Language of document : ECLI:EU:C:2010:351

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

17 giugno 2010 (*)

«Direttiva 2004/83/CE – Norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato – Apolide di origine palestinese che non ha chiesto la protezione o l’assistenza dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei profughi palestinesi nei paesi del Vicino Oriente (UNRWA) – Domanda per il riconoscimento dello status di rifugiato – Rigetto dovuto alla non sussistenza dei presupposti previsti dall’art. 1, sezione A, della Convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 – Diritto di detto apolide al riconoscimento dello status di rifugiato in forza dell’art. 12, n. 1, lett. a), seconda frase, della direttiva 2004/83»

Nel procedimento C‑31/09,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi degli artt. 68 CE e 234 CE, dal Fővárosi Bíróság (Ungheria), con decisione 15 dicembre 2008, pervenuta in cancelleria il 26 gennaio 2009, nella causa

Nawras Bolbol

contro

Bevándorlási és Állampolgársági Hivatal,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. J. N. Cunha Rodrigues (relatore), K. Lenaerts, J.-C. Bonichot, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, presidenti di sezione, dai sigg. A. Rosas, P. Kūris, J.-J. Kasel e M. Safjan, giudici,

avvocato generale: sig.ra E. Sharpston

cancelliere: sig. B. Fülöp, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 20 ottobre 2009,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la sig.ra Bolbol, dall’avv. G. Győző, ügyvéd;

–        per il governo ungherese, dalla sig.ra R. Somssich, dal sig. M. Fehér e dalla sig.ra K. Borvölgyi, in qualità di agenti;

–        per il governo belga, dalla sig.ra C. Pochet e dal sig. T. Materne, in qualità di agenti;

–        per il governo tedesco, dai sigg. M. Lumma e N. Graf Vitzthum, in qualità di agenti;

–        per il governo francese, dalla sig.ra E. Belliard, dal sig. G. de Bergues e dalla sig.ra B. Beaupère-Manokha, in qualità di agenti;

–        per il governo del Regno Unito, dalla sig.ra I. Rao, in qualità di agente;

–        per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. B. Simon e dalla sig.ra M. Condou-Durande, in qualità di agenti;

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 4 marzo 2010,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 12, n. 1, lett. a), della direttiva del Consiglio 29 aprile 2004, 2004/83/CE, recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta (GU L 304, pag. 12; in prosieguo: la «direttiva»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia pendente tra la sig.ra Bolbol, apolide di origine palestinese, e il Bevándorlási és Állampolgársági Hivatal (Ufficio per l’immigrazione e la cittadinanza; in prosieguo: il «BAH») in merito al rigetto da parte di quest’ultimo della domanda per il riconoscimento dello status di rifugiato proposta dalla sig.ra Bolbol.

 Contesto normativo

 Il diritto internazionale

 La Convenzione relativa allo status dei rifugiati

3        La Convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 [Recueil des traités des Nations Unies, vol. 189, pag. 150, n. 2545 (1954)], è entrata in vigore il 22 aprile 1954. Essa è stata completata dal Protocollo relativo allo status dei rifugiati del 31 gennaio 1967, entrato in vigore il 4 ottobre 1967 (in prosieguo: la «Convenzione di Ginevra»).

4        Ai sensi dell’art. 1, sezione A, punto 2, primo comma, della Convenzione di Ginevra, il termine «rifugiato» si applica a chiunque, «temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori dal Paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese; oppure a chiunque, non avendo una cittadinanza e trovandosi fuori dal Paese in cui aveva residenza abituale a seguito di tali avvenimenti, non può o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra».

5        L’art. 1, sezione D, della Convenzione di Ginevra così recita:

«La presente Convenzione non potrà applicarsi a coloro che beneficiano attualmente di protezione o assistenza da parte di organi o agenzie delle Nazioni Unite diversi dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati.

Qualora questa protezione o questa assistenza, per un qualunque motivo, dovessero venire a cessare senza che la situazione di queste persone sia stata definitivamente regolata in conformità con le risoluzioni adottate dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, costoro avranno pieno diritto di usufruire del regime previsto dalla presente Convenzione».

 La Commissione di conciliazione per la Palestina

6        La Commissione di conciliazione per la Palestina (United Nations Conciliation Commission for Palestine; in prosieguo: l’«UNCCP») è stata istituita con la risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite dell’11 dicembre 1948, n. 194 (III). Ai sensi del n. 11 di tale risoluzione, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite:

«Decide che occorre consentire ai rifugiati che lo desiderano di tornare alle loro case al più presto possibile e di vivere in pace con i loro vicini e che devono essere pagati indennizzi per le proprietà di coloro che scelgono di non ritornare e per la perdita o il danneggiamento di proprietà che, in virtù dei principi del diritto internazionale o secondo equità, devono essere risarciti dai governi o dalle autorità competenti;

Incarica [l’UNCCP] di facilitare il rimpatrio, il reinsediamento e il reinserimento nella vita economica e sociale dei profughi e il pagamento degli indennizzi, e di mantenere stretti rapporti con il direttore delle Nazioni Unite per il soccorso dei profughi palestinesi e, tramite quest’ultimo, con gli opportuni organi e agenzie delle Nazioni Unite».

 L’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei profughi palestinesi nei paesi del Vicino Oriente

7        La risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite dell’8 dicembre 1949, n. 302 (IV), ha istituito l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei profughi palestinesi nel Vicino Oriente (United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East; in prosieguo: l’«UNRWA»). Il mandato di quest’ultima è stato regolarmente rinnovato e il suo attuale mandato scade il 30 giugno 2011. L’area di operazioni dell’UNRWA comprende il Libano, la Repubblica araba siriana, la Giordania, la Cisgiordania (compresa Gerusalemme est) e la Striscia di Gaza.

8        Il n. 20 della risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite n. 302 (IV), dispone quanto segue:

«Incarica l’[UNRWA] di adoperarsi per una concertazione con [l’UNCCP] che consenta all’una e all’altra di soddisfare al meglio i loro rispettivi compiti, segnatamente con riferimento al paragrafo 11 della risoluzione 194 (III), adottata dall’Assemblea generale l’11 dicembre 1948».

9        Conformemente al n. 6 della risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite 4 luglio 1967, n. 2252 (ES-V), quest’ultima:

«Approva (…) gli sforzi dispiegati dal Commissario generale dell’[UNRWA] per fornire assistenza umanitaria, per quanto possibile subordinata a condizioni di emergenza e a titolo temporaneo, ad altre persone che vivono nella zona, che attualmente sono profughi e che hanno una seria necessità di immediata assistenza a causa delle recenti ostilità».

10      Ai sensi dei nn. 1‑3 della risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 5 dicembre 2008, n. 63/91, quest’ultima:

«1.      Rileva con rammarico che né il rimpatrio né il risarcimento, previsti dal n. 11 della sua risoluzione 194 (III), hanno ancora avuto luogo, e che, in conseguenza di detto stato, la situazione dei rifugiati palestinesi resta un tema di grave preoccupazione e questi ultimi continuano a necessitare di aiuto per provvedere ai loro bisogni essenziali in materia di sanità, di educazione e di sussistenza;

2.      Rileva altresì con rammarico che [l’UNCCP] non ha trovato il modo di far progredire l’applicazione del n. 11 della risoluzione 194 (III), e invita nuovamente [l’UNCCP] a proseguire i suoi sforzi in tal senso e di riferirle a tal proposito entro un termine adeguato e comunque non oltre il 1° settembre 2009;

3.      Afferma la necessità che l’opera dell’[UNRWA] prosegua nonché l’importanza delle sue operazioni, che devono essere condotte senza alcun ostacolo, e dei suoi servizi al fine del benessere e dello sviluppo umano dei rifugiati palestinesi e della stabilità nella regione, fino ad un’equa soluzione della questione dei rifugiati palestinesi».

 L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati

11      Ai sensi del paragrafo 7, lett. c), dell’allegato della risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 14 dicembre 1950, n. 428 (V), recante lo Statuto dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (United Nations High Commissioner for Refugees; in prosieguo: l’«UNHCR»), il mandato dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, quale è definito dal detto Statuto, «non si esercita (…) [s]ulle persone che continuano a beneficiare della protezione o dell’assistenza di altri organi o agenzie delle Nazioni Unite».

 La normativa dell’Unione

12      Il secondo e il terzo ‘considerando’ della direttiva così recitano:

«(2)      Il Consiglio europeo, nella riunione straordinaria di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, ha convenuto di lavorare all’istituzione di un regime europeo comune in materia di asilo basato sull’applicazione, in ogni sua componente, della Convenzione di Ginevra (…), e di garantire in tal modo che nessuno sia nuovamente esposto alla persecuzione, in ottemperanza al principio di [“non] refoulement” (…).

(3)      La Convenzione di Ginevra (…) [costituisce] la pietra angolare della disciplina giuridica internazionale relativa alla protezione dei rifugiati».

13      Il sesto ‘considerando’ della direttiva ha il seguente tenore:

«Lo scopo principale della presente direttiva è quello, da una parte, di assicurare che gli Stati membri applichino criteri comuni per identificare le persone che hanno effettivamente bisogno di protezione internazionale e, dall’altra, di assicurare che un livello minimo di prestazioni sia disponibile per tali persone in tutti gli Stati membri».

14      Il decimo ‘considerando’ è così formulato:

«La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti segnatamente nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Essa mira in particolare ad assicurare il pieno rispetto della dignità umana, il diritto di asilo dei richiedenti asilo e dei familiari al loro seguito».

15      Il sedicesimo e il diciassettesimo ‘considerando’ della direttiva hanno il seguente tenore:

«(16) Dovrebbero essere stabilite norme minime per la definizione ed il contenuto dello status di rifugiato, al fine di orientare le competenti autorità nazionali degli Stati membri nell’applicazione della Convenzione di Ginevra.

(17)      È necessario introdurre dei criteri comuni per l’attribuzione ai richiedenti asilo, della qualifica di rifugiati ai sensi dell’articolo 1 della Convenzione di Ginevra».

16      L’art. 2, lett. c)‑e), della direttiva dispone che, ai suoi fini, s’intende per:

«c)      “rifugiato”: cittadino di un paese terzo il quale, per il timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, opinione politica o appartenenza ad un determinato gruppo sociale, si trova fuori dal paese di cui ha la cittadinanza e non può o, a causa di tale timore, non vuole avvalersi della protezione di detto paese, oppure apolide che si trova fuori dal paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale per le stesse ragioni succitate e non può o, a causa di siffatto timore, non vuole farvi ritorno, e al quale non si applica l’articolo 12;

d)      “status di rifugiato”: il riconoscimento, da parte di uno Stato membro, di un cittadino di un paese terzo o di un apolide quale rifugiato;

e)      “persona ammissibile alla protezione sussidiaria”: cittadino di un paese terzo o apolide che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel paese di origine, o, nel caso di un apolide, se ritornasse nel paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno come definito all’articolo 15, e al quale non si applica l’articolo 17, paragrafi 1 e 2, e il quale non può o, a causa di tale rischio, non vuole avvalersi della protezione di detto paese».

17      Gli artt. 13 e 18 della direttiva stabiliscono che gli Stati membri riconoscono lo status di rifugiato o lo status di protezione sussidiaria ai cittadini di paesi terzi che soddisfano i requisiti di cui, rispettivamente, ai capi II e III o II e V della direttiva medesima.

18      L’art. 12, n. 1, lett. a), della direttiva, intitolato «Esclusione» e figurante nell’ambito del suo capo III, relativo ai requisiti per essere considerato rifugiato, così dispone:

«Un cittadino di un paese terzo o un apolide è escluso dallo status di rifugiato se:

a)      rientra nel campo d’applicazione dell’articolo 1D della Convenzione di Ginevra, relativo alla protezione o assistenza di un organo o di un’agenzia delle Nazioni Unite diversi dall’Alto Commissari[at]o delle Nazioni Unite per i rifugiati. Quando siffatta protezione o assistenza cessi per qualsiasi motivo, senza che la posizione di tali persone sia stata definitivamente stabilita in conformità delle pertinenti risoluzioni adottate dall’assemblea generale delle Nazioni Unite, queste persone sono ipso facto ammesse ai benefici della presente direttiva».

19      Ai sensi dell’art. 13 della direttiva vale quanto segue:

«Gli Stati membri riconoscono lo status di rifugiato al cittadino di un paese terzo o all’apolide ammissibile quale rifugiato in conformità dei capi II e III».

20      L’art. 21, n. 1, della direttiva, che figura nel suo capo VII, intitolato «Contenuto della protezione internazionale», prevede quanto segue:

«Gli Stati membri rispettano il principio di “non refoulement” in conformità dei propri obblighi internazionali».

21      Conformemente ai suoi artt. 38 e 39, la direttiva è entrata in vigore il 20 ottobre 2004 e la sua trasposizione doveva avvenire al più tardi entro il 10 ottobre 2006.

 La normativa nazionale

22      L’art. 3, n. 1, della legge del 1997 n. CXXXIX, sul diritto d’asilo, [Magyar Közlöny 1997/112 (XII.15.); in prosieguo: la «legge sul diritto d’asilo»], così dispone:

«Fatto salvo quanto disposto al n. 4, l’autorità competente in materia di asilo accorda, su sua domanda, lo status di rifugiato allo straniero che provi o consenta di concludere in modo verosimile che le disposizioni della Convenzione di Ginevra devono essere applicate nei suoi riguardi in forza dei motivi indicati all’art. 1, sezioni A e B, punto 1, lett. b), della Convenzione di Ginevra o all’art. 1, nn. 2 e 3, del Protocollo».

23      In conformità all’art. 38, n. 2, della legge sul diritto d’asilo, l’autorità competente in materia d’asilo constata, nella sua decisione di rigetto della domanda, se esista o meno un divieto di respingimento e di espulsione.

24      L’art. 51, n. 1, della legge n. II, sull’ingresso e il soggiorno dei cittadini di paesi terzi, del 2007 [a harmadik országbeli állampolgárok beutazásáról és tartózkodásáról szóló 2007. évi II. törvény, Magyar Közlöny 2007/1 (I.5.)], così prevede:

«Non può essere disposto o, eventualmente, eseguito un provvedimento di respingimento o di espulsione verso il territorio di uno Stato che, dal punto di vista dell’interessato, non è qualificabile come Stato d’origine sicuro o Stato terzo sicuro, in particolare qualora il cittadino di un paese terzo sia esposto in detto territorio al rischio di persecuzione per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale, e altresì nemmeno verso il territorio di uno Stato o alla frontiera di un territorio in relazione al quale esistano seri motivi per temere che il cittadino di uno Stato terzo espulso sarebbe esposto a tortura ovvero a un trattamento o pene crudeli, inumane e degradanti».

 Causa principale e questioni pregiudiziali

25      Dalla decisione di rinvio emerge che la sig.ra Bolbol, dopo aver lasciato assieme al coniuge la Striscia di Gaza, è entrata in Ungheria, munita di un visto, il 10 gennaio 2007. In detto Stato ha ottenuto successivamente un permesso di soggiorno dall’autorità competente in materia d’immigrazione.

26      In data 21 giugno 2007, la sig.ra Bolbol ha presentato una domanda di asilo al BAH per l’eventualità che il suo permesso di soggiorno non venisse prolungato, invocando la situazione d’incertezza regnante nella Striscia di Gaza a motivo dei quotidiani scontri tra Fatah e Hamas. La sig.ra Bolbol ha presentato tale domanda sulla base dell’art. 1, sezione D, seconda frase, della Convenzione di Ginevra, deducendo la sua situazione di Palestinese residente al di fuori dell’area di operazioni dell’UNRWA. Tra i membri della sua famiglia, solo suo padre sarebbe rimasto nella Striscia di Gaza.

27      Secondo la decisione di rinvio, la sig.ra Bolbol non è ricorsa alla tutela e all’assistenza dell’UNRWA. L’interessata sostiene, tuttavia, che essa avrebbe potuto usufruirne, avvalorando tale affermazione con il richiamo all’esistenza di una tessera di registrazione presso l’UNRWA emessa a nome della famiglia dei cugini del padre. In mancanza di documenti probatori, il convenuto nel procedimento principale mette in dubbio il legame familiare invocato dalla sig.ra Bolbol. Peraltro, malgrado le formalità espletate dalla stessa presso l’UNRWA, quest’ultima non sarebbe stata in grado di certificare il diritto della sig.ra Bolbol a essere registrata presso tale agenzia sulla base dei suoi legami familiari.

28      Nella sua decisione 14 settembre 2007, il convenuto nella causa principale ha respinto la domanda di asilo della sig.ra Bolbol, pur rilevando che contro quest’ultima non poteva essere adottato un provvedimento di allontanamento.

29      Il rigetto della domanda di asilo della sig.ra Bolbol è fondato sull’art. 3, n. 1, della legge sul diritto d’asilo. Secondo la motivazione della decisione di rigetto, l’art. 1, sezione D, seconda frase, della Convenzione di Ginevra non impone il riconoscimento incondizionato dello status di rifugiato, bensì circoscrive la categoria di persone cui sono applicabili le disposizioni di tale Convenzione. Ne risulterebbe che i Palestinesi devono essere ammessi alla procedura che consente di ottenere lo status di rifugiato e che occorre verificare se rispondano alla definizione di «rifugiato» ai sensi dell’art. 1, sezione A, di tale Convenzione. Secondo la stessa decisione, alla sig.ra Bolbol non può essere riconosciuto lo status di rifugiato dal momento che non le sarebbe applicabile l’art. 1, sezione A, della Convenzione di Ginevra considerato che essa non avrebbe lasciato il suo Stato di origine a causa di persecuzioni per motivi di razza, religione o nazionalità, o per ragioni politiche.

30      Dalla decisione di rinvio risulta che la sig.ra Bolbol beneficia del divieto di espulsione in forza degli artt. 38 della legge sul diritto d’asilo e 51, n. 1, della legge n. II del 2007, relativa all’ingresso e al soggiorno, in ragione del fatto che la riammissione dei Palestinesi dipenderebbe dalla volontà delle autorità israeliane e che la sig.ra Bolbol sarebbe esposta alla tortura o a trattamenti disumani e degradanti nella Striscia di Gaza, a causa delle circostanze critiche ivi esistenti.

31      La sig.ra Bolbol chiede al giudice del rinvio di riformare la decisione di rigetto del BAH, accordandole lo status di rifugiato in base all’art. 1, sezione D, seconda frase, della Convenzione di Ginevra, che, a suo giudizio, costituisce un titolo autonomo per il riconoscimento dello status di rifugiato. Invero, dal momento che sussistono i presupposti previsti da tale disposizione, essa avrebbe il diritto a che le sia riconosciuto lo status di rifugiato indipendentemente dalla questione se sia altresì considerata come una rifugiata ai sensi della sezione A dello stesso articolo. Secondo la sig.ra Bolbol, il detto art. 1, sezione D, è inteso a precisare che, se una persona registrata o legittimata alla registrazione all’UNRWA soggiorna, per un qualsiasi motivo, al di fuori dell’area di operazioni di tale agenzia e, per seri motivi, non ci si può attendere che vi ritorni, gli Stati parte della Convenzione di Ginevra devono riconoscerle automaticamente lo status di rifugiato. Alla luce del fatto che, per linea paterna, essa avrebbe diritto ad essere registrata presso l’UNRWA, ma risiede in Ungheria, e, pertanto, al di fuori dell’area di operazioni di tale organo, dovrebbe esserle riconosciuto lo status di rifugiato senza ulteriori verifiche.

32      Il convenuto nella causa principale chiede il rigetto del ricorso, affermando che l’istanza della sig.ra Bolbol finalizzata all’ottenimento dello status di rifugiato è priva di fondamento, in quanto l’interessata non avrebbe lasciato il suo paese per uno dei motivi elencati all’art. 1, sezione A, della Convenzione di Ginevra e la sezione D dello stesso articolo non conferirebbe automaticamente un diritto al riconoscimento dello status di rifugiato, ma rappresenterebbe esclusivamente una disposizione relativa all’ambito di applicazione ratione personae della Convenzione. Pertanto, i Palestinesi avrebbero diritto a ottenere tale status solo nei limiti in cui rispondano alla definizione della nozione di «rifugiato» di cui all’art. 1, sezione A, di detta Convenzione, la qual cosa dovrebbe essere verificata caso per caso.

33      Il giudice del rinvio rileva che la questione giuridica sottoposta nella causa principale dev’essere risolta sul fondamento dell’art. 12, n. 1, lett. a), della direttiva. Poiché la domanda di cui alla causa principale sarebbe stata proposta il 21 giugno 2007, data alla quale nel diritto nazionale ungherese non era ancora stato trasposto detto articolo, si dovrebbero nel caso di specie applicare direttamente le disposizioni del diritto dell’Unione.

34      Secondo il giudice del rinvio, l’art. 1, sezione D, della Convenzione di Ginevra si presta a diverse interpretazioni. Nell’ottobre 2002, l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati avrebbe adottato una guida «Sull’applicabilità dell’art. 1, sezione D, della Convenzione di Ginevra ai rifugiati palestinesi». Tuttavia, tale guida non fornirebbe informazioni sufficientemente chiare e inequivoche per garantire l’applicazione uniforme di tale disposizione nei confronti dei Palestinesi. Poiché la direttiva contiene un rinvio al detto art. 1, sezione D, la Corte sarebbe competente a chiarirne il significato.

35      Ciò considerato, il Fővárosi Bíróság (Tribunale di Budapest) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«Ai fini dell’applicazione dell’art. 12, n. 1, lett. a), della direttiva del Consiglio 2004/83/CE:

1)      Se si debba ritenere che una persona benefici della protezione e dell’assistenza di un’agenzia delle Nazioni Unite per il solo fatto di aver diritto a detta assistenza o protezione o se sia necessario che sia effettivamente ricorsa alla protezione o all’assistenza.

2)      Se la cessazione della protezione o dell’assistenza della detta agenzia implichi il soggiorno al di fuori della sua area di operazioni, la cessazione dell’attività dell’agenzia, il fatto che quest’ultima non possa offrire la protezione o l’assistenza o, eventualmente, un impedimento oggettivo a causa del quale la persona avente diritto alla protezione o all’assistenza non possa ricorrervi.

3)      Se il fatto di essere ammesso ai benefici della direttiva comporti il riconoscimento dello status di rifugiato o di una qualsiasi delle due forme di protezione incluse nell’ambito di applicazione della direttiva (lo status di rifugiato e il riconoscimento della protezione sussidiaria) in funzione della scelta effettuata dallo Stato membro, oppure, se del caso, [non comporti] automaticamente [il riconoscimento di] alcuna di dette forme ma [porti] solo [a ritenere che l’interessato rientri] nell’ambito di applicazione ratione personae della direttiva».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Osservazioni preliminari

36      La direttiva è stata adottata, in particolare, sul fondamento dell’art. 63, primo comma, punto 1), lett. c), CE, il quale incaricava il Consiglio dell’Unione europea di adottare misure relative all’asilo, conformemente alla Convenzione di Ginevra e agli altri trattati pertinenti, nell’ambito delle norme minime relative all’attribuzione dello status di rifugiato a cittadini di paesi terzi.

37      Dal terzo, dal sedicesimo e dal diciassettesimo ‘considerando’ della direttiva risulta che la Convenzione di Ginevra costituisce la pietra angolare della disciplina giuridica internazionale relativa alla protezione dei rifugiati e che le disposizioni della direttiva relative alle condizioni per il riconoscimento dello status di rifugiato nonché al contenuto del medesimo sono state adottate al fine di aiutare le autorità competenti degli Stati membri ad applicare detta Convenzione basandosi su nozioni e criteri comuni (v., sentenza 2 marzo 2010, cause riunite C‑175/08, C‑176/08, C‑178/08 e C‑179/08, Salahadin Abdulla e a., non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 52).

38      L’interpretazione delle disposizioni della direttiva deve pertanto essere effettuata alla luce dell’economia generale e della finalità di questa direttiva, nel rispetto della Convenzione di Ginevra e degli altri trattati pertinenti di cui all’art. 63, primo comma, punto 1), CE. Tale interpretazione deve parimenti essere operata, come deriva dal decimo ‘considerando’ della direttiva, nel rispetto dei diritti fondamentali nonché dei principi riconosciuti segnatamente nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (sentenza Salahadin Abdulla e a., cit., punti 53 e 54).

 Sulla prima questione

39      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede di sapere se, ai fini dell’applicazione dell’art. 12, n. 1, lett. a), primo periodo, della direttiva, una persona benefici della protezione o dell’assistenza di un’agenzia delle Nazioni Unite diversa dall’UNHCR per il solo fatto che tale persona ha diritto a detta protezione o a detta assistenza, o se sia necessario che sia effettivamente ricorsa alla protezione o all’assistenza.

40      Preliminarmente, va rammentato che, nell’ambito di un rinvio pregiudiziale, è al giudice nazionale che spetta stabilire i fatti.

41      Come indicato al punto 27 della presente sentenza, la sig.ra Bobol non è ricorsa alla tutela o all’assistenza dell’UNRWA.

42      Ai sensi dell’art. 12, n. 1, lett. a), prima frase, della direttiva, figurante nel suo capo III, relativo ai presupposti per essere considerato rifugiato, un cittadino di un paese terzo o un apolide è escluso dallo status di rifugiato «se rientra nel campo d’applicazione dell’articolo 1D della Convenzione di Ginevra, relativo alla protezione o assistenza di un organo o di un’agenzia delle Nazioni Unite diversi dall’[UNHCR]».

43      L’art. 1, sezione D, della Convenzione di Ginevra dispone che quest’ultima non è applicabile a «coloro che beneficiano attualmente di protezione o assistenza» da parte di un tale organo o di una tale agenzia delle Nazioni Unite.

44      È pacifico che l’UNRWA costituisce uno degli organi ed agenzie delle Nazioni Unite diversi dall’UNHCR di cui all’art. 12, n. 1, lett. a), della direttiva e all’art. 1, sezione D, della Convenzione di Ginevra, e quest’ultimo è stato adottato proprio con riferimento alla peculiare situazione dei rifugiati palestinesi che beneficino dell’assistenza o della protezione da parte dell’UNRWA, come risulta segnatamente dalla proposta di direttiva del Consiglio presentata dalla Commissione il 12 settembre 2001 [COM (2001) 510 def.].

45      Come l’avvocato generale ha osservato ai paragrafi 12 e 13 delle sue conclusioni, dalla «Versione consolidata delle istruzioni per la candidatura e la registrazione» (Consolidated Eligibility and Registration Instructions; in prosieguo: le «CERI») dell’UNRWA, la cui versione attualmente applicabile è stata adottata nel 2009, risulta che, benché il termine «rifugiato palestinese» si applichi, ai fini dell’UNRWA, a tutte «le persone che nel periodo compreso tra il 1° giugno 1946 e il 15 maggio 1948 risiedevano abitualmente in Palestina e che in seguito alla guerra del 1948 hanno perduto casa e mezzi di sussistenza» (punto III.A. 1 delle CERI), anche altre persone possono chiedere di beneficiare dell’assistenza o della protezione dell’UNRWA. Tra di esse figurano le persone «non registrate come profughe a seguito dei fatti del 1967 e delle successive ostilità» [punto III.B delle CERI; v. anche, in particolare, il n. 6 della risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 4 luglio 1967, n. 2252 (ES-V)].

46      Ciò premesso, non si può immediatamente escludere che una persona quale la sig.ra Bolbol, non registrata presso l’UNRWA, possa nondimeno far parte delle persone che rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 1, sezione D, della Convenzione di Ginevra e, pertanto, dell’art. 12, n. 1, lett. a), prima frase, della direttiva.

47      Contrariamente alla tesi difesa dal governo del Regno Unito, non può essere sostenuto – per negare che le persone transfughe a seguito delle ostilità del 1967 siano incluse nell’ambito di applicazione dell’art. 1, sezione D, della Convenzione di Ginevra – che solo i rifugiati palestinesi in seguito al conflitto del 1948, che hanno beneficiato dell’assistenza o della protezione dell’UNRWA al momento della conclusione della Convenzione di Ginevra nella sua versione iniziale nel 1951, verrebbero presi in considerazione dall’art. 1, sezione D, della stessa, e, quindi, dall’art. 12, n. 1, lett. a), della direttiva.

48      Infatti, la Convenzione di Ginevra nella sua versione iniziale del 1951 è stata emendata tramite il protocollo relativo allo Statuto dei rifugiati del 31 gennaio 1967 proprio al fine di consentire un’interpretazione evolutiva della detta Convenzione e per tenere conto di nuove categorie di rifugiati, diversi da quelli che lo sono divenuti a seguito di «avvenimenti sopravvenuti prima del 1° gennaio 1951».

49      Pertanto, al fine di valutare se una persona quale la sig.ra Bolbol rientri nell’ambito di applicazione dell’art. 12, n. 1, lett. a), prima frase, della direttiva, è necessario appurare, come chiede il giudice del rinvio, se sia sufficiente rilevare che una siffatta persona è legittimata a beneficiare dell’aiuto fornito dall’UNRWA o se debba essere dimostrato che essa ha effettivamente beneficiato del detto aiuto.

50      L’art. 1, sezione D, della Convenzione di Ginevra, richiamato dall’art. 12, n. 1, lett. a), della direttiva, si limita ad escludere dall’ambito di applicazione della detta Convenzione coloro che «beneficiano attualmente» della protezione o dell’assistenza di un organo o di un’agenzia delle Nazioni Unite diversi dall’UNHCR.

51      Dal chiaro tenore dell’art. 1, sezione D, della Convenzione di Ginevra risulta che solo le persone che sono effettivamente ricorse all’aiuto fornito dall’UNRWA rientrano nell’ambito della clausola di esclusione dello status di rifugiato ivi enunciato che, in quanto tale, va interpretata restrittivamente, e non può pertanto riguardare anche le persone che semplicemente hanno o avevano i requisiti per beneficiare della protezione o dell’assistenza di tale Agenzia.

52      Se la registrazione presso l’UNRWA è una prova sufficiente del beneficio effettivo di un aiuto da parte sua, al punto 45 della presente sentenza è stato spiegato che un aiuto di questo tipo può essere fornito anche in assenza di una tale registrazione, nel qual caso si deve consentire al beneficiario di apportare la prova con ogni altro mezzo.

53      Alla luce delle precedenti considerazioni, si deve risolvere la prima questione sollevata nel senso che, ai fini dell’applicazione dell’art. 12, n. 1, lett. a), prima frase, della direttiva 2004/83, una persona beneficia della protezione o dell’assistenza di un’agenzia delle Nazioni Unite diversa dall’UNHCR se tale persona è effettivamente ricorsa a detta protezione o a detta assistenza, ciò che non vale per la sig.ra Bolbol.

54      Occorre aggiungere che coloro che non sono effettivamente ricorsi alla tutela o all’assistenza dell’UNRWA prima della loro domanda per il riconoscimento dello status di rifugiato, possono, comunque, far esaminare tale domanda ai sensi dell’art. 2, lett. c), della direttiva.

 Sulla seconda e sulla terza questione

55      Come è stato rilevato al punto 41 della presente sentenza, la sig.ra Bolbol non è ricorsa alla protezione o all’assistenza dell’UNRWA.

56      In tali circostanze, alla luce della soluzione fornita alla prima questione, non è necessario risolvere le altre questioni sollevate.

 Sulle spese

57      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

Ai fini dell’applicazione dell’art. 12, n. 1, lett. a), prima frase, della direttiva del Consiglio 29 aprile 2004, 2004/83/CE, recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta, una persona fruisce della protezione o dell’assistenza di un’agenzia delle Nazioni Unite diversa dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati se è effettivamente ricorsa a detta protezione o a detta assistenza.

Firme


* Lingua processuale: l’ungherese.