Language of document : ECLI:EU:C:2020:682

SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

9 settembre 2020 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Trasferimenti d’imprese – Direttiva 2001/23/CE – Articoli 3 e 5 – Mantenimento dei diritti dei lavoratori – Tutela dei lavoratori in caso d’insolvenza del datore di lavoro – Cessione realizzata dal curatore fallimentare dell’impresa cedente soggetta ad una procedura d’insolvenza – Prestazioni previdenziali di vecchiaia aziendali – Limitazione degli obblighi del cessionario – Importo della prestazione dovuta a titolo del regime complementare di previdenza aziendale calcolato in funzione della retribuzione del lavoratore al momento dell’apertura della procedura di insolvenza – Direttiva 2008/94/CE – Articolo 8 – Efficacia diretta – Presupposti»

Nelle cause riunite C‑674/18 e C‑675/18,

aventi ad oggetto due domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro, Germania), con decisioni del 16 ottobre 2018, pervenute in cancelleria il 30 ottobre 2018, nei procedimenti

EM

contro

TMD Friction GmbH (C‑674/18),

e

FL

contro

TMD Friction EsCo GmbH (C‑675/18),

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta da E. Regan, presidente di sezione, I. Jarukaitis, E. Juhász (relatore), M. Ilešič e C. Lycourgos, giudici,

avvocato generale: E. Tanchev

cancelliere: M. Krausenböck, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 12 dicembre 2019,

considerate le osservazioni presentate:

–        per EM, da R. Buschmann, Prozessbevollmächtigter;

–        per FL, da R. Scholten e M. Schulze, Rechtsanwälte;

–        per la TMD Friction GmbH e la TMD Friction EsCo GmbH, da B. Reinhard e T. Hoffmann-Remy, Rechtsanwälte;

–        per il governo tedesco, da J. Möller e R. Kanitz, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da M. Kellerbauer e B.-R. Killmann, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 5 marzo 2020,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione degli articoli 3 e 5 della direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti (GU 2001, L 82, pag. 16), nonché dell’articolo 8 della direttiva n. 2008/94/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, relativa alla tutela dei lavoratori subordinati in caso d’insolvenza del datore di lavoro (GU 2008, L 283, pag. 36).

2        Tali domande sono state presentate nell’ambito di due controversie, la prima (causa C‑674/18) tra EM e la TMD Friction GmbH, e la seconda (causa C‑675/18) tra FL e la TMD Friction EsCo GmbH, relative alla sorte di taluni diritti maturati in vista di una prestazione di vecchiaia aziendale in caso di trasferimento di stabilimento realizzato nell’ambito di una procedura di insolvenza.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

 Direttiva 2001/23

3        I considerando 3, 4 e 6 della direttiva 2001/23 enunciano quanto segue:

«(3)      Occorre adottare le disposizioni necessarie per proteggere i lavoratori in caso di cambiamento di imprenditore, in particolare per assicurare il mantenimento dei loro diritti.

(4)      Sussistono differenze negli Stati membri per quanto riguarda l’entità della protezione dei lavoratori in questo settore e occorre attenuare tali differenze.

(...)

(6)      Nel 1977 il Consiglio ha adottato la direttiva 77/187/CEE [del Consiglio, del 14 febbraio 1977, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti (GU 1977, L 61, pag. 26)] per promuovere l’armonizzazione delle legislazioni nazionali relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori e chiedere ai cedenti e ai cessionari di informare e consultare in tempo utile i rappresentanti dei lavoratori».

4        Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), di tale direttiva, essa si applica a tutti i trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti ad un nuovo imprenditore in seguito a cessione contrattuale o a fusione.

5        L’articolo 3 della suddetta direttiva prevede quanto segue

«1.      I diritti e gli obblighi che risultano per il cedente da un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro esistente alla data del trasferimento sono, in conseguenza di tale trasferimento, trasferiti al cessionario.

(...)

3.      Dopo il trasferimento, il cessionario mantiene le condizioni di lavoro convenute mediante contratto collettivo nei termini previsti da quest’ultimo per il cedente fino alla data della risoluzione o della scadenza del contratto collettivo o dell’entrata in vigore o dell’applicazione di un altro contratto collettivo.

Gli Stati membri possono limitare il periodo del mantenimento delle condizioni di lavoro, purché esso non sia inferiore ad un anno.

4.      a)      A meno che gli Stati membri dispongano diversamente, i paragrafi 1 e 3 non si applicano ai diritti dei lavoratori a prestazioni di vecchiaia, di invalidità o per i superstiti dei regimi complementari di previdenza professionali o interprofessionali, esistenti al di fuori dei regimi legali di sicurezza sociale degli Stati membri.

b)      Anche quando essi non prevedono, a norma della lettera a), che i paragrafi 1 e 3 si applichino a tali diritti, gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari per tutelare gli interessi dei lavoratori e di coloro che hanno già lasciato lo stabilimento del cedente al momento del trasferimento per quanto riguarda i diritti da essi maturati o in corso di maturazione, a prestazioni di vecchiaia, comprese quelle per i superstiti, dei regimi complementari di cui alla lettera a) del presente paragrafo».

6        L’articolo 5 della medesima direttiva così dispone:

«1.      A meno che gli Stati membri dispongano diversamente, gli articoli 3 e 4 non si applicano ad alcun trasferimento di imprese, stabilimenti o parti di imprese o di stabilimenti nel caso in cui il cedente sia oggetto di una procedura fallimentare o di una procedura di insolvenza analoga aperta in vista della liquidazione dei beni del cedente stesso e che si svolgono sotto il controllo di un’autorità pubblica competente (che può essere il curatore fallimentare autorizzato da un’autorità pubblica competente).

2.      Quando gli articoli 3 e 4 si applicano ad un trasferimento nel corso di una procedura di insolvenza aperta nei confronti del cedente (indipendentemente dal fatto che la procedura sia stata aperta in vista della liquidazione dei beni del cedente stesso) e a condizione che tali procedure siano sotto il controllo di un’autorità pubblica competente (che può essere un curatore fallimentare determinato dal diritto nazionale), uno Stato membro può disporre che:

a)      nonostante l’articolo 3, paragrafo 1, gli obblighi del cedente risultanti da un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro e pagabili prima dei trasferimento o prima dell’apertura della procedura di insolvenza non siano trasferiti al cessionario, a condizione che tali procedure diano adito, in virtù della legislazione dello Stato membro, ad una protezione almeno equivalente a quella prevista nelle situazioni contemplate dalla direttiva 80/987/CEE del Consiglio, del 20 ottobre 1980, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro [(GU 1980, L 283, pag. 23)]

(...)

4.      Gli Stati membri adottano gli opportuni provvedimenti al fine di impedire che l’abuso delle procedure di insolvenza privi i lavoratori dei diritti loro riconosciuti a norma della presente direttiva».

 Direttiva 2008/94

7        Il considerando 3 della direttiva 2008/94 enuncia quanto segue:

«Sono necessarie disposizioni per tutelare i lavoratori subordinati in caso d’insolvenza del datore di lavoro e per assicurare loro un minimo di tutela, in particolare per garantire loro il pagamento dei diritti non pagati, tenendo conto della necessità di un equilibrato sviluppo economico e sociale nella Comunità. A tal fine, gli Stati membri dovrebbero creare un organismo che garantisca ai lavoratori interessati il pagamento dei diritti non pagati dei lavoratori subordinati».

8        Secondo l’articolo 1, paragrafo 1, di tale direttiva, quest’ultima si applica ai diritti dei lavoratori subordinati derivanti da contratti di lavoro o da rapporti di lavoro ed esistenti nei confronti di datori di lavoro che si trovano in stato di insolvenza ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della medesima direttiva.

9        L’articolo 2 della direttiva 2008/94, al suo paragrafo 1, così dispone:

«Ai sensi della presente direttiva, un datore di lavoro si considera in stato di insolvenza quando è stata chiesta l’apertura di una procedura concorsuale fondata sull’insolvenza del datore di lavoro, prevista dalle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative di uno Stato membro, che comporta lo spossessamento parziale o totale del datore di lavoro stesso e la designazione di un curatore o di una persona che esplichi una funzione analoga e quando l’autorità competente, in virtù di dette disposizioni:

a)      ha deciso l’apertura del procedimento; oppure

b)      ha constatato la chiusura definitiva dell’impresa o dello stabilimento del datore di lavoro e l’insufficienza dell’attivo disponibile per giustificare l’apertura del procedimento».

10      L’articolo 2, paragrafo 2, primo comma, della suddetta direttiva è formulato come segue:

«La presente direttiva non pregiudica il diritto nazionale per quanto riguarda la definizione dei termini “lavoratore subordinato”, “datore di lavoro”, “retribuzione”, “diritto maturato” e “diritto in corso di maturazione”».

11      Ai sensi dell’articolo 8 della direttiva 2008/94:

«Gli Stati membri si accertano che vengano adottate le misure necessarie per tutelare gli interessi dei lavoratori subordinati e quelli delle persone che hanno già lasciato l’impresa o lo stabilimento del datore di lavoro alla data dell’insorgere della insolvenza di quest’ultimo, per quanto riguarda i diritti maturati o i diritti in corso di maturazione, in materia di prestazioni di vecchiaia, comprese quelle per i superstiti, previste dai regimi complementari di previdenza, professionali o interprofessionali, diversi dai regimi legali nazionali di sicurezza sociale».

 Diritto tedesco

12      Il Bürgerliches Gesetzbuch (codice civile), nella versione applicabile alle controversie oggetto dei procedimenti principali (in prosieguo: il «BGB»), al suo articolo 613a, rubricato «Diritti e obblighi in caso di trasferimento d’impresa», prevede quanto segue:

«(1) Qualora un’impresa o parte di essa sia trasferita mediante negozio giuridico a un altro titolare, questi subentra nei diritti e negli obblighi derivanti dai rapporti di lavoro in corso al momento del trasferimento. 2Se tali diritti e obblighi sono disciplinati dalle clausole di un contratto collettivo o di un accordo aziendale, essi divengono parte integrante del rapporto di lavoro tra il nuovo titolare e il lavoratore (…).

(...)

(4) La risoluzione del rapporto di lavoro di un lavoratore da parte dell’ex datore di lavoro o del nuovo proprietario per motivi dovuti al trasferimento di un’impresa o di parte di un’impresa è invalida. Resta salvo il diritto di risolvere il rapporto di lavoro per altri motivi».

13      L’Insolvenzordnung (legge in materia di insolvenza), del 5 ottobre 1994 (BGBl. 1994 I, pag. 2866), come modificata dalla legge del 23 giugno 2017 (BGBl. 2017 I, pag. 1693), al suo articolo 45, rubricato «Conversione dei crediti», così dispone:

«1Occorre far valere i diritti che non sono pecuniari o il cui importo è indeterminato con il valore che può essere valutato al momento dell’apertura della procedura di insolvenza. (...)

(...)».

14      Ai sensi dell’articolo 108 di tale legge, rubricato «Conservazione di determinati obblighi»:

«(1)      (...) I rapporti di lavoro del debitore continuano a produrre effetti nei confronti della massa. (...)

(...)

(3)      L’altra parte può far valere diritti riguardanti il periodo anteriore all’apertura della procedura di insolvenza solo in quanto creditore partecipante a tale procedura».

15      L’articolo 191 di detta legge, rubricato «Presa in considerazione dei crediti soggetti ad una condizione sospensiva», prevede quanto segue:

«Un credito soggetto a condizione sospensiva è preso in considerazione per il suo importo totale nell’ambito di una distribuzione parziale. La quota spettante a tale credito è trattenuta al momento della distribuzione».

16      Secondo quanto disposto dall’articolo 198 della medesima legge, rubricato «Deposito degli importi trattenuti», il curatore fallimentare deve depositare presso un organismo competente gli importi trattenuti al momento della distribuzione finale.

17      La Gesetz zur Verbesserung der betrieblichen Altersversorgung (Betriebsrentengesetz) [legge per il miglioramento della previdenza complementare aziendale (legge relativa alle pensioni aziendali)], del 19 dicembre 1974 (BGBl. I, pag. 3610), come modificata dalla legge del 17 agosto 2017 (BGBl. 2017 I, pag. 3214) (in prosieguo: la «legge relativa alle pensioni aziendali»), al suo articolo 1b, rubricato «Tutela dei diritti maturati e erogazione delle prestazioni di previdenza aziendale o professionale», stabilisce quanto segue:

«(1)      Il lavoratore in favore del quale sono previste prestazioni a titolo del regime complementare di previdenza aziendale conserva il suo diritto alle prestazioni se il rapporto di lavoro cessa prima che si verifichi l’evento assicurato, purché, alla data di cessazione del rapporto di lavoro, abbia compiuto 21 anni e l’istituzione del beneficio sia avvenuta almeno tre anni prima di tale data (diritto maturato definitivamente). (...)

(...)».

18      L’articolo 9 della legge relativa alle pensioni aziendali dispone quanto segue:

«In caso di procedura d’insolvenza, i diritti o i diritti in corso di maturazione dell’avente diritto alle prestazioni previdenziali complementari di vecchiaia del datore di lavoro, sui quali si basa il credito nei confronti dell’organismo di garanzia dell’insolvenza, sono trasferiti a tale organismo all’apertura della procedura (...). (...) I diritti in corso di maturazione trasferiti all’apertura della procedura d’insolvenza sono dichiarati nella procedura d’insolvenza come crediti incondizionati ai sensi dell’articolo 45 della legge in materia di insolvenza[, come modificata dalla legge del 23 giugno 2017]. (...)».

19      Ai sensi dell’articolo 30f, paragrafo 1, prima frase, di tale legge:

«Qualora in favore di un lavoratore sia previsto il versamento di una prestazione di vecchiaia a titolo di un regime complementare di previdenza aziendale anteriore al 1° gennaio 2001, si deve applicare l’articolo 1b, paragrafo 1, in forza del quale il lavoratore conserva i suoi diritti a una prestazione se il rapporto di lavoro cessa prima che si verifichi l’evento assicurato, purché, alla data di cessazione del rapporto di lavoro, egli abbia compiuto 35 anni e l’istituzione del beneficio del versamento di una prestazione sia avvenuta

1.      almeno dieci anni prima;

(...)

In tali casi, i diritti a una prestazione sono mantenuti anche nel caso in cui l’impegno sia esistito nei cinque anni successivi al 1° gennaio 2001 e, alla data di cessazione del rapporto di lavoro, il lavoratore avesse 30 anni compiuti. (...)».

 Procedimenti principali e questioni pregiudiziali

 Causa C674/18

20      EM, nato nel 1980, era impiegato presso la Textar GmbH dal 1° agosto 1996. Detta società riconosceva ai suoi dipendenti, in base ad un contratto collettivo aziendale, una pensione a titolo di un regime complementare di previdenza aziendale. In base a tale regime, l’importo della pensione di vecchiaia per ciascun anno di servizio computabile si colloca tra lo 0,2% e lo 0,55% della retribuzione lorda mensile percepita dal lavoratore a una determinata data di riferimento antecedente alla cessazione del rapporto di lavoro, senza poter tuttavia superare la soglia del 20,25% dopo 45 anni di servizio.

21      Con la cessione aziendale della Textar, il contratto di lavoro di EM è stato trasferito alla TMD Friction. Il 1° marzo 2009 è stata aperta una procedura di insolvenza nei confronti del patrimonio di questa società, ma la sua attività è proseguita.

22      Dal fascicolo agli atti della Corte risulta che, nell’aprile 2009, il curatore fallimentare ha ceduto talune attività della TMD Friction a un ente che è stato poi rinominato esso stesso TMD Friction, il 4 giugno 2009.

23      Il Pensions-Sicherungs-Verein (organismo di garanzia delle pensioni aziendali e professionali; in prosieguo: il «PSV»), un organismo di diritto privato che garantisce il pagamento delle pensioni aziendali in caso di insolvenza di un datore di lavoro in Germania, ha informato EM che, a causa della sua età, ossia 29 anni al momento dell’apertura della procedura d’insolvenza, egli non aveva ancora maturato alcun diritto definitivo a prestazioni di vecchiaia, ai sensi dell’articolo 1b, paragrafo 1, della legge relativa alle pensioni aziendali, in combinato disposto con l’articolo 30f, paragrafo 1, prima frase, punto 1, della stessa, cosicché non avrebbe ricevuto alcuna prestazione dalla PSV nel caso in cui fosse sopravvenuto un evento che facesse sorgere un diritto teorico a prestazioni a carico di tale organismo.

24      EM ha dunque proposto un’azione contro la TMD Friction per ottenere la condanna di quest’ultima a corrispondergli, in futuro, al raggiungimento dell’età pensionabile, una pensione di vecchiaia il cui importo tenesse conto dei periodi di occupazione compiuti prima dell’apertura della procedura di insolvenza.

25      La TMD Friction si è opposta a tale domanda sostenendo che, in caso di trasferimento di un’azienda dopo l’apertura della procedura di insolvenza sul patrimonio del cedente, il cessionario risponde solo per la quota di pensione di vecchiaia derivante dai periodi maturati dopo l’apertura della suddetta procedura.

26      Poiché la domanda di EM è stata respinta sia in primo grado che in appello, quest’ultimo ha adito il giudice del rinvio, il Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro, Germania), con un ricorso per Revision.

27      È in tale contesto che il Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 3, paragrafo 4, della [direttiva 2001/23] consenta una limitazione, in caso di trasferimento di un’impresa dopo l’apertura della procedura di insolvenza sul patrimonio del cedente ai sensi del diritto nazionale, che dispone in linea di principio di applicare in caso di trasferimento di impresa, l’articolo 3, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2001/23 (...) anche per quanto riguarda i diritti dei lavoratori subordinati a prestazioni di vecchiaia, di invalidità o per i superstiti erogate da regimi complementari di previdenza professionali o interprofessionali, nel senso che il cessionario non risponda dei diritti in corso di maturazione fondati su periodi di occupazione antecedenti alla dichiarazione dello stato di insolvenza.

2)      In caso di risposta affermativa alla prima questione:

Se i provvedimenti necessari per tutelare gli interessi dei lavoratori subordinati, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 4, lettera b), della [direttiva 2001/23], per quanto riguarda i diritti da essi maturati o in corso di maturazione a prestazioni di vecchiaia erogate da regimi complementari di previdenza professionali o interprofessionali, siano disciplinati, in caso di trasferimento di un’impresa dopo l’apertura della procedura di insolvenza sul patrimonio del cedente, in base al livello di tutela richiesto dall’articolo 8 della [direttiva 2008/94].

3)      In caso di risposta negativa alla seconda questione:

Se l’articolo 3, paragrafo 4, lettera b), della direttiva 2001/23 debba essere interpretato nel senso che i provvedimenti necessari per tutelare gli interessi dei lavoratori subordinati, per quanto riguarda i diritti da essi maturati o in corso di maturazione a prestazioni di vecchiaia erogate da regimi complementari di previdenza professionali o interprofessionali, devono considerarsi adottati allorché il diritto nazionale prevede che:

–        l’obbligo di concedere in futuro, al lavoratore interessato dal trasferimento di un’impresa in stato di insolvenza, una prestazione di vecchiaia erogata da regimi complementari di previdenza professionali o interprofessionali passa in linea di principio in capo al cessionario;

–        il cessionario garantisce per futuri diritti previdenziali nella misura in cui questi siano fondati su periodi di lavoro in azienda maturati dopo l’apertura della procedura di insolvenza;

–        l’ente che assicura contro l’insolvenza le prestazioni di previdenza complementare, designato in conformità al diritto nazionale, non deve in questo caso intervenire per la quota dei futuri diritti previdenziali maturati prima della dichiarazione dello stato di insolvenza, e

–        il lavoratore può rivendicare, nell’ambito della procedura di insolvenza, nei confronti del cedente, il valore della quota dei suoi futuri diritti previdenziali acquisita prima della dichiarazione dello stato di insolvenza.

4)      Se, qualora il diritto nazionale disponga, in caso di trasferimento di impresa, l’applicazione degli articoli 3 e 4 della direttiva 2001/23 anche nel corso di una procedura di insolvenza, l’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/23 si applichi a diritti previdenziali in corso di maturazione dei lavoratori subordinati derivanti da regimi complementari di previdenza professionali o interprofessionali, sorti in effetti già prima dell’apertura della procedura di insolvenza, che però danno luogo a diritti a prestazioni solo al verificarsi dell’evento assicurato, ossia in un momento successivo.

5)      In caso di risposta affermativa alla seconda o alla quarta questione:

Se il livello minimo di tutela che gli Stati membri devono assicurare ai sensi dell’articolo 8 della [direttiva 2008/94] comprenda anche l’obbligo di copertura dei diritti previdenziali in corso di maturazione che, ai sensi del diritto nazionale, non erano ancora legalmente acquisiti al momento dell’apertura della procedura di insolvenza e che anzi maturano per legge solo in quanto il rapporto di lavoro non cessi in connessione con l’insolvenza.

6)      In caso di risposta affermativa alla quinta questione:

In quali circostanze le perdite subite dall’ex dipendente con riferimento alle prestazioni di previdenza complementare aziendale a causa dello stato di insolvenza del datore di lavoro possano essere considerate manifestamente sproporzionate, ed obblighino pertanto gli Stati membri a garantire una tutela minima ai sensi dell’articolo 8 della [direttiva 2008/94], sebbene il dipendente percepirà almeno la metà delle prestazioni derivanti dai diritti pensionistici da lui maturati.

7)      In caso di risposta affermativa alla quinta questione:

Se la tutela necessaria ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 4, lettera b), della [direttiva 2001/23] o dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della [direttiva 2001/23] – equivalente a quella di cui all’articolo 8 della [direttiva 2008/94] – per quanto riguarda i diritti previdenziali in corso di maturazione dei lavoratori subordinati sia concessa anche se derivi non dal diritto nazionale, bensì da un’applicazione diretta dell’articolo 8 della [direttiva 2008/94].

8)      In caso di risposta affermativa alla settima questione:

Se l’articolo 8 della [direttiva 2008/94] sia dotato di efficacia diretta, cosicché possa essere invocato da un singolo lavoratore dinanzi al giudice nazionale anche quando questi in effetti percepisca almeno la metà delle prestazioni derivanti dai suoi diritti pensionistici acquisiti, ma le perdite da esso subite per l’insolvenza del datore di lavoro vadano ciononostante considerate sproporzionate.

9)      In caso di risposta affermativa all’ottava questione:

Se un ente di diritto privato, il quale sia designato dallo Stato membro – con effetti vincolanti per il datore di lavoro – quale ente che assicura contro l’insolvenza le prestazioni di previdenza complementare aziendale, sia soggetto al controllo dei servizi finanziari dello Stato e riscuota dai datori di lavoro i contributi necessari per l’assicurazione contro l’insolvenza in forza di disposizioni di diritto pubblico e, al pari di un’autorità amministrativa, possa realizzare i presupposti dell’esecuzione forzata mediante un atto amministrativo, sia una pubblica autorità dello Stato membro».

 Causa C675/18

28      FL, nato nel 1950, è stato impiegato presso la Textar dal 1° ottobre 1968. Questa società ha concesso ai suoi dipendenti, in base a un contratto collettivo aziendale, una pensione a titolo di un regime complementare di previdenza aziendale. In base a tale regime, l’importo della pensione di vecchiaia per ciascun anno di servizio computabile è pari allo 0,5% della retribuzione lorda mensile percepita dal lavoratore a una determinata data antecedente alla cessazione del rapporto di lavoro, senza poter tuttavia superare la soglia del 22,5% dopo 45 anni di servizio.

29      Con la cessione aziendale della Textar, il contratto di lavoro di FL è stato trasferito alla TMD Friction, la cui attività è proseguita successivamente all’apertura di una procedura di insolvenza nei suoi confronti, il 1° marzo 2009.

30      Dal fascicolo agli atti della Corte risulta che, nell’aprile 2009, il curatore fallimentare ha ceduto talune attività della TMD Friction alla TMD Friction EsCo, e che quest’ultima ha acquisito, con effetto dal 22 aprile 2009, lo stabilimento nel quale il richiedente principale era impiegato.

31      FL percepisce, dal 1° agosto 2015, una pensione di vecchiaia di EUR 145,03 al mese a carico della TMD Friction EsCo a titolo del regime complementare di previdenza aziendale o professionale nonché EUR 816,99 al mese a carico del PSV. Quest’ultimo ha basato il calcolo di tale pensione sulla retribuzione lorda mensile di FL al momento dell’apertura della procedura di insolvenza, cosicché è stata determinante la data del 1° marzo 2009.

32      FL ha proposto un’azione contro la TMD Friction EsCo, chiedendo la condanna di quest’ultima a corrispondergli una pensione di vecchiaia aziendale più elevata. Secondo FL, tenendo conto dei suoi 45 anni di servizio compiuti presso la TMD Friction EsCo o presso il suo dante causa nonché del fatto che la sua retribuzione lorda mensile fosse di EUR 4 940 prima della cessazione del suo rapporto di lavoro, l’importo della sua pensione di vecchiaia aziendale sarebbe dovuto essere pari a EUR 1 111,50 al mese. Secondo FL, la TMD Friction EsCo potrebbe detrarre dal suddetto importo solo la prestazione di EUR 816,99 corrisposta dal PSV. Egli chiede quindi di porre a carico della TMD Friction EsCo, oltre alla pensione mensile di EUR 145,03 versata da quest’ultima, una somma complementare pari a EUR 149,48 al mese.

33      Analogamente a quanto sostenuto dalla TMD Friction nella causa C‑674/18, la TMD Friction EsCo ha opposto l’argomento secondo cui, in caso di trasferimento d’impresa dopo l’apertura di una procedura di insolvenza nei confronti del patrimonio del cedente, il cessionario è responsabile solo per la parte della pensione di vecchiaia basata sui periodi maturati dopo l’apertura della suddetta procedura.

34      Poiché la domanda di FL è stata respinta sia in primo grado che in appello, FL ha proposto un ricorso per Revision dinanzi al giudice del rinvio, il Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro).

35      In tali circostanze, il Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte nove questioni pregiudiziali, la prima, la seconda, la quarta, la sesta, la settima, l’ottava e la nona delle quali sono formulate nei medesimi termini di cui alla causa C‑674/18:

«1)      (...)

2)      (...)

3)      In caso di risposta negativa alla seconda questione:

Se l’articolo 3, paragrafo 4, lettera b), della direttiva 2001/23 debba essere interpretato nel senso che i provvedimenti necessari per tutelare gli interessi dei lavoratori subordinati, per quanto riguarda i diritti da essi maturati o in corso di maturazione a prestazioni di vecchiaia erogate da regimi complementari di previdenza professionali o interprofessionali, devono considerarsi adottati allorché il diritto nazionale prevede che:

–        l’obbligo di concedere in futuro, al lavoratore interessato dal trasferimento di un’impresa in stato di insolvenza, una prestazione di vecchiaia erogata da regimi complementari di previdenza professionali o interprofessionali passa in linea di principio in capo al cessionario;

–        il cessionario garantisce per diritti previdenziali in corso di maturazione, la cui entità dipende tra l’altro dalla durata del periodo di lavoro presso l’azienda e dalla retribuzione al momento del verificarsi dell’evento, nella misura in cui questi siano fondati su periodi di lavoro in azienda maturati dopo l’apertura della procedura di insolvenza;

–        l’ente che assicura contro l’insolvenza le prestazioni di previdenza complementare, designato in conformità al diritto nazionale, in questo caso deve intervenire per la quota dei diritti previdenziali in corso di maturazione acquisiti prima della dichiarazione dello stato di insolvenza, nella misura in cui la loro entità si calcola in base alla retribuzione percepita dal lavoratore subordinato al momento dell’apertura della procedura di insolvenza, e

–        né il cessionario né l’ente che assicura contro l’insolvenza rispondono degli aumenti dei diritti in corso di maturazione, determinati da aumenti della retribuzione intervenuti in effetti dopo l’apertura della procedura di insolvenza ma relativi a periodi lavorativi svolti presso l’azienda prima di tale momento;

–        il lavoratore può rivendicare, nell’ambito della procedura di insolvenza, nei confronti del cedente, tale differenza di valore dei suoi diritti in corso di maturazione.

4)      (...)

5)      In caso di risposta affermativa alla seconda o alla quarta questione:

Se il livello minimo di tutela che gli Stati membri devono assicurare ai sensi dell’articolo 8 della [direttiva 2008/94], comprenda anche la quota di diritti previdenziali in corso di maturazione, acquisiti al momento dell’apertura della procedura di insolvenza, che sorge solo in quanto il rapporto di lavoro non cessi in connessione con l’insolvenza.

6)      (...)

7)      (...)

8)      (...)

9)      (...)».

36      Con decisione del presidente della Corte del 23 novembre 2018, le cause C‑674/18 e C‑675/18 sono state riunite ai fini delle fasi scritta e orale del procedimento, nonché della sentenza.

 Sulle questioni pregiudiziali

 Osservazioni preliminari

37      I due casi oggetto dei procedimenti principali riguardano trasferimenti di stabilimento avvenuti dopo l’apertura di una procedura di insolvenza e realizzati dal curatore fallimentare, nell’ambito dei quali tanto i contratti di lavoro quanto gli obblighi derivanti dal regime complementare di previdenza aziendale applicabile in forza di un contratto collettivo aziendale sono stati trasferiti ai cessionari. I lavoratori parti in causa nei procedimenti principali hanno esperito azioni giudiziarie nei confronti di tali cessionari, facendo valere che questi ultimi sarebbero responsabili anche dei loro diritti alla pensione di vecchiaia per i periodi di impiego compiuti prima dell’apertura della procedura di insolvenza, in quanto, secondo il diritto nazionale, il PSV non rispondeva di tali diritti oppure ne rispondeva solo in modo limitato.

38      Secondo le spiegazioni del giudice del rinvio, nel diritto tedesco, l’articolo 613a del BGB prevede che, in linea di principio, il cessionario subentra nei diritti e negli obblighi derivanti dai rapporti di lavoro esistenti al momento del trasferimento d’impresa, anche nel caso in cui tale cessione avvenga dopo l’apertura di una procedura di insolvenza. Il cessionario diventa debitore degli obblighi derivanti dai futuri versamenti di una pensione di vecchiaia a titolo di un regime complementare di previdenza aziendale. Per questo motivo, nel calcolo di una simile pensione, occorre prendere in considerazione anche i periodi di appartenenza all’impresa già compiuti dal lavoratore interessato presso il cedente o i danti causa di quest’ultimo.

39      Tuttavia, secondo l’interpretazione del diritto nazionale operata dal giudice del rinvio nella sua sentenza del 17 gennaio 1980, al personale trasferito non sarebbe consentito, in caso di trasferimento d’impresa dopo l’apertura di una procedura di insolvenza, conformemente al principio di parità dei creditori, di far valere il proprio credito presso un nuovo debitore solvibile e di essere in tal modo indebitamente avvantaggiato rispetto ad altri creditori, in particolare rispetto ai lavoratori il cui rapporto di lavoro sia cessato. Così, nel caso di un trasferimento d’impresa di questo tipo, il cessionario non risponde né dei diritti maturati, né dei diritti in corso di maturazione, a prestazioni per le quali il periodo di lavoro o di appartenenza all’impresa richiesto sia già stato compiuto dal lavoratore prima dell’apertura della procedura di insolvenza. Infatti, per le prestazioni a titolo di un regime complementare di previdenza aziendale, la responsabilità del cessionario è limitata alla parte acquisita dal lavoratore grazie alla sua appartenenza all’impresa dopo l’apertura della procedura di insolvenza.

40      Di conseguenza, come rilevato dal giudice del rinvio, ai fini del calcolo dell’importo della pensione di vecchiaia a titolo di un regime complementare di previdenza aziendale, che deve essere corrisposta dal cessionario al lavoratore nel caso in cui si verifichi un evento che fa sorgere il diritto ad una prestazione, tale pensione di vecchiaia deve, in un primo momento, essere determinata sulla base delle prescrizioni del suddetto regime pensionistico, basandosi su tutti i periodi di occupazione compiuti dal lavoratore durante il rapporto di lavoro e, eventualmente, sulla retribuzione lorda del lavoratore prima della fine del rapporto di lavoro, la quale è determinante. In un secondo tempo, occorre ripartire l’importo risultante da tale calcolo tra la parte corrispondente ai periodi di appartenenza all’impresa compiuti nell’ambito del rapporto di lavoro effettuati prima dell’apertura della procedura di insolvenza e la parte corrispondente ai periodi maturati dopo la suddetta apertura.

41      Va peraltro sottolineato che il PSV è tenuto ad intervenire, riguardo alla parte dei diritti a pensione maturati dai lavoratori riassunti dal cessionario durante i periodi in cui sono stati occupati dall’impresa cedente prima dell’apertura della procedura di insolvenza, soltanto laddove tali lavoratori, al pari di FL, possano avvalersi di diritti definitivi a tale data. Inoltre, anche in una simile ipotesi e a differenza dell’importo nozionale utilizzato nel calcolo della quota del cessionario, l’ammontare delle prestazioni dovute dal PSV sarebbe calcolato sulla base della retribuzione mensile lorda del lavoratore alla data di apertura della procedura di insolvenza.

42      Di conseguenza, una differenza, stimata dal giudice del rinvio nella fattispecie in EUR 142,22 mensili, potrebbe risultare tra, da un lato, la somma degli importi effettivamente versati dal PSV e dal cessionario e, dall’altro, l’importo nozionale della pensione totale cui FL avrebbe diritto in condizioni normali. Ciononostante, un tale lavoratore potrebbe dichiarare il suo credito al passivo della massa a concorrenza del suddetto importo (causa C‑675/18).

43      Nel caso di un lavoratore come EM (causa C‑674/18), che non aveva ancora maturato diritti definitivi a pensione al momento dell’avvio della procedura di insolvenza, il PSV non interverrebbe, ma l’interessato potrebbe dichiarare il suo credito al passivo della massa a concorrenza dell’importo di tali diritti.

44      Occorre ricordare che, nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte istituita all’articolo 267 TFUE, spetta a quest’ultima fornire al giudice nazionale una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia di cui è investito. In tale prospettiva, spetta alla Corte, se necessario, riformulare le questioni che le sono sottoposte (sentenza del 28 maggio 2020, World Comm Trading Gfz, C‑684/18, EU:C:2020:403, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

45      Nel caso di specie, le questioni pregiudiziali sollevate in ciascuna delle cause riunite devono essere comprese nel senso che il giudice del rinvio si interroga, innanzitutto, sulla compatibilità con le direttive 2001/23 e 2008/94 della normativa nazionale di cui trattasi in tali cause e della prassi giurisprudenziale nazionale, poi, sulla questione se le perdite come quelle subite da EM e da FL debbano o meno essere considerate manifestamente sproporzionate rispetto all’articolo 8 della direttiva 2008/94 e, infine, sull’efficacia diretta che tale disposizione è idonea produrre nonché sulla sua applicabilità nei confronti di un organismo di diritto privato di garanzia contro il rischio di insolvenza dei datori di lavoro in materia di pensioni aziendali, quale il PSV.

46      Va rilevato che, dinanzi alla Corte, i ricorrenti nei procedimenti principali sollevano dubbi in merito alla questione se, nelle controversie oggetto di tali procedimenti, la procedura d’insolvenza sia stata aperta nei confronti del cedente al fine di poter realizzare il trasferimento d’impresa con una modalità che consenta di ridurre l’onere gravante sui cessionari a titolo dei diritti accumulati da tali ricorrenti nel loro regime complementare di previdenza aziendale. Tuttavia, nel caso di specie, il giudice del rinvio non menziona affatto, nelle sue domande di pronuncia pregiudiziale, l’esistenza di una frode o di un abuso caratterizzante l’apertura della procedura di insolvenza riguardante il cedente.

 Sulla prima, sulla seconda e sulla quarta questione in ciascuna delle cause riunite

47      Con la prima, la seconda e la quarta questione in ciascuna delle cause riunite, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva 2001/23, in particolare alla luce dell’articolo 3, paragrafi 1 e 4, nonché dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), di quest’ultima, debba essere interpretata nel senso che, in caso di trasferimento di un’impresa soggetta a una procedura di insolvenza realizzato dal curatore fallimentare, essa osta ad una normativa nazionale, come interpretata dalla giurisprudenza nazionale, secondo la quale, laddove l’evento che fa scattare il diritto ad una pensione di vecchiaia a titolo di un regime complementare di previdenza aziendale si verifichi dopo l’apertura della procedura di insolvenza, il cessionario non è responsabile dei diritti di un lavoratore a tale pensione di vecchiaia in corso di maturazione accumulati per i periodi di occupazione anteriori all’apertura della procedura di insolvenza.

48      Al fine di rispondere a tali questioni, è necessario ricordare che la direttiva 2001/23 mira, come risulta dal suo articolo 3, letto alla luce del suo considerando 3, a tutelare i lavoratori garantendo il mantenimento dei loro diritti in caso di cambiamento di imprenditore consentendo loro di restare al servizio del nuovo datore di lavoro alle stesse condizioni pattuite con il cedente. Lo scopo di tale direttiva è quello di garantire, per quanto possibile, la continuazione dei contratti o dei rapporti di lavoro, senza modifiche, con il cessionario, per impedire che i lavoratori interessati vengano a trovarsi in una situazione meno favorevole per il solo fatto del trasferimento (v., in tal senso, sentenza del 28 gennaio 2015, Gimnasio Deportivo San Andrés, C‑688/13, EU:C:2015:46, punto 34, e sentenza del 16 maggio 2019, Plessers, C‑509/17, EU:C:2019:424, punto 52 e giurisprudenza ivi citata).

49      Tuttavia, come risulta dai considerando 4 e 6 di detta direttiva, viste le differenze esistenti fra gli Stati membri per quanto riguarda l’entità della protezione dei lavoratori in questo settore, detta direttiva ne persegue la riduzione mediante un ravvicinamento delle legislazioni nazionali, senza tuttavia prevedere un’armonizzazione completa della materia (ordinanza del 28 gennaio 2015, Gimnasio Deportivo San Andrés, C‑688/13, EU:C:2015:46, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

50      Inoltre, benché conformemente alla finalità della direttiva 2001/23 si debbano tutelare gli interessi dei lavoratori interessati dal trasferimento, non si può tuttavia prescindere da quelli del cessionario. Tale direttiva non mira unicamente a salvaguardare, in occasione di un trasferimento di impresa, gli interessi dei lavoratori, ma intende assicurare un giusto equilibrio tra gli interessi di questi ultimi, da un lato, e quelli del cessionario, dall’altro (sentenza del 26 marzo 2020, ISS Facility Services, C‑344/18, EU:C:2020:239, punto 26).

51      A tal riguardo, occorre tuttavia precisare che le norme di cui alla direttiva 2001/23 devono essere considerate imperative, nel senso che non è consentito agli Stati membri derogarvi in senso sfavorevole ai lavoratori, fatte salve le eccezioni previste dalla direttiva stessa (v., in tal senso, ordinanza del 28 gennaio 2015, Gimnasio Deportivo San Andrés, C‑688/13, EU:C:2015:46, punto 39 e giurisprudenza ivi citata).

52      L’articolo 3, paragrafo 1, primo comma, della suddetta direttiva, enuncia il principio secondo il quale i diritti e gli obblighi che risultano per il cedente da un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro esistente alla data del trasferimento sono trasferiti al cessionario.

53      Tuttavia, in primo luogo, dall’articolo 3, paragrafo 4, lettera a), della direttiva 2001/23 deriva che, salvo gli Stati membri dispongano diversamente, i paragrafi 1 e 3 dell’articolo medesimo non si applicano ai diritti dei lavoratori a prestazioni di vecchiaia, di invalidità o per i superstiti a titolo dei regimi complementari di previdenza professionali o interprofessionali esistenti al di fuori dei regimi legali di sicurezza sociale degli Stati membri.

54      È altresì necessario rilevare che, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 4, lettera b), della direttiva 2001/23, gli Stati membri, anche qualora non prevedano di applicare i paragrafi 1 e 3 di tale articolo ai diritti menzionati al precedente punto della presente sentenza, devono adottare i provvedimenti necessari per tutelare gli interessi dei lavoratori – compresi quelli che hanno già lasciato lo stabilimento del cedente al momento del trasferimento – per quanto riguarda i diritti da essi maturati o in corso di maturazione a prestazioni di vecchiaia e per i superstiti a titolo dei regimi complementari di cui all’articolo 3, paragrafo 4, lettera a), di tale direttiva (ordinanza del 28 gennaio 2015, Gimnasio Deportivo San Andrés, C‑688/13, UE:C:2015:46, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

55      In secondo luogo, l’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/23 enuncia che gli articoli 3 e 4 di quest’ultima non si applicano, salvo decisione contraria degli Stati membri, al trasferimento di imprese nel caso in cui il cedente sia oggetto di una procedura fallimentare o di una procedura di insolvenza analoga aperta in vista della liquidazione dei beni del cedente stesso e che si svolge sotto il controllo di un’autorità pubblica competente.

56      Inoltre, l’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 2001/23 precisa che, qualora gli articoli 3 e 4 della medesima si applichino a un siffatto trasferimento d’impresa, indipendentemente dal fatto che la procedura di insolvenza sia stata aperta in vista della liquidazione dei beni del cedente, uno Stato membro può, a determinate condizioni, non applicare talune garanzie di cui ai suddetti articoli 3 e 4.

57      Così, in deroga all’articolo 3, paragrafo 1, della suddetta direttiva, tale Stato membro può prevedere, in applicazione dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), di quest’ultima, che gli obblighi del cedente risultanti da un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro e pagabili prima del trasferimento o prima dell’apertura della procedura di insolvenza non siano trasferiti al cessionario, purché tale procedura assicuri, in virtù della legislazione dello Stato membro, una protezione almeno equivalente a quella garantita dalla direttiva 80/987.

58      Occorre osservare che dalle informazioni fornite dal giudice del rinvio risulta che, ai sensi dell’articolo 613a del BGB, in caso di trasferimento d’impresa, il cessionario subentra nei diritti e negli obblighi derivanti dai rapporti di lavoro esistenti al momento del trasferimento e che detto articolo non prevede espressamente né che talune tipologie di diritti non vengano trasferite, né che si debbano distinguere le varie circostanze in cui si effettuano tali trasferimenti. Di conseguenza, il legislatore tedesco, avvalendosi della facoltà offerta dalla direttiva 2001/23, ha deciso di applicare, in linea di principio, l’articolo 3, paragrafo 1, di tale direttiva per quanto riguarda i diritti dei lavoratori alle prestazioni a titolo di un regime complementare di previdenza aziendale anche nel caso in cui il trasferimento avvenga nel corso di una procedura di insolvenza avviata nei confronti del cedente.

59      Si deve pertanto stabilire se, nell’ambito di un’applicazione in linea di principio dell’articolo 3 della suddetta direttiva, sia nondimeno possibile, sulla base delle deroghe stabilite dalla medesima direttiva, prevedere che il cessionario non risponda dei diritti di un lavoratore a una pensione di vecchiaia a titolo di un regime complementare di previdenza aziendale in corso di maturazione accumulati per i periodi di occupazione anteriori all’apertura della procedura di insolvenza.

60      Anzitutto, per quanto riguarda l’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/23, la Corte ha ripetutamente dichiarato che, al fine di determinare se un trasferimento d’impresa rientri in tale eccezione, occorre assicurarsi che siffatto trasferimento soddisfi i tre requisiti cumulativi stabiliti dalla citata disposizione, vale a dire che il cedente sia oggetto di una procedura fallimentare o di una procedura di insolvenza analoga, che questa procedura sia stata aperta in vista della liquidazione dei beni del cedente e che essa si svolga sotto il controllo di un’autorità pubblica competente (v., in tal senso, sentenza del 16 maggio 2019, Plessers, C‑509/17, EU:C:2019:424, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

61      In particolare, la Corte ha giudicato che l’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/23 esige che la procedura fallimentare o la procedura di insolvenza analoga sia aperta ai fini della liquidazione dei beni del cedente, e che una procedura che miri al proseguimento dell’attività dell’impresa interessata non soddisfa tale condizione (v., in tal senso, sentenza del 22 giugno 2017, Federatie Nederlandse Vakvereniging e a., C‑126/16, EU:C:2017:489, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

62      Di conseguenza, procedure come quelle di cui trattasi nei procedimenti principali, che hanno come obiettivo non già la liquidazione dei beni del cedente, bensì il mantenimento delle sue attività seguito dal trasferimento di queste ultime, non costituiscono una procedura aperta ai fini della liquidazione dei beni del cedente, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva in argomento (v., in tal senso, sentenza del 22 giugno 2017, Federatie Nederlandse Vakvereniging e a., C‑126/16, EU:C:2017:489, punti 51 e 52).

63      Per quanto riguarda, poi, l’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/23, si deve constatare che, in forza della normativa nazionale considerata nel procedimento principale, come interpretata dalla giurisprudenza nazionale, benché i diritti a una pensione di vecchiaia a titolo di un regime complementare di previdenza aziendale fossero già in corso di acquisizione prima dell’apertura della procedura di insolvenza, il beneficio della pensione di vecchiaia si concretizzerà solo al momento del verificarsi, successivamente all’avvio di tale procedura, dell’evento che dà diritto alla prestazione.

64      Non si può, dunque, ritenere che tale normativa nazionale, come interpretata dalla giurisprudenza nazionale, verta su obblighi incombenti al cedente prima della data del trasferimento oppure prima dell’apertura della procedura di insolvenza, a meno di violare, come osservato dall’avvocato generale al paragrafo 85 delle sue conclusioni, l’interpretazione restrittiva di cui tale deroga deve essere oggetto.

65      Ne consegue che le deroghe specificamente previste all’articolo 5 della direttiva 2001/23 non possono applicarsi alla normativa nazionale di cui al procedimento principale, come interpretata dalla giurisprudenza nazionale.

66      Una siffatta constatazione non esclude, tuttavia, che tale normativa possa rientrare nelle deroghe previste all’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva 2001/23. Infatti, occorre rilevare che il presupposto dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), di tale direttiva, che riguarda un caso di trasferimento come quello di cui trattasi nei procedimenti principali, è l’applicazione degli articoli 3 e 4 della medesima direttiva (sentenza dell’11 giugno 2009, Commissione/Italia, C‑561/07, EU:C:2009:363, punto 41).

67      Sotto tale profilo, dal punto 58 della presente sentenza risulta che la normativa nazionale considerata nel procedimento principale, come interpretata dalla giurisprudenza nazionale, ha proceduto ad un trasferimento parziale al cessionario dell’obbligo di pagare i diritti dei lavoratori ad una pensione di vecchiaia in base ad un regime complementare di previdenza aziendale.

68      Orbene, come sottolineato dalla Commissione, poiché l’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva 2001/23 consente agli Stati membri di prevedere tanto il trasferimento integrale al cessionario di un siffatto obbligo quanto un’assenza totale di trasferimento al cessionario di quest’ultimo, tale disposizione non può essere interpretata nel senso che essa vieti, in assoluto, a una normativa nazionale di procedere al suo trasferimento parziale.

69      Infatti, si deve osservare, come ricordato ai punti 49 e 50 della presente sentenza, che tale direttiva non prevede un’armonizzazione completa e che essa mira a garantire un giusto equilibrio tra gli interessi dei lavoratori, da un lato, e quelli del cessionario, dall’altro.

70      In un’ipotesi del genere, si deve considerare, da un lato, che lo Stato membro «dispone diversamente», ai sensi dell’espressione utilizzata dall’articolo 3, paragrafo 4, lettera a), di tale direttiva, unicamente per la parte dei diritti dei lavoratori a una pensione di vecchiaia fondati su un regime complementare di previdenza aziendale che devono essere trasferiti al cessionario e, dall’altro, che l’obbligo di adottare le misure necessarie per tutelare gli interessi dei lavoratori grava su tale Stato membro, in forza dell’articolo 3, paragrafo 4, lettera b), di quest’ultima, sia per la parte di detti diritti che è trasferita al cessionario, sia per quelli che restano opponibili unicamente al cedente, se del caso, nell’ambito di una procedura di insolvenza avviata nei suoi confronti, come avviene nell’ambito delle controversie oggetto dei procedimenti principali.

71      Ne consegue che, nell’esercizio del loro potere discrezionale, gli Stati membri possono prevedere che, anche se il cessionario subentra nei diritti e negli obblighi derivanti dai rapporti di lavoro esistenti al momento del trasferimento, quest’ultimo risponda soltanto dei diritti di un lavoratore a una pensione di vecchiaia a titolo di un regime complementare di previdenza aziendale in corso di maturazione accumulati per i periodi di occupazione posteriori all’apertura della procedura di insolvenza, purché tale Stato membro adotti le misure necessarie per tutelare gli interessi dei lavoratori, conformemente all’articolo 3, paragrafo 4, lettera b), di detta direttiva.

72      Infatti, un’interpretazione di questo tipo consente, in linea di principio, di garantire un giusto equilibrio tra la tutela degli interessi dei lavoratori e la tutela di quelli dei cessionari in caso di trasferimento d’impresa dopo l’apertura di una procedura di insolvenza, in quanto garantisce che i lavoratori vedano mantenuti i loro diritti ad una pensione di vecchiaia a titolo di un regime complementare di previdenza aziendale, prevedendo al contempo una limitazione della responsabilità dei cessionari idonea a facilitare i trasferimenti delle imprese oggetto di una procedura di insolvenza.

73      A tale proposito, occorre altresì rilevare che il tenore dell’articolo 3, paragrafo 4, lettera b), della direttiva 2001/23 riprende, in sostanza, quello dell’articolo 8 della direttiva 80/987, che è formulato in modo identico all’articolo 8 della direttiva 2008/94, la quale, a sua volta, ha codificato la direttiva 80/987. Inoltre, l’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/23, che riguarda i trasferimenti d’impresa in corso di procedura d’insolvenza, esige espressamente una tutela almeno equivalente a quella prevista nelle situazioni considerate dalla direttiva 80/987. Ne consegue che i provvedimenti necessari alla tutela degli interessi dei lavoratori che gli Stati membri devono adottare ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 4, lettera b), della direttiva 2001/23 devono essere intesi nel senso che includono, in ogni caso, i provvedimenti previsti dalla direttiva 2008/94 e diretti a compensare l’insolvenza del loro datore di lavoro, sia esso il cessionario o, come nel caso di specie, il cedente.

74      Ne deriva che, in caso di trasferimento d’impresa dopo l’apertura di una procedura di insolvenza, la tutela dei lavoratori per quanto riguarda i diritti a prestazioni di vecchiaia a titolo di regimi complementari di previdenza professionali o interprofessionali da essi maturati o in corso di maturazione, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 4, lettera b, della direttiva 2001/23, deve essere di un livello almeno equivalente a quello richiesto dall’articolo 8 della direttiva 2008/94.

75      In considerazione di quanto precede, alla prima, alla seconda ed alla quarta questione in ciascuna delle cause riunite occorre rispondere dichiarando che la direttiva 2001/23, in particolare alla luce dell’articolo 3, paragrafi 1 e 4, nonché dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), di quest’ultima, deve essere interpretata nel senso che, in caso di trasferimento di un’impresa soggetta a una procedura di insolvenza realizzato dal curatore fallimentare, essa non osta ad una normativa nazionale, come interpretata dalla giurisprudenza nazionale, secondo la quale, laddove l’evento che fa scattare il diritto a una pensione di vecchiaia a titolo di un regime complementare di previdenza aziendale si verifichi dopo l’apertura della procedura d’insolvenza, il cessionario non è responsabile dei diritti di un lavoratore a tale pensione di vecchiaia in corso di maturazione accumulati per i periodi di occupazione anteriori all’apertura della procedura di insolvenza, a condizione che, per quanto riguarda la parte dell’importo di cui non risponde il cessionario, i provvedimenti adottati per tutelare gli interessi dei lavoratori siano di un livello almeno equivalente a quello richiesto in forza dell’articolo 8 della direttiva 2008/94.

 Sulla terza, sulla quinta e sulla sesta questione in ciascuna delle cause riunite

76      Con la terza, la quinta e la sesta questione, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3, paragrafo 4, lettera b), della direttiva 2001/23, letto in combinato disposto con l’articolo 8 della direttiva 2008/94, debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale, come interpretata dalla giurisprudenza nazionale, in forza della quale – laddove un evento che fa scattare il diritto a prestazioni di vecchiaia a titolo di un regime complementare di previdenza aziendale si verifichi dopo l’apertura della procedura di insolvenza nel corso della quale è stato effettuato il trasferimento dell’impresa – per quanto riguarda la parte di tali prestazioni che non incombe al cessionario, da un lato, l’organismo di garanzia contro l’insolvenza determinato in base al diritto nazionale non è tenuto ad intervenire qualora i diritti a prestazioni di vecchiaia in corso di maturazione non fossero già definitivi al momento dell’apertura di tale procedura di insolvenza e, dall’altro, ai fini della determinazione dell’importo relativo alla parte di tali prestazioni di cui il suddetto organismo è responsabile, detto importo è calcolato sulla base della retribuzione mensile lorda che il lavoratore interessato percepiva al momento dell’apertura della suddetta procedura.

77      A tal riguardo, occorre ricordare, in primo luogo, che, come risulta dal punto 75 della presente sentenza, la garanzia che lo Stato membro interessato deve offrire per la parte dell’importo delle prestazioni di vecchiaia in base ad un regime complementare di previdenza aziendale che non incombe al cessionario deve essere di livello almeno equivalente al livello di tutela imposto dall’articolo 8 della direttiva 2008/94.

78      In tale contesto, gli Stati membri godono, nell’ambito della trasposizione dell’articolo 8 della direttiva 2008/94, di un ampio potere discrezionale per determinare tanto il meccanismo quanto il livello di tutela dei diritti a prestazioni di vecchiaia a titolo di regimi complementari di previdenza maturati dai lavoratori. Poiché tale disposizione non può essere interpretata nel senso che essa imponga una garanzia completa di tali diritti, essa non osta a che gli Stati membri, nel perseguire legittimi obiettivi sociali ed economici, riducano i diritti maturati dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del loro datore di lavoro, purché rispettino, in particolare, il principio di proporzionalità. Gli Stati membri sono quindi tenuti, conformemente all’obiettivo perseguito da tale direttiva, a garantire ai lavoratori il livello minimo di tutela richiesto dall’articolo 8 della suddetta direttiva (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2019, Pensions-Sicherungs-Verein, C‑168/18, EU:C:2019:1128, punti da 38 a 40 e giurisprudenza ivi citata).

79      Per quanto riguarda il livello minimo di tutela richiesto dall’articolo 8 della direttiva 2008/94, la Corte ha già dichiarato che per un corretto recepimento di tale disposizione è necessario che un ex lavoratore subordinato percepisca, in caso di insolvenza del suo datore di lavoro, almeno la metà delle prestazioni di vecchiaia derivanti dai diritti pensionistici maturati nell’ambito di un regime complementare di previdenza aziendale e che tale disposizione impone agli Stati membri di garantire, in tale caso, a ciascun ex lavoratore subordinato un’indennità corrispondente almeno alla metà del valore dei diritti da lui maturati nell’ambito di un siffatto regime (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2019, Pensions-Sicherungs-Verein, C‑168/18, EU:C:2019:1128, punti 41, 51 e 52, nonché giurisprudenza ivi citata).

80      Parimenti, tale protezione minima osta ad una riduzione manifestamente sproporzionata delle prestazioni di vecchiaia aziendali di un lavoratore subordinato che incida gravemente sulla capacità dell’interessato di provvedere alle sue esigenze. Ciò si verificherebbe nel caso di una riduzione delle prestazioni di vecchiaia subita da un ex lavoratore subordinato che già viva o che potrebbe vivere, a causa di tale riduzione, al di sotto della soglia di rischio di povertà stabilita dall’Ufficio statistico dell’Unione europea (Eurostat). Il livello minimo di tutela richiede, quindi, che uno Stato membro garantisca ad un ex lavoratore, esposto ad una simile riduzione delle proprie prestazioni di vecchiaia, un’indennità di un importo che, senza necessariamente coprire la totalità delle perdite subite, sia tale da porre rimedio al loro carattere manifestamente sproporzionato (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2019, Pensions-Sicherungs-Verein, C‑168/18, EU:C:2019:1128, punti 44 e 45).

81      Si deve inoltre aggiungere che l’articolo 8 della direttiva 2008/94 è volto a garantire una tutela degli interessi a lungo termine dei lavoratori subordinati, dato che simili interessi, per quanto riguarda i diritti maturati o in corso di maturazione, si estendono in linea di principio su tutta la durata della pensione (sentenza del 24 novembre 2016, Webb-Sämann, C‑454/15, EU:C:2016:891, punto 27).

82      In secondo luogo, occorre rilevare che, in caso di trasferimento d’impresa dopo l’apertura di una procedura di insolvenza, la normativa nazionale considerata nel procedimento principale prevede che il cessionario subentri nei diritti e negli obblighi derivanti dai rapporti di lavoro esistenti al momento del trasferimento, cosicché, per quanto riguarda un regime complementare di previdenza aziendale come quello di cui trattasi nel procedimento principale, ai fini del calcolo dell’importo delle prestazioni di vecchiaia nel momento in cui si verifica l’evento che vi dà diritto, occorre basarsi sulla totalità dei periodi di lavoro compiuti dal lavoratore durante il rapporto di lavoro, compresi quelli compiuti presso il cedente, nonché sulla retribuzione lorda del lavoratore prima della fine del rapporto di lavoro.

83      Inoltre, come risulta dalle informazioni fornite dal giudice del rinvio, richiamate ai punti 20 e 28 della presente sentenza, in forza del regime complementare di previdenza aziendale di cui trattasi nel procedimento principale, l’importo della pensione di vecchiaia per ciascun anno di servizio imputabile si colloca a una determinata percentuale della retribuzione lorda del lavoratore al momento del verificarsi dell’evento che dà diritto a tali prestazioni, senza poter superare una determinata percentuale dopo 45 anni di servizio.

84      Ne consegue che la normativa nazionale di cui al procedimento principale rispetta la garanzia che deriva dall’articolo 8 della direttiva 2008/94, citata al punto 79 della presente sentenza, consistente nel garantire a un ex lavoratore subordinato almeno la metà delle prestazioni di vecchiaia derivanti dai diritti pensionistici maturati nell’ambito di un regime complementare di previdenza aziendale, soltanto nella misura in cui all’ex lavoratore sia garantita la percezione della metà delle somme dovutegli in forza del meccanismo di calcolo istituito dalla normativa nazionale, richiamato ai punti 82 e 83 della presente sentenza.

85      Più in particolare, l’articolo 8 della direttiva 2008/94 non può essere interpretato, in un caso come quello di cui trattasi nel procedimento principale, nel senso che l’importo della prestazione, di cui deve essere riconosciuto all’ex lavoratore almeno il 50%, possa essere calcolato senza tenere debitamente conto, a tal fine, dei periodi di lavoro compiuti presso il cedente, durante i quali i diritti a prestazioni di vecchiaia sono stati accumulati, e della retribuzione lorda del lavoratore al momento in cui tali diritti sono divenuti esigibili.

86      Peraltro, un calcolo che non tenesse conto dei periodi di occupazione e della retribuzione lorda indicati al punto precedente non consentirebbe di determinare se occorra porre rimedio, conformemente all’obbligo derivante da tale articolo 8, richiamato al punto 80 della presente sentenza, alle conseguenze di una riduzione di tali prestazioni subita da un ex lavoratore che già viva o che potrebbe vivere, a causa di tale riduzione, al di sotto della soglia di rischio di povertà stabilita per lo Stato membro interessato.

87      A tal riguardo, occorre respingere l’argomento del governo tedesco secondo il quale, poiché la versione in lingua tedesca dell’articolo 8 della direttiva 2008/94 utilizza il sintagma «ihrer erworbenen Rechte oder Anwartschaftsrechte» e che l’espressione «erworbene Anwartschaftrechte» può essere tradotta letteralmente con i termini «diritti in corso di maturazione maturati», tale disposizione riguarderebbe soltanto i diritti in corso di maturazione che, secondo le disposizioni nazionali, sono maturati, vale a dire, sono definitivi.

88      Infatti, va osservato che, come sostenuto dal ricorrente nel procedimento principale nella causa C‑674/18, altre versioni linguistiche di tale disposizione, quali le versioni in lingua spagnola, francese o italiana, riguardano unicamente i «diritti maturati o i diritti in corso di maturazione», senza esigere che questi ultimi siano anch’essi divenuti definitivi.

89      Tuttavia, si deve ricordare che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, la necessità di un’interpretazione uniforme di una disposizione di diritto dell’Unione richiede che, in caso di divergenza tra le sue varie versioni linguistiche, la disposizione di cui trattasi sia interpretata in funzione del contesto e della finalità della normativa di cui essa costituisce un elemento (sentenza del 23 novembre 2016, Bayer CropScience e Stichting De Bijenstichting, C‑442/14, EU:C:2016:890, punto 84 e giurisprudenza ivi citata).

90      È vero che l’articolo 2, paragrafo 2, primo comma, della direttiva 2008/94 prevede che quest’ultima non incide sul diritto nazionale per quanto riguarda, in particolare, la definizione «diritto maturato», da un lato, e «diritto in corso di maturazione», dall’altro.

91      Pertanto, tale direttiva non osta a che uno Stato membro differenzi, nell’ambito dei diritti in corso di maturazione, quelli che hanno carattere definitivo. Ciò nondimeno, un siffatto margine di discrezionalità riconosciuto agli Stati membri non può condurre alla frustrazione dell’efficacia pratica delle disposizioni della suddetta direttiva e, in particolare, del suo articolo 8. Ebbene, ciò si verificherebbe qualora fosse consentito ad uno Stato membro di sottrarre talune categorie di diritti in corso di acquisizione, ai sensi del suo diritto interno, al livello minimo di tutela che si impone in forza dell’articolo 3, paragrafo 4, lettera b), della direttiva 2001/23, letto alla luce dell’articolo 8 della direttiva 2008/94, per tutti i diritti in corso di acquisizione.

92      In definitiva, spetta al giudice del rinvio verificare, tenuto conto dei principi esposti ai punti precedenti della presente sentenza, se, nei procedimenti principali, sia stato violato l’obbligo di garantire un livello minimo di tutela del lavoratore che beneficia di prestazioni a titolo di un regime complementare di previdenza aziendale.

93      In considerazione di quanto precede, alla terza, alla quinta e alla sesta questione in ciascuna delle cause riunite occorre rispondere dichiarando che l’articolo 3, paragrafo 4, lettera b), della direttiva 2001/23, letto in combinato disposto con l’articolo 8 della direttiva 2008/94, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale, come interpretata dalla giurisprudenza nazionale, in forza della quale - laddove un evento che fa scattare il diritto a prestazioni di vecchiaia a titolo di un regime complementare di previdenza aziendale si verifichi dopo l’apertura della procedura di insolvenza nel corso della quale è stato effettuato il trasferimento dell’impresa - per quanto riguarda la parte di tali prestazioni che non incombe al cessionario, da un lato, l’organismo di garanzia contro l’insolvenza determinato in base al diritto nazionale non è tenuto ad intervenire qualora i diritti a prestazioni di vecchiaia in corso di maturazione non fossero già definitivi al momento dell’apertura di tale procedura di insolvenza e, dall’altro, ai fini della determinazione dell’importo relativo alla parte di tali prestazioni di cui il suddetto organismo è responsabile, detto importo è calcolato sulla base della retribuzione mensile lorda che il lavoratore interessato percepiva al momento dell’apertura della suddetta procedura, qualora ne consegua che i lavoratori si vedono privati del livello minimo di tutela garantito da tale disposizione, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

 Sulla settima, sullottava e sulla nona questione in ciascuna delle cause riunite

94      Con la settima, l’ottava e la nona questione in ciascuna delle cause riunite, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 8 della direttiva 2008/94, nella parte in cui prevede un livello minimo di tutela dei diritti dei lavoratori maturati, o in corso di maturazione, a prestazioni di vecchiaia, sia direttamente produttivo di effetti che l’interessato possa far valere nei confronti di un organismo di garanzia di diritto privato, incaricato di riscuotere contributi obbligatori presso i datori di lavoro e che, a tal fine, può ricorrere all’esecuzione forzata, pur restando soggetto a vigilanza da parte di un’autorità pubblica dello Stato membro interessato.

95      La Corte ha già risposto, nella sentenza del 19 dicembre 2019, Pensions-Sicherungs-Verein (C‑168/18, EU:C:2019:1128), alla questione se l’articolo 8 della direttiva 2008/94 possa produrre direttamente effetti, così da poter essere invocato nei confronti di un ente di diritto privato, designato dallo Stato membro interessato come l’organismo di garanzia contro il rischio di insolvenza dei datori di lavoro in materia di pensioni aziendali. Ai punti da 52 a 57 di tale sentenza, essa ha risposto, in sostanza, in senso affermativo, a condizione, da un lato, che, tenuto conto del compito di garanzia affidato a tale organismo e delle condizioni in cui esso lo svolge, l’organismo stesso possa essere assimilato allo Stato, e, dall’altro, che tale compito si estenda effettivamente ai tipi di prestazioni di vecchiaia per le quali è richiesto il livello minimo di tutela previsto dal suddetto articolo 8.

96      Alla luce di tali considerazioni, alla settima, all’ottava ed alla nona questione in ciascuna delle cause riunite occorre rispondere dichiarando che l’articolo 8 della direttiva 2008/94, nella parte in cui prevede un livello minimo di tutela dei diritti dei lavoratori maturati, o in corso di maturazione, a prestazioni di vecchiaia, può produrre direttamente effetti, così da poter essere invocato nei confronti di un ente di diritto privato designato dallo Stato membro interessato come l’organismo di garanzia contro il rischio di insolvenza dei datori di lavoro in materia di pensioni aziendali, a condizione, da un lato, che, tenuto conto del compito di garanzia affidato a tale organismo e delle condizioni in cui esso lo svolge, l’organismo stesso possa essere assimilato allo Stato, e, dall’altro, che tale compito si estenda effettivamente ai tipi di prestazioni di vecchiaia per le quali è richiesto il livello minimo di tutela previsto dal suddetto articolo 8, circostanze che spetta al giudice del rinvio accertare.

 Sulle spese

97      Nei confronti delle parti nei procedimenti principali la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara:

1)      La direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti, in particolare alla luce dell’articolo 3, paragrafi 1 e 4, nonché dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), di quest’ultima, deve essere interpretata nel senso che, in caso di trasferimento di un’impresa soggetta a una procedura di insolvenza realizzato dal curatore fallimentare, essa non osta ad una normativa nazionale, come interpretata dalla giurisprudenza nazionale, secondo la quale, laddove l’evento che fa scattare il diritto a una pensione di vecchiaia a titolo di un regime complementare di previdenza aziendale si verifichi dopo l’apertura della procedura d’insolvenza, il cessionario non è responsabile dei diritti di un lavoratore a tale pensione di vecchiaia in corso di maturazione accumulati per i periodi di occupazione anteriori all’apertura della procedura di insolvenza, a condizione che, per quanto riguarda la parte dell’importo di cui non risponde il cessionario, i provvedimenti adottati per tutelare gli interessi dei lavoratori siano di un livello almeno equivalente a quello richiesto in forza dell’articolo 8 della direttiva 2008/94/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, relativa alla tutela dei lavoratori subordinati in caso d’insolvenza del datore di lavoro.

2)      L’articolo 3, paragrafo 4, lettera b), della direttiva 2001/23, letto in combinato disposto con l’articolo 8 della direttiva 2008/94, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale, come interpretata dalla giurisprudenza nazionale, in forza della quale - laddove un evento che fa scattare il diritto a prestazioni di vecchiaia a titolo di un regime complementare di previdenza aziendale si verifichi dopo l’apertura della procedura di insolvenza nel corso della quale è stato effettuato il trasferimento dell’impresa - per quanto riguarda la parte di tali prestazioni che non incombe al cessionario, da un lato, l’organismo di garanzia contro l’insolvenza determinato in base al diritto nazionale non è tenuto ad intervenire qualora i diritti a prestazioni di vecchiaia in corso di maturazione non fossero già definitivi al momento dell’apertura di tale procedura di insolvenza e, dall’altro, ai fini della determinazione dell’importo relativo alla parte di tali prestazioni di cui il suddetto organismo è responsabile, detto importo è calcolato sulla base della retribuzione mensile lorda che il lavoratore interessato percepiva al momento dell’apertura della suddetta procedura, qualora ne consegua che i lavoratori si vedono privati del livello minimo di tutela garantito da tale disposizione, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

3)      L’articolo 8 della direttiva 2008/94, nella parte in cui prevede un livello minimo di tutela dei diritti dei lavoratori maturati, o in corso di maturazione, a prestazioni di vecchiaia, può produrre direttamente effetti, così da poter essere invocato nei confronti di un ente di diritto privato designato dallo Stato membro interessato come l’organismo di garanzia contro il rischio di insolvenza dei datori di lavoro in materia di pensioni aziendali, a condizione, da un lato, che, tenuto conto del compito di garanzia affidato a tale organismo e delle condizioni in cui esso lo svolge, l’organismo stesso possa essere assimilato allo Stato, e, dall’altro, che tale compito si estenda effettivamente ai tipi di prestazioni di vecchiaia per le quali è richiesto il livello minimo di tutela previsto dal suddetto articolo 8, circostanze che spetta al giudice del rinvio accertare.

Firme


*      Lingua processuale: il tedesco.