Language of document : ECLI:EU:C:2020:21

ORDINANZA DELLA CORTE (Ottava Sezione)

16 gennaio 2020 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Articolo 53, paragrafo 2, e articolo 94 del regolamento di procedura della Corte – Ravvicinamento delle legislazioni – Reti e servizi di comunicazione elettronica – Restrizioni all’installazione di impianti di telefonia mobile imposte dalle autorità locali – Mancanza di precisazioni sufficienti riguardo ai motivi giustificanti la necessità di una risposta alla questione pregiudiziale ai fini della soluzione della controversia di cui al procedimento principale – Irricevibilità manifesta»

Nella causa C‑368/19,

avente ad oggetto una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Consiglio di Stato (Italia), con decisione del 14 marzo 2019, pervenuta in cancelleria il 6 maggio 2019, nei procedimenti

Telecom Italia SpA

contro

Roma Capitale,

nei confronti di:

Regione Lazio,

Wind Tre SpA,

Wind Tre SpA

contro

Roma Capitale,

Regione Lazio,

nei confronti di:

Telecom Italia SpA,

Wind Tre SpA

contro

Roma Capitale,

Regione Lazio,

Telecom Italia SpA,

Vodafone Italia SpA

contro

Roma Capitale,

Regione Lazio,

Wind Tre SpA,

nei confronti di:

Ente Suore Francescane Missionarie del Cuore Immacolato di Maria,

Condominio di via Michelangelo Peroglio – Cons.Am. Srl,

Telecom Italia SpA,

Vodafone Italia SpA

contro

Roma Capitale,

Regione Lazio,

nei confronti di:

Ente Suore Francescane Missionarie del Cuore Immacolato di Maria,

Condominio di via Michelangelo Peroglio – Cons.Am. Srl,

Agenzia Regionale Protezione Ambiente (ARPA),

e

Vodafone Italia SpA

contro

Roma Capitale,

Regione Lazio,

Wind Tre SpA,

nei confronti di:

Congregazione delle Religiose di Gesù e Maria,

Telecom Italia SpA,

LA CORTE (Ottava Sezione),

composta da L.S. Rossi, presidente di sezione, J. Malenovský (relatore) e N. Wahl, giudici,

avvocato generale: M. Campos Sánchez‑Bordona

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di statuire con ordinanza motivata, conformemente all’articolo 53, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte,

ha emesso la seguente

Ordinanza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione del diritto dell’Unione in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di controversie che vedono varie imprese titolari di una licenza di gestione del servizio pubblico di telefonia fissa e mobile sul territorio italiano contrapposte a Roma Capitale (Italia) e alla Regione Lazio (Italia) nonché a imprese concorrenti, in merito a istanze riguardanti l’installazione di impianti di telefonia mobile sul territorio di Roma Capitale.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

 Direttiva «autorizzazioni»

3        La direttiva 2002/20/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (direttiva «autorizzazioni») (GU 2002, L 108, pag. 21), prevede, all’articolo 9, quanto segue:

«Su richiesta di un’impresa, le autorità nazionali di regolamentazione rilasciano nel termine di una settimana dichiarazioni standardizzate che confermano, ove applicabile, che l’impresa ha presentato una notifica ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2 e che definiscono le condizioni alle quali qualsiasi impresa che fornisce reti o servizi di comunicazione elettronica in forza dell’autorizzazione generale è legittimata a richiedere i diritti di installare strutture, a negoziare l’interconnessione, e/o ad ottenere l’accesso e l’interconnessione allo scopo di agevolare l’esercizio di tali diritti, ad esempio nei confronti di altre autorità o di altre imprese. Tali dichiarazioni possono eventualmente essere rilasciate automaticamente su ricevimento di una notifica ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2».

4        L’articolo 11, paragrafo 1, della direttiva «autorizzazioni» enuncia quanto segue:

«1.      Fatti salvi gli obblighi di informazione e segnalazione periodica stabiliti da altre normative nazionali, le autorità nazionali di regolamentazione non impongono alle imprese di fornire, ai fini dell’autorizzazione generale, dei diritti d’uso o degli obblighi specifici di cui all’articolo 6, paragrafo 2, alcuna informazione salvo quelle proporzionate e oggettivamente giustificate (…)».

5        Ai sensi dell’articolo 13 di detta direttiva:

«Gli Stati membri possono consentire all’autorità competente di riscuotere contributi sui diritti d’uso delle frequenze radio o dei numeri o sui diritti di installare strutture su proprietà pubbliche o private, al di sopra o sotto di esse al fine di garantire l’impiego ottimale di tali risorse. Gli Stati membri fanno sì che tali contributi siano trasparenti, obiettivamente giustificati, proporzionati allo scopo perseguito e non discriminatori e tengano conto degli obiettivi dell’articolo 8 della direttiva 2002/21/CE [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro) (GU 2002, L 108, pag. 33)]».

 Direttiva quadro

6        La direttiva 2002/21, come modificata dalla direttiva 2009/140/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009 (GU 2009, L 337, pag. 37) (in prosieguo: la «direttiva quadro»), dispone, all’articolo 1, paragrafo 3 bis, quanto segue:

«I provvedimenti adottati dagli Stati membri riguardanti l’accesso o l’uso di servizi e applicazioni attraverso reti di comunicazione elettronica, da parte degli utenti finali, devono rispettare i diritti e le libertà fondamentali delle persone fisiche, garantiti dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali[, firmata a Roma il 4 novembre 1950,] e dai principi generali del diritto comunitario.

Qualunque provvedimento di questo tipo riguardante l’accesso o l’uso di servizi e applicazioni attraverso reti di comunicazione elettronica, da parte degli utenti finali, che ostacolasse tali diritti o libertà fondamentali può essere imposto soltanto se appropriato, proporzionato e necessario nel contesto di una società democratica e la sua attuazione dev’essere oggetto di adeguate garanzie procedurali conformemente alla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e ai principi generali del diritto comunitario, inclusi un’efficace tutela giurisdizionale e un giusto processo. (…)»

7        L’articolo 8 della direttiva quadro recita:

«1.      Gli Stati membri provvedono affinché, nello svolgere le funzioni di regolamentazione indicate nella presente direttiva e nelle direttive particolari, le autorità nazionali di regolamentazione adottino tutte le ragionevoli misure intese a conseguire gli obiettivi di cui ai paragrafi 2, 3 e 4. Le misure sono proporzionate a tali obiettivi.

Salvo diversa disposizione dell’articolo 9 relativo alle radiofrequenze, gli Stati membri tengono nella massima considerazione l’opportunità di adottare regolamentazioni tecnologicamente neutrali e provvedono affinché le autorità nazionali di regolamentazione, nell’esercizio delle funzioni indicate nella presente direttiva e nelle direttive particolari, e in particolare quelle intese a garantire una concorrenza effettiva, facciano altrettanto.

(…)

2.      Le autorità nazionali di regolamentazione promuovono la concorrenza nella fornitura delle reti di comunicazione elettronica, dei servizi di comunicazione elettronica e delle risorse e servizi correlati, tra l’altro:

a)      assicurando che gli utenti, compresi gli utenti disabili, gli utenti anziani e quelli che hanno esigenze sociali particolari ne traggano i massimi vantaggi in termini di scelta, prezzi e qualità;

b)      garantendo che non vi siano distorsioni e restrizioni della concorrenza nel settore delle comunicazioni elettroniche, anche per la trasmissione di contenuti;

(…)

d)      incoraggiando un uso efficace e garantendo una gestione efficiente delle radiofrequenze e delle risorse di numerazione.

3.      Le autorità nazionali di regolamentazione contribuiscono allo sviluppo del mercato interno, tra l’altro:

a)      rimuovendo gli ostacoli residui che si frappongono alla fornitura di reti di comunicazione elettronica, di risorse e servizi correlati e di servizi di comunicazione elettronica a livello europeo;

b)      incoraggiando l’istituzione e lo sviluppo di reti transeuropee e l’interoperabilità dei servizi paneuropei e la connettività da utente a utente (end-to-end);

(…)

d)      collaborando tra loro, con la Commissione e con [l’Organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche (BEREC)] per garantire lo sviluppo di pratiche normative coerenti e l’applicazione coerente della presente direttiva e delle direttive particolari.

4.      Le autorità nazionali di regolamentazione promuovono gli interessi dei cittadini dell’Unione europea, tra l’altro:

a)      garantendo a tutti i cittadini un accesso al servizio universale quale specificato nella direttiva 2002/22/CE [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica (direttiva servizio universale) (GU 2002, L 108, pag. 51)];

(…)

5.      Nel perseguire le finalità programmatiche di cui ai paragrafi 2, 3 e 4 le autorità nazionali di regolamentazione applicano principi regolamentari obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati, tra l’altro:

a)      promuovendo la prevedibilità regolamentare, garantendo un approccio regolatore coerente nell’arco di opportuni periodi di revisione;

b)      garantendo che, in circostanze analoghe, non vi siano discriminazioni nel trattamento delle imprese che forniscono reti e servizi di comunicazione elettronica;

c)      salvaguardando la concorrenza a vantaggio dei consumatori e promuovendo se del caso la concorrenza basata sulle infrastrutture;

d)      promuovendo investimenti efficienti e innovazione in infrastrutture nuove e migliorate, anche garantendo che qualsiasi obbligo di accesso tenga debito conto del rischio sostenuto dalle imprese di investimento e consentendo vari accordi di cooperazione tra gli investitori e le parti che richiedono accesso onde diversificare il rischio di investimento, assicurando nel contempo la salvaguardia della concorrenza nel mercato e del principio di non discriminazione;

e)      tenendo debito conto della varietà delle condizioni attinenti alla concorrenza e al consumo nelle diverse aree geografiche all’interno del territorio di uno Stato membro;

f)      imponendo obblighi regolamentari ex ante unicamente dove non opera una concorrenza effettiva e sostenibile, e attenuandoli o revocandoli non appena sia soddisfatta tale condizione».

 Direttiva «servizio universale»

8        La direttiva 2002/22, come modificata dalla direttiva 2009/136/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009 (GU 2009, L 337, pag. 11) (in prosieguo: la «direttiva “servizio universale”»), dispone, all’articolo 3, quanto segue:

«1.      Gli Stati membri provvedono affinché nel loro territorio i servizi elencati nel presente capo siano messi a disposizione di tutti gli utenti finali al livello qualitativo stabilito, a prescindere dall’ubicazione geografica dei medesimi e, tenuto conto delle specifiche circostanze nazionali, ad un prezzo abbordabile.

2.      Gli Stati membri determinano il metodo più efficace e adeguato per garantire l’attuazione del servizio universale, nel rispetto dei principi di obiettività, trasparenza, non discriminazione e proporzionalità. Gli Stati membri mirano a limitare le distorsioni del mercato, in particolare la fornitura di servizi a prezzi o ad altre condizioni che divergano dalle normali condizioni commerciali, tutelando nel contempo l’interesse pubblico».

9        L’articolo 4 della direttiva «servizio universale», intitolato «Fornitura dell’accesso da una postazione fissa e fornitura di servizi telefonici», così dispone:

«1.      Gli Stati membri provvedono affinché qualsiasi richiesta ragionevole di connessione in postazione fissa a una rete di comunicazione pubblica sia soddisfatta quanto meno da un’impresa.

2.      La connessione fornita è in grado di supportare le comunicazioni vocali, facsimile e dati, a velocità di trasmissione tali da consentire un accesso efficace a Internet, tenendo conto delle tecnologie prevalenti usate dalla maggioranza degli abbonati e della fattibilità tecnologica».

10      L’articolo 8 di detta direttiva recita:

«1.      Gli Stati membri possono designare una o più imprese perché garantiscano la fornitura del servizio universale quale definito agli articoli 4, 5, 6 e 7 e, se del caso, all’articolo 9, paragrafo 2, della presente direttiva in modo tale da poter coprire l’intero territorio nazionale. Gli Stati membri possono designare più imprese o gruppi di imprese per fornire i diversi elementi del servizio universale e/o per coprire differenti parti del territorio nazionale.

2.      Nel designare le imprese titolari di obblighi di servizio universale in tutto il territorio nazionale o in parte di esso, gli Stati membri applicano un sistema di designazione efficace, obiettivo, trasparente e non discriminatorio in cui nessuna impresa è esclusa a priori. Tale sistema di designazione garantisce che il servizio universale sia fornito secondo criteri di economicità e consenta di determinare il costo netto dell’obbligo di servizio universale conformemente all’articolo 12».

 Diritto italiano

11      La legge del 22 febbraio 2001, n. 36 – Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici (GURI n. 55, del 7 marzo 2001; in prosieguo: la «legge quadro»), stabilisce, all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), che lo Stato definisce le soglie di esposizione ai campi elettrici, magnetici e elettromagnetici.

12      A norma dell’articolo 8, paragrafo 1, della legge quadro, l’esercizio delle funzioni relative ai siti di trasmissione e agli impianti per telefonia mobile rientra nella competenza delle regioni.

13      L’articolo 8, paragrafo 6, della legge quadro stabilisce che i comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento degli impianti per telefonia mobile e per minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici.

14      Il decreto legislativo del 1° agosto 2003, n. 259 – Codice delle comunicazioni elettroniche (supplemento ordinario alla GURI n. 214, del 15 settembre 2003; in prosieguo: il «Codice delle comunicazioni elettroniche»), dispone, all’articolo 86, paragrafo 3, che le opere di infrastrutturazione per la realizzazione delle reti di comunicazione elettronica ad alta velocità in fibra ottica sono assimilate alle opere di urbanizzazione primaria.

15      L’articolo 87, paragrafo 1, del Codice delle comunicazioni elettroniche prevede che, al fine di accelerare la realizzazione degli investimenti per il completamento della rete, l’installazione di impianti di telefonia mobile viene autorizzata dagli enti locali, previo accertamento della compatibilità del progetto con i limiti di esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici, definiti dallo Stato.

16      In virtù dell’articolo 87, paragrafo 9, del codice suddetto, le istanze di autorizzazione ad installare degli impianti si intendono accolte qualora, entro 90 giorni dalla presentazione della domanda da parte dell’operatore, non sia stato comunicato un provvedimento di diniego.

17      L’articolo 90, paragrafo 1, del medesimo codice stabilisce che gli impianti di reti di comunicazione elettronica esercitati dallo Stato hanno carattere di pubblica utilità.

18      La deliberazione dell’assemblea capitolina del 14 maggio 2015, n. 26, che adotta il Regolamento per la localizzazione, l’installazione e la modifica degli impianti di telefonia mobile, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge n. 36 del 22 febbraio 2001 e per la redazione del Piano, ex articolo 105, comma 4, delle NTA del PRG vigente, nonché per l’adozione di un sistema di monitoraggio delle sorgenti di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico (in prosieguo: il «regolamento comunale di Roma Capitale»), prevede, all’articolo 3, che i gestori devono mettere in atto tutte le misure idonee per ridurre l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici nelle zone del territorio di Roma Capitale definite come «preferenziali».

19      L’articolo 4 del regolamento comunale di Roma Capitale vieta l’installazione di impianti di telefonia mobile sia sui siti sensibili, quali ospedali, case di cura e di riposo, luoghi di culto, orfanotrofi, parchi gioco, sia ad una distanza inferiore a 100 metri da tali siti, calcolati a partire dal bordo del sistema radiante proveniente da detti impianti fino al perimetro esterno dei siti stessi.

20      L’articolo 5 di tale regolamento comunale impone altresì dei limiti all’installazione di impianti di telefonia mobile nei siti naturali protetti e sugli immobili classificati come beni culturali.

21      L’articolo 7 del citato regolamento comunale dispone che il Comune deve mettere in atto piani di messa a conformità degli impianti di telefonia mobile ogni volta che venga riscontrato il superamento delle soglie di esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici.

22      L’articolo 10, paragrafo 3, del regolamento comunale di Roma Capitale dispone che l’entrata in vigore di tale regolamento comporta la decadenza di qualsivoglia atto precedente in contrasto con esso.

23      L’articolo 11 del medesimo regolamento prevede che l’installazione e la modifica degli impianti radioelettrici debbano essere previamente autorizzate dal Comune.

 Cause principali e questione pregiudiziale

24      Le ricorrenti di cui ai procedimenti principali hanno presentato delle domande ai fini dell’installazione di impianti per telefonia mobile sul territorio del Comune di Roma Capitale. Tali domande sono state respinte, in applicazione del regolamento comunale di Roma Capitale, a norma del quale l’installazione di tali impianti è vietata in determinati siti o in un perimetro attorno ai siti stessi.

25      Per tale motivo le ricorrenti di cui ai procedimenti principali hanno presentato dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Italia) dei ricorsi intesi segnatamente a ottenere l’annullamento del suddetto regolamento comunale. Poiché il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha respinto tali ricorsi con una serie di sentenze, le ricorrenti di cui ai procedimenti principali hanno proposto appello contro tali pronunce dinanzi al Consiglio di Stato (Italia).

26      Dinanzi al giudice del rinvio, le ricorrenti di cui ai procedimenti principali contestano la legittimità del suddetto regolamento comunale, facendo valere, segnatamente, che quest’ultimo è stato adottato in violazione dell’articolo 86, paragrafo 3, dell’articolo 87, paragrafi 1 e 9, e dell’articolo 90 del Codice delle comunicazioni elettroniche, nonché in violazione della legge quadro.

27      Secondo il Consiglio di Stato, il diritto dell’Unione applicabile, e in particolare l’articolo 1, paragrafo 3 bis, e l’articolo 8 della direttiva quadro, l’articolo 3 e l’articolo 8, paragrafi 1 e 2, della direttiva «servizio universale», nonché l’articolo 9 e l’articolo 11, paragrafo 1, della direttiva «autorizzazioni», sembrano favorire l’accesso degli utenti finali ai servizi e alle applicazioni, nonché alla loro utilizzazione, mediante le reti di comunicazioni elettroniche, limitando la possibilità di assoggettare l’autorizzazione delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica ad obblighi diversi da quelli previsti da tali direttive.

28      Infatti, il giudice del rinvio deduce dalla sentenza del 17 febbraio 2011, The Number (UK) e Conduit Enterprises (C‑16/10, EU:C:2011:92), che l’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva «servizio universale» non permette ad uno Stato membro di imporre ad un’impresa, designata per fornire un servizio universale, obblighi diversi da quelli previsti da tale direttiva.

29      Tuttavia, il giudice del rinvio si interroga in merito alla questione se l’articolo 8, paragrafo 6, della legge quadro, come interpretato dalla giurisprudenza dei giudici nazionali, sia compatibile con le direttive applicabili in materia e con la giurisprudenza dell’Unione menzionata al punto precedente.

30      In particolare, il giudice del rinvio nutre dei dubbi riguardo all’interpretazione da esso stesso data all’articolo 8, paragrafi 1 e 6, della legge quadro, nella propria sentenza del 13 marzo 2018, n. 1582. Infatti, in tale sentenza, esso aveva interpretato la disposizione nazionale di cui sopra nel senso che le regioni e i comuni possono stabilire, nei limiti delle loro rispettive competenze, criteri di localizzazione degli impianti di telefonia mobile, eventualmente sotto forma di divieti, come, ad esempio, il divieto di installare impianti su taluni edifici. Per contro, secondo il giudice del rinvio, le regioni e i comuni non sono legittimati a introdurre restrizioni all’installazione di impianti di telefonia mobile, stabilendo dei criteri di distanza generali e eterogenei.

31      Alla luce di tali circostanze, il Consiglio di Stato ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se il diritto dell’Unione europea osti a una normativa nazionale (come quella di cui all’articolo 8, comma 6, della [legge quadro]) intesa ed applicata nel senso di consentire alle singole amministrazioni locali criteri localizzativi degli impianti di telefonia mobile, anche espressi sotto forma di divieto, quali il divieto di collocare antenne in determinate aree ovvero ad una determinata distanza da edifici appartenenti ad una data tipologia».

 Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

32      In virtù dell’articolo 53, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quando una domanda di pronuncia pregiudiziale è manifestamente irricevibile, la Corte, sentito l’avvocato generale, può decidere in qualsiasi momento di statuire con ordinanza motivata, senza proseguire il procedimento.

33      Occorre applicare tale disposizione nella presente causa.

34      A questo scopo, occorre ricordare che, secondo una consolidata giurisprudenza della Corte, il procedimento istituito dall’articolo 267 TFUE costituisce uno strumento di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali per mezzo del quale la prima fornisce ai secondi gli elementi di interpretazione del diritto dell’Unione a questi necessari per la soluzione della controversia che essi sono chiamati a dirimere (v., segnatamente, sentenza del 27 novembre 2012, Pringle, C‑370/12, EU:C:2012:756, punto 83 e la giurisprudenza ivi citata).

35      Nell’ambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali istituita all’articolo 267 TFUE, spetta esclusivamente al giudice nazionale, che è investito della controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle specifiche circostanze della causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che esso sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte è, in via di principio, tenuta a statuire [sentenza del 25 luglio 2018, AY (Mandato d’arresto – Testimone), C‑268/17, EU:C:2018:602, punto 24 e la giurisprudenza ivi citata].

36      Ne consegue che le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevate dal giudice nazionale nel contesto di fatto e di diritto che esso definisce sotto la propria responsabilità, e del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il rigetto, da parte della Corte, di una domanda presentata da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora risulti in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto della causa principale, qualora il problema sia di natura ipotetica, o anche qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere utilmente alle questioni che le sono sottoposte [sentenza del 25 luglio 2018, AY (Mandato d’arresto – Testimone), C‑268/17, EU:C:2018:602, punto 25 e la giurisprudenza ivi citata].

37      Così, dato che la decisione di rinvio costituisce il fondamento del procedimento attivato dinanzi alla Corte, è indispensabile che il giudice nazionale chiarisca, in tale decisione, il contesto di fatto e di diritto nel quale si iscrive la controversia oggetto del giudizio a quo, e fornisca un minimo di spiegazioni in merito alle ragioni della scelta delle disposizioni del diritto dell’Unione di cui esso chiede l’interpretazione, nonché al collegamento che esso stabilisce tra tali disposizioni e la normativa nazionale applicabile alla controversia sottoposta alla sua cognizione (v. in tal senso, segnatamente, sentenze del 26 gennaio 1993, Telemarsicabruzzo e a., da C‑320/90 a C‑322/90, EU:C:1993:26, punto 6, nonché del 9 marzo 2017, Milkova, C‑406/15, EU:C:2017:198, punto 73).

38      Tali requisiti cumulativi riguardanti il contenuto di una domanda di pronuncia pregiudiziale sono indicati in modo esplicito all’articolo 94 del regolamento di procedura, e sono stati ripresi, segnatamente, nelle raccomandazioni della Corte di giustizia dell’Unione europea all’attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale (GU 2018, C 257, pag. 1), il cui punto 15, terzo trattino, indica che la domanda di pronuncia pregiudiziale deve contenere «l’illustrazione dei motivi che hanno indotto il giudice del rinvio a interrogarsi sull’interpretazione o sulla validità di determinate disposizioni del diritto dell’Unione, nonché il collegamento che esso stabilisce tra dette disposizioni e la normativa nazionale applicabile alla causa principale».

39      Infine, occorre ricordare che le informazioni contenute nelle decisioni di rinvio permettono alla Corte non soltanto di fornire risposte utili, ma anche di offrire ai governi degli Stati membri nonché agli altri interessati la possibilità di presentare osservazioni ai sensi dell’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea. Spetta alla Corte vigilare affinché tale possibilità sia salvaguardata, tenuto conto del fatto che, a norma della disposizione suddetta, agli interessati vengono notificate soltanto le decisioni di rinvio (v., segnatamente, sentenze del 1° aprile 1982, Holdijk e a., da 141/81 a 143/81, EU:C:1982:122, punto 6, nonché del 20 dicembre 2017, Asociación Profesional Elite Taxi, C‑434/15, EU:C:2017:981, punto 25).

40      Nel caso di specie, occorre rilevare che, sebbene il tenore letterale della questione sollevata verta sul «diritto dell’Unione» in generale, risulta dalla decisione di rinvio che il Consiglio di Stato si riferisce, in particolare, all’articolo 1, paragrafo 3 bis, e all’articolo 8 della direttiva quadro, all’articolo 9, all’articolo 11, paragrafo 1, e all’articolo 13 della direttiva «autorizzazioni», nonché all’articolo 3, paragrafi 1 e 2, all’articolo 4 e all’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva «servizio universale».

41      Per quanto riguarda, in primo luogo, la direttiva quadro e la direttiva «autorizzazioni», e in particolare l’articolo 1, paragrafo 3 bis, e l’articolo 8 della direttiva quadro, nonché l’articolo 9, l’articolo 11, paragrafo 1, e l’articolo 13 della direttiva «autorizzazioni», il giudice del rinvio non precisa né i motivi che l’hanno portato ad interrogarsi sull’interpretazione di tali disposizioni, né il collegamento che esso stabilisce tra queste ultime e la normativa nazionale in discussione nei procedimenti principali.

42      Di conseguenza, occorre considerare che la domanda di pronuncia pregiudiziale, nella parte in cui verte sull’interpretazione delle disposizioni della direttiva quadro e della direttiva «autorizzazioni», non soddisfa i requisiti fissati all’articolo 94, lettera c), del regolamento di procedura.

43      Per quanto riguarda, in secondo luogo, la direttiva «servizio universale», il giudice del rinvio fa riferimento alla sentenza del 17 febbraio 2011, The Number (UK) e Conduit Enterprises (C‑16/10, EU:C:2011:92, punto 38), nella quale la Corte ha statuito che l’articolo 3, paragrafo 2, di tale direttiva non può essere interpretato in un modo che ampli la portata della designazione di imprese prevista dall’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva stessa, tale per cui uno Stato membro potrebbe imporre ad un’impresa così designata obblighi diversi da quelli previsti dalle disposizioni della direttiva summenzionata.

44      Infatti, tenuto conto di tale sentenza, il giudice del rinvio sembra nutrire dei dubbi riguardo alla questione se la direttiva «servizio universale», e in particolare gli articoli 3 e 8 di quest’ultima, possano ostare ad una normativa nazionale, quale quella in discussione nei procedimenti principali, che permette alle diverse amministrazioni locali di stabilire dei criteri di installazione degli impianti di telefonia mobile, anche sotto forma di divieti, come quello di installare impianti in determinate zone o ad una certa distanza da immobili rientranti in una determinata categoria.

45      A questo proposito, occorre ricordare che, da un lato, come risulta dall’articolo 8 della direttiva «servizio universale», quest’ultima riguarda unicamente la designazione, da parte degli Stati membri, di imprese che forniscono un servizio universale. Dall’altro lato, i servizi di comunicazione mobile sono, per definizione, esclusi dall’«insieme minimo di servizi» definito nel capo II di tale direttiva, in quanto la loro fornitura non presuppone un accesso e una connessione in postazione fissa ad una rete di comunicazioni pubblica (sentenza dell’11 giugno 2015, Base Company e Mobistar, C‑1/14, EU:C:2015:378, punto 37).

46      Orbene, nel caso di specie, da un lato, la decisione di rinvio non indica in alcun modo che le ricorrenti di cui ai procedimenti principali siano state designate dalla Repubblica italiana come fornitrici di un servizio universale, ai sensi dell’articolo 8 di detta direttiva.

47      Dall’altro lato, risulta dalla formulazione stessa della questione sollevata dal giudice del rinvio che la normativa nazionale in discussione nei procedimenti principali si applica proprio all’installazione di impianti di telefonia mobile, i cui servizi sono, in via di principio, esclusi dall’ambito di applicazione della direttiva «servizio universale».

48      Di conseguenza, il giudice del rinvio non ha illustrato i motivi per i quali una decisione resa dalla Corte, riguardante l’interpretazione degli articoli 3 e 8 della direttiva «servizio universale», sarebbe utile ai fini della soluzione delle controversie che esso è chiamato a dirimere, in conformità dell’articolo 267 TFUE, così come interpretato dalla Corte nella giurisprudenza ricordata al punto 34 della presente ordinanza.

49      Pertanto, occorre considerare che la domanda di pronuncia pregiudiziale non soddisfa i requisiti fissati all’articolo 94, lettera c), del regolamento di procedura.

50      Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, occorre concludere, in applicazione dell’articolo 53, paragrafo 2, del regolamento di procedura, che la presente domanda di pronuncia pregiudiziale è manifestamente irricevibile.

51      Ciò premesso, il giudice del rinvio potrà in qualunque momento presentare una nuova domanda di pronuncia pregiudiziale contenente le indicazioni che consentano alla Corte di fornire una risposta utile alla questione sollevata (v., in tal senso, ordinanza del 5 novembre 2014, Hunland‑Trade, C‑356/14, EU:C:2014:2340, non pubblicata, punti 23 e 24).

 Sulle spese

52      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Per questi motivi, la Corte (Ottava Sezione) dichiara:

La domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Consiglio di Stato (Italia), con decisione del 2 febbraio 2018, è manifestamente irricevibile.

Lussemburgo, 16 gennaio 2020

Il cancelliere

 

La presidente dell’Ottava Sezione

A. Calot Escobar

 

L.S. Rossi


*      Lingua processuale: l’italiano.