Language of document : ECLI:EU:C:2020:451

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MICHAL BOBEK

presentate l’11 giugno 2020(1)

Causa C300/19

UQ

contro

Marclean Technologies, SLU,

con l’intervento di:

Ministerio Fiscale,

Fondo de Garantía Salarial

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Juzgado de lo Social n. 3 de Barcelona (Tribunale del lavoro n. 3 di Barcellona, Spagna)]

«Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Licenziamenti collettivi – Direttiva 98/59/CE – Articolo 1, paragrafo 1, lettera a) – Periodo di riferimento per il calcolo del numero di licenziamenti»






I.      Introduzione

1.        La direttiva 98/59/CE del Consiglio, del 20 luglio 1998, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi (2), mira ad offrire una tutela rafforzata ai lavoratori concedendo agli stessi (e alle loro associazioni) taluni diritti specifici in caso di licenziamenti collettivi. Tale direttiva si applica quando sono soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 1 della medesima. Una di tali condizioni riguarda il numero di licenziamenti che si verificano in un determinato periodo (di 30 o 90 giorni, a seconda della scelta effettuata da ogni Stato membro).

2.        Le questioni sollevate nel caso di specie riguardano il metodo da utilizzare per individuare tale periodo. In termini più semplici, come si dovrebbe calcolare tale periodo, quando un (ex) lavoratore e il suo (ex) datore di lavoro non concordano sul fatto che vi sia stato un numero di licenziamenti sufficiente a determinare l’applicazione della direttiva 98/59?

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

3.        L’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 98/59 stabilisce quanto segue:

«Ai fini dell’applicazione della presente direttiva:

a)      per licenziamento collettivo si intende ogni licenziamento effettuato da un datore di lavoro per uno o più motivi non inerenti alla persona del lavoratore se il numero dei licenziamenti effettuati è, a scelta degli Stati membri:

i)      per un periodo di 30 giorni:

–        almeno pari a 10 negli stabilimenti che occupano abitualmente più di 20 e meno di 100 lavoratori;

–        almeno pari al 10% del numero dei lavoratori negli stabilimenti che occupano abitualmente almeno 100 e meno di 300 lavoratori;

–        almeno pari a 30 negli stabilimenti che occupano abitualmente almeno 300 lavoratori;

ii)      oppure, per un periodo di 90 giorni, almeno pari a 20, indipendentemente dal numero di lavoratori abitualmente occupati negli stabilimenti interessati;

(…)

Per il calcolo del numero dei licenziamenti previsti nel primo comma, lettera a), sono assimilate ai licenziamenti le cessazioni del contratto di lavoro verificatesi per iniziativa del datore di lavoro per una o più ragioni non inerenti alla persona del lavoratore, purché i licenziamenti siano almeno cinque».

4.        L’articolo 2 della direttiva 98/59 così prevede:

«1.      Quando il datore di lavoro prevede di effettuare licenziamenti collettivi, deve procedere in tempo utile a consultazioni con i rappresentanti dei lavoratori al fine di giungere ad un accordo.

(…)»

5.        L’articolo 3 della direttiva 98/59 così dispone:

«1.      Il datore di lavoro deve notificare per iscritto ogni progetto di licenziamento collettivo all’autorità pubblica competente.

(…)

La notifica dovrà contenere tutte le informazioni utili concernenti il progetto di licenziamento collettivo e le consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori previste all’articolo 2, segnatamente i motivi del licenziamento, il numero dei lavoratori che dovranno essere licenziati, il numero dei lavoratori abitualmente occupati ed il periodo nel corso del quale s’effettueranno i licenziamenti.

(…)»

6.        L’articolo 5 della direttiva 98/59 prevede quanto segue:

«La presente direttiva non pregiudica la facoltà degli Stati membri di applicare o di introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli ai lavoratori (...)».

B.      Diritto nazionale

7.        L’articolo 51 della Ley del Estatuto de los Trabajadores (Statuto dei lavoratori; in prosieguo: l’«ET») prevede quanto segue:

«Ai fini della presente legge, per “licenziamento collettivo” si intende la cessazione di contratti di lavoro per motivi economici, tecnici, organizzativi o legati alla produzione, allorché, nell’arco di 90 giorni, la cessazione riguardi almeno:

a)      10 lavoratori in imprese che occupano meno di 100 lavoratori;

b)      il 10% del numero di lavoratori in un’impresa che occupa tra i 100 e i 300 lavoratori;

c)      30 lavoratori in imprese che occupano oltre 300 lavoratori.

(…)

Ai fini del calcolo del numero di cessazioni di contratti di cui al primo comma del presente paragrafo, si deve anche tener conto di ogni altra cessazione, avvenuta nel periodo di riferimento su iniziativa del datore di lavoro, per altri motivi non inerenti alla persona del lavoratore e distinti da quelli previsti all’articolo 49, paragrafo 1, lettera c), della presente legge, purché il numero dei dipendenti interessati non sia inferiore a cinque.

Quando, in successivi periodi di 90 giorni e al fine di eludere i requisiti di cui al presente articolo, un’impresa realizza cessazioni di contratti ai sensi dell’articolo 52, lettera c), della presente legge in numero inferiore alle soglie indicate e senza che vi siano nuove cause che giustifichino siffatta azione, tali nuove cessazioni si considerano effettuate in frode alla legge e sono dichiarate nulle».

8.        L’articolo 122, paragrafo 2, della Ley 36/2011 reguladora de la jurisdicción social (Legge che disciplina i tribunali del lavoro) stabilisce che la cessazione di un contratto è nulla «qualora sia stato commesso un abuso di diritto, eludendo le disposizioni previste in materia di licenziamenti collettivi».

III. Fatti, procedimenti dinanzi ai giudici nazionali e questioni pregiudiziali

9.        La ricorrente nel procedimento principale ha iniziato a lavorare per la società Marclean Technologies, SLU il 31 ottobre 2016. Il 28 maggio 2018 si è trovata in una situazione di inabilità temporanea al lavoro. Il 31 maggio 2018 è stata licenziata.

10.      Alla fine, la Marclean Technologies ha riconosciuto l’illegittimità del suo licenziamento, ma ha sostenuto che era il risultato del calo della sua attività commerciale e delle violazioni del contratto da parte della lavoratrice. Sembrerebbe che altri lavoratori siano stati licenziati per le stesse ragioni.

11.      La ricorrente ha ricevuto un indennizzo corrispondente, secondo la società, a quello dovuto nei casi in cui il licenziamento sia dichiarato illegittimo con provvedimento del giudice. L’11 giugno 2018, la ricorrente ha proposto ricorso avverso il licenziamento nei confronti della Marclean Technologies dinanzi al Juzgado de lo Social n. 3 de Barcelona (Tribunale del lavoro n. 3 di Barcellona, Spagna). Ella ha chiesto di dichiarare la nullità o, in subordine, l’illegittimità del licenziamento. La ricorrente ha sostenuto che il suo licenziamento faceva parte di licenziamenti collettivi occulti. A tale proposito, ha fatto riferimento alla circostanza che, tra il 31 maggio e il 14 agosto 2018, sette persone avevano cessato di lavorare per la società (quattro per motivi non inerenti alla persona del lavoratore, due per dimissioni e uno a causa della scadenza di un contratto a tempo determinato). Successivamente, il 15 agosto 2018, altre 29 persone hanno lasciato la società. Poiché avevano tutti presentato una lettera di dimissioni il 26 luglio 2018, la società ha ritenuto che avessero tutti rassegnato le dimissioni volontariamente.

12.      Il 15 agosto 2018 la Marclean Technologies ha cessato completamente le proprie attività commerciali. Il 16 agosto 2018, tutte le 29 persone, che avevano lasciato tale società il giorno precedente, sono state assunte da un’altra società, la Risk Steward, SL.

13.      Il giudice del rinvio considera queste ultime cessazioni del rapporto di lavoro non volute dal lavoratore, e pertanto quali «licenziamenti» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 98/59. Tuttavia, poiché sono avvenute in seguito al licenziamento della ricorrente, il giudice del rinvio nutre dubbi sul fatto che possano essere prese in considerazione per dimostrare che si siano verificati licenziamenti collettivi.

14.      Secondo il giudice del rinvio, a seguito di una sentenza del Tribunal Supremo (Corte Suprema, Spagna) dell’11 gennaio 2017, la giurisprudenza nazionale interpreta l’articolo 51, paragrafo 1, dell’ET come segue. Per dimostrare l’esistenza di licenziamenti collettivi vengono prese in considerazione solo le cessazioni del rapporto di lavoro avvenute nei 90 giorni precedenti la data del licenziamento individuale in questione. Le cessazioni avvenute nei 90 giorni successivi a tale data possono essere considerate solo se il datore di lavoro ha agito in modo abusivo.

15.      Pertanto, nutrendo dubbi sul metodo necessario per individuare il periodo pertinente da prendere in considerazione per stabilire se le cessazioni del rapporto di lavoro siano qualificabili come licenziamenti collettivi ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 98/59, il Juzgado de lo Social n. 3 de Barcelona (Tribunale del lavoro n. 3 di Barcellona) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), punti i) e ii), della [direttiva 98/59] debba essere interpretato nel senso che il periodo di riferimento di 30 o 90 giorni che costituisce il presupposto della sussistenza di un licenziamento collettivo deve essere sempre calcolato precedentemente alla data del licenziamento individuale impugnato.

2)      Se l’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), punti i) e ii), della [direttiva 98/59] possa essere interpretato nel senso che il periodo di riferimento di 30 o 90 giorni che costituisce il presupposto della sussistenza di un licenziamento collettivo può essere calcolato a far data dal licenziamento individuale impugnato senza necessità che le cessazioni successive siano dichiarate fraudolente.

3)      Se, in relazione ai periodi di riferimento di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), punti i) e ii), della [direttiva 98/59], sia ammissibile un’interpretazione che consenta di tenere conto delle cessazioni o dei licenziamenti intervenuti nell’arco di 30 o 90 giorni, periodo in cui ricade il licenziamento impugnato».

16.      Il governo polacco e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte nel presente procedimento.

IV.    Analisi

17.      Con le sue tre questioni, che è opportuno esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede alla Corte di chiarire le modalità di calcolo del periodo di riferimento di 30 o 90 giorni previsto dall’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), punti i) e ii), della direttiva 98/59.

18.      Prima di passare all’esame di tale problema specifico, desidero ricordare che l’applicabilità della direttiva 98/59 presuppone l’esistenza di «licenziamenti collettivi» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della stessa. Tale disposizione stabilisce tre condizioni cumulative: (1) le cessazioni dei contratti di lavoro devono essere «licenziamenti», (2) il numero di licenziamenti deve raggiungere una certa soglia quantitativa e (3) la soglia deve essere raggiunta entro un certo periodo di tempo.

19.      Per quanto riguarda la prima condizione, i licenziamenti ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 98/59 sono «licenziamenti effettuati da un datore di lavoro per uno o più motivi non inerenti alla persona del lavoratore» (3). Come ha chiarito la Corte nella sentenza Pujante Rivera, ciò significa «qualsiasi cessazione del contratto di lavoro non voluta dal lavoratore e, quindi, senza il suo consenso» (4). Sussiste inoltre un licenziamento quando la cessazione del rapporto di lavoro dipende dal «datore di lavoro [che procede], unilateralmente e a svantaggio del lavoratore – a una modifica sostanziale degli elementi essenziali del suo contratto di lavoro per ragioni non inerenti alla persona del lavoratore stesso (5)».

20.      Per quanto riguarda la seconda condizione, per calcolare il numero totale di licenziamenti nel periodo di riferimento, altre cessazioni del contratto di lavoro per iniziativa del datore di lavoro possono essere assimilate ai licenziamenti ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, ultimo comma, della direttiva 98/59, quando sono soddisfatte determinate condizioni. L’espressione «per iniziativa del datore di lavoro» implica, come ha chiarito la Corte, una «manifestazione diretta della volontà del datore di lavoro consistente nell’adottare un’iniziativa» (6). Tali cessazioni del contratto sono quindi diverse dai licenziamenti «in considerazione della mancanza di consenso da parte del lavoratore» (7).

21.      Spetterà al giudice del rinvio determinare, alla luce di tali principi, se le cessazioni del rapporto di lavoro degli altri lavoratori, che hanno lasciato la società nel periodo di riferimento, siano state «licenziamenti» (o possano essere assimilate ai licenziamenti) ai sensi della direttiva 98/59, e se il loro numero complessivo abbia raggiunto la soglia richiesta.

22.      Passando ora alla terza condizione dei «licenziamenti collettivi» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 98/59, come si dovrebbe calcolare il periodo di riferimento in cui i licenziamenti devono essersi verificati?

23.      L’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 98/59 ha dato agli Stati membri la possibilità di scegliere la durata del periodo di tempo in cui tutti i licenziamenti devono essere «aggregati» al fine di verificare se sia stata rispettata la soglia stabilita da tale disposizione. Gli Stati membri possono scegliere tra un periodo di 30 giorni (punto i) o un periodo di 90 giorni (punto ii).

24.      Sembra che il Regno di Spagna abbia scelto di combinare le due opzioni previste all’articolo 1, paragrafo 1), lettera a), punti i) e ii) della direttiva 98/59 (8). Così facendo, sembrerebbe che tale Stato membro abbia quindi esteso la nozione di «licenziamenti collettivi».

25.      Conformemente all’articolo 5 della direttiva 98/59, quest’ultima «non pregiudica la facoltà degli Stati membri di applicare o di introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli ai lavoratori». La Corte ha inoltre confermato, nella sentenza Confédération Générale du travail e a., che «le soglie fissate dall’articolo 1, paragrafo 1), della direttiva 98/59 costituisc[o]no (...) prescrizioni minime, alle quali gli Stati membri possono derogare (...) in senso più favorevole ai lavoratori» (9).

26.      Il punto cruciale del caso di specie non è la potenziale combinazione di entrambi i periodi di tempo, ma il metodo che dovrebbe essere utilizzato per calcolare i periodi di riferimento previsti dall’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 98/59.

27.      I termini utilizzati nell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 98/59 sono nozioni di diritto dell’Unione. Il loro significato e la loro portata devono essere quindi interpretati in modo autonomo e uniforme, tenendo conto del contesto della disposizione e della finalità della normativa in questione. Ciò garantisce che gli Stati membri non alterino l’ambito di applicazione della direttiva (10). Di conseguenza, il calcolo del periodo di 30 o 90 giorni, previsto dall’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 98/59, non può essere subordinato a norme di diritto nazionale.

28.      Ciò non chiarisce, tuttavia, come debba essere determinato il periodo di riferimento in cui si può tener conto di altri licenziamenti ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 98/59. Diverse interpretazioni sono, almeno in teoria, possibili. Lo stesso giudice del rinvio ha suggerito tre diversi metodi per il calcolo del periodo di riferimento. Il governo polacco, nelle sue osservazioni, ne ha proposto un altro.

29.      I primi due metodi suggeriti dal giudice del rinvio consistono nel determinare il periodo di riferimento o solo retrospettivamente, o solo prospetticamente, a partire dalla data del licenziamento individuale. Pertanto, solo i licenziamenti che avvengono prima o dopo, rispettivamente, il licenziamento in questione, possono essere conteggiati ai fini delle soglie richieste.

30.      Nessuna di queste due interpretazioni risulta convincente.

31.      Anzitutto, nessuna limitazione di tal genere del periodo di riferimento è prevista nel testo dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 98/59. Tale disposizione fa riferimento, in termini alquanto generali, a «un periodo di 30 giorni» e a «un periodo di 90 giorni» (11). Mi sembra che, secondo il significato comune di detti termini, ciò indichi qualsiasi periodo di 30 o 90 giorni.

32.      Inoltre, l’unica condizione che si può dedurre dalla logica e dal contesto è che tali periodi dovrebbero essere consecutivi, senza possibilità di sospensione o interruzione. In primo luogo, nessun’altra disposizione della stessa direttiva prevede tale possibilità. In secondo luogo, lo scopo generale della direttiva è quello di cogliere alcuni tipi di comportamento da parte dei datori di lavoro entro un determinato periodo di tempo, che deve essere ragionevolmente prevedibile e verificabile.

33.      Queste due interpretazioni sembrerebbero anche in conflitto con l’obiettivo della normativa in questione. La direttiva 98/59 mira a garantire una tutela rafforzata ai lavoratori in caso di licenziamenti collettivi (12). Limitare i licenziamenti rilevanti ai fini della direttiva 98/59 solo a quelli avvenuti prima o dopo un licenziamento individuale difficilmente contribuirebbe al raggiungimento di tale obiettivo. Infatti, secondo tale approccio «unilaterale», meno licenziamenti rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 98/59, riducendo così notevolmente la portata di tale strumento.

34.      Inoltre, siffatta determinazione ex ante e rigida del periodo di riferimento può produrre risultati arbitrari per i lavoratori interessati. Se il periodo di riferimento fosse calcolato solo retrospettivamente (in altri termini, a ritroso) a partire dalla data del licenziamento individuale in questione, ciò significherebbe che qualsiasi cosa accadesse dopo tale data limite non potrebbe essere presa in considerazione. Ciò avverrebbe, anche se, ad esempio, tutti i licenziamenti eventualmente rilevanti per decidere se la rispettiva soglia sia stata raggiunta si verificassero successivamente. Lo stesso dicasi, ma all’inverso, se il periodo di riferimento fosse calcolato solo prospetticamente, non consentendo di tener conto del numero o del tipo di licenziamenti avvenuti prima del licenziamento del singolo lavoratore in questione.

35.      Pertanto, non trovo alcun sostegno nella direttiva 98/59 per il calcolo del periodo di riferimento ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), solo retrospettivamente o solo prospetticamente per quanto riguarda il lavoratore interessato che propone un ricorso dinanzi ad un giudice nazionale.

36.      Oltre a ciò, a mio avviso, entrambi i periodi minimi previsti da tale disposizione sono per loro natura oggettivi. Il calcolo e lo svolgimento di tale periodo non dipendono da alcuna condizione di abuso da parte del datore di lavoro. L’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), di tale direttiva non distingue tra licenziamenti abusivi e non abusivi. Pertanto, sebbene un potenziale abuso sotto forma di occultamento della reale natura dei licenziamenti possa essere eventualmente discusso indirettamente in base alla prima o alla seconda condizione di applicabilità dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a) (13), esso non ha alcun impatto sulla durata o sullo svolgimento del periodo di riferimento in questione.

37.      Inoltre, per ragioni analoghe, reputo anche l’approccio suggerito dal governo polacco non corretto. Tale governo sostiene che il punto di riferimento per l’inizio del periodo rilevante di 30 o 90 giorni deve essere il primo licenziamento eseguito secondo il piano del datore di lavoro per procedere ai licenziamenti collettivi. Finché un licenziamento rientra nel periodo di 30 o 90 giorni, determinato con riferimento al piano del datore di lavoro, esso fa parte dei licenziamenti collettivi e il lavoratore interessato dovrebbe beneficiare delle tutele offerte dalla direttiva 98/59.

38.      Il governo polacco interpreta quindi l’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 98/59 alla luce degli articoli da 2 a 4 della stessa. Queste ultime disposizioni stabiliscono taluni obblighi, in particolare di informazione e consultazione, per i datori di lavoro che prevedono di effettuare licenziamenti collettivi. A tale proposito, il governo polacco sottolinea inoltre che, nella sentenza Junk, la Corte ha dichiarato che il datore di lavoro è tenuto a rispettare tali obblighi di informazione, consultazione e notifica prima di qualsiasi decisione di esecuzione di licenziamenti collettivi (14).

39.      Tuttavia, siffatto approccio sarebbe problematico, se non estremamente pericoloso. I licenziamenti che sono tali ai sensi della direttiva 98/59 devono essere determinati in modo obiettivo, esclusivamente sulla base dei criteri stabiliti dall’articolo 1 della stessa. Il fatto che i licenziamenti dei lavoratori facciano o meno parte di un piano concepito in precedenza dal datore di lavoro potrebbe avere una certa rilevanza probatoria, ma non è certamente decisivo in questo contesto. Una volta che il numero dei licenziamenti collettivi effettuati da un datore di lavoro raggiunge la soglia prevista dalla direttiva 98/59, le norme di tale strumento diventano applicabili, indipendentemente dall’intenzione soggettiva del datore di lavoro.

40.      L’interpretazione proposta dal governo polacco porterebbe a un risultato paradossale. Il godimento, da parte dei lavoratori, dei diritti previsti dalla direttiva 98/59 sarebbe subordinato al rispetto, da parte del datore di lavoro, degli obblighi ivi stabiliti. Un datore di lavoro che, intenzionalmente o per negligenza, non comunichi le informazioni richieste alle autorità e ai rappresentanti dei lavoratori, priverebbe in pratica i suoi lavoratori della tutela garantita dalla direttiva 98/59. Siffatta interpretazione è chiaramente in contrasto con l’obiettivo di «rafforzare la tutela dei lavoratori» (15).

41.      Alla luce delle suesposte considerazioni, ritengo che l’interpretazione corretta dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 98/59 sia la terza suggerita dal giudice del rinvio e sostenuta anche dalla Commissione.

42.      La tutela di un lavoratore ai sensi della direttiva 98/59 sarà attivata, compreso l’accesso alle procedure giudiziarie e/o amministrative per l’applicazione dei diritti garantiti da tale direttiva ai sensi dell’articolo 6, se il lavoratore è stato licenziato entro un periodo consecutivo di 30 o 90 giorni, comunque calcolato, in cui il numero dei licenziamenti raggiunge la soglia richiesta.

43.      A seconda dei fatti di ciascun caso specifico, il periodo di riferimento potrebbe quindi trovarsi completamente prima, completamente dopo o in parte prima e in parte dopo il licenziamento in questione. Le uniche due condizioni sono che (i) quei 30 o 90 giorni siano consecutivi, e (ii) il lavoratore che fa valere i suoi diritti ai sensi della direttiva sia stato licenziato nell’arco di tale periodo.

44.      Infine, desidero sottolineare che l’interpretazione appena suggerita riguarda il metodo di calcolo del periodo minimo previsto dall’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 98/59, qualunque sia, fra le due opzioni, quella scelta dallo Stato membro in questione. Lo stesso non vale necessariamente per le modalità e i metodi di calcolo di periodi di tutela più lunghi o supplementari, previsti dal diritto nazionale ai sensi dell’articolo 5 di tale direttiva, purché tale tutela supplementare non comporti, in effetti, una riduzione del livello minimo di protezione garantito dall’articolo 1, paragrafo 1, lettera a).

V.      Conclusione

45.      Propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dal Juzgado de lo Social n. 3 de Barcelona (Tribunale del lavoro n. 3 di Barcellona, Spagna) nel modo seguente:

–        L’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 98/59/CE del Consiglio, del 20 luglio 1998, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi, deve essere interpretato nel senso che esso fa riferimento a qualsiasi periodo di 30 o 90 giorni consecutivi, che include il licenziamento del lavoratore in questione.


1      Lingua originale: l’inglese.


2      GU 1998, L 225, pag. 16.


3      V. anche sentenza del 12 ottobre 2004, Commissione/Portogallo (C‑55/02, EU:C:2004:605, punto 66).


4      Sentenza dell’11 novembre 2015, Pujante Rivera (C‑422/14, EU:C:2015:743, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).


5      V. sentenze dell’11 novembre 2015, Pujante Rivera (C‑422/14, EU:C:2015:743, punto 55), del 21 settembre 2017, Ciupa e a. (C‑429/16, EU:C:2017:711, punto 27), e del 21 settembre 2017, Socha e a. (C‑149/16, EU:C:2017:708, punto 25).


6      Sentenza del 10 dicembre 2009, Rodríguez Mayor e a. (C‑323/08, EU:C:2009:770, punto 40).


7      Sentenza del 12 ottobre 2004, Commissione/Portogallo (C‑55/02, EU:C:2004:605, punto 56).


8      V. articolo 51 dell’ET, citato supra al paragrafo 7 delle presenti conclusioni.


9      Sentenza del 18 gennaio 2007 (C‑385/05, EU:C:2007:37, punto 45).


10      V, in particolare, sentenza dell’11 novembre 2015, Pujante Rivera (C‑422/14, EU:C:2015:743, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).


11      Il corsivo è mio.


12      V. considerando 2 della direttiva. V. anche, più in generale, conclusioni dell’avvocato generale Szpunar nella causa Plessers (C‑509/17, EU:C:2019:50, paragrafi da 38 a 41).


13– V. supra, paragrafi da18 a 20 delle presenti conclusioni.


14      Sentenza del 27 gennaio 2005 (C‑188/03, EU:C:2005:59, punti da 36 a 38).


15      V. considerando 2 della direttiva 98/59 e sentenza del 7 agosto 2018, Bichat e a. (C‑61/17, C‑62/17 e C‑72/17, EU:C:2018:653, punto 38).