Language of document : ECLI:EU:C:2020:823

SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

14 ottobre 2020 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Direttiva 2008/104/CE – Lavoro tramite agenzia interinale – Articolo 5, paragrafo 5 – Parità di trattamento – Misure necessarie per evitare il ricorso abusivo al lavoro tramite agenzia interinale – Obbligo, per gli Stati membri, di prevenire missioni successive – Assenza di previsione di limiti nella normativa nazionale – Obbligo di interpretazione conforme»

Nella causa C‑681/18,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunale ordinario di Brescia (Italia), con ordinanza del 16 ottobre 2018, pervenuta in cancelleria il 31 ottobre 2018, nel procedimento

JH

contro

KG,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta da A. Arabadjiev, presidente di sezione, K. Lenaerts, presidente della Corte, facente funzione di giudice della Seconda Sezione, A. Kumin (relatore), T. von Danwitz e P.G. Xuereb, giudici,

avvocato generale: E. Sharpston

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per JH, da A. Carbonelli, avvocato;

–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da G. Rocchitta, avvocato dello Stato;

–        per la Commissione europea, inizialmente da M. van Beek e C. Zadra, successivamente da M. van Hoof, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 23 aprile 2020,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 5, paragrafo 5, della direttiva 2008/104/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa al lavoro tramite agenzia interinale (GU 2008, L 327, pag. 9).

2        Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia tra JH e la società KG, vertente sulla domanda di JH – lavoratore tramite agenzia interinale messo a disposizione della KG – di riconoscergli la qualità di lavoratore dipendente a tempo indeterminato di quest’ultima per avvenuto superamento del numero massimo di proroghe dei contratti di lavoro tramite agenzia interinale consentito dalla normativa nazionale.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

3        I considerando da 10 a 12 e 15 della direttiva 2008/104 enunciano quanto segue:

«(10)            Il ricorso al lavoro temporaneo tramite agenzia, la posizione giuridica, lo status e le condizioni di lavoro dei lavoratori tramite agenzia interinale nell’Unione europea sono caratterizzati da una grande diversità.

(11)      Il lavoro tramite agenzia interinale risponde non solo alle esigenze di flessibilità delle imprese ma anche alla necessità di conciliare la vita privata e la vita professionale dei lavoratori dipendenti. Contribuisce pertanto alla creazione di posti di lavoro e alla partecipazione al mercato del lavoro e all’inserimento in tale mercato.

(12)      La presente direttiva stabilisce un quadro normativo che tuteli i lavoratori tramite agenzia interinale che sia non discriminatorio, trasparente e proporzionato nel rispetto della diversità dei mercati del lavoro e delle relazioni industriali.

(…)

(15)      I contratti di lavoro a tempo indeterminato rappresentano la forma comune dei rapporti di lavoro. Nel caso dei lavoratori legati all’agenzia interinale da un contratto a tempo indeterminato, tenendo conto della particolare tutela garantita da tale contratto, occorrerebbe prevedere la possibilità di derogare alle norme applicabili nell’impresa utilizzatrice».

4        L’articolo 1 della summenzionata direttiva, che ne definisce l’ambito di applicazione, al paragrafo 1 dispone così:

«La presente direttiva si applica ai lavoratori che hanno un contratto di lavoro o un rapporto di lavoro con un’agenzia interinale e che sono assegnati a imprese utilizzatrici per lavorare temporaneamente e sotto il controllo e la direzione delle stesse».

5        L’articolo 2 della direttiva in argomento, rubricato «Finalità», enuncia:

«La presente direttiva è volta a garantire la tutela dei lavoratori tramite agenzia interinale e migliorare la qualità del lavoro tramite agenzia interinale garantendo il rispetto del principio della parità di trattamento di cui all’articolo 5 nei confronti dei lavoratori tramite agenzia interinale e riconoscendo tali agenzie quali datori di lavoro, tenendo conto nel contempo della necessità di inquadrare adeguatamente il ricorso al lavoro tramite agenzia interinale al fine di contribuire efficacemente alla creazione di posti di lavoro e allo sviluppo di forme di lavoro flessibili».

6        Ai sensi dell’articolo 3 della medesima direttiva, rubricato «Definizioni», paragrafo 1:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

(...)

b)      “agenzia interinale”: qualsiasi persona fisica o giuridica che, conformemente alla legislazione nazionale, sottoscrive contratti di lavoro o inizia rapporti di lavoro con lavoratori tramite agenzia interinale al fine di inviarli in missione presso imprese utilizzatrici affinché prestino temporaneamente la loro opera sotto il controllo e la direzione delle stesse;

c)      “lavoratore tramite agenzia interinale”: il lavoratore che sottoscrive un contratto di lavoro o inizia un rapporto di lavoro con un’agenzia interinale, al fine di essere inviato in missione presso un’impresa utilizzatrice per prestare temporaneamente la propria opera sotto il controllo e la direzione della stessa;

d)      “impresa utilizzatrice”: qualsiasi persona fisica o giuridica presso cui e sotto il cui controllo e direzione un lavoratore tramite agenzia interinale presti temporaneamente la propria opera;

e)      “missione”: il periodo durante il quale il lavoratore tramite agenzia interinale è messo a disposizione di un’impresa utilizzatrice affinché presti temporaneamente la propria opera sotto il controllo e la direzione della stessa;

f)      “condizioni di base di lavoro e d’occupazione”: le condizioni di lavoro e d’occupazione previste da disposizioni legislative, regolamentari e amministrative, da contratti collettivi e/o da altre disposizioni vincolanti di portata generale in vigore nell’impresa utilizzatrice relative a:

i)      l’orario di lavoro, le ore di lavoro straordinario, le pause, i periodi di riposo, il lavoro notturno, le ferie e i giorni festivi;

ii)      la retribuzione».

7        L’articolo 4 della direttiva 2008/104, rubricato «Riesame dei divieti e delle restrizioni», al suo paragrafo 1 stabilisce quanto segue:

«I divieti o le restrizioni imposti quanto al ricorso al lavoro tramite agenzie di lavoro interinale sono giustificati soltanto da ragioni d’interesse generale che investono in particolare la tutela dei lavoratori tramite agenzia interinale, le prescrizioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro o la necessità di garantire il buon funzionamento del mercato del lavoro e la prevenzione di abusi».

8        L’articolo 5 di tale direttiva, rubricato «Principio della parità di trattamento», è collocato nel capo II della stessa, dedicato alle condizioni di lavoro. A termini di detto articolo:

«1.      Per tutta la durata della missione presso un’impresa utilizzatrice, le condizioni di base di lavoro e d’occupazione dei lavoratori tramite agenzia interinale sono almeno identiche a quelle che si applicherebbero loro se fossero direttamente impiegati dalla stessa impresa per svolgervi il medesimo lavoro.

Ai fini dell’applicazione del primo comma le regole in vigore nell’impresa utilizzatrice riguardanti:

a)      la protezione delle donne in stato di gravidanza e in periodo di allattamento e la protezione dei bambini e dei giovani; e

b)      la parità di trattamento fra uomini e donne e ogni azione volta a combattere qualsiasi forma di discriminazione fondata su sesso, razza o origine etnica, religione o convinzioni personali, disabilità, età o tendenze sessuali,

devono essere rispettate a norma di quanto stabiliscono le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative, i contratti collettivi e/o le altre disposizioni di portata generale.

2.      Per quanto riguarda la retribuzione, gli Stati membri possono, previa consultazione delle parti sociali, prevedere una deroga al principio di cui al paragrafo 1 nel caso in cui i lavoratori tramite agenzia interinale che sono legati da un contratto a tempo indeterminato a un’agenzia interinale continuino a essere retribuiti nel periodo che intercorre tra una missione e l’altra.

3.      Dopo aver consultato le parti sociali, gli Stati membri possono accordare loro, al livello appropriato e alle condizioni da essi previste, l’opzione di mantenere o concludere contratti collettivi che, nel rispetto della protezione globale dei lavoratori tramite agenzia interinale, possono stabilire modalità alternative riguardanti le condizioni di lavoro e d’occupazione dei lavoratori tramite agenzia interinale, diverse da quelle di cui al paragrafo 1.

4.      A condizione che sia garantito ai lavoratori tramite agenzia interinale un livello adeguato di protezione, gli Stati membri che non possiedono né un sistema legislativo che dichiari i contratti collettivi universalmente applicabili, né un sistema legislativo o di prassi che consenta di estendere le disposizioni di tali contratti a tutte le imprese simili in un determinato settore o area geografica possono, previa consultazione delle parti sociali a livello nazionale e in base a un accordo concluso dalle stesse, stabilire modalità alternative riguardanti le condizioni di base di lavoro e d’occupazione in deroga al principio di cui al paragrafo 1. Tali modalità alternative possono prevedere un periodo di attesa per il conseguimento della parità di trattamento.

Le modalità alternative di cui al presente paragrafo sono conformi alla normativa [dell’Unione] e sufficientemente precise e accessibili da consentire ai settori e alle aziende interessate di individuare e assolvere i loro obblighi. Gli Stati membri precisano, in particolare, in applicazione dell’articolo 3, paragrafo 2, se regimi professionali di sicurezza sociale, inclusi i regimi pensionistici, i regimi relativi alle prestazioni per malattia o i regimi di partecipazione finanziaria dei lavoratori, sono compresi nelle condizioni di base di lavoro e d’occupazione di cui al paragrafo 1. Tali modalità alternative lasciano inoltre impregiudicati eventuali accordi a livello nazionale, regionale, locale o settoriale che non siano meno favorevoli ai lavoratori.

5.      Gli Stati membri adottano le misure necessarie, conformemente alla legislazione e/o le pratiche nazionali, per evitare il ricorso abusivo all’applicazione del presente articolo e, in particolare, per prevenire missioni successive con lo scopo di eludere le disposizioni della presente direttiva. Essi informano la Commissione di qualsiasi misura in tal senso».

9        Ai sensi dell’articolo 6 della medesima direttiva, rubricato «Accesso all’occupazione, alle attrezzature collettive e alla formazione professionale», paragrafi 1 e 2:

«1.      I lavoratori tramite agenzia interinale sono informati dei posti vacanti nell’impresa utilizzatrice, affinché possano aspirare, al pari degli altri dipendenti dell’impresa, a ricoprire posti di lavoro a tempo indeterminato. Tali informazioni possono essere fornite mediante un avviso generale opportunamente affisso all’interno dell’impresa presso la quale e sotto il controllo della quale detti lavoratori prestano la loro opera.

2.      Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché siano dichiarate nulle o possano essere dichiarate nulle le clausole che vietano o che abbiano l’effetto d’impedire la stipulazione di un contratto di lavoro o l’avvio di un rapporto di lavoro tra l’impresa utilizzatrice e il lavoratore tramite agenzia interinale al termine della sua missione».

10      L’articolo 9 di tale direttiva, rubricato «Requisiti minimi», enuncia quanto segue:

«1.      La presente direttiva lascia impregiudicato il diritto degli Stati membri di applicare o introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli ai lavoratori, o di agevolare o consentire contratti collettivi o accordi conclusi tra le parti sociali più favorevoli ai lavoratori.

2.      In nessun caso l’attuazione della presente direttiva costituisce una ragione sufficiente per giustificare una riduzione del livello generale di protezione dei lavoratori rientranti nel suo ambito d’applicazione. La sua attuazione lascia impregiudicati i diritti degli Stati membri e/o delle parti sociali, tenuto conto di eventuali cambiamenti della situazione, di emettere disposizioni legislative, regolamentari o contrattuali diverse da quelle che esistono al momento dell’adozione della presente direttiva, purché i requisiti minimi previsti dalla presente direttiva siano rispettati».

 Diritto italiano

 Decreto legislativo n. 276/2003

11      L’articolo 20 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 – Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30 (supplemento ordinario n. 159 alla GURI n. 235 del 9 ottobre 2003), come modificato dal decreto-legge 20 marzo 2014, n. 34 – Disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell’occupazione e per la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese (GURI n. 66 del 20 marzo 2014), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 16 maggio 2014, n. 78 (GURI n. 114 del 19 maggio 2014) (in prosieguo: il «decreto legislativo n. 276/2003»), rubricato «Condizioni di liceità», prevede essenzialmente, al comma 3, che il contratto di somministrazione di lavoro può essere concluso a termine oppure a tempo indeterminato e che la somministrazione di lavoro a tempo indeterminato è ammessa soltanto per alcune tipologie di professioni e di attività elencate nella medesima disposizione.

12      L’articolo 20, comma 4, del decreto legislativo n. 276/2003 così dispone:

«La individuazione, anche in misura non uniforme, di limiti quantitativi di utilizzazione della somministrazione di lavoro a tempo determinato è affidata ai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati da sindacati comparativamente più rappresentativi in conformità alla disciplina di cui all’articolo 10 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368 [ – Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall’UNICE, dal CEEP e dal CES (GURI n. 235 del 9 ottobre 2001)]».

13      ’articolo 21 del decreto legislativo n. 276/2003, rubricato «Forma del contratto di somministrazione», al suo comma 1 prevede quanto segue:

«Il contratto di somministrazione di manodopera è stipulato in forma scritta e contiene i seguenti elementi:

(...)

c)      i casi e le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo di cui al comma 3 dell’articolo 20;

(...)».

14      L’articolo 22 di tale decreto legislativo, rubricato «Disciplina dei rapporti di lavoro», enuncia:

«1.      In caso di somministrazione a tempo indeterminato i rapporti di lavoro tra somministratore e prestatori di lavoro sono soggetti alla disciplina generale dei rapporti di lavoro di cui al codice civile e alle leggi speciali.

2.      In caso di somministrazione a tempo determinato il rapporto di lavoro tra somministratore e prestatore di lavoro è soggetto alla disciplina di cui al decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, per quanto compatibile, e in ogni caso con esclusione delle disposizioni di cui all’articolo 5, commi 3 e seguenti. Il termine inizialmente posto al contratto di lavoro può in ogni caso essere prorogato, con il consenso del lavoratore e per atto scritto, nei casi e per la durata prevista dal contratto collettivo applicato dal somministratore.

(...)».

15      Ai sensi dell’articolo 27 di tale decreto legislativo, rubricato «Somministrazione irregolare», paragrafi 1 e 3:

«1.      Quando la somministrazione di lavoro avvenga al di fuori dei limiti e delle condizioni di cui agli articoli 20 e 21, comma 1, lettere a), b), c), d) ed e), il lavoratore può chiedere, mediante ricorso giudiziale a norma dell’articolo 414 del codice di procedura civile, notificato anche soltanto al soggetto che ne ha utilizzato la prestazione, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest’ultimo, con effetto dall’inizio della somministrazione.

(...)

3.      Ai fini della valutazione delle ragioni di cui all’articolo 20, commi 3 e 4, che consentono la somministrazione di lavoro il controllo giudiziale è limitato esclusivamente, in conformità ai principi generali dell’ordinamento, all’accertamento della esistenza delle ragioni che la giustificano e non può essere esteso fino al punto di sindacare nel merito valutazioni e scelte tecniche, organizzative o produttive che spettano all’utilizzatore».

16      L’articolo 28 del medesimo decreto legislativo, rubricato «Somministrazione fraudolenta», al comma 1 stabilisce quanto segue:

«Ferme restando le sanzioni di cui all’articolo 18, quando la somministrazione di lavoro è posta in essere con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicato al lavoratore, somministratore e utilizzatore sono puniti con una ammenda di 20 euro per ciascun lavoratore coinvolto e ciascun giorno di somministrazione».

 Decreto legislativo n. 368/2001

17      L’articolo 1 del decreto legislativo del 6 settembre 2001, n. 368, nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: il «decreto legislativo n. 368/2001»), così dispone:

«01. Il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro.

1.      È consentita l’apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato di durata non superiore a trentasei mesi, comprensiva di eventuali proroghe, concluso fra un datore di lavoro e un lavoratore per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione, sia nella forma del contratto a tempo determinato, sia nell’ambito di un contratto di somministrazione a tempo determinato ai sensi del comma 4 dell’articolo 20 del decreto legislativo [n. 276/2003]. (...)».

18      Ai sensi dell’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo n. 368/2001:

«Il termine del contratto a tempo determinato può essere, con il consenso del lavoratore, prorogato solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a tre anni. In questi casi le proroghe sono ammesse, fino ad un massimo di cinque volte, nell’arco dei complessivi trentasei mesi, indipendentemente dal numero dei rinnovi, a condizione che si riferiscano alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato a tempo determinato. Con esclusivo riferimento a tale ipotesi la durata complessiva del rapporto a termine non potrà essere superiore ai tre anni».

19      L’articolo 5 di tale decreto legislativo, rubricato «Scadenza del termine e sanzioni – Successione dei contratti», ai suoi commi da 3 a 4 bis così dispone:

«3.      Qualora il lavoratore venga riassunto a termine, ai sensi dell’articolo 1, entro un periodo di dieci giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi, ovvero venti giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore ai sei mesi, il secondo contratto si considera a tempo indeterminato. (...)

4.      Quando si tratta di due assunzioni successive a termine, intendendosi per tali quelle effettuate senza alcuna soluzione di continuità, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato dalla data di stipulazione del primo contratto.

4 bis.            Ferma restando la disciplina della successione di contratti di cui ai commi precedenti e fatte salve diverse disposizioni di contratti collettivi stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, qualora per effetto di successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato i trentasei mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto e l’altro, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato (...)».

 Contratto collettivo

20      L’articolo 47 del Contratto collettivo nazionale di lavoro per la categoria delle agenzie di somministrazione di lavoro, nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: il «contratto collettivo»), dispone che le proroghe dei contratti siano disciplinate esclusivamente dal contratto collettivo. In sua osservanza, i contratti a tempo determinato possono essere prorogati al massimo sei volte ai sensi dell’articolo 22, comma 2, del decreto legislativo n. 276/2003. Il singolo contratto, comprensivo delle proroghe, non può avere una durata superiore a 36 mesi.

 Codice civile

21      Gli articoli 1344 e 1421 del codice civile italiano sanzionano con la nullità i contratti stipulati allo scopo di eludere l’applicazione di norme imperative.

 Procedimento principale e questione pregiudiziale

22      JH, un lavoratore dipendente assunto da un’agenzia interinale, è stato assegnato, in qualità di lavoratore tramite agenzia interinale, all’impresa utilizzatrice KG, tra il 3 marzo 2014 e il 30 novembre 2016, mediante una successione di contratti di somministrazione di lavoro (otto in tutto) prorogati più volte (diciassette in tutto).

23      Nel febbraio 2017, JH ha adito il giudice del rinvio, il Tribunale ordinario di Brescia (Italia), affinché riconoscesse l’esistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato tra lui stesso e la KG a causa dell’illegittimità del ricorso a missioni successive ed ininterrotte tra il mese di marzo 2014 e il mese di novembre 2016. Egli ha chiesto inoltre a tale giudice di accertare e dichiarare l’illegittimità e/o l’irregolarità e/o la nullità dei contratti di somministrazione di lavoro sulla base dei quali era stato messo a disposizione della KG.

24      Secondo JH, le disposizioni nazionali in materia di lavoro tramite agenzia interinale applicabili al procedimento principale, non prevedendo alcun limite alle missioni successive dei lavoratori messi a disposizione di uno stesso utilizzatore, sarebbero contrarie alla direttiva 2008/104. In particolare, da un lato, dal considerando 15 di tale direttiva risulterebbe che, in generale, i rapporti di lavoro dovrebbero essere costituiti nella forma di un contratto a tempo indeterminato e, dall’altro, l’articolo 5, paragrafo 5, prima frase, della medesima direttiva imporrebbe agli Stati membri di adottare le misure necessarie ad evitare l’assegnazione di missioni successive per eludere le disposizioni di quest’ultima.

25      La successione di contratti di somministrazione di lavoro con i quali è stato messo a disposizione della KG sarebbe peraltro illecita ai sensi, da un lato, dell’articolo 1344 del codice civile, poiché tali contratti violerebbero norme di diritto sia interne sia dell’Unione, e, dall’altro, dell’articolo 1421 del medesimo codice, in quanto tali contratti sarebbero nulli per violazione del divieto di somministrazione di lavoro fraudolenta, ai sensi dell’articolo 28 del decreto legislativo n. 276/2003.

26      Il giudice del rinvio osserva anzitutto che l’applicazione del decreto legislativo n. 276/2003 alla controversia sottopostagli porterebbe, in linea di principio, a una decisione di rigetto del ricorso presentato da JH. Infatti, a seguito della modifica introdotta dal decreto-legge n. 34/2014, l’articolo 20, comma 4, del decreto legislativo n. 276/2003 non prevedrebbe più, come avveniva in precedenza, né che la somministrazione di lavoro a tempo determinato sia ammessa solo a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili all’ordinaria attività dell’utilizzatore, né la necessità di indicare tali ragioni nel contratto scritto.

27      Nella misura in cui l’articolo 22 del decreto legislativo n. 276/2003 esclude l’applicabilità dell’articolo 5, comma 3 e seguenti, del decreto legislativo n. 368/2001 – il quale, in materia di contratti a tempo determinato, limiterebbe la possibilità di stipulare più contratti a tempo determinato in successione e, in ogni caso, stabilirebbe un tetto massimo di trentasei mesi di occupazione – il decreto legislativo n. 276/2003 non limiterebbe il numero consentito di missioni successive del lavoratore tramite agenzia interinale presso la stessa impresa utilizzatrice.

28      Il giudice del rinvio precisa poi che al rapporto di lavoro tra JH e la KG non è applicabile il regime del contratto collettivo, visto che tale normativa disciplina solo i rapporti tra i lavoratori e le agenzie di lavoro interinale. In ogni caso, neppure tale contratto collettivo disporrebbe che il contratto specifichi le ragioni del ricorso alla somministrazione di manodopera, né vieterebbe la conclusione, senza soluzione di continuità, di un nuovo contratto subito dopo la cessazione della sesta proroga del contratto precedente.

29      Il giudice del rinvio ritiene che tale normativa nazionale sia contraria alla direttiva 2008/104 e, in particolare, all’articolo 5, paragrafo 5, di tale direttiva, letto alla luce del suo considerando 15, nella misura in cui non permette alcun controllo giurisdizionale sulle ragioni del ricorso al lavoro tramite agenzia interinale né fissa limiti alle missioni successive dello stesso lavoratore presso la medesima impresa utilizzatrice.

30      È in tale contesto che il Tribunale ordinario di Brescia ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 5, paragrafo 5, della [direttiva 2008/104] debba essere interpretato nel senso che osti all’applicazione del [decreto legislativo n. 276/2003], che:

a)      non prevede limiti alle missioni successive del medesimo lavoratore presso la stessa impresa utilizzatrice;

b)      non subordina la legittimità del ricorso alla somministrazione di lavoro a tempo determinato all’indicazione delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo del ricorso alla somministrazione stessa;

c)      non prevede il requisito della temporaneità dell’esigenza produttiva propria dell’impresa utilizzatrice quale condizione di legittimità del ricorso a tale forma di contratto di lavoro».

 Sulla questione pregiudiziale

 Sulla ricevibilità

31      Il governo italiano contesta la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale e osserva, a tal riguardo, da un lato, che il giudice del rinvio non fornisce alcuna indicazione sulla natura del contratto di lavoro tra JH e l’agenzia di lavoro interinale, più precisamente, se si tratti di un contratto a tempo determinato o a tempo indeterminato, mentre la normativa considerata dal giudice del rinvio si applica solo a rapporti di lavoro a tempo determinato.

32      Dall’altro lato, la controversia oggetto del procedimento principale sarebbe una controversia tra soggetti privati e la direttiva 2008/104 non avrebbe effetto diretto orizzontale. La risposta alla questione sollevata non avrebbe, pertanto, alcuna rilevanza ai fini dell’esito di tale controversia. L’unico risultato positivo possibile per JH sarebbe di ottenere un risarcimento a carico della Repubblica italiana qualora il recepimento della direttiva 2008/104 da parte di tale Stato membro dovesse essere giudicato incompleto o imperfetto.

33      Sotto tale profilo, occorre ricordare che spetta esclusivamente al giudice nazionale cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale valutare, alla luce delle particolari circostanze della causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate riguardano l’interpretazione di una norma del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire (sentenza dell’8 maggio 2019, Praxair MRC, C‑486/18, EU:C:2019:379, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).

34      Ne deriva che le questioni vertenti sul diritto dell’Unione godono di una presunzione di rilevanza. Il rifiuto della Corte di statuire su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile solo qualora risulti manifestamente che la richiesta interpretazione di una norma del diritto dell’Unione non ha alcuna relazione con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una risposta utile alle questioni che le sono sottoposte (sentenza dell’8 maggio 2019, Praxair MRC, C‑486/18, EU:C:2019:379, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

35      Nella fattispecie in esame, occorre constatare che la presente causa non corrisponde a nessuno dei casi in cui la Corte può rifiutarsi di rispondere a questioni pregiudiziali. Il giudice del rinvio chiede alla Corte di interpretare l’articolo 5, paragrafo 5, della direttiva 2008/104, disposizione che, come risulta dal contesto di fatto e di diritto da lui presentato, è rilevante ai fini del procedimento principale. Il medesimo giudice precisa, inoltre, come risulta dai punti da 26 a 29 della presente sentenza, le ragioni per le quali reputa necessaria tale interpretazione. Si deve pertanto constatare che la sua esposizione, tanto delle circostanze di fatto della controversia di cui al procedimento principale, quanto delle questioni di diritto che la stessa comporta, è sufficiente per consentire alla Corte di fornire una risposta utile alla questione sollevata.

36      Occorre parimenti ricordare che dalla giurisprudenza della Corte risulta che quest’ultima è competente a pronunciarsi, in via pregiudiziale, sull’interpretazione delle disposizioni del diritto dell’Unione indipendentemente dal fatto che esse abbiano o meno efficacia diretta fra le parti della controversia sottesa (sentenza dell’8 maggio 2019, Praxair MRC, C‑486/18, EU:C:2019:379, punto 35 e giurisprudenza ivi citata). Di conseguenza, gli argomenti che il governo italiano deduce dall’impossibilità di applicare direttamente le disposizioni della direttiva 2008/104 ad una controversia tra soggetti privati sono inconferenti.

37      Ciò considerato, la domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile.

 Nel merito

38      Con la sua questione, il giudice del rinvio domanda, in sostanza, se l’articolo 5, paragrafo 5, prima frase, della direttiva 2008/104 debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che non limita il numero di missioni successive che un medesimo lavoratore tramite agenzia interinale può svolgere presso la stessa impresa utilizzatrice e che non subordina la legittimità del ricorso al lavoro tramite agenzia interinale all’indicazione delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo che giustifichino tale ricorso.

39      A tal riguardo occorre ricordare che la direttiva 2008/104 è stata adottata per completare il quadro normativo istituito dalle direttive 97/81/CE del Consiglio, del 15 dicembre 1997, relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES (GU 1998, L 14, pag. 9), e 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato (GU 1999, L 175, pag. 43), sulla base dell’articolo 137, paragrafi 1 e 2, CE, il quale conferiva alle istituzioni il potere di adottare, mediante direttive, le prescrizioni minime applicabili progressivamente, segnatamente riguardo alle condizioni di lavoro.

40      Dai considerando 10 e 12 della direttiva 2008/104 risulta che la posizione giuridica, lo status e le condizioni di lavoro dei lavoratori tramite agenzia interinale nell’Unione europea sono caratterizzati da grande diversità e che la direttiva mira a stabilire un quadro normativo a tutela di questi lavoratori che sia non discriminatorio, trasparente e proporzionato nel rispetto della diversità dei mercati del lavoro e delle relazioni industriali. Così, a norma dell’articolo 2 di tale direttiva, l’obiettivo di quest’ultima è di garantire la tutela di tali lavoratori e di migliorare la qualità del lavoro tramite agenzia interinale garantendo il rispetto del principio della parità di trattamento nei loro confronti e riconoscendo le agenzie di lavoro interinale quali datori di lavoro, tenendo conto nel contempo della necessità di inquadrare adeguatamente il ricorso a tale tipo di lavoro al fine di contribuire efficacemente alla creazione di posti di lavoro e allo sviluppo di forme di lavoro flessibili.

41      A tal fine la direttiva 2008/104, come discende dalla sua base giuridica, ricordata al punto 39 della presente sentenza, e dal suo articolo 9, si limita a prevedere l’introduzione di requisiti minimi volti, da un lato, a garantire il rispetto del principio della parità di trattamento dei lavoratori tramite agenzia interinale, sancito all’articolo 5 di tale direttiva, e, dall’altro, al riesame dei divieti nonché delle restrizioni applicabili al lavoro tramite agenzia interinale, previsti dagli Stati membri, allo scopo di conservare soltanto quelli giustificati da ragioni d’interesse generale ed inerenti alla tutela dei lavoratori, come stabilito all’articolo 4 di tale direttiva.

42      Orbene, l’articolo 5, paragrafo 5, prima frase, della direttiva 2008/104, nell’ambito di tali requisiti minimi, prevede che gli Stati membri adottino le misure necessarie, conformemente alla legislazione e/o alle pratiche nazionali, per evitare che esso sia applicato abusivamente e, in particolare, per prevenire missioni successive aventi lo scopo di eludere le disposizioni della direttiva. Tale disposizione non impone dunque agli Stati membri di limitare il numero di missioni successive di un medesimo lavoratore presso la stessa impresa utilizzatrice o di subordinare il ricorso a detta forma di lavoro a tempo determinato all’indicazione delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo. Inoltre, la suddetta disposizione non definisce, come del resto neppure le altre disposizioni della direttiva, alcuna misura specifica che gli Stati membri debbano adottare a tal fine.

43      Siffatta constatazione è corroborata dall’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2008/104, ai sensi del quale i divieti o le restrizioni al ricorso al lavoro tramite agenzia interinale eventualmente previsti dagli Stati membri nella loro legislazione devono essere giustificati da ragioni d’interesse generale che investono, in particolare, la tutela dei lavoratori tramite agenzia interinale, le prescrizioni in materia di salute e di sicurezza sul lavoro o la necessità di garantire il buon funzionamento del mercato del lavoro e la prevenzione di abusi.

44      Infatti, dalla giurisprudenza della Corte discende che tale disposizione deve essere intesa nel senso che essa delimita l’ambito entro il quale deve svolgersi l’attività legislativa degli Stati membri in materia di divieti o di restrizioni imposti quanto al ricorso al lavoro tramite agenzie di lavoro interinale e non, invece, nel senso che essa impone l’adozione di una determinata normativa in materia, quand’anche per finalità di prevenzione di abusi (v., in tal senso, sentenza del 17 marzo 2015, AKT, C‑533/13, EU:C:2015:173, punto 31).

45      Infine, contrariamente a quanto sostenuto da JH nelle sue osservazioni scritte, il precetto derivante dalla sentenza del 25 ottobre 2018, Sciotto (C‑331/17, EU:C:2018:859), che verte sull’interpretazione della clausola 5 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura nell’allegato della direttiva 1999/70, non è trasponibile alla presente causa. Infatti, mentre la clausola 5 di detto accordo quadro stabilisce obblighi specifici al fine di prevenire gli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti di lavoro a tempo determinato, ciò non vale per l’articolo 5, paragrafo 5, prima frase, della direttiva 2008/104.

46      Dalle considerazioni che precedono risulta che dall’articolo 5, paragrafo 5, prima frase, della direttiva 2008/104 non si può dedurre che tale disposizione obblighi gli Stati membri a prevedere, nelle rispettive normative nazionali, la totalità o una parte delle misure specifiche indicate nella questione sollevata.

47      Tuttavia, occorre tener conto del fatto che il giudice del rinvio, nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, come esposto al punto 29 della presente sentenza, si interroga, in modo più ampio, sulla questione se la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale possa essere considerata contraria alla direttiva 2008/104, segnatamente all’articolo 5, paragrafo 5, prima frase di tale direttiva, letto alla luce del considerando 15 della stessa, in quanto, non prevedendo siffatte misure, essa potrebbe consentire missioni successive di uno stesso lavoratore presso la medesima impresa utilizzatrice aventi lo scopo di eludere le disposizioni di tale direttiva e, in particolare, il carattere temporaneo del lavoro tramite agenzia interinale. Il giudice del rinvio si chiede se tale non conformità al diritto dell’Unione debba essere desunta anche, da un lato, dall’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2008/14, che presuppone il carattere temporaneo dell’assegnazione del lavoratore all’impresa utilizzatrice, e, dall’altro, dall’articolo 3, paragrafo 1, della medesima direttiva, le cui lettere da b) a e) definiscono le nozioni di «agenzia interinale», di «lavoratore tramite agenzia interinale», di «impresa utilizzatrice» e di «missione» in termini che denotano come questo tipo di rapporto di lavoro abbia per sua natura carattere temporaneo.

48      Pertanto, il giudice del rinvio solleva altresì la questione se, con l’adozione della direttiva 2008/104, l’obiettivo perseguito dal legislatore dell’Unione, come risulta in particolare dall’articolo 5, paragrafo 5, prima frase, di quest’ultima, sia quello di imporre agli Stati membri di preservare il carattere temporaneo del lavoro tramite agenzia interinale, vietando i rinnovi illimitati di missioni che soddisfano in realtà esigenze di personale permanenti dell’impresa utilizzatrice interessata ed eludono così le disposizioni di tale direttiva.

49      Orbene, conformemente a una giurisprudenza costante, nulla impedisce alla Corte di dare una risposta utile al giudice del rinvio fornendogli gli elementi di interpretazione attinenti al diritto dell’Unione che gli consentiranno di statuire sulla conformità del diritto interno al diritto dell’Unione (sentenza del 16 febbraio 2012, Varzim Sol, C‑25/11, EU:C:2012:94, punto 28 e giurisprudenza ivi citata, nonché ordinanza del 16 gennaio 2014, Baradics e a., C‑430/13, EU:C:2014:32, punto 31).

50      A tal fine occorre precisare, in primo luogo, che il considerando 11 della direttiva 2008/104 indica che quest’ultima intende rispondere non solo alle esigenze di flessibilità delle imprese, ma anche alla necessità dei lavoratori dipendenti di conciliare la vita privata e la vita professionale, contribuendo alla creazione di posti di lavoro, alla partecipazione al mercato del lavoro e all’inserimento in tal mercato. Tale direttiva mira, pertanto, a conciliare l’obiettivo di flessibilità perseguito dalle imprese con l’obiettivo di sicurezza che risponde alla tutela dei lavoratori.

51      Questo duplice obiettivo risponde così alla volontà del legislatore dell’Unione di ravvicinare le condizioni del lavoro tramite agenzia interinale ai rapporti di lavoro «normali», tanto più che, al considerando 15 della direttiva 2008/104, il medesimo legislatore ha esplicitamente precisato che la forma comune dei rapporti di lavoro è il contratto a tempo indeterminato. La direttiva in argomento mira, di conseguenza, anche ad incoraggiare l’accesso dei lavoratori tramite agenzia interinale ad un impiego permanente presso l’impresa utilizzatrice, un obiettivo che trova una particolare risonanza al suo articolo 6, paragrafi 1 e 2.

52      Il principio della parità di trattamento, quale previsto all’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2008/104, si inserisce nell’ambito di questo stesso obiettivo. Ai sensi di tale disposizione, infatti, per tutta la durata della missione presso un’impresa utilizzatrice, le condizioni di base di lavoro e di occupazione dei lavoratori tramite agenzia interinale devono corrispondere, come minimo, a quelle che si applicherebbero loro se fossero direttamente impiegati dalla stessa impresa per svolgervi il medesimo lavoro.

53      In secondo luogo, la nozione di «condizioni di base di lavoro e d’occupazione», che determina la portata del principio della parità di trattamento da applicare ai lavoratori tramite agenzia interinale, è definita all’articolo 3, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2008/104 e si riferisce all’orario di lavoro, alle ore di lavoro straordinario, alle pause, ai periodi di riposo, al lavoro notturno, alle ferie ed ai giorni festivi nonché alla retribuzione.

54      Tuttavia, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 44 delle sue conclusioni, dal considerando 1 di tale direttiva risulta che quest’ultima mira a garantire il pieno rispetto dell’articolo 31 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, il quale, ai sensi del suo paragrafo 1, sancisce, in modo generale, il diritto di ogni lavoratore a condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose. Le spiegazioni relative alla Carta dei diritti fondamentali (GU 2007, C 303, pag. 17) indicano, al riguardo, che l’espressione «condizioni di lavoro» deve essere intesa nel senso di cui all’articolo 156 TFUE. Quest’ultima disposizione, però, si limita a contemplare, senza definirle ulteriormente, le «condizioni di lavoro» come uno dei settori della politica sociale dell’Unione in cui la Commissione europea può intervenire per incoraggiare la cooperazione tra gli Stati membri e facilitare il coordinamento della loro azione. Alla luce della finalità di tutela dei diritti del lavoratore tramite agenzia interinale perseguita dalla direttiva 2008/104, siffatta mancanza di precisione depone a favore di un’interpretazione estensiva della nozione di «condizioni di lavoro».

55      In terzo luogo, nello stesso senso, l’articolo 5, paragrafo 5, prima frase, della direttiva 2008/104 impone agli Stati membri due obblighi distinti, ossia di adottare le misure necessarie a, da un lato, evitare il ricorso abusivo alle deroghe al principio della parità di trattamento autorizzate dallo stesso articolo 5 e, dall’altro, prevenire missioni successive aventi lo scopo di eludere le disposizioni della direttiva 2008/104 nel suo insieme.

56      A tal riguardo si deve constatare che, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 46 delle sue conclusioni, i termini «e, in particolare», utilizzati all’articolo 5, paragrafo 5, prima frase, di tale direttiva per collegare questi due obblighi, non possono, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte, essere interpretati nel senso che il secondo obbligo sia automaticamente ed integralmente subordinato al primo, cosicché detta disposizione si applicherebbe esclusivamente a un ricorso abusivo alle deroghe autorizzate al principio di parità di trattamento, la cui portata concreta ai fini della direttiva in argomento è precisata all’articolo 5, paragrafi da 1 a 4, di quest’ultima.

57      I due obblighi posti a carico degli Stati membri hanno due portate ben distinte. Il primo impone loro di adottare le misure necessarie al fine di evitare unicamente un ricorso abusivo alle deroghe autorizzate ai sensi dell’articolo 5, paragrafi da 2 a 4, della direttiva 2008/104. Il secondo obbligo è, per contro, enunciato in senso più ampio e mira a far sì che questi stessi Stati adottino le misure necessarie al fine di prevenire, in particolare, missioni successive aventi lo scopo di eludere le disposizioni della direttiva nel suo insieme.

58      L’interpretazione restrittiva dell’articolo 5, paragrafo 5, prima frase, della direttiva 2008/104 sostenuta dalla Commissione contrasta non solo con la formulazione stessa di tale disposizione, che prevede esplicitamente due obblighi a carico degli Stati membri, il secondo dei quali riguardante la direttiva 2008/104 in maniera generale, ma anche con la finalità esplicita di tale direttiva, consistente nel tutelare i lavoratori tramite agenzia interinale e nel migliorare le condizioni del lavoro tramite agenzia interinale.

59      Ne consegue che l’obbligo imposto dall’articolo 5, paragrafo 5, prima frase, della direttiva 2008/104 agli Stati membri, consistente nell’adottare le misure necessarie per evitare l’assegnazione di missioni successive aventi lo scopo di eludere le disposizioni di tale direttiva, deve essere inteso, alla luce della sua economia e della sua finalità, nel senso che esso verte su tutte le disposizioni di quest’ultima.

60      In quarto luogo, occorre constatare che la direttiva 2008/104 è finalizzata anche a far sì che gli Stati membri si adoperino affinché il lavoro tramite agenzia interinale presso la stessa impresa utilizzatrice non diventi una situazione permanente per un lavoratore tramite agenzia interinale.

61      A tal riguardo si deve ricordare che l’articolo 3, paragrafo 1, lettere da b) a e), di tale direttiva definisce le nozioni di «agenzia interinale», di «lavoratore tramite agenzia interinale», di «impresa utilizzatrice» e di «missione» e che da tali definizioni risulta che il rapporto di lavoro con un’agenzia utilizzatrice ha, per sua natura, carattere temporaneo.

62      Inoltre, se è vero che detta direttiva riguarda rapporti di lavoro temporanei, transitori o limitati nel tempo, e non rapporti di lavoro permanenti, nondimeno essa precisa, al considerando 15 nonché all’articolo 6, paragrafi 1 e 2, che i «contratti di lavoro a tempo indeterminato», vale a dire i rapporti di lavoro permanenti, rappresentano la forma comune di rapporti di lavoro e che i lavoratori tramite agenzia interinale devono essere informati dei posti vacanti nell’impresa utilizzatrice, affinché possano aspirare, al pari degli altri dipendenti dell’impresa, a ricoprire posti di lavoro a tempo indeterminato.

63      Infine, occorre constatare che l’articolo 5, paragrafo 5, prima frase, della direttiva 2008/104 impone agli Stati membri, in termini chiari, precisi ed incondizionati, di adottare le misure necessarie per impedire gli abusi consistenti nelle successioni di missioni di lavoro tramite agenzia interinale volte ad eludere le disposizioni di tale direttiva. Ne consegue che tale disposizione deve essere interpretata nel senso che essa osta a che uno Stato membro non adotti alcuna misura al fine di preservare la natura temporanea del lavoro tramite agenzia interinale.

64      A tal riguardo, da una costante giurisprudenza della Corte risulta che l’obbligo degli Stati membri, derivante da una direttiva, di raggiungere il risultato ivi previsto, nonché il loro dovere, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE e dell’articolo 288 TFUE, di adottare tutti i provvedimenti generali o particolari atti a garantire l’adempimento di tale obbligo, valgono per tutti gli organi di tali Stati, compresi, nell’ambito della loro competenza, quelli giurisdizionali (v., in particolare, sentenza del 19 settembre 2019, Rayonna prokuratura Lom, C‑467/18, EU:C:2019:765, punto 59 e giurisprudenza ivi citata).

65      Per attuare tale obbligo, il principio d’interpretazione conforme esige che i giudici nazionali si adoperino al meglio, nei limiti delle loro competenze, prendendo in considerazione il diritto interno nel suo insieme e applicando i metodi di interpretazione riconosciuti da quest’ultimo, al fine di garantire la piena efficacia del diritto dell’Unione e di pervenire a una soluzione conforme allo scopo perseguito da quest’ultimo (sentenza del 19 settembre 2019, Rayonna prokuratura Lom, C‑467/18, EU:C:2019:765, punto 60 e giurisprudenza ivi citata).

66      Tuttavia, tale principio d’interpretazione conforme del diritto nazionale è soggetto a limiti. L’obbligo, per il giudice nazionale, di fare riferimento al contenuto del diritto dell’Unione nell’interpretazione e nell’applicazione delle norme pertinenti del diritto interno trova un limite nei principi generali del diritto e non può servire a fondare un’interpretazione contra legem del diritto nazionale (sentenza del 19 settembre 2019, Rayonna prokuratura Lom, C‑467/18, EU:C:2019:765, punto 61 e giurisprudenza ivi citata).

67      Nel caso di specie, il giudice del rinvio deve controllare – alla luce delle considerazioni che precedono – la qualificazione giuridica del rapporto di lavoro di cui trattasi nel procedimento principale, tenendo conto sia della direttiva 2008/104 stessa, sia del diritto nazionale che la traspone nell’ordinamento giuridico italiano, in modo da verificare se, come sostenuto da JH, sussista un rapporto di lavoro a tempo indeterminato al quale è stata artificiosamente attribuita la forma di una successione di contratti di lavoro tramite agenzia interinale con lo scopo di eludere gli obiettivi della direttiva 2008/104, ed in particolare la natura temporanea del lavoro interinale.

68      Ai fini di tale valutazione, il giudice del rinvio potrà tener conto delle seguenti considerazioni.

69      Se le missioni successive del medesimo lavoratore tramite agenzia interinale presso la stessa impresa utilizzatrice conducessero a una durata dell’attività presso tale impresa più lunga di quanto possa essere ragionevolmente qualificato come «temporaneo», ciò potrebbe denotare un ricorso abusivo a missioni successive, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 5, prima frase, della direttiva 2008/104.

70      Analogamente, missioni successive assegnate al medesimo lavoratore tramite agenzia interinale presso la stessa impresa utilizzatrice, come osservato dall’avvocato generale al paragrafo 57 delle sue conclusioni, eludono l’essenza stessa delle disposizioni della direttiva 2008/104 e costituiscono un abuso di tale forma di rapporto di lavoro, in quanto compromettono l’equilibrio realizzato da tale direttiva tra la flessibilità per i datori di lavoro e la sicurezza per i lavoratori, a discapito di quest’ultima.

71      Infine, quando, in un caso concreto, non viene fornita alcuna spiegazione oggettiva al fatto che l’impresa utilizzatrice interessata ricorra ad una successione di contratti di lavoro tramite agenzia interinale, spetta al giudice nazionale verificare, nel contesto del quadro normativo nazionale e tenendo conto delle circostanze di specie, se una delle disposizioni della direttiva 2008/104 venga aggirata, a maggior ragione laddove ad essere assegnato all’impresa utilizzatrice in forza dei contratti successivi in questione sia sempre lo stesso lavoratore tramite agenzia interinale.

72      Risulta dall’insieme delle considerazioni che precedono che l’articolo 5, paragrafo 5, prima frase, della direttiva 2008/104 deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una normativa nazionale che non limita il numero di missioni successive che un medesimo lavoratore tramite agenzia interinale può svolgere presso la stessa impresa utilizzatrice e che non subordina la legittimità del ricorso al lavoro tramite agenzia interinale all’indicazione delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo che giustifichino tale ricorso. Per contro, tale disposizione deve essere interpretata nel senso che essa osta a che uno Stato membro non adotti alcuna misura al fine di preservare la natura temporanea del lavoro tramite agenzia interinale, nonché ad una normativa nazionale che non preveda alcuna misura al fine di evitare l’assegnazione ad un medesimo lavoratore tramite agenzia interinale di missioni successive presso la stessa impresa utilizzatrice con lo scopo di eludere le disposizioni della direttiva 2008/104 nel suo insieme.

 Sulle spese

73      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

L’articolo 5, paragrafo 5, prima frase, della direttiva 2008/104/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa al lavoro tramite agenzia interinale, deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una normativa nazionale che non limita il numero di missioni successive che un medesimo lavoratore tramite agenzia interinale può svolgere presso la stessa impresa utilizzatrice e che non subordina la legittimità del ricorso al lavoro tramite agenzia interinale all’indicazione delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo che giustifichino tale ricorso. Per contro, tale disposizione deve essere interpretata nel senso che essa osta a che uno Stato membro non adotti alcuna misura al fine di preservare la natura temporanea del lavoro tramite agenzia interinale, nonché ad una normativa nazionale che non preveda alcuna misura al fine di evitare l’assegnazione ad un medesimo lavoratore tramite agenzia interinale di missioni successive presso la stessa impresa utilizzatrice con lo scopo di eludere le disposizioni della direttiva 2008/104 nel suo insieme.

Firme


* Lingua processuale: l’italiano.