Language of document : ECLI:EU:C:2020:180

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

EVGENI TANCHEV

presentate il 5 marzo 2020 (1)

Cause riunite C674/18 e C675/18

EM

contro

TMD Friction GmbH (C674/18)

e

FL

contro

TMD Friction EsCo GmbH (C675/18)

[(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro, Germania)]

«Domanda di pronuncia pregiudiziale – Politica sociale – Direttiva 2001/23/CE – Mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti – Articoli 3 e 5 – Direttiva 2008/94/CE – Mantenimento dei diritti dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro – Articolo 8 della direttiva 2008/94 – Prestazioni previdenziali complementari – Eventuale responsabilità dei cessionari per le prestazioni previdenziali complementari dei lavoratori di un’impresa trasferita da un cedente insolvente»






1.        Quando talune prestazioni pensionistiche non sono pagabili, in base al diritto di uno Stato membro, da un ente incaricato di tutelare i diritti pensionistici dei lavoratori delle imprese insolventi ai sensi dell’articolo 8 della direttiva 2008/94/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, relativa alla tutela dei lavoratori subordinati in caso d’insolvenza del datore di lavoro (2), ci si chiede se e in quali circostanze la responsabilità di tali prestazioni possa essere imposta al cessionario dell’impresa insolvente, in applicazione degli articoli 3 e/o 5 della direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori subordinati in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti (3).

2.        Questa è, in sostanza, la questione sollevata nelle domande di pronuncia pregiudiziale dal Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro, Germania) (in prosieguo: il «giudice del rinvio»). Il giudice del rinvio chiede indicazioni sulla compatibilità con la direttiva 2001/23 di talune prassi, fondate sul diritto tedesco, che determinano la riduzione delle prestazioni pensionistiche complementari per i lavoratori subordinati, attivi o cessati, e intervengono in caso di insolvenza di un’impresa, nonché sulle conseguenze per la responsabilità dei cessionari.

3.        Ho concluso che la presente questione è disciplinata principalmente dalla lex specialis di cui all’articolo 5 della direttiva 2001/23. Inoltre, nelle circostanze di cui al procedimento principale, la giurisprudenza di uno Stato membro che dispensa i cessionari dal garantire taluni diritti alle prestazioni pensionistiche dei lavoratori di un cedente insolvente, con riferimento ai periodi lavorativi antecedenti alla data del trasferimento, eccede il potere discrezionale riconosciuto agli Stati membri dall’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/23 di limitare i diritti e gli obblighi imposti ai cessionari dall’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/23, se i diritti in parola non sono legalmente azionabili nei confronti del cedente (4). Quando, ai sensi della normativa nazionale, i lavoratori in questione non hanno titolo per prendere iniziative volte a far valere tali diritti dinanzi ai giudici degli Stati membri per vedersi garantire il pagamento delle relative prestazioni pensionistiche da parte del cedente (5), tali prestazioni non sono «pagabili» prima dell’apertura della procedura di insolvenza, conformemente all’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/23. Pertanto, esse non possono essere escluse dagli obblighi del cessionario ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/23.

4.        Tuttavia, quand’anche fosse operativa la limitazione di cui all’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 2001/23, essa è soggetta a due condizioni.

5.        In primo luogo, la limitazione prevista dall’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), deve essere stata esercitata dallo Stato membro con il grado di precisione e chiarezza richiesto dalla giurisprudenza della Corte per garantire la certezza del diritto (6). La verifica di questo aspetto rientra nella competenza del giudice del rinvio.

6.        In secondo luogo, come prescritto dall’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/23, la legislazione dello Stato membro deve fornire una protezione «almeno equivalente» a quella prevista dalla direttiva 2008/94. Ciò deve essere stabilito secondo i principi elaborati dalla Corte nella sentenza del 19 dicembre 2019 nella causa Pension-Sicherungs-Verein (7) ed è parimenti soggetto a verifica da parte del giudice del rinvio.

I.      Quadro normativo

A.      Diritto dell’Unione europea

7.        L’articolo 3, paragrafi 1 e 4, e l’articolo 5, paragrafo 1, paragrafo 2, lettera a), e paragrafo 4, della direttiva 2001/23 recitano come segue:

«Articolo 3

1.      I diritti e gli obblighi che risultano per il cedente da un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro esistente alla data del trasferimento sono, in conseguenza di tale trasferimento, trasferiti al cessionario.

(...)

4      a)      A meno che gli Stati membri dispongano diversamente, i paragrafi 1 e 3 non si applicano ai diritti dei lavoratori a prestazioni di vecchiaia, di invalidità o per i superstiti dei regimi complementari di previdenza professionali o interprofessionali, esistenti al di fuori dei regimi legali di sicurezza sociale degli Stati membri.

b)      Anche quando essi non prevedono, a norma della lettera a), che i paragrafi 1 e 3 si applichino a tali diritti, gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari per tutelare gli interessi dei lavoratori e di coloro che hanno già lasciato lo stabilimento del cedente al momento del trasferimento per quanto riguarda i diritti da essi maturati o in corso di maturazione, a prestazioni di vecchiaia, comprese quelle per i superstiti, dei regimi complementari di cui alla lettera a) del presente paragrafo.

(...)

Articolo 5

1.      A meno che gli Stati membri dispongano diversamente, gli articoli 3 e 4 non si applicano ad alcun trasferimento di imprese, stabilimenti o parti di imprese o di stabilimenti nel caso in cui il cedente sia oggetto di una procedura fallimentare o di una procedura di insolvenza analoga aperta in vista della liquidazione dei beni del cedente stesso e che si svolgono sotto il controllo di un’[autorità] pubblica competente (che può essere il curatore fallimentare autorizzato da un’autorità pubblica competente).

2.      Quando gli articoli 3 e 4 si applicano ad un trasferimento nel corso di una procedura di insolvenza aperta nei confronti del cedente (indipendentemente dal fatto che la procedura sia stata aperta in vista della liquidazione dei beni del cedente stesso) e a condizione che tali procedure siano sotto il controllo di un’autorità pubblica competente (che può essere un curatore fallimentare determinato dal diritto nazionale), uno Stato membro può disporre che:

a)      nonostante l’articolo 3, paragrafo 1, gli obblighi del cedente risultanti da un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro e pagabili prima de[l] trasferimento o prima dell’apertura della procedura di insolvenza non siano trasferiti al cessionario, a condizione che tali procedure diano adito, in virtù della legislazione dello Stato membro, ad una protezione almeno equivalente a quella prevista nelle situazioni contemplate dalla direttiva 80/987/CEE del Consiglio, del 20 ottobre 1980, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro [GU 1980, L 283, pag. 23] (...); e/o

(...)

4.      Gli Stati membri adottano gli opportuni provvedimenti al fine di impedire che l’abuso delle procedure di insolvenza privi i lavoratori dei diritti loro riconosciuti a norma della presente direttiva».

8.        L’articolo 8 della direttiva 2008/94 così recita:

«Gli Stati membri si accertano che vengano adottate le misure necessarie per tutelare gli interessi dei lavoratori subordinati e quelli delle persone che hanno già lasciato l’impresa o lo stabilimento del datore di lavoro alla data dell’insorgere della insolvenza di quest’ultimo, per quanto riguarda i diritti maturati o i diritti in corso di maturazione, in materia di prestazioni di vecchiaia, comprese quelle per i superstiti, previste dai regimi complementari di previdenza, professionali o interprofessionali, diversi dai regimi legali nazionali di sicurezza sociale».

B.      Diritto dello Stato membro

9.        L’articolo 613a del Bügerliches Gesetzbuch (Codice civile tedesco; in prosieguo: il «BGB») (paragrafo 1) è rubricato «Diritti e obblighi in caso di trasferimento d’impresa». Il paragrafo 1) recita quanto segue.

«1)      Qualora un’impresa o parte di essa sia trasferita mediante negozio giuridico a un altro titolare, questi subentra nei diritti e negli obblighi derivanti dai rapporti di lavoro in corso al momento del trasferimento. Se tali diritti e obblighi sono disciplinati dalle clausole di un contratto collettivo o di un contratto aziendale, essi divengono parte integrante del rapporto di lavoro tra il nuovo titolare e il lavoratore e non possono essere modificati a danno del lavoratore prima che sia decorso un anno dalla data del trasferimento (...)».

10.      Stando alle ordinanze di rinvio, la normativa tedesca stabilisce in linea di principio, in forza dell’articolo 613a, paragrafo 1, del BGB, che, in caso di trasferimento di un’azienda, sono preservati i diritti alle prestazioni pensionistiche professionali di vecchiaia dei lavoratori trasferiti al cessionario. Tuttavia, secondo una linea giurisprudenziale elaborata dal giudice del rinvio a partire da una sentenza del 17 gennaio 1980, e in forza di disposizioni imperative della legge in materia di insolvenza, l’articolo 613a, paragrafo 1, non è applicabile nella misura in cui il cessionario dell’azienda non risponde della quota della futura pensione professionale fondata su periodi di occupazione del lavoratore subordinato antecedenti all’apertura della procedura di insolvenza. Ciò si basa sul principio della par condicio creditorum. Al momento dell’apertura della procedura di insolvenza i debiti devono essere soddisfatti esclusivamente in base alle disposizioni pertinenti dell’Insolvenzordnung (legge tedesca in materia di insolvenza).

11.      L’articolo 7, paragrafo 1, del Gesetz zur Verbesserung der betrieblichen Altersversorgung (Betriebsrentengesetz – BetrAVG) (legge sul miglioramento dei regimi pensionistici professionali) prescrive che i diritti acquisiti in via definitiva siano riconosciuti da un ente di garanzia contro il rischio di insolvenza, mentre l’articolo 7, paragrafo 2, sesto periodo, stabilisce che il suddetto ente non è obbligato a tener conto delle modifiche della base di calcolo per le prestazioni previdenziali professionali intervenute dopo la dichiarazione di insolvenza.

12.      L’articolo 14 della legge sul miglioramento dei regimi pensionistici professionali, rubricato «Ente di garanzia contro il rischio di insolvenza», precisa che detto ente è il Pensions-Sicherungs-Verein Versicherungsverein auf Gegenseitigkeit (in prosieguo: il «PSV»). Stando alla decisione di rinvio, la medesima legge prevede che i diritti acquisiti in seguito al raggiungimento di determinati traguardi legati, tra l’altro, ai periodi di occupazione, siano garantiti dal PSV (si veda in particolare l’articolo 1b e l’articolo 30f della legge sul miglioramento dei regimi pensionistici professionali).

II.    Fatti dei procedimenti principali e questioni pregiudiziali

 Causa C674/18, EM contro TMD Friction GmbH

13.      Nella causa C‑674/18, il ricorrente, EM, nato nel 1980, è stato assunto nel 1996 presso la Textar GmbH. Ai dipendenti della Textar GmbH veniva, tra l’altro, riconosciuta una pensione professionale di vecchiaia in base a un accordo generale aziendale. In base a tale regime pensionistico, l’entità della pensione di vecchiaia per ogni anno di servizio si colloca tra lo 0,2% e lo 0,55% della retribuzione lorda mensile percepita a una determinata data di riferimento antecedente alla cessazione del rapporto di lavoro.

14.      In seguito, il rapporto di lavoro di EM veniva trasferito alla TMD Friction GmbH. In data 1° marzo 2009 veniva avviata la procedura di insolvenza sul patrimonio della TMD Friction GmbH. Nell’aprile del 2009 l’attività della TMD Friction GmbH – proseguita anche dopo la dichiarazione dello stato di insolvenza – passava alla convenuta (8) in seguito a una cessione disposta dal curatore fallimentare nominato giudizialmente.

15.      Il PSV – l’ente tedesco designato per legge che assicura contro l’insolvenza le prestazioni pensionistiche complementari professionali – comunicava a EM che al momento dell’apertura della procedura di insolvenza, egli non aveva ancora acquisito, a motivo della sua età (29 anni), i diritti pensionistici in corso di maturazione e che pertanto, ai sensi del diritto tedesco, al verificarsi di un evento assicurato che teoricamente avrebbe fatto sorgere il diritto alle prestazioni (quale il raggiungimento dell’età pensionabile), non avrebbe ricevuto alcuna prestazione dal PSV.

16.      Davanti al giudice del rinvio, EM ha fatto valere che in futuro la convenuta, al verificarsi di un evento che determina il sorgere del diritto alle prestazioni (ad esempio, il raggiungimento dell’età pensionabile) dovrebbe concedergli una pensione professionale di vecchiaia la cui entità dovrebbe comprendere anche i periodi di lavoro svolti prima dell’apertura della procedura di insolvenza.

17.      Dinanzi al giudice del rinvio, la TMD Friction GmbH ha sostenuto che, in caso di trasferimento di un’azienda dopo l’apertura della procedura di insolvenza sul patrimonio del cedente, il cessionario risponde solo per la quota di pensione professionale di vecchiaia derivante dai periodi di lavoro svolti dopo l’apertura della procedura di insolvenza.

18.      Alla luce di quanto sopra, il giudice del rinvio ha sottoposto alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 3, paragrafo 4, della [direttiva 2001/23] consenta una limitazione, in caso di trasferimento di un’impresa dopo l’apertura della procedura di insolvenza sul patrimonio del cedente ai sensi del diritto nazionale, che dispone in linea di principio di applicare in caso di trasferimento di impresa, l’articolo 3, paragrafi 1 e 3, della [direttiva 2001/23] anche per quanto riguarda i diritti dei lavoratori subordinati a prestazioni di vecchiaia, di invalidità o per i superstiti erogate da regimi complementari di previdenza professionali o interprofessionali, nel senso che il cessionario non risponda dei diritti in corso di maturazione fondati su periodi di occupazione antecedenti alla dichiarazione dello stato di insolvenza.

2)      In caso di risposta affermativa alla prima questione:

Se i provvedimenti necessari per tutelare gli interessi dei lavoratori subordinati, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 4, lettera b), della [direttiva 2001/23], per quanto riguarda i diritti da essi maturati o in corso di maturazione a prestazioni di vecchiaia erogate da regimi complementari di previdenza professionali o interprofessionali, siano disciplinati, in caso di trasferimento di un’impresa dopo l’apertura della procedura di insolvenza sul patrimonio del cedente, in base al livello di tutela richiesto dall’articolo 8 della [direttiva 2008/94].

3)      In caso di risposta negativa alla seconda questione:

Se l’articolo 3, paragrafo 4, lettera b), della [direttiva 2001/23] debba essere interpretato nel senso che i provvedimenti necessari per tutelare gli interessi dei lavoratori subordinati, per quanto riguarda i diritti da essi maturati o in corso di maturazione a prestazioni di vecchiaia erogate da regimi complementari di previdenza professionali o interprofessionali, devono considerarsi adottati allorché il diritto nazionale prevede che:

–        l’obbligo di concedere in futuro, al lavoratore interessato dal trasferimento di un’impresa in stato di insolvenza, una prestazione di vecchiaia erogata da regimi complementari di previdenza professionali o interprofessionali passa in linea di principio in capo al cessionario;

–        il cessionario garantisce per futuri diritti previdenziali nella misura in cui questi siano fondati su periodi di lavoro in azienda maturati dopo l’apertura della procedura di insolvenza;

–        l’ente che assicura contro l’insolvenza le prestazioni di previdenza complementare, designato in conformità al diritto nazionale, non deve in questo caso intervenire per la quota dei futuri diritti previdenziali acquisiti prima della dichiarazione dello stato di insolvenza, e

–        il lavoratore può rivendicare, nell’ambito della procedura di insolvenza, nei confronti del cedente, il valore della quota dei suoi futuri diritti previdenziali acquisita prima della dichiarazione dello stato di insolvenza.

4)      Se, qualora il diritto nazionale disponga, in caso di trasferimento di impresa, l’applicazione degli articoli 3 e 4 della [direttiva 2001/23] anche nel corso di una procedura di insolvenza, l’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della [direttiva 2001/23] si applichi a diritti previdenziali in corso di maturazione dei lavoratori subordinati derivanti da regimi complementari di previdenza professionali o interprofessionali, sorti in effetti già prima dell’apertura della procedura di insolvenza, che però danno luogo a diritti a prestazioni solo al verificarsi dell’evento assicurato, ossia in un momento successivo.

5)      In caso di risposta affermativa alla seconda o alla quarta questione:

Se il livello minimo di tutela che gli Stati membri devono assicurare ai sensi dell’articolo 8 della [direttiva 2008/94] comprenda anche l’obbligo di copertura dei diritti previdenziali in corso di maturazione che, ai sensi del diritto nazionale, non erano ancora legalmente acquisiti al momento dell’apertura della procedura di insolvenza e che anzi maturano per legge solo in quanto il rapporto di lavoro non cessi in connessione con l’insolvenza.

6)      In caso di risposta affermativa alla quinta questione:

In quali circostanze le perdite subite dall’ex dipendente con riferimento alle prestazioni di previdenza complementare aziendale a causa dello stato di insolvenza del datore di lavoro possano essere considerate manifestamente sproporzionate, ed obblighino pertanto gli Stati membri a garantire una tutela minima ai sensi dell’articolo 8 della [direttiva 2008/94], sebbene il dipendente percepirà almeno la metà delle prestazioni derivanti dai diritti pensionistici da lui maturati.

7)      In caso di risposta affermativa alla quinta questione:

Se la tutela necessaria ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 4, lettera b), della [direttiva 2001/23] o dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della [direttiva 2008/94] – equivalente a quella di cui all’articolo 8 della [direttiva 2008/94] – per quanto riguarda i diritti previdenziali in corso di maturazione dei lavoratori subordinati sia concessa anche se derivi non dal diritto nazionale, bensì da un’applicazione diretta dell’articolo 8 della [direttiva 2008/94].

8)      In caso di risposta affermativa alla settima questione:

Se l’articolo 8 della [direttiva 2008/94] sia dotato di efficacia diretta, cosicché possa essere invocato da un singolo lavoratore dinanzi al giudice nazionale anche quando questi in effetti percepisca almeno la metà delle prestazioni derivanti dai suoi diritti pensionistici acquisiti, ma le perdite da esso subite per l’insolvenza del datore di lavoro vadano ciononostante considerate sproporzionate.

9)      In caso di risposta affermativa all’ottava questione:

Se un ente di diritto privato, il quale sia designato dallo Stato membro – con effetti vincolanti per il datore di lavoro – quale ente che assicura contro l’insolvenza le prestazioni di previdenza complementare aziendale, sia soggetto al controllo dei servizi finanziari dello Stato e riscuota dai datori di lavoro i contributi necessari per l’assicurazione contro l’insolvenza in forza di disposizioni di diritto pubblico e, al pari di un’autorità amministrativa, possa realizzare i presupposti dell’esecuzione forzata mediante un atto amministrativo, sia una pubblica autorità dello Stato membro».

 Causa C675/18, FL contro TMD Friction EsCo GmbH

19.      Stando alla decisione di rinvio, il caso di FL si differenzia da quello di EM solo per il fatto che il suo diritto alla pensione era già maturato all’apertura della procedura di insolvenza.

20.      FL è nato nel 1950 e ha iniziato a lavorare presso la Textar GmbH nel 1968. Un accordo generale aziendale garantiva ai lavoratori, tra l’altro, una pensione professionale di vecchiaia. In base a tale regime pensionistico l’entità della pensione di vecchiaia per ogni anno di servizio è pari allo 0,5 per cento della retribuzione lorda mensile percepita dal lavoratore a una determinata data di riferimento antecedente alla cessazione del rapporto di lavoro.

21.      In seguito, il rapporto di lavoro di FL veniva trasferito alla TMD Friction GmbH. In data 1° marzo 2009 veniva avviata la procedura di insolvenza sul patrimonio di quest’ultima. Il 22 aprile 2009 l’attività della TMD Friction GmbH – proseguita anche dopo la dichiarazione dello stato di insolvenza – passava alla TMD Friction EsCo GmbH in seguito a una cessione disposta dal curatore fallimentare nominato giudizialmente.

22.      FL percepisce dalla TMD Friction EsCo GmbH, dal 1° agosto 2015, una pensione professionale di vecchiaia sulla base del regime pensionistico di importo pari a EUR 145,03 mensili.

23.      Inoltre percepisce dal PSV, sempre dal 1° agosto 2015, una pensione di vecchiaia pari a EUR 816,99 mensili. In conformità con il diritto tedesco, il PSV si è basato sulla retribuzione lorda mensile del ricorrente alla data di apertura della procedura di insolvenza (1° marzo 2009).

24.      Dinanzi al giudice del rinvio, FL ha fatto valere che la TMD Friction EsCo GmbH dovrebbe riconoscergli una pensione professionale di importo più elevato, basata piuttosto sul regime pensionistico vigente nei suoi confronti secondo la retribuzione finale – una pensione professionale di vecchiaia pari a EUR 1 111,50 mensili maturata dopo 45 anni di servizio computabili svolti presso la TMD Friction EsCo GmbH, ovvero le sue danti causa, con una retribuzione lorda mensile cui fare riferimento, prima della cessazione del rapporto di lavoro, pari a EUR 4 940,00. Dal suddetto importo la TMD friction Esco GmbH potrebbe detrarre solo la prestazione corrisposta dal PSV pari a EUR 816,99 ed egli dovrebbe percepire mensilmente una pensione maggiorata di EUR 149,48 (9).

25.      La TMD Friction EsCo GmbH ha fatto valere che, in caso di trasferimento di un’impresa dopo l’apertura della procedura di insolvenza nei confronti del cedente, il cessionario è tenuto a garantire solo per la quota di pensione professionale di vecchiaia derivante dai periodi lavorativi svolti in azienda dopo l’apertura di detta procedura.

26.      Il giudice del rinvio, pertanto, sottopone le medesime questioni che figurano al precedente paragrafo 18, ma sostituisce le questioni 3, 5 e 6 di cui al precedente paragrafo 18 con quanto segue.

«3)      In caso di risposta negativa alla seconda questione:

Se l’articolo 3, paragrafo 4, lettera b), della [direttiva 2001/23] debba essere interpretato nel senso che i provvedimenti necessari per tutelare gli interessi dei lavoratori subordinati, per quanto riguarda i diritti da essi maturati o in corso di maturazione a prestazioni di vecchiaia erogate da regimi complementari di previdenza professionali o interprofessionali, devono considerarsi adottati allorché il diritto nazionale prevede che:

–        l’obbligo di concedere in futuro, al lavoratore interessato dal trasferimento di un’impresa in stato di insolvenza, una prestazione di vecchiaia erogata da regimi complementari di previdenza professionali o interprofessionali passa in linea di principio in capo al cessionario;

–        il cessionario garantisce per diritti previdenziali in corso di maturazione, la cui entità dipende tra l’altro dalla durata del periodo di lavoro presso l’azienda e dalla retribuzione al momento del verificarsi dell’evento, nella misura in cui questi siano fondati su periodi di lavoro in azienda maturati dopo l’apertura della procedura di insolvenza;

–        l’ente che assicura contro l’insolvenza le prestazioni di previdenza complementare, designato in conformità al diritto nazionale, in questo caso deve intervenire per la quota dei diritti previdenziali in corso di maturazione acquisiti prima della dichiarazione dello stato di insolvenza, nella misura in cui la loro entità si calcola in base alla retribuzione percepita dal lavoratore subordinato al momento dell’apertura della procedura di insolvenza, e

–        né il cessionario né l’ente che assicura contro l’insolvenza rispondono degli aumenti dei diritti in corso di maturazione, determinati da aumenti della retribuzione intervenuti in effetti dopo l’apertura della procedura di insolvenza ma relativi a periodi lavorativi svolti presso l’azienda prima di tale momento;

–        il lavoratore può rivendicare, nell’ambito della procedura di insolvenza, nei confronti del cedente, tale differenza di valore dei suoi diritti in corso di maturazione.

5)      In caso di risposta affermativa alla seconda o alla quarta questione:

Se il livello minimo di tutela che gli Stati membri devono assicurare ai sensi dell’articolo 8 della [direttiva 2008/94], comprenda anche la quota di diritti previdenziali in corso di maturazione, acquisiti al momento dell’apertura della procedura di insolvenza, che sorge solo in quanto il rapporto di lavoro non cessi in connessione con l’insolvenza.

6)      In caso di risposta affermativa alla quinta questione:

In quali circostanze le perdite subite dall’ex dipendente con riferimento alle prestazioni di previdenza complementare aziendale a causa dello stato di insolvenza del datore di lavoro possano essere considerate manifestamente sproporzionate, ed obblighino pertanto gli Stati membri a garantire una tutela minima ai sensi dell’articolo 8 della [direttiva 2008/94], sebbene l’ex dipendente percepisca almeno la metà delle prestazioni derivanti dai diritti pensionistici da lui maturati».

27.      Hanno presentato osservazioni scritte alla Corte EM, FL, la Repubblica Federale di Germania e la Commissione europea. Oltre alle suddette parti, erano presenti all’udienza del 12 dicembre 2019 anche la TMD Friction GmbH e la TMD Friction EsCo GmbH (in prosieguo, congiuntamente: le «parti convenute»).

III. Analisi

A.      Approccio

28.      In questa sede affronterò tre questioni, illustrando il mio approccio alla soluzione della questione giuridica che si presenta nei procedimenti principali.

1.      Natura orizzontale dei procedimenti principali

29.      In primo luogo, l’ottava e la nona questione pregiudiziale sono irricevibili. I procedimenti principali vertono sull’interpretazione delle suddette direttive dell’Unione in una controversia tra privati, cosicché l’efficacia diretta, o meno, di tali direttive non può essere determinante (10). Nonostante ciò, l’ottava e la nona questione riguardano obblighi diretti discendenti dalla direttiva 2008/94, mentre la nona questione si riferisce, in virtù della descrizione, al PSV (11).

30.      Il PSV, tuttavia, non è parte in causa e l’ottava e la nona questione, le cui risposte avrebbero entrambe conseguenze per i suoi interessi, vanno al di là di una semplice ripercussione negativa preoccupante nei confronti di terzi (12), come consentito dalla giurisprudenza della Corte (13). Pertanto, se la Corte dovesse rispondere all’ottava e alla nona questione sull’efficacia diretta, questioni che erano già state sollevate nel merito e a cui è stata data risposta il 19 dicembre 2019 nella citata sentenza nella causa Pensions-Sicherungs-Verein (14), ne risulterebbe inevitabilmente una violazione della parità delle armi e dei diritti della difesa di cui all’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (15). Dal momento che il PSV non è tra le parti convenute, le questioni, inoltre, sono ipotetiche.

31.      Pertanto, la garanzia minima prevista dall’articolo 8 della direttiva 2008/94 (16) può rilevare per i procedimenti principali solo nella misura in cui tale disposizione è collegata alle conseguenze giuridiche che derivano per le parti convenute alla luce, ad esempio, dell’interpretazione dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/23 (17).

32.      Atteso che i procedimenti principali riguardano un’azione orizzontale tra due privati, il giudice del rinvio è tenuto a prendere in considerazione l’insieme delle norme di diritto interno e ad applicare i criteri ermeneutici riconosciuti dallo stesso al fine di interpretarlo, per quanto più possibile, alla luce della lettera e dello scopo delle direttive di cui trattasi, onde conseguire il risultato fissato da queste ultime e conformarsi, così, all’articolo 288, terzo comma, TFUE (18).

2.      Nessuna interpretazione del diritto degli Stati membri

33.      In secondo luogo, ancorché le informazioni sulla normativa tedesca in materia di insolvenza e di pensioni fornite alla Corte siano state utili per ricostruire il contesto, ricordo che, secondo costante giurisprudenza, la Corte non è competente a interpretare disposizioni nazionali né a pronunciarsi sulla correttezza dell’interpretazione fornita dalle autorità dello Stato membro interessato (19). Pertanto, nelle presenti conclusioni mi limiterò a interpretare le disposizioni pertinenti delle direttive 2001/23 e 2008/94 e non mi avventurerò in riflessioni sul significato di nozioni del diritto tedesco.

3.      Problematiche fondamentali del giudice del rinvio e riformulazione delle questioni

34.      In terzo luogo, nell’interesse di fornire al giudice del rinvio una risposta utile, identificherò quelli che percepisco essere gli obiettivi fondamentali alla base delle questioni poste, che riformulerò.

35.      Questi sembrano essere triplici: 1) determinare se i procedimenti principali siano disciplinati dagli articoli 3 o 5 della direttiva 2001/23, oppure da entrambi; 2) una volta individuata, se, nelle circostanze in esame, la disposizione pertinente, correttamente interpretata, trasferisca alle cessionarie convenute la responsabilità delle prestazioni richieste da EM e FL; e 3) il ruolo dell’articolo 8 della direttiva 2008/94 in questa dinamica.

36.      Conformemente ad una giurisprudenza costante, nell’ambito di un rinvio pregiudiziale la Corte ha la facoltà di fornire ai giudici nazionali tutte le indicazioni da essa ritenute necessarie per statuire sulla causa principale, ma tali giudici sono i soli ad essere competenti a verificare che ricorrano le condizioni di fatto che comportano l’applicazione di una norma dell’Unione nella causa dinanzi ad essi pendente e a trarne le conseguenze per la decisione che essi sono chiamati ad adottare (20).

37.      Inoltre, la Corte ha ribadito, nell’ambito dell’interpretazione degli articoli da 3 a 5 della direttiva 2001/23, che, al fine di fornire al giudice nazionale una risposta utile, spetta alla Corte, se necessario, riformulare le questioni che le sono sottoposte (21).

38.      Propongo quindi di tralasciare le prime quattro questioni, atteso che vertono sul primato dell’articolo 3 della direttiva 2001/23 rispetto all’articolo 5 della stessa, aspetto che non è confermato né dalla giurisprudenza della Corte, né dalla stessa direttiva 2001/23. Alla luce del primo dei tre obiettivi di cui sopra (paragrafo 35), la prima questione potrebbe essere formulata nei seguenti termini.

«1)      Se, laddove la legislazione di uno Stato membro limiti le prestazioni previdenziali professionali complementari dei lavoratori di cui risponde il cessionario di un’impresa a causa dell’insolvenza del cedente, i diritti dei lavoratori interessati nei confronti del cessionario siano disciplinati principalmente dall’articolo 5 della direttiva 2001/23 oppure dall’articolo 3 della medesima direttiva, o da entrambe tali disposizioni».

39.      L’individuazione delle disposizioni pertinenti, e l’eventuale gerarchia tra di esse, è un esercizio qualitativamente diverso dal determinare se il problema che sorge nel singolo caso rientri nel loro ambito di applicazione ratione materiae.

40.      Come spiegato dettagliatamente di seguito (nei paragrafi da 44 a 59), sono giunto alla conclusione che, se la procedura di insolvenza in questione non rientra nell’ambito di applicazione materiale dell’articolo 5 della direttiva 2001/23, le altre disposizioni contenute in tale direttiva, come l’articolo 3, paragrafo 4, non possono essere interpretate nel senso che la procedura di insolvenza rientra in esse, atteso che l’articolo 5 della direttiva 2001/23 costituisce una lex specialis.

41.      Propongo pertanto che la Corte risponda a un’ulteriore questione posta nei seguenti termini.

«2)      Se la procedura di insolvenza di cui trattasi nei procedimenti principali rientri nell’ambito di applicazione materiale dell’articolo 5, paragrafo 1, o nell’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 2001/23».

42.      Come spiegato in seguito (v. paragrafi da 61 a 79), sono giunto alla conclusione che i procedimenti principali rientrano nell’ambito di applicazione materiale dell’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 2001/23. Tuttavia, per soddisfare il secondo degli obiettivi individuati al precedente paragrafo 35, è necessario porsi una terza questione, che verta sulla domanda se, sulla base dei fatti di cui ai procedimenti principali, una delle lettere di cui all’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 2001/23 obblighi le parti convenute a garantire le prestazioni pensionistiche richieste da EM e FL. A tal fine, si potrebbe porre una terza questione:

«3)      Se, nelle circostanze di cui ai procedimenti principali, l’articolo 5, paragrafo 2, lettera a) o b), della direttiva 2001/23 consenta una restrizione, in forza della legislazione di uno Stato membro, tale per cui il cessionario non risponde delle prestazioni pensionistiche complementari basate su periodi di occupazione antecedenti alla dichiarazione dello stato di insolvenza».

43.      Infine, come risulta dalle questioni quinta, sesta e settima, il giudice del rinvio vorrebbe ricevere chiarimenti in merito agli effetti dell’articolo 8 della direttiva 2008/94 sull’interpretazione della direttiva 2001/23. Propongo quindi la seguente ultima questione:

«4)      Nelle circostanze di cui ai procedimenti principali, quale ruolo debba svolgere l’articolo 8 della direttiva 80/987, in particolare per quanto riguarda il principio di proporzionalità, qualora un lavoratore trasferito tenti di attribuire al cessionario obblighi in materia di prestazioni pensionistiche nel caso in cui il cedente sia oggetto di una procedura di insolvenza».

B.      Risposte alle questioni così come riformulate

1.      Prima questione

44.      Alla prima questione, così come riformulata, si dovrebbe rispondere nel senso che, laddove la legislazione di uno Stato membro limiti le prestazioni previdenziali professionali complementari dei lavoratori di cui risponde il cessionario di un’impresa a causa dell’insolvenza del cedente, in forza del diritto dell’Unione europea i diritti di detti lavoratori nei confronti dei cessionari sono disciplinati, in primo luogo, dall’articolo 5 della direttiva 2001/23.

45.      Dal fascicolo emerge che l’insolvenza è il presupposto dell’indebolimento dei diritti pensionistici dei lavoratori trasferiti, introdotto dalla giurisprudenza del giudice del rinvio risalente al 17 gennaio 1980, la quale costituisce il nucleo delle sue perplessità. Come indicato nelle osservazioni scritte della Commissione, l’apertura della procedura di insolvenza ha determinato la perdita del diritto dei lavoratori ricorrenti.

46.      Vale la pena sottolineare che la protezione offerta dalla direttiva 2001/23 comprende tutti i diritti dei lavoratori, laddove essi non ricadano in una delle eccezioni espressamente previste dalla stessa direttiva (22). Ai fini del calcolo dei diritti di natura pecuniaria l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/23 impone al cessionario, in linea di principio, di tener conto dell’intero periodo di occupazione (23). Sono ammesse unicamente le eccezioni che rientrano tra quelle previste dalla direttiva 2001/23, e le eccezioni devono essere oggetto di una interpretazione restrittiva, in quanto si discostano dall’obiettivo principale della direttiva 2001/23: la tutela dei lavoratori in relazione a taluni trasferimenti di imprese (24).

47.      Le prime quattro questioni sembrano essere basate su un’erronea interpretazione dell’impianto sistematico della direttiva 2001/23, in quanto muovono dall’assunto che la giurisprudenza del giudice del rinvio, che risale al 17 gennaio 1980 ed esclude i periodi di occupazione precedenti all’insolvenza dagli obblighi pensionistici professionali incombenti ai cessionari nei confronti dei lavoratori trasferiti, rientri nell’ambito del potere discrezionale degli Stati membri insito nell’espressione «[a] meno che gli Stati membri dispongano diversamente» di cui all’articolo 3, paragrafo 4, lettera a), della direttiva 2001/23, o che essi possano essere soggetti all’osservanza dell’articolo 3, paragrafo 4, lettera b), della stessa direttiva.

48.      Piuttosto, come sostenuto nelle osservazioni scritte presentate dalla Germania, e condivise da EM e FL, l’articolo 5 della direttiva 2001/23 costituisce una lex specialis (25), che disciplina, e in modo esclusivo, in quale misura gli Stati membri possano negare ai lavoratori trasferiti da cedenti insolventi le tutele di cui agli articoli 3 e 4.

49.      In primo luogo, ciò deriva inevitabilmente dalla formulazione dell’articolo 5. La sua relazione con gli articoli 3 e 4 si limita a prevedere un potere discrezionale degli Stati membri di estendere la protezione offerta dagli articoli 3 e 4 «a [qualsiasi] trasferimento di imprese (...) nel caso in cui il cedente sia oggetto di una procedura fallimentare o di una procedura di insolvenza analoga aperta in vista della liquidazione dei beni del cedente stesso e che si svolgono sotto il controllo di un’autorità pubblica competente» (articolo 5, paragrafo 1). Un riferimento generico agli articoli 3 e 4 della direttiva 2001/23 è presente anche nell’articolo 5, paragrafo 2, con l’ulteriore possibilità di limitare la protezione offerta dagli articoli 3 e 4 per quanto riguarda «un trasferimento nel corso di una procedura di insolvenza aperta nei confronti del cedente (indipendentemente dal fatto che la procedura sia stata aperta in vista della liquidazione dei beni del cedente stesso) e a condizione che tali procedure siano sotto il controllo di un’autorità pubblica competente» [articolo 5, paragrafo 2, lettera a)].

50.      Inoltre, come ha rilevato il rappresentante di EM all’udienza, l’articolo 5 deve essere interpretato in modo da scoraggiare il ricorso abusivo alle procedure di insolvenza, dato che gli Stati membri sono tenuti ad adottare misure per prevenire tali abusi ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 4, della direttiva 2001/23. Interpretare la direttiva nel senso che essa conferisce agli Stati membri il potere discrezionale di indebolire i diritti dei lavoratori nell’ambito di (forme di) procedure di insolvenza esulanti dall’ambito di applicazione dell’articolo 5 della direttiva, facendo a tal fine riferimento ad un’altra disposizione della direttiva 2001/23, come l’articolo 3, paragrafo 4, sarebbe in contrasto con tale obiettivo (26). Inoltre striderebbe con l’impianto sistematico della direttiva 2001/23.

51.       Di conseguenza, con riferimento alla direttiva 2001/23, non vi è nulla nel suo impianto sistematico, definibile anche come contesto interno (27), o nella sua formulazione che suggerisca che l’articolo 5 della stessa sia subordinato all’articolo 3 in generale o alle norme contenute nell’articolo 3, paragrafo 4, sulle pensioni di vecchiaia nell’ambito dei regimi di previdenza complementari professionali o interprofessionali. Solo l’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), è subordinato a un’altra disposizione del diritto dell’Unione, vale a dire la direttiva 80/987, che ha preceduto la direttiva 2008/94 (28). Infatti, come sottolineato nelle osservazioni scritte di EM, il rinvio alla direttiva 2008/94 (nella forma della direttiva 80/987, che l’ha preceduta) operato all’articolo 5 della direttiva 2001/23 rafforza ulteriormente il suo status di lex specialis.

52.      Il considerando 7 della direttiva 2001/23 rispecchia l’obiettivo di creare una struttura agile che consenta agli Stati membri di esercitare il loro potere discrezionale in un settore specifico. Esso afferma, tra l’altro, che la direttiva 77/187/CEE del Consiglio, del 14 febbraio 1977, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti (29), è stata modificata «alla luce (...) delle tendenze legislative degli Stati membri per quanto riguarda il salvataggio delle imprese con difficoltà economiche».

53.      L’approccio da me suggerito è ulteriormente corroborato dai lavori preparatori della direttiva 2001/23.

54.      L’articolo 5 della direttiva 2001/23 è entrato a farne parte in forza della modifica della direttiva 77/187 ad opera dell’articolo 4 bis della direttiva 98/50/CE del 29 giugno 1998 che modifica la direttiva 77/187 (30).

55.      L’introduzione di norme speciali in materia di insolvenza si riflette nel considerando 7 della direttiva 98/50 (31). Esso afferma che «al fine di garantire la sopravvivenza di imprese insolventi, gli Stati membri dovrebbero essere autorizzati espressamente a non applicare gli articoli 3 e 4 della direttiva 77/187/CEE ai trasferimenti effettuati nell’ambito di una procedura di liquidazione, e che talune deroghe alle disposizioni generali della suddetta direttiva dovrebbero essere autorizzate in caso di trasferimenti effettuati nell’ambito di procedure di insolvenza» (il corsivo è mio).

56.      Inoltre, secondo il considerando 3 della direttiva 98/50, l’obiettivo di quest’ultima era quello di rivedere la direttiva 77/187 «alla luce», tra l’altro, «della giurisprudenza della Corte di giustizia» (32). Come è stato recentemente spiegato in modo mirabilmente dettagliato dall’avvocato generale Szpunar (33), questa giurisprudenza ha elaborato un’eccezione alle garanzie previste dalla direttiva 77/187, inizialmente giustificata dalla specificità del diritto fallimentare (34).

57.      La proposta della Commissione su cui si basava la direttiva 98/50 (35) prevedeva del pari che «al fine di assicurare la sopravvivenza di imprese insolventi, gli Stati membri devono essere espressamente autorizzati a non applicare gli articoli 3 e 4 della direttiva ai trasferimenti effettuati nell’ambito di procedure di liquidazione e che devono essere consentite talune deroghe alle disposizioni generali della direttiva in caso di trasferimenti effettuati nel contesto di procedure di insolvenza preliquidative», mentre nel parere del Comitato economico e sociale si affermava che «[l]e nuove disposizioni in caso di insolvenza della proposta di direttiva costituiscono certamente un apprezzabile tentativo di introdurre elementi di flessibilità in materia» (36).

58.      In breve, non vi è nulla nei lavori preparatori della direttiva 2001/23 che suggerisca che la flessibilità da accordare agli Stati membri in materia di trasferimento delle imprese insolventi dovesse essere subordinata alle norme generali preesistenti riguardo alle prestazioni elencate all’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva 2001/23. Tra queste figurano le prestazioni di vecchiaia nell’ambito di regimi previdenziali integrativi professionali o interprofessionali, la categoria che viene in esame nei procedimenti principali. Aggiungo che è semplicemente contrario alla logica giuridica che una stessa situazione possa essere disciplinata da due diverse disposizioni quali gli articoli 3 e 5 della direttiva 2001/23.

59.      È per tali ragioni che alla prima questione, così come riformulata, propongo la risposta che figura al paragrafo 44 supra.

2.      Seconda questione

60.      Alla seconda questione si dovrebbe rispondere nel senso che la procedura di insolvenza descritta nella decisione di rinvio esula dall’ambito di applicazione materiale dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/23, mentre rientra nell’ambito di applicazione materiale dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della medesima direttiva.

a)      Risposta alla questione con riferimento allarticolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/23

61.      La giurisprudenza consolidata della Corte impone una risposta negativa a tale questione per quanto riguarda l’articolo 5, paragrafo 1, in particolare alla luce del fatto che la giurisprudenza precedente all’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/23 è indispensabile per la determinazione del senso della disposizione medesima (37). In forza di tale giurisprudenza, i criteri dirimenti per stabilire se una procedura di insolvenza costituisse un «procedimento fallimentare o d’insolvenza analogo avviato in vista della liquidazione dei beni del cedente e sottoposto al controllo di un’autorità pubblica» sono stati le «modalità» di tale procedura nonché i suoi «obiettivi» (38).

62.      La Corte ha statuito che, perché il trasferimento di un’impresa rientri nell’eccezione fissata dall’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/23, devono essere soddisfatti tre requisiti cumulativi. Vale a dire che il cedente sia oggetto di una procedura fallimentare o di una procedura di insolvenza analoga, che questa procedura sia stata aperta al fine di liquidare i beni del cedente e che si svolga sotto il controllo di un’autorità pubblica competente (39). In base al fascicolo, solo la seconda di queste condizioni non è soddisfatta nei procedimenti principali. Essa riguarda l’obiettivo della liquidazione.

63.      Il rappresentante delle parti convenute ha sottolineato all’udienza che il trasferimento in questione nei procedimenti principali ha salvato posti di lavoro, permettendo all’impresa di proseguire e prosperare. Nelle osservazioni scritte della Germania si afferma che l’obiettivo della normativa tedesca, nella sua forma attuale, è quello di salvaguardare l’occupazione dei lavoratori ed è stato inoltre sostenuto all’udienza che la limitazione delle responsabilità dei cessionari delle imprese insolventi in materia previdenziale rende più attrattiva l’acquisizione dell’impresa che viene ceduta. Il costo dell’impresa sarebbe altrimenti più elevato. Tali argomenti sono presenti anche nella decisione di rinvio.

64.      Tuttavia, come sottolineato nelle osservazioni scritte di EM, è proprio questo tipo di obiettivo che è stato escluso dalla giurisprudenza relativa all’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/23. Il requisito secondo il quale la procedura deve essere aperta ai fini della liquidazione non è soddisfatto nel caso di una procedura che miri al proseguimento dell’attività dell’impresa interessata (40). Ciò vale indipendentemente dalla denominazione attribuita alla procedura in questione secondo la legislazione dello Stato membro. In effetti, nella causa Commissione/Italia (41), gli argomenti addotti dal governo italiano per giustificare la mancata attuazione della direttiva 2001/23 relativamente alle imprese in «stato di crisi» in base al fatto che, altrimenti, «il potenziale cessionario potrebbe essere dissuaso dall’acquistare l’impresa dalla prospettiva di dover mantenere in servizio il personale eccedente dell’impresa trasferita» (42), non sono stati accettati dalla Corte.

65.      Non vedo come la procedura in questione nei procedimenti principali possa non essere considerata una procedura che miri a salvaguardare l’operatività dell’impresa o delle sue unità economicamente sostenibili (43), piuttosto che una procedura intesa alla liquidazione dei beni mirata a massimizzare la soddisfazione collettiva dei creditori (44). Questo è quanto richiesto dalla giurisprudenza della Corte affinché una procedura di insolvenza possa rientrare nell’eccezione di cui all’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/23.

66.      Degno di nota è il fatto che la procedura si è svolta nell’arco di soli quattro mesi. In questo lasso di tempo, l’impresa è stata trasferita da una controllata del gruppo TMD ad un’altra, salvando l’impresa in continuità aziendale. È pacifico che l’impresa ha continuato a esercitare la sua attività allo stesso indirizzo; tanto il cedente quanto il cessionario erano vincolati dallo stesso contratto collettivo. Non è stato emesso alcun provvedimento di liquidazione dei beni da parte di alcuna autorità.

67.      In ogni caso, anche se la procedura fallimentare è molto usata ai fini di una riorganizzazione, essa non è finalizzata alla liquidazione dell’impresa (45). La giurisprudenza ha stabilito da tempo che i procedimenti che mirano a favorire la prosecuzione delle attività nella prospettiva di una futura ripresa esulano dall’ambito di applicazione materiale dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/23 (46). Tale circostanza ricorre nei procedimenti principali.

68.      Se l’analisi richiesta si concludesse qui, non esiterei a suggerire alla Corte di dichiarare che le parti convenute devono garantire le prestazioni pensionistiche tanto a EM che a FL come se la procedura di insolvenza non avesse mai avuto luogo. Occorre tuttavia esaminare anche il potere discrezionale conferito agli Stati membri dall’articolo 5, paragrafo 2, lettera a) e la compatibilità con lo stesso della giurisprudenza del giudice del rinvio risalente al 17 gennaio 1980.

b)      Risposta alla questione con riferimento allarticolo 5, paragrafo 2, della direttiva 2001/23

69.      In primo luogo, rilevo che l’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), è irrilevante ai fini di questo esercizio, in quanto non sembra esservi alcun accordo, nei procedimenti principali, per introdurre modifiche delle «condizioni di lavoro dei lavoratori intese a salvaguardare le opportunità occupazionali garantendo la sopravvivenza dell’impresa, dello stabilimento o di parti di imprese o di stabilimenti».

70.      Inoltre, l’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/23 è stato finora oggetto di un’analisi molto meno approfondita da parte della Corte rispetto all’articolo 5, paragrafo 1 (47). Nell’interpretarne la portata, mi orienterò seguendo la (limitata) giurisprudenza sviluppata sinora, nonché il dettato, il contesto e le finalità della disposizione (48).

71.      La Corte ha statuito che «il presupposto fondamentale» dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/23 «è l’applicazione degli articoli 3 e 4» (49). Ciò è coerente con la regola consolidata secondo cui le disposizioni della direttiva 2001/23 che prevedono eccezioni ai diritti e agli obblighi che vincolano il cessionario devono essere interpretate restrittivamente (50).

72.      Sia la formulazione che i lavori preparatori dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), mostrano che esso è stato inserito per conferire agli Stati membri la facoltà di limitare i diritti e gli obblighi trasferiti da un cedente, segnatamente quando la procedura non è stata avviata ai fini della liquidazione del patrimonio del cedente.

73.      Per quanto riguarda i lavori preparatori, mi permetto di rinviare alle argomentazioni di cui ai paragrafi 55 e 57 supra. Agli Stati membri dovevano essere concesse solo «talune deroghe» per garantire la sopravvivenza delle imprese insolventi.

74.      La formulazione di apertura dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/23 recita come segue: «[q]uando gli articoli 3 e 4 si applicano ad un trasferimento nel corso di una procedura di insolvenza aperta nei confronti del cedente (indipendentemente dal fatto che la procedura sia stata aperta in vista della liquidazione dei beni del cedente stesso) (...)».

75.      Tale formulazione può essere interpretata solo nel senso che, ai fini dei suddetti procedimenti, i diritti e gli obblighi trasferiti ai cessionari ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/23 si applicano a tutte le procedure di insolvenza che non siano state aperte in vista della liquidazione dei beni oggetto del trasferimento, come avviene nei procedimenti principali, dato che non esiste un’espressa facoltà per lo Stato membro di prevedere altrimenti, in contrasto con la formulazione dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/23, il cui inizio così recita: «[a] meno che gli Stati membri dispongano diversamente». La frase introduttiva dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/23, «quando gli articoli 3 e 4 si applicano ad un trasferimento nel corso di una procedura di insolvenza» non si riferisce al potere discrezionale degli Stati membri, ma ai presupposti di fatto e di diritto per l’applicazione degli articoli 3 e 4 della direttiva 2001/23, quali il verificarsi di un «trasferimento». Il potere discrezionale degli Stati membri interviene alle lettere a) e b) dell’articolo 5, paragrafo 2.

76.      Tale interpretazione è peraltro conforme alla giurisprudenza della Corte (51). Le misure di deroga che gli Stati membri possono attuare per quanto riguarda le procedure di insolvenza che non sono state avviate in vista della liquidazione del cedente sono previste dalla lettera a).

77.      Inoltre, nelle osservazioni scritte della Germania si afferma che la legislazione tedesca prevede un’eccezione limitata per quanto riguarda i diritti in corso di acquisizione prima della dichiarazione di insolvenza, al fine di garantire il rilancio dell’impresa, come consentito dall’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/23. Si tratta proprio delle eccezioni limitate comprese nell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/23.

78.      Pertanto, la sentenza del 18 gennaio 1980 del giudice del rinvio e la sua giurisprudenza successiva possono essere considerate come l’esercizio della facoltà di deroga, applicata nella fattispecie alle procedure di insolvenza comprese nell’ambito di applicazione materiale dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/23. Il fatto che non vi fosse alcuna deroga prima dell’inserimento dell’articolo 5 nella direttiva 2001/23 è irrilevante. Agli Stati membri non incombe alcun obbligo di adottare misure specifiche per l’attuazione delle direttive, a condizione che tali misure siano giuridicamente vincolanti (52). Poco rileva che la giurisprudenza del giudice del rinvio risalga al 18 gennaio 1980, prima dell’entrata in vigore della direttiva 2001/23, atteso che le norme già in vigore nel diritto degli Stati membri possono trasporre una direttiva (53). Come tuttavia illustrerò qui di seguito nella mia risposta alla terza questione, l’applicazione attraverso la giurisprudenza può ingenerare difficoltà per quanto riguarda i requisiti della certezza del diritto dell’Unione.

79.      In ogni caso, è per tali ragioni che alla seconda questione, così come riformulata, propongo la risposta che figura al paragrafo 60 supra.

3.      Terza questione

80.      Alla terza questione, così come riformulata, si dovrebbe rispondere nel senso che l’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/23 consente una restrizione, in forza della legislazione degli Stati membri, tale per cui il cessionario non risponde delle prestazioni pensionistiche complementari in base ai periodi di occupazione antecedenti alla dichiarazione dello stato di insolvenza se dette prestazioni producono effetti giuridici (54), cosicché i lavoratori in questione hanno titolo per prendere provvedimenti e avvalersene dinanzi ai giudici nazionali per vedersi garantito il pagamento dei rispettivi contributi pensionistici da parte del cedente (55). Spetta in ogni caso al giudice del rinvio verificare se l’esercizio da parte dello Stato membro del potere discrezionale di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/23 attraverso la giurisprudenza si sia svolto con la precisione e la chiarezza necessarie a garantire la certezza del diritto.

81.      Le argomentazioni della TMD Friction GmbH vengono chiaramente meno, nei confronti di EM, perché, come addotto nelle osservazioni scritte di quest’ultimo, secondo la formulazione dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/23, le prestazioni pensionistiche non erano «pagabili» («dues» in francese) alla data del trasferimento, come richiesto da detta disposizione, giacché non si era verificata la circostanza che dà luogo alle prestazioni pensionistiche, ossia, nel caso di EM, il raggiungimento dell’età pensionabile.

82.      Per contro, la posizione nei confronti di FL è più complessa, posto che si tratta di un ex lavoratore. Sebbene FL abbia raggiunto l’età pensionabile dopo la dichiarazione di insolvenza (è andato in pensione il 31 luglio 2015), nel fascicolo si afferma anche che alla data di apertura della procedura di insolvenza le prestazioni previdenziali di FL erano «maturate». Pertanto spetta al giudice del rinvio stabilire se FL avesse il diritto di vedersi garantite da parte del cedente insolvente le prestazioni di previdenza complementari in questione, calcolate alla data di apertura della procedura di insolvenza, secondo quanto illustrato al precedente paragrafo 80. In caso affermativo, l’esonero del cessionario dalla responsabilità per l’erogazione delle prestazioni sarebbe coerente con la direttiva 2001/23.

83.      Il termine «pagabile» è interpretabile solo nel senso che esso designa il momento in cui il lavoratore ha diritto di ricevere le prestazioni di vecchiaia, per esempio a seguito del verificarsi della circostanza che fa sorgere il diritto. L’accoglimento delle argomentazioni formulate nelle osservazioni scritte della Germania, secondo cui l’obbligazione diventa «pagabile» per un diritto in corso di acquisizione quando sorge un onere economico per il cedente, (ossia la pre-insolvenza), darebbe luogo ad una situazione impraticabile sotto il profilo della distribuzione del patrimonio nell’insolvenza.

84.      Oltre ad essere incompatibile con la formulazione dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/23, ciò è anche incompatibile con la certezza del diritto e con il buon funzionamento della norma sulla pari soddisfazione dei debiti vantati dai creditori. Come indicato nelle osservazioni scritte di EM, atteso che EM deve ancora andare in pensione, la sua perdita può essere solo stimata per l’importo non trascurabile di EUR 430 mensili su una pensione professionale stimata in EUR 1 300 mensili. Ciò contrasta con l’aritmetica molto precisa alla base delle perdite di FL, calcolate in EUR 149,98.

85.      Inoltre, il termine «pagabile» di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/23, limitando i diritti dei lavoratori in forza della medesima direttiva, deve essere interpretato restrittivamente (56). Esso deve anche essere interpretato con la dovuta considerazione per la direttiva 2019/1023 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l’esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, e che modifica la direttiva (UE) 2027/1132 (direttiva sulla ristrutturazione e sull’insolvenza) (57), che gli Stati membri sono tenuti a trasporre entro il 17 luglio 2021 (58). Essa prevede che «un quadro di ristrutturazione preventiva definito a norma della presente direttiva non dovrebbe incidere sui crediti e i diritti nei confronti di un debitore che derivano dai sistemi pensionistici dei lavoratori, se tali crediti e diritti sono maturati in un periodo precedente alla ristrutturazione» (59). Ciò suggerisce un’interpretazione della direttiva 2001/23 che, in materia pensionistica, massimizza gli obblighi dei cessionari di imprese sottoposte a ristrutturazione, piuttosto che minimizzarli.

86.       In ogni caso, la certezza del diritto impone al giudice dello Stato membro di verificare se la giurisprudenza del giudice del rinvio, risalente al 18 gennaio 1980, possa costituire un valido esercizio della limitazione prevista dall’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/23 (60).

87.      La Corte ha recentemente riaffermato, nell’ambito del calcolo delle prestazioni previdenziali, che il principio della certezza del diritto, particolarmente necessario in presenza di una normativa che può avere conseguenze finanziarie, esige che i diritti conferiti ai singoli dal diritto dell’Unione siano attuati in modo sufficientemente preciso, chiaro e prevedibile da consentire agli interessati di conoscere esattamente i loro diritti e obblighi e di prendere i provvedimenti del caso e di avvalersene, eventualmente, dinanzi ai giudici nazionali (61).

88.      La Corte ha parimenti affermato, nell’ambito delle deroghe alle direttive concernenti i diritti dei lavoratori nel rapporto di lavoro, che, «quando il diritto dell’Unione lascia agli Stati membri la facoltà di derogare a talune disposizioni di una direttiva, questi sono tenuti ad esercitare il proprio potere discrezionale nel rispetto dei principi generali del diritto dell’Unione, tra cui va annoverato il principio della certezza del diritto. A tal fine le disposizioni che consentono deroghe facoltative ai principi posti da una direttiva devono essere attuate con la precisione e la chiarezza necessarie per poter soddisfare i requisiti derivanti da detto principio» (62).

89.      I fascicoli in atti suggeriscono, e ciò è stato confermato dall’agente della Commissione all’udienza, che le misure attive adottate dalla Germania per attuare la direttiva 2001/23 sono incentrate sull’articolo 613a del BGB. In udienza si è avuta l’impressione di uno scollamento tra l’articolo 5 della direttiva 2001/23 e i provvedimenti legislativi vigenti in Germania in materia di insolvenza. Ciò costituisce un motivo in più affinché il giudice del rinvio verifichi il rispetto dei principi elaborati ai precedenti paragrafi 87 e 88.

90.      È per tali ragioni che alla terza questione dovrebbe essere risposto nei termini di cui al paragrafo 80 supra.

4.      Quarta questione

91.      Alla quarta questione, così come riformulata, si dovrebbe rispondere nel senso che il rispetto, ai sensi della legislazione nazionale, dei requisiti di cui all’articolo 8 della direttiva 2008/94 è una condizione preliminare per l’applicazione dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/23. Una riduzione dell’importo delle prestazioni pensionistiche professionali erogate a un lavoratore subordinato cessato, in conseguenza dell’insolvenza del suo ex datore di lavoro, è considerata manifestamente sproporzionata qualora l’interessato percepisca meno della metà dell’importo delle prestazioni derivanti dai propri diritti maturati, oppure tale ex lavoratore subordinato già viva o dovrebbe vivere, a seguito di tale riduzione, al di sotto della soglia di rischio di povertà stabilita da Eurostat per lo Stato membro interessato, elementi la cui valutazione spetta al giudice del rinvio.

92.      Lo status dell’articolo 8 della direttiva 2008/94 quale presupposto per l’attenuazione degli obblighi imposti ai cessionari dall’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/23 risulta inconfutabilmente dal tenore letterale dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/23 e dall’espressione «a condizione che».

93.      Come spiegato in precedenza, la potenziale rilevanza dell’articolo 8 della direttiva 2008/94 è limitata a FL, dato che l’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/23 consente l’esclusione dei debiti «pagabili» prima del trasferimento o dell’apertura della procedura di insolvenza solo all’ulteriore condizione che il diritto dello Stato membro fornisca una «protezione almeno equivalente a» quella prevista dalla direttiva 2008/94. A partire dalla pronuncia nella causa Robins e a. (63), la giurisprudenza ha imposto il test di proporzionalità, che comporta l’obbligo minimo di garantire il cinquanta per cento delle prestazioni di vecchiaia derivanti dai diritti pensionistici maturati nell’ambito di un regime complementare di previdenza professionale (64). La Corte ha anche affermato che l’articolo 8 «è volto a garantire una tutela degli interessi a lungo termine dei lavoratori subordinati, dato che simili interessi, per quanto riguarda i diritti maturati o in corso di maturazione, si estendono in linea di principio su tutta la durata della pensione» (65).

94.      Occorre rilevare che il principio di cui alla sentenza Robins sopra descritto si è ulteriormente evoluto, alla luce della pronuncia della Corte nella sentenza del 19 dicembre 2019, Pensions-Sicherungs-Verein. La Corte ha così dichiarato:

«[L]’articolo 8 della direttiva 2008/94 deve essere interpretato nel senso che una riduzione dell’importo delle prestazioni pensionistiche professionali erogate ad un ex lavoratore subordinato, in conseguenza dell’insolvenza del suo ex datore di lavoro, è considerata manifestamente sproporzionata, sebbene l’interessato percepisca almeno la metà dell’importo delle prestazioni derivanti dai propri diritti maturati, qualora tale ex lavoratore subordinato già viva o dovrebbe vivere, a seguito di tale riduzione, al di sotto della soglia di rischio di povertà stabilita da Eurostat per lo Stato membro interessato» (66).

95.      Sebbene si tratti di una questione la cui verifica spetta al giudice dello Stato membro, atteso che FL chiede alla convenuta solo una pensione complementare superiore di EUR 149,48 rispetto a quanto attualmente percepito, detta soglia sembrerebbe superata, in particolare laddove nelle osservazioni scritte di FL si afferma che si tratta di una perdita solo del 12,8%. Inoltre, l’argomento sollevato nelle osservazioni scritte di FL, nel senso che le concessioni fatte da lavoratori come FL per garantire la prosecuzione delle attività dell’impresa sarebbero attinenti al principio della proporzionalità, non trova riscontro nella giurisprudenza.

96.      Sottolineo, tuttavia, che l’obbligo di cui all’articolo 8 della direttiva 2008/94 costituisce una garanzia minima essenziale per la tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza dei datori di lavoro (considerando 3). L’articolo 8 vincola gli Stati membri, a prescindere dal regime da essi posto in essere, per quanto riguarda i cessionari, quanto al tema generale del trasferimento delle prestazioni di vecchiaia, invalidità e superstiti ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 4, lettera a), della direttiva 2001/23, nonché agli obblighi minimi imposti agli Stati membri dall’articolo 3, paragrafo 4, lettera b), per quanto riguarda tali prestazioni in generale.

97.      In sintesi, l’articolo 8 della direttiva 2008/94 è una garanzia d’emergenza che obbliga gli Stati membri a «garantire ai lavoratori (...) il minimo di tutela richiesto da tale disposizione» (67). La caratteristica distintiva di tale obbligo è l’istituzione di una protezione totalmente indipendente, sotto l’aspetto economico, dal cedente insolvente (68). Essa sostiene il lavoratore dipendente a prescindere dalle disposizioni adottate in materia pensionistica dagli Stati membri ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva 2001/23. Ciò è coerente con uno degli obiettivi chiave, risalente agli anni ’70 del secolo scorso, delle cosiddette «direttive ristrutturazioni»: attenuare le conseguenze sociali negative prodotte dalle operazioni di ristrutturazione (69).

98.      Alla quarta questione, così come riformulata, si dovrebbe quindi rispondere come suggerito al paragrafo 91 supra.

IV.    Conclusioni

99.      Propongo quindi di rispondere alle questioni poste, così come riformulate, nel modo seguente:

1)      Laddove la legislazione di uno Stato membro limiti le prestazioni previdenziali professionali complementari dei lavoratori di cui risponde il cessionario di un’impresa a causa dell’insolvenza del cedente, i diritti dei lavoratori interessati nei confronti del cessionario sono disciplinati, in primo luogo, dall’articolo 5 della direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti.

2)      La procedura di insolvenza di cui trattasi nei procedimenti principali rientra nell’ambito di applicazione materiale dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva del Consiglio 2001/23.

3)      L’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/23 consente una restrizione, in forza della legislazione degli Stati membri, tale per cui il cessionario non risponde delle prestazioni pensionistiche complementari in base ai periodi di occupazione antecedenti alla dichiarazione dello stato di insolvenza se dette prestazioni producono effetti giuridici, nel senso che i lavoratori in questione hanno titolo per prendere provvedimenti e avvalersene dinanzi ai giudici nazionali per vedersi garantito il pagamento dei rispettivi contributi pensionistici da parte del cedente. Spetta in ogni caso al giudice del rinvio verificare se l’esercizio da parte dello Stato membro del potere discrezionale di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/23 attraverso la giurisprudenza si sia svolto con la precisione e la chiarezza necessarie a garantire la certezza del diritto.

4)      Il rispetto, ai sensi della legislazione nazionale, dei requisiti di cui all’articolo 8 della direttiva 2008/94/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, relativa alla tutela dei lavoratori subordinati in caso d’insolvenza del datore di lavoro, è una condizione preliminare per l’applicazione dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/23. Una riduzione dell’importo delle prestazioni pensionistiche professionali erogate a un lavoratore subordinato cessato, in conseguenza dell’insolvenza del suo ex datore di lavoro, è considerata manifestamente sproporzionata qualora l’interessato percepisca meno della metà dell’importo delle prestazioni derivanti dai propri diritti maturati, oppure tale ex lavoratore subordinato già viva o dovrebbe vivere, a seguito di tale riduzione, al di sotto della soglia di rischio di povertà stabilita da Eurostat per lo Stato membro interessato, elementi la cui valutazione spetta al giudice del rinvio.


1      Lingua originale: l’inglese.


2      GU 2008, L 283, pag. 36. La sentenza più recente sul significato dell’articolo 8 di tale direttiva è quella del 19 dicembre 2019, Pension-Sicherungs-Verein (C‑168/18, EU:C:2019:1128). V. anche, in particolare, le sentenze del 25 gennaio 2007, Robins e a. (C‑278/05, EU:C:2007:56); del 25 aprile 2013, Hogan e altri (C‑398/11, EU:C:2013:272); del 24 novembre 2016, Webb-Sämann (C‑454/15, EU:C:2016:891); e del 6 settembre 2018, Hampshire (C‑17/17, EU:C:2018:674).


3      GU 2001, L 82, pag. 16.


4      Sentenza del 7 ottobre 2019, Safeway (C‑171/18, EU:C:2019:839, punto 29).


5      Sentenza del 7 ottobre 2019, Safeway (C‑171/18, EU:C:2019:839, punto 25).


6      V., nel contesto della deroga a una direttiva, sentenza del 21 ottobre 2010, Accardo e a. (C‑227/09, EU:C:2010:624, punto 55). Recentemente v., ad esempio, sentenza del 7 ottobre 2019, Safeway (C‑171/18, EU:C:2019:839, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).


7      C‑168/18, EU:C:2019:1128.


8      Secondo le osservazioni scritte di EM, il nome dell’impresa cessionaria era, all’epoca, Friction OpCo, una controllata del gruppo TMD, che successivamente ha cambiato nome in TMD Friction.


9      Dal fascicolo risulta che ciò è dovuto in forza dell’articolo 7, comma 2, della legge sul miglioramento dei regimi pensionistici professionali di cui al paragrafo 11 delle presenti conclusioni.


10      V. sentenze del 10 ottobre 2017, Farrell (C‑413/15, EU:C:2017:745), del 7 agosto 2018, Smith (C‑122/17, EU:C:2018:631) e del 16 maggio 2019, Plessers (C‑509/17, EU:C:2019:424, punto 28).


11      Sentenza del 19 dicembre 2019, Pensions-Sicherungs-Verein (C‑168/18, EU:C:2019:1128).


12      Sentenza del 6 settembre 2018, Hampshire (C‑17/17, EU:C:2018:674, punto 69 e giurisprudenza ivi citata).


13      Ad esempio, l’efficacia diretta obbliga gli organi di uno Stato membro a disapplicare qualsiasi disposizione nazionale contraria a una disposizione del diritto dell’Unione dotata di effetto diretto. V. sentenza del 19 dicembre 2019, Deutsche Umwelthilfe (C‑752/18, EU:C:2019:1114, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).


14      C‑168/18, EU:C:2019:1128. Noto che anche nel suddetto procedimento è stata sottoposta una questione identica alla sesta questione, ma nel caso di specie essa è ricevibile, atteso che non produce effetti diretti. L’elemento dell’ottava questione riguardante la proporzionalità e non l’efficacia diretta è trattato nella quarta questione riformulata (la proporzionalità è affrontata anche nella sesta questione). Per completezza, osservo che l’ottava questione non specifica contro quale parte si invochi l’efficacia diretta.


15      V. ad esempio, sentenza del 26 luglio 2017, Sacko (C‑348/16, EU:C:2017:591). Per le stesse ragioni, mi asterrò dall’esprimere un parere sul fatto che le norme applicate dal PSV abbiano o meno comportato per EM una discriminazione basata sull’età, benché la suddetta discriminazione sia emersa nella discussione durante l’udienza. La Corte ha avuto occasione di considerare la discriminazione basata sull’età nel contesto delle pensioni, ad esempio nella sentenza dell’8 maggio 2019, Österreichischer Gewerkschaftsbund (C‑24/17, EU:C:2019:373).


16      Si noti che l’articolo 16 della direttiva 2008/94 ha abrogato la direttiva 80/987, ragion per cui si può intendere che l’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), faccia rifermento alla direttiva 2008/94.


17      Sentenza del 16 maggio 2019, Plessers (C‑509/17, EU:C:2019:424, punti 28 e 29). V. anche il paragrafo 86 delle conclusioni presentate dall’avvocato generale Kokott nella causa Grenville Hampshire (C‑17/17, EU:C:2018:287) in cui l’avvocato generale afferma, nel contesto dell’articolo 8 della direttiva 2008/94, che «una direttiva non può fondare direttamente obblighi a carico dei singoli». L’avvocato generale si riferisce alle sentenze del 14 luglio 1994, Faccini Dori (C‑91/92, EU:C:1994:292, punto 25); del 5 ottobre 2004, Pfeiffer e a. (da C‑397/01 a C‑403/01, EU:C:2004:584, punto 108); del 15 gennaio 2014, Association de médiation sociale (C‑176/12, EU:C:2014:2, punto 36), nonché del 19 aprile 2016, Dansk Industri (C‑441/14, EU:C:2016:278, punto 30).


18      Sentenza del 16 maggio 2019, Plessers (C‑509/17, EU:C:2019:424, punto 29). Poiché nel fascicolo non si pone alcuna questione che suggerisca l’esistenza di una disposizione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione che rilevi ai fini della risoluzione della controversia, unitamente a una situazione in cui il diritto degli Stati membri non può essere interpretato in conformità con le disposizioni pertinenti di una direttiva dell’Unione, le norme applicabili a questo scenario elaborate dalla Corte in sentenze quali quelle del 17 aprile 2018, Egenberger (C‑414/16, UE):C:2018:257), del 6 novembre 2018, Bauer e Willmeroth (C‑569/16 e C‑570/16, EU:C:2018:871) e del 6 novembre 2018, Max-Planck-Gesellschaft zur Förderung der Wissenschaften (C‑684/16, EU:C:2018:874) non sono pertinenti nei procedimenti principali.


19      Ordinanza del Presidente della Corte del 28 gennaio 2015, Gimnasio Deportivo San Andrés (C‑688/13, EU:C:2015:46, punto 30 e giurisprudenza ivi citata). V., più recentemente, ad esempio, sentenza del 3 ottobre 2019, Fonds du Logement de la Région de Bruxelles Capitale (C‑632/18, EU:C:2019:833, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).


20      V., in particolare, sentenze del 5 giugno 2014, Mahdi, C‑146/14 PPU, EU:C:2014:1320, punti da 78 a 80 e giurisprudenza ivi citata), e del 7 agosto 2018, Prenninger e a. (C‑329/17, EU:C:2018:640, punto 27), citate nella nota a piè di pagina 13 delle conclusioni presentate recentemente dall’avvocato generale Saugmandsgaard Øe nella causa Paulo Nascimento Consulting (C‑692/17, EU:C:2019:362).


21      Sentenze del 22 giugno 2017, Federatie Nederlandse Vakvereniging e a. (C‑126/16, EU:C:2017:489, punto 36), e del 16 maggio 2019, Plessers (C‑509/17, EU:C:2019:424, punto 36).


22      Ordinanza del Presidente della Corte del 28 gennaio 2015, Gimnasio Deportivo San Andrés (C‑688/13, EU:C:2015:46, punto 52 e giurisprudenza ivi citata).


23      Sentenza del 6 aprile 2017, Unionen (C‑336/15, EU:C:2017:276, punto 22 e giurisprudenza ivi citata).


24      V., ad esempio, sentenze del 4 giugno 2002, Beckmann (C‑164/00, EU:C:2002:330, punto 29) e del 16 maggio 2019, Plessers (C‑509/17, EU:C:2019:424, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).


25      La regola secondo cui una disposizione specifica si applica in deroga a quella più generale è da tempo consolidata dalla giurisprudenza della Corte. V., ad esempio, sentenza del 20 gennaio 2005, Engler (C‑27/02, EU:C:2005:33). V., più recentemente, ad esempio, la sentenza del 19 dicembre 2019, Nederlands Uitgeversverbond e Groep Algemene Uitgevers (C‑263/18, EU:C:2019:1111, punto 55). V., in generale, Beck G., The Legal Reasoning of the Court of Justice of the EU, Hart, Oxford, 2012, pagg. 222 e 223.


26      All’udienza entrambi i rappresentanti di EM e di FL hanno espressamente smentito l’invocazione dell’abuso di diritto, salvo affermare che la questione era di competenza dei giudici nazionali sotto ogni altro aspetto, questione esaminata dalla Corte nella sentenza del 13 giugno 2019, Ellinika Nafpigeia (C‑664/17, EU:C:2019:496). Per una recente analisi del ricorso abusivo al diritto dell’Unione si vedano le conclusioni dell’avvocato generale Pikamäe nella causa AFMB (C‑610/18, EU:C:2019:1010, paragrafi da 72 a 82), sentenza pendente, e Leczykiewicz D. ’Prohibition of abusive practices as a “general principle” of EU law’, Common Market Law Review, vol. 56 (2019), pag. 703.


27      V. le mie conclusioni nella causa Pinckernelle (C‑535/15, EU:C:2016:996, paragrafo 40).


28      V. nota 16 supra.


29      GU 1977, L 61, pag. 26.


30      GU 1998, L 201, pag. 88. La terza direttiva in questa sequenza è la direttiva 2001/23. L’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva 2001/23 è stato parimenti introdotto con la direttiva 80/987, ma il tema generale delle pensioni era già disciplinato nella direttiva 77/187. L’articolo 3, paragrafo 3, affermava che i paragrafi «1 e 2 non si applicano ai diritti dei lavoratori a prestazioni di vecchiaia, d’invalidità o per i superstiti dei regimi complementari di previdenza professionali o interprofessionali (...)».


31      Questa disposizione non è più in vigore.


32      Si veda l’analisi dell’avvocato generale Szpunar nella causa Plessers (C‑509/17, EU:C:2019:50, paragrafo 42) in relazione all’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/23.


33      Ibidem.


34      Il corsivo è mio. Ibidem, paragrafo 43. Le pronunce della Corte che l’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/23 ha di fatto codificato sono le sentenze del 7 febbraio 1985, Abels (135/83, EU:C:1985:55); del 25 luglio 1991, d’Urso e a. (C‑362/89, EU:C:1991:326); del 7 dicembre 1995, Spano e a. (C‑472/93, EU:C:1995:421), nonché del 12 marzo 1998, Dethier Équipement (C‑319/94, EU:C:1998:99).


35      Proposta di direttiva del Consiglio concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti (COM/94/300 def.) (GU 1994, C 274, pag. 10).


36      Parere del Comitato economico e sociale in merito alla proposta di direttiva del Consiglio concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti (GU 1995, C 133, pag. 13, punto 2.10.2).


37      Conclusioni dell’avvocato generale Szpunar nella causa Plesser (C‑509/17, EU:2019:50, paragrafi da 42 a 47 e giurisprudenza ivi discussa).


38      Corsivo nell’originale, conclusioni dell’avvocato generale Mengozzi nella causa Federatie Nederlandse Vakvereniging e a. (C‑126/16, EU:C:2017:241, paragrafo 53).


39      Sentenza della Corte del 16 maggio 2019, Plessers (C‑509/17, EU:C:2019:424, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).


40      Sentenza del 16 maggio 2019, Plessers (C‑509/17, EU:C:2019:424, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).


41      Sentenza dell’11 giugno 2009, Commissione/Italia (C‑561/07, EU:C:2009: 363).


42      Ibidem, punto 26.


43      Conclusioni dell’avvocato generale Szpunar nella causa Plessers (C‑509/17, EU:C:2019:50, paragrafo 62).


44      Ibidem. V. altresì le conclusioni dell’avvocato generale Mengozzi nella causa Federatie Nederlandse Vakvereniging e a. (C‑126/16, EU:C:2017:241, paragrafo 57).


45      Conclusioni dell’avvocato generale Mengozzi nella causa Federatie Nederlandse Vakvereniging e a. (C‑126/16, EU:C:2017:241, paragrafo 77).


46      Ad esempio, sentenza del 7 dicembre 1995 Spano e a. (C‑472/93, EU:C:1995:421, punto 28), uno dei precedenti di fatto codificati dall’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/23.


47      È stato interpretato dalla Corte nell’ordinanza del 28 gennaio 2015, Gimnasio Deportivo San Andrés (C‑688/13, EU:C:2015:46), e nella sentenza dell’11 giugno 2009, Commissione/Italia (C‑561/07, EU:C:2009:363).


48      V. conclusioni presentate dall’avvocato generale Kokott nella causa Robins e a. (C‑278/05, EU:C:2006:476, paragrafo 34 e giurisprudenza ivi citata).


49      Sentenza dell’11 giugno 2009, Commissione/Italia (C‑561/07, EU:C:2009:363, punto 41).


50      Ibidem, punto 30. V. altresì paragrafo 46 supra e giurisprudenza ivi citata.


51      Come discusso ai paragrafi 61 e 62 supra.


52      La direttiva 2001/23 può essere attuata dalla giurisprudenza. V., ad esempio, sentenza del 10 luglio 1986, Commissione/Italia (235/84, EU:C:1986:303). V. inoltre Prechal S., Directives in EC Law, Oxford, Oxford University Press, 2005, pagg. da 78 a 81. L’autore sottolinea a pag. 79 che la giurisprudenza pertinente deve essere precisa, resa pubblica e prevedibile. Sull’importanza degli effetti giuridici vincolanti nell’attuazione del diritto dell’Unione, v. le mie conclusioni nella causa Safeway (C‑171/18, EU:C:2019:272). Secondo giurisprudenza costante, i giudici degli Stati membri sono tenuti ad adeguare la loro giurisprudenza per conformarsi al diritto dell’Unione. V., ad esempio, sentenza del 6 novembre 2018, Bauer e Willmeroth (C‑569/16 e C‑570/16, EU:C:2018:871, punto 68).


53      V., ad esempio, sentenza del 20 maggio 1992, Commissione/Paesi Bassi (C‑190/90, EU:C:1992:225), in cui un complesso di norme, alcune delle quali precedenti all’entrata in vigore di una direttiva, ne garantivano l’effettiva attuazione. V. Prechal S., Directives in EC Law, Oxford, Oxford University Press, 2005, pag. 77. V. più recentemente, ad esempio, sentenza dell’11 giugno 2015, Commissione/Polonia  (C‑29/14, EU:C:2015:379, punto 38).


54      Sentenza del 7 ottobre 2019, Safeway (C‑171/18, EU:C:2019:839, punto 29).


55      Sentenza del 7 ottobre 2019, Safeway (C‑171/18, EU:C:2019:839, punto 25).


56      V. paragrafo 71, supra.


57      GU 2019, L 172, pag. 18.


58      Articolo 34. Come discusso nelle conclusioni da me presentate nella causa Pinckernelle (C‑535/15, EU:C:2016:996, paragrafo 40), nell’interpretare le misure dell’Unione, il contesto comprende anche l’individuazione delle disposizioni legislative materialmente collegate alla disposizione che viene interpretata.


59      Considerando 20.


60      V., ad esempio, sentenza dell’11 giugno 2015, Commissione/Polonia  (C‑29/14, EU:C:2015:379, punto 38).


61      Sentenza del 7 ottobre 2019, Safeway (C‑171/18, EU:C:2019:839, punto 25).


62      Sentenza del 21 ottobre 2010, Accardo e a. (C‑227/09, EU:C:2010:624, punto 55).


63      Sentenza del 25 gennaio 2007 (C‑278/05, EU:C:2007: 33).


64      Ibidem, punti 57 e 59.


65      Sentenza del 24 novembre 2016, Webb-Sämann (C‑454/15, EU:C:2016:891, punto 27).


66      Sentenza del 19 dicembre 2019, Pensions-Sicherungs-Verein (C‑168/18, EU:C:2019: 1128, 1128, punto 46).


67      Sentenza del 19 dicembre 2019, Pensions-Sicherungs-Verein (C‑168/18, EU:C:2019:1128, paragrafo 40 e la giurisprudenza citata).


68      Come illustrato nelle conclusioni dell’avvocato generale Bobek nella causa Webb – Sämann, (C‑454/15, EU:C:2016:657, paragrafi 77 e 78).


69      Per un’analisi più completa si vedano le conclusioni dell’avvocato generale Szpunar nella causa Plessers (C‑509/17, EU:C:2019:50, paragrafi da 38 a 41).