Language of document : ECLI:EU:C:2012:180

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

29 marzo 2012 (*)

«Accordo di associazione CEE-Turchia — Diritto di soggiorno — Familiari di un lavoratore turco naturalizzato — Mantenimento della cittadinanza turca — Data di naturalizzazione»

Nelle cause riunite C‑7/10 e C‑9/10,

aventi ad oggetto alcune domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Raad van State (Paesi Bassi), con decisioni in data 31 dicembre 2009, pervenute in cancelleria l’8 gennaio 2010, nei procedimenti

Staatssecretaris van Justitie

contro

Tayfun Kahveci (C‑7/10),

Osman Inan (C‑9/10),

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. A. Tizzano, presidente di sezione, dai sigg. M. Safjan, M. Ilešič, E. Levits (relatore) e dalla sig.ra M. Berger, giudici,

avvocato generale: sig.ra E. Sharpston

cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 3 febbraio 2011,

considerate le osservazioni presentate:

—        per il sig. Kahveci, da A. Durmuş e E. Köse, advocaten,

—        per il sig. Inan, da H. Drenth, advocaat,

—        per il governo dei Paesi Bassi, da C. Wissels e J. Langer, in qualità di agenti,

—        per il governo polacco, da M. Szpunar e M. Arciszewski nonché da A. Miłkowska, in qualità di agenti,

—        per la Commissione europea, da M. van Beek e G. Rozet, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 20 ottobre 2011,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Le domande di pronuncia pregiudiziale riguardano l’interpretazione dell’articolo 7 della decisione n. 1/80 del Consiglio di associazione, del 19 settembre 1980, relativa allo sviluppo dell’associazione (in prosieguo: la «decisione n. 1/80»). Il Consiglio di associazione è stato istituito dall’Accordo che crea un’associazione tra la Comunità economica europea e la Turchia, firmato il 12 settembre 1963 ad Ankara dalla Repubblica di Turchia, da un lato, e dagli Stati membri della CEE e dalla Comunità, d’altro lato, e concluso, approvato e confermato a nome di quest’ultima con decisione 64/732/CEE del Consiglio, del 23 dicembre 1963 (GU 1964, 217, pag. 3685; in prosieguo: «l’Accordo di associazione CEE‑Turchia»).

2        Tali domande sono state presentate nell’ambito di due controversie tra lo Staatssecretaris van Justitie (Segretario di Stato alla Giustizia; in prosieguo: lo «Staatssecretaris») e i sigg. Kahveci, da un lato, e Inan, dall’altro, in merito alla questione se un familiare di un lavoratore che abbia non solamente la cittadinanza turca, ma anche quella dello Stato membro ospitante, possa avvalersi dell’articolo 7 della decisione n.1/80.

 Contesto normativo

 La decisione n. 1/80

3        L’articolo 7 della decisione n. 1/80 è così formulato:

«I familiari che sono stati autorizzati a raggiungere un lavoratore turco inserito nel regolare mercato del lavoro di uno Stato membro:

—      hanno il diritto di rispondere, fatta salva la precedenza ai lavoratori degli Stati membri della Comunità, a qualsiasi offerta di impiego, se vi risiedono regolarmente da almeno tre anni;

—      beneficiano del libero accesso a qualsiasi attività dipendente di loro scelta se vi risiedono regolarmente da almeno cinque anni.

(…)».

4        Ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, della decisione n. 1/80:

«Le disposizioni della presente sezione vengono applicate fatte salve le limitazioni giustificate da motivi di ordine pubblico, di sicurezza e di sanità pubbliche».

 La normativa nazionale

5        Ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, parte iniziale e lettera e), della legge sui cittadini stranieri (Vreemdelingenwet del 2000, Stb. 2000, n. 495; in prosieguo: la «Vw 2000»), una richiesta per la proroga del permesso di soggiorno temporaneo può essere respinta se il cittadino straniero costituisce un pericolo per l’ordine pubblico o la sicurezza nazionale. In forza dell’articolo 19 di detta legge, un permesso siffatto può essere revocato per gli stessi motivi.

6        Conformemente all’articolo 67, paragrafo 1, parte iniziale e lettera b), Vw 2000, lo straniero può essere dichiarato persona indesiderata dallo Staatssecretaris se è stato condannato, con sentenza passata in giudicato, per un reato punito con una pena detentiva non inferiore a tre anni. In forza del paragrafo 3 del medesimo articolo, lo straniero dichiarato persona indesiderata non può soggiornare legalmente nei Paesi Bassi.

7        In base all’articolo 3.86, paragrafo 1, parte iniziale e lettera d), del decreto sugli stranieri del 2000 (Vreemdelingenbesluit 2000, Stb. 2000, n. 497), la richiesta di proroga del permesso di soggiorno temporaneo può essere respinta a norma dell’articolo 18, paragrafo 1, parte iniziale e lettera e), della Vw 2000, in caso di pericolo per l’ordine pubblico, qualora, in particolare, lo straniero, per un reato punito con una pena detentiva non inferiore a tre anni, sia stato condannato, con sentenza passata in giudicato, a una pena detentiva la cui parte da eseguire non condizionalmente sospesa sia almeno pari al periodo previsto al paragrafo 2 dell’articolo 3.86 di detto decreto, che stabilisce una scala progressiva basata sulla durata della permanenza dell’interessato nei Paesi Bassi.

 Procedimenti principali e questioni pregiudiziali

 Causa C‑7/10

8        Il sig. Kahveci è cittadino turco. La moglie, anch’essa cittadina turca, è nata nei Paesi Bassi da un lavoratore turco ed è inserita nel regolare mercato del lavoro nei Paesi Bassi. Nel giugno 1999, prima dell’arrivo regolare, nel medesimo anno, del marito nei Paesi Bassi, la stessa ha ottenuto la cittadinanza olandese pur conservando quella turca.

9        Il permesso di soggiorno concesso al sig. Kahveci riportava la restrizione «soggiorno presso la moglie R. Kahveci». Tale permesso è stato prorogato più volte, l’ultima volta fino al 12 marzo 2009. Fino al suo arresto, il sig. Kahveci abitava presso la moglie.

10      Il 23 gennaio 2007 il sig. Kahveci è stato condannato definitivamente ad una pena detentiva incondizionata di sei anni e nove mesi.

11      Con decisione del 20 marzo 2007, lo Staatssecretaris ha dichiarato il sig. Kahveci persona indesiderata a causa della sua condanna e gli ha revocato il permesso di soggiorno.

12      Il reclamo presentato dal sig. Kahveci contro detta decisione è stato respinto, non potendo quest’ultimo invocare l’articolo 7 della decisione n. 1/80 perché la moglie possiede la cittadinanza olandese. Pertanto, egli non può essere considerato un familiare di un lavoratore turco inserito nel mercato regolare del lavoro, sebbene quest’ultimo abbia conservato la cittadinanza turca in aggiunta a quella olandese.

13      Poiché il giudice del procedimento sommario del Rechtbank ’s‑Gravenhage ha dichiarato fondato il ricorso del sig. Kahveci avverso il rigetto di detto reclamo, lo Staatssecretaris ha interposto appello dinanzi al Raad van State.

14      Esso sostiene che il sig. Kahveci non rientrava più nell’ambito di applicazione della decisione n. 1/80 e che, per la moglie, non aveva alcun senso invocare il miglioramento delle condizioni nel settore sociale che è stato realizzato con tale decisione.

 Causa C‑9/10

15      Il sig. Inan è cittadino turco. Il padre, il sig. H. Inan, anch’egli cittadino turco e di cui non si contesta l’inserimento nel mercato regolare del lavoro nei Paesi Bassi, possiede dal 1993 la cittadinanza olandese oltre a quella turca.

16      Il sig. Inan è entrato legalmente nei Paesi Bassi nel 1999. Il permesso di soggiorno concessogli riportava la restrizione «ricongiungimento familiare presso il genitore H. Inan». Questo permesso è stato prorogato più volte, l’ultima volta sino al 10 giugno 2005. Fino al suo arresto, il sig. Inan abitava dal padre.

17      Il 22 maggio 2007 il sig. Inan è stato condannato definitivamente ad una pena detentiva incondizionata di sette anni.

18      Con decisione del 13 novembre 2007, lo Staatssecretaris ha dichiarato il sig. Inan persona indesiderata a causa della condanna e ha respinto la sua domanda di proroga del proprio permesso di soggiorno.

19      In seguito, il procedimento principale si è svolto in maniera analoga a quello avviato dal sig. Kahveci, descritto ai punti 12‑14 della presente sentenza.

20      Date le circostanze, considerando che la soluzione delle due controversie dinanzi ad esso pendenti dipende dall’interpretazione del diritto dell’Unione, il Raad van State ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali, formulate in termini identici in entrambi i casi:

«1)      Se l’articolo 7 della decisione n. 1/80 debba essere interpretato nel senso che i familiari di un lavoratore turco inserito nel regolare mercato del lavoro di uno Stato membro non possono invocare questa disposizione dopo che detto lavoratore, pur mantenendo la cittadinanza turca, ha acquisito la cittadinanza dello Stato membro ospitante.

2)      Se per la soluzione della prima questione sia rilevante il momento in cui il lavoratore turco acquisisca la cittadinanza dello Stato membro ospitante».

21      Con ordinanza del presidente della Corte in data 9 febbraio 2010, le cause C‑7/10 e C‑9/10 sono state riunite ai fini della fase scritta e orale del procedimento nonché della sentenza.

 Sulle questioni pregiudiziali

22      Con le sue due questioni, che occorre trattare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 7 della decisione n. 1/80 debba essere interpretato nel senso che i familiari di un lavoratore turco inserito nel regolare mercato del lavoro di uno Stato membro possono sempre invocare detta disposizione qualora tale lavoratore abbia acquisito la cittadinanza dello Stato membro ospitante pur conservando quella turca.

23      In via preliminare va rilevato che l’articolo 7 della decisione n. 1/80 forma parte integrante del diritto dell’Unione (v. sentenza del 20 settembre 1990, Sevince, C‑192/89, Racc. pag. I‑3461, punti 8 e 9). Gli Stati membri sono pertanto vincolati dagli obblighi derivanti da detta disposizione, esattamente allo stesso modo in cui hanno il dovere di rispettare i diritti previsti dalla legislazione dell’Unione.

24      Inoltre, occorre rammentare che, secondo una giurisprudenza costante, l’articolo 7, primo comma, della decisione n. 1/80 ha un effetto diretto, per cui i cittadini turchi ai quali tale disposizione si applica hanno il diritto di avvalersene direttamente dinanzi ai giudici degli Stati membri per ottenere la disapplicazione delle norme di diritto interno contrarie a tale disposizione (v. in tal senso, segnatamente, sentenze del 17 aprile 1997, Kadiman, C‑351/95, Racc. pag. I‑2133, punto 28; del 22 dicembre 2010, Bozkurt, C‑303/08, Racc. pag. I‑13445, punto 31, e del 16 giugno 2011, Pehlivan, C‑484/07, Racc. pag. I‑5203, punto 39).

25      Ciò premesso, al fine di rispondere alle questioni sollevate, occorre interpretare detta disposizione con riferimento al suo tenore letterale, all’obiettivo perseguito da quest’ultima e al sistema da essa istituito (v., in tal senso, sentenza del 23 marzo 2006, Honyvem Informazioni Commerciali, C‑465/04, Racc. pag. I‑2879, punto 17).

26      Come emerge dalla stessa formulazione del summenzionato articolo 7, primo comma, l’acquisizione dei diritti previsti da tale disposizione è subordinata a due condizioni cumulative, ossia, da una parte, il fatto che la persona interessata debba essere un familiare di un lavoratore turco già inserito nel mercato regolare del lavoro dello Stato membro ospitante e, dall’altra parte, che sia stata autorizzata dalle competenti autorità di tale Stato a raggiungervi il lavoratore di cui trattasi (v. sentenza Bozkurt, cit., punto 26).

27      Poiché dette condizioni risultano soddisfatte, ai fini dell’applicazione dell’articolo 7, primo comma, della decisione n. 1/80, resta da verificare se il cittadino turco interessato risieda regolarmente da un certo periodo sul territorio dello Stato membro ospitante con il lavoratore, dal quale trae i suoi diritti (v., in particolare, sentenza del 7 luglio 2005, Aydinli, C‑373/03, Racc. pag. I‑6181, punto 29).

28      Di conseguenza, la Corte ha già dichiarato che un familiare di un lavoratore avente soltanto la cittadinanza turca, che soddisfi le condizioni rammentate ai punti 26 e 27 della presente sentenza, dispone necessariamente, in detto Stato, di un diritto di soggiorno direttamente fondato sull’articolo 7, primo comma, della decisione n. 1/80 (sentenza Pehlivan, cit., punto 43).

29      Riguardo ai procedimenti principali, come rilevato ai punti 8‑10 e 15‑17 della presente sentenza, è pacifico che le condizioni enunciate ai punti 26 e 27 di quest’ultima sono soddisfatte dai sigg. Kahveci e Inan.

30      In relazione all’obiettivo perseguito dall’articolo 7, primo comma, della decisione n. 1/80 e dal sistema che essa istituisce, resta quindi da determinare se la circostanza che il lavoratore turco, già inserito nel regolare mercato del lavoro dello Stato membro ospitante, abbia acquisito, in aggiunta alla cittadinanza turca, la cittadinanza dello Stato membro ospitante, comporti per i suoi familiari il fatto di non potersi più avvalere di detta disposizione.

31      A tal proposito, occorre rammentare che il sistema di acquisizione progressiva dei diritti previsto all’articolo 7, primo comma, della decisione n. 1/80 persegue un duplice scopo.

32      In un primo momento, prima della scadenza del periodo iniziale di tre anni, la disposizione in parola mira a consentire la presenza dei familiari del lavoratore migrante presso quest’ultimo, al fine di favorire in questo modo, tramite il ricongiungimento familiare, l’occupazione e il soggiorno del lavoratore turco già regolarmente inserito nello Stato membro ospitante (v., in particolare, sentenze del 22 giugno 2000, Eyüp, C‑65/98, Racc. pag. I‑4747, punto 26; e dell’11 novembre 2004, Cetinkaya, C‑467/02, Racc. pag. I‑10895, punto 25, e Bozkurt, cit., punto 33).

33      In un secondo momento, la stessa disposizione è diretta a rafforzare l’inserimento duraturo della famiglia del lavoratore migrante turco nello Stato membro ospitante, accordando al familiare interessato, dopo tre anni di regolare residenza, la possibilità di accedere a sua volta al mercato del lavoro. Lo scopo essenziale in tal modo perseguito consiste nel consolidare la posizione di tale familiare, il quale si trova, in questa fase, già regolarmente inserito nello Stato membro ospitante, fornendogli i mezzi per guadagnarsi da vivere nello Stato in questione e, pertanto, per creare in quest’ultimo una situazione autonoma rispetto a quella del lavoratore migrante (v., in particolare, sentenze Eyüp, cit., punto 26; Cetinkaya, cit., punto 25; Aydinli, cit., punto 23; del 18 luglio 2007, Derin, C‑325/05, Racc. pag. I‑6495, punti 50 e 71, nonché Bozkurt, cit., punto 34).

34      Con riferimento all’obiettivo generale perseguito dalla decisione n. 1/80, che consiste, a differenza di un accordo di cooperazione come quello concluso tra la Comunità economica europea e il Regno del Marocco, firmato a Rabat il 27 aprile 1976 e approvato a nome della Comunità dal regolamento (CEE) n. 2211/78 del Consiglio, del 26 settembre 1978 (GU L 264, pag. 1), nel migliorare nel settore sociale il regime di cui beneficiano i lavoratori turchi e i loro familiari per realizzare gradualmente la libera circolazione (v., segnatamente, sentenza dell’11 novembre 1999, Stato belga/Mesbah, C‑179/98, Racc. 1999, pag. I‑7955, punto 36, e del 16 marzo 2000, Ergat, C–329/97, Racc. pag. I‑1487, punto 43), il sistema predisposto in particolare dall’articolo 7, primo comma, della medesima decisione è volto a creare condizioni favorevoli al ricongiungimento familiare nello Stato membro ospitante (v. sentenza Pehlivan, cit., punto 45).

35      Orbene, detta finalità perseguita dalla decisione n. 1/80 sarebbe ostacolata se il fatto di ottenere la cittadinanza dello Stato membro ospitante obbligasse un lavoratore avente ancora la cittadinanza turca a rinunciare al beneficio delle condizioni favorevoli al ricongiungimento familiare in tale Stato membro ospitante.

36      Va sottolineato inoltre che la Corte ha dichiarato che i cittadini turchi che rispondono ai requisiti previsti da una delle disposizioni della decisione n. 1/80 beneficiano, pertanto, dei diritti loro attribuiti dalla decisione stessa (v., segnatamente, sentenze del 18 dicembre 2008, Altun, C‑337/07, Racc. pag. I‑10323, punti 28 e 29, nonché Bozkurt, cit., punto 39) e che uno Stato membro non è autorizzato a dettare una normativa diversa da quella risultante dalla decisione n. 1/80, o che imponga condizioni diverse da quelle da essa previste (v. sentenza Pehlivan, cit., punto 56).

37      Infatti, in virtù di una giurisprudenza costante della Corte, sia dal primato del diritto dell’Unione sia dall’effetto diretto di una disposizione come l’articolo 7, primo comma, della decisione n. 1/80 risulta che gli Stati membri non possono modificare unilateralmente la portata del sistema di graduale integrazione dei cittadini turchi nello Stato membro ospitante e che essi, pertanto, non dispongono più della facoltà di adottare misure che possano pregiudicare lo status giuridico espressamente riconosciuto a tali cittadini dal diritto che promana dall’accordo di associazione CEE-Turchia (v. sentenza Pehlivan, cit., punto 56, e la giurisprudenza ivi citata).

38      Orbene, una normativa del tipo di quella di cui trattasi nella causa principale, che prevede che i diritti conferiti dall’articolo 7, primo comma, della decisione n. 1/80 non possano più essere fatti valere poiché il lavoratore turco già inserito regolarmente nello Stato membro ospitante ha ottenuto la cittadinanza olandese, avrebbe proprio l’effetto di ostacolare lo status giuridico espressamente riconosciuto ai cittadini turchi dal diritto risultante dall’accordo di associazione CEE-Turchia.

39      Ciò considerato, è giocoforza constatare che per quanto concerne i cittadini turchi, quali i sigg. Kahveci e Inan, l’articolo 14, paragrafo 1, della decisione n. 1/80 fornisce il contesto giuridico appropriato che consente di valutare in che misura un cittadino turco oggetto di condanne penali possa essere privato, mediante un’espulsione dallo Stato membro ospitante, dei diritti che trae direttamente da tale decisione (v., segnatamente, citate sentenze Derin, punto 74, e Bozkurt, punto 54).

40      Al riguardo, la Corte ha affermato che spetta alle autorità nazionali interessate procedere, caso per caso, ad una valutazione del comportamento personale dell’autore di una violazione nonché del carattere attuale, reale e sufficientemente grave del pericolo che egli costituisce per l’ordine e la sicurezza pubblici, e tali autorità sono inoltre tenute a garantire il rispetto sia del principio di proporzionalità sia dei diritti fondamentali dell’interessato. In particolare, un provvedimento di espulsione fondato sull’articolo 14, paragrafo 1, della decisione n. 1/80 può essere adottato soltanto se il comportamento personale dell’interessato ha rivelato un rischio concreto di nuove gravi perturbazioni dell’ordine pubblico (v. citate sentenze Derin, punto 74, e Bozkurt, punto 60).

41      Dalle considerazioni sopraesposte emerge che si deve rispondere alle questioni sottoposte dichiarando che l’articolo 7 della decisione n. 1/80 deve essere interpretato nel senso che i familiari di un lavoratore turco inserito nel regolare mercato del lavoro di uno Stato membro possono sempre invocare questa disposizione ove detto lavoratore, pur mantenendo la cittadinanza turca, abbia acquisito la cittadinanza dello Stato membro ospitante.

 Sulle spese

42      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

L’articolo 7 della decisione n. 1/80, del 19 settembre 1980, relativa allo sviluppo dell’associazione, adottata dal Consiglio di associazione istituito dall’Accordo che crea un’associazione tra la Comunità economica europea e la Turchia, deve essere interpretato nel senso che i familiari di un lavoratore turco inserito nel regolare mercato del lavoro di uno Stato membro possono sempre invocare questa disposizione ove detto lavoratore, pur mantenendo la cittadinanza turca, abbia acquisito la cittadinanza dello Stato membro ospitante.

Firme


* Lingua processuale: l’olandese.