, non ricorrono le condizioni di cui alla terza ipotesi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE. Ne consegue che l’Unione europea non dispone di una competenza esclusiva su tale base. Inoltre, la Commissione non ha affermato che l’Unione europea disponga di tale competenza su una base diversa.

362. L’Unione europea ha una competenza concorrente con gli Stati membri?

 Le competenze concorrenti dell’Unione europea e degli Stati membri

363. La Commissione sostiene, in subordine, che l’Unione europea dispone di una competenza concorrente a concludere un accordo internazionale relativo a tipi di investimento diversi dagli investimenti esteri diretti sulla base della seconda ipotesi dell’articolo 216, paragrafo 1, TFUE.

364. All’udienza, la Corte ha chiesto al Consiglio e alla Commissione su quale base l’Unione europea disponga di una competenza interna in ordine ai tipi di investimento diversi dagli investimenti esteri diretti. Il Consiglio ha affermato che nei Trattati non esiste alcuna base giuridica per l’adozione di norme di diritto derivato concernenti tipi di investimento diversi dagli investimenti esteri diretti che possano essere considerate «norme comuni» ai sensi della terza ipotesi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE. Tuttavia, ha ammesso che alcuni aspetti dei tipi di investimento diversi dagli investimenti esteri diretti potrebbero formare oggetto di atti legislativi adottati sulla base di disposizioni del Trattato (diverse dagli articoli 63 TFUE e 64 TFUE) che disciplinano il mercato interno. La Commissione ha risposto che, tenuto conto del divieto già sancito dall’articolo 63, paragrafo 1, TFUE, i Trattati non forniscono (ovviamente) una base giuridica per l’adozione di norme di diritto derivato al fine di realizzare la liberalizzazione (che va tenuta distinta dall’armonizzazione) dei movimenti di capitali, compresi gli investimenti di portafoglio. Tuttavia, sia l’articolo 114 TFUE sia l’articolo 352 TFUE offrono una base per l’eliminazione delle restrizioni agli investimenti di portafoglio. Ciò detto, dal momento che l’ALS/UE‑S non persegue un’armonizzazione, l’articolo 114 TFUE non costituirebbe una base giuridica appropriata. La Commissione ha sostenuto che, in ogni caso, non è necessario individuare una base giuridica per l’esercizio di una competenza interna affinché l’Unione possa basarsi sull’articolo 216, paragrafo 1, TFUE.

365. A mio parere, la seconda ipotesi di cui all’articolo 216, paragrafo 1, TFUE assume rilievo solo se l’Unione europea dispone di una competenza interna. A tal fine, una materia deve rientrare nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione e quindi nella competenza dell’Unione europea (270). Non occorre che quest’ultima sia competente ad adottare atti di diritto derivato.

366. Mi sembra che, in questo caso, ricorrano tutte le condizioni di applicazione della seconda ipotesi di cui all’articolo 216, paragrafo 1, TFUE.

367. Conformemente all’articolo 63 TFUE, l’Unione europea ha chiaramente competenza in materia di liberalizzazione e di protezione di tipi di investimento diversi dagli investimenti esteri diretti nella misura in cui tali investimenti rappresentano movimenti di capitali tra Stati membri e tra Stati membri e paesi terzi. Sebbene i Trattati non definiscano i «movimenti di capitali», la Corte ha interpretato tale espressione facendo riferimento alla nomenclatura (non esaustiva) allegata alla direttiva 88/361 (271). I movimenti di capitali sono classificati secondo la natura economica delle attività e passività a cui si riferiscono. Tale definizione è molto ampia. Così, i movimenti di capitali riguardano, tra l’altro: beni immobili, titoli, altri strumenti sul mercato finanziario, quote di organismi di investimento collettivo, operazioni in conto corrente e deposito presso enti finanziari, crediti relativi a operazioni commerciali o a prestazioni di servizi, prestiti e crediti finanziari, cauzioni, altre garanzie, diritti di pegno, trasferimenti effettuati in esecuzione di contratti di assicurazione, movimenti di capitali a carattere personale, importazione ed esportazione materiale di attività finanziarie, brevetti, disegni, marchi di fabbrica e invenzioni.

368. Altre forme di regolamentazione di questi tipi di investimento potrebbero essere basate sull’articolo 114 TFUE, laddove comportino il ravvicinamento delle disposizioni legislative in materia di stabilimento e di funzionamento del mercato interno. Ulteriori competenze potrebbero inoltre derivare dall’articolo 352 TFUE.

369. L’aspetto inerente alla libera circolazione dei capitali del mercato interno presenta sia una componente interna, sia una esterna. Un accordo diretto a realizzare la reciproca liberalizzazione tra l’Unione europea e un paese terzo, quale l’ALS/UE‑S, rientra nell’ambito di detta politica. Poiché tali impegni reciproci non possono essere ottenuti senza il consenso del paese terzo interessato, per realizzare tale obiettivo può rendersi necessario, conformemente alla prima ipotesi di cui all’articolo 216, paragrafo 1, TFUE, stipulare un accordo internazionale.

370. Pertanto, concludo che la sezione A del capo 9, nella parte in cui si applica a tipi di investimento diversi dagli investimenti esteri diretti, rientra nella competenza concorrente dell’Unione europea e degli Stati membri, sulla base dell’articolo 4, paragrafo 2, lettera a), TFUE e della prima ipotesi di cui all’articolo 216, paragrafo 1, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 63 TFUE.

 Sulla questione se l’ALS/UE‑S possa comportare la denuncia di accordi bilaterali conclusi tra gli Stati membri e Singapore

371. Questione distinta è se l’Unione europea sia competente ad approvare l’articolo 9.10, paragrafo 1, del capo 9, sezione A, dell’ALS/UE‑S. Tale disposizione prevede che, a seguito dell’entrata in vigore dell’ALS/UE‑S, gli accordi bilaterali sugli investimenti tra gli Stati membri e Singapore elencati all’allegato 9-D (272) cesseranno di esistere. Tali accordi saranno annullati e sostituiti dall’ALS/UE‑S. La nota 19 relativa a tale disposizione (273) enuncia che «[s]i precisa che [detti accordi] sono considerati abrogati dal presente accordo ai sensi dell’articolo 59, paragrafo 1, lettera a), della convenzione di Vienna sul diritto dei trattati».

372. Nella sua domanda, la Commissione sostiene che l’articolo 9.10 («Relazioni con altri accordi») nonché gli articoli 9.8 («Surrogazione)» e 9.9 («Denuncia») sono chiaramente subordinati, e quindi accessori, alle altre disposizioni sostanziali sugli investimenti del capo 9, sezione A. All’udienza, la Commissione ha affermato che, quando l’Unione europea conclude un accordo internazionale in un settore che rientra nella sua competenza (quanto meno nei casi in cui tale competenza è esclusiva), l’Unione europea succede agli Stati membri nei loro accordi bilaterali con paesi terzi e può quindi agire a nome degli Stati membri, anche denunciando tali accordi bilaterali.

373. Il Consiglio e un numero significativo di Stati membri hanno sostenuto che l’Unione europea non può accordarsi da sola con un paese terzo per denunciare e sostituire accordi internazionali conclusi da detto paese con gli Stati membri e dei quali la stessa Unione europea non sia parte.

374. A mio avviso, occorrerebbe statuire definitivamente su tale questione solo nel caso in cui la Corte constati che l’Unione europea ha competenza esclusiva per tutte le altre parti dell’ALS/UE‑S. Qualora la Corte decidesse invece che l’Unione europea ha una competenza concorrente con quella degli Stati membri, e che pertanto non occorre che l’ALS/UE‑S venga concluso sia dall’Unione europea sia dagli Stati membri, gli Stati membri (interessati) potrebbero decidere essi stessi, il loro consenso a essere vincolati dall’ALS/UE‑S, se denunciare o meno i loro accordi esistenti con Singapore.

375. Per le ragioni che ho già illustrato, ritengo che l’Unione europea non disponga di una competenza esclusiva sull’intero capo 9, sezione A (né peraltro sull’intero ALS/UE‑S (274)).

376. Tuttavia, per scrupolo di completezza, esaminerò brevemente se l’Unione europea, senza essere parte contraente degli accordi conclusi tra gli Stati membri e Singapore, ricompresi nell’allegato 9-D, possa concordare con Singapore di denunciare tali accordi senza il consenso degli Stati membri.

377. Si tratta di una questione nuova (275).

378. Quando l’Unione europea acquisisce una competenza esclusiva (interna o esterna) in un determinato settore, interviene in un settore per il quale la competenza spettava precedentemente agli Stati membri. La questione se l’Unione europea decida o meno di revocare atti precedenti degli Stati membri dipenderà dal modo in cui essa esercita tale competenza e dall’eventualità che ciò determini un’incompatibilità con atti precedenti degli Stati membri. Le condizioni alle quali l’Unione europea può esercitare competenze interne dipendono dal diritto dell’Unione. In ogni caso, l’Unione deve agire in conformità con il diritto internazionale (276).

379. Qualora l’Unione europea assuma i poteri precedentemente esercitati dagli Stati membri in un settore disciplinato da un accordo internazionale, le disposizioni di detto accordo diventano, sotto il profilo del diritto dell’Unione, vincolanti per l’Unione europea (277). La Corte si è pronunciata in tal senso in relazione al GATT 1947 [di cui erano parti tutti gli Stati membri (di allora), ma non l’Unione europea] nella sentenza International Fruit Company (278). L’effetto vincolante del GATT 1947 costituiva un fattore per stabilire se esso incidesse sulla validità delle norme di diritto derivato della CEE. La Corte non ha esaminato (né le occorreva farlo) quale effetto avesse tale constatazione sugli obblighi imposti agli Stati membri dal GATT 1947 o sulla loro qualità di parti contraenti di detto accordo. A mio avviso, la giurisprudenza International Fruit Company implica che, sotto il profilo del diritto dell’Unione, l’Unione europea aveva acquisito competenza esclusiva per le materie disciplinate dal GATT 1947 e, sotto il profilo del diritto internazionale, essa aveva sostituito gli Stati membri come parte responsabile dell’osservanza degli obblighi che questi avevano contratto ai sensi del GATT 1947.

380. Tuttavia, la sentenza International Fruit Company non ha affrontato la questione se, nei casi in cui l’Unione europea assume i poteri precedentemente esercitati dagli Stati membri in un settore che viene assorbito nella sua competenza esclusiva, fra tali poteri rientri il diritto di denunciare accordi esistenti conclusi dagli Stati membri con paesi terzi. Pertanto, gli Stati membri hanno continuato a essere parti contraenti del GATT 1947, che da allora è sempre stato applicato, dal punto di vista del diritto dell’Unione, sia a tali Stati membri sia alla CEE.

381. La Corte ha altresì dichiarato che, in linea di principio, l’applicazione dei Trattati dell’Unione non pregiudica l’impegno assunto dagli Stati membri di rispettare i diritti dei paesi terzi derivanti da una convenzione antecedente e di attenersi agli obblighi corrispondenti (279). Pertanto, anche se i Trattati trasferiscono interamente all’Unione europea la competenza in un determinato settore, gli Stati membri devono continuare ad adempiere gli obblighi che hanno assunto con gli accordi internazionali conclusi con paesi terzi. Ciò è coerente con il principio consolidato di diritto internazionale secondo cui il diritto interno non può giustificare la mancata esecuzione di un accordo internazionale né incidere sulla validità di tale accordo (280). Ne consegue altresì che i Trattati non possono essere modificati in modo da consentire all’Unione europea di sostituirsi agli Stati membri in accordi da questi precedentemente conclusi con paesi terzi. Pertanto, un paese terzo continua a essere vincolato da un accordo concluso con lo Stato membro in questione e, di regola, entrambe le parti dell’accordo sono tenute a dargli piena attuazione, conformemente al principio pacta sunt servanda (281).

382. Tuttavia, gli Stati membri sono tenuti ad eseguire gli obblighi derivanti da tali accordi in modo coerente con il diritto dell’Unione e con l’esercizio da parte dell’Unione europea delle sue nuove competenze esclusive. Qualora non sia possibile farlo senza violare il diritto dell’Unione, gli Stati membri devono adottare i provvedimenti necessari per adeguare gli accordi in parola al diritto dell’Unione. Tale obbligo deriva sia dalla primazia del diritto dell’Unione, sia dall’obbligo di leale cooperazione previsto all’articolo 4, paragrafo 3, TUE.

383. L’articolo 351 TFUE, che riguarda il rapporto tra le convenzioni concluse dagli Stati membri anteriormente al 1o gennaio 1958 (o prima dell’adesione di uno specifico Stato membro) tra uno o più Stati membri e uno o più paesi terzi, da una parte, e le disposizioni dei Trattati, dall’altro, conferma tale ragionamento.

384. L’articolo 351, primo comma, TFUE è volto a «(…) precisare, conformemente ai principi del diritto internazionale, che l’applicazione del Trattato non pregiudica l’impegno assunto dallo Stato membro interessato di rispettare i diritti dei paesi terzi derivanti da una convenzione antecedente e di attenersi agli obblighi corrispondenti (…)» (282).

385. Il secondo comma dello stesso articolo enuncia che, nella misura in cui tali convenzioni sono incompatibili con i Trattati, lo Stato o gli Stati membri interessati devono ricorrere a tutti i mezzi atti a eliminare le incompatibilità constatate. Ciò può richiedere che detti Stati denuncino la convenzione di cui trattasi. Qualora la precedente convenzione non sia incompatibile con i Trattati, non sorge alcun obbligo di adottare azioni correttive.

386. L’articolo 351 TFUE si applica al rapporto tra gli accordi bilaterali conclusi tra Singapore e vari singoli Stati membri prima della loro adesione all’Unione europea (Bulgaria, Repubblica ceca, Ungheria, Lituania, Polonia, Repubblica slovacca e Slovenia: ossia alcuni degli accordi elencati nell’allegato 9-D) (283), da un lato, e i Trattati, dall’altro. Tuttavia, l’articolo 351, paragrafo 1, TFUE non disciplina di per sé il rapporto tra la prima categoria di accordi e gli accordi conclusi successivamente tra Singapore e l’Unione europea, e nemmeno riguarda gli accordi conclusi da altri Stati membri.

387. Quindi, lungi dal corroborare la tesi della Commissione, l’articolo 351 TFUE conferma chiaramente che uno Stato membro continua ad essere parte degli accordi internazionali che aveva concluso precedentemente ed è tenuto ad eliminare le incompatibilità tra detti accordi e i Trattati. L’articolo 351 TFUE si applica a prescindere dalla questione se l’Unione europea disponga di una competenza esclusiva o concorrente sul settore disciplinato da tali accordi.

388. Nessuna disposizione del Trattato contiene un elenco degli obblighi incombenti agli Stati membri che concludono accordi internazionali con paesi terzi (o con organizzazioni internazionali) dopo la loro adesione all’Unione europea. I loro obblighi derivano sia dalla primazia del diritto dell’Unione, sia dall’obbligo di leale cooperazione sancito dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE. Pertanto, i Trattati incidono sul diritto degli Stati membri di concludere siffatti accordi dopo la loro adesione all’Unione europea. Essi possono agire in tal senso solo nei settori che rientrano nelle loro competenze e a condizione di rispettare il diritto dell’Unione.

389. Se successivamente intervenissero mutamenti nella ripartizione delle competenze tra l’Unione europea e gli Stati membri, e la prima acquisisse ulteriori competenze di natura esclusiva, non vedo perché non si dovrebbero più applicare le regole stabilite dall’articolo 351 TFUE. Gli Stati membri sarebbero comunque tenuti ad adottare tutte le misure atte a garantire che gli accordi esistenti nel settore considerato, divenuti nel frattempo vincolanti per l’Unione europea (284), siano compatibili con la nuova ripartizione delle competenze e con qualsiasi azione intrapresa successivamente dall’Unione europea nell’esercizio delle sue competenze.

390. Mi sembra che tale conclusione sia anche pienamente in linea con il diritto internazionale.

391. Nella nota 19 (285), all’articolo 9.10, paragrafo 1, dell’ALS/UE‑S, l’Unione europea e Singapore richiamano espressamente l’articolo 59 della convenzione di Vienna del 1969. Tale disposizione è vincolante, sotto il profilo del diritto dei trattati, per tutti gli Stati membri e Singapore. L’Unione europea non è né può essere vincolata dalla convenzione di Vienna del 1969, in quanto non è uno Stato. Ciononostante, la Corte si è basata su tale disposizione per risolvere questioni relative ad accordi successivi (286).

392. L’articolo 59 della convenzione di Vienna del 1969 riguarda l’abrogazione (implicita) di un trattato tra le parti risultante dalla conclusione, ad opera delle medesime parti, di un trattato successivo. Tale disposizione così recita: «1. Un trattato è considerato estinto quando tutte le parti di questo trattato concludono successivamente un trattato avente per oggetto la stessa materia e: a. se risulta dal trattato posteriore o per altra via che secondo l’intenzione delle parti la materia deve essere disciplinata dal trattato medesimo (…)». La Commissione ne deduce che attualmente l’Unione europea dovrebbe essere considerata parte dei precedenti accordi bilaterali.

393. L’articolo 59 non si discosta in alcun modo dal principio fondamentale secondo cui l’estinzione di un trattato (così come la sua conclusione) richiede il consenso delle parti (287). Detta disposizione funge soprattutto da norma di conflitto per stabilire quale trattato si applichi nel caso in cui esistano accordi successivi e tutte le parti del trattato precedente siano anche parti di quello successivo, ma il trattato precedente non sia estinto (288). Qualora l’Unione europea decida di esercitare le sue nuove competenze acquisite e concluda un accordo con un paese terzo, quest’ultimo è vincolato sia dal nuovo accordo, sia da qualsiasi altro accordo precedentemente concluso con gli Stati membri avente ad oggetto la stessa materia. Ovviamente, ciò può comportare incertezza giuridica per il paese terzo. Nei casi in cui trova applicazione l’articolo 59 della convenzione di Vienna del 1969, tale conflitto viene risolto in favore dell’accordo più recente tra l’Unione europea e il paese terzo. Nei casi in cui detta disposizione non si applica, il paese terzo è tenuto, in linea di principio, a rispettare entrambi gli accordi.

394. Tuttavia, l’articolo 59 della convenzione di Vienna del 1969 risulta applicabile solo se si ammette che (sotto il profilo del diritto internazionale) l’Unione europea è succeduta ai singoli Stati membri negli accordi bilaterali elencati nell’allegato 9-D. Detta disposizione non fornisce indicazioni di carattere generale riguardanti la successione in ordine ai trattati. La convenzione di Vienna del 1969 non tratta eventuali questioni relative a un trattato derivanti da una successione di Stati (289). Neppure la convenzione di Vienna del 1978 sulla successione di Stati nei trattati (290) sembra occuparsi di tale specifica questione. [Aggiungerei che, sebbene detta convenzione sia entrata in vigore, solo alcuni Stati membri rientrano nel (ristretto) novero dei firmatari].

395. All’udienza, la Commissione ha fatto riferimento a quella che ha definito una prassi «consolidata» e «accettata da un ampio numero di paesi terzi». Tuttavia, i pochi esempi da essa forniti riguardavano tutto ciò che era stato intrapreso dalla stessa Unione europea. La Commissione non ha chiarito se altri Stati ritengano che la prassi in parola equivalga a una norma di diritto internazionale.

396. In tale contesto, non ravviso nel diritto internazionale (allo stato attuale) alcun fondamento per concludere che l’Unione europea possa succedere automaticamente in un accordo internazionale stipulato dagli Stati membri, del quale essa non è parte, e poi denunciare detto accordo. Tale regola costituirebbe una deroga al principio fondamentale del consenso nell’elaborazione di atti di diritto internazionale. Accogliere la tesi della Commissione significherebbe che, a seguito di modifiche del diritto dell’Unione e (eventualmente) dell’esercizio da parte dell’Unione europea delle sue competenze esterne, uno Stato membro potrebbe cessare di essere parte di un accordo internazionale anche qualora fosse uno Stato che ha consentito a essere vincolato da tale accordo e nei cui confronti esso è in vigore (291). I diritti e gli obblighi dello Stato membro derivanti dall’accordo in questione si estinguerebbero e, qualora l’Unione europea decidesse di esercitare le sue nuove competenze, verrebbero sostituiti dai diritti e dagli obblighi assunti dall’Unione europea nei confronti del paese terzo, senza che lo Stato membro abbia espresso il proprio consenso a tali modifiche (fondamentali).

397. Infine, rilevo che l’Unione europea ha adottato una normativa di diritto derivato (il regolamento n. 1219/2012) che stabilisce disposizioni transitorie per gli accordi bilaterali conclusi tra Stati membri e paesi terzi in materia di investimenti. Tuttavia, detto regolamento precisa espressamente che è fatta salva la ripartizione delle competenze tra l’Unione europea e gli Stati membri stabilita dal TFUE (292). Esso si fonda sul presupposto che l’Unione europea abbia competenza esclusiva per tutte le materie disciplinate da detti accordi bilaterali precedenti e offre agli Stati membri una base di diritto dell’Unione per agire in relazione agli accordi esistenti e (eventualmente) a quelli nuovi. Tuttavia, il regolamento in parola non prevede che la stessa Unione europea possa denunciare (insieme al paese terzo vincolato dall’accordo bilaterale) tali accordi precedenti.

398. Pertanto, concludo che sono gli Stati membri a disporre di una competenza esclusiva a denunciare gli accordi bilaterali in materia di investimenti da loro precedentemente conclusi con paesi terzi. Di conseguenza, l’Unione europea non ha competenza ad approvare l’articolo 9.10 dell’ALS/UE‑S.

 Appalti pubblici (capo 10 dell’ALS/UE‑S (293))

 Argomenti

399. La Commissione sostiene che la Corte ha già riconosciuto, nella sentenza relativa alla causa C‑360/93 (294) che la politica commerciale comune copre, in linea di principio, la conclusione di accordi sulla reciproca apertura dei mercati degli appalti pubblici di forniture e di servizi transfrontalieri. Poiché attualmente la politica commerciale comune comprende altre modalità di prestazione dei servizi, lo stesso argomento varrebbe, per estensione, per tali altre modalità di prestazione. Più in generale, la Commissione afferma che gli accordi internazionali che disciplinano l’accesso, da un lato, delle merci e dei servizi di paesi terzi ai mercati degli appalti pubblici dell’Unione europea e, dall’altro, delle merci e dei servizi dell’Unione ai mercati degli appalti pubblici di paesi terzi riguardano specificamente gli scambi internazionali e pertanto producono effetti diretti e immediati sugli scambi commerciali. La Commissione aggiunge che il (recente) protocollo di modifica dell’accordo dell’OMC sugli appalti pubblici è stato concluso dall’Unione europea in forza della sua competenza esclusiva in materia di politica commerciale comune.

400. Le altre parti non hanno dedotto argomenti specifici in merito al capo 10.

 Analisi

401. Diversamente dalla Commissione, ritengo che la sentenza nella causa C‑360/93 (295) non sia pertinente al fine di stabilire se il capo 10 ricada nella politica commerciale comune. In detta causa, la Corte ha annullato due decisioni del Consiglio volte, rispettivamente, i) a concludere un accordo sugli appalti pubblici tra la (attuale) Unione europea e gli Stati Uniti d’America e ii) a estendere agli Stati Uniti d’America il beneficio delle disposizioni di una direttiva del Consiglio sulle procedure di appalto (296). La Corte ha dichiarato che l’articolo 113 CE non costituiva una base giuridica adeguata per dette decisioni, in quanto all’epoca solo la prestazione di servizi transfrontalieri rientrava nell’ambito della politica commerciale comune. Tuttavia, entrambe le decisioni riguardavano anche altre modalità di prestazione di servizi (la presenza commerciale o la presenza di persone fisiche nel territorio dell’altra parte contraente) (297). Pertanto, la Corte non ha preso posizione sulla questione se gli appalti pubblici in quanto tali rientrino nella politica commerciale comune.

402. Concordo tuttavia con la Commissione che il capo 10 è inteso principalmente a facilitare la reciproca apertura dei mercati degli appalti pubblici dell’Unione europea e di Singapore, entro i limiti definiti nell’elenco di impegni di ciascuna parte concernenti l’accesso al mercato. Il capo in parola mira inoltre a rafforzare la concorrenza negli acquisti pubblici di beni, servizi e lavori di costruzione nonché a garantire la trasparenza e la correttezza procedurale in tale settore. A tal fine esso estende gli impegni già assunti da entrambe le parti con l’accordo (rivisto) dell’OMC sugli appalti pubblici (298). Infatti, ampie parti di detto capo coincidono (in modo letterale) con tale accordo dell’OMC.

403. La conclusione nel senso che gli scambi di beni e servizi – e quindi le norme relative all’accesso al mercato di tali beni e servizi nonché la normativa interna che li riguarda – rientrano nell’ambito della politica commerciale comune non è inficiata dal fatto che detti beni e servizi vengono acquistati da enti pubblici anziché da soggetti privati.

404. Tuttavia, a norma del capo 10, si applicano del pari alcuni impegni specifici relativi al settore dei trasporti. L’allegato 10.E, parte 2 («Impegni dell’Unione»), che indica i servizi per i quali l’Unione assume impegni, conferma espressamente che detto capo copre forme diverse di servizi di trasporto. Inoltre, la nota 2 relativa a tale parte dell’allegato precisa che gli impegni dell’Unione concernenti i servizi sono soggetti alle limitazioni e condizioni previste per gli impegni dell’Unione europea a norma del capo 8.

405. Nella misura in cui il capo 10 si applica ai servizi di trasporto e ai servizi intrinsecamente connessi a tali servizi, dall’articolo 207, paragrafo 5, TFUE risulta che la competenza dell’Unione europea per detto capo non può basarsi sulla politica commerciale comune (299).

406. La Commissione non ha spiegato su quale altra base l’Unione potrebbe disporre di competenza esclusiva per quanto riguarda il capo 10.

407. A mio avviso, l’Unione europea ha competenza concorrente per quanto concerne tale capo nella parte in cui esso si applica ai servizi di trasporto e ai servizi intrinsecamente connessi a tali servizi. Il capo 10 garantisce che gli appalti pubblici ivi disciplinati siano aggiudicati conformemente ai principi di parità di trattamento, non discriminazione e trasparenza, e assicura pertanto l’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza nell’Unione europea e a Singapore (300). Il capo in parola contribuisce quindi ad instaurare o a garantire il funzionamento del mercato interno, che, come precisato dal protocollo n. 27 sul mercato interno e sulla concorrenza, «comprende un sistema che assicura che la concorrenza non sia falsata» (301). In tal senso, il capo 10 può essere considerato necessario per realizzare l’obiettivo di instaurare il mercato interno previsto all’articolo 26, paragrafo 1, TFUE, ai sensi della seconda ipotesi dell’articolo 216, paragrafo 1, TFUE (302). Tuttavia, detta competenza esterna è ripartita tra l’Unione europea e gli Stati membri, conformemente all’articolo 4, paragrafo 2, lettera a), TFUE.

408. Pertanto, concludo che le disposizioni del capo 10 sugli appalti pubblici ricadono nella competenza esclusiva dell’Unione europea ai sensi dell’articolo 207, paragrafo 1, TFUE, salvo nei limiti in cui esse si applicano agli appalti di servizi di trasporto e di servizi intrinsecamente connessi a tali servizi. Nella misura in cui si applicano a quest’ultima categoria di servizi, le disposizioni del capo 10 ricadono nella competenza concorrente dell’Unione europea.

 Proprietà intellettuale (capo 11 dell’ALS/UE‑S (303))

 Argomenti

409. La Commissione sostiene che l’intero capo 11 rientra nell’ambito della politica commerciale comune, in quanto riguarda aspetti commerciali della proprietà intellettuale ai sensi dell’articolo 207, paragrafo 1, TFUE. Pertanto, l’Unione europea disporrebbe, conformemente all’articolo 3, paragrafo 1, TFUE, di una competenza esclusiva in relazione a detto capo.

410. A sostegno della sua tesi, la Commissione richiama la sentenza Daiichi (304), in cui la Corte ha dichiarato che solo le norme adottate dall’Unione europea in materia di proprietà intellettuale «che presentano un nesso specifico con gli scambi commerciali internazionali possono rientrare nella nozione di “aspetti commerciali della proprietà intellettuale”» (305), ma che l’accordo TRIPS ricade interamente in tale nozione (306). Lo stesso vale per gli accordi internazionali in materia di proprietà intellettuale conclusi al di fuori dell’OMC che presentano un nesso specifico con gli scambi commerciali internazionali. A tale riguardo, la Commissione richiama la sentenza Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e ERSA (307).

411. In primo luogo, la Commissione afferma che la maggior parte delle disposizioni del capo 11 si basa sull’accordo TRIPS. In secondo luogo, l’articolo 11.2, paragrafo 1, enuncia che detto capo è inteso a «completa[re] i diritti e gli obblighi delle Parti derivanti dall’accordo TRIPS e dagli altri trattati internazionali in materia di proprietà intellettuale di cui entrambe le Parti sono firmatarie». In terzo luogo, il capo 11 fa parte di un accordo commerciale più ampio tra l’Unione europea e Singapore. Ciò emerge dall’articolo 11.1, paragrafo 1. Gli obiettivi ivi indicati dimostrano che la fissazione di norme comuni volte a proteggere la proprietà intellettuale non è, in quanto tale, un obiettivo dell’ALS/UE‑S. L’obiettivo è piuttosto quello di ridurre le distorsioni commerciali e ampliare l’accesso al mercato dei prodotti protetti da diritti di proprietà intellettuale. Inoltre, analogamente all’accordo TRIPS, il capo 11 è soggetto alle disposizioni sulla risoluzione delle controversie dei capi 15 e 16 dell’ALS/UE‑S. La violazione degli obblighi previsti dal capo 11 può pertanto comportare l’applicazione di sanzioni commerciali.

412. Per quanto riguarda i riferimenti contenuti nel capo 11 ad altri accordi internazionali in materia di proprietà intellettuale, la Commissione sostiene che l’uso di tale (consueta) tecnica redazionale è ragionevole e giustificato, dato che l’obiettivo generale è la graduale soppressione degli ostacoli agli scambi e agli investimenti internazionali. Inoltre, tali riferimenti sono per la maggior parte meramente declaratori o formulati sotto forma di «impegni ad adoperarsi il più possibile» e pertanto non producono effetti giuridici idonei a pregiudicare la competenza dell’Unione europea rispetto al capo 11.

413. La posizione del Parlamento sul capo 11 coincide con quella della Commissione. Esso aggiunge che il capo 11 non contiene alcun rinvio all’articolo 61 dell’accordo TRIPS (che riguarda i procedimenti penali e le sanzioni) (308).

414. Nessuno degli argomenti del Consiglio riguarda specificamente il capo 11.

415. Numerosi Stati membri sostengono che l’Unione europea non dispone di una competenza esclusiva in relazione al capo 11, che non presenterebbe alcun nesso specifico con gli scambi internazionali e pertanto non potrebbe rientrare nella nozione di «aspetti commerciali della proprietà intellettuale». La sentenza Daiichi (309) riguarda essenzialmente l’articolo 27 dell’accordo TRIPS, più che tale accordo nel suo complesso. Pertanto, l’articolo 207 TFUE non può essere interpretato nel senso che conferisce all’Unione europea competenza esclusiva per la conclusione di accordi che coprano tutte le disposizioni dell’accordo TRIPS. Quand’anche, contrariamente a tale tesi, la sentenza della Corte riguardasse tutte le disposizioni dell’accordo TRIPS, il ragionamento della Corte sarebbe specificamente basato su elementi dell’ordinamento giuridico dell’OMC che sono assenti dall’ALS/UE‑S. Anche interpretando in senso ampio la sentenza Daiichi (310), essa non può essere estesa a materie che non sono disciplinate direttamente dall’accordo TRIPS.

416. Il capo 11 dell’ALS/UE‑S e l’accordo TRIPS non coincidono integralmente. In ogni caso, il mero fatto che una materia sia disciplinata dall’accordo OMC (di cui il TRIPS è parte integrante) non significa che tale materia sia necessariamente coperta anche dalla politica commerciale comune. L’articolo 207, paragrafo 1, TFUE non dovrebbe essere interpretato nel senso che, attualmente, tutti gli accordi internazionali relativi a diritti di proprietà intellettuale ricadono nella politica commerciale comune.

417. Il capo 11 incorpora sia talune disposizioni dell’accordo TRIPS, sia disposizioni di altri accordi in materia di diritti di proprietà intellettuale (negoziati al di fuori del contesto dell’OMC) per i quali l’Unione europea non può disporre di una competenza esclusiva. Diversamente dall’accordo TRIPS, detti accordi (principalmente accordi internazionali gestititi dall’Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale) non sono stati conclusi in quanto parti di accordi commerciali. Né possono essere classificati come accordi commerciali nell’accezione della sentenza Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e ERSA (311). Ogni eventuale rapporto fra tali accordi e il commercio internazionale è soltanto indiretto. L’Unione europea non può contrarre impegni internazionali che riguardino solo gli Stati membri. Né può imporre agli Stati membri di applicare gli accordi internazionali da loro conclusi.

418. Inoltre, le disposizioni relative all’applicazione di diritti protetti, quali gli articoli da 42 a 50 dell’accordo TRIPS (vale a dire le disposizioni della sezione 2 della parte III sui «Procedimenti e rimedi civili e amministrativi») non fanno parte della politica commerciale comune. Dette disposizioni riguardano l’organizzazione giudiziaria e la procedura civile e non presentano collegamenti specifici con il commercio internazionale.

419. L’Unione europea non può disporre di una competenza esclusiva anche in ragione del fatto che il capo 11 incorpora l’articolo 61 dell’accordo TRIPS, che riguarda le sanzioni penali. La materia penale non rientra negli aspetti commerciali della proprietà intellettuale.

420. L’Unione europea non è neppure competente ad assumere gli obblighi previsti dall’articolo 11.4 dell’ALS/UE‑S nella parte in cui tale disposizione incorpora la convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie ed artistiche (312), il trattato dell’OMPI sul diritto d’autore (313) e il trattato dell’OMPI sulle interpretazioni ed esecuzioni e sui fonogrammi (314), che si applicano ai diritti morali. L’Unione europea non ha competenza in materia di diritti morali e non è intervenuta nessuna armonizzazione in tale settore.

421. L’articolo 11.2 (che fa riferimento all’accordo TRIPS e alla convenzione di Parigi sulla protezione della proprietà industriale (315)) e l’articolo 11.29 dell’ALS/UE‑S (che richiama il trattato di cooperazione in materia di brevetti (316) e impone alle Parti di compiere, se del caso, ogni ragionevole sforzo per conformarsi al disposto degli articoli da 1 a 16 del trattato sul diritto dei brevetti (317)) avranno effetto sui brevetti, che formano oggetto di competenza concorrente (v., in particolare, l’articolo 118 TFUE nonché i regolamenti n. 1257/2012 e n. 1260/2012) (318). La protezione dei brevetti è materia soggetta alla cooperazione rafforzata tra gli Stati membri (ad eccezione di Spagna, Italia e Croazia). Tale materia non può essere oggetto di competenza esclusiva: la nozione di cooperazione rafforzata non è compatibile con la nozione di competenza esclusiva. Un altro Stato membro sostiene inoltre che la Commissione non ha spiegato in che modo l’Unione europea potrebbe conformarsi all’articolo 11.29 dell’ALS/UE‑S (319) qualora fosse l’unica firmataria di tale accordo. Le questioni coperte dal trattato di cooperazione in materia di brevetti e dal trattato sul diritto dei brevetti sono diverse dalle questioni sostanziali in materia brevettuale coperte dall’accordo TRIPS.

422. Neppure l’articolo 11.35 (sulle varietà vegetali) rientra nella politica commerciale comune. La convenzione internazionale per la protezione dei ritrovati vegetali non presenta un collegamento specifico con il commercio internazionale. Detta convenzione prevede una forma sui generis di protezione della proprietà intellettuale. La base giuridica della decisione con cui il Consiglio ha concluso tale convenzione era l’articolo 43 TFUE, che riguarda l’agricoltura.

423. Infine, deve esservi (quasi) uniformità tra la competenza interna e la competenza esterna. Pertanto, dal momento che alcune materie coperte dal capo 11 non sono armonizzate, l’Unione europea non dispone di una competenza esclusiva fondata sull’articolo 3, paragrafo 2, TFUE.

 Analisi

 Il significato dell’espressione «aspetti commerciali della proprietà intellettuale» di cui all’articolo 207, paragrafo 1, TFUE

424. A seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, l’articolo 207, paragrafo 1, TFUE dispone attualmente che la politica commerciale comune deve fondarsi su principi uniformi, anche per quanto concerne «gli aspetti commerciali della proprietà intellettuale». Il punto di partenza per l’interpretazione di tale espressione è la sentenza Daiichi (320).

425. In detta sentenza, la Corte ha rilevato anzitutto che, poiché il diritto primario dell’Unione si era sensibilmente evoluto, la sua precedente giurisprudenza sull’accordo TRIPS, compreso il parere 1/94 (321), non era più pertinente al fine di stabilire in che misura detto accordo rientrasse nella politica commerciale comune.

426. In primo luogo, la Corte ha constatato che, sebbene l’accordo TRIPS non verta sulla disciplina delle operazioni di commercio internazionale in quanto tali, esso è parte integrante del regime dell’OMC e costituisce uno degli accordi multilaterali principali sui quali tale regime si fonda (322).

427. In secondo luogo, la Corte ha dichiarato che la specificità del nesso tra l’accordo TRIPS e gli scambi internazionali è rappresentata dal fatto che, secondo le norme che disciplinano il sistema dell’OMC di risoluzione delle controversie, un membro può ricorrere alla sospensione delle concessioni in modo incrociato fra l’accordo TRIPS e gli altri accordi multilaterali principali di cui l’Accordo istitutivo dell’OMC è composto (323). A tale riguardo, la Corte ha richiamato l’articolo 22, paragrafo 3, dell’Intesa dell’OMC sulle norme e le procedure che disciplinano la risoluzione delle controversie. Tale disposizione specifica quali concessioni o altri obblighi possano essere sospesi.

428. In terzo luogo, la Corte ha osservato che gli estensori del Trattato, allorché hanno inserito l’espressione «aspetti commerciali della proprietà intellettuale» nell’articolo 207, paragrafo 1, TFUE, non hanno potuto ignorare che i termini utilizzati corrispondono quasi letteralmente alla intitolazione stessa dell’Accordo TRIPS (324).

429. In quarto luogo, la Corte ha sottolineato che l’obiettivo principale dell’accordo TRIPS è rafforzare e armonizzare la tutela della proprietà intellettuale su scala mondiale. Così, il preambolo enuncia che l’obiettivo di detto accordo è ridurre le distorsioni nel commercio internazionale garantendo, nel territorio di ciascuno dei membri dell’OMC, una protezione efficace e sufficiente dei diritti di proprietà intellettuale (325). Il contesto delle norme sostanziali è la liberalizzazione degli scambi commerciali, e non l’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri.

430. Pertanto, ritengo che, nella sentenza Daiichi, la Corte abbia considerato che l’intero accordo TRIPS rientra nella politica commerciale comune. La sua analisi non riguardava solo l’articolo 27 di detto accordo.

431. Ciò detto, non sono convinta che il ragionamento svolto nella sentenza Daiichi possa e debba essere trasposto sotto ogni aspetto all’analisi dell’ALS/UE‑S.

432. Il fatto che i termini utilizzati nell’articolo 207, paragrafo 1, TFUE («aspetti commerciali della proprietà intellettuale») corrispondano al titolo dell’accordo TRIPS («aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale») sembra essere un tratto specifico di detto accordo dell’OMC.

433. L’inserimento di disposizioni sulla proprietà intellettuale in un determinato accordo commerciale potrebbe indicare che esiste un collegamento specifico fra tali disposizioni e gli scambi internazionali. Tuttavia, la politica commerciale comune potrebbe anche coprire disposizioni in materia di proprietà intellettuale o accordi negoziati e conclusi in un contesto non commerciale (326). Ma se il mero inserimento di una materia in un accordo di questo tipo fosse sufficiente per far rientrare detto accordo nella politica commerciale comune, gli Stati membri correrebbero effettivamente il grave rischio di perdere competenze esistenti (327).

434. Inoltre, a mio avviso, la politica commerciale comune non deve essere definita con riferimento al tipo di rimedio previsto dalle norme sulla risoluzione delle controversie (328).

435. A mio parere, ciò che rileva ai fini dell’articolo 207, paragrafo 1, TFUE è se un accordo che contiene disposizioni sulla tutela della proprietà intellettuale riguardi specificamente il commercio internazionale. Tale questione deve essere risolta esaminando se l’accordo in questione sia essenzialmente destinato a promuovere, facilitare o disciplinare gli scambi commerciali (piuttosto che ad armonizzare le legislazioni degli Stati membri) (329), se sortisca effetti diretti e immediati sugli scambi e se il suo obiettivo consista nel ridurre le distorsioni degli scambi internazionali garantendo, nel territorio di ciascuna parte, una protezione efficace e sufficiente degli interessi economici nei monopoli creati dai diritti di proprietà intellettuale. Tale è la sostanza della sentenza Daiichi.

436. A tale proposito concordo con l’avvocato generale Wahl, secondo cui i diritti di proprietà intellettuale, per loro stessa natura, sono prevalentemente connessi al commercio, in quanto si tratta in sostanza di diritti esclusivi costituenti un monopolio che può limitare la libera circolazione di merci o servizi (330). In un’economia di mercato, l’aspetto più rilevante di tali diritti è rappresentato dal loro valore economico. Se il loro esercizio è essenziale per lo sfruttamento commerciale della proprietà intellettuale protetta in un mercato transfrontaliero, tali diritti rientrano negli «aspetti commerciali della proprietà intellettuale» (331). In questa prospettiva, gli interessi relativi alla protezione di detti interessi diventano sostanzialmente interessi commerciali.

437. Ciò non significa che tutte le forme di protezione dei diritti di proprietà intellettuale siano sempre e necessariamente correlate al commercio internazionale. Ad esempio, la Corte ha osservato che l’oggetto specifico dei diritti relativi alla tutela della proprietà artistica e letteraria è quello di assicurare la tutela dei diritti morali ed economici dei loro titolari (332). I diritti morali completano i diritti economici, in quanto conferiscono all’autore «il diritto di rivendicare la paternità dell’opera e di opporsi ad ogni deformazione, mutilazione od altra modificazione, come anche ad ogni altro atto a danno dell’opera stessa, che rechi pregiudizio al suo onore od alla sua reputazione» (333). Essi sono intesi a proteggere il rapporto tra un autore e la sua opera. Tale rapporto è sostanzialmente autonomo rispetto ai diritti economici eventualmente detenuti dall’autore sull’opera. Ciò implica tra l’altro che, qualora un accordo, quale l’ALS/UE‑S, disciplini la nascita e la protezione di diritti morali, la base giuridica per la conclusione di tale accordo non può essere il solo articolo 207, paragrafo 1, TFUE. Le disposizioni relative a tali diritti non sono accessorie rispetto a quelle concernenti i diritti economici. Concludere diversamente significherebbe cancellare le parole «aspetti commerciali» dall’articolo 207, paragrafo 1, TFUE, con la conseguenza che rientrerebbero nella politica commerciale comune tanto gli aspetti commerciali quanto quelli non commerciali della proprietà intellettuale.

438. Alcuni Stati membri hanno chiesto alla Corte di limitare la conclusione raggiunta nella sentenza Daiichi escludendo talune disposizioni dell’accordo TRIPS, quali gli articoli da 42 a 50 e 61 di detto accordo, dall’ambito della politica commerciale comune. Essi sostengono che le menzionate disposizioni riguardano l’organizzazione giudiziaria, i procedimenti civili e la materia penale. Ne conseguirebbe che, poiché dette disposizioni formano comunque parte integrante dell’ALS/UE‑S, l’Unione europea non ha competenza esclusiva per il capo 11.

439. Se fosse fondato, tale argomento implicherebbe che ogni disposizione di un accordo internazionale dovrebbe soddisfare il requisito del collegamento specifico con il commercio internazionale per poter rientrare nella politica commerciale comune. Tuttavia, per stabilire se l’Unione europea abbia competenza esclusiva e quindi individuare la base giuridica adeguata per l’atto di cui trattasi occorre basarsi su elementi oggettivi, quali la finalità e il contenuto dell’atto (334). La base giuridica della decisione di concludere un accordo internazionale non è la somma delle basi giuridiche per ciascuna disposizione di detto accordo. Così, ad esempio, nella causa C‑137/12 (335), il fatto che l’accordo internazionale in questione comprendesse disposizioni relative a misure di sequestro e confisca non ha modificato la conclusione della Corte secondo cui tale accordo rientrava nell’ambito della politica commerciale comune. Tali disposizioni, «in via generale, (…) mirano a garantire l’efficacia della tutela giuridica dei servizi ad accesso condizionato sul territorio di tutte le [parti contraenti]» e «concorrono, di conseguenza, all’obiettivo principale della decisione impugnata considerata congiuntamente alla convenzione (…)» (336).

440. Infine, ritengo che l’Unione europea non disponga di una competenza esclusiva in materia di politica commerciale comune solo quando abbia competenze corrispondenti nel mercato interno e abbia esercitato tali competenze interne (dando luogo così a un’armonizzazione). Ciò significherebbe vedere negli articoli 3, paragrafo 1, lettera e), e 207, paragrafo 1, TFUE una sorta di condizionalità basata sulla giurisprudenza AETS. Tuttavia, la politica commerciale comune presenta sia una componente interna, sia una esterna. L’esercizio della competenza dell’Unione europea in materia di politica commerciale comune non dipende dalla circostanza che l’Unione disponga di una competenza interna su un’altra base e abbia esercitato siffatta competenza. La competenza esclusiva per detta politica conferita all’Unione europea dall’articolo 3, paragrafo 1, TFUE, non è subordinata alle condizioni previste al paragrafo 2 dell’articolo 3 TFUE (337).

 La competenza dell’Unione europea per il capo 11 dell’ALS/UE‑S

441. A mio parere, il capo 11 riguarda sia aspetti commerciali, sia aspetti non commerciali della proprietà intellettuale.

442. Dall’analisi dell’articolo 11.1, paragrafi 1 e 2, dell’ALS/UE‑S emerge che la tutela adeguata ed efficace dei diritti di proprietà intellettuale è considerata uno strumento per aumentare i benefici derivanti dagli scambi commerciali e dagli investimenti. A tal fine, il capo 11 prevede, essenzialmente, norme minime per la regolamentazione interna della proprietà intellettuale e obblighi relativi all’applicazione effettiva di tali norme.

443. Il capo 11 definisce così l’ambito della tutela di ciascun diritto di proprietà intellettuale contemplato, stabilisce la durata della tutela e i mezzi per ottenerla, definisce talune modalità di cooperazione e prevede una serie di obblighi intesi a garantire l’adeguata tutela giuridica, e l’attuazione, dei diritti disciplinati da detto capo mediante misure appropriate. A tal fine, il capo 11 si basa in parte sulla tecnica (utilizzata anche nell’accordo TRIPS (338)) dell’incorporazione di norme sostanziali sulla proprietà intellettuale contenute in accordi internazionali conclusi fuori dal contesto dell’ALS/UE‑S.

444. A mio avviso, il fatto che il capo 11 richiami parti dell’accordo TRIPS e di altri accordi internazionali conclusi fuori dal contesto dell’OMC dopo l’entrata in vigore dell’accordo TRIPS, unitamente a decisioni dell’OMC, anziché riportarne il contenuto in modo letterale (339), non può incidere sulla ripartizione delle competenze. In ogni caso, la fonte dei diritti e degli obblighi delle Parti dell’ALS/UE‑S è l’ALS/UE‑S stesso. Rilevo, infatti, che l’uso della tecnica dell’incorporazione nell’accordo TRIPS non ha impedito alla Corte di concludere nella sentenza Daiichi che l’Unione europea era competente a concludere detto accordo.

445. Pertanto, diversamente dalla Commissione, non distinguo tra le disposizioni del capo 11 che incorporano altri accordi internazionali (o loro parti) e quelle che richiamano simili accordi senza renderne le disposizioni vincolanti conformemente all’ALS/UE‑S. L’articolo 207 TFUE attribuisce all’Unione europea la competenza a definire e attuare la politica commerciale comune. L’Unione europea può esercitare tale competenza mediante la negoziazione e la conclusione di accordi internazionali. Gli obiettivi della politica commerciale comune e dell’azione esterna in generale possono essere realizzati con molti mezzi, di cui non tutti comportano necessariamente obblighi giuridicamente vincolanti. Come la Corte ha osservato nella causa C‑660/13, nel contesto di un memorandum d’intesa, «una decisione recante firma di un accordo non vincolante (…) fa parte degli atti di definizione delle politiche dell’Unione (…)» (340).

446. A mio parere, le conclusioni raggiunte dalla Corte nella causa Daiichi (341) valgono del pari per il capo 11, nella misura in cui esso incorpora il contenuto dell’accordo TRIPS per quanto riguarda i diritti di proprietà intellettuale contemplati da detto capo (ossia il diritto d’autore ed i diritti connessi, i brevetti, i marchi, i disegni, le topografie di circuiti integrati, le indicazioni geografiche e la protezione di informazioni segrete).

447. Non vedo motivi, in linea di principio, per giungere a una conclusione diversa in merito alle altre disposizioni concernenti il livello minimo di tutela della proprietà intellettuale, sempreché esse riguardino la protezione e l’effettiva attuazione di interessi economici risultanti da un diritto di proprietà intellettuale. La politica perseguita utilizza norme minime di tutela degli interessi economici insiti nella proprietà intellettuale al fine di promuovere gli investimenti, ridurre gli ostacoli al commercio, facilitare gli scambi internazionali e garantire una certa parità di condizioni concorrenziali. Tutti i suddetti elementi fanno parte della politica commerciale.

448. Sebbene le privative per ritrovati vegetali non siano coperte dall’accordo TRIPS, mi sembra che la relativa sottosezione del capo 11 (articolo 11.35 dell’ALS/UE‑S, che conferma gli obblighi delle Parti derivanti dalla convenzione internazionale per la protezione dei ritrovati vegetali (342)) debba essere esaminata allo stesso modo. Ciò in quanto le privative per ritrovati vegetali sono diritti economici: i diritti del costitutore di autorizzare, per quanto riguarda una varietà protetta, tra l’altro, la produzione o riproduzione, le condizioni per la moltiplicazione, la messa in vendita, la vendita o altra commercializzazione, l’esportazione, l’importazione e il magazzinaggio (343).

449. Posso comprendere le obiezioni alla competenza esclusiva dell’Unione europea per quanto riguarda l’articolo 61 dell’accordo TRIPS. Tuttavia, mi sembra che, in realtà, il capo 11 non incorpori di fatto l’articolo 61 dell’accordo TRIPS. Il testo del capo 11 non menziona espressamente tale disposizione. Né detto capo contiene una sezione sulle misure penali. Laddove esso incorpora l’accordo TRIPS, relativamente a taluni diritti di proprietà intellettuale, ritengo che tale riferimento riguardi le «Norme relative all’esistenza, all’ambito e all’esercizio dei diritti di proprietà intellettuale» di cui alla parte II dell’accordo TRIPS, più che le disposizioni sulla «Tutela dei diritti di proprietà intellettuale» della parte III dell’accordo TRIPS. Infatti, il capo 11 contiene una propria sezione separata sugli strumenti per garantire la tutela (civile) dei diritti di proprietà intellettuale.

450. Le disposizioni concernenti la trasparenza, la tutela effettiva dei diritti garantiti e gli strumenti per assicurare l’esecuzione degli obblighi formano parte integrante della politica commerciale comune dell’Unione europea. Per tale motivo, ritengo che le parti del capo 11 che riguardano i provvedimenti di diritto civile per garantire la tutela dei diritti di proprietà intellettuale e le misure alla frontiera ricadano del pari nell’ambito della politica commerciale comune (344). Lo stesso vale per disposizioni quale l’articolo 11.52, che prevede talune forme di cooperazione internazionale (345).

451. Tuttavia, il capo 11 dell’ALS/UE‑S sembra coprire anche aspetti non commerciali della proprietà intellettuale.

452. A differenza dell’accordo TRIPS (346), l’articolo 11.4 dell’ALS/UE‑S (relativo alla tutela concessa al diritto d’autore e ai diritti connessi) incorpora tutti i diritti e gli obblighi previsti dalla convenzione di Berna. Esso include quindi l’articolo 6 bis di detta convenzione, che tutela i diritti morali. Detto articolo 6 bis distingue i diritti morali dai diritti economici dell’autore.

453. Analogamente, l’articolo 11.4 incorpora nell’ALS/UE‑S l’intero trattato dell’OMPI sul diritto d’autore e il trattato dell’OMPI sulle interpretazioni ed esecuzioni e sui fonogrammi. L’articolo 3 del primo impone alle Parti contraenti di applicare le disposizioni degli articoli da 2 a 6 della convenzione di Berna ai fini della protezione contemplata dal trattato dell’OMPI sul diritto d’autore. L’articolo 5, paragrafo 1, del secondo indica taluni diritti morali spettanti agli interpreti o esecutori.

454. Ho già sottolineato la funzione distinta, e importante, dei diritti morali (347). Detta funzione è chiaramente riconosciuta nell’ALS/UE‑S. Tuttavia, è altrettanto chiaro che tali diritti non hanno natura commerciale. Pertanto, concludo che, nei limiti in cui il capo 11 si applica ad aspetti non commerciali della proprietà intellettuale, la competenza dell’Unione europea a concludere tali parti di detto capo non può essere fondata sull’articolo 207, paragrafo 1, TFUE.

455. La Commissione non ha tentato di sostenere che l’Unione europea dispone comunque di una competenza esterna esclusiva in base a una delle ipotesi di cui all’articolo 3, paragrafo 2, TFUE.

456. Atteso che i diritti morali sono indipendenti dai diritti economici di proprietà intellettuale (e si applicano congiuntamente ad essi) (348), ritengo che disposizioni quali quelle contenute nel capo 11 dell’ALS/UE‑S, nella misura in cui si applicano ad aspetti non commerciali dei diritti di proprietà intellettuale, possano essere considerate necessarie per realizzare gli obiettivi del mercato interno. Il fatto che possa non esistere (ancora) un’armonizzazione dei diritti morali non inficia tale conclusione (349). Pertanto, i menzionati aspetti del capo 11 dell’ALS/UE‑S rientrano nella competenza concorrente dell’Unione europea e degli Stati membri in base agli articoli 4, paragrafo 2, lettera a), TFUE e 26, paragrafo 1, TFUE, e alla seconda ipotesi dell’articolo 216, paragrafo 1, TFUE.

 Concorrenza e questioni correlate (capo 12 dell’ALS/UE‑S) (350)

 Argomenti

457. La Commissione sostiene che il capo 12, sostanzialmente, promuove e facilita gli scambi di merci e servizi tra l’Unione europea e Singapore. Detto capo è inteso a vietare le pratiche anticoncorrenziali di dimensioni transnazionali, che possono precludere l’accesso effettivo al mercato o ridurre i vantaggi economici della liberalizzazione degli scambi che l’ALS/UE‑S mira a realizzare. Inoltre, il capo 12 non comporta nessuna armonizzazione e si riferisce espressamente al rapporto tra il comportamento anticoncorrenziale e gli scambi commerciali internazionali. Pertanto, esso ha effetti diretti e immediati sugli scambi e rientra pienamente nell’ambito della competenza esclusiva dell’Unione europea ai sensi dell’articolo 207, paragrafo 1, TFUE. La Commissione fa inoltre riferimento a vari accordi dell’OMC che incorporano elementi di politica della concorrenza.

458. Le altre parti non hanno dedotto argomenti specifici in merito al capo 12.

 Analisi

459. Concordo con la Commissione che il collegamento tra il commercio internazionale e la politica della concorrenza appare già in alcune disposizioni di accordi dell’OMC (351). Ciò detto, non è ancora stata adottata una politica globale dell’OMC in materia di concorrenza e commercio (352).

460. Per contro, il capo 12 dell’ALS/UE‑S tenta di contrastare globalmente gli effetti negativi sugli scambi tra l’Unione europea e Singapore che potrebbero derivare da condotte o pratiche anticoncorrenziali pubbliche o private. Pertanto, esso impone alle parti di mantenere in vigore e applicare nei rispettivi territori una legislazione completa che disciplini gli accordi di imprese, lo sfruttamento abusivo di una posizione dominante e le concentrazioni tra imprese che producono una sostanziale riduzione della concorrenza o che ostacolano in misura significativa la concorrenza, sempreché incidano sugli scambi tra l’Unione europea e Singapore (353). Questi tipi di condotte anticoncorrenziali sono considerati idonei a compromettere i vantaggi derivanti dalla liberalizzazione degli scambi che l’ALS/UE‑S mira a realizzare, privando di effetto le norme sull’accesso al mercato o riducendo i vantaggi economici che le imprese di una Parte possono sperare di ottenere commercializzando i loro prodotti o servizi nel territorio dell’altra Parte (354).

461. Inoltre, il capo 12 è direttamente connesso alla regolamentazione degli scambi commerciali nella misura in cui è inteso a limitare le distorsioni della concorrenza risultanti dalla possibilità che le Parti creino o mantengano imprese pubbliche o riconoscano a talune imprese diritti speciali o esclusivi (355), e disciplina le sovvenzioni vietate e altre sovvenzioni (356).

462. L’articolo 12.7, paragrafo 2, dell’ALS/UE‑S illustra tale rapporto tra il capo 12 e il commercio internazionale. Detta disposizione, che incorpora anche l’articolo 3 dell’accordo SCM (sulle sovvenzioni vietate) (357), vieta la concessione di talune categorie di sovvenzioni «a meno che la Parte che eroga la sovvenzione, su richiesta dell’altra Parte, non abbia dimostrato che la sovvenzione in questione non incide sul commercio dell’altra Parte, né plausibilmente vi inciderà in futuro» (358). Analogamente, l’articolo 12.8, paragrafo 1, dell’ALS/UE‑S impone alle parti di «fare il possibile» per porre rimedio alle distorsioni della concorrenza causate da altre sovvenzioni specifiche relative allo scambio di merci e servizi «nella misura in cui tali sovvenzioni incidano o possano incidere sugli scambi commerciali delle Parti» e per prevenire tali distorsioni.

463. Il fatto che il capo 12 comporti un certo grado di armonizzazione delle regole di concorrenza non significa che il suo obiettivo sia ravvicinare le legislazioni degli Stati membri in tale settore al fine di migliorare il funzionamento del mercato interno. Semmai, il capo 12 estende a Singapore alcune norme e alcuni principi fondamentali del diritto della concorrenza dell’Unione al fine di disciplinare gli scambi di merci e servizi con detto paese terzo (359). Tali norme comprendono gli articoli 101 TFUE e 102 TFUE, che riguardano gli accordi o le pratiche concordate tra imprese e lo sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese della loro posizione dominante su un mercato, nonché il regolamento n. 139/2004 del Consiglio relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese (360). Analogamente, le disposizioni dell’ALS/UE‑S rispecchiano gli articoli 106 TFUE (che riguarda le imprese pubbliche, le imprese alle quali gli Stati membri riconoscono diritti speciali o esclusivi e le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale), 107 TFUE e 109 TFUE (che sono diretti a evitare le distorsioni della concorrenza derivanti dagli aiuti di Stato).

464. È vero che il capo 12 contiene anche disposizioni riguardanti la cooperazione e il coordinamento per quanto concerne l’applicazione della legge, la protezione dei segreti commerciali e di altre informazioni riservate, le consultazioni tra le Parti sulle questioni di concorrenza nonché l’esclusione dell’applicazione dei capi 15 («Risoluzione delle controversie») e 16 («Mediazione») alle questioni concernenti il capo 12 (ad eccezione dell’articolo 12.7 dell’ALS/UE‑S, relativo alle sovvenzioni vietate). Tali disposizioni sono tutte accessorie rispetto agli obblighi sostanziali principali sanciti dal capo 12. Pertanto, esse non inficiano la mia conclusione secondo cui il capo 12 è inteso a promuovere, facilitare o disciplinare gli scambi commerciali e sortisce quindi effetti diretti e immediati sugli scambi di merci e servizi.

465. Per quanto attiene alla disposizione sulla trasparenza nel settore delle sovvenzioni relative agli scambi di merci e alla prestazione di servizi (articolo 12.9 dell’ALS/UE‑S), rinvio alla mia analisi del capo 14 e delle disposizioni in materia di trasparenza contenute in altri capi (361).

466. Pertanto, concludo che il capo 12 rientra integralmente nella competenza esclusiva dell’Unione europea ai sensi dell’articolo 207, paragrafo 1, TFUE.

 Ostacoli non tariffari agli scambi e agli investimenti nella produzione di energie rinnovabili (capo 7 dell’ALS/UE‑S) (362) e commercio e sviluppo sostenibile (capo 13 dell’ALS/UE‑S) (363)

 Argomenti

 Ostacoli non tariffari agli scambi e agli investimenti nella produzione di energie rinnovabili

467. La Commissione asserisce che l’Unione europea ha competenza esclusiva per il capo 7 in base all’articolo 207, paragrafo 1, TFUE. Da un lato, detto capo impone di eliminare o ridurre gli ostacoli agli scambi (ostacoli sia tariffari sia non tariffari) e agli investimenti e richiede una convergenza normativa al fine di facilitare gli scambi. Dall’altro, il capo in parola presenta altresì collegamenti con gli investimenti esteri diretti: esso vieta alle Parti di imporre l’istituzione di partenariati con imprese locali.

468. Il Parlamento e il Consiglio non hanno dedotto argomenti specifici in merito al capo 7.

469. Alcuni Stati membri sostengono che l’obiettivo del capo 7 è ridurre le emissioni di gas a effetto serra promuovendo la produzione di energie rinnovabili e che esso riguarda quindi la politica ambientale (articolo 191 TFUE) e non la politica commerciale comune.

 Commercio e sviluppo sostenibile

470. La Commissione sostiene che, conformemente agli articoli 3, paragrafo 1, lettera e), e 207, paragrafo 1, TFUE, il capo 13 rientra integralmente nella competenza esclusiva dell’Unione europea. La competenza in materia di politica commerciale comune non è limitata all’adozione di strumenti che producono effetti solo sugli aspetti tradizionali del commercio estero. Le differenze tra gli Stati quanto al livello di protezione dell’ambiente e del lavoro possono avere effetti diretti e immediati sugli scambi internazionali e gli investimenti. L’applicazione di norme di protezione meno rigorose in una delle Parti può comportare un aumento degli scambi e degli investimenti nel suo territorio. Per contro, le norme in materia di ambiente e di lavoro possono diventare ostacoli dissimulati agli scambi commerciali. Come risulta, tra l’altro, dall’articolo 13.1, paragrafo 1, dell’ALS/UE‑S, detto accordo è inteso a sviluppare e promuovere gli scambi internazionali per contribuire allo sviluppo sostenibile, che comprende lo sviluppo economico, lo sviluppo sociale e la tutela dell’ambiente.

471. La Commissione sostiene che il capo 13 non è inteso a creare nuovi obblighi sostanziali in materia di protezione del lavoro e dell’ambiente, ma semplicemente a confermare alcuni impegni internazionali esistenti. Il suo scopo consisterebbe nel garantire che le differenze tra i livelli di protezione non incidano negativamente sulle condizioni del commercio e degli investimenti.

472. La Commissione non ravvisa alcun conflitto tra, da un lato, il capo 13 e, dall’altro, l’articolo 3, paragrafo 5, TUE e l’articolo 21, paragrafo 2, TUE. L’articolo 3, paragrafo 5, TUE impone all’Unione europea di includere nella sua politica commerciale comune gli aspetti relativi allo «sviluppo sostenibile della Terra» e al «commercio libero ed equo». L’articolo 21, paragrafo 2, TUE comprende parimenti vari obiettivi connessi allo sviluppo sostenibile.

473. Per quanto riguarda le disposizioni specifiche del capo 13, la Commissione sostiene, in particolare, che il fatto che l’articolo 13.3, paragrafo 3, dell’ALS/UE‑S contenga un impegno ad attuare in modo efficace alcuni principi relativi a diritti fondamentali nel lavoro non autorizza a concludere che gli Stati membri dovrebbero partecipare alla conclusione dell’ALS/UE‑S. Tale disposizione non indica l’esatta maniera in cui Singapore e gli Stati membri debbano garantire l’effettiva attuazione delle convenzioni dell’Organizzazione internazionale del lavoro (in prosieguo: l’«OIL») che essi hanno ratificato. Inoltre, gli articoli 13.6, paragrafo 2, e 13.8, lettera a), dell’ALS/UE‑S si limitano a ribadire impegni già assunti. Altre disposizioni [quali quelle dell’articolo 13.8, lettere da b) a d)] mirano ad evitare gli effetti distorsivi sugli scambi internazionali e sono quindi inscindibilmente connesse al commercio internazionale.

474. Il Parlamento concorda in sostanza con la Commissione.

475. Il Consiglio e vari Stati membri osservano che, sebbene il capo 13 presenti un nesso con il commercio, esso disciplina del pari aspetti non commerciali del lavoro, della protezione dell’ambiente e della pesca, e mira a promuovere il lavoro e la protezione dell’ambiente, nonché la conservazione delle risorse biologiche del mare nel quadro della politica comune della pesca. Pertanto, tali disposizioni del capo 13 non potrebbero essere basate sull’articolo 207 TFUE. Il Consiglio sostiene inoltre che l’articolo 13.3, paragrafi 3 e 4, dell’ALS/UE‑S comporta un’armonizzazione minima delle legislazioni degli Stati membri in settori nei quali i Trattati la escludono. Se dette disposizioni rientrassero nella politica commerciale comune, sarebbero incompatibili con l’articolo 207, paragrafo 6, TFUE.

476. Inoltre, il Consiglio e vari Stati membri affermano che il capo 13 è chiaramente distinto dal resto dell’accordo. Ciò risulterebbe, segnatamente, dallo specifico sistema di risoluzione delle controversie applicabile a tale capo (364).

477. Infine, il Consiglio sostiene che la competenza esclusiva dell’Unione europea ad assumere impegni relativi al commercio dei prodotti della pesca di cui all’articolo 13.8 dell’ALS/UE‑S risulta dall’articolo 3, paragrafo 1, lettera d), TFUE (conservazione delle risorse biologiche del mare nel quadro della politica comune della pesca) e non dall’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), TFUE (politica commerciale comune). Lo scopo principale dell’articolo 13.18 è quello di garantire la conservazione e la gestione delle risorse ittiche in modo sostenibile, e non quello di facilitare, regolare o disciplinare gli scambi commerciali.

 Analisi

 Obiettivi connessi al commercio e obiettivi non connessi al commercio: principi generali

478. La politica commerciale comune deve essere condotta nel quadro dei principi e obiettivi dell’azione esterna dell’Unione europea (365), che comprende l’elaborazione di «misure internazionali volte a preservare e migliorare la qualità dell’ambiente e la gestione sostenibile delle risorse naturali mondiali, al fine di assicurare lo sviluppo sostenibile» (366). Pertanto, concordo con la Commissione che i livelli di tutela dell’ambiente presentano collegamenti con il commercio internazionale. Differenze significative possono falsare la concorrenza e gli scambi; norme poco rigide su un mercato possono determinare vantaggi concorrenziali per le imprese nazionali e quindi attrarre investimenti esteri, a scapito dei mercati in cui vengono applicate norme più rigorose. Per contro, le norme in materia di tutela dell’ambiente possono essere manipolate per raggiungere obiettivi protezionistici (367). Per tali motivi, la promozione dello sviluppo sostenibile rientra fra gli obiettivi enunciati nel preambolo dell’accordo OMC (368). Un ragionamento analogo può applicarsi al rapporto fra la tutela del lavoro e il commercio internazionale.

479. Tuttavia, il fatto che la politica commerciale comune possa perseguire anche obiettivi non commerciali non implica che i capi 7 e 13 rientrino automaticamente nel campo di applicazione dell’articolo 207, paragrafo 1, TFUE.

480. La Corte ha già fornito indicazioni su come distinguere le misure che ricadono nell’ambito della politica commerciale comune (in quanto sono sostanzialmente dirette a promuovere, facilitare o disciplinare gli scambi e sortiscono quindi su di essi effetti diretti e immediati) (369) dalle misure concernenti la politica ambientale o sociale dell’Unione europea.

481. La Corte ha così riconosciuto che gli atti dell’Unione che perseguono anche obiettivi non puramente economici (ad esempio obiettivi sociali, ambientali o umanitari) possono ricadere nell’ambito della politica commerciale comune (370). Tuttavia, in ogni caso, gli accordi internazionali in questione comportavano strumenti di politica commerciale: accordi commerciali per la costituzione di scorte nel parere 1/78, la concessione di preferenze doganali nella causa 45/86, l’importazione (condizionata) di prodotti agricoli nella causa C‑62/88 e requisiti di etichettatura (vale a dire, ostacoli tecnici al commercio) nella causa C‑281/01. Si tratta in tutti i casi di strumenti che hanno effetti diretti e immediati sugli scambi dei prodotti o servizi interessati.

482. Per contro, gli accordi internazionali non specificamente collegati agli scambi esulano dalla politica commerciale comune, anche nel caso in cui presentino un collegamento indiretto con il commercio. Così, nel parere 2/00, la Corte ha tenuto conto del fatto che le norme concernenti i movimenti transfrontalieri di organismi viventi modificati contenute nel protocollo di Cartagena sulla biosicurezza, allegato alla convenzione sulla diversità biologica, non riguardavano solo i movimenti a fini commerciali. Essa ha quindi concluso che la finalità o la componente principale di detto protocollo era la protezione dell’ambiente, e non la politica commerciale comune (371). Analogamente, nella causa C‑411/06 la Corte ha confermato (372) che l’obiettivo del regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativo alle spedizioni di rifiuti (373), non era quello di definire le caratteristiche che devono possedere i rifiuti per circolare liberamente nel mercato interno o nell’ambito di scambi commerciali con paesi terzi, bensì, più in generale, quello di fornire un sistema armonizzato di procedimenti attraverso i quali limitare la circolazione dei rifiuti, al fine di garantire la tutela dell’ambiente (374). Pertanto, detto regolamento era validamente basato su disposizioni del Trattato concernenti la protezione dell’ambiente.

483. In tale contesto, esaminerò se i capi 7 e 13 rientrino integralmente nella politica commerciale comune.

 Ostacoli non tariffari agli scambi e agli investimenti nella produzione di energie rinnovabili

484. Il capo 7 dell’ALS/UE‑S mira a proteggere l’ambiente (e conseguentemente la salute umana) «promuove[ndo], sviluppa[ndo] ed aumenta[ndo] la produzione di energia da fonti non fossili rinnovabili e sostenibili» e riducendo in tal modo le emissioni di gas a effetto serra (375). Tuttavia, detto capo si applica solo alle misure che «possono incidere sugli scambi commerciali e sugli investimenti tra le Parti» connessi alla produzione di energia verde (376). Il fatto che l’Unione europea disponga o meno di una competenza esclusiva per detto capo ai sensi dell’articolo 207, paragrafo 1, TFUE dipende dalla questione se il capo in parola sia sostanzialmente diretto a promuovere, facilitare o disciplinare gli scambi e sortisca quindi su di essi effetti diretti ed immediati (377).

485. A mio parere, tale questione va risolta in senso affermativo.

486. Le disposizioni del capo 7 riguardano principalmente la regolamentazione degli strumenti di politica commerciale e l’eliminazione degli ostacoli agli scambi e agli investimenti. Così, l’articolo 7.4 verte sull’eliminazione delle barriere agli scambi e agli investimenti che possono ostacolare la produzione di energia verde, ad esempio vietando i «requisiti di contenuto locale» e l’istituzione obbligatoria di partenariati con imprese locali (378). Analogamente, l’articolo 7.5 dell’ALS/UE‑S è inteso a rimuovere gli ostacoli tecnici al commercio di prodotti per la produzione di energia verde. Secondo un principio consolidato, gli impegni internazionali diretti a garantire che i regolamenti tecnici e le norme, nonché le procedure di valutazione della conformità, non creino indebiti ostacoli al commercio internazionale rientrano nell’ambito della politica commerciale comune (379). Gli articoli 7.6 e 7.7 dell’ALS/UE‑S (che riguardano, rispettivamente, le eccezioni e l’attuazione e cooperazione) sono accessori rispetto agli altri impegni risultanti dal capo 7 e pertanto non sono decisivi per accertare se detto capo ricada nella politica commerciale comune.

487. Ne consegue che il capo 7 mira a disciplinare e facilitare gli scambi connessi alla produzione di energia verde e sortisce quindi effetti diretti e immediati sugli scambi. Pertanto, il capo in parola rientra interamente nella competenza esclusiva dell’Unione europea ai sensi dell’articolo 207, paragrafo 1, TFUE.

488. Tale conclusione non è rimessa in discussione dall’argomento addotto da uno Stato membro secondo cui il capo 7 potrebbe pregiudicare il diritto conferito a ciascuno Stato membro dall’articolo 194, paragrafo 2, secondo comma, TFUE di determinare le condizioni di utilizzo delle sue fonti energetiche, la scelta tra varie fonti energetiche e la struttura generale del suo approvvigionamento energetico. Come risulta dal suo tenore letterale, l’unico scopo dell’articolo 194, paragrafo 2, TFUE è precisare la portata della competenza dell’Unione europea ad adottare atti normativi ai fini dell’attuazione di una politica energetica. Pertanto, detta disposizione non può limitare il campo di applicazione autonomo della politica commerciale comune previsto dall’articolo 207, paragrafo 1, TFUE.

 Commercio e sviluppo sostenibile

489. Alcune disposizioni del capo 13 presentano manifestamente un collegamento diretto e immediato con la regolamentazione degli scambi. Così, l’articolo 13.6, paragrafo 4, dell’ALS/UE‑S riguarda specificamente la questione delle restrizioni dissimulate al commercio risultanti da misure volte ad attuare accordi multilaterali in materia di ambiente. Analogamente, l’articolo 13.12 dell’ALS/UE‑S ha in sostanza lo scopo di impedire che una Parte influisca sugli scambi o sugli investimenti rinunciando o altrimenti derogando alla propria legislazione in materia di ambiente e di lavoro oppure omettendo di dare efficace applicazione a tali leggi. Forniscono ulteriori esempi l’articolo 13.11, paragrafo 1, dell’ALS/UE‑S, che è specificamente diretto a facilitare e promuovere il commercio e gli investimenti in beni e servizi rispettosi dell’ambiente, e l’articolo 13.11, paragrafo 2, con cui le Parti concordano di dedicare particolare attenzione ad agevolare l’eliminazione degli ostacoli agli scambi e agli investimenti in relazione a beni e servizi rispettosi del clima.

490. Tuttavia, sebbene le Parti affermino che non intendono armonizzare le norme in materia di lavoro e di ambiente (articolo 13.1, paragrafo 4, dell’ALS/UE‑S), molte disposizioni del capo 13 non impongono una forma di condizionalità per gli scambi (che consenta all’altra Parte di adottare sanzioni commerciali in caso di inosservanza di tali condizioni, o di subordinare uno specifico vantaggio commerciale al rispetto delle norme in materia di lavoro e di ambiente) né disciplinano in altro modo l’utilizzo di strumenti di politica commerciale in quanto mezzo per promuovere lo sviluppo sostenibile.

491. Pertanto, gli articoli 13.3, paragrafi 1 e 3, 13.4 e 13.6, paragrafi 2 e 3, dell’ALS/UE‑S mirano essenzialmente ad instaurare nell’Unione europea e a Singapore norme minime in materia (rispettivamente) di protezione del lavoro e di protezione dell’ambiente, a prescindere dai loro possibili effetti sugli scambi. Pertanto, tali disposizioni esulano manifestamente dalla politica commerciale comune. Diversamente dalle clausole relative a «elementi essenziali» contenute in alcuni accordi commerciali internazionali conclusi dell’Unione (380), che prevedono l’obbligo di rispettare i principi democratici e i diritti umani, la violazione delle norme in materia di lavoro e di ambiente alle quali fanno riferimento tali disposizioni dell’ALS/UE‑S non conferisce all’altra Parte il diritto di sospendere i vantaggi commerciali derivanti dall’ALS/UE. Gli articoli 13.16 e 13.17 dell’ALS/UE‑S non autorizzano una Parte a sospendere le concessioni commerciali riconosciute all’altra Parte se questa non rispetta gli impegni previsti dal capo 13 (381). Inoltre, a differenza del regime speciale di incentivazione per lo sviluppo sostenibile e il buon governo nell’ambito del cosiddetto regime GSP+ (382), tali disposizioni non mirano neppure a riconoscere a Singapore concessioni commerciali a condizione che rispetti le suddette norme.

492. L’articolo 13.8 dell’ALS/UE‑S riguarda il «Commercio di prodotti ittici». Riconosco che l’obbligo stabilito dall’articolo 13.8, lettera b), di introdurre misure efficaci per combattere la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata possa condurre, tra l’altro, all’adozione di strumenti di politica commerciale o comprendere azioni dirette ad eliminare l’utilizzo di tali strumenti (quali le sovvenzioni che concorrono al sovrasfruttamento delle risorse ittiche e alla sovraccapacità e che sono collegate alla pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata). Tale disposizione fornisce anche alcuni esempi di siffatte misure.

493. Per contro, gli altri punti dell’articolo 13.8 dell’ALS/UE‑S mirano essenzialmente a contribuire alla conservazione e alla gestione delle risorse ittiche in maniera sostenibile ad opera delle Parti. Ad esempio, l’articolo 13.8, lettera a), dell’ALS/UE‑S impone alle Parti, in generale, di rispettare le misure di conservazione a lungo termine e di praticare lo sfruttamento sostenibile delle risorse ittiche conformemente agli strumenti internazionali da loro ratificati e di riconoscere i principi dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura e i pertinenti strumenti dell’ONU relativi a tali questioni. Il rispetto di tali norme non è un prerequisito per ottenere vantaggi commerciali. Né la violazione di tali impegni comporta la sospensione delle concessioni commerciali previste dall’ALS/UE‑S (383). Analogamente, l’articolo 13.8, lettere c) e d), dell’ALS/UE‑S non presenta un collegamento diretto e immediato con il commercio internazionale. Pertanto, esso non rientra nella politica commerciale comune.

494. Quali sono le implicazioni per quanto concerne la questione della competenza?

495. A mio parere, gli articoli 3, paragrafo 5, TUE e 21 TUE nonché gli articoli 9 TFUE e 11 TFUE, richiamati dalla Commissione, non sono pertinenti per risolvere la questione della competenza. Tali disposizioni hanno lo scopo di imporre all’Unione europea di contribuire a realizzare taluni obiettivi nelle sue politiche e azioni. Esse non possono incidere sulla portata della politica commerciale comune prevista dall’articolo 207 TFUE. Per lo stesso motivo, è irrilevante se, come sostenuto dalla Commissione, i diritti fondamentali menzionati all’articolo 13.3, paragrafo 3, dell’ALS/UE‑S siano compatibili con le regole universali in materia di lavoro garantite dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Tale argomento riguarda la compatibilità sostanziale dell’ALS/UE‑S con i diritti fondamentali e non può modificare la portata della competenza dell’Unione europea (384).

496. Non posso accogliere neppure l’argomento della Commissione secondo cui, in sostanza, gli articoli 13.3, paragrafo 3, e 13.6, paragrafo 2, dell’ALS/UE‑S non sono «sufficientemente prescrittivi» per essere presi in considerazione ai fini dell’esame della ripartizione delle competenze tra l’Unione europea e gli Stati membri in relazione al capo 13. A tale riguardo, la Commissione richiama la sentenza nella causa C‑377/12 (385), in cui la Corte ha dichiarato che le disposizioni relative alla riammissione, ai trasporti e all’ambiente dell’accordo quadro di partenariato e cooperazione tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica delle Filippine, dall’altra (386), non «contengono obblighi di una portata tale da poter ritenere che esse configurino obiettivi distinti da quelli della cooperazione allo sviluppo, che non siano né secondari né indiretti rispetto a questi ultimi» (387). Poiché la migrazione, i trasporti e l’ambiente formano parte integrante della politica di sviluppo dell’Unione europea, esigere che un accordo di cooperazione allo sviluppo che riguarda tali materie sia fondato su disposizioni dei Trattati diverse da quella relative alla politica dello sviluppo potrebbe, in pratica, privare del loro contenuto la competenza e il procedimento di cui a quest’ultima disposizione (388). Per contro, né i diritti fondamentali in materia di lavoro, né le norme sulla protezione dell’ambiente formano parte integrante della politica commerciale comune. Pertanto, la sentenza nella causa C‑377/12 non fornisce indicazioni utili ai fini dell’analisi del capo 13 dell’ALS/UE‑S.

497. A mio parere, il capo 13 presenta quattro componenti. La prima comprende le disposizioni che rientrano nella politica commerciale comune. La seconda e la terza comprendono le disposizioni concernenti, rispettivamente, le norme in materia di protezione del lavoro e le norme in materia di protezione dell’ambiente. La quarta componente riguarda la conservazione e la gestione sostenibili delle risorse ittiche.

498. Nessuna di dette componenti può essere considerata solo un’integrazione necessaria per garantire l’efficacia delle altre componenti dell’ALS/UE‑S o del capo 13, né si può ritenere che esse abbiano una portata estremamente ridotta. In particolare, non posso condividere l’argomento della Commissione secondo cui l’articolo 13.6, paragrafo 2, dell’ALS/UE‑S (che impone di dare efficace attuazione agli accordi multilaterali in materia di ambiente di cui l’Unione europea e Singapore sono firmatarie) non comporta nuovi obblighi internazionali per le Parti. È vero che detta disposizione si riferisce solo agli impegni multilaterali preesistenti delle Parti in materia di protezione dell’ambiente. Tuttavia, essa ha l’effetto di integrare detti impegni nell’ALS/UE‑S e di renderli quindi applicabili tra l’Unione europea e Singapore sulla base dell’ALS/UE‑S. Pertanto, l’articolo 13.6, paragrafo 2, comporta manifestamente un nuovo obbligo per le Parti, la cui esecuzione può essere ottenuta in forza dell’ALS/UE‑S.

499. Ne consegue che la decisione dell’Unione europea di assumere impegni per ognuna delle quattro componenti deve essere fondata su una base giuridica diversa.

500. Per quanto riguarda la prima componente, la competenza esclusiva dell’Unione europea risulta dagli articoli 3, paragrafo 1, lettera e), TFUE e 207, paragrafo 1, TFUE. Conformemente agli articoli 3, paragrafo 1, lettera d), TFUE e 43, paragrafo 2, TFUE (389), la quarta componente rientra nella competenza esclusiva dell’Unione europea in materia di conservazione delle risorse biologiche del mare nel quadro della politica comune della pesca.

501. Per contro, la seconda e la terza componente rientrano, in linea di principio, nella competenza concorrente dell’Unione europea.

502. Le disposizioni relative alle norme sulla tutela del lavoro (seconda componente) possono essere considerate necessarie per realizzare gli obiettivi di politica sociale indicati all’articolo 151 TFUE, con particolare riguardo a quelli elencati all’articolo 153, paragrafo 1, lettere a), b) e c), TFUE (miglioramento dell’ambiente di lavoro per proteggere la sicurezza e la salute dei lavoratori, condizioni di lavoro, sicurezza sociale e protezione sociale dei lavoratori). Pertanto, l’Unione europea ha competenza concorrente per detta componente in virtù degli articoli 4, paragrafo 2, lettera b), TFUE, 151 TFUE e 153, paragrafo 1, TFUE, nonché della seconda ipotesi di cui all’articolo 216, paragrafo 1, TFUE.

503. Per quanto riguarda le disposizioni relative alle norme sulla protezione dell’ambiente (terza componente), è sufficiente rilevare che l’Unione europea ha competenza, ai sensi dell’articolo 191, paragrafo 1, TFUE, a perseguire una politica ambientale diretta a salvaguardare, tutelare e migliorare la qualità dell’ambiente. La competenza esterna dell’Unione europea a perseguire politiche ambientali, che risulta dall’articolo 191, paragrafo 4, TFUE (390) e dalla prima ipotesi dell’articolo 216, paragrafo 1, TFUE, è condivisa con gli Stati membri conformemente all’articolo 4, paragrafo 2, lettera e), TFUE.

504. La Commissione non ha affermato che l’Unione europea dispone di una competenza esterna esclusiva per la seconda e la terza componente in base all’articolo 3, paragrafo 2, TFUE. Pertanto, non spetta alla Corte verificare se la terza ipotesi di cui alla menzionata disposizione sia plausibilmente applicabile a dette componenti (391).

 Trasparenza e procedure di ricorso amministrativo e giurisdizionale delle misure di applicazione generale (capo 14 dell’ALS/UE‑S (392) e disposizioni correlate di altri capi (393))

 Argomenti

505. La Commissione sostiene che il capo 14 rientra nella competenza esclusiva dell’Unione europea in materia di politica commerciale comune per i seguenti motivi: i) detto capo è inteso a facilitare gli scambi e gli investimenti, ii) le sue disposizioni si applicano solo a misure concernenti materie disciplinate da altri capi dell’ALS/UE‑S e iii) le sue disposizioni sono dirette a precisare e migliorare le vigenti disposizioni dell’accordo OMC, in particolare l’articolo X del GATT 1994. Inoltre, dette disposizioni rispecchiano considerazioni essenziali attinenti al giusto processo che formano parte dei principi generali del diritto dell’Unione.

506. Il Parlamento e il Consiglio non hanno dedotto argomenti specifici in merito al capo 14.

507. Un numero esiguo di Stati membri ha preso posizione in ordine al capo 14. Essi affermano, da un lato, che detto capo riguarda l’esercizio dell’amministrazione nazionale, il ricorso ai procedimenti amministrativi e la tutela giurisdizionale contro le misure amministrative e, dall’altro, che l’argomento della Commissione presuppone che l’Unione europea disponga di una competenza esclusiva per tutte le altre parti dell’ALS/UE‑S. Tuttavia, il capo 14, nella misura in cui è volto a dare attuazione ad altre parti dell’ALS/UE‑S per le quali la competenza dell’Unione europea non è esclusiva, non può rientrare nella competenza esclusiva dell’Unione. Inoltre, le disposizioni del capo 14 non riguardano specificamente il commercio internazionale. Infine, le questioni relative alla giustizia di cui agli articoli 14.5 e 14.6 dell’ALS/UE‑S non rientrano nella competenza esclusiva né nella competenza concorrente dell’Unione europea: esse esulano dall’ambito di applicazione dell’articolo 81, paragrafo 2, TFUE (che riguarda la cooperazione giudiziaria in materia civile).

 Analisi

508. Il capo 14 prevede obblighi di trasparenza, consultazione e miglioramento della gestione amministrativa applicabili a qualsiasi disposizione legislativa o regolamentare, sentenza, procedura o decisione amministrativa che possa avere un’incidenza sulle questioni oggetto dell’ALS/UE‑S (le cosiddette «misure di applicazione generale») (394). Detto capo è stato inserito in particolare a motivo dell’incidenza che i contesti normativi possono avere sugli scambi commerciali e sugli investimenti tra le Parti (395). Gli obblighi previsti dal capo 14 si applicano congiuntamente ad obblighi analoghi, che perseguono obiettivi simili, contenuti in altri capi dell’ALS/UE‑S (396).

509. Pertanto, il capo 14 si applica orizzontalmente a tutti i capi dell’ALS/UE‑S e solo nella misura in cui riguarda le materie che formano oggetto di detti capi. Pertanto, ritengo che l’obiettivo principale del capo 14 non sia disciplinare i procedimenti amministrativi e la tutela giurisdizionale in quanto tali. Gli obblighi previsti da tale capo scattano solo in presenza di misure di applicazione generale che incidano su materie coperte dall’ALS/UE‑S. Il loro scopo e la loro funzione consistono nel garantire che la disciplina delle questioni sostanziali che rientrano nell’ambito di applicazione di tale accordo sia efficace, operativa e attuabile (397). Le disposizioni del capo 14 (e disposizioni più specifiche sulla stessa materia contenute in altri capi) non si applicano autonomamente. Esse sono per natura accessorie; al contempo, tuttavia, risultano essenziali per il corretto funzionamento dell’ALS/UE‑S.

510. Inoltre, la trasparenza, la consultazione e la gestione delle misure di applicazione generale relative a materie che rientrano nella politica commerciale comune sono essenziali per ridurre o evitare gli ostacoli al commercio. Infatti, la mancanza di trasparenza, di equità e di certezza del diritto può costituire essa stessa un ostacolo agli scambi (398). Se non si concedessero garanzie procedurali agli operatori commerciali e agli investitori e non esistessero strumenti per assicurare che tali operatori e investitori, nonché i governi, acquistino familiarità e si adeguino alle misure di applicazione generale in materia di scambi e di investimenti, verrebbero meno i vantaggi della liberalizzazione degli scambi ottenuti attraverso le norme sostanziali dell’ALS/UE‑S. Inoltre, le condizioni di concorrenza potrebbero risultare falsate qualora tali misure non fossero effettivamente applicate o se, in mancanza di garanzie sufficienti, fosse praticamente impossibile realizzare specifiche operazioni. Gli interessati potrebbero rinunciare all’operazione commerciale o all’investimento, oppure le loro operazioni potrebbero subire ritardi o diventare più onerose.

511. In tale contesto, mi sembra che la politica commerciale comune copra le norme e le decisioni in materia di pubblicazione, amministrazione e riesame amministrativo e giurisdizionale delle misure di applicazione generale che incidono su materie disciplinate dall’ALS/UE‑S e specificamente connesse agli scambi internazionali o agli investimenti. Sebbene non si applichino al contenuto sostanziale di tali misure, gli obblighi in tale settore sono necessari, al pari degli obblighi sostanziali, per realizzare l’obiettivo di promuovere e facilitare il commercio e gli investimenti e sortiscono effetti diretti e immediati sugli scambi.

512. A mio parere, tali obblighi svolgono una funzione analoga nel contesto di politiche esterne diverse dalla politica commerciale comune e pertinenti per le materie coperte dall’ALS/UE‑S. Ai fini della conclusione di accordi con paesi terzi riguardanti altre materie che rientrano nella competenza esclusiva o concorrente dell’Unione europea (quali trasporti, tutela dell’ambiente o promozione degli investimenti di portafoglio), la competenza dell’Unione europea deve includere il potere di decisione su disposizioni dirette a garantire l’efficacia degli impegni assunti dall’Unione stessa. Così, ad esempio, gli impegni sostanziali relativi alla protezione dell’ambiente potrebbero essere vanificati qualora un paese terzo negasse ai cittadini dell’Unione l’accesso al controllo giurisdizionale in relazione a misure ambientali di applicazione generale quando invece tale controllo giurisdizionale fosse accessibile ai suoi cittadini in circostanze analoghe.

513. Pertanto, ritengo che la ripartizione delle competenze relative alle disposizioni sulla trasparenza e sul controllo amministrativo e giurisdizionale delle misure di applicazione generale (di cui al capo 14 o ad altri capi) debba coincidere con la ripartizione delle competenze materiali.

 Risoluzione delle controversie e mediazione (capi 9, sezione B (399), 13, 15 e 16 dell’ALS/UE‑S (400))

 Argomenti

514. La Commissione sostiene che l’Unione europea ha competenza esclusiva per tutte le disposizioni ISDS della sezione B del capo 9. Tale competenza deriva necessariamente dalla competenza per le disposizioni sostanziali dell’accordo che vengono applicate e interpretate in seguito all’attivazione del meccanismo di risoluzione delle controversie. Ciò implica inoltre che, in linea di principio, l’Unione europea è l’unica responsabile, sotto il profilo del diritto internazionale, di qualsiasi violazione di dette disposizioni. L’Unione europea può decidere, nel quadro del diritto dell’Unione, di ripartire la responsabilità finanziaria connessa al meccanismo ISDS tra sé e gli Stati membri e di consentire a questi ultimi di agire in qualità di convenuti (e quindi eventualmente di sopportare la responsabilità finanziaria) qualora siano responsabili del trattamento contestato, salvo che detto trattamento sia imposto dal diritto dell’Unione. Tale sarebbe precisamente lo scopo del regolamento n. 912/2014 (401), che si applica a tutti gli accordi di cui l’Unione europea è parte e che prevedano un meccanismo ISDS. Le norme sulla ripartizione contenute in detto regolamento si applicano quando l’Unione europea determina, conformemente all’articolo 9.15, paragrafo 2, dell’ALS/UE‑S, il convenuto in una controversia investitore‑Stato.

515. La Commissione non ha dedotto argomenti specifici in relazione agli articoli 13.16 («Consultazioni governative») e 13.17 («Gruppo di esperti») dell’ALS/UE‑S.

516. Per quanto riguarda i capi 15 (risoluzione delle controversie) e 16 («Mediazione»), la Commissione sostiene che detti capi sono necessari per garantire l’effettiva attuazione dei diritti e degli obblighi derivanti dall’ALS/UE‑S e conformarsi alla prassi internazionale consolidata. Poiché l’Unione europea dispone di una competenza esclusiva per parti dell’ALS/UE‑S alle quali si applicano i capi 15 e 16, essa dispone parimenti di una competenza esclusiva sui capi in parola.

517. Il Parlamento condivide sostanzialmente la posizione della Commissione.

518. Il Consiglio sostiene che, dal momento che l’Unione europea non ha competenza esclusiva a legiferare in materia di protezione diplomatica (articolo 9.28 dell’ALS/UE‑S), essa non può, in ogni caso, avere competenza esclusiva a firmare e concludere l’ALS/UE‑S. Nonostante l’articolo 23, primo comma, TFUE, la decisione se concedere o meno la protezione diplomatica in un caso specifico spetta agli Stati membri. In subordine, il Consiglio sostiene che la competenza dell’Unione europea in relazione all’articolo 9.28 dell’ALS/UE‑S è limitata alle controversie che riguardano gli investimenti esteri diretti.

519. Il Consiglio non ha dedotto argomenti specifici in merito ai capi 15 e 16.

520. Mentre la maggior parte degli Stati membri che hanno presentato osservazioni scritte ha esaminato (approfonditamente) la sezione B del capo 9, le loro osservazioni sui capi 15 e 16 sono molto più limitate. All’udienza, alcuni Stati membri hanno concentrato l’attenzione sulle disposizioni dell’articolo 9.28 dell’ALS/UE‑S, che riguardano la protezione diplomatica.

521. Per quanto riguarda la sezione B del capo 9, essi sostengono anzitutto che l’Unione europea, non avendo competenza esclusiva sui tipi di investimento diversi dagli investimenti esteri diretti, non può disporre di una competenza esclusiva per detta sezione, che si applica sia agli investimenti esteri diretti, sia ad altri tipi di investimento. Inoltre, poiché l’ALS/UE‑S prevede un meccanismo di risoluzione delle controversie in cui gli Stati membri possono essere designati quali convenuti, i diritti costituzionali di alcuni Stati membri potrebbero imporre loro di partecipare alla conclusione di detto accordo.

522. Il Consiglio e gli Stati membri non hanno dedotto argomenti specifici in merito agli articoli 13.16 e 13.17 dell’ALS/UE‑S, salvo richiamare l’articolo 13.17 a sostegno della loro posizione sulla competenza dell’Unione europea per le disposizioni sostanziali del capo 13.

 Analisi

523. A mio parere, la ripartizione delle competenze per quanto riguarda i meccanismi per la risoluzione delle controversie relative all’interpretazione ed applicazione di varie disposizioni dell’ALS/UE‑S è accessoria rispetto alla ripartizione delle competenze sostanziali. Ciò vale sia per i capi 15 e 16, che si applicano orizzontalmente, sia per altri capi che prevedono specifiche forme di risoluzione delle controversie (quali la sezione B del capo 9 relativo agli investimenti e il capo 13 sul commercio e lo sviluppo sostenibile).

524. Tale ripartizione delle competenze fra l’Unione e i suoi Stati membri è disciplinata esclusivamente dai Trattati. Le disposizioni di ordine giuridico interno, anche se di natura costituzionale, non sono atte a modificare detta ripartizione (402).

525. Dai pareri 1/91, 1/09 e 2/13 risulta che, se l’Unione europea ha competenza per le disposizioni sostanziali di un accordo internazionale, essa ha competenza anche per i meccanismi di risoluzione delle controversie intesi a garantire che dette disposizioni siano effettivamente applicate. Tali meccanismi contribuiscono solo a raggiungere gli obiettivi principali dell’accordo e pertanto sono accessori rispetto alle norme (sostanziali) alle quali si riferiscono (403).

526. Tale conclusione vale sia per il meccanismo orizzontale di risoluzione delle controversie di cui al capo 15, sia per i meccanismi per la risoluzione delle controversie relativi a materie specifiche previsti dalla sezione B del capo 9 e dal capo 13 (404). Diversamente da alcuni Stati membri, ritengo che il fatto che il meccanismo ISDS conferisca all’investitore di una Parte il diritto di avviare un procedimento arbitrale nei confronti dell’altra Parte non riguardi di per sé la ripartizione delle competenze tra l’Unione europea e gli Stati membri. Tale elemento rispecchia il fatto che le Parti hanno scelto di optare per tale tipo di risoluzione delle controversie per quanto riguarda gli investimenti, anziché per la risoluzione delle controversie fra Stati (o per entrambi i meccanismi). Pertanto, esso riguarda il modo in cui la competenza esterna viene esercitata, piuttosto che l’esistenza e la natura di detta competenza esterna.

527. Lo stesso ragionamento vale per i meccanismi di mediazione come quelli previsti dall’allegato 9-E (con specifico riguardo alle controversie investitore‑Stato) e dal capo 16. Tali meccanismi sono parimenti intesi a garantire l’efficace attuazione delle disposizioni dell’ALS/UE‑S alle quali si applicano.

528. Tale conclusione non è inficiata dall’argomento (dedotto da uno Stato membro) secondo cui, sebbene l’articolo 9.16 dell’ALS/UE‑S preveda una procedura arbitrale sotto l’egida del Centro internazionale per la risoluzione delle controversie in materia di investimenti (ICSID), l’Unione europea non può diventare parte della convenzione per il regolamento delle controversie relative agli investimenti tra Stati e cittadini di altri Stati, firmata il 18 marzo 1965. È vero che solo gli Stati possono diventare parte di detta convenzione (405). Tuttavia, la Corte ha già dichiarato che un ostacolo di diritto internazionale alla capacità dell’Unione europea di concludere un accordo internazionale non riguarda la portata della competenza esterna dell’Unione europea, che va stabilita esclusivamente sulla base del diritto dell’Unione. Un ostacolo siffatto non impedisce all’Unione europea di esercitare la propria competenza esterna tramite i suoi Stati membri, che agiscono congiuntamente nel suo interesse (406). In ogni caso, l’arbitrato ICSID è solo uno dei meccanismi di risoluzione delle controversie menzionati all’articolo 9.16 dell’ALS/UE‑S.

529. Poiché i meccanismi di risoluzione delle controversie e di mediazione sono accessori per natura, la ripartizione delle competenze tra l’Unione europea e gli Stati membri per tali meccanismi coincide necessariamente con quella per le disposizioni sostanziali alle quali essi si riferiscono. In altri termini, tali meccanismi non sono atti di per sé ad alterare la ripartizione delle competenze tra l’Unione europea e i suoi Stati membri.

530. Pertanto, non mi convince l’argomento secondo cui, poiché gli Stati membri possono essere convenuti in controversie aventi ad oggetto un investimento e quindi eventualmente sopportare gli oneri finanziari derivanti dalle decisioni che definiscono tali controversie (407), l’Unione europea non può avere competenza esclusiva ad approvare la sezione B del capo 9 dell’ALS/UE‑S.

531. Inoltre, le norme sulla ripartizione della responsabilità finanziaria tra l’Unione europea e i suoi Stati membri previste dal regolamento n. 912/2014 non hanno alcuna incidenza sulla ripartizione delle competenze stabilita dai Trattati. La parte introduttiva dell’articolo 1, paragrafo 1, del regolamento n. 912/2014 enuncia espressamente che è «[f]atta salva la ripartizione di competenze stabilita dal TFUE» (408) e che il medesimo regolamento deve essere applicato in conformità con le norme del Trattato in materia di competenza (409).

532. In ogni caso, la Corte ha già dichiarato che, ai fini della ripartizione delle competenze tra l’Unione europea e i suoi Stati membri per la conclusione di un accordo internazionale, poco conta che gli obblighi e gli oneri finanziari relativi all’esecuzione dell’accordo gravino direttamente sugli Stati membri (410). L’azione interna o esterna dell’Unione europea nell’ambito delle sue competenze non implica necessariamente un trasferimento alle istituzioni dell’Unione degli obblighi e degli oneri finanziari eventualmente connessi con tale azione; dette norme sono intese solo a sostituire l’azione unilaterale degli Stati membri con un’azione comune basata su principi uniformi per tutta l’Unione europea (411).

533. A mio avviso, tale ragionamento vale a fortiori per gli oneri finanziari imposti a uno Stato membro in seguito all’adozione da parte di un tribunale arbitrale di un lodo arbitrale definitivo secondo cui detto Stato membro ha applicato misure incompatibili con le norme dell’ALS/UE‑S in materia di protezione degli investimenti.

534. A fini di completezza, devo aggiungere che, nel parere 1/78, la Corte ha dichiarato sostanzialmente che, qualora un accordo internazionale preveda un meccanismo di finanziamento che costituisce un «elemento essenziale» dell’accordo, tale circostanza è idonea di per sé a giustificare la partecipazione degli Stati membri alla sua conclusione, se gli oneri finanziari che ne derivano sono posti direttamente a carico dei loro bilanci (412). Ritengo che tale ragionamento non valga per gli oneri finanziari eventualmente imposti agli Stati membri in forza del meccanismo ISDS previsto dall’ALS/UE‑S. Tali oneri finanziari, qualora sorgessero, risulterebbero da un’esecuzione inadeguata da parte di uno Stato membro degli obblighi sanciti dall’ALS/UE-S. Ne consegue che gli oneri in parola non possono essere equiparati a quelli esaminati dalla Corte nel parere 1/78.

535. Pertanto, concludo che l’Unione europea ha competenza ad approvare i meccanismi di risoluzione delle controversie e di mediazione previsti dal capo 9, sezione B, e dai capi 13, 15 e 16 dell’ALS/UE‑S. Per effetto della competenza concorrente dell’Unione europea per talune disposizioni dell’ALS/UE‑S alle quali si applicano i suddetti capi, l’Unione europea condivide detta competenza con gli Stati membri. Nella misura in cui l’Unione europea dispone di una competenza esclusiva per alcune disposizioni dell’ALS/UE‑S, essa è competente in via esclusiva ad approvare il capo 9, sezione B, gli articoli 13.16 e 13.17, nonché i capi 15 e 16 dell’ALS/UE‑S.

536. Sottolineo che tale conclusione riguarda solo la competenza. Non ho esaminato né mi pronuncio sulla compatibilità sostanziale della sezione B del capo 9 con le norme sostanziali dei Trattati. Siffatta questione esula dall’ambito della domanda di parere presentata dalla Commissione (413).

537. Infine, non mi convince l’argomento secondo cui l’Unione europea non può disporre di una competenza esclusiva per la sezione B del capo 9 poiché vi osterebbe l’articolo 9.28 dell’ALS/UE‑S. La principale obiezione mossa a detta disposizione è che l’Unione europea non ha competenza in materia di protezione diplomatica.

538. Poiché tale questione risulterebbe d’importanza fondamentale solo qualora la Corte dichiarasse che l’Unione europea dispone di una competenza esclusiva per tutte le altre parti dell’ALS/UE‑S, presumerò, ai fini della successiva analisi, che tale ipotesi ricorra.

539. La protezione diplomatica riguarda i procedimenti con cui lo Stato il cui cittadino abbia subito un pregiudizio fa valere la responsabilità di un altro Stato per i danni causati ai propri cittadini da una condotta illecita attiva od omissiva di questo secondo Stato al fine di garantire protezione a detto cittadino e ottenere un risarcimento (414). O, impiegando la formulazione della Corte permanente di giustizia internazionale, «facendosi carico della causa di uno dei suoi cittadini e ricorrendo in suo favore all’azione diplomatica o a procedimenti giudiziari internazionali, in realtà uno Stato fa valere un diritto suo proprio, cioè il diritto che ha di far rispettare, nella persona dei suoi cittadini, il diritto internazionale» (415). Conformemente a una regola di diritto internazionale consuetudinario, prima che uno Stato possa fornire protezione diplomatica a propri cittadini che hanno subito un pregiudizio, occorre che questi ultimi abbiano prima esaurito i mezzi di ricorso interni (416).

540. I singoli hanno gradualmente ottenuto più diritti individuali in forza del diritto internazionale, compresi i diritti di far valere clausole di protezione contro i loro stessi Stati o contro Stati ospitanti. Pertanto, la protezione diplomatica coesiste attualmente con strumenti che consentono ai singoli di far valere i loro diritti direttamente (quali i meccanismi ISDS) (417). Secondo la Commissione per il diritto internazionale, «le procedure di risoluzione delle controversi previste da [accordi bilaterali in materia di investimenti] e [l’]ICSID offrono più vantaggi all’investitore estero rispetto al sistema di protezione diplomatica di diritto internazionale consuetudinario, in quanto forniscono all’investitore l’accesso diretto all’arbitrato internazionale, evitano l’incertezza politica insita nella discrezionalità della protezione diplomatica e dispensano dal rispetto delle condizioni per l’esercizio di detta protezione» (418).

541. La Commissione ha confermato che l’articolo 9.28 dell’ALS/UE‑S è basato sulla convenzione ICSID (419).

542. A mio avviso, l’articolo 9.28 dell’ALS/UE‑S riguarda il rapporto tra, da un lato, la giurisdizione dei tribunali arbitrali ai sensi della sezione B del capo 9 (in prosieguo: «un tribunale arbitrale a norma del capo 9 dell’ALS/UE‑S») e, dall’altro, altri giudici (nazionali o internazionali) e altri procedimenti per far valere la responsabilità di un’altra Parte (articolo 9.28, paragrafo 1) nonché i collegi arbitrali di cui al capo 15 dell’ALS/UE‑S (in prosieguo: «un collegio arbitrale a norma del capo 15 dell’ALS/UE‑S») (articolo 9.28, paragrafo 2). Se una Parte e un investitore di un’altra Parte hanno concordato di sottoporre la loro controversia ad arbitrato conformemente alla sezione B del capo 9, tale controversia non può (in linea di principio) essere sottoposte a un altro giudice attraverso un’azione di protezione diplomatica o un ricorso internazionale. Sono previste due eccezioni: in primo luogo, nel caso in cui la Parte non si sia conformata agli obblighi derivanti dal lodo emesso da un tribunale arbitrale a norma del capo 9 dell’ALS/UE‑S (articolo 9.28, paragrafo 1), e, in secondo luogo, quando un collegio arbitrale a norma del capo 15 dell’ALS/UE‑S abbia competenza a dirimere una controversia in relazione ad una misura di applicazione generale (articolo 9.28, paragrafo 2).

543. A mio parere, se i meccanismi di risoluzione delle controversie riguardano l’interpretazione e l’applicazione di disposizioni di un accordo internazionale che ricade nella competenza esclusiva dell’Unione europea, quest’ultima può anche statuire in merito alle clausole che limitano la competenza (esclusiva) prevista nell’ambito di tali meccanismi.

544. Infine, ai sensi dell’articolo 23, primo comma, TFUE, le autorità diplomatiche o consolari di uno Stato membro possono essere tenute, in alcune circostanze, ad offrire protezione ai cittadini di altri Stati membri alle stesse condizioni dei propri cittadini. Pertanto, il diritto dell’Unione amplia la categoria delle persone legittimate a beneficiare della protezione diplomatica degli Stati membri. Per il resto, spetta a questi ultimi assumere le decisioni in materia di protezione diplomatica. Tuttavia, tale competenza deve essere esercitata in conformità con la competenza conferita all’Unione europea dai Trattati ad accettare la giurisdizione dei meccanismi di risoluzione delle controversie che riguardano disposizioni di un accordo internazionale rientrante (in questa ipotesi) nella sua competenza esclusiva.

 Disposizioni istituzionali, generali e finali (capo 17 dell’ALS/UE‑S (420))

 Argomenti

545. La Commissione sostiene che il capo 17 ha lo scopo di istituire un quadro istituzionale e procedurale che garantisca l’efficacia dell’ALS/UE‑S. Poiché le disposizioni del capo 17 sono quindi accessorie al resto dell’ALS/UE‑S, l’Unione europea dispone di una competenza esclusiva anche su detto capo. Tale conclusione vale del pari per le disposizioni che prevedono eccezioni in materia di fiscalità (articolo 17.6), conto corrente e movimenti di capitali (articolo 17.7), fondi sovrani di investimento (articolo 17.8), restrizioni a salvaguardia della bilancia dei pagamenti (articolo 17.9), sicurezza (articolo 17.10) e divulgazione delle informazioni (articolo 17.11).

546. Il Parlamento e il Consiglio non hanno preso posizione in merito al capo 17.

547. Un solo Stato membro ha esaminato tale capo, sostenendo che la Commissione non ha prodotto nessun elemento idoneo a dimostrare che l’articolo 17.6 dell’ALS/UE‑S riguardi specificamente il commercio internazionale e che, in ogni caso, detta disposizione esula dalle competenze in materia di fiscalità attribuite dai Trattati all’Unione europea.

 Analisi

548. Le disposizioni del capo 17 dell’ALS/UE‑S che presentano una dimensione puramente procedurale o istituzionale sono comunemente rinvenibili negli accordi (commerciali) internazionali. Tali disposizioni istituiscono organismi incaricati di specifici compiti previsti dall’accordo e ne definiscono il funzionamento (articoli 17.1, 17.2 e 17.3), disciplinano il rapporto tra l’accordo e altri impegni internazionali delle Parti (articoli 17.3 e 17.17) e stabiliscono norme riguardanti la modifica (articolo 17.5), l’entrata in vigore (articolo 17.12), la durata (articolo 17.13), l’adempimento degli obblighi (articolo 17.14), l’efficacia dell’accordo negli ordinamenti giuridici delle Parti (articolo 17.15), la portata dell’accordo e le versioni facenti fede (articoli 17.16 e 17.20), le future adesioni all’Unione europea e l’ambito di applicazione territoriale dell’accordo (articoli 17.18 e 17.19). Poiché tali disposizioni sono puramente accessorie per natura, non sono idonee di per sé a modificare la ripartizione della competenza tra l’Unione europea e gli Stati membri per quanto riguarda le altre disposizioni dell’ALS/UE‑S.

549. Le altre disposizioni del capo 17 sono di natura più sostanziale.

550. Lo scopo dell’articolo 17.6 dell’ALS/UE‑S («Fiscalità») (in combinato disposto con l’intesa 1) è precisare entro quali limiti l’ALS/UE‑S si applichi alle misure fiscali e preservare la competenza di Singapore e dell’Unione europea o dei suoi Stati membri a condurre le proprie politiche fiscali. Di conseguenza, detta disposizione è accessoria rispetto al resto dell’ALS/UE‑S e non ne costituisce una componente distinta.

551. Lo stesso vale per l’articolo 17.9 dell’ALS/UE‑S («Restrizioni a salvaguardia della bilancia dei pagamenti»). Tale disposizione autorizza le Parti, qualora incontrino gravi difficoltà finanziarie relative alla bilancia dei pagamenti e alla posizione finanziaria esterna, a limitare i vantaggi concessi in base all’ALS/UE‑S per quanto riguarda gli scambi di merci e servizi, lo stabilimento nonché i pagamenti ed i trasferimenti connessi agli investimenti. Pertanto, detta disposizione è rilevante solo in relazione ad altre disposizioni dell’ALS/UE‑S, rispetto alle quali rappresenta un’eccezione. Ne consegue che la disposizione in parola non costituisce una componente distinta di tale accordo. Analogamente, l’articolo 17.10 («Eccezioni relative alla sicurezza») e 17.11 («Divulgazione delle informazioni») sono entrambi puramente accessori rispetto al resto dell’ALS/UE‑S.

552. Infine, gli articoli 17.7 («Conto corrente e movimenti di capitali») e 17.8 («Fondi sovrani di investimento») contengono norme autonome rispetto alle altre disposizioni dell’ALS/UE‑S. Tuttavia, tali norme hanno una portata molto limitata e non possono quindi essere considerate una componente distinta di detto accordo.

553. Pertanto, concludo che le disposizioni del capo 17 dell’ALS/UE‑S sono puramente accessorie rispetto alle altre disposizioni del medesimo accordo o hanno una portata molto limitata, e che, per tale motivo, esse non sono idonee a modificare la ripartizione delle competenze tra l’Unione europea e gli Stati membri per quanto riguarda le varie componenti dell’ALS/UE‑S.

 Analisi della competenza esterna dell’Unione europea a concludere l’ALS/UE‑S

554. Da tutte le considerazioni che precedono risulta che, per valutare la ripartizione delle competenze tra l’Unione europea e gli Stati membri, occorre suddividere l’ALS/UE‑S in varie parti distinte. Tali parti sono: le disposizioni che rientrano nella politica commerciale comune; le disposizioni che liberalizzano i servizi di trasporto tra l’Unione europea e Singapore e pertanto rientrano nell’ambito della politica dei trasporti; le disposizioni relative a tipi di investimento diversi dagli investimenti esteri diretti, che sono soggetti alle norme in materia di libera circolazione dei capitali; le disposizioni concernenti gli aspetti non commerciali dei diritti di proprietà intellettuale, che sono necessarie per realizzare gli obiettivi del mercato interno; le disposizioni che riguardano la convergenza delle norme fondamentali in materia di lavoro e di ambiente tra l’Unione europea e Singapore e che pertanto rientrano, rispettivamente, nella politica sociale e nella politica di tutela dell’ambiente, e le disposizioni relative alla conservazione delle risorse biologiche del mare, che rientrano nella politica della pesca.

555. Nessuna di tali parti può essere considerata l’elemento principale o prevalente dell’ALS/UE‑S, oppure un elemento «meramente accessorio» o che ha «una portata estremamente limitata».

556. Poiché non tutte le suddette parti rientrano nell’ambito della competenza esterna esclusiva dell’Unione europea, l’ALS/UE‑S non può essere concluso, sulla base della competenza esclusiva dell’Unione europea, senza la partecipazione degli Stati membri.

557. Di seguito indicherò nel dettaglio come debbano essere ripartite, a mio parere, le competenze tra l’Unione europea e gli Stati membri in relazione alle varie parti dell’ALS/UE‑S.

558. L’Unione europea dispone di una competenza esterna esclusiva, ai sensi degli articoli 3, paragrafo 1, lettera e), TFUE e 207, paragrafo 1, TFUE, per le parti dell’ALS/UE‑S contenenti disposizioni che rientrano nella politica commerciale comune. Tali disposizioni riguardano:

–        obiettivi e definizioni generali (capo 1);

–        scambi di merci (capi da 2 a 6);

–        scambi e investimenti nella produzione di energie rinnovabili (capo 7);

–        scambi di servizi e appalti pubblici (capi 8 e 10), ad eccezione delle parti dell’ALS/UE‑S che si applicano ai servizi di trasporto e ai servizi intrinsecamente connessi ai servizi di trasporto;

–        investimenti esteri diretti (capo 9, sezione A);

–        aspetti commerciali dei diritti della proprietà intellettuale (capo 11, ad esclusione delle disposizioni relative agli aspetti non commerciali di tali diritti);

–        concorrenza e questioni correlate (capo 12); e

–        commercio e sviluppo sostenibile, nella misura in cui le disposizioni in questione riguardano principalmente strumenti di politica commerciale (capo 13, ad esclusione delle disposizioni indicate infra ai paragrafi 559 e 562).

559. L’Unione europea dispone parimenti di una competenza esterna esclusiva, ai sensi degli articoli 3, paragrafo 1, lettera d), e 43, paragrafo 2, TFUE per le parti dell’ALS/UE‑S che riguardano la conservazione delle risorse biologiche del mare [articolo 13.8, lettere a), c) e d) dell’ALS/UE‑S].

560. Inoltre, l’Unione europea dispone di una competenza esterna esclusiva, ai sensi degli articoli 91 TFUE e 100, paragrafo 1, TFUE, in combinato disposto con la terza ipotesi di cui all’articolo 3, paragrafo 2, TFUE e la quarta ipotesi di cui all’articolo 216, paragrafo 1, TFUE, per le disposizioni dell’ALS/UE‑S concernenti gli scambi di servizi di trasporto ferroviario e stradale (capo 8 dell’ALS/UE‑S).

561. Infine, l’Unione europea dispone parimenti di una competenza esterna esclusiva per le materie disciplinate dalla sezione B del capo 9, dagli articoli 13.16 e 13.17 nonché dai capi da 14 a 17 dell’ALS/UE‑S, nei limiti in cui tali disposizioni si applicano (e sono quindi accessorie) alle parti dell’ALS/UE‑S per le quali l’Unione europea dispone di una competenza esterna esclusiva.

562. La competenza esterna dell’Unione europea è concorrente con quella degli Stati membri per le seguenti componenti dell’ALS/UE‑S:

–        le disposizioni sugli scambi di servizi di trasporto aereo, marittimo e sulle vie navigabili interne, compresi i servizi intrinsecamente connessi a tali servizi (capo 8), in base agli articoli 4, paragrafo 2, lettera g), TFUE, 91 TFUE e 100 TFUE e alla seconda ipotesi di cui all’articolo 216, paragrafo 1, TFUE;

–        le disposizioni che riguardano tipi di investimento diversi dagli investimenti esteri diretti (capo 9, sezione A), in base agli articoli 4, paragrafo 2, lettera a), TFUE e 63 TFUE e alla seconda ipotesi di cui all’articolo 216, paragrafo 1, TFUE;

–        le disposizioni sugli appalti pubblici, nei limiti in cui si applicano ai servizi di trasporto e ai servizi intrinsecamente connessi ai servizi di trasporto (capo 10), in base agli articoli 4, paragrafo 2, lettera a), TFUE e 26, paragrafo 1, TFUE, e alla seconda ipotesi di cui all’articolo 216, paragrafo 1, TFUE;

–        le disposizioni relative agli aspetti non commerciali dei diritti di proprietà intellettuale (capo 11), in base agli articoli 4, paragrafo 2, lettera a), TFUE e 26, paragrafo 1, TFUE, e alla seconda ipotesi di cui all’articolo 216, paragrafo 1, TFUE;

–        le disposizioni che stabiliscono norme fondamentali in materia di lavoro e di ambiente e rientrano quindi nell’ambito della politica sociale o della politica di tutela dell’ambiente (capo 13), in base, rispettivamente, agli articoli 4, paragrafo 2, lettera b), TFUE, 151 TFUE e 153, paragrafo 1, TFUE e alla seconda ipotesi di cui all’articolo 216, paragrafo 1, TFUE, nonché agli articoli 4, paragrafo 2, lettera e), TFUE e 191, paragrafo 4, TFUE e alla prima ipotesi di cui all’articolo 216, paragrafo 1, TFUE; e

–        le materie disciplinate dalla sezione B del capo 9, dagli articoli 13.16 e 13.17, nonché dai capi da 14 a 17 dell’ALS/UE‑S, nella misura in cui tali disposizioni si applicano (e sono quindi accessorie) alle parti dell’ALS/UE‑S per le quali l’Unione europea dispone di una competenza esterna concorrente.

563. Infine, l’Unione europea non dispone di una competenza esterna ad accettare di essere vincolata dall’articolo 9.10, paragrafo 1, dell’ALS/UE‑S (capo 9, sezione A), che prevede la cessazione di accordi bilaterali conclusi tra alcuni Stati membri e Singapore. Tale competenza spetta esclusivamente a detti Stati membri.

564. Dalle presenti conclusioni risulta che l’ALS/UE‑S, allo stato attuale, può essere concluso soltanto dall’Unione europea e dagli Stati membri congiuntamente.

565. Un processo di ratifica che coinvolga tutti gli Stati membri a fianco dell’Unione europea sembra necessariamente destinato ad essere difficile e complesso. Esso potrebbe inoltre comportare il rischio che l’esito di lunghi negoziati possa essere bloccato da un numero ristretto di Stati membri o addirittura da un unico Stato membro. Ciò potrebbe compromettere l’efficacia dell’azione esterna dell’Unione e ripercuotersi negativamente sulle relazioni dell’Unione europea con il paese terzo o i paesi terzi interessati.

566. Tuttavia, la necessità di un’unità e rapidità dell’azione esterna dell’Unione nonché le difficoltà che potrebbero emergere in caso di partecipazione congiunta dell’Unione europea e degli Stati membri alla conclusione e all’attuazione di un accordo internazionale non possono incidere sulla questione di chi abbia la competenza a concluderlo. Tale questione deve essere risolta esclusivamente in base ai Trattati (421). Ne consegue che le questioni pratiche relative alla negoziazione, conclusione e attuazione dell’ALS/UE‑S non possono eliminare le differenze che ho rilevato nelle presenti conclusioni tra l’ampia gamma di materie disciplinate da tale accordo e l’ambito della politica commerciale comune risultante dal Trattato di Lisbona. In altri termini, il fatto che non ricorra una sovrapposizione completa tra ciò che deve essere considerato «politica commerciale» o «politica degli investimenti» nelle relazioni internazionali (e rientra quindi nell’ambito di applicazione di un accordo quale l’ALS/UE‑S) e ciò che costituisce la politica commerciale comune sotto il profilo del diritto dell’Unione è irrilevante per stabilire se l’Unione europea abbia competenza esclusiva a concludere tale accordo.

567. Naturalmente, si potrebbe suddividere l’ALS/UE‑S in più accordi, a seconda della competenza o delle competenze di cui trattasi. Si tratta, tuttavia, di una decisione politica che richiede (in particolare) il consenso del paese terzo interessato.

568. La Corte ha dichiarato che, in sede di negoziazione e conclusione di un accordo che richiede la partecipazione congiunta dell’Unione europea e dei suoi Stati membri, sia l’Unione europea che gli Stati membri devono agire nei limiti delle competenze loro attribuite e nel rispetto delle competenze di qualsiasi altra parte contraente (422). È vero che, in linea di principio, ciascuna parte (compresi gli Stati membri) deve scegliere, allo stato attuale, se prestare o negare il proprio assenso all’accordo nel suo complesso. Tuttavia, tale scelta deve essere effettuata in conformità con le norme del Trattato relative alla ripartizione delle competenze. Qualora uno Stato membro rifiutasse di concludere un accordo internazionale per motivi inerenti ad aspetti di detto accordo per i quali l’Unione europea dispone di una competenza esterna esclusiva, tale Stato membro contravverrebbe alle suddette norme del Trattato.

569. Infine, la Corte ha dichiarato a più riprese che, qualora la materia disciplinata da un accordo rientri, in parte, nella competenza dell’Unione e, in parte, in quella degli Stati membri, occorre garantire una stretta cooperazione tra questi ultimi e le istituzioni dell’Unione tanto nel processo di negoziazione e di stipulazione quanto nell’adempimento degli impegni assunti. Ciò discende dall’esigenza di unità nella rappresentanza internazionale dell’Unione europea (423) e dal principio di leale cooperazione sancito dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE. Per le ragioni che ho illustrato nelle presenti conclusioni, tale obbligo di cooperazione è pienamente applicabile alla negoziazione, conclusione ed attuazione dell’ALS/UE‑S.

 Conclusione

570. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alla domanda di parere della Commissione nei seguenti termini:

1.      Il previsto accordo di libero scambio tra l’Unione europea e la Repubblica di Singapore («ALS/UE‑S») può essere concluso soltanto dall’Unione europea e dagli Stati membri congiuntamente.

2.      L’Unione europea ha competenza esterna esclusiva per le parti dell’ALS/UE‑S contenenti disposizioni che rientrano nell’ambito della politica commerciale comune, vale a dire:

–        obiettivi e definizioni generali (capo 1);

–        scambi di merci (capi da 2 a 6);

–        scambi e investimenti nella produzione di energie rinnovabili (capo 7);

–        scambi di servizi e appalti pubblici (capi 8 e 10), ad esclusione delle parti dell’ALS/UE‑S che si applicano ai servizi di trasporto e ai servizi intrinsecamente connessi ai servizi di trasporto;

–        investimenti esteri diretti (capo 9, sezione A);

–        aspetti commerciali dei diritti proprietà intellettuale (capo 11, ad esclusione delle disposizioni relative agli aspetti non commerciali di tali diritti);

–        concorrenza e questioni correlate (capo 12); e

–        commercio e sviluppo sostenibile nella misura in cui le disposizioni in questione riguardano principalmente strumenti di politica commerciale (capo 13, ad esclusione delle disposizioni relative alla conservazione delle risorse biologiche del mare e delle disposizioni che prevedono norme fondamentali in materia di lavoro e di ambiente e rientrano quindi nell’ambito della politica sociale o della politica di tutela dell’ambiente).

L’Unione europea dispone parimenti di una competenza esterna esclusiva per le parti dell’ALS/UE‑S (capo 13) relative alla conservazione delle risorse biologiche del mare.

L’Unione europea dispone parimenti di una competenza esterna esclusiva per le disposizioni dell’ALS/UE‑S (capo 8) relative agli scambi di servizi di trasporto ferroviario e stradale.

L’Unione europea dispone parimenti di una competenza esterna esclusiva per le materie disciplinate dalla sezione B del capo 9, dagli articoli 13.16 e 13.17, nonché dai capi da 14 a 17 dell’ALS/UE‑S, nella parte in cui tali disposizioni si applicano (e sono quindi accessorie) alle parti dell’ALS/UE‑S per le quali l’Unione europea dispone di una competenza esterna esclusiva.

3.      La competenza esterna dell’Unione europea è concorrente con quella degli Stati membri per quanto riguarda le seguenti componenti dell’ALS/UE‑S:

–        le disposizioni relative agli scambi di servizi di trasporto aereo, marittimo e sulle vie navigabili interne, compresi i servizi intrinsecamente connessi a tali servizi di trasporto (capo 8);

–        le disposizioni relative a tipi di investimento diversi dagli investimenti esteri diretti (capo 9, sezione A);

–        le disposizioni sugli appalti pubblici, nella parte in cui si applicano ai servizi di trasporto e ai servizi intrinsecamente connessi ai servizi di trasporto (capo 10);

–        le disposizioni relative agli aspetti non commerciali dei diritti di proprietà intellettuale (capo 11);

–        le disposizioni che stabiliscono norme fondamentali in materia di lavoro e di ambiente e rientrano quindi nell’ambito della politica sociale o della politica di tutela dell’ambiente (capo 13); e

–        le materie disciplinate dalla sezione B del capo 9, dagli articoli 13.16 e 13.17 nonché dai capi da 14 a 17 dell’ALS/UE‑S, nella misura in cui tali disposizioni si applicano (e sono quindi accessorie) alle parti dell’ALS/UE‑S per le quali l’Unione europea dispone di una competenza esterna concorrente.

4.      L’Unione europea non dispone di una competenza esterna ad acconsentire a essere vincolata dall’articolo 9.10, paragrafo 1, dell’ALS/UE‑S (capo 9, sezione A), che prevede la cessazione di accordi bilaterali conclusi tra alcuni Stati membri e Singapore. Tale competenza spetta esclusivamente a detti Stati membri.


 Allegato – Descrizione sintetica dell’ALS/UE‑S

1.      Il primo e il secondo considerando dell’ALS/UE‑S fanno riferimento all’Accordo di partenariato e di cooperazione tra l’Unione europea e Singapore. Il secondo e il quinto considerando enunciano che le Parti desiderano rafforzare le loro relazioni e innalzare il tenore di vita, promuovere la crescita economica e la stabilità, creare nuove possibilità di impiego e migliorare il benessere generale, riaffermando a tal fine la loro volontà di promuovere la liberalizzazione del commercio e degli investimenti. Il quarto considerando indica che le Parti sono altresì determinate a rafforzare le loro relazioni economiche e commerciali e gli investimenti conformemente all’obiettivo di uno sviluppo sostenibile ed a promuovere gli scambi e gli investimenti nel rispetto di elevati livelli di tutela dell’ambiente e del lavoro, nonché delle pertinenti norme internazionalmente riconosciute e degli accordi di cui sono firmatarie. Inoltre, nell’ottavo considerando, le Parti riconoscono l’importanza della trasparenza nel commercio internazionale a beneficio di tutte le parti interessate. Il nono considerando enuncia che le Parti sono intenzionate a stabilire regole chiare e reciprocamente vantaggiose che disciplinino i loro scambi e i loro investimenti e a ridurre o eliminare le barriere agli scambi ed agli investimenti reciproci. Il decimo considerando precisa che le Parti sono determinate a contribuire allo sviluppo armonioso e all’espansione del commercio internazionale eliminando per mezzo dell’ALS/UE‑S gli ostacoli agli scambi, nonché ad evitare la creazione di nuove barriere agli scambi o agli investimenti tra le Parti che potrebbero ridurre i benefici derivanti dall’ALS/UE‑S. Nell’undicesimo considerando, le Parti dichiarano di basarsi sui rispettivi diritti ed obblighi derivanti dall’accordo OMC e da altri accordi ed intese multilaterali, regionali e bilaterali di cui sono parti.

2.      Il capo 1 («Obiettivi e disposizioni generali») prevede che, attraverso l’ALS/UE-S, le Parti istituiscono una zona di libero scambio conformemente all’articolo XXIV del GATT 1994 e all’articolo V del GATS (articolo 1.1). L’articolo 1.2 enuncia che l’ALS/UE‑S ha per obiettivi la liberalizzazione e la facilitazione degli scambi commerciali e degli investimenti tra le Parti.

3.      Il capo 2 («Trattamento nazionale e accesso al mercato per le merci») si applica agli scambi di merci tra le Parti (articolo 2.2). L’obiettivo indicato all’articolo 2.1 è liberalizzare progressivamente e reciprocamente gli scambi di merci nel corso di un periodo transitorio che decorre dall’entrata in vigore dell’accordo, in conformità allo stesso e all’articolo XXIV del GATT 1994. L’articolo 2.3 stabilisce l’obbligo di accordare il trattamento nazionale alle merci dell’altra Parte in conformità all’articolo III del GATT 1994 (che viene così integrato nell’ALS/UE‑S). Il capo 2 disciplina inoltre la classificazione delle merci (articolo 2.5), impone la riduzione o soppressione dei dazi doganali sulle importazioni (articolo 2.6) e vieta il mantenimento e l’istituzione di dazi doganali e di tasse sulle esportazioni (articolo 2.7). Esso stabilisce poi taluni obblighi riguardo alle misure non tariffarie, in particolare le restrizioni all’importazione e all’esportazione (articolo 2.9), i diritti e le formalità connessi all’importazione e all’esportazione (articolo 2.10), le procedure in materia di licenze di importazione ed esportazione (articolo 2.11), le imprese commerciali di Stato (articolo 2.12) e l’eliminazione delle misure non tariffarie settoriali indicate negli allegati 2‑B e 2‑C (articolo 2.13). L’articolo 2.14 contiene una clausola relativa alle eccezioni generali e richiama, in particolare, l’articolo XX del GATT 1994 (ossia la clausola di tale accordo relativa alle eccezioni generali). L’articolo 2.15 istituisce un Comitato per lo scambio di merci, cui spetta principalmente monitorare l’attuazione dell’accordo, promuovere gli scambi di merci tra le Parti nelle materie oggetto del capo in parola e dei suoi allegati ed esaminare le misure tariffarie e non tariffarie relative agli scambi di merci tra le Parti.

4.      L’allegato 2-A riguarda la soppressione dei dazi doganali. Esso contiene due appendici: 2-A-1 (tabella di soppressione dei dazi doganali di Singapore) e 2-A-2 (tabella di soppressione dei dazi doganali dell’Unione). L’allegato 2-B, che si applica a tutti i tipi di veicoli a motore e loro parti, prevede una serie di obblighi concernenti, tra l’altro, l’utilizzo di norme internazionali, la convergenza normativa, i prodotti con nuove tecnologie o nuove caratteristiche, le licenze di importazione e altre misure di restrizione degli scambi. L’allegato 2-C, relativo ai prodotti farmaceutici e ai dispositivi medici, riguarda le norme internazionali, la trasparenza e la cooperazione normativa.

5.      Il capo 3 è intitolato «Misure di difesa commerciale».

6.      Per quanto concerne le misure antidumping e compensative, l’articolo 3.1 stabilisce che le Parti riaffermano i propri diritti e i propri obblighi derivanti dall’articolo VI del GATT 1994 (che riguarda i dazi antidumping e compensativi), dall’accordo antidumping e dall’accordo sulle sovvenzioni e sulle misure compensative. Detto capo stabilisce le procedure per l’esame delle domande di istituzione di dazi antidumping e compensativi (articolo 3.2), sancisce la regola del dazio inferiore per ogni tipo di dazio (articolo 3.3), nonché l’esigenza di tenere conto dell’interesse pubblico (articolo 3.4) ed esclude le disposizioni della sezione relativa alle misure antidumping e compensative dall’ambito di applicazione dei capi 15 (risoluzione delle controversie) e 16 (meccanismo di mediazione) (articolo 3.5).

7.      Il capo 3 contiene inoltre norme specifiche sulle misure di salvaguardia. In particolare, le Parti mantengono i propri diritti ed i propri obblighi quali risultano dall’articolo XIX del GATT 1994 (che riguarda le misure urgenti concernenti l’importazione di prodotti particolari), dall’accordo sulle misure di salvaguardia e dall’articolo 5 dell’accordo sull’agricoltura (articolo 3.6). Inoltre, il capo in parola contiene norme procedurali e sulla trasparenza (articolo 3.7) ed esclude le disposizioni della sezione sulle misure di salvaguardia globale dall’ambito di applicazione dei capi 15 (risoluzione delle controversie) e 16 (meccanismo di mediazione) (articolo 3.8). Gli articoli da 3.9 a 3.13 prevedono l’applicazione (se necessario in via provvisoria) di specifiche misure di salvaguardia bilaterali e compensazioni adeguate in caso di applicazione di siffatte misure.

8.      Il capo 4 («Ostacoli tecnici agli scambi») mira essenzialmente a facilitare e incrementare gli scambi di merci tra le Parti mediante un quadro che permetta di prevenire, individuare ed eliminare gli inutili ostacoli agli scambi che rientrano nel campo di applicazione dell’accordo sugli ostacoli tecnici agli scambi (articolo 4.1), che è integrato nell’ALS/UE-S e ne forma parte (articolo 4.3). Il capo 4 si applica all’elaborazione, all’adozione e all’applicazione di tutte le norme, di tutti i regolamenti tecnici e di tutte le procedure di valutazione della conformità, definiti nell’allegato 1 dell’accordo sugli ostacoli tecnici agli scambi, che possono avere un’incidenza sugli scambi di merci tra le Parti, indipendentemente dall’origine di tali merci (articolo 4.2, paragrafo 1). Inoltre, il capo 4 contiene disposizioni concernenti, tra l’altro, diverse forme di cooperazione congiunta (articolo 4.4), la natura degli organismi di normazione e la partecipazione negli stessi delle Parti (articolo 4.5), la base dei regolamenti tecnici (articolo 4.6), i meccanismi per facilitare l’accettazione dei risultati delle procedure di valutazione della conformità (articolo 4.7), la trasparenza (articolo 4.8) e le prescrizioni (vincolanti) relative alla marcatura o all’etichettatura (articolo 4.10). Altre disposizioni riguardano lo scambio di informazioni (come l’articolo 4.9) o la messa a disposizione di informazioni a determinati scopi (ad esempio attraverso punti di contatto designati conformemente all’articolo 14.4) (articolo 4.11).

9      Il capo 5 Misure sanitarie e fitosanitarie») è inteso a: a) proteggere la vita e la salute delle persone, degli animali o delle piante nei rispettivi territori delle Parti, agevolando nel contempo gli scambi commerciali tra le stesse nell’ambito delle misure sanitarie e fitosanitarie (in prosieguo: le «misure SPS»); b) collaborare all’ulteriore attuazione dell’accordo sull’applicazione delle misure sanitarie e fitosanitarie, e c) migliorare la comunicazione, la cooperazione e la risoluzione delle questioni relative all’attuazione delle misure SPS che incidono sugli scambi tra le Parti (articolo 5.1). Le Parti confermano i propri diritti ed i propri obblighi derivanti dall’accordo SPS [articolo 5.4; v. anche articolo 5.6, lettera a)].

10.      L’articolo 5.6 («Principi generali») riguarda i meccanismi volti a garantire l’armonizzazione delle misure SPS e le limitazioni all’uso di tali misure per impedire che vengano creati ostacoli ingiustificati agli scambi e per evitare discriminazioni arbitrarie o ingiustificate e ritardi nell’accesso ai mercati delle Parti. Altri obblighi sostanziali riguardano le prescrizioni in materia di importazione (articolo 5.7); le verifiche (articolo 5.8); la procedura da applicare in caso di verifica in loco al fine di autorizzare le importazioni di una determinata categoria o di determinate categorie di prodotti di origine animale provenienti dalla Parte esportatrice (articolo 5.9; v. anche allegato 5-B); la determinazione e il riconoscimento di zone indenni da organismi nocivi o malattie (articolo 5.10); le misure di emergenza in caso di grave rischio per la vita o la salute delle persone, degli animali o delle piante (articolo 5.13) e (la procedura per) il riconoscimento dell’equivalenza di una singola misura o di gruppi di misure (articolo 5.14). L’articolo 5.11 prevede taluni obblighi generali in materia di trasparenza e di scambio di informazioni.

11.      Il capo 6 Dogane e facilitazione degli scambi commerciali») è volto a riconoscere l’importanza che le questioni relative alle dogane e alla facilitazione degli scambi rivestono nell’evoluzione del contesto commerciale globale e a rafforzare la cooperazione in questo settore per garantire che la legislazione e le procedure pertinenti nonché la capacità amministrativa delle amministrazioni competenti consentano di realizzare l’obiettivo di promuovere la facilitazione degli scambi contribuendo nel contempo ad assicurare l’efficacia dei controlli doganali (articolo 6.1, paragrafo 1). L’articolo 6.2 enuncia i principi sui quali devono essere basate le disposizioni e le procedure doganali delle Parti (articolo 6.2, paragrafo 1). Le Parti devono inoltre semplificare, ove possibile, le prescrizioni e le formalità per lo svincolo e lo sdoganamento rapidi delle merci e lavorare per semplificare e standardizzare ulteriormente i dati e la documentazione richiesti dalle dogane e dalle altre agenzie (articolo 6.2, paragrafo 2). Gli articoli da 6.3 a 6.14 stabiliscono obblighi specifici per quanto concerne: cooperazione doganale; transito e trasbordo; decisioni anticipate; procedure doganali semplificate; svincolo delle merci; diritti e oneri; spedizionieri doganali; ispezioni pre‑imbarco; valutazione in dogana; gestione del rischio; sistema di sportello unico (che agevoli un’unica trasmissione elettronica di tutte le informazioni richieste) e messa a disposizione di procedure di ricorso efficaci, rapide, non discriminatorie e facilmente accessibili. L’articolo 6.16 riguarda i rapporti delle Parti con le comunità imprenditoriali.

12.      L’articolo 6.15 stabilisce l’obbligo generale di pubblicare o rendere disponibili in altro modo la propria legislazione, i regolamenti e le procedure amministrative nonché le altre prescrizioni relative alle dogane ed alla facilitazione degli scambi (articolo 6.15, paragrafo 1), e di designare o mantenere uno o più punti d’informazione (articolo 6.15, paragrafo 2). Varie disposizioni del capo 6 riguardano l’obbligo di scambiare e rendere disponibili informazioni [ad esempio articoli 6.3, paragrafo 2, 6.8, paragrafo 2, e 6.16, lettera b)].

13.      Il capo 7 («Ostacoli non tariffari agli scambi e agli investimenti nella produzione di energie rinnovabili») è inteso a promuovere, sviluppare ed aumentare la produzione di energia da fonti non fossili rinnovabili e sostenibili, in particolare facilitando gli scambi e gli investimenti. Le Parti si impegnano quindi a cooperare per eliminare o ridurre gli ostacoli tariffari e non tariffari e per promuovere la convergenza normativa con le norme regionali ed internazionali o il ravvicinamento alle medesime (articolo 7.1).

14.      Il capo 7 si applica alle misure che possono incidere sugli scambi commerciali e sugli investimenti tra le Parti connessi alla produzione di energia da fonti non fossili, rinnovabili e sostenibili, ma non ai prodotti da cui l’energia viene generata (articolo 7.3, paragrafo 1).

15.      L’articolo 7.4 impone alle Parti di: a) astenersi dall’adottare misure che prevedano requisiti di contenuto locale o altre compensazioni (qualsiasi condizione che incentivi lo sviluppo locale) che possano incidere sui prodotti, sui prestatori di servizi, sugli investitori o sugli investimenti dell’altra Parte; b) astenersi dall’adottare misure che richiedano l’istituzione di partenariati con imprese locali (salvo eccezioni per motivi tecnici); c) garantire che le norme concernenti le procedure di autorizzazione, certificazione e rilascio di licenze siano oggettive, trasparenti, non arbitrarie e non discriminatorie nei confronti dei richiedenti dell’altra Parte; d) garantire che gli oneri amministrativi applicati o connessi all’importazione e all’impiego di merci originarie dell’altra Parte o che incidono sulla fornitura di merci da parte di fornitori dell’altra Parte siano soggetti all’articolo 2.10 e che gli oneri amministrativi applicati o connessi alla prestazione di servizi ad opera di prestatori dell’altra Parte siano soggetti agli articoli da 8.18 a 8.20; e) garantire che i termini, le condizioni e le procedure per il collegamento e l’accesso alle reti di trasmissione di energia elettrica siano trasparenti e non discriminatori nei confronti dei fornitori dell’altra Parte.

16.      L’articolo 7.5 riguarda l’uso di norme internazionali o regionali riguardanti i prodotti per la produzione di energia da fonti non fossili rinnovabili e sostenibili, la necessità di elaborare regolamenti tecnici basati sui requisiti del prodotto e l’accettazione delle dichiarazioni di conformità dell’altra Parte.

17.      L’articolo 7.6, paragrafo 1, stabilisce che le disposizioni del capo 7 sono soggette alle clausole relative alle eccezioni generali di cui agli articoli 2.14 e 8.62, alla clausola di sicurezza e alle eccezioni generali dell’articolo 10.3, nonché alle pertinenti disposizioni del capo 17. Ai sensi dell’articolo 7.6, paragrafo 2, nessuna disposizione del capo 7 può essere interpretata come un impedimento all’adozione o all’applicazione, ad opera delle Parti, delle misure necessarie per il funzionamento sicuro delle reti energetiche in questione o per la sicurezza dell’approvvigionamento energetico.

18.      L’articolo 7.7 definisce le funzioni del comitato per il commercio in materia di cooperazione e di attuazione del capo 7 e indica le possibili implicazioni di tale cooperazione.

19.      Il capo 8 («Servizi, stabilimento e commercio elettronico») è suddiviso in sette sezioni.

20.      Nella sezione A, le Parti riaffermano i rispettivi impegni derivanti dall’accordo OMC e convengono che il capo in parola stabilisce le disposizioni necessarie per la progressiva e reciproca liberalizzazione degli scambi di servizi, dello stabilimento e del commercio elettronico (articolo 8.1, paragrafo 1).

21.      L’articolo 8.1, paragrafo 2, prevede che, salvo quanto altrimenti disposto, la disciplina del capo 8 a) non si applica alle sovvenzioni concesse dalle Parti; b) non si applica ai servizi forniti nell’esercizio dei pubblici poteri nei rispettivi territori di ciascuna delle Parti; c) non prescrive la privatizzazione delle imprese pubbliche; o d) non si applica a leggi, regolamenti o prescrizioni che disciplinano gli appalti pubblici di servizi acquistati da pubbliche amministrazioni per scopi governativi e non ai fini di una rivendita o di una prestazione di servizi a titolo commerciale. L’articolo 8.1, paragrafo 4, aggiunge che il capo 8 non si applica alle misure concernenti le persone fisiche che intendono accedere al mercato del lavoro di una delle Parti né alle misure riguardanti la cittadinanza, la residenza o l’occupazione a titolo permanente.

22.      L’articolo 8.1, paragrafo 3, garantisce a ciascuna delle Parti il diritto di disciplinare e di adottare nuove disposizioni regolamentari dirette al conseguimento di legittimi obiettivi politici in un modo coerente con quanto disposto dal capo 8.

23.      L’articolo 8.2, lettera d), dispone che l’ALS/UE‑S si applica alle compagnie di navigazione stabilite al di fuori dell’Unione e controllate da cittadini di uno Stato membro a condizione che le loro navi siano registrate in conformità alla rispettiva legislazione di tale Stato membro e battano bandiera di uno Stato membro.

24.      L’articolo 8.2, lettera m), stabilisce che per «scambi di servizi» si intende la prestazione di un servizio: i) dal territorio di una Parte nel territorio dell’altra Parte («transfrontaliera»); ii) nel territorio di una Parte a un consumatore di servizi dell’altra Parte («consumo all’estero»); iii) ad opera di un prestatore di servizi di una Parte, attraverso la presenza commerciale sul territorio dell’altra Parte («presenza commerciale»); e iv) ad opera di un prestatore di servizi di una Parte tramite la presenza di persone fisiche di tale Parte nel territorio dell’altra Parte («presenza di persone fisiche»).

25.      La sezione B («Prestazione transfrontaliera di servizi») si applica alle misure adottate dalle Parti che incidono sulla prestazione transfrontaliera di servizi di tutti i settori ad eccezione dei seguenti: a) i servizi audiovisivi; b) il cabotaggio marittimo nazionale (che comprende il trasporto di passeggeri o merci tra un porto o un luogo situato in uno Stato membro e un altro porto o luogo situato nello stesso Stato membro, nonché il traffico proveniente da un porto o da un luogo situato in uno Stato membro dell’Unione e destinato allo stesso porto o luogo); e c) i servizi di trasporto aereo nazionale e internazionale, con voli di linea o non di linea, e i servizi direttamente connessi all’esercizio dei diritti di traffico (aereo) (articolo 8.3) Sono invece inclusi: i) i servizi di riparazione e manutenzione durante i quali gli aeromobili vengono ritirati dal servizio; ii) la vendita e la commercializzazione di servizi di trasporto aereo; e iii) i sistemi telematici di prenotazione [articolo 8.3, lettera c)]. Ai fini della sezione B, l’articolo 8.4 definisce la «prestazione transfrontaliera di servizi» come la prestazione di un servizio: a) dal territorio di una Parte nel territorio dell’altra Parte; e b) nel territorio di una Parte a un consumatore di servizi dell’altra Parte.

26.      L’articolo 8.5 riguarda l’accesso al mercato. Ciascuna delle Parti deve concedere ai servizi e ai prestatori di servizi dell’altra Parte un trattamento non meno favorevole di quello previsto secondo le modalità, le limitazioni e le condizioni convenute e specificate nel proprio elenco di impegni specifici (articolo 8.5, paragrafo 1). Per quanto riguarda i settori oggetto di impegni relativi all’accesso al mercato, l’articolo 8.5, paragrafo 2, indica le misure che le Parti non possono adottare o mantenere in vigore a livello regionale o per l’intero territorio, salvo diversa disposizione del proprio elenco di impegni specifici.

27.      L’articolo 8.6 sancisce l’obbligo di trattamento nazionale. Nei settori identificati nel proprio elenco di impegni specifici e fatte salve eventuali condizioni e restrizioni indicate nello stesso, ciascuna Parte deve concedere ai servizi e ai prestatori di servizi dell’altra Parte un trattamento non meno favorevole di quello accordato ai propri servizi e prestatori di servizi simili, per quanto riguarda tutte le misure concernenti la prestazione transfrontaliera di servizi (articolo 8.6, paragrafo 1).

28.      L’articolo 8.7, paragrafo 1, dispone che i settori liberalizzati da una Parte secondo le disposizioni della sezione B, nonché le limitazioni dell’accesso al mercato e del trattamento nazionale applicabili ai servizi e ai prestatori di servizi dell’altra Parte in tali settori, sono specificati nel suo elenco di impegni specifici.

29.      La sezione C riguarda lo «Stabilimento», definito all’articolo 8.8, lettera d), come «i) la costituzione, l’acquisizione o il mantenimento di una persona giuridica, oppure ii) la creazione o il mantenimento di una succursale o di un ufficio di rappresentanza, nel territorio di una Parte al fine di svolgere un’attività economica, compresa tra l’altro la prestazione di un servizio». La costituzione e l’acquisizione di una persona giuridica vanno intese come comprendenti la partecipazione al capitale di una persona giuridica al fine di stabilire o mantenere legami economici durevoli [nota 8 all’articolo 8.8, lettera d) (424)]. La sezione C si applica alle misure adottate o mantenute in vigore dalle Parti che incidono sullo stabilimento in tutti i settori di attività economica, tranne: a) l’estrazione, la fabbricazione e la lavorazione di materiali nucleari; b) la produzione o il commercio di armi, munizioni e materiale bellico; c) i servizi audiovisivi; d) il cabotaggio marittimo nazionale; e e) i servizi di trasporto aereo nazionale e internazionale, con voli di linea o non di linea, e i servizi direttamente connessi all’esercizio dei diritti di traffico (aereo) (articolo 8.9). Tuttavia, la sezione C non si applica alle misure che incidono sullo stabilimento nelle attività economiche concernenti: i) i servizi di riparazione e manutenzione durante i quali gli aeromobili vengono ritirati dal servizio; ii) la vendita e la commercializzazione di servizi di trasporto aereo; e iii) i sistemi telematici di prenotazione [articolo 8.9, lettera e)].

30.      Gli articoli 8.10, 8.11 e 8.12, che riguardano rispettivamente l’accesso al mercato, il trattamento nazionale e gli elenchi di impegni specifici rispecchiano in gran parte gli articoli 8.5, 8.6 e 8.7 relativi allo stabilimento [le disposizioni che riguardano, rispettivamente, l’accesso al mercato, il trattamento nazionale e gli elenchi di impegni specifici concernenti la prestazione transfrontaliera di servizi (sezione B)].

31.      La sezione D («Presenza temporanea di persone fisiche per motivi professionali») si applica alle misure adottate dalle Parti in materia di ingresso e soggiorno temporaneo nei rispettivi territori di personale chiave, laureati in tirocinio e venditori di servizi alle imprese, in conformità all’articolo 8.1, paragrafo 4 (articolo 8.13, paragrafo 1). Si intende per «personale chiave» le persone fisiche, alle dipendenze di una persona giuridica di una Parte che non sia un’organizzazione senza fine di lucro, responsabili della creazione o del controllo, dell’amministrazione e del funzionamento appropriati di uno stabilimento [articolo 8.13, paragrafo 2, lettera a)]. Tale categoria comprende i «visitatori per motivi professionali a fini di stabilimento» e il «personale trasferito all’interno di una società». I «visitatori per motivi professionali a fini di stabilimento» sono le persone fisiche che svolgono funzioni superiori e sono responsabili della creazione di uno stabilimento, non effettuano transazioni dirette con il pubblico e non ricevono compensi da fonti ubicate nella Parte ospitante [articolo 8.13, paragrafo 2, lettera a), punto i)]. Per «personale trasferito all’interno di una società» si intendono le persone fisiche alle dipendenze di una persona giuridica di una Parte o, nel caso di professionisti che forniscono servizi alle imprese, le persone fisiche che ne sono socie da almeno un anno e che sono temporaneamente trasferite presso uno stabilimento nel territorio dell’altra Parte. Può trattarsi di dirigenti, manager o personale specializzato (articolo 8.13, paragrafo 2, lettera a), punto ii)].

32.      Per quanto riguarda il personale chiave e i laureati in tirocinio, l’articolo 8.14 dispone che, nei settori liberalizzati a norma della sezione C e fatte salve le riserve di cui al relativo elenco, ciascuna delle Parti consente agli imprenditori dell’altra Parte di assumere temporaneamente presso il proprio stabilimento persone fisiche dell’altra Parte purché tali dipendenti siano personale chiave o laureati in tirocinio secondo la definizione di cui all’articolo 8.13. La medesima disposizione fissa inoltre diversi periodi massimi di ingresso e soggiorno temporanei per il personale trasferito all’interno di una società, per i visitatori per motivi professionali a fini di stabilimento e per i laureati in tirocinio. Sono vietate le misure che limitano (sotto forma di contingenti numerici o di imposizione di una verifica della necessità economica) il numero totale di persone fisiche che un imprenditore può trasferire come personale chiave o laureati in tirocinio in un determinato settore, nonché le misure che costituiscono limitazioni discriminatorie (articolo 8.14, paragrafo 2).

33.      Ai sensi dell’articolo 8.15, ciascuna delle Parti deve consentire l’ingresso e il soggiorno temporanei di venditori di servizi alle imprese per un periodo massimo di 90 giorni nell’arco di 12 mesi (articolo 8.15).

34.      La sezione E («Quadro normativo») è suddivisa in sottosezioni concernenti le disposizioni di applicazione generale, le regolamentazioni interne, i servizi informatici, i servizi postali, i servizi di telecomunicazioni, i servizi finanziari e i servizi di trasporto marittimo internazionale.

35.      La sottosezione 1 contiene disposizioni di applicazione generale. Essa stabilisce obblighi in materia di reciproco riconoscimento delle qualifiche professionali (articolo 8.16) e di trasparenza (articolo 8.17). Nessuna disposizione dell’articolo 8.16 osta a che una Parte faccia obbligo alle persone fisiche di possedere le qualifiche necessarie o l’esperienza professionale previste nel territorio in cui il servizio viene prestato per il settore di attività interessato (articolo 8.16, paragrafo 1). Ciascuna delle Parti risponde sollecitamente a ogni richiesta di informazioni specifiche dell’altra Parte concernente sue misure di applicazione generale o accordi internazionali che attengano al capo 8 o incidano sul medesimo. Ciascuna delle Parti deve inoltre istituire uno o più centri di informazione a norma dell’articolo 14.4 (articolo 8.17).

36.      La sottosezione 2 riguarda la regolamentazione interna. Essa si applica alle misure aventi ad oggetto requisiti e procedure in materia di licenze e qualifiche concernenti la prestazione transfrontaliera di servizi, lo stabilimento nel territorio delle Parti di persone giuridiche e fisiche e il soggiorno temporaneo di persone fisiche nel territorio delle Parti (articolo 8.18, paragrafo 1), conformemente agli impegni specifici assunti dalle Parti (articolo 8.18, paragrafo 2).

37.      Gli articoli 8.19 e 8.20 stabiliscono taluni obblighi relativi alle condizioni e alle procedure in materia di licenze e qualifiche, alle procedure per il rilascio delle licenze e per garantire un sollecito riesame nonché, se del caso, opportune misure correttive delle decisioni amministrative concernenti lo stabilimento, la prestazione transfrontaliera di servizi o il soggiorno temporaneo di persone fisiche per motivi professionali.

38.      La sottosezione 3 riguarda i servizi informatici. L’articolo 8.21, paragrafo 1, prevede che le Parti si attengono all’intesa definita negli altri paragrafi del medesimo articolo per quanto concerne i servizi informatici liberalizzati a norma delle sezioni da B a D. Tale intesa riguarda principalmente la definizione dei servizi informatici e dei servizi correlati.

39.      La sottosezione 4 riguarda i servizi postali. Ai sensi dell’articolo 8.22, le Parti devono introdurre o mantenere in vigore misure appropriate volte a impedire che i prestatori di servizi postali che, singolarmente o in gruppo, costituiscono un fornitore principale del mercato rilevante dei servizi postali, avviino o mantengano in essere pratiche anticoncorrenziali. Conformemente all’articolo 8.23, gli organismi di regolamentazione devono essere separati dai prestatori di servizi postali, ai quali non devono rispondere del loro operato. Le loro decisioni e procedure devono essere imparziali nei confronti di tutti i partecipanti al mercato.

40.      La sottosezione 5 si applica alle misure che incidono sugli scambi di servizi di telecomunicazioni. Essa stabilisce i principi del quadro normativo per i servizi di telecomunicazioni liberalizzati a norma delle sezioni da B a D (vale a dire la prestazione transfrontaliera di servizi, lo stabilimento e la presenza temporanea di persone fisiche per motivi professionali) (articolo 8.24, paragrafo 1). Gli articoli da 8.26 a 8.38 stabiliscono taluni obblighi sostanziali concernenti, tra l’altro, l’accesso a reti e servizi pubblici di telecomunicazioni e il relativo utilizzo, l’interconnessione, la condivisione di strutture e la portabilità del numero. Gli articoli 8.41 e 8.42 introducono obblighi concernenti, da un lato, le procedure per il rilascio delle autorizzazioni alla prestazione di servizi di telecomunicazioni e, dall’altro, le procedure per l’attribuzione e l’uso di risorse limitate.

41.      L’articolo 8.45 sancisce un obbligo generale di trasparenza. Obblighi specifici relativi alla messa a disposizione del pubblico di informazioni sono previsti, ad esempio, agli articoli 8.29, paragrafo 3, e 8.41, paragrafo 2.

42.      La sottosezione 6 stabilisce i principi che definiscono il quadro normativo applicabile a tutti i servizi finanziari liberalizzati a norma delle sezioni da B a D (articolo 8.49, paragrafo 1). L’articolo 8.50, paragrafi 1 e 2, autorizza le Parti ad adottare o mantenere in vigore misure per motivi prudenziali e ne stabilisce le relative condizioni. Ai sensi dell’articolo 8.50, paragrafo 4, ciascuna delle Parti deve fare quanto in suo potere per garantire l’attuazione e l’applicazione nel proprio territorio di una serie di norme ivi elencate concernenti la vigilanza bancaria, la vigilanza assicurativa, la regolamentazione dei valori mobiliari, la trasparenza e lo scambio di informazioni a fini fiscali. Ai sensi dell’articolo 8.50, paragrafo 5, ciascuna Parte può esigere, a determinate condizioni, la registrazione o l’autorizzazione dei prestatori di servizi finanziari transfrontalieri dell’altra Parte e degli strumenti finanziari.

43.      L’articolo 8.52 dispone che ciascuna Parte deve concedere ai prestatori di servizi finanziari dell’altra Parte, a determinate condizioni, l’accesso ai sistemi di pagamento e di compensazione gestiti da soggetti pubblici ed agli strumenti di finanziamento e rifinanziamento ufficiali disponibili nel corso delle operazioni commerciali ordinarie.

44.      L’articolo 8.53 riguarda i nuovi servizi finanziari. Esso prevede che ciascuna Parte, senza necessità di ulteriori propri interventi legislativi, deve autorizzare i prestatori di servizi finanziari dell’altra Parte a fornire qualsiasi nuovo servizio finanziario che i propri prestatori di servizi finanziari simili sono autorizzati a fornire.

45.      L’articolo 8.54 riguarda, in particolare, il trasferimento di dati per via elettronica o in altra forma, in entrata e in uscita dal territorio di una Parte, ai fini del loro trattamento, se quest’ultimo è necessario per il normale esercizio dell’attività di un prestatore di servizi finanziari.

46.      La sottosezione 7 stabilisce i principi relativi alla liberalizzazione dei servizi di trasporto marittimo internazionale a norma delle sezioni da B a D. L’articolo 8.56, paragrafo 3, prevede che le Parti convengono di garantire un’efficace applicazione dei principi del libero accesso ai trasporti marittimi mercantili su base commerciale, della libertà di prestare servizi di trasporto marittimo internazionale, nonché del trattamento nazionale nell’ambito della prestazione di tali servizi. Le Parti devono applicare il principio del libero accesso ai mercati e alle rotte dei trasporti marittimi internazionali su basi commerciali e non discriminatorie [articolo 8.56, paragrafo 3, lettera a)]. Ciascuna delle Parti deve accordare alle navi battenti bandiera dell’altra Parte o gestite da prestatori di servizi dell’altra Parte un trattamento non meno favorevole di quello riservato alle proprie navi o, se migliore, a quelle di paesi terzi, per quanto riguarda, tra l’altro, l’accesso ai porti, l’uso delle infrastrutture e dei servizi marittimi ausiliari dei porti, i relativi diritti e oneri, le agevolazioni doganali nonché l’accesso agli ormeggi ed alle infrastrutture per il carico e lo scarico. L’articolo 8.56, paragrafo 5, dispone che ciascuna delle Parti deve autorizzare i prestatori di servizi di trasporto marittimo internazionale dell’altra Parte ad avere uno stabilimento nel suo territorio applicando, per lo stabilimento e l’esercizio dell’attività, condizioni conformi a quelle inserite nel proprio elenco di impegni specifici. Ai sensi dell’articolo 8.56, paragrafo 6, le Parti devono mettere a disposizione dei prestatori di servizi di trasporto marittimo internazionale dell’altra Parte, con modalità ed a condizioni ragionevoli e non discriminatorie, i seguenti servizi portuali: a) pilotaggio; b) rimorchio; c) vettovagliamento; d) rifornimento di carburante e acqua; e) raccolta dei rifiuti e smaltimento della zavorra; f) capitaneria di porto; g) ausili alla navigazione e h) servizi operativi a terra indispensabili per l’esercizio delle navi.

47.      Nella sezione F («Commercio elettronico»), le Parti convengono sull’importanza di agevolare l’uso e lo sviluppo del commercio elettronico nonché sull’applicabilità delle norme OMC al commercio elettronico e si impegnano a promuovere lo sviluppo del commercio elettronico tra loro, in particolare collaborando per quanto riguarda i problemi posti dal commercio elettronico nel quadro delle disposizioni del capo 8 (articolo 8.57, paragrafi 1 e 2). Esse convengono inoltre che lo sviluppo del commercio elettronico deve essere pienamente compatibile con le norme internazionali di protezione dei dati, in modo che sia garantita la fiducia degli utenti in questa modalità di commercio (articolo 8.57, paragrafo 4).

48.      Ai sensi dell’articolo 8.58, le Parti non possono imporre dazi doganali sulle trasmissioni per via elettronica. All’articolo 8.59, le Parti confermano che le misure riguardanti la prestazione di un servizio tramite mezzi elettronici rientrano nel campo di applicazione degli obblighi istituiti dalle pertinenti disposizioni del capo 8, fatte salve eventuali eccezioni applicabili.

49.      La sezione G è intitolata «Eccezioni». L’articolo 8.62 prevede una clausola relativa alle eccezioni generali. All’articolo 8.63, le Parti si impegnano a riesaminare il capo 8 e i rispettivi elenchi di impegni specifici entro tre anni dall’entrata in vigore dell’ALS/UE‑S e successivamente ad intervalli regolari.

50.      L’articolo unico dell’allegato 8-A dispone che l’elenco degli impegni specifici dell’Unione europea figura nelle appendici da 8‑A‑1 a 8‑A‑3. Tali appendici riguardano, rispettivamente, gli impegni specifici dell’Unione europea in conformità agli articoli 8.7 (prestazione transfrontaliera di servizi), 8.12 (stabilimento), 8.14 e 8.15 (personale chiave e laureati in tirocinio nonché venditori di servizi alle imprese).

51.      L’allegato 8-B dispone che l’elenco degli impegni specifici di Singapore figura nelle appendici 8‑B‑1 (impegni specifici) e 8‑B‑2 (servizi finanziari).

52.      Il capo 9 («Investimenti») è composto da due parti. La sezione A contiene le norme sostanziali relative alla protezione degli investitori e dei loro investimenti. La sezione B prevede un meccanismo di risoluzione delle controversie investitore-Stato inteso ad attuare le suddette norme.

53.      Ai fini del capo 9, per «investimento disciplinato» si intende un investimento di proprietà diretta o indiretta o controllato direttamente o indirettamente da un investitore contemplato di una delle Parti nel territorio dell’altra Parte (articolo 9.1, paragrafo 1). Si intende per «investitore contemplato» una persona fisica o giuridica di una Parte che ha effettuato un investimento nel territorio dell’altra Parte (articolo 9.2). L’«investimento» è definito come qualunque tipo di attività che presenti le caratteristiche di un investimento, compresi l’impegno di capitale o di altre risorse, l’aspettativa di guadagno o di utili, l’assunzione di un rischio o una certa durata (articolo 9.1, paragrafo 1). L’articolo 9.1, paragrafo 1, lettere da a) a h), elenca le varie forme che gli investimenti possono assumere.

54.      Il capo 9 si applica indipendentemente dal fatto che tali investimenti siano stati effettuati prima o dopo l’entrata in vigore dell’ALS/UE‑S (articolo 9.2, paragrafo 1).

55.      L’articolo 9.3, paragrafo 1, stabilisce la condizione del trattamento nazionale: ciascuna Parte, nel proprio territorio, deve riservare agli investitori contemplati dell’altra Parte e ai loro investimenti disciplinati un trattamento non meno favorevole di quello che concede, in situazioni analoghe, ai propri investitori e ai loro investimenti per quanto concerne l’esecuzione, la gestione, la conduzione, il mantenimento, l’uso, lo sfruttamento e la vendita o altri atti di disposizione dei loro investimenti. L’articolo 9.3, paragrafo 3, prevede talune eccezioni e fissa le condizioni alle quali ciascuna Parte può adottare o applicare misure atte a riservare un trattamento meno favorevole.

56.      Ai sensi dell’articolo 9.4, ciascuna Parte, nel proprio territorio, deve riservare agli investimenti disciplinati dell’altra Parte un trattamento giusto ed equo garantendone la piena protezione e sicurezza (articolo 9.4, paragrafo 1). Quest’ultima si riferisce unicamente all’obbligo di una Parte in relazione alla sicurezza fisica degli investitori contemplati e degli investimenti disciplinati (articolo 9.4, paragrafo 4). L’articolo 9.4, paragrafo 2, prevede che, al fine di adempiere a tale obbligo, nessuna Parte può adottare misure che rappresentino: a) un diniego di giustizia nei procedimenti penali, civili e amministrativi; b) una violazione fondamentale del principio del giusto processo; c) un comportamento manifestamente arbitrario; d) condotte vessatorie o coercitive, abuso di potere o simili comportamenti lesivi della buona fede; oppure e) una violazione del legittimo affidamento di un investitore contemplato, derivante da dichiarazioni specifiche o inequivocabili di una Parte, sulle quali l’investitore contemplato ha ragionevolmente fatto affidamento e tali da indurlo ad effettuare l’investimento.

57.      L’articolo 9.5, paragrafo 1, dispone che gli investitori contemplati di una Parte che abbiano subito perdite a causa di guerre o altri conflitti armati, rivoluzioni, situazioni di emergenza nazionale, rivolte, insurrezioni o sommosse nel territorio dell’altra Parte, ottengono da quest’ultima, in materia di restituzione, indennizzo, risarcimento o altre forme di liquidazione, un trattamento non meno favorevole di quello riservato da tale Parte ai propri investitori o agli investitori di qualsiasi paese terzo, e comunque quello dei due più favorevole all’investitore contemplato interessato. L’articolo 9.5, paragrafo 2, stabilisce che una Parte, in caso di requisizione o distruzione di un investimento disciplinato, deve concedere la restituzione dei beni o l’indennizzo delle perdite subite.

58.      Ai sensi dell’articolo 9.6, paragrafo 1, nessuna delle Parti può, direttamente o indirettamente, nazionalizzare o espropriare gli investimenti disciplinati di investitori contemplati dell’altra Parte, né sottoporli a misure di effetto equivalente alla nazionalizzazione o all’espropriazione, tranne nel caso in cui l’espropriazione sia effettuata: a) per un fine pubblico; b) nel rispetto del principio del giusto procedimento; c) su base non discriminatoria, e d) dietro pagamento di un’indennità tempestiva, congrua ed effettiva, in conformità a quanto previsto all’articolo 9.6, paragrafo 2. Quest’ultima disposizione definisce le modalità per determinare l’ammontare dell’indennità. L’articolo 9.6 non si applica al rilascio di licenze obbligatorie concesse in relazione a diritti di proprietà intellettuale compatibilmente con le disposizioni dell’accordo TRIPS (articolo 9.6, paragrafo 3). L’articolo 9.6, paragrafo 4, riguarda il riesame delle misure di espropriazione o di stima da parte di un’autorità giudiziaria o di altra autorità indipendente della Parte che adotta tali misure.

59.      L’articolo 9.7 dispone che ciascuna Parte deve consentire che i trasferimenti relativi ad un investimento disciplinato siano effettuati senza restrizioni o ritardi in una valuta liberamente convertibile (articolo 9.7, paragrafo 1). Tuttavia, nessuna disposizione dell’articolo 9.7 può essere interpretata nel senso di impedire a una Parte di applicare in modo equo e non discriminatorio la propria legislazione nelle materie indicate all’articolo 9.7, paragrafo 2, lettere da a) a g) (articolo 9.7, paragrafo 2).

60.      Le rimanenti disposizioni della sezione A riguardano la surrogazione (articolo 9.8), la denuncia (articolo 9.9) e le relazioni dell’ALS/UE‑S con altri accordi (articolo 9.10). In particolare, l’articolo 9.9 dispone che, in caso di denuncia dell’ALS/UE‑S ai sensi dell’articolo 17.13, il capo 9 continua a produrre effetti per un ulteriore periodo di 20 anni dalla data della denuncia per quanto concerne gli investimenti disciplinati effettuati anteriormente alla data della denuncia dell’ALS/UE‑S. L’articolo 9.10, paragrafo 1, prevede che, al momento dell’entrata in vigore dell’ALS/UE‑S, gli accordi tra gli Stati membri dell’Unione e Singapore elencati all’allegato 9-D (compresi i diritti e gli obblighi da essi derivanti) cessano di produrre effetti e sono sostituiti dall’ALS/UE‑S. La nota 19 (425) aggiunge che tali accordi sono considerati abrogati dall’accordo ALS/UE‑S ai sensi dell’articolo 59, paragrafo 1, lettera a), della convenzione di Vienna sul diritto dei trattati. I rimanenti paragrafi dell’articolo 9.10 riguardano per la maggior parte gli effetti dell’applicazione provvisoria dell’ALS/UE‑S sull’applicazione delle disposizioni degli accordi elencati nell’allegato 9-D.

61.      La sezione B del capo 9 si applica alle controversie tra un ricorrente di una Parte e l’altra Parte relative a un trattamento (comprese le omissioni) che si presume abbia violato le disposizioni di cui alla sezione A, qualora si ritenga che tale violazione abbia causato danni o perdite al ricorrente o alla sua impresa stabilita in loco (articolo 9.11, paragrafo 1).

62.      L’articolo 9.12 dispone che la modalità preferenziale di risoluzione delle controversie è la risoluzione amichevole mediante negoziati. L’articolo 9.14 prevede che, in qualsiasi momento, le parti della controversia possono concordare di fare ricorso alla mediazione o ad altri metodi di risoluzione alternativa delle controversie. Se non è possibile risolvere la controversia in via amichevole, il ricorrente di una delle Parti può presentare all’altra Parte una richiesta di consultazioni entro un determinato termine (articolo 9.13). Qualora la controversia non possa essere risolta entro tre mesi dalla presentazione della richiesta di consultazioni, il ricorrente può notificare un avviso dell’intenzione di promuovere il procedimento arbitrale (articolo 9.15). Qualora detto avviso sia stato inviato all’Unione europea, quest’ultima deve procedere alla determinazione del convenuto entro un determinato termine e informare senza indugio il ricorrente della propria decisione (articolo 9.15, paragrafo 2). Se tale decisione non viene adottata, l’articolo 9.15, paragrafo 3, prevede, in sostanza, che il convenuto deve essere determinato conformemente all’avviso dell’intenzione di promuovere il procedimento arbitrale.

63.      Non prima di tre mesi dalla data della notifica dell’avviso, il ricorrente può presentare, alle condizioni stabilite dall’articolo 9.17 e fatte salve le altre disposizioni attinenti alla giurisdizione applicabili (articolo 9.17, paragrafo 5), la domanda per avvalersi di uno dei meccanismi di risoluzione delle controversie elencati all’articolo 9.16, paragrafo 1. Tali meccanismi comprendono il procedimento arbitrale sotto l’egida del Centro internazionale per la risoluzione delle controversie in materia di investimenti e i procedimenti dinanzi a un tribunale arbitrale costituito in conformità al regolamento arbitrale della commissione delle Nazioni Unite per il diritto commerciale internazionale, oppure dinanzi a qualunque altra istituzione arbitrale o conformemente a qualsiasi altro regolamento arbitrale con l’accordo delle parti della controversia.

64.      Gli articoli da 9.18 a 9.21 riguardano, rispettivamente, la costituzione del tribunale arbitrale, il diritto applicabile e le regole di interpretazione, e le domande manifestamente prive di valore giuridico o giuridicamente infondate.

65.      Qualora venga emesso un lodo definitivo che accerta una violazione delle disposizioni del capo 9, il tribunale può ordinare, separatamente o congiuntamente, soltanto a) il risarcimento dei danni patrimoniali (entro i limiti di cui all’articolo 9.24, paragrafo 2), compresi eventuali interessi applicabili, e b) la restituzione dei beni, a condizione che il convenuto abbia la possibilità di pagare il risarcimento dei danni patrimoniali, compresi eventuali interessi applicabili, in luogo della restituzione (articolo 9.24, paragrafo 1). Non possono essere riconosciuti risarcimenti a carattere punitivo (articolo 9.24, paragrafo 2). Gli articoli 9.25 e 9.26 riguardano, rispettivamente, l’indennizzo o altre forme di riparazione e le spese.

66.      L’articolo 9.27 riguarda gli effetti vincolanti del lodo e l’obbligo di conformarsi al medesimo.

67.      Ai sensi dell’articolo 9.28, paragrafo 1, nessuna delle Parti può offrire protezione diplomatica o avviare un ricorso internazionale in relazione ad una controversia che uno dei suoi investitori e l’altra Parte abbiano sottoposto o deciso di sottoporre ad arbitrato a norma della sezione B, tranne qualora l’altra Parte non si sia conformata agli obblighi derivanti dal lodo emesso nell’ambito di tale controversia. Ai fini dell’articolo 9.28, paragrafo 1, la protezione diplomatica non comprende gli scambi diplomatici informali finalizzati unicamente ad agevolare una risoluzione della controversia. Tuttavia, l’articolo 9.28, paragrafo 1, non esclude la possibilità che una Parte ricorra alle procedure di risoluzione delle controversie a norma del capo 15 in relazione ad una misura di applicazione generale anche qualora si ritenga che tale misura abbia violato l’ALS/UE‑S per quanto concerne un investimento specifico per il quale è stata presentata una domanda di arbitrato.

68.      Gli allegati del capo 9 riguardano l’espropriazione (allegati da 9‑A a 9‑C); un elenco degli accordi esistenti tra gli Stati membri e Singapore (allegato 9-D); un meccanismo di mediazione per le controversie investitore‑Stato (allegato 9-E); il codice di condotta per gli arbitri e i mediatori (allegato 9-F), nonché le regole sull’accesso del pubblico ai documenti, sulle udienze e sulla possibilità per i terzi di presentare osservazioni (allegato 9-G).

69.      Il capo 10 («Appalti pubblici») e i suoi nove allegati forniscono un quadro per gli appalti pubblici gestiti dalle Parti. Ai fini del capo 10, per «appalto disciplinato» si intende una procedura d’appalto i) a fini pubblici, di beni, servizi o di entrambi in qualunque combinazione, in qualsiasi forma contrattuale, il cui valore stimato sia pari o superiore alle pertinenti soglie precisate negli allegati da 10-A a 10-G; ii) indetta da un ente appaltante iii) non altrimenti esclusa (articolo 10.2, paragrafo 2). L’articolo 10.2, paragrafo 3, elenca le situazioni nelle quali non si applica il capo 10 (salvo disposizioni contrarie negli allegati da 10-A a 10-G).

70.      L’articolo 10.3 riguarda la sicurezza e le eccezioni generali.

71.      L’articolo 10.4 definisce i principi generali che disciplinano gli appalti pubblici. In particolare, l’articolo 10.4, paragrafi 1 e 2, stabilisce gli obblighi di trattamento nazionale e altre forme di obblighi di non discriminazione. Ai sensi dell’articolo 10.4, paragrafo 7, tali disposizioni non si applicano a misure che non riguardino un appalto.

72.      L’articolo 10.5 stabilisce le regole relative alle informazioni sul proprio sistema di appalti che ciascuna delle Parti deve pubblicare.

73.      Per ciascun appalto disciplinato, l’ente appaltante pubblica un avviso di gara d’appalto (articolo 10.6, paragrafo 1), che deve contenere le informazioni elencate all’articolo 10.6, paragrafo 2. Inoltre, per ciascun appalto bandito deve essere pubblicato un avviso per estratto (articolo 10.6, paragrafo 3). L’articolo 10.7 indica gli obblighi relativi alle condizioni che un ente appaltante può (o non può) imporre per la partecipazione a una gara d’appalto, le modalità per stabilire se un fornitore soddisfi tali condizioni e i motivi per i quali una Parte può escludere un fornitore. L’articolo 10.8 riguarda la qualificazione dei fornitori. L’articolo 10.9 stabilisce le regole relative alle specifiche tecniche e alla documentazione di gara. L’articolo 10.10 riguarda la necessità di accordare ai fornitori un periodo di tempo sufficiente a preparare e presentare le domande di partecipazione e a presentare offerte. L’articolo 10.11 si applica alle trattative. L’articolo 10.12 definisce le condizioni alle quali un ente appaltante può indire una gara a trattativa privata e decidere di non applicare alcune delle garanzie previste dal capo 10. L’articolo 10.14 contiene norme relative al trattamento delle offerte e all’aggiudicazione degli appalti. L’articolo 10.15 definisce gli obblighi relativi alle informazioni che l’ente appaltante deve comunicare ai fornitori partecipanti o pubblicare.

74.      L’articolo 10.16, paragrafo 1, prevede che, su richiesta di una Parte, l’altra Parte deve fornire tempestivamente tutte le informazioni necessarie a stabilire se l’appalto sia stato condotto in modo equo, imparziale e in conformità al capo 15. In determinate circostanze, le informazioni non devono essere divulgate (articolo 10.16, paragrafo 2).

75.      L’articolo 10.17 stabilisce i requisiti relativi al tipo di procedure di ricorso amministrativo o giurisdizionale che ciascuna Parte deve predisporre, le condizioni nelle quali deve essere svolto tale procedimento e la procedura da applicare.

76.      Gli allegati del capo 10 riguardano: gli enti delle amministrazioni centrali che aggiudicano appalti conformemente alle disposizioni dell’ALS/UE‑S (allegato 10-A); gli enti delle amministrazioni di livello inferiore a quello centrale che aggiudicano appalti conformemente alle disposizioni dell’ALS/UE‑S (allegato 10-B); gli enti pubblici e altri enti che aggiudicano appalti conformemente alle disposizioni dell’ALS/UE‑S (allegato 10-C); le merci disciplinate (allegato 10-D); i servizi disciplinati (allegato 10-E); le concessioni disciplinate di servizi e lavori di costruzione (allegato 10-F); le note generali e le deroghe alle disposizioni di cui all’articolo 10.4 (principi generali) (allegato 10-G); i mezzi di pubblicazione (allegato 10-H) e i partenariati pubblico‑privato (allegato 10-I).

77.      Il capo 11 («Proprietà intellettuale») mira ad agevolare la produzione e la commercializzazione di prodotti innovativi e creativi e la prestazione di servizi tra le Parti nonché ad aumentare i benefici derivanti dagli scambi e dagli investimenti mediante un livello adeguato ed efficace di tutela dei diritti di proprietà intellettuale e l’adozione di misure per l’effettiva applicazione di tali diritti (articolo 11.1, paragrafo 1). Gli obiettivi e i principi fissati dalla parte I dell’accordo TRIPS (in particolare dagli articoli 7 e 8) si applicano al capo 11, mutatis mutandis (articolo 11.1, paragrafo 2).

78.      La sezione A riguarda l’ambito di applicazione del capo 11, le definizioni pertinenti e l’esaurimento dei diritti di proprietà intellettuale. L’articolo 11.2, paragrafo 1, stabilisce che il capo 11 completa i diritti e gli obblighi delle Parti derivanti dall’accordo TRIPS e dagli altri trattati internazionali in materia di proprietà intellettuale di cui entrambe le Parti sono firmatarie. Ai fini del capo 11, per «diritti di proprietà intellettuale» si intendono tutte le categorie di proprietà intellettuale di cui alla parte II, sezioni da 1 a 7, dell’accordo TRIPS, e segnatamente: il diritto d’autore ed i diritti connessi; i brevetti; i marchi; i disegni; le topografie di circuiti integrati; le indicazioni geografiche; la protezione di informazioni segrete [articolo 11.2, paragrafo 2, lettera a), rispettivamente punti da i) a vii)], nonché le privative per ritrovati vegetali [articolo 11.2, paragrafo 2, lettera b)]. Ai sensi dell’articolo 11.3, ciascuna Parte è libera di stabilire il proprio regime di esaurimento dei diritti di proprietà intellettuale, fatte salve le disposizioni pertinenti dell’accordo TRIPS.

79.      Ciascuna delle sottosezioni della sezione B riguarda uno specifico diritto di proprietà intellettuale (o una serie di diritti di proprietà intellettuale).

80.      La sottosezione A è intitolata «Diritto d’autore e diritti connessi». Ai sensi dell’articolo 11.4 («Protezione concessa»), le Parti devono rispettare i diritti e gli obblighi stabiliti da altri accordi internazionali, vale a dire: la convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie ed artistiche, il trattato dell’OMPI sul diritto d’autore, il trattato dell’OMPI sulle interpretazioni ed esecuzioni e sui fonogrammi e l’accordo TRIPS. L’articolo 11.5 stabilisce la durata della protezione del diritto d’autore e dei diritti connessi disciplinati.

81.      Le parti rimanenti della sottosezione A riguardano il diritto dei produttori di fonogrammi a una remunerazione equa e unica (articolo 11.6), le pratiche e le politiche concernenti il diritto degli artisti sulle successive vendite (articolo 11.7), la disponibilità di una tutela giuridica adeguata e di rimedi giuridici efficaci contro l’elusione di qualsiasi misura tecnologica che i titolari impiegano nell’esercizio dei loro diritti e che limitano le azioni riguardanti le loro opere o esecuzioni o i loro fonogrammi, che non siano autorizzate dagli aventi diritto o consentite dalla legislazione nazionale (articolo 11.9), nonché la protezione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti (articolo 11.10).

82.      La sottosezione B è intitolata «Marchi». Ai sensi dell’articolo 11.12, ciascuna delle Parti compie ogni ragionevole sforzo per conformarsi alle disposizioni del trattato sul diritto dei marchi (concluso a Ginevra il 27 ottobre 1994) e del trattato di Singapore sul diritto dei marchi (adottato a Singapore il 27 marzo 2006). Ciascuna delle Parti deve predisporre un sistema di registrazione dei marchi che preveda l’obbligo per l’amministrazione competente in materia di marchi di giustificare per iscritto il rifiuto di registrare un marchio. Il richiedente deve avere la possibilità di impugnare tale rifiuto dinanzi ad un’autorità giudiziaria; i terzi devono potersi opporre alle domande di registrazione di marchi e ciascuna delle Parti deve istituire una banca dati elettronica delle domande e delle registrazioni di marchi, accessibile al pubblico (articolo 11.13). Le Parti devono proteggere i marchi notori conformemente all’accordo TRIPS (articolo 11.14). L’articolo 11.15 prevede talune eccezioni ai diritti conferiti dai marchi.

83.      La sottosezione C («Indicazioni geografiche») si applica al riconoscimento e alla protezione delle indicazioni geografiche di vini, bevande spiritose e prodotti agricoli e alimentari originari dei territori delle Parti (articolo 11.16, paragrafo 1). Al momento dell’entrata in vigore dell’ALS/UE‑S, le Parti devono istituire sistemi per la registrazione e la protezione delle indicazioni geografiche nel proprio territorio, in relazione alle categorie di prodotti per le quali lo ritengano opportuno (articolo 11.17). Altre disposizioni riguardano l’ambito di protezione delle indicazioni geografiche (articolo 11.19) o i soggetti che possono utilizzare un’indicazione geografica protetta (articolo 11.20).

84.      La sottosezione D è intitolata «Disegni». Le Parti devono assicurare la protezione dei disegni e modelli creati indipendentemente, che siano nuovi o originali. Tale protezione deve essere fornita attraverso la registrazione e conferisce ai titolari diritti esclusivi (articolo 11.24, paragrafo 1). L’articolo 11.25 definisce la portata dei diritti conferiti dalla registrazione al titolare di un disegno protetto. La durata della protezione concessa deve essere di almeno 10 anni a decorrere dalla data della domanda (articolo 11.26). L’articolo 11.27 riguarda limitate eccezioni alla protezione dei disegni. L’articolo 11.28 riguarda il rapporto tra i disegni protetti e il diritto d’autore.

85.      La sottosezione E è intitolata «Brevetti». Mediante l’articolo 11.29, le Parti richiamano gli obblighi derivanti dal trattato di cooperazione in materia di brevetti e, se del caso, compiono ogni ragionevole sforzo per conformarsi al disposto degli articoli da 1 a 16 del trattato sul diritto dei brevetti coerentemente con la legislazione e le procedure nazionali. Le Parti si impegnano inoltre a rispettare la decisione del Consiglio generale dell’OMC, del 30 agosto 2003, sull’attuazione del paragrafo 6 della dichiarazione di Doha sull’accordo TRIPS e la salute pubblica, nonché la decisione del Consiglio generale dell’OMC, del 6 dicembre 2005, sulla modifica dell’accordo TRIPS. L’articolo 11.31 definisce le circostanze nelle quali le Parti devono prevedere una proroga della durata dei diritti conferiti dalla disciplina in materia di protezione dei brevetti.

86.      La sottosezione F («Protezione dei dati sulle prove») riguarda la protezione dei dati sulle prove comunicati per ottenere un’autorizzazione amministrativa all’immissione in commercio, rispettivamente, di un prodotto farmaceutico o di un prodotto chimico agricolo (articoli 11.33 e 11.34).

87.      La disposizione unica della sottosezione G («Varietà vegetali») dispone che le Parti confermano i loro obblighi derivanti dalla convenzione internazionale per la protezione dei ritrovati vegetali, compresa la loro capacità di attuare l’eccezione facoltativa al diritto di costitutore di cui all’articolo 15, paragrafo 2, di detta convenzione (articolo 11.35).

88.      La sezione C è intitolata «Tutela civile dei diritti di proprietà intellettuale». All’articolo 11.36, le Parti confermano gli impegni assunti in forza degli articoli da 41 a 50 dell’accordo TRIPS. Esse concordano di stabilire, in conformità a tali impegni, le misure, le procedure e i mezzi di ricorso a norma della rispettiva legislazione interna, contro gli atti di violazione dei diritti di proprietà intellettuale contemplati dal capo 11 (articolo 11.36, paragrafo 1). Tali misure, procedure e mezzi di ricorso devono soddisfare i requisiti previsti all’articolo 11.36, paragrafo 2. L’articolo 11.36, paragrafo 3, dispone che nessuna disposizione del capo 11 pregiudica la capacità delle Parti di applicare la loro legislazione interna in generale né crea alcun obbligo per le Parti di modificare la loro legislazione vigente per quanto riguarda la tutela dei diritti di proprietà intellettuale. Inoltre, nessuna disposizione di detto capo introduce alcun obbligo per le Parti di predisporre un sistema giudiziario diverso per la tutela dei diritti di proprietà intellettuale o per quanto concerne la distribuzione delle risorse destinate rispettivamente alla tutela dei diritti di proprietà intellettuale e all’applicazione della legge in generale.

89.      La parte rimanente della sezione C riguarda, in particolare, l’obbligo di prendere le misure appropriate per pubblicare o mettere a disposizione del pubblico le informazioni relative alle decisioni giudiziarie definitive nei procedimenti giudiziari civili per violazione di un diritto di proprietà intellettuale (articolo 11.37), l’obbligo di mettere a disposizione le misure, le procedure e i mezzi di ricorso civili di cui alla sezione C per tutte le categorie di proprietà intellettuale di cui alla parte II, sezioni da 1 a 6, dell’accordo TRIPS (articolo 11.38), le misure di protezione delle prove (articolo 11.39), le ingiunzioni (articolo 11.42), le misure alternative (articolo 11.43) e il risarcimento del danno (articolo 11.44).

90.      La sezione D è intitolata «Misure alla frontiera». L’articolo 11.49 definisce l’ambito di applicazione di tali misure, segnatamente per quanto riguarda le procedure relative alle merci soggette a controllo doganale. L’articolo 11.50 impone alle autorità doganali di adottare una serie di soluzioni volte a identificare le spedizioni contenenti merci contraffatte per quanto concerne il marchio, merci usurpative per quanto concerne il diritto d’autore, merci usurpative per quanto concerne il disegno e merci contraffatte per quanto concerne l’indicazione geografica. L’articolo 11.51 indica i settori nei quali le Parti convengono di cooperare.

91.      La disposizione unica della sezione E («Cooperazione») enuncia che le Parti convengono di cooperare ai fini dell’attuazione degli impegni e degli obblighi derivanti dal capo 11 e indica le attività che devono essere incluse nei settori di cooperazione (articolo 11.52).

92.      Il capo 12 («Concorrenza e questioni correlate») riguarda l’antitrust e le concentrazioni, le imprese pubbliche, le imprese cui sono riconosciuti diritti speciali o esclusivi e i monopoli di Stato.

93.      La Sezione A è intitolata «Antitrust e concentrazioni». All’articolo 12.1, paragrafo 1, le Parti riconoscono l’importanza di una concorrenza libera e non falsata nelle loro relazioni commerciali e riconoscono che le pratiche e le operazioni commerciali anticoncorrenziali possono falsare il corretto funzionamento dei mercati e compromettere i vantaggi derivanti dalla liberalizzazione degli scambi. L’articolo 12.1, paragrafo 2, stabilisce che, al fine di promuovere una concorrenza libera e non falsata in tutti i settori delle proprie economie, le Parti devono mantenere in vigore una legislazione completa che affronti in modo efficace tre questioni che incidono sugli scambi tra loro, vale a dire: a) gli accordi orizzontali e verticali; b) lo sfruttamento abusivo di una posizione dominante e c) le concentrazioni tra imprese che producono una sostanziale riduzione della concorrenza o che ostacolano in misura significativa una concorrenza effettiva.

94.      La sezione B è intitolata «Imprese pubbliche, imprese cui sono riconosciuti diritti speciali o esclusivi e monopoli di Stato». L’articolo 12.3, paragrafo 1, stabilisce che le disposizioni del capo 12 non devono impedire alle Parti di creare o mantenere imprese pubbliche e imprese cui sono riconosciuti diritti speciali o esclusivi, in conformità alla propria legislazione. Le altre disposizioni dell’articolo 12.3 sanciscono alcuni obblighi circa le condizioni applicabili a tali imprese. L’articolo 12.4 dispone che le Parti possono continuare a istituire o mantenere monopoli di Stato. Tuttavia, esse devono adeguare i monopoli di Stato a carattere commerciale in modo tale da escludere qualsiasi discriminazione ad opera di tali monopoli per quanto concerne l’approvvigionamento e gli sbocchi di beni e servizi.

95.      La sezione C è intitolata «Sovvenzioni». L’articolo 12.5, paragrafi 1 e 2, definisce la nozione di sovvenzione ai fini dell’ALS/UE‑S e indica le categorie di sovvenzioni soggette al capo 12. L’articolo 12.5, paragrafo 3, dispone che gli articoli 12.7 (sovvenzioni vietate), 12.8 (altre sovvenzioni) e 12.10 (clausola di revisione) nonché l’allegato 12-A non si applicano a varie sovvenzioni alla pesca e all’agricoltura. Le disposizioni della sezione C non pregiudicano i diritti e gli obblighi delle Parti derivanti dell’accordo OMC (articolo 12.6). L’articolo 12.7 indica le categorie vietate di sovvenzioni relative a beni e servizi e prevede alcune eccezioni. L’articolo 12.8, paragrafo 2, riguarda lo scambio di informazioni su tali sovvenzioni. L’articolo 12.9 stabilisce taluni obblighi in materia di trasparenza. Ai sensi dell’articolo 12.10, paragrafo 1, le Parti devono sottoporre a una verifica permanente le questioni cui è fatto riferimento nella sezione C.

96.      La sezione D («Questioni generali») definisce gli obblighi concernenti la cooperazione e il coordinamento in materia di applicazione della legge (articolo 12.11), la riservatezza (articolo 12.12) e la consultazione (articolo 12.13). L’articolo 12.14 esclude tutte le questioni attinenti al capo 12, ad eccezione di quelle disciplinate dall’articolo 12.7 («Sovvenzioni vietate»), dall’ambito di applicazione dei capi 15 («Risoluzione delle controversie») e 16 («Meccanismo di mediazione»).

97.      L’allegato 12-A stabilisce i principi applicabili ad altre sovvenzioni.

98.      Il capo 13 è intitolato «Commercio e sviluppo sostenibile».

99.      La sezione A contiene le «Disposizioni introduttive». L’articolo 13.1 fa riferimento a una serie di strumenti internazionali e ribadisce l’impegno delle Parti a sviluppare e promuovere il commercio internazionale e le loro relazioni economiche e commerciali bilaterali in modo da contribuire allo sviluppo sostenibile (articolo 13.1, paragrafo 1). Le Parti riconoscono che lo sviluppo economico, lo sviluppo sociale e la tutela dell’ambiente sono interdipendenti e costituiscono componenti dello sviluppo sostenibile che si rafforzano reciprocamente, e sottolineano i benefici della cooperazione sulle questioni sociali e ambientali collegate al commercio, nel quadro di un’impostazione globale in materia di commercio e sviluppo sostenibile (articolo 13.1, paragrafo 2). Le Parti riconoscono altresì che non è opportuno incoraggiare gli scambi o gli investimenti indebolendo o riducendo i livelli di protezione offerti dalla legislazione interna in materia di ambiente e lavoro, ma sottolineano l’importanza di non utilizzare le norme in materia di ambiente e di lavoro per scopi protezionistici (articolo 13.1, paragrafo 3). Inoltre, le Parti riconoscono come loro obiettivo il rafforzamento delle loro relazioni commerciali e della collaborazione in modo da promuovere lo sviluppo sostenibile secondo quanto indicato all’articolo 13.1, paragrafi 1 e 2, e dichiarano che non intendono armonizzare le rispettive norme in materia di lavoro o di ambiente (articolo 13.1, paragrafo 4).

100.      Le Parti mantengono il diritto di stabilire i propri livelli di protezione dell’ambiente e del lavoro e di adottare o modificare di conseguenza le proprie leggi e politiche pertinenti, in conformità ai principi sanciti dalle norme o dagli accordi riconosciuti a livello internazionale di cui sono firmatarie, secondo quanto previsto agli articoli 13.3 e 13.6 (articolo 13.2, paragrafo 1). Le Parti devono continuare a migliorare le loro norme e politiche e adoperarsi per garantire ed incoraggiare elevati livelli di protezione dell’ambiente e del lavoro (articolo 13.2, paragrafo 2).

101.      La sezione B è intitolata «Commercio e sviluppo sostenibile – Aspetti inerenti al lavoro». Le Parti riconoscono il valore della cooperazione internazionale e degli accordi internazionali in materia di occupazione e di lavoro come risposta della comunità internazionale alle sfide e alle opportunità economiche, occupazionali e sociali derivanti dalla globalizzazione e si impegnano a consultarsi e a cooperare, nei modi opportuni, sulle questioni del lavoro e dell’occupazione che attengono al commercio e sono di interesse comune (articolo 13.3, paragrafo 1). Inoltre, esse confermano i rispettivi impegni a riconoscere l’occupazione piena e produttiva e il lavoro dignitoso per tutti quali elementi essenziali dello sviluppo sostenibile in tutti i paesi e quale obiettivo prioritario della cooperazione internazionale, e sono decise a promuovere lo sviluppo del commercio internazionale in un modo che contribuisca all’occupazione piena e produttiva e a garantire a tutti un lavoro dignitoso (articolo 13.3, paragrafo 2). Nel rispetto degli obblighi derivanti dalla loro adesione all’OIL e dalla dichiarazione dell’OIL sui principi e diritti fondamentali nel lavoro e suoi seguiti, le Parti si impegnano a rispettare, promuovere e attuare in modo efficace i principi riguardanti i diritti fondamentali nel lavoro, ed in particolare: a) la libertà di associazione ed il riconoscimento effettivo del diritto di contrattazione collettiva; b) l’eliminazione di ogni forma di lavoro forzato o obbligatorio; c) l’effettiva abolizione del lavoro minorile; e d) l’eliminazione della discriminazione in materia di impiego e professione. Le Parti confermano inoltre i rispettivi impegni ad attuare in modo efficace le convenzioni dell’OIL che Singapore e gli Stati membri dell’Unione europea hanno ratificato (articolo 13.3, paragrafo 3). Le Parti si impegnano ad adoperarsi assiduamente per ratificare ed attuare in modo efficace le convenzioni fondamentali dell’OIL, a prendere in considerazione la ratifica e l’attuazione efficace di altre convenzioni dell’OIL, tenendo conto delle circostanze nazionali, e a scambiarsi informazioni al riguardo (articolo 13.3, paragrafo 4). A tenore dell’articolo 13.3, paragrafo 5, le Parti riconoscono che la violazione dei principi e dei diritti fondamentali nel lavoro non può essere invocata o altrimenti utilizzata quale vantaggio comparativo legittimo.

102.      All’articolo 13.4, le Parti riconoscono l’importanza di cooperare sugli aspetti delle politiche del lavoro relativi al commercio al fine di realizzare gli obiettivi dell’accordo ALS/UE‑S. Inoltre, tale disposizione contiene un elenco (non esaustivo) di settori nei quali le Parti possono avviare attività di cooperazione reciprocamente vantaggiose.

103.      L’articolo 13.5 dispone che, nella preparazione e nell’attuazione delle misure per la salute e la sicurezza sul lavoro che possono incidere sugli scambi o sugli investimenti tra le Parti, ciascuna di esse deve tenere conto delle pertinenti informazioni scientifiche e tecniche e delle norme, degli orientamenti o delle raccomandazioni internazionali correlati, compreso il principio di precauzione.

104.      La sezione C è intitolata «Commercio e sviluppo sostenibile – Aspetti ambientali». Le Parti riconoscono il valore della governance e degli accordi internazionali in materia di ambiente, sottolineano la necessità di rafforzare le sinergie tra le politiche, le norme e le misure in materia di commercio e di ambiente, e dichiarano che si consulteranno e coopereranno, nei modi opportuni, per quanto riguarda i negoziati su questioni ambientali di comune interesse attinenti al commercio (articolo 13.6, paragrafo 1). Inoltre, le Parti si impegnano a dare efficace attuazione agli accordi multilaterali in materia di ambiente di cui sono firmatarie, nelle rispettive leggi e nei regolamenti o in altre misure o pratiche vigenti nei rispettivi territori (articolo 13.6, paragrafo 2). Le Parti confermano il loro impegno a realizzare l’obiettivo ultimo della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (di seguito «UNFCCC») e del relativo protocollo di Kyoto e convengono di collaborare per rafforzare il regime multilaterale basato su norme nel quadro dell’UNFCCC partendo dalle decisioni adottate in tale ambito, nonché per sostenere gli sforzi intesi a sviluppare, nel quadro dell’UNFCCC, un accordo internazionale sui cambiamenti climatici applicabile a tutte le parti per il periodo successivo al 2020 (articolo 13.6, paragrafo 3). Nessuna disposizione dell’accordo ALS/UE‑S deve impedire alle Parti di adottare o mantenere in vigore misure volte a attuare gli accordi multilaterali in materia di ambiente di cui sono firmatarie, a condizione che tali misure non siano applicate in un modo che costituisca una discriminazione arbitraria o ingiustificata tra le Parti o una restrizione dissimulata del commercio (articolo 13.6, paragrafo 4).

105.      L’articolo 13.7 riguarda il commercio di legname e prodotti del legno. Le Parti riconoscono l’importanza della conservazione e della gestione sostenibile delle foreste a livello globale. Esse si impegnano a: a) scambiarsi informazioni sulle strategie per promuovere il commercio e il consumo di legname e prodotti del legno provenienti da foreste gestite in modo legale e sostenibile, e a promuovere la consapevolezza circa tali strategie; b) promuovere l’applicazione delle normative e la governance nel settore forestale a livello mondiale, e a far fronte al commercio di legname tagliato illegalmente e dei relativi prodotti; c) cooperare per promuovere l’efficacia delle misure o delle politiche intese a far fronte al commercio di legname tagliato illegalmente e dei relativi prodotti; e d) promuovere l’applicazione efficace della convenzione sul commercio internazionale delle specie di fauna e di flora selvatiche minacciate di estinzione per quanto riguarda le specie di alberi a rischio.

106.      L’articolo 13.8 riguarda il commercio di prodotti ittici. Le Parti riconoscono l’importanza di garantire la conservazione e la gestione delle risorse ittiche in modo sostenibile e si impegnano a: a) rispettare le misure di conservazione a lungo termine e lo sfruttamento sostenibile delle risorse ittiche come definiti dagli strumenti internazionali ratificati dalle Parti, e a sostenere i principi dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (di seguito «FAO») ed i pertinenti strumenti dell’ONU in questi campi; b) introdurre ed attuare misure efficaci per combattere la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (di seguito «pesca INN»), nonché agevolare l’esclusione dei prodotti della pesca INN dai flussi commerciali e lo scambio di informazioni sulle attività di pesca INN; c) adottare misure efficaci di monitoraggio e controllo per garantire il rispetto delle misure di conservazione; e d) sostenere i principi dell’accordo FAO inteso a favorire il rispetto delle misure internazionali di conservazione e di gestione da parte dei pescherecci in alto mare, ed a rispettare le pertinenti disposizioni dell’accordo FAO sulle misure di competenza dello Stato di approdo intese a prevenire, scoraggiare ed eliminare la pesca INN.

107.      L’articolo 13.9 è redatto in termini quasi identici a quelli dell’articolo 13.5, salvo per il fatto che fa riferimento e si applica alle «misure di tutela dell’ambiente» anziché alla salute e alla sicurezza sul lavoro.

108.      All’articolo 13.10, le Parti riconoscono l’importanza di cooperare sugli aspetti delle politiche ambientali attinenti al commercio al fine di realizzare gli obiettivi dell’accordo ALS/UE‑S. Tale disposizione contiene un elenco (non esaustivo) di settori nei quali le Parti possono avviare attività di cooperazione reciprocamente vantaggiose.

109.      La sezione D è intitolata «Disposizioni generali». L’articolo 13.11 enuncia che le Parti sono decise a continuare a compiere sforzi particolari per facilitare e promuovere il commercio e gli investimenti in beni e servizi ambientali (articolo 13.11, paragrafo 1), e sancisce l’obbligo di dedicare particolare attenzione ad agevolare l’eliminazione degli ostacoli agli scambi e agli investimenti in relazione a beni e servizi rispettosi del clima (articolo 13.11, paragrafo 2), l’esigenza di ridurre le emissioni di gas serra e di limitare le distorsioni degli scambi per quanto possibile (articolo 13.11, paragrafo 3) nonché di promuovere la responsabilità sociale delle imprese (articolo 13.11, paragrafo 4).

110.      Ai sensi dell’articolo 13.12, le Parti non possono rinunciare né altrimenti derogare, né proporre di rinunciare o altrimenti derogare alla propria legislazione in materia di ambiente e di lavoro in modo tale da influire sugli scambi o sugli investimenti tra le Parti (articolo 13.12, paragrafo 1), né omettere di dare efficace applicazione alle proprie leggi in materia di ambiente e di lavoro, con la loro azione o inazione prolungata o ricorrente, in modo tale da influire sugli scambi o sugli investimenti tra le Parti (articolo 13.12, paragrafo 2).

111.      L’articolo 13.13 stabilisce taluni obblighi in materia di trasparenza per quanto concerne tutte le misure di applicazione generale volte a tutelare l’ambiente o le condizioni di lavoro, che possono incidere sugli scambi commerciali e sugli investimenti tra le Parti. Gli articoli 13.14 e 13.15 riguardano il riesame dell’impatto dell’attuazione dell’ALS/UE‑S sullo sviluppo sostenibile e i meccanismi istituzionali di monitoraggio dell’attuazione del capo 13.

112.      In caso di disaccordo su qualsiasi questione attinente al capo 13, le Parti possono avvalersi unicamente delle procedure di cui agli articoli 13.16 («Consultazioni governative») e 13.17 («Gruppo di esperti»). I capi 15 («Risoluzione di controversie») e 16 («Meccanismo di mediazione») non si applicano al capo 13 (articolo 13.16, paragrafo 1). L’articolo 13.16, paragrafi da 2 a 6, stabilisce le procedure e gli obiettivi delle consultazioni governative. L’articolo 13.17 definisce, tra l’altro, i meccanismi e le procedure per l’istituzione di un gruppo di esperti incaricato di esaminare qualsiasi questione per la quale il consiglio di cui all’articolo 13.16, paragrafo 4, non abbia trovato una soluzione soddisfacente.

113.      Il capo 14 («Trasparenza») è inteso a predisporre un contesto regolamentare efficace e prevedibile per gli operatori economici (articolo 14.2, paragrafo 1), a confermare gli impegni derivanti dall’accordo OMC e a introdurre chiarimenti e migliori regole in materia di trasparenza, consultazione e gestione delle misure di applicazione generale (articolo 14.2, paragrafo 2). Per «misure di applicazione generale» si intende qualsiasi disposizione legislativa o regolamentare, sentenza, procedura o decisione amministrativa che possa avere un’incidenza sulle questioni oggetto dell’ALS/UE‑S. Sono escluse le decisioni che producono effetti nei confronti di una singola persona [articolo 14.1, lettera a)].

114.      L’articolo 14.3 stabilisce taluni obblighi di pubblicazione per le Parti in relazione sia alle misure di applicazione generale (articolo 14.3, paragrafo 1), sia a qualsiasi proposta di misura di applicazione generale da adottare o modificare (articolo 14.3, paragrafo 2). L’articolo 14.4, paragrafo 1, impone alle Parti di designare un punto di contatto per agevolare l’efficace attuazione dell’accordo ALS/UE‑S e la comunicazione tra le Parti su qualsiasi questione disciplinata dallo stesso. Ulteriori dettagli relativi a tale punto di contatto, al suo funzionamento e alle richieste di informazioni ad esso presentate sono indicati all’articolo 14.4, paragrafi da 2 a 8.

115.      L’articolo 14.5 stabilisce gli obblighi da assolvere al fine di amministrare in modo coerente, imparziale e ragionevole tutte le misure di applicazione generale. In particolare, ciascuna delle Parti deve: a) adoperarsi per informare i soggetti interessati dell’altra Parte direttamente coinvolti in un procedimento, con un preavviso ragionevole e secondo le proprie procedure, dell’apertura di un procedimento; b) accordare ai soggetti interessati una possibilità ragionevole di presentare fatti e argomenti a sostegno della loro posizione prima dell’adozione di qualsiasi provvedimento amministrativo definitivo; e c) garantire che le proprie procedure siano basate sulla propria legislazione e ad essa conformi.

116.      L’articolo 14.6, paragrafo 1, impone alle Parti di creare o mantenere procedure od istanze giudiziarie, arbitrali o amministrative per un riesame tempestivo e, qualora ciò sia giustificato, per una riforma dei provvedimenti amministrativi relativi alle materie oggetto dell’accordo ALS/UE‑S. I tribunali devono essere imparziali e indipendenti dall’ufficio o dall’autorità preposti all’esecuzione amministrativa e non devono avere alcun interesse sostanziale circa l’esito della questione (articolo 14.6, paragrafo 1). Ciascuna delle Parti deve inoltre garantire che, innanzi a tali tribunali o nell’ambito delle procedure di cui all’articolo 14.6, paragrafo 1, le parti del procedimento abbiano diritto a: a) una ragionevole possibilità di sostenere o difendere le rispettive posizioni; e b) una decisione basata sulle prove e sugli atti presentati o, se la legge lo prescrive, sugli atti predisposti dall’autorità amministrativa (articolo 14.6, paragrafo 2). L’articolo 14.6, paragrafo 3, riguarda l’attuazione di tali decisioni.

117.      Le Parti si impegnano a cooperare per promuovere la qualità e l’efficacia delle regolamentazioni (articolo 14.7, paragrafo 1) e a promuovere i principi di buona condotta amministrativa (articolo 14.7, paragrafo 2).

118.      L’articolo 14.8 dispone che, qualora altri capi dell’ALS/U‑S contengano norme specifiche e diverse concernenti questioni disciplinate dal capo 14, prevalgono tali norme.

119.      Il capo 15 («Risoluzione delle controversie») è inteso a prevenire e risolvere qualsiasi divergenza di interpretazione e di applicazione dell’ALS/UE‑S tra le Parti al fine di giungere, per quanto possibile, a soluzioni accettabili per entrambe (articolo 15.1). Il capo 15 si applica a qualsiasi divergenza di interpretazione e di applicazione delle disposizioni dell’ALS/UE‑S, salvo espressa disposizione contraria (articolo 15.2).

120.      Le procedure stabilite agli articoli da 15.3 a 15.13 prevedono, nell’ambito del meccanismo di risoluzione delle controversie, le seguenti fasi: consultazioni in buona fede onde pervenire a una soluzione concordata (articolo 15.3, paragrafi da 1 a 4); richiesta di costituzione di un collegio arbitrale a norma dell’articolo 15.4, se le consultazioni si sono concluse senza che sia stata raggiunta una soluzione concordata (articolo 15.3, paragrafo 5); procedimento arbitrale (articoli da 15.4 a 15.8); procedimento di esecuzione del lodo arbitrale (articoli da 15.9 a 15.11); applicazione di misure correttive in caso di mancata esecuzione (articolo 15.12); e riesame delle misure adottate per dare esecuzione al lodo arbitrale successivamente alla sospensione degli obblighi (articolo 15.13).

121.      Gli articoli da 15.14 a 15.19 contengono varie disposizioni relative alle procedure di arbitrato, che sono integrate dall’allegato 15‑A. Le disposizioni generali della sezione D riguardano l’elenco degli arbitri (articolo 15.20); il rapporto tra il meccanismo di risoluzione delle controversie di cui al capo 15 e il meccanismo dell’OMC per la risoluzione delle controversie (articolo 15.21); i termini (articolo 15.22), nonché il riesame e la modifica del capo 15 (articolo 15.23).

122.      Il capo 16 («Meccanismo di mediazione») è inteso ad agevolare la ricerca di una soluzione concordata mediante una procedura di mediazione esauriente e rapida (articolo 16.1). Il capo 16 si applica a qualsiasi misura rientrante nel campo di applicazione dell’accordo ALS/UE‑S che incida negativamente sugli investimenti o sugli scambi tra le Parti, salvo disposizioni contrarie (articolo 16.2).

123.      Prima dell’avvio del procedimento di mediazione, una Parte può in qualsiasi momento chiedere per iscritto informazioni riguardanti una siffatta misura (articolo 16.2). La procedura di cui agli articoli da 16.3 a 16.6 prevede le seguenti fasi nell’ambito del meccanismo di mediazione: la richiesta di avvio del procedimento di mediazione (articolo 16.3); la scelta del mediatore (articolo 16.4); la mediazione in sé (articolo 16.5), nonché l’attuazione di una soluzione concordata (articolo 16.6). L’articolo 16.7 riguarda il rapporto tra la mediazione e la procedura di risoluzione delle controversie. Altre disposizioni riguardano i termini (articolo 16.8), le spese (articolo 16.9) e il riesame (articolo 16.10).

124.      Il capo 17 è intitolato «Disposizioni istituzionali, generali e finali». Gli articoli 17.1 e 17.2 predispongono una struttura istituzionale costituita da vari comitati nei quali le Parti devono riunirsi per sorvegliare e facilitare l’attuazione e l’applicazione dell’ALS/UE‑S. L’articolo 17.3 prevede che, in caso di modifica di qualsiasi disposizione dell’accordo OMC che le Parti hanno integrato nell’ALS/UE‑S, queste ultime devono consultarsi reciprocamente allo scopo di trovare una soluzione soddisfacente per entrambe, ove necessario. L’articolo 17.4 verte sul processo decisionale dei vari comitati. L’articolo 17.5 riguarda le modifiche dell’ALS/UE‑S.

125.      L’articolo 17.6, paragrafo 1, enuncia che l’ALS/UE‑S si applica alle misure fiscali solo nei limiti di quanto necessario per dare effetto alle disposizioni dell’ALS/UE‑S. Ai sensi dell’articolo 17.6, paragrafo 2, le disposizioni dell’ALS/UE‑S lasciano impregiudicati i diritti e gli obblighi di Singapore o dell’Unione o di uno o più dei suoi Stati membri derivanti da convenzioni fiscali tra Singapore e uno o più Stati membri dell’Unione europea. L’articolo 17.6, paragrafi 3 e 4, stabilisce che nessuna delle disposizioni dell’ALS/UE‑S deve ostare a che le Parti adottino o mantengano in vigore determinate misure fiscali e misure dirette a impedire l’elusione o l’evasione fiscale. L’articolo 17.6, paragrafo 5, riguarda il diritto di Singapore di adottare o mantenere in vigore le misure fiscali necessarie a proteggere i superiori interessi di ordine pubblico connessi alle specifiche limitazioni di spazio che interessano Singapore.

126.      Le Parti devono autorizzare, in conformità delle disposizioni dell’articolo VIII dell’accordo istitutivo del Fondo monetario internazionale, tutti i pagamenti e i trasferimenti in valuta liberamente convertibile sul conto corrente della bilancia dei pagamenti tra di esse. In tale contesto, le Parti sono tenute a consultarsi (articolo 17.7).

127.      Ciascuna Parte deve incoraggiare i propri fondi sovrani di investimento a rispettare i principi e le pratiche generalmente accettati (i cosiddetti principi di Santiago) (articolo 17.8).

128.      L’articolo 17.9 riguarda le condizioni e le procedure che consentono a una Parte, la quale incontri o rischi di incontrare gravi difficoltà finanziarie relative alla bilancia dei pagamenti e alla posizione finanziaria esterna, di adottare o mantenere in vigore misure restrittive per quanto riguarda gli scambi di merci e servizi, lo stabilimento nonché i pagamenti ed i trasferimenti connessi agli investimenti.

129.      L’articolo 17.10 prevede una clausola concernente le eccezioni relative alla sicurezza, che consente alle Parti di agire per tutelare i propri interessi essenziali di sicurezza.

130.      Le rimanenti disposizioni del capo 17 riguardano la divulgazione delle informazioni e la protezione delle informazioni riservate (articolo 17.11); l’entrata in vigore dell’ALS/UE‑S (articolo 17.12); la sua durata e denuncia (articolo 17.13); l’adempimento degli obblighi a norma dell’ALS/UE‑S (articolo 17.14); la mancanza di efficacia diretta (articolo 17.15); gli allegati, le appendici, le dichiarazioni comuni, i protocolli e le intese che formano parte integrante dell’ALS/UE‑S (articolo 17.16); il rapporto tra l’ALS/UE‑S e l’accordo di partenariato e cooperazione nonché l’accordo OMC (articolo 17.17); le future adesioni all’Unione europea (articolo 17.18); l’applicazione territoriale dell’ALS/UE‑S (articolo 17.19) e i testi facenti fede dell’ALS/UE‑S, vale a dire le versioni bulgara, ceca, croata, danese, estone, finlandese, francese, greca, inglese, italiana, lettone, lituana, maltese, neerlandese, polacca, portoghese, rumena, slovacca, slovena, spagnola, svedese, tedesca e ungherese (articolo 17.20).

131.      Il protocollo I verte sulla definizione della nozione di «prodotti originari» e sui metodi di cooperazione amministrativa. Le intese da 1 a 5 riguardano, rispettivamente, l’articolo 17.6 (fiscalità); la retribuzione degli arbitri; le ulteriori disposizioni in materia doganale; il riconoscimento reciproco dei programmi di operatore economico autorizzato e le limitazioni specifiche di Singapore per quanto riguarda lo spazio e l’accesso alle risorse naturali.


1 – Lingua originale: l’inglese.


2 – Il testo dell’ALS/UE‑S è pubblicato sul sito Internet della Commissione: http://trade.ec.europa.eu/doclib/press/index.cfm?id= 961. Per una panoramica sintetica, v. infra, paragrafi da 9 a 30, e per un’esposizione maggiormente dettagliata v. l’allegato alle presenti conclusioni. La sintesi contenuta in detto allegato è basata sulla versione in lingua inglese del testo dell’ALS/UE‑S presentato dalla Commissione alla Corte (in allegato alla sua domanda). La Commissione ha successivamente fornito alla Corte la traduzione dell’ALS/UE-S in tutte le lingue ufficiali dell’Unione europea. Durante le fasi di redazione e traduzione delle presenti conclusioni sono emerse alcune differenze tra le versioni originariamente fornite dalla Commissione in inglese e i) la versione inglese disponibile al pubblico nonché ii) le altre versioni linguistiche presentate dalla Commissione. Ad esempio, la versione inglese disponibile al pubblico contiene un considerando aggiuntivo: «Riaffermando il diritto di ciascuna Parte di adottare ed applicare le misure necessarie a perseguire legittimi obiettivi politici, ad esempio in materia sociale ed ambientale, di sicurezza e salute pubblica, di promozione e protezione della diversità culturale». Si rileva inoltre che la numerazione delle note a piè di pagina nella versione inglese (sia in quella fornita alla Corte che in quella disponibile su Internet) è diversa da quella delle altre versioni linguistiche. Dato che l’unica versione disponibile al pubblico al momento della lettura delle presenti conclusioni è quella inglese, ho utilizzato la numerazione delle note a piè di pagina impiegata in tale versione, segnalando però, laddove ho rilevato la differenza, l’eventuale numero diverso di una determinata nota a piè di pagina in altre versioni linguistiche. Non sono in grado di esprimermi in via definitiva su altre modifiche eventualmente apportate delle quali non sono a conoscenza.


3 – Vale a dire gli accordi elencati nell’appendice 1 dell’intesa dell’OMC sulle norme e sulle procedure che disciplinano la risoluzione delle controversie.


4 – V., a tale proposito, parere 1/94 (accordi allegati all’accordo OMC) del 15 novembre 1994 (EU:C:1994:384, punti 34, 53, 71, 98 e 105). In detto parere, la Corte ha esaminato l’oggetto e gli obiettivi di vari accordi internazionali facenti parte dell’accordo di Marrakech che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio (in prosieguo: l’«accordo OMC»), in particolare l’accordo generale sul commercio dei servizi (in prosieguo: il «GATS») e l’accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (in prosieguo: l’«accordo TRIPS»), nonché vari accordi che disciplinano gli scambi di merci e sono inseriti nell’allegato 1A (in prosieguo: gli «accordi commerciali multilaterali») dell’accordo OMC, quali l’accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio 1994 (in prosieguo: il «GATT 1994») e l’accordo sulle barriere tecniche al commercio (in prosieguo: l’«accordo BTC»).


5 – Per competenza esterna esclusiva «implicita» intendo che tale esclusività non si basa su una disposizione del Trattato che conferisce espressamente all’Unione europea una competenza esclusiva in relazione a uno specifico settore.


6 – Tale espressione è utilizzata dalle parti nelle loro osservazioni. V. anche, in particolare, paragrafi 307 e 346 infra.


7 – L’articolo XXIV è intitolato «Applicazione territoriale – Traffico frontaliero – Unioni doganali e zone di libero scambio».


8 – L’articolo V riguarda l’«Integrazione economica».


9 – L’espressione «trattamento nazionale» significa, in sostanza, che l’imposizione e le normative interne non devono essere applicate ai prodotti importati o nazionali in modo da proteggere la produzione nazionale.


10 – Il testo dell’accordo OMC e di tutti gli accordi dell’OMC che ne fanno parte può essere consultato all’indirizzo: https://www.wto.org/english/docs_e/legal_e/final_e.htm.


11 – V. anche articolo 4, paragrafo 1, TUE.


12 –      V anche dichiarazione n. 18 relativa alla delimitazione delle competenze, facente parte delle dichiarazioni allegate all’atto finale della conferenza intergovernativa che ha adottato il Trattato di Lisbona (GU 2016, C 202, pag. 335). Detta dichiarazione conferma che «(…) qualsiasi competenza non attribuita all’Unione nei trattati appartiene agli Stati membri». Essa enuncia inoltre che, «[q]uando i trattati attribuiscono all’Unione una competenza concorrente con quella degli Stati membri in un determinato settore, gli Stati membri esercitano la loro competenza nella misura in cui l’Unione non ha esercitato la propria o ha deciso di cessare di esercitarla. (…)».


13 – GU 2012, C 326, pag. 307.


14 –      L’articolo 6 TFUE contiene un elenco esaustivo dei settori nei quali l’Unione europea ha competenza esclusiva per svolgere azioni intese a sostenere, coordinare o completare l’azione degli Stati membri.


15 – È pacifico che l’Unione europea dispone di una competenza esterna esclusiva, ai sensi degli articoli 3, paragrafo 1, lettera e), e 207, paragrafo 1, TFUE, per alcune parti dell’ALS/UE‑S.


16 – L’articolo 5 CE disponeva quanto segue: «La Comunità agisce nei limiti delle competenze che le sono conferite e degli obiettivi che le sono assegnati dal presente trattato. Nei settori che non sono di sua esclusiva competenza la Comunità interviene, secondo il principio della sussidiarietà, soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque, a motivo delle dimensioni o degli effetti dell’azione in questione, essere realizzati meglio a livello comunitario. L’azione della Comunità non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi del presente trattato».


17 – Per un’utile sintesi in materia, v. Lenaerts, K. e Van Nuffel, P., European Union Law, Sweet & Maxwell, 2011, paragrafi da 7.021 a 7.025.


18 – Non voglio formulare congetture sulla questione se tale reversibilità si applichi del pari alla competenza esterna esclusiva conferita all’Unione dall’articolo 3, paragrafo 2, TFUE. È stato sostenuto che, se l’Unione occupa un settore a livello interno e conclude un accordo internazionale sulla base dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE, il fatto che essa cessi successivamente di legiferare a livello interno non incide sul carattere esclusivo della sua competenza esterna già acquisita. Tuttavia, la dottrina è divisa sul punto.


19 – Va rilevato che, in questo caso, la formulazione non è felicissima. Il meccanismo di prelazione di cui all’articolo 2, paragrafo 2, TFUE si applica a tutte le competenze concorrenti, salvo eccezioni espressamente previste (quali quelle di cui all’articolo 4, paragrafi 3 e 4, TFUE). Il testo dell’articolo 4, paragrafo 1, TFUE definisce logicamente anche la politica estera e di sicurezza comune (PESC) come una competenza «concorrente», soggetta quindi alla prelazione ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2: un risultato che potrebbe sconcertare quanto meno alcuni Stati membri.


20 – V. ad esempio, per quanto riguarda il principio di attribuzione: parere 2/94 (adesione della Comunità alla CEDU) del 28 marzo 1996 (EU:C:1996:140, punto 24) e parere 2/00 (protocollo di Cartagena sulla prevenzione dei rischi biotecnologici) del 6 dicembre 2001 (EU:C:2001:664, punto 5).


21 – L’articolo 3, paragrafo 2, enuncia quattro ipotesi, ma dato che l’ultima alternativa («incidere su norme comuni o modificarne la portata») prevede due possibilità, esaminerò le ultime due congiuntamente nel prosieguo. I riferimenti che seguono alla «terza ipotesi» di cui all’articolo 3, paragrafo 2, dovranno quindi essere intesi compre ricomprendenti entrambe le possibilità.


22 – Ciascuna di tali ipotesi rispecchia il principio di attribuzione (v. parere 1/13 del 14 ottobre 2014, EU:C:2014:2303, punto 67 e giurisprudenza ivi citata). La prima ipotesi rispecchia (in parte) il parere 1/94 del 15 novembre 1994, EU:C:1994:384, punto 95; la seconda ipotesi sintetizza il parere 1/76 del 26 aprile 1977 (EU:C:1977:63, punto 3); la terza e la quarta ipotesi rispecchiano (anche se con una formulazione più generale) il principio stabilito nella sentenza del 31 marzo 1971, Commissione/Consiglio (22/70, EU:C:1971:32, punti 17 e 18; in prosieguo: la «sentenza AETS»). Per un’analisi più approfondita del principio AETS, v. infra, paragrafi da 120 a 131.


23 – Per «atto legislativo» si intende un atto giuridico adottato mediante procedura legislativa (articolo 289, paragrafo 3, TFUE). Sulla distinzione tra atti legislativi e atti regolamentari v. sentenza del 3 ottobre 2003, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio (C‑583/11 P, EU:C:2013:625). Il TUE vieta di adottare atti legislativi nell’ambito della PESC: v. articolo 24, paragrafo 1, secondo comma, TUE.


24 – Anche a tale riguardo, la formulazione post‑Lisbona del Trattato è piuttosto insolita. Quanto ho rilevato nel corpo del testo sembrerebbe essere la lettura naturale della terza ipotesi di cui all’articolo 216, paragrafo 1, TFUE, in combinato disposto con la prima ipotesi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE, e induce effettivamente a concludere che la competenza esterna conferita in tal modo all’Unione europea ha natura esclusiva. Tuttavia, non è facile conciliare tale conclusione con la lettera dell’articolo 4, paragrafo 4, TFUE. Supponiamo (ad esempio) che l’Unione europea abbia adottato un atto legislativo nel settore della cooperazione allo sviluppo che preveda la conclusione di un accordo internazionale. L’articolo 4, paragrafo 4, TFUE dispone che l’Unione europea «ha competenza per condurre azioni e una politica comune» nei settori della cooperazione allo sviluppo e dell’aiuto umanitario, ma, specifica subito dopo, «senza che l’esercizio di tale competenza possa avere per effetto di impedire agli Stati membri di esercitare la loro». Data tale formulazione, si può davvero affermare che la competenza dell’Unione che ne deriva è sempre esclusiva? (L’articolo 4, paragrafo 3, TFUE relativo alle competenze nei settori della ricerca, dello sviluppo tecnologico e dello spazio è formulato in termini molto simili e solleva il medesimo dubbio).


25 – V., in particolare, parere 1/76 (accordo relativo all’istituzione di un Fondo europeo d’immobilizzazione della navigazione interna) del 26 aprile 1977 (EU:C:1977:63, punti da 1 a 3). In quel caso, l’accordo in questione era inteso a risanare la situazione economica dei trasporti fluviali in una regione geografica in cui i trasporti effettuati per via navigabile interna hanno particolare importanza nel complesso dei trasporti internazionali (punto 1). La Corte ha dichiarato che «[s]e (…) l’adozione di norme comuni in forza dell’[articolo] 75 del trattato [CEE] non consente di raggiungere pienamente l’obiettivo perseguito, ciò e dovuto al fatto che battelli battenti bandiera di uno Stato non membro della Comunità (la Svizzera) partecipano tradizionalmente alla navigazione sulle principali arterie in questione, per le quali vige, in forza di strumenti internazionali di vecchia data, il regime della libertà di navigazione» (punto 2). Benché non abbia espressamente dichiarato in tale parere che la competenza dell’Unione che ne derivava era esclusiva, nella sua giurisprudenza successiva la Corte ha chiaramente interpretato in tal senso il parere 1/76. V., ad esempio, parere 2/92 (terza decisione modificata dell’OCSE relativa al trattamento nazionale) del 24 marzo 1995 (EU:C:1995:83, punto 32).


26 – Il «valore aggiunto» precedente al Trattato di Lisbona della sentenza AETS della Corte è duplice: in primo luogo, essa ha creato una competenza esterna e, in secondo luogo, ha qualificato tale competenza come esclusiva. Se un settore (correttamente definito) è disciplinato da norme comuni, ciò è sufficiente perché ricorra la terza ipotesi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE in relazione a tale settore. V. infra, paragrafi da 120 a 131.


27 – La quarta ipotesi di cui all’articolo 216, paragrafo 1, TFUE recita: «possa incidere su norme comuni o alterarne la portata», mentre la terza ipotesi di cui all’articolo 3, paragrafo 2, TFUE è così formulata: «nella misura in cui può incidere su norme comuni o modificarne la portata». Ritengo che questa lieve differenza di formulazione tra le due disposizioni non abbia alcuna conseguenza pratica.


28 – V. supra, paragrafo 60.


29 – Tralascio la questione se, qualora uno Stato membro receda unilateralmente da un accordo concluso sia dagli Stati membri che dall’Unione europea senza prima avviare un dialogo con le istituzioni dell’Unione (in particolare con la Commissione e il Consiglio), si possa ritenere che ciò integri una violazione dell’obbligo di leale cooperazione sancito dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE.


30 – Nelle sue conclusioni relative alla causa Commissione/Consiglio (C‑13/07, EU:C:2009:190, paragrafo 121), l’avvocato generale Kokott ha osservato che, «come una piccola goccia di pastis può intorbidire un bicchiere di acqua, anche singole disposizioni, pur se di rilevanza secondaria, contenute in un trattato internazionale fondato sull’[articolo] 133, [paragrafo] 5, primo comma, CE, possono rendere necessaria la conclusione di un accordo misto». V. anche sentenza del 3 dicembre 1996, Portogallo/Consiglio (C‑268/94, EU:C:1996:461, punto 39 e giurisprudenza ivi citata).


31 – V., in tal senso, parere 2/00 (protocollo di Cartagena sulla prevenzione dei rischi biotecnologici) del 6 dicembre 2001 (EU:C:2001:664, punto 15).


32 – V., inter alia, parere 1/75 (accordo OCSE riguardante una norma sulle spese locali) dell’11 novembre 1975 (EU:C:1975:145, pagg. 1360 e 1361); parere 2/00 (protocollo di Cartagena sulla prevenzione dei rischi biotecnologici) del 6 dicembre 2001 (EU:C:2001:664, punti 6 e 17) e parere 2/13 (adesione dell’Unione europea alla CEDU) del 18 dicembre 2014 (EU:C:2014:2454, punto 145).


33 – V., inter alia, parere 2/00 (protocollo di Cartagena sulla prevenzione dei rischi biotecnologici) del 6 dicembre 2001 (EU:C:2001:664, punti 6 e 17).


34 – Ai sensi dell’articolo 46, paragrafo 1, della convenzione di Vienna del 1969 sul diritto dei trattati (1155 UNTS 331; in prosieguo: la «convenzione di Vienna del 1969»), «[i]l fatto che il consenso di uno Stato a vincolarsi a un trattato sia stato espresso in violazione di una disposizione del suo diritto interno riguardante la competenza a concludere trattati non può essere invocato dallo Stato in questione come viziante il suo consenso, a meno che questa violazione non sia stata manifesta e non riguardi una norma del suo diritto interno di importanza fondamentale». Ai sensi dell’articolo 46, paragrafo 2, di tale Convenzione, una violazione è manifesta se «è obiettivamente evidente per qualsiasi Stato che si comporti in materia secondo la pratica abituale e in buona fede». L’articolo 46 della convenzione di Vienna del 1986 sul diritto dei trattati tra Stati e organizzazioni internazionali o tra organizzazioni internazionali (non ancora entrata in vigore) [25 ILM 543 (1986)] prevede norme analoghe.


35 – A tale proposito, rilevo che è recentemente pervenuta alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale vertente sulla compatibilità con gli articoli 18, primo comma, TFUE, 267 TFUE e 344 TFUE di una clausola ISDS di un accordo bilaterale in materia di investimenti concluso fra Stati membri dell’Unione europea: v. causa C‑284/16, Repubblica slovacca/Achmea BV (pendente dinanzi alla Corte).


36 – V. articoli 4, paragrafo 1, TUE e 5, paragrafo 2, TUE.V. anche articoli da 2 TFUE a 6 TFUE e l’analisi svolta ai precedenti paragrafi da 55 a 64.


37 – V., inter alia, parere 2/00 (protocollo di Cartagena sulla prevenzione dei rischi biotecnologici) del 6 dicembre 2001 (EU:C:2001:664, punto 5) e sentenza del 1o ottobre 2009, Commissione/Consiglio (C‑370/07, EU:C:2009:590, punto 47).


38 – V., da ultimo, sentenza del 14 giugno 2016, Parlamento/Consiglio (C‑263/14, EU:C:2016:435, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).


39 – Parere 1/08 (accordi di modifica degli elenchi di impieghi specifici ai sensi del GATS) del 30 novembre 2009 (EU:C:2009:739, punto 111).


40 – Parere 1/08 (accordi di modifica degli elenchi di impegni specifici ai sensi del GATS) del 30 novembre 2009 (EU:C:2009:739, punto 112 e giurisprudenza ivi citata).


41 – Così risulta dalla logica del ragionamento seguito dalla Corte nel parere 1/08 (accordi di modifica degli elenchi di impegni specifici ai sensi del GATS) del 30 novembre 2009 (EU:C:2009:739).


42 – V., ad esempio, sentenze del 12 dicembre 2002, Commissione/Consiglio (C‑281/01, EU:C:2002:761, punto 43) e del 22 ottobre 2013, Commissione/Consiglio (C‑137/12, EU:C:2013:675, punto 76).


43 – V. parere 1/08 (accordi di modifica degli elenchi di impegni specifici ai sensi del GATS) del 30 novembre 2009 (EU:C:2009:739, punto 166).


44 – V., ad esempio, parere 1/94 (accordi allegati all’accordo OMC) del 15 novembre 1994 (EU:C:1994:384, punto 68); sentenze del 12 dicembre 2002, Commissione/Consiglio (C‑281/01, EU:C:2002:761, punto 43), e del 22 ottobre 2013, Commissione/Consiglio (C‑137/12, EU:C:2013:675, punto 76), nonché parere 2/00 (protocollo di Cartagena sulla prevenzione dei rischi biotecnologici) del 6 dicembre 2001 (EU:C:2001:664, punti 37 e 44).


45 – Sentenza del 14 giugno 2016, Parlamento/Consiglio (C‑263/14, EU:C:2016:435, punto 44 e giurisprudenza ivi citata); v. altresì sentenza del 10 gennaio 2006, Commissione/Consiglio (C‑94/03, EU:C:2006:2, punto 51).


46 – Parere 1/75 (accordo OCSE riguardante una norma sulle spese locali) dell’11 novembre 1975 (EU:C:1975:145, pag. 1364). V. anche sentenza del 15 dicembre 1976, Donckerwolcke e Schou (41/76, EU:C:1976:182, punto 32).


47 – Articolo 30 TFUE.


48 – Conclusioni dell’avvocato generale Wahl nel procedimento di parere 3/15 (Trattato di Marrakech sull’accesso alle opere pubblicate) (EU:C:2016:657, paragrafo 43).


49 – Parere 1/78 (accordo internazionale sulla gomma naturale) del 4 ottobre 1979 (EU:C:1979:224, punto 44) e sentenza del 26 marzo 1987, Commissione/Consiglio (45/86, EU:C:1987:163, punto 20).


50 – V. conclusioni dell’avvocato generale Wahl nel procedimento di parere 3/15 (Trattato di Marrakech sull’accesso alle opere pubblicate) (EU:C:2016:657, paragrafo 43).


51 – Parere 1/78 (accordo internazionale sulla gomma naturale) del 4 ottobre 1979 (EU:C:1979:224, punti da 41 a 46).


52 – Sentenze del 17 ottobre 1995, Werner (C‑70/94, EU:C:1995:328, punto 10), e del 17 ottobre 1995, Leifer e a. (C‑83/94, EU:C:1995:329, punto 11).


53 – Sentenza del 29 marzo 1990, Grecia/Consiglio (C‑62/88, EU:C:1990:153, punti da 17 a 20), e parere 2/00 (protocollo di Cartagena sulla prevenzione dei rischi biotecnologici) del 6 dicembre 2001 (EU:C:2001:664, punto 40). V. altresì, più recentemente, conclusioni dell’avvocato generale Wahl nel procedimento di parere 3/15 (accordo internazionale sulla gomma naturale) (EU:C:2016:657, paragrafo 69).


54 – Sentenze del 18 luglio 2013, Daiichi Sankyo e Sanofi-Aventis Deutschland (C‑414/11, EU:C:2013:520, punto 50), e del 22 ottobre 2013, Commissione/Consiglio (C‑137/12, EU:C:2013:675, punto 56).


55 – V., inter alia, sentenze del 18 luglio 2013, Daiichi Sankyo e Sanofi-Aventis Deutschland (C‑414/11, EU:C:2013:520, punti 51 e 52 e giurisprudenza ivi citata), e del 22 ottobre 2013, Commissione/Consiglio (C‑137/12, EU:C:2013:675, punti 57 e 58).


56 – Sentenza del 22 ottobre 2013, Commissione/Consiglio (C‑137/12, EU:C:2013:675, punto 67).


57 – Tale approccio trova sostegno nel parere 1/94 (accordi allegati all’accordo OMC) del 15 novembre 1994 (EU:C:1994:384, punti 44 e 45, per quanto riguarda i servizi, nonché 59 e 60, per quanto riguarda i diritti di proprietà intellettuale).


58 – Tale dichiarazione enuncia che, «conformemente al sistema di ripartizione delle competenze tra l’Unione e gli Stati membri previsto dal [TUE] e dal [TFUE], qualsiasi competenza non attribuita all’Unione nei trattati appartiene agli Stati membri».


59 – V. infra, paragrafi da 424 a 430.


60 – Per tale motivo, non condivido l’interpretazione data dall’avvocato generale Kokott al limite che risultava in precedenza dall’articolo 133, paragrafo 6, CE.V. conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Commissione/Consiglio (C‑13/07, EU:C:2009:190, paragrafi da 120 a 122 e da 139 a 142). Secondo l’avvocato generale Kokott, la ratio e lo scopo dell’articolo 133, paragrafo 6, primo comma, CE consisterebbero, «in generale, nell’instaurare un parallelismo fra le competenze interne ed esterne [dell’Unione europea] e nell’impedire che [l’Unione europea] assuma obblighi verso l’esterno che non potrebbe adempiere a livello interno in quanto sprovvista di sufficienti competenze».


61 – V. articolo 6 TFUE.


62 – V. articolo 168 TFUE. L’articolo 6 TFUE dispone che l’Unione europea ha competenza, in relazione alla tutela e al miglioramento della salute umana, per svolgere azioni intese a «sostenere, coordinare o completare l’azione degli Stati membri».


63 – V. rispettivamente, articoli 153, paragrafo 2, lettera a), TFUE, 165, paragrafo 4, TFUE, 168, paragrafo 5, TFUE e 167, paragrafo 5, TFUE.


64 – V. infra, paragrafi da 208 a 219.


65 – Sentenza del 31 marzo 1971, Commissione/Consiglio (22/70, EU:C:1971:32, punto 16).


66 – Parere 1/94 (accordi allegati all’accordo OMC) del 15 novembre 1994 (EU:C:1994:384, punti 49 e 50).


67 – Parere 1/94 (accordi allegati all’accordo OMC) del 15 novembre 1994 (EU:C:1994:384, punto 48).


68 – V. articolo 133, paragrafo 6, terzo comma, CE («La negoziazione e la conclusione di accordi internazionali nel settore dei trasporti restano soggette alle disposizioni del titolo V e dell’articolo 300»). Tale disposizione esprimeva la volontà degli estensori del Trattato di Nizza di «mantenere una sorta di statu quo ante in materia» [v. parere 1/08 (accordi di modifica degli elenchi di impegni specifici ai sensi del GATS) del 30 novembre 2009, EU:C:2009:739, punto 159].


69 – V. articolo 207, paragrafo 5, TFUE.


70 – Parere 1/08 (accordi di modifica degli elenchi di impegni specifici ai sensi del GATS) del 30 novembre 2009 (EU:C:2009:739, punto 164).


71 – Parere 1/08 (accordi di modifica degli elenchi di impegni specifici ai sensi del GATS) del 30 novembre 2009 (EU:C:2009:739, punto 163). La stessa conclusione poteva già essere dedotta (ancorché implicitamente) dal parere 2/92 (terza decisione modificata dell’OCSE relativa al trattamento nazionale) del 24 marzo 1995 (EU:C:1995:83, punto 27).


72 – V. infra, paragrafi da 208 a 219.


73 – V. infra, paragrafi da 221 a 224.


74 – V., inter alia, sentenza del 5 novembre 2002, Commissione/Germania (C‑476/98, EU:C:2002:631, punto 109 e giurisprudenza ivi citata).


75 – Sentenza del 5 novembre 2002, Commissione/Germania (C‑476/98, EU:C:2002:631, punto 108 e giurisprudenza ivi citata).


76 – V., in tal senso, parere 1/03 (nuova convenzione di Lugano) del 7 febbraio 2006 (EU:C:2006:81, punti 45, 121 e 122).


77 – V. infra, paragrafi da 225 a 268.


78 – Sentenza del 4 settembre 2014, Commissione/Consiglio (C‑114/12, EU:C:2014:2151, punto 66).


79 – Sentenza del 31 marzo 1971, Commissione/Consiglio (22/70, EU:C:1971:32, punto 21). Tali obblighi sono attualmente sanciti dall’articolo 4, paragrafo 3, primo e secondo comma, TUE.


80 – Sentenza del 4 settembre 2014, Commissione/Consiglio (C‑114/12, EU:C:2014:2151, punto 75).


81 – Così, tale approccio potrebbe essere applicato alla Convenzione del Consiglio d’Europa relativa alla tutela dei diritti degli organismi di diffusione radiotelevisiva (sentenza del 4 settembre 2014, Commissione/Consiglio, C‑114/12, EU:C:2014:2151, punti da 78 a 103) o al Trattato di Marrakech volto a facilitare l’accesso alle opere pubblicate per le persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa (v. conclusioni dell’avvocato generale Wahl nel procedimento di parere 3/15 (Trattato di Marrakech sull’accesso alle opere pubblicate), EU:C:2016:657, paragrafi da 137 a 154).


82 – V. infra, paragrafi da 350 a 359.


83 – Sentenze del 4 settembre 2014, Commissione/Consiglio (C‑114/12, EU:C:2014:2151, punto 69 e giurisprudenza ivi citata) e del 26 novembre 2014, Green Network (C‑66/13, EU:C:2014:2399, punto 30). Tale fase dell’analisi distingue il controllo basato sull’articolo 3, paragrafo 2, TFUE dall’individuazione dei settori «prelazionati» con un’azione dell’Unione basata su una competenza concorrente.


84 – Sentenze del 4 settembre 2014, Commissione/Consiglio (C‑114/12, EU:C:2014:2151, punto 70 e giurisprudenza ivi citata) e del 26 novembre 2014, Green Network (C‑66/13, EU:C:2014:2399, punto 31).


85 – V., ad esempio, sentenza del 4 settembre 2014, Commissione/Consiglio (C‑114/12, EU:C:2014:2151, punto 81).


86 – V. ad esempio, sentenza del 4 settembre 2014, Commissione/Consiglio (C‑114/12, EU:C:2014:2151, punto 82).


87 – V., ad esempio, parere 1/03 (nuova convenzione di Lugano) del 7 febbraio 2006 (EU:C:2006:81, punto 172).


88 – Parere 1/13 (adesione di Stati terzi alla convenzione dell’Aia) del 14 ottobre 2014 (EU:C:2014:2303, punto 74 e giurisprudenza ivi citata), e sentenza del 26 novembre 2014, Green Network (C‑66/13, EU:C:2014:2399, punto 33).


89 – V. infra, paragrafi 234 e da 349 a 361.


90 – Sentenza del 4 settembre 2014, Commissione/Consiglio (C‑114/12, EU:C:2014:2151, punto 68 e giurisprudenza ivi citata).


91 – Sentenza del 4 settembre 2014, Commissione/Consiglio (C‑114/12, EU:C:2014:2151, punto 68 e giurisprudenza ivi citata).


92 – Sentenza del 4 settembre 2014, Commissione/Consiglio (C‑114/12, EU:C:2014:2151, punto 71 e giurisprudenza ivi citata).


93 – Parere 1/94 (accordi allegati all’accordo OMC) del 15 novembre 1994 (EU:C:1994:384, punto 96).


94 – Mi sono già espresso in questo senso nelle conclusioni relative alla causa Commissione/Consiglio (C‑114/12, EU:C:2014:224, paragrafi da 104 a 111).


95 – Sentenza del 4 settembre 2014, Commissione/Consiglio (C‑114/12, EU:C:2014:2151, punto 73).


96 – V. punto 2 dell’allegato alle presenti conclusioni.


97 – Problema diverso è se tutte le materie disciplinate dal capo dell’ALS/UE‑S relativo ai servizi (capo 8) rientrino effettivamente nella competenza esclusiva dell’Unione europea. V. infra, paragrafi da 195 a 268.


98 – V. punti da 3 a 12 dell’allegato alle presenti conclusioni.


99 – V. punto 131 dell’allegato alle presenti conclusioni.


100 – Il testo di detto accordo è consultabile all’indirizzo: https://www.wto.org/english/tratop_e/tradfa_e/tradfa_e.htm.


101 – Parere 1/94 (accordi allegati all’accordo OMC) del 15 novembre 1994 (EU:C:1994:384, punto 34).


102 – La Corte ha esaminato alcuni di tali accordi (l’accordo sull’agricoltura, l’accordo SPS e l’accordo TBT) alla luce degli argomenti specifici sollevati al riguardo dalle parti. V. parere 1/94 (accordi allegati all’accordo OMC) del 15 novembre 1994 (EU:C:1994:384, punti da 28 a 33).


103 – La situazione era la stessa in vigenza del GATT 1947, in quanto la Comunità europea aveva progressivamente assunto competenze esercitate in precedenza dagli Stati membri. V. sentenze del 12 dicembre 1972, International Fruit Company e a. (da 21/72 a 24/72, EU:C:1972:115, punto 18) e del 3 giugno 2008, The International Association of Independent Tanker Owners e a. (C‑308/06, EU:C:2008:312, punti 48 e 49).


104 – V. anche infra, paragrafi da 510 a 512.


105 – V. articolo 12 dell’accordo sulla valutazione in dogana e articolo X, paragrafo 1, del GATT 1994.


106 – V. articoli 18, paragrafo 1, e 19 dell’accordo sulla valutazione in dogana.


107 – V., ad esempio, articoli IX, paragrafo 6 del GATT 1994 (collaborazione al fine di impedire determinati usi dei marchi commerciali), XV (cooperazione, consultazione e scambio di informazioni con il FMI in merito agli accordi di cambio), XXV (azione collettiva delle parti contraenti) e XXXVIII (azione collettiva al fine di promuovere l’attuazione degli obiettivi enunciati nell’articolo XXXVI sul commercio e lo sviluppo) del GATT 1994; articoli 4, paragrafo 2 (consultazioni per raggiungere accordi sul riconoscimento dell’equivalenza di determinate misure SPS), e 7 nonché allegato B dell’accordo SPS (trasparenza e scambio di informazioni), e articolo 10 dell’accordo TBT (scambio di informazioni).


108 – V. parere 1/94 (accordi allegati all’accordo OMC) del 15 novembre 1994 (EU:C:1994:384, punto 34).


109 – V. infra, paragrafi da 467 a 504.


110 – V. punti da 19 a 51 dell’allegato alle presenti conclusioni.


111 – Per gli argomenti relativi ai trasporti v. infra, paragrafi da 168 a 194.


112 – Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, relativa ai mercati degli strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2002/92/CE e la direttiva 2011/61/UE (GU 2014, L 173, pag. 349).


113 – Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 settembre 2005 (GU 2005, L 255, pag. 22) e successive modifiche.


114 – Direttiva del 23 luglio 1996 riguardante l’armonizzazione dei requisiti per il conseguimento dei certificati nazionali di conduzione di navi per il trasporto di merci e di persone nella Comunità nel settore della navigazione interna (GU 1996, L 235, pag. 31) e direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, concernente i requisiti minimi di formazione per la gente di mare (GU 2008, L 323, pag. 33).


115 – Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 febbraio 2008, recante regole comuni nel settore dell’aviazione civile e che istituisce un’Agenzia europea per la sicurezza aerea, e che abroga la direttiva 91/670/CEE del Consiglio, il regolamento (CE) n. 1592/2002 e la direttiva 2004/36/CE (GU 2008, L 79, pag. 1), e successive modifiche.


116 – Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 gennaio 2009, relativo a un codice di comportamento in materia di sistemi telematici di prenotazione e che abroga il regolamento (CEE) n. 2299/89 del Consiglio (GU 2009, L 35, pag. 47).


117 – Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 novembre 2012, che istituisce uno spazio ferroviario europeo unico (GU 2012, L 343, pag. 32).


118 – Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, che fissa norme comuni per l’accesso al mercato internazionale del trasporto di merci su strada (GU 2009, L 300, pag. 72).


119 – Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, che fissa norme comuni per l’accesso al mercato internazionale dei servizi di trasporto effettuati con autobus e che modifica il regolamento (CE) n. 561/2006 (GU 2009, L 300, pag. 88).


120 – Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, che stabilisce norme comuni sulle condizioni da rispettare per esercitare l’attività di trasportatore su strada e abroga la direttiva 96/26/CE del Consiglio (GU 2009, L 300, pag. 51).


121 – V. infra, paragrafo 177.


122 – V. articolo 8.13 dell’ALS/UE‑S.


123 – Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di paesi terzi nell’ambito di trasferimenti intra-societari (GU 2014, L 157, pag. 1).


124 – V. supra, paragrafo 169.


125 – Regolamento del 22 dicembre 1986 che applica il principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi tra Stati membri e tra Stati membri e paesi terzi (GU 1986, L 378, pag. 1).


126 – Articolo 1, paragrafo 2, del regolamento n. 4055/86 del Consiglio.


127 – La Commissione si basa sui pareri 1/94 (accordi allegati all’accordo OMC) del 15 novembre 1994 (EU:C:1994:384, punto 51) e 1/08 (accordi di modifica degli elenchi di impegni specifici ai sensi del GATS) del 30 novembre 2009 (EU:C:2009:739, punto 166).


128 – Tali esempi comprendono la direttiva 2012/34, la direttiva 2005/45/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, riguardante il reciproco riconoscimento dei certificati rilasciati dagli Stati membri alla gente di mare e recante modificazione della direttiva 2001/25/CE (GU 2005, L 255, pag. 160), e il regolamento n. 1071/2009.


129 – Nelle loro osservazioni, le parti non si soffermano sul procedimento interno con cui l’Unione europea ha raggiunto un accordo con Singapore in merito al contenuto di tali riserve.


130 – Regolamento del 16 dicembre 1991 che fissa le condizioni per l’ammissione di vettori non residenti ai trasporti nazionali di merci o di persone per via navigabile in uno Stato membro (GU 1991, L 373, pag. 1).


131 – Regolamento dell’8 luglio 1996 riguardante regole comuni applicabili ai trasporti di merci o di persone per via navigabile tra Stati membri al fine di realizzare in tali trasporti la libera prestazione dei servizi (GU 1996, L 175 pag. 7).


132 – Articolo 4, paragrafo 1, lettere a) e b) della direttiva 2014/66.


133 – Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti) (GU 2009, L 243, pag. 1).


134 – Parere 1/94 (accordi allegati all’accordo OMC) del 15 novembre 1994 (EU:C:1994:384, punto 44).


135 – Parere 1/94 (accordi allegati all’accordo OMC) del 15 novembre 1994 (EU:C:1994:384, punti da 45 a 47). La Corte ha confermato tale posizione nel parere 2/92 (terza decisione modificata dell’OCSE relativa al trattamento nazionale) del 24 marzo 1995 (EU:C:1995:83, punti da 24 a 26).


136 – V. articolo 133, paragrafo 5, CE. Il Trattato di Amsterdam aveva introdotto una base giuridica nel Trattato CE per ampliare la portata della politica commerciale comune. Tuttavia, tale facoltà non è mai stata esercitata.


137 – L’articolo 133, paragrafo 6, secondo comma, CE, disponeva che, «in deroga al paragrafo 5, primo comma, gli accordi nei settori degli scambi di servizi culturali e audiovisivi, di servizi didattici nonché di servizi sociali e relativi alla salute umana rientra[va]no nella competenza ripartita della Comunità e degli Stati membri».


138 – Parere 1/08 (accordi di modifica degli elenchi di impegni specifici ai sensi del GATS) del 30 novembre 2009 (EU:C:2009:739, punto 119).


139 – V. infra, paragrafi da 208 a 219. In alcuni settori o comparti degli scambi di servizi continuano ad applicarsi norme procedurali specifiche. V. articolo 207, paragrafo 4, TFUE.


140 – La sezione B si applica alle misure che incidono sulla prestazione transfrontaliera di servizi. Tuttavia, ai fini di detta sezione, nella definizione della prestazione transfrontaliera di servizi è incluso anche il consumo all’estero (articolo 8.4 dell’ALS/UE‑S).


141 – V. supra, paragrafo 197.


142 – V., in tal senso, sentenze del 22 ottobre 2013, Commissione/Consiglio (C‑137/12, EU:C:2013:675, punti 73 e 74), e del 18 dicembre 2014, Regno Unito/Consiglio (C‑81/13, EU:C:2014:2449, punto 37).


143 – V. supra, paragrafo 109.


144 – V. supra, paragrafo 109.


145 – V. infra, paragrafi da 225 a 268.


146 – V. parere 1/08 (accordi di modifica degli elenchi di impegni specifici ai sensi del GATS) del 30 novembre 2009 (EU:C:2009:739, punti da 168 a 173).


147 – V. sentenza del 4 aprile 1974, Commissione/Francia (167/73, EU:C:1974:35, punto 27).


148 – V., ad esempio, sentenza del 1o ottobre 2015, Trijber e Harmsen (C‑340/14 e C‑341/14, EU:C:2015:641, punto 47).


149 – Sentenza del 22 dicembre 2010, Yellow Cab Verkehrsbetrieb (C‑338/09, EU:C:2010:814, punti da 31 a 33).


150 – V., per analogia, sentenza del 15 ottobre 2015, Grupo Itevelesa e a. (C‑168/14, EU:C:2015:685).


151 – Parere 1/08 (accordi di modifica degli elenchi di impegni specifici ai sensi del GATS) del 30 novembre 2009 (EU:C:2009:739, punto 169).


152 – Articolo 4, paragrafo 2, lettera g), TFUE.


153 – Considerando 32, 33 e 34 del regolamento n. 216/2008.


154 – Articolo 3, lettera d), del regolamento n. 216/2008.


155 – Articolo 1, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 216/2008.


156 – V. supra, paragrafo 123.


157 – Appendice 8-A-1, elenco di impegni specifici dell’Unione europea a norma dell’articolo 8.7 (prestazione transfrontaliera di servizi), Sezione 11.C.


158 – V. supra, paragrafi da 128 a 130.


159 – Voci 16 e 17.


160 – Una panoramica di tale normativa è consultabile all’indirizzo: www.eur-lex.europa.eu/summary/chapter/transport.html?root_default=SUM_1_CODED%3D32,SUM_2_CODED%3D3205&locale=en (consultato da ultimo in data 4 ottobre 2016).


161 – Tali forme di trasporto sono tutte menzionate all’articolo 100 TFUE.


162 – La Commissione non ha dedotto argomenti in merito alla ripartizione delle competenze sul trasporto di merci diverse dal combustibile mediante condotte.


163 – Articolo 1, paragrafo 4, lettere a) e b), del regolamento n. 4055/86.


164 – Sentenza dell’8 luglio 2014, Fonnship e Svenska Transportarbetareförbundet (C‑83/13, EU:C:2014:2053, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).


165 – Articolo 1, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 4055/86.


166 – Sebbene l’articolo 7 del regolamento n. 4055/86 autorizzi il Consiglio a «(…) estendere le disposizioni [di detto] regolamento a cittadini di un paese terzo che forniscono servizi di trasporto marittimo e che sono stabiliti nell[‘Unione]», finora tale disposizione non è stata attuata.


167 – Parere 1/03 (nuova convenzione di Lugano) del 7 febbraio 2006, EU:C:2006:81.


168 – Regolamento del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 2001, L 12, pag. 1).


169 – Parere 1/03 (nuova convenzione di Lugano) del 7 febbraio 2006 (EU:C:2006:81, punto 172).


170 – Può essere applicato un requisito di nazionalità.


171 – V., inter alia, sentenze del 5 ottobre 1994, Commissione/Francia (C‑381/93, EU:C:1994:370, punto 13), e dell’11 gennaio 2007, Commissione/Grecia (C‑269/05, non pubblicata EU:C:2007:17, punto 20).


172 – V., inter alia, sentenza del 14 novembre 2002, Geha Naftiliaki e a. (C‑435/00, EU:C:2002:661, punto 20).


173 – Articolo 3 del regolamento n. 4055/86.


174 – V. supra, paragrafi 214 e 215.


175 – V. infra, paragrafi da 350 a 359.


176 – Come ho già spiegato, spetta alla parte che fa valere la competenza esclusiva dimostrare la natura esclusiva della competenza esterna dell’Unione europea invocata (v. supra, paragrafo 122).


177 – Articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2014/66.


178 – V. supra, paragrafo 226. Inoltre, ai fini della ripartizione delle competenze è irrilevante che l’elenco di impegni specifici dell’Unione europea sia stato negoziato sulla base degli elenchi del GATS.


179 – V. supra, paragrafo 243.


180 – V. supra, paragrafi da 221 a 224.


181 – Regolamento del 24 luglio 1989 relativo ad un codice di comportamento in materia di sistemi telematici di prenotazione (GU 1989, L 220, pag. 1).


182 – V., ad esempio, sentenza del 5 novembre 2002, Commissione/Danimarca (C‑467/98, EU:C:2002:625, punto 103).


183 – V. supra, paragrafi 243 e 246.


184 – I servizi di trasporto ferroviario non sono menzionati in relazione alla modalità 4 nell’elenco di impegni specifici in materia di personale chiave e laureati in tirocinio e di venditori di servizi alle imprese contenuto nell’appendice 8-A-3, il cui scopo consiste, secondo il suo punto 1, nell’elencare «le attività economiche liberalizzate a norma degli articoli 8.7 (…) e 8.12 (…) per le quali si applicano limitazioni del personale chiave e dei laureati in tirocinio in conformità degli articoli 8.14 (…) e 8.15», nonché nel precisare dette limitazioni.


185 – La Commissione si fonda, in particolare, sul parere 1/94 (accordi allegati all’accordo OMC) del 15 novembre 1994 (EU:C:1994:384, punto 67) e sulla sentenza del 3 dicembre 1996, Portogallo/Consiglio (C‑268/94, EU:C:1996:461, punto 75).


186 – Parere 1/94 (accordi allegati all’accordo OMC) del 15 novembre 1994 (EU:C:1994:384, punti da 66 a 68).


187 – Sentenza del 3 dicembre 1996, Portogallo/Consiglio (C‑268/94, EU:C:1996:461, punto 75).


188 – Articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2012/34.


189 – Considerando 7 della direttiva 2012/34.


190 – V. articoli 1, paragrafo 1, lettera b), 10, paragrafi 1 e 2, e 17 della direttiva 2012/34.


191 – Articoli 18, 19, 20 e 21 della direttiva 2012/34.


192 – Articolo 8.9 dell’ALS/UE‑S. Le eccezioni a tale regola previste in detta disposizione non sono rilevanti nel caso di specie.


193 – Articolo 8.10, paragrafo 1, dell’ALS/UE‑S.V. anche supra, paragrafo 252.


194 – Articolo 8.11, paragrafo 1, dell’ALS/UE‑S.


195 – Articolo 17, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2012/34.


196 – Appendice 8-A-2 dell’ALS/UE‑S.Tale limitazione, che si applica ai servizi di trasporto ferroviario che comportano l’utilizzo di proprietà demaniali, consente di assoggettare le attività economiche considerate servizi pubblici a livello nazionale o locale a monopoli di Stato o a diritti esclusivi concessi a operatori privati.


197 – Articolo 10 della direttiva 2012/34.


198 – Articoli da 38 a 54 della direttiva 2012/34.


199 – V. supra, paragrafo 125.


200 – V. supra, paragrafo 226.


201 – Articolo 1, paragrafo 1, del regolamento n. 1071/2009.


202 – Articoli 3 e da 5 a 9 del regolamento n. 1071/2009.


203 – Articolo 10 del regolamento n. 1071/2009.


204 – Detto regolamento si applica sia ai trasporti internazionali di merci su strada, definiti come trasporti internazionali di merci su strada per conto terzi per i percorsi effettuati nel territorio dell’Unione, sia ai trasporti nazionali di merci su strada effettuati a titolo temporaneo da un trasportatore non residente («cabotaggio») (articolo 1, paragrafi 1 e 4, del regolamento n. 1072/2009).


205 – Detto regolamento si applica ai trasporti internazionali di passeggeri effettuati con autobus nel territorio dell’Unione europea da vettori per conto terzi o per conto proprio stabiliti in uno Stato membro in conformità della legislazione di quest’ultimo e a mezzo di veicoli immatricolati in detto Stato membro e che sono adatti e destinati, in base al tipo di costruzione e di attrezzatura, a trasportare più di nove persone, conducente compreso, nonché agli spostamenti a vuoto di tali veicoli in relazione a tali trasporti (articolo 1, paragrafo 1, del regolamento n. 1073/2009). Esso si applica inoltre ai servizi nazionali di trasporto di passeggeri effettuati a titolo temporaneo da un vettore non residente («cabotaggio») per conto terzi (articolo 1, paragrafo 4, del regolamento n. 1073/2009).


206 – V. articolo 4 dei regolamenti n. 1072/2009 e n. 1073/2009.


207 – V. articoli 5 e 7 del regolamento n. 1072/2009. L’«attestato di conducente» è sostanzialmente un certificato rilasciato da uno Stato membro a un trasportatore ai fini del trasporto di merci per conto terzi in base a una licenza comunitaria.


208 – V. supra, paragrafi 257 e 258.


209 – Articolo 8.9 dell’ALS/UE‑S. Le eccezioni a tale regola previste in detta disposizione non sono rilevanti nel caso di specie.


210 – Articolo 8.10, paragrafo 1, dell’ALS/UE‑S.V. anche supra, paragrafo 260.


211 – Articolo 8.11, paragrafo 1, dell’ALS/UE‑S.


212 – Articoli 7 e 8 del regolamento n. 1071/2009.


213 – V. infra, paragrafi da 523 a 544.


214 – V. punti da 52 a 60 dell’allegato alle presenti conclusioni.


215 – Articolo I, paragrafo 2, lettera c), del GATS.


216 – La Commissione richiama la sentenza del 31 marzo 1971, Commissione/Consiglio (22/70, EU:C:1971:32, punto 31) e il parere 1/03 (nuova convenzione di Lugano) del 7 febbraio 2006 (EU:C:2006:81, punti 122 e 133).


217 – Sentenza del 27 novembre 2012 (C‑370/12, EU:C:2012:756).


218 – Parere 1/92 (secondo parere sull’accordo SEE) del 10 aprile 1992 (EU:C:1992:189).


219 – Sentenza del 27 novembre 2012 (C‑370/12, EU:C:2012:756).


220 – Parere 1/92 (secondo parare sull’accordo SEE) del 10 aprile 1992 (EU:C:1992:189).


221 – Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 gennaio 2005, relativo alle statistiche comunitarie inerenti alla bilancia dei pagamenti, agli scambi internazionali di servizi e agli investimenti diretti all’estero (GU 2005, L 35, pag. 23).


222 – Direttiva del 24 giugno 1988 per l’attuazione dell’articolo 67 del trattato (GU 1988, L 178, pag. 5).


223 – Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012, che stabilisce disposizioni transitorie per gli accordi bilaterali conclusi tra Stati membri e paesi terzi in materia di investimenti (GU 2012, L 351, pag. 40).


224 – V. infra, paragrafi da 371 a 398.


225 – Articolo 9.1, paragrafi 1 e 2, dell’ALS/UE‑S.


226 – GU 2004, C 310, pag. 1.


227 – Le discussioni sull’articolo III‑315, paragrafo 1, hanno coinciso con il dibattito all’interno dell’OMC sulla questione se si dovessero negoziare disposizioni dell’OMC in materia di investimenti diretti esteri. La dichiarazione ministeriale dell’OMC di Doah adottata il 14 novembre 2001, che ha avviato il Doha Development Round, aveva riconosciuto «(…) l’opportunità di un quadro multilaterale volto a garantire condizioni trasparenti, stabili e prevedibili per gli investimenti transfrontalieri a lungo termine, in particolare gli investimenti esteri diretti, che contribuiranno all’espansione degli scambi (…)» (il corsivo è mio) (dichiarazione ministeriale dell’OMC adottata il 14 novembre 2001, WT/MIN(01)/DEC/1 (20 novembre 2001, punto 20; v. anche punto 22). Proprio quando gli investimenti esteri diretti stavano per essere inclusi nella politica commerciale comune, i membri dell’OMC (riuniti nel Consiglio generale dell’OMC) hanno deciso che nel corso del Doha Round non sarebbero stati svolti lavori in previsione dei negoziati sugli investimenti [OMC, Consiglio generale, decisione adottata dal Consiglio generale il 1o agosto 2004, WT/L/579 (2 agosto 2004) punto 1, lettera g)].


228 – V. infra, paragrafo 344.


229 – V. ad esempio, articoli 101, paragrafo 1, lettera b), TFUE, 126, paragrafo 3 TFUE, 199, paragrafi 3 e 4, TFUE e 309 TFUE, protocollo n. 5 sullo statuto della Banca europea per gli investimenti, protocollo n. 10 sulla cooperazione strutturata permanente istituita dall’articolo 42 TUE e dichiarazione n. 30 relativa all’articolo 126 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.


230 – V. sentenze del 10 aprile 2014, Emerging Markets Series of DFA Investment Trust Company (C‑190/12, EU:C:2014:249, punto 39 e giurisprudenza ivi citata) e del 10 febbraio 2011, Haribo (C‑436/08 e C‑437/08, EU:C:2011:61, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).


231 – Sentenza del 21 maggio 2015, Wagner-Raith (C‑560/13, EU:C:2015:347, punto 39).


232 – Per le definizioni contenute in altre normative di diritto derivato, v. ad esempio, regolamento (UE) n. 549/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, relativo al Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nell’Unione europea (GU 2013, L 174, pag. 1), punto 4.65 degli allegati A e 7.1 – Sintesi delle singole attività; nonché allegato II del regolamento n. 184/2005. V. anche, ad esempio, l’Indirizzo della Banca centrale europea, del 9 dicembre 2011, sugli obblighi di segnalazione statistica della Banca centrale europea nel settore delle statistiche esterne (ECB/2011/23) (GU 2012, L 65, pag. 1), allegato III, punto 6.1.


233 – V. sentenza del 21 maggio 2015, Wagner-Raith (C‑560/13, EU:C:2015:347, punto 23 e giurisprudenza ivi citata); v. altresì sentenza del 12 dicembre 2006, Test Claimants in the FII Group Litigation (C 446/04, EU:C:2006:774, punti 179 e 180 e giurisprudenza ivi citata).


234 – Sentenza del 17 ottobre 2013, Welte (C‑181/12, EU:C:2013:662, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).


235 – Sentenza del 13 novembre 2012, Test Claimants in the FII Group Litigation (C‑35/11, EU:C:2012:707, punto 102 e giurisprudenza ivi citata).


236 – Sentenza del 10 febbraio 2011, Haribo (C‑436/08 e C‑437/08, EU:C:2011:61, punto 137). Tale soglia del 10% viene utilizzata, ad esempio, anche nella definizione degli «investimenti diretti all’estero» di cui al regolamento n. 549/2013, allegato 7.1, e all’Indirizzo della Banca centrale europea ECB/2011/23, allegato III, punto 6.1.


237 – V. ad esempio, OCSE, OECD Benchmark Definition of Foreign Direct Investment, quarta edizione (2008), punto 11; v. anche punti 29, 117 e da 122 a 147.


238 – V., ad esempio, FMI, Balance of Payments Manual, sesta edizione (2009), punto 359.


239 – Sentenza del 21 ottobre 2010, Idryma Typou (C‑81/09, EU:C:2010:622, punto 48) (il corsivo è mio). V. anche sentenza del 10 novembre 2011, Commissione/Portogallo (C‑212/09, EU:C:2011:717, punto 47 e giurisprudenza ivi citata); v. altresì la definizione di «investimenti di portafoglio» contenuta nell’Indirizzo della Banca centrale europea (ECB/2011/23), punto 6.2.


240 – V. ad esempio, OCSE, OECD Benchmark Definition of Foreign Direct Investment, quarta edizione, [«(…) investimenti di portafoglio con cui gli investitori, generalmente, non si attendono di influire sulla gestione dell’impresa»), punto 11; v. anche punto 29.


241 – V. supra, paragrafi 196 e 197.


242 – V. articoli I, paragrafo 2, lettera c), X e XVI del GATS. Alcune di tali regole riguardano, in particolare, le condizioni alle quali possono essere effettuati gli investimenti. A tale riguardo, il GATS completa (quanto meno) in parte gli accordi sugli investimenti che sono spesso ampiamente incentrati sul trattamento successivo di un investimento.


243 – V. articolo XXVIII, lettera d), del GATS.


244 – Parere 1/08 (accordi di modifica degli elenchi di impegni specifici ai sensi del GATS) del 30 novembre 2009 (EU:C:2009:739).


245 – Parere 1/94 (accordi allegati all’accordo OMC) del 15 novembre 1994 (EU:C:1994:384, punto 34). V. anche supra, paragrafo 145. L’accordo TRIMs è un accordo ricompreso nell’allegato 1A dell’accordo OMC («Accordi multilaterali relativi al commercio dei prodotti»).


246 – Articolo 1 dell’accordo TRIMs.


247 – Articolo 2, paragrafo 1, dell’accordo TRIMs. L’allegato di detto accordo, cui fa riferimento l’articolo 2, paragrafo 2, contiene un elenco non esaustivo di misure relative agli investimenti che incidono sugli scambi commerciali considerate incompatibili con l’obbligo di trattamento nazionale di cui all’articolo III, paragrafo 4, del GATT 1994 (ossia il trattamento nazionale per quanto concerne qualsiasi legge, regolamento o prescrizione riguardante la vendita, la messa in vendita, l’acquisto, il trasporto, la distribuzione e l’uso di prodotti nel mercato interno).


248 – V., ad esempio, sentenza del 18 luglio 2013, Daiichi Sankyo e Sanofi-Aventis Deutschland (C‑414/11, EU:C:2013:520, punto 51 e giurisprudenza ivi citata).


249 – V. Nota del Praesidium della Convenzione, Progetto di articoli sull’azione esterna del trattato costituzionale CONV 685/03 (23 aprile 2003), pagg. 52 e 54. O, come hanno osservato l’Unione europea e gli Stati membri nel contesto delle discussioni dell’OMC sul rapporto tra il commercio e gli investimenti, il commercio e gli investimenti esteri diretti sono interdipendenti e si completano a vicenda, e gli investimenti esteri diretti costituiscono un’importante generatore per il commercio [WTO Working Group on the Relationship between Trade and Investment, Communication from the European Community and its Member States, Concept Paper on the Definition of Investment (Gruppo di lavoro dell’OMC sulle relazioni tra il commercio e gli investimenti, Comunicazione della Comunità europea e i suoi Stati membri, Documento di riflessione sulla definizione degli investimenti), WT/WGTI/W/115 (16 aprile 2002), punto 2].


250 – V. anche infra, paragrafi da 510 a 512.


251 – V., in particolare, paragrafi 145, 196 e 197 supra.


252 – Sentenza del 22 ottobre 2013, Essent e a. (da C‑105/12 a C‑107/12, EU:C:2013:677, punti 29 e 30 e giurisprudenza ivi citata).


253 – Sentenza del 22 ottobre 2013, Essent e a. (da C‑105/12 a C‑107/12, EU:C:2013:677, punto 36 e giurisprudenza ivi citata). V. anche, ad esempio, sentenza del 4 giugno 2002, Commissione/Portogallo (C‑367/98, EU:C:2002:326, punto 48).


254 – V. sentenza del 13 luglio 1995, Spagna/Consiglio (C‑350/92, EU:C:1995:237, punto 22).


255 – Sull’articolo 207, paragrafo 6, TFUE, v. anche supra, paragrafi da 106 a 110.


256 – V. supra, paragrafo 326. A tale proposito, rilevo inoltre che la nota 10 relativa all’articolo 8.8, lettera d), dell’ALS/UE‑S (definizione di «stabilimento») enuncia che i termini «costituzione» e «acquisizione» di una persona giuridica vanno intesi come comprendenti «la partecipazione al capitale di una persona giuridica al fine di stabilire o mantenere legami economici durevoli».


257 – V. articolo 9.1, paragrafo 1 e lettera g), dell’ALS/UE‑S.


258 – V. supra, paragrafo 326. In tale contesto, rilevo che il GATS, che rientra nella politica commerciale comune (fatta salva l’eccezione per i trasporti di cui all’articolo 207, paragrafo 5, TFUE), potrebbe eventualmente applicarsi ad alcuni tipi di investimento diversi dagli investimenti esteri diretti. Ad esempio, la prima frase della nota 8 relativa all’articolo XVI, paragrafo 1, del GATS («Accesso al mercato») indica che «[s]e un membro assume un impegno in materia di accesso al mercato relativamente alla fornitura di un servizio secondo le modalità di cui all’articolo I, comma 2(a), e se il trasferimento di capitali oltre confine rappresenta una parte essenziale del servizio stesso, il membro è tenuto a consentire tale movimento di capitali».


259 – Ad esempio, l’articolo 91, paragrafo 1, lettera a), TFUE riguarda «norme comuni» applicabili ai trasporti internazionali in partenza dal territorio di uno Stato membro o a destinazione di questo, o in transito sul territorio di uno o più Stati membri.


260 – Sentenza del 4 settembre 2014, Commissione/Consiglio (C‑114/12, EU:C:2014:2151, punto 67).


261 – Parere 2/92 (terza decisione modificata dell’OCSE relativa al trattamento nazionale) del 24 marzo 1995 (EU:C:1995:83, punti 33, che menziona l’esigenza di «atti legislativi interni», e 36).


262 – Parere 1/94 (accordi allegati all’accordo OMC) del 15 novembre 1994 (EU:C:1994:384, punto 77) (il corsivo è mio).


263 – Per un’illustrazione del fatto che gli accordi internazionali di cui l’Unione europea è parte sono soggetti al diritto primario, v. sentenza del 10 marzo 1998, Germania/Consiglio (C‑122/95, EU:C:1998:94).


264 – L’articolo 218, paragrafo 11, seconda frase, TFUE prevede espressamente la possibilità di modificare i Trattati per superare un parere «negativo» basato su detta disposizione.


265 – Infatti, tale argomento potrebbe eventualmente sollevare il problema della compatibilità sostanziale dell’ALS/UE‑S con i Trattati. Tuttavia, tale questione esula chiaramente dall’ambito della domanda di parere presentata dalla Commissione. V. supra, paragrafo 85.


266 – Parere 1/94 (accordi allegati all’accordo OMC) del 15 novembre 1994 (EU:C:1994:384, punto 77).


267 – Sentenza del 27 novembre 2012 (C‑370/12, EU:C:2012:756, punti 104 e 105).


268 – Regolamento dell’11 maggio 2010 che istituisce un meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (GU 2010, L 118, pag. 1).


269 – Sentenza del 27 novembre 2012 (C‑-370/12, EU:C:2012:756, punto 101) (il corsivo è nell’originale). Nella sua presa di posizione relativa a detta causa, l’avvocato generale Kokott sembrava suggerire che la questione relativa all’articolo 3, paragrafo 2, TFUE fosse concepita male: «A tal proposito, occorre osservare che l’articolo 3, paragrafo 2, TFUE, come emerge anche in relazione all’articolo 216 TFUE, disciplina soltanto la competenza esclusiva dell’Unione per gli accordi internazionali con Stati terzi e organizzazioni internazionali. In base alla norma in parola, in combinato disposto con l’articolo 2, paragrafo 1, TFUE, agli Stati membri è pertanto preclusa soltanto la conclusione di accordi siffatti con Stati terzi. Tuttavia solo Stati membri sono parti contraenti del Trattato MES». V. presa di posizione dell’avvocato generale Kokott nella causa Pringle (C‑370/12, EU:C:2012:675, paragrafo 98).


270 – Se una materia è disciplinata da norme del Trattato, essa rientra nella competenza dell’Unione europea. In tal senso, l’articolo 4, paragrafo 2, lettera a), TFUE prevede che l’Unione europea ha «competenza concorrente» nel settore principale del mercato interno.


271 – V, ad esempio, sentenza del 22 ottobre 2013, Essent e a. (da C‑105/12 a C‑107/12, EU:C:2013:677, punto 40 e giurisprudenza ivi citata). V. anche supra, paragrafi 317 e 318 (riguardo alla definizione degli «investimenti diretti»).


272 – Tutti i suddetti accordi prevedono di essere conclusi per un periodo limitato, ma possono essere rinnovati, sempre che (a determinate condizioni) nessuna delle Parti manifesti la volontà di denunciarli. Gli investimenti realizzati prima della data in cui l’estinzione o la denuncia dell’accordo produce effetti restano soggetti all’accordo per un periodo di tempo prestabilito.


273 – In alcune versioni linguistiche può trattarsi della nota 51.


274 – V. supra, paragrafi da 307 a 361.


275 – Sebbene in altri casi l’Unione europea abbia deciso di denunciare accordi internazionali dei quali non era parte. V., ad esempio, decisione 92/530/CEE del Consiglio, del 12 novembre 1992, che denunzia l’accordo di pesca tra l’ex Repubblica democratica tedesca e la Svezia (GU 1992, L 334, pag. 33).


276 – V., in generale, sentenza del 24 novembre 1992, Poulsen e Diva Navigation (C‑286/90, EU:C:1992:453, punto 9).


277 – V. anche, ad esempio, sentenza del 21 dicembre 2011, Air Transport Association of America e a. (C‑366/10, EU:C:2011:864, punto 71) (in cui la Corte ha dichiarato che, poiché le competenze precedentemente esercitate dagli Stati membri nel settore di applicazione di una convenzione internazionale non erano state ancora interamente assunte dall’Unione europea, quest’ultima non era vincolata da tale convenzione).


278 – Sentenza del 12 dicembre 1972, International Fruit Company e a. (da 21/72 a 24/72, EU:C:1972:115, punto 18). Riguardo ad altri accordi internazionali v., ad esempio, sentenze del 19 novembre 1975, Douaneagent der Nederlandse Spoorwegen (38/75, EU:C:1975:154, punti 16 e 21), e del 14 luglio 1976, Kramer e a. (3/76, 4/76 e 6/76, EU:C:1976:114, punti 44 e 45).


279 – V. sentenza del 4 luglio 2000, Commissione/Portogallo (C‑84/98, EU:C:2000:359, punto 53).


280 – V. articoli 27 e 46 delle Convenzioni di Vienna del 1969 e del 1986.


281 – Ai sensi dell’articolo 26 delle convenzioni di Vienna del 1969 e del 1986, «[o]gni trattato in vigore vincola le parti e deve essere da esse eseguito in buona fede». La Corte ha già dichiarato che tale principio «costituisce un principio fondamentale di ogni ordinamento giuridico e, in particolare, dell’ordinamento giuridico internazionale»: v. sentenza del 16 giugno 1998, Racke (C‑162/96, EU:C:1998:293, punto 49).


282 – V. ad esempio, sentenze del 3 marzo 2009, Commissione/Austria (C‑205/06, EU:C:2009:118, punto 33 e giurisprudenza ivi citata); del 19 novembre 2009, Commissione/Finlandia (C‑118/07, EU:C:2009:715, punto 27 e giurisprudenza ivi citata), e del 3 marzo 2009, Commissione/Svezia (C‑249/06, EU:C:2009:119, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).


283 – Gli altri accordi elencati nell’allegato 9-D sono stati conclusi tra Singapore e l’Unione economica belgo‑lussemburghese, la Francia, la Germania, i Paesi Bassi e il Regno Unito e sono o successivi al 1o gennaio 1958 o (per il Regno Unito) alla data di adesione alla Comunità economica europea.


284 – V. paragrafo 379 supra.


285 – In alcune versioni linguistiche può trattarsi della nota 51.


286 – V. sentenza del 2 agosto 1993, Levy (C‑158/91, EU:C:1993:332, punto 19). Parte della giurisprudenza e della dottrina sembrano avvalorare la tesi secondo cui, attualmente, l’articolo 59 della convenzione di Vienna del 1969 formerebbe parte del diritto internazionale consuetudinario. Per una discussione sulle fonti pertinenti, v. ad esempio, Dubuisson, F., «Article 59 – Termination or suspension of the operation of a treaty implied by conclusion of a later treaty», in Corten, O. e Klein, P. (ed.), The Vienna Conventions on the Law of Treaties – A Commentary – Volume II (Oxford University Press, 2011), pag. 1325, pagg. 1329-1330.


287 – V., a tale riguardo, articolo 54 della convenzione di Vienna del 1969. Detta convenzione prevede talune eccezioni (a determinate condizioni) in caso di: violazione sostanziale (articolo 60), sopravvenienza di una situazione che rende impossibile l’esecuzione (articolo 61), cambiamento fondamentale delle circostanze (articolo 62), rottura delle relazioni diplomatiche o consolari (articolo 63) e sopravvenienza di una nuova norma imperativa del diritto internazionale generale (articolo 64).


288 – Ciò risulta chiaramente dall’articolo 30 della convenzione di Vienna del 1969, relativo all’applicazione di trattati successivi aventi ad oggetto la stessa materia.


289 – Articolo 73 della convenzione di Vienna del 1969. In ogni caso, qualora siano applicabili sia la convenzione di Vienna del 1969 sia quella del 1986 (ad esempio, nel contesto del rapporto tra un accordo bilaterale concluso da due Stati e un accordo tra uno Stato e un’organizzazione internazionale), prevale la convenzione di Vienna del 1969 (v. articolo 7 della convenzione di Vienna del 1986).


290 – United NationsTreaty Series, vol. 1946, pag. 3.


291 – V. articolo 2, paragrafo 1, lettera g), della convenzione di Vienna del 1969.


292 – Articolo 1, paragrafo 1, e considerando 3 del regolamento n. 1219/2012.


293 – V. punti da 69 a 76 dell’allegato alle presenti conclusioni.


294 – Sentenza del 7 marzo 1996, Parlamento/Consiglio (C‑360/93, EU:C:1996:84).


295 – Sentenza del 7 marzo 1996, Parlamento/Consiglio (C‑360/93, EU:C:1996:84).


296 – Vale a dire la direttiva 90/531/CEE del Consiglio, del 17 settembre 1990, relativa alle procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni (GU 1990, L 297, pag. 1).


297 – Sentenza del 7 marzo 1996, Parlamento/Consiglio (C‑360/93, EU:C:1996:84, punto 30).


298 – Singapore, l’Unione europea e i 28 Stati membri sono parti dell’accordo sugli appalti pubblici. Detto accordo è incluso nell’allegato 4 dell’accordo OMC, che contiene un elenco di accordi commerciali multilaterali. Pertanto, esso fa parte dell’accordo OMC solo per i membri dell’OMC che vi hanno aderito (ed è vincolante solo per tali membri) (articolo II, paragrafo 3, dell’accordo OMC). Singapore, l’Unione europea e i 28 Stati membri sono inoltre parti dell’accordo riveduto dell’OMC sugli appalti pubblici entrato in vigore il 6 aprile 2014.


299 – V. anche supra, paragrafo 402.


300 – V. articolo 10.4 dell’ALS/UE‑S.


301 – GU 2012, C 326, pag. 309.


302 – Tale obiettivo risulta anche dall’articolo 3, paragrafo 3, TUE.


303 – V. punti da 77 a 91 dell’allegato alle presenti conclusioni.


304 – Sentenza del 18 luglio 2013, Daiichi Sankyo e Sanofi-Aventis Deutschland (C‑414/11, EU:C:2013:520).


305 – La Commissione richiama il punto 52 di detta sentenza.


306 – La Commissione richiama il punto 53 di detta sentenza.


307 – Sentenza del 12 maggio 2005, Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e ERSA (C‑347/03, EU:C:2005:285).


308 – L’articolo 61 dell’accordo TRIPS così recita: «I membri prevedono procedimenti penali e sanzioni da applicare almeno nei casi di contraffazione intenzionale di un marchio o di violazione del diritto d’autore su scala commerciale. I possibili provvedimenti comprendono pene detentive o pecuniarie sufficienti per costituire un mezzo di dissuasione, coerentemente con il livello delle sanzioni applicate per reati di corrispondente gravità. Ove opportuno, i possibili provvedimenti comprendono anche il sequestro, la confisca e la distruzione dei prodotti costituenti violazione e di qualsiasi materiale e strumento principalmente utilizzato nella commissione del reato. I membri possono prevedere procedimenti penali e sanzioni da applicare in altri casi di violazione dei diritti di proprietà intellettuale, in particolare se si tratta di atti commessi deliberatamente e su scala commerciale».


309 – Sentenza del 18 luglio 2013, Daiichi Sankyo e Sanofi-Aventis Deutschland (C‑414/11, EU:C:2013:520).


310 – Sentenza del 18 luglio 2013, Daiichi Sankyo e Sanofi-Aventis Deutschland (C‑414/11, EU:C:2013:520).


311 – Sentenza del 12 maggio 2005, Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e ERSA (C‑347/03, EU:C:2005:285).


312 – 1161 UNTS 30.


313 – 36 ILM 65.


314 – 36 ILM 76.


315 – 828 UNTS 305.


316 – 9 ILM 978.


317 – 39 ILM 1047.


318 – Regolamento (UE) n. 1257/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2012, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore dell’istituzione di una tutela brevettuale unitaria (GU 2012, L 361, pag. 1), e regolamento (UE) n. 1260/2012 del Consiglio, del 17 dicembre 2012, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore dell’istituzione di una tutela brevettuale unitaria con riferimento al regime di traduzione applicabile (GU 2012, L 361, pag. 89).


319 – In detta disposizione, le Parti richiamano gli obblighi derivanti dal trattato di cooperazione in materia di brevetti e convengono di compiere ogni ragionevole sforzo per conformarsi al disposto degli articoli da 1 a 16 del trattato sul diritto dei brevetti in maniera compatibile con le loro legislazioni e procedure nazionali.


320 – Sentenza del 18 luglio 2013, Daiichi Sankyo e Sanofi-Aventis Deutschland (C‑414/11, EU:C:2013:520).


321 – Parere 1/94 (accordi allegati all’accordo OMC) del 15 novembre 1994 (EU:C:1994:384, punti da 55 a 71). Ad eccezione delle misure specifiche intese a evitare l’immissione in libera pratica di merci contraffatte, l’accordo TRIPS esulava dalla politica commerciale comune. La Corte ha giustificato tale posizione con il fatto che i diritti di proprietà intellettuale attengono «in pari misura al commercio interno, se non addirittura più a quest’ultimo che al commercio internazionale». All’epoca, tuttavia, le disposizioni del Trattato sulla politica commerciale comune non riguardavano gli aspetti commerciali dei diritti della proprietà intellettuale.


322 – Sentenza del 18 luglio 2013, Daiichi Sankyo e Sanofi-Aventis Deutschland (C‑414/11, EU:C:2013:520, punto 53).


323 – V., in tal senso, sentenza del 18 luglio 2013, Daiichi Sankyo e Sanofi-Aventis Deutschland (C‑414/11, EU:C:2013:520, punto 54).


324 – Sentenza del 18 luglio 2013, Daiichi Sankyo e Sanofi-Aventis Deutschland (C‑414/11, EU:C:2013:520, punto 55).


325 – Sentenza del 18 luglio 2013, Daiichi Sankyo e Sanofi-Aventis Deutschland (C‑414/11, EU:C:2013:520, punto 58).


326 – V. ad esempio, conclusioni dell’avvocato generale Wahl nel procedimento di parere 3/15 (Trattato di Marrakech sull’accesso alle opere pubblicate) (EU:C:2016:657, paragrafi da 64 a 66); v. altresì sentenza del 12 maggio 2005, Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e ERSA (C‑347/03, EU:C:2005:285, punti da 81 a 83).


327 – V. anche supra, paragrafo 102.


328 – Se il contenuto dell’obbligo violato determinasse il contenuto del rimedio (quale la sospensione per ritorsione delle concessioni o degli obblighi), ciò potrebbe indicare un nesso sostanziale fra i due tipi di obblighi. Tuttavia, l’elemento caratteristico delle ritorsioni incrociate, cui la Corte ha fatto riferimento nella sentenza Daiichi, sembra essere il fatto che tale nesso non esiste necessariamente. Per completezza, rilevo che l’articolo 15.12 dell’ALS/UE‑S prevede la possibilità che una parte dell’ALS/UE‑S abbia il diritto di sospendere gli obblighi derivanti da qualsiasi disposizione a cui si applica il capo 15 («Risoluzione delle controversie»).


329 – V. sentenza del 18 luglio 2013, Daiichi Sankyo e Sanofi-Aventis Deutschland (C‑414/11, EU:C:2013:520, punto 51).


330 – Conclusioni dell’avvocato generale Wahl nel procedimento di parere 3/15 (Trattato di Marrakech sull’accesso alle opere pubblicate) (EU:C:2016:657, paragrafo 56.)


331 – La dichiarazione del 1986 di Punta del Este, che ha avviato l’Uruguay Round dei negoziati commerciali sfociati nell’istituzione dell’OMC, descrive tale nesso nei seguenti termini: «Al fine di ridurre le distorsioni e gli ostacoli agli scambi internazionali, tenuto conto dell’esigenza di promuovere la protezione effettiva e adeguata dei diritti di proprietà intellettuale, e per garantire che le misure e le procedure per la tutela dei diritti di proprietà intellettuale non diventino esse stesse barriere ai legittimi scambi commerciali, i negoziati saranno diretti a precisare le disposizioni del GATT e ad elaborare, se del caso, nuove norme e discipline».


332 – V. sentenze del 20 ottobre 1993, Phil Collins e a. (C‑92/92 e C‑326/92, EU:C:1993:847, punto 20) e del 4 ottobre 2011, Football Association Premier League e a. (C‑403/08 e C‑429/08, EU:C:2011:631, punto 107 e giurisprudenza ivi citata).


333 – Articolo 6 bis, paragrafo 1, della convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche, come riveduta e modificata. Tale diritto morale non è contemplato dall’accordo TRIPS (v. articolo 9, paragrafo 1, dell’accordo TRIPS). V. anche sentenza del 20 ottobre 1993, Phil Collins e a. (C‑92/92 e C‑326/92, EU:C:1993:847, punto 20).


334 – V. supra, paragrafo 93.


335 – V. sentenza del 22 ottobre 2013, Commissione/Consiglio (C‑137/12, EU:C:2013:675).


336 – V. sentenza del 22 ottobre 2013, Commissione/Consiglio (C‑137/12, EU:C:2013:675, punto 70).


337 – V., in particolare, paragrafo 109 supra.


338 – V., ad esempio, articolo 2, paragrafo 1, dell’accordo TRIPS.


339 – Come gli estensori dell’ALS/UE‑S hanno fatto, ad esempio, per ampia parte del capo 10 sugli appalti pubblici: v. supra, paragrafo 402.


340 – Sentenza del 28 luglio 2016, Consiglio/Commissione (C‑660/13, EU:C:2016:616, punto 40). V. anche paragrafi 102 e 111 (e giurisprudenza ivi citata) delle mie conclusioni relative a detta causa (EU:C:2015:787).


341 – Sentenza del 18 luglio 2013, Daiichi Sankyo e Sanofi-Aventis Deutschland (C‑414/11, EU:C:2013:520).


342 – 815 UNTS 89.


343 – Articolo 14 della convenzione internazionale per la protezione dei ritrovati vegetali.


344 – È stato sostenuto che dall’articolo 11.36, paragrafo 3, dell’ALS/UE‑S emerge che il capo 11 non vieta alle Parti di applicare la loro legislazione nazionale né le obbliga a modificarla ai fini dell’applicazione dei diritti di proprietà intellettuale. A mio avviso, tuttavia, detta disposizione indica semplicemente che per conformarsi al capo 11 non occorre necessariamente modificare la legislazione vigente per quanto riguarda gli strumenti per garantire la tutela dei diritti di proprietà intellettuale.


345 – V. sentenza del 22 ottobre 2013, Commissione/Consiglio (C‑137/12, EU:C:2013:675).


346 – L’articolo 9, paragrafo 1, prima frase, dell’accordo TRIPS dispone che i membri dell’OMC devono conformarsi agli articoli da 1 a 21 della convenzione di Berna e al suo allegato. Tuttavia, la seconda frase di tale articolo aggiunge che i membri dell’OMC non hanno diritti né obblighi in virtù dell’accordo TRIPS in relazione ai diritti conferiti dall’articolo 6 bis della convenzione di Berna o ai diritti che ne derivano.


347 – V. supra, paragrafo 437.


348 – V. supra, paragrafo 437.


349 – V. supra, paragrafo 109.


350 – V. punti da 92 a 97 dell’allegato alle presenti conclusioni.


351 – Ne fornisce un chiaro esempio l’accordo SCM, che è incluso nell’allegato 1A dell’accordo OMC e integra l’articolo XVI del GATT (conformemente agli articoli 12.5 e 12.7 dell’ALS/UE‑S, le disposizioni di quest’ultimo relative alle sovvenzioni sono basate sull’accordo SCM). L’accordo SCM è inteso a vietare e disciplinare la concessione alle imprese di sovvenzioni che possano falsare la concorrenza a favore della produzione interna e a disciplinare le azioni che i membri dell’OMC possono intraprendere per contrastare gli effetti delle sovvenzioni.


352 – Le prime iniziative dell’OMC per rispondere all’esigenza di un quadro multilaterale per migliorare il contributo della politica di concorrenza al commercio internazionale nonché allo sviluppo e al rafforzamento dell’assistenza tecnica e delle capacità in tale settore non hanno condotto a negoziati in materia di diritto della concorrenza nell’ambito di detta organizzazione. V. «Working Group on the Interaction between Trade and Competition Policy (WGTCP) ‐ History, Mandates and Decisions», consultabile all’indirizzo: www.wto.org/english/tratop_e/comp_e/history_e.htm#cancun, e «The July 2004 package», consultabile all’indirizzo: ww.wto.org/english/tratop_e/dda_e/dda_package_july04_e.htm.


353 – Articoli 12.1, paragrafo 2, e 12.2 dell’ALS/UE‑S.


354 – V. articolo 12.1, paragrafo 1, ultima frase, dell’ALS/UE‑S.


355 – Articolo 12.3 dell’ALS/UE‑S.


356 – Articoli da 12.5 a 12.8 e allegato 12-A dell’ALS/UE‑S.


357 – V. articolo 12.7, paragrafo 1, dell’ALS/UE‑S.


358 – Articolo 12.7, paragrafo 2, secondo comma, dell’ALS/UE‑S.


359 – V. per analogia, sentenza del 22 ottobre 2013, Commissione/Consiglio (C‑137/12, EU:C:2013:675, punti 66 e 67).


360 – Regolamento del 20 gennaio 2004 (regolamento CE sulle concentrazioni) (GU 2004, L 24, pag. 1).


361 – V. infra, paragrafi da 508 a 513.


362 – V. punti da 13 a 18 dell’allegato alle presenti conclusioni.


363 – V. punti da 98 a 112 dell’allegato alle presenti conclusioni.


364 – Articolo 13.17 dell’ALS/UE‑S.


365 – Articolo 207, paragrafo 1, ultima frase, TFUE.


366 – Articolo 21, paragrafo 2, lettera f), TUE.V. anche articoli 3, paragrafo 5, TUE e 11 TFUE; quest’ultima disposizione enuncia che le esigenze connesse con la tutela dell’ambiente devono «essere integrate nella definizione e nell’attuazione delle politiche e azioni dell’Unione, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile».


367 – Entrambe queste possibilità risultano dall’articolo 13.1, paragrafo 3, dell’ALS/UE‑S.


368 – Tale obiettivo è inoltre stato preso in considerazione dall’organo di appello per interpretare, tra l’altro, la clausola relativa alle eccezioni generali di cui all’articolo XX del GATT 1994. V. ad esempio, Appellate Body Report, United States – Import Prohibition of Certain Shrimp and Shrimp Products, WT/DS58/AB/R (Relazione dell’organo di appello, Stati Uniti – Divieto di importare taluni tipi di gamberi e prodotti a base di gamberi), adottata il 6 novembre 1998, DSR 1998:VII, pag. 2755, punti da 129 a 131 e da 152 a 155, e Appellate Body Report, India – Certain Measures relating to Solar Cells and Solar Modules (Relazione dell’organo di appello, India – Talune misure relative alle celle solari e ai moduli solari), WT/DS456/AB/R, adottata il 14 ottobre 2016, non ancora pubblicata, punto 5.72.


369 – V. sentenza del 22 ottobre 2013, Commissione/Consiglio (C‑137/12, EU:C:2013:675, punto 57 e giurisprudenza ivi citata).


370 – V., in particolare, parere 1/78 (accordo internazionale sulla gomma naturale) del 4 ottobre 1979 (EU:C:1979:224) e sentenze del 26 marzo 1987, Commissione/Consiglio (45/86, EU:C:1987:163); del 29 marzo 1990, Grecia/Consiglio (C‑62/88, EU:C:1990:153) e del 12 dicembre 2002, Commissione/Consiglio (C‑281/01, EU:C:2002:761).


371 – Parere 2/00 (protocollo di Cartagena sulla prevenzione dei rischi biotecnologici) del 6 dicembre 2001 (EU:C:2001:664, punto 40).


372 – Sentenza dell’8 settembre 2009, Commissione/Parlamento e Consiglio (C‑411/06, EU:C:2009:518).


373 – GU 2006, L 190, pag. 1.


374 –      Sentenza dell’8 settembre 2009, Commissione/Parlamento e Consiglio (C‑411/06, EU:C:2009:518, punto 72).


375 – Articolo 7.1 dell’ALS/UE‑S.


376 – Articolo 7.3 dell’ALS/UE‑S.


377 – V., in particolare, paragrafo 103 supra.


378 – Articolo 7.4, lettere a) e b), dell’ALS/UE‑S.


379 – Parere 1/94 (accordi allegati all’accordo OMC) del 15 novembre 1994 (EU:C:1994:384, punto 33). La Corte ha statuito in tal senso in relazione all’accordo TBT, che si applica, in particolare, ai regolamenti tecnici e alle norme, nonché alle procedure di valutazione della conformità ai regolamenti tecnici e alle norme.


380 – V. ad esempio, articolo 1 dell’accordo commerciale tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Colombia e il Perù, dall’altra (GU 2012, L 354, pag. 3).


381 – Il mandato del Gruppo di esperti menzionato all’articolo 13.17 dell’ALS/UE‑S consisteva solamente nell’«elaborare una relazione (…) formulando raccomandazioni». V. anche infra, paragrafi da 523 a 535.


382 – Regolamento (UE) n. 978/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, relativo all’applicazione di un sistema di preferenze tariffarie generalizzate e che abroga il regolamento (CE) n. 732/2008 del Consiglio (GU 2012, L 303, pag. 1), articoli da 9 a 16.


383 – V. articoli 13.16 e 13.17 dell’ALS/UE‑S nonché paragrafo 490 supra.


384 – Questa tesi è corroborata dall’articolo 51, paragrafo 2, della Carta, secondo cui quest’ultima non estende l’ambito di applicazione del diritto dell’Unione al di là delle competenze dell’Unione, né introduce competenze nuove o compiti nuovi per l’Unione, né modifica le competenze e i compiti definiti nei Trattati.


385 – Sentenza dell’11 giugno 2014, Commissione/Consiglio (C‑377/12, EU:C:2014:1903).


386 – L’Unione è parte di detto accordo per effetto della decisione 2012/272/UE del Consiglio, del 14 maggio 2012 (GU 2012, L 134, pag. 3).


387 –      Sentenza dell’11 giugno 2014, Commissione/Consiglio (C‑377/12, EU:C:2014:1903, punto 59).


388 – Sentenza dell’11 giugno 2014, Commissione/Consiglio (C‑377/12, EU:C:2014:1903, punti 38 e 49 e giurisprudenza ivi citata).


389 – L’articolo 43, paragrafo 2, TFUE costituisce la base giuridica per l’adozione delle disposizioni necessarie per perseguire, in particolare, la politica comune della pesca, cui fa riferimento l’articolo 3, paragrafo 1, lettera d), TFUE.


390 – L’articolo 191, paragrafo 4, TFUE conferisce all’Unione europea il potere di concludere accordi con paesi terzi a fini di cooperazione in materia ambientale nei settori rientranti nella sua competenza.


391 – V., in tal senso, sentenza del 4 settembre 2014, Commissione/Consiglio (C‑114/12, EU:C:2014:2151, punto 75).


392 – V. punti da 113 a 118 dell’allegato alle presenti conclusioni.


393 – V. punti 7, 8, 10, 12, 15, 35, 37, 41, 42, 58, da 72 a 75, 82, 88, 89, 95 e 96 dell’allegato alle presenti conclusioni.


394 – Articolo 14.1, lettera a), dell’ALS/UE‑S.


395 – V. articolo 14.2, paragrafo 1, dell’ALS/UE‑S.


396 – V. supra, nota 388. Nella misura in cui le norme specifiche previste da altri capi e concernenti la trasparenza e il riesame amministrativo o giurisdizionale differiscano dalle disposizioni del capo 14, devono prevalere tali norme più specifiche contenute in altri capi (articolo 14.8 dell’ALS/UE‑S).


397 – V. ad esempio, sentenza del 22 ottobre 2013, Commissione/Consiglio (C‑137/12, EU:C:2013:675).


398 – È per questo motivo che gli accordi dell’OMC prevedono un’ampia gamma di obblighi diretti a garantire la tutela contro gli ostacoli riguardanti la preparazione, l’adozione, l’entrata in vigore, la pubblicazione, l’applicazione, la notificazione e la gestione nonché il controllo (amministrativo e giurisdizionale) delle misure. V., ad esempio, articolo X del GATT 1994.


399 – V. punti da 61 a 67 dell’allegato alle presenti conclusioni.


400 – V. punti 111, 112 e da 119 a 123 dell’allegato alle presenti conclusioni.


401 – Regolamento (CE) n. 912/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 2014, che istituisce un quadro per la gestione della responsabilità finanziaria connessa ai tribunali per la risoluzione delle controversie investitore‑Stato istituiti da accordi internazionali di cui l’Unione europea è parte (GU 2014, L 257, pag. 121).


402 – Parere 1/94 (accordi allegati all’accordo OMC) del 15 novembre 1994 (EU:C:1994:384, punto 20).


403 – V. pareri 1/91 (primo parere sull’accordo SEE) del 14 dicembre 1991 (EU:C:1991:490, punti 40 e 70), 1/09 (accordo relativo alla creazione di un sistema unico di risoluzione delle controversie in materia di brevetti) dell’8 marzo 2011 (EU:C:2011:123, punto 74) e 2/13 (accesso dell’Unione europea alla CEDU) del 18 dicembre 2014 (EU:C:2014:2454, punto 182).


404 – La medesima conclusione vale, per analogia, per le disposizioni specifiche in materia di risoluzione delle controversie contenute negli articoli 13.16 e 13.17 dell’ALS/UE‑S.


405 – Articolo 67 di detta convenzione.


406 – V., in tal senso, parere 2/91 (convenzione dell’OIL n. 170) del 19 marzo 1993 (EU:C:1993:106, punti da 3 a 5). In quel caso, la costituzione dell’OIL ostava a che la (allora) Comunità europea concludesse essa stessa la convenzione n. 170.


407 – Così risulta dagli articoli 9.11, paragrafo 2, e 9.15, paragrafo 2 dell’ALS/UE‑S, in combinato disposto con l’articolo 9.24, secondo cui il tribunale può ordinare il risarcimento dei danni patrimoniali, compresi eventuali interessi applicabili, e la restituzione dei beni.


408 – V. anche la dichiarazione comune del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione allegata al regolamento n. 912/2014.


409 – In ogni caso, l’articolo 9.15, paragrafo 2, dell’ALS/UE‑S, secondo cui l’Unione europea deve procedere alla determinazione del convenuto entro due mesi dalla data di ricevimento dell’avviso dell’intenzione di promuovere il procedimento arbitrale, non si riferisce (né espressamente né implicitamente) a detto regolamento.


410 – Parere 1/75 (accordo OCSE riguardante una norma sulle spese locali) dell’11 novembre 1975 (EU:C:1975:145, pag. 1364). V. anche parere 1/94 (accordi allegati all’accordo OMC) del 15 novembre 1994 (EU:C:1994:384, punto 21).


411 – V., in tal senso, parere 1/75 (accordo OCSE riguardante una norma sulle spese locali) dell’11 novembre 1975 (EU:C:1975:145, pag. 1364).


412 – Parere 1/78 (accordo internazionale sulla gomma naturale) del 4 ottobre 1979 (EU:C:1979:224, punto 60). V. anche parere 1/94 (accordi allegati all’accordo OMC) del 15 novembre 1994 (EU:C:1994:384, punto 21).


413 – V. supra, paragrafo 85.


414 – Secondo la Commissione per il diritto internazionale delle Nazioni Unite, gli elementi principali della protezione diplomatica consistono «[nell’] invocazione da parte di uno Stato, attraverso un’azione diplomatica o con altri strumenti di composizione pacifica, della responsabilità di un altro Stato per un danno causato da un atto illecito sotto il profilo internazionale a una persona fisica o giuridica avente la cittadinanza del primo Stato, al fine di far valere tale responsabilità». Commissione per il diritto internazionale delle Nazioni Unite, Progetto di articoli sulla protezione diplomatica, e relativi commentari (2006), adottato dalla Commissione per il diritto internazionale nella 58a sessione e presentata all’Assemblea generale come parte della relazione di detta Commissione sui lavori di tale sessione (A/61/10), Yearbook of the International Law Commission, 2006, vol. II, Seconda parte («UN ILC Draft Articles on Diplomatic Protection»), articolo 1 e commentario relativo all’articolo 1, paragrafo 2.


415 – Corte permanente di giustizia internazionale, Mavrommatis Palestine Concessions (Greece v. UK), P.C.I.J. Reports, 1924, Serie A, n. 2, pag. 12. V. anche Corte internazionale di giustizia, Case concerning the Barcelona Traction Light and Power Company Limited (Belgio c.Spagna), seconda fase, sentenza del 5 febbraio 1970, I.C.J. Reports 1970, pag. 3, punto 78.


416 – Corte internazionale di giustizia, causa Interhandel (Svizzera c. Stati Uniti d’America), Eccezioni preliminari, sentenza del 21 marzo 1959, I.C.J. Reports 1959, pag. 6, pag. 27. V. altresì Commissione per il diritto internazionale delle Nazioni Unite, Progetti di articoli sulla protezione diplomatica, articolo 14 e relativo commentario.


417 – Per un resoconto storico di tale evoluzione, v., ad esempio, Parlett, K., The Individual in the International Legal System: Continuity and Change in International Law (Cambridge University Press, 2011), pagg. da 47 a 123 (su «The individual and international claims»).


418 – Commissione per il diritto internazionale delle Nazioni Unite, Progetto di articoli sulla protezione diplomatica, commentario relativo all’articolo 17, punto 2.


419 – L’articolo 27, paragrafo 1, della convenzione ICSID dispone che «[n]essuno Stato Contraente accorderà la protezione diplomatica o avanzerà rivendicazioni internazionali in relazione ad una controversia che uno dei suoi cittadini ed un altro Stato Contraente hanno convenuto di sottoporre o hanno sottoposto ad arbitrato nel quadro della presente Convenzione, salvo il caso in cui l’altro Stato Contraente non si conformi alla sentenza resa rispetto a tale controversia».


420 – V. punti da 124 a 130 dell’allegato alle presenti conclusioni.


421 – V., in tal senso, pareri 1/94 (accordi allegati all’accordo OMC) del 15 novembre 1994 (EU:C:1994:384, punto 107) e 1/08 (accordi di modifica degli elenchi di impegni specifici ai sensi del GATS) del 30 novembre 2009 (EU:C:2009:739, punto 127).


422 – Sentenza del 28 aprile 2015, Commissione/Consiglio (C‑28/12, EU:C:2015:282, punto 47).


423 – V., inter alia, pareri 1/94 (accordi allegati all’accordo OMC) del 15 novembre 1994 (EU:C:1994:384, punto 108) e 2/00 (protocollo di Cartagena sulla protezione dai rischi biotecnologici) del 6 dicembre 2001 (EU:C:2001:664, punto 18), nonché sentenze del 20 aprile 2010, Commissione/Svezia (C‑246/07, EU:C:2010:203, punto 73) e del 28 aprile 2015, Commissione/Consiglio (C‑28/12, EU:C:2015:282, punto 54).


424 –      In alcune versioni linguistiche può trattarsi della nota 10.


425 –      In alcune versioni linguistiche può trattarsi della nota 51.