Language of document : ECLI:EU:C:1999:514

SENTENZA DELLA CORTE

21 ottobre 1999 (1)

«Libera prestazione dei servizi - Esercizio di scommesse»

Nel procedimento C-67/98,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE), dal Consiglio di Stato nella causa dinanzi ad esso pendente tra

Questore di Verona

e

Diego Zenatti,

domanda vertente sull'interpretazione delle disposizioni del Trattato CE relative alla libera prestazione dei servizi,

LA CORTE,

composta dai signori G.C. Rodríguez Iglesias, presidente, P.J.G. Kapteyn, J.-P. Puissochet (relatore), G. Hirsch e P. Jann, presidenti di sezione, J.C. Moitinho de Almeida, D.A.O. Edward, H. Ragnemalm e R. Schintgen, giudici,

avvocato generale: N. Fennelly


cancelliere: signora L. Hewlett, amministratore

viste le osservazioni scritte presentate:

-    per il governo italiano, dal professor U. Leanza, capo del servizio del contenzioso diplomatico del Ministero degli Affari esteri, in qualità di agente, assistito dal signor D. Del Gaizo, avvocato dello Stato;

-    per il signor Zenatti, dagli avv.ti R. Torrisi Rigano, del foro di Catania, e A. Pascerini, del foro di Bologna;

-    per il governo tedesco, dai signori E. Röder, Ministerialrat presso il Ministero federale dell'Economia, e C.-D. Quassowski, Regierungsdirektor presso lo stesso Ministero, in qualità di agenti;

-    per il governo spagnolo, dalla signora N. Díaz Abad, Abogado del Estado, in qualità di agente;

-    per il governo portoghese, dal signor L.I. Fernandes, direttore del servizio giuridico della direzione generale delle Comunità europee del Ministero degli Affari esteri, e dalle signore M.L. Duarte, consigliere giuridico presso la stessa direzione, e A.P. Barros, coordinatore giuridico del dipartimento giochi della Santa Casa da Misericórdia di Lisbona, in qualità di agenti;

-    per il governo finlandese, dall'ambasciatore H. Rotkirch, capo del servizio «Affari giuridici» del Ministero degli Affari esteri, e dalla signora T. Pynnä, consigliere giuridico presso lo stesso Ministero, in qualità di agenti;

-    per il governo svedese, dal signor E. Brattgård, departmentsråd presso il Ministero degli Affari esteri, in qualità di agente;

-    per il governo norvegese, dal signor J. Bugge-Mahrt, direttore generale aggiunto presso il Ministero degli Affari esteri, in qualità di agente;

-    per la Commissione delle Comunità europee, dalle signore M. Patakia e L. Pignataro, membri del servizio giuridico, in qualità di agenti,

vista la relazione d'udienza,

sentite le osservazioni orali del governo italiano, rappresentato dal signor D. Del Gaizo, del signor Zenatti, con gli avv.ti R. Torrisi Rigano e A. Pascerini, del governo belga, rappresentato dall'avv. P. Vlaemminck, del foro di Gand, del governo spagnolo, rappresentato dalla signora N. Díaz Abad, del governo francese, rappresentato dal signor F. Million, chargé de mission presso la direzione «Affari giuridici» del Ministero degli Affari esteri, in qualità di agente, del governo portoghese, rappresentato dalla signora M.L. Duarte, del governo finlandese, rappresentato dal signor H. Rotkirch e dalla signora T. Pynnä, del governo svedese, rappresentato dal signor A. Kruse, departmentsråd presso il Ministero degli Affari esteri, in qualità di agente, e della Commissione, rappresentata dalle signore M. Patakia e L. Pignataro, all'udienza del 10 marzo 1999,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 20 maggio 1999,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1.
    Con ordinanza 20 gennaio 1998, pervenuta alla Corte il 13 marzo seguente, il Consiglio di Stato ha sollevato, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE), una questione pregiudiziale sull'interpretazione delle disposizioni del Trattato CE relative alla libera prestazione dei servizi, al fine di valutare la compatibilità con tali disposizioni di una normativa nazionale che proibisce, salvo eccezioni, l'esercizio di scommesse e riserva a taluni enti il diritto di organizzare le scommesse autorizzate.

2.
    Tale questione è stata sollevata nell'ambito di una controversia tra il Questore di Verona e il signor Zenatti, in ordine al divieto imposto a quest'ultimo di proseguire la sua attività d'intermediario in Italia per una società, avente sede nel Regno Unito, specializzata nell'accettazione di scommesse su eventi sportivi.

Il contesto normativo

3.
    In Italia, ai sensi dell'art. 88 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, recante approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (GURI n. 146 del 26 giugno 1931, in prosieguo: il «regio decreto»), «non può essere conceduta licenza per l'esercizio di scommesse, fatta eccezione per le scommesse nelle corse, nelle regate, nei giuochi di palla o pallone e in altre simili gare, quando l'esercizio delle scommesse costituisce una condizione necessaria per l'utile svolgimento della gara».

4.
    Dalla risposta del governo italiano al quesito posto dalla Corte riguardo alle modalità di applicazione dell'eccezione prevista da tale disposizione risulta che le scommesse possono essere effettuate vuoi sull'esito di eventi sportivi posti sotto il controllo del Comitato olimpico nazionale italiano (in prosieguo: il «CONI»), vuoi sull'esito delle corse dei cavalli organizzate tramite l'Unione nazionale incremento razze equine (in prosieguo: l'«UNIRE»). L'utilizzazione dei proventi derivanti dalle scommesse e attribuiti a tali due enti è disciplinata e deve consentire, in particolare, di favorire lo sviluppo delle attività sportive attraverso investimenti nelle infrastrutture sportive, in particolare nelle regioni più carenti e nelle periferie delle grandi città, e di sostenere gli sport ippici e l'allevamento di cavalli. In forza di varie disposizioni legislative emanate tra il 1995 e il 1997, l'organizzazione e l'accettazione delle scommesse riservate al CONI e all'UNIRE possono essere concesse a persone o enti che offrano adeguate garanzie, in esito a procedure di gara e dietro pagamento dei canoni applicabili.

5.
    L'art. 718 del codice penale italiano punisce l'esercizio o l'organizzazione di giochi d'azzardo e l'art. 4 della legge 13 dicembre 1989, n. 401 (GURI n. 401 del 18 dicembre 1989), sanziona penalmente l'esercizio abusivo dell'organizzazione di giochi o di scommesse riservata allo Stato o ad enti concessionari. Inoltre, i giochi e le scommesse non autorizzati ricadono nella previsione dell'art. 1933 del codice civile, ai sensi del quale non compete azione per il pagamento di un debito di gioco o di scommessa. Per contro, non è consentito ripetere quanto è stato spontaneamente pagato, salvo il caso di frode.

La controversia nella causa principale

6.
    Dal 29 marzo 1997 il signor Zenatti svolge attività di intermediario in Italia per la società SSP Overseas Betting Ltd (in prosieguo: la «Overseas»), allibratore autorizzato avente sede in Londra, specializzata nell'accettazione di scommesse. Il ruolo del signor Zenatti consiste nel gestire, per i clienti italiani della Overseas, un centro di trasmissione dati aventi ad oggetto scommesse su avvenimenti sportivi stranieri. Egli invia a Londra a mezzo telecopia o per Internet dei moduli compilati dai clienti, unitamente alla fotocopia di bonifici bancari, e riceve dalla Overseas altre telecopie da trasmettere ai medesimi clienti.

7.
    Con provvedimento del 16 aprile 1997 il Questore di Verona ha disposto la cessazione dell'attività del signor Zenatti, considerato che tale attività non era autorizzabile ai sensi dell'art. 88 del regio decreto, che consente la concessione di una licenza per l'esercizio di scommesse solo quando l'esercizio stesso costituisce una condizione necessaria per l'utile svolgimento della gara.

8.
    Il signor Zenatti ha proposto un ricorso per l'annullamento di tale decisione dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale del Veneto, chiedendo, in via cautelare, la sospensione dell'esecuzione della stessa. Con ordinanza 9 luglio 1997 il Tribunale amministrativo regionale ha sospeso in via cautelare l'efficacia del provvedimento controverso.

9.
    Il Questore di Verona ha proposto appello contro tale ordinanza dinanzi al Consiglio di Stato.

10.
    Quest'ultimo ritiene che la soluzione della controversia richieda l'interpretazione delle disposizioni del Trattato relative alla libera prestazione dei servizi. A suo parere, i principi affermati nella sentenza della Corte 24 marzo 1994, causa C-275/92, Schindler (Racc. pag. I-1039; in prosieguo: la «sentenza Schindler»), secondo la quale tali disposizioni non ostano a una disciplina come quella britannica sulle lotterie, tenuto conto delle preoccupazioni di politica sociale e di prevenzione delle frodi che la giustificano, sembrano applicabili per analogia alla normativa italiana sulle scommesse.

11.
    Tuttavia, in assenza di una sentenza pronunciata dal giudice comunitario su una disciplina di tale natura, il Consiglio di Stato, le cui decisioni non sono impugnabili, ritiene che l'art. 177 del Trattato gli imponga di adire la Corte di giustizia. Pertanto esso ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se le disposizioni del Trattato relative alla prestazione dei servizi ostino ad una disciplina come la normativa italiana sulle scommesse tenuto conto delle preoccupazioni di politica sociale e di prevenzione delle frodi che la giustificano».

Sulla questione pregiudiziale

12.
    Il governo italiano e tutti gli altri governi che hanno presentato osservazioni nonché la Commissione ritengono che la sentenza Schindler fornisca gli elementi essenziali che consentono di dare alla questione proposta una soluzione negativa.

13.
    Per contro, il signor Zenatti sostiene che le raccolte di scommesse sugli eventi sportivi non sono equiparabili alle attività delle lotterie, oggetto della sentenza Schindler, soprattutto perché le scommesse non costituiscono giochi di puro azzardo, bensì giochi nei quali lo scommettitore deve determinare il risultato con la sua abilità. Egli ritiene inoltre che il semplice riferimento operato dal giudice a quo a preoccupazioni di politica sociale e di prevenzione delle frodi non sia sufficiente per giustificare la normativa controversa nella causa a qua.

14.
    A questo proposito occorre ricordare che, al punto 60 della sentenza Schindler, la Corte ha messo in rilievo le considerazioni di ordine morale, religioso o culturale che sono collegate alle lotterie come agli altri giochi d'azzardo in tutti gli Stati membri. Le normative nazionali sono generalmente volte a limitare, se non a vietare, la pratica dei giochi d'azzardo e ad evitare che siano una fonte di profitto individuale. La Corte ha ugualmente rilevato che le lotterie comportano elevati rischi di criminalità e di frode, tenuto conto della rilevanza delle somme che consentono di raccogliere e dei premi che possono offrire ai giocatori, soprattutto quando sono organizzate su grande scala. Esse costituiscono inoltre un'incitazionealla spesa che può avere conseguenze individuali e sociali dannose. Infine, secondo la Corte, anche se non può essere considerato di per sé una giustificazione obiettiva non è indifferente il rilievo che le lotterie possono essere un mezzo consistente di finanziamento per attività di beneficienza o di interesse generale come le opere sociali, le opere caritative, lo sport e la cultura.

15.
    Come risulta dal punto 61 della stessa sentenza, la Corte ha considerato che queste caratteristiche giustificano che le autorità nazionali dispongano di un potere discrezionale sufficiente a determinare le esigenze di tutela dei giocatori e più in generale, tenendo conto delle caratteristiche socioculturali di ogni Stato membro, di tutela dell'ordine sociale, sia per quanto riguarda le modalità di organizzazione delle lotterie e il volume delle puntate, sia per quanto riguarda la destinazione degli utili da esse ricavati. Spetta pertanto ad esse valutare non solo la necessità di limitare le attività delle lotterie ma anche di vietarle, purché dette limitazioni non siano discriminatorie.

16.
    Anche se la sentenza Schindler riguarda l'organizzazione delle lotterie, queste considerazioni sono ugualmente valide, come emerge del resto dagli stessi termini del punto 60 di tale sentenza, per gli altri giochi di azzardo che presentano caratteristiche analoghe.

17.
    Certo, nella sentenza 26 giugno 1997, causa C-368/95, Familiapress (Racc. pag. I-3689), la Corte ha rifiutato di equiparare taluni giochi alle lotterie che presentano le caratteristiche esaminate nella sentenza Schindler. Si trattava però di giochi-concorsi proposti su riviste sotto forma di cruciverba o di indovinelli, che consentivano ad alcuni lettori, estratti a sorte fra coloro che avevano fornito le risposte esatte, di vincere dei premi. Come la Corte ha osservato, in particolare, al punto 23 di tale sentenza, giochi siffatti, organizzati unicamente su piccola scala e le cui poste sono poco rilevanti, non costituiscono un'attività economica autonoma, ma soltanto un elemento fra gli altri del contenuto redazionale di una rivista.

18.
    Al contrario, nella presente causa, le scommesse sulle competizioni sportive, pur non potendo essere considerate giochi di puro azzardo, al pari di questi ultimi offrono, contro una posta avente valore di pagamento, una prospettiva di profitto pecuniario. Tenuto conto della rilevanza delle somme che esse consentono di raccogliere e dei profitti che possono offrire agli scommettitori, esse comportano gli stessi rischi di criminalità e di frode e possono avere le stesse conseguenze individuali e sociali dannose.

19.
    Di conseguenza, le scommesse controverse nella causa a qua devono essere considerate come giochi d'azzardo analoghi alle lotterie di cui alla sentenza Schindler.

20.
    Tuttavia, la presente causa si differenzia dalla causa Schindler almeno sotto due profili.

21.
    Da un lato, sebbene le normative controverse nelle due cause sanciscano entrambe un divieto, salvo eccezioni, delle operazioni considerate, la loro portata non è la stessa. Come ha rilevato l'avvocato generale al paragrafo 24 delle sue conclusioni, mentre la normativa nazionale esaminata nella sentenza Schindler implicava un divieto assoluto dei giochi in esame, vale a dire le grandi lotterie, la normativa controversa nella causa a qua non vieta totalmente l'esercizio di scommesse, ma riserva a taluni enti il diritto di organizzarle a determinate condizioni.

22.
    D'altro lato, come è stato rilevato in alcune delle osservazioni presentate alla Corte, tenuto conto della natura dei rapporti esistenti tra il signor Zenatti e la Overseas per la quale egli opera, in una fattispecie come quella oggetto della causa a qua potrebbero trovare applicazione le disposizioni del Trattato relative al diritto di stabilimento.

23.
    Su quest'ultimo punto, tuttavia, poiché la questione proposta dal giudice a quo è limitata alle sole disposizioni relative alla libera prestazione dei servizi, non vi è motivo di valutare l'eventuale applicabilità di altre disposizioni del Trattato.

24.
    Per quanto riguarda le disposizioni del Trattato relative alla libera prestazione dei servizi, esse si applicano, come ha affermato la Corte nella sentenza Schindler a proposito dell'organizzazione delle lotterie, ad un'attività che consiste nel permettere agli utilizzatori di partecipare, dietro corrispettivo, a un gioco d'azzardo. Pertanto, un'attività siffatta rientra nel campo d'applicazione dell'art. 59 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 49 CE) qualora almeno uno dei prestatori sia stabilito in uno Stato membro diverso da quello in cui viene offerto il servizio.

25.
    Ora, nella causa a qua, le prestazioni controverse sono quelle fornite dall'organizzatore delle scommesse e dai suoi agenti nel far partecipare gli scommettitori a un gioco d'azzardo offrendo loro una prospettiva di profitto. Tali prestazioni sono normalmente fornite contro un corrispettivo costituito dal versamento della somma scommessa e presentano un carattere transfrontaliero.

26.
    Né le parti nella causa a qua, né i vari governi che hanno presentato osservazioni né la Commissione contestano che la normativa italiana, in quanto vieta l'esercizio delle scommesse a tutte le persone o a tutti gli enti diversi da quelli che possono essere a tal fine autorizzati, si applichi indistintamente agli operatori che potrebbero essere interessati da una attività di tal genere, siano essi stabiliti in Italia o in un altro Stato membro.

27.
    Tuttavia, una tale normativa, impedendo agli operatori degli altri Stati membri, direttamente o indirettamente, di procedere essi stessi all'esercizio di scommesse nel territorio italiano, costituisce un ostacolo alla libera prestazione dei servizi.

28.
    Occorre quindi esaminare se tale pregiudizio alla libera prestazione dei servizi possa essere ammesso in base alle misure derogatorie espressamente previste dal Trattato o possa essere giustificato, in conformità della giurisprudenza della Corte, da esigenze imperative connesse all'interesse generale.

29.
    A tale proposito, gli artt. 55 del Trattato CE (divenuto art. 45 CE) e 56 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 46 CE), applicabili alla materia in forza dell'art. 66 del Trattato CE (divenuto art. 55 CE), ammettono le restrizioni giustificate dalla partecipazione, sia pure occasionale, all'esercizio dei pubblici poteri o da motivi d'ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica. Inoltre, risulta dalla giurisprudenza della Corte (v., in questo senso, sentenza 25 luglio 1991, causa C-288/89, Collectieve Antennevoorziening Gouda, Racc. pag. I-4007, punti 13-15), che gli ostacoli alla libera prestazione dei servizi derivanti da misure nazionali indistintamente applicabili possono essere ammessi solo se tali misure sono giustificate da esigenze imperative connesse all'interesse generale, se sono atte a garantire il conseguimento dello scopo con esse perseguito e se non eccedono quanto necessario a tal fine.

30.
    Secondo le indicazioni contenute nell'ordinanza di rinvio e nelle osservazioni del governo italiano, la normativa controversa nella causa a qua persegue obiettivi analoghi a quelli cui mira la normativa britannica sulle lotterie, quali rilevati dalla Corte nella sentenza Schindler. La normativa italiana tende, infatti, a impedire che tali giochi costituiscano una fonte di profitto individuale, a evitare i rischi di criminalità e di frode e le conseguenze individuali e sociali dannose derivanti dall'incitazione alla spesa che essi costituiscono ed a consentirli unicamente nei limiti in cui possono presentare un carattere di utilità sociale per l'utile svolgimento di una gara sportiva.

31.
    Come ammesso dalla Corte al punto 58 della sentenza Schindler, questi motivi devono essere considerati nel loro complesso. Essi si ricollegano alla tutela dei destinatari del servizio e più in generale dei consumatori nonché alla tutela dell'ordine sociale, scopi che già sono stati riconosciuti rientrare nel novero di quelli che possono essere considerati come esigenze imperative connesse all'interesse generale (v. sentenze 18 gennaio 1979, cause riunite 110/78 e 111/78, Van Wesemael e a., Racc. pag. 35, punto 28; 4 dicembre 1986, causa 220/83, Commissione/Francia, Racc. pag. 3663, punto 20, e 24 ottobre 1978, causa 15/78, Société générale alsacienne de banque, Racc. pag. 1971, punto 5). E' però necessario che, come affermato al punto 29 della presente sentenza, le misure fondate su siffatti motivi siano atte a garantire il conseguimento degli scopi perseguiti e non eccedano quanto necessario a tal fine.

32.
    Come già osservato al punto 21 della presente sentenza, la normativa italiana sulle scommesse si distingue dalla normativa controversa nella sentenza Schindler soprattutto in quanto non vieta totalmente le operazioni considerate, ma le riserva a taluni enti a determinate condizioni.

33.
    Tuttavia, la determinazione dell'ampiezza di tutela che uno Stato membro intende garantire nel proprio territorio in tema di lotterie e di altri giochi d'azzardo rientra nel potere discrezionale riconosciuto dalla Corte alle autorità nazionali al punto 61 della sentenza Schindler. Spetta a queste ultime infatti valutare se, nel contesto dell'obiettivo perseguito, sia necessario vietare totalmente o parzialmente attività di questa natura o soltanto limitarle e prevedere a tale scopo modalità di controllo più o meno rigide.

34.
    Pertanto, la sola circostanza che uno Stato membro abbia scelto un sistema di tutela diverso da quello adottato da un altro Stato membro non può incidere sulla valutazione della necessità e della proporzionalità delle disposizioni adottate in materia. Tali disposizioni devono essere valutate unicamente alla luce degli obiettivi perseguiti dalle autorità nazionali dello Stato membro interessato e del livello di tutela che esse mirano a garantire.

35.
    Così come rilevato dalla Corte al punto 37 della sentenza 21 settembre 1999, causa C-124/97, Läärä e a. (non ancora pubblicata in Raccolta), a proposito della gestione degli apparecchi automatici per giochi d'azzardo, il fatto che le scommesse in questione non siano del tutto vietate non è sufficiente a dimostrare che la normativa nazionale non sia effettivamente volta a conseguire gli obiettivi d'interesse generale che essa dichiara di perseguire e che devono essere considerati nel loro insieme. Infatti, un'autorizzazione limitata dei giochi d'azzardo nell'ambito di diritti speciali o esclusivi riconosciuti o concessi a determinati enti, che presenta il vantaggio di incanalare il desiderio di giocare e la gestione dei giochi in un circuito controllato, di prevenire il rischio che tale gestione sia diretta a scopi fraudolenti e criminosi e di impiegare gli utili che ne derivano per fini di pubblica utilità, serve anch'essa al perseguimento di detti obiettivi.

36.
    Tuttavia, come è stato evidenziato dall'avvocato generale al paragrafo 32 delle sue conclusioni, una limitazione siffatta è ammissibile solamente se essa anzitutto persegue effettivamente l'obiettivo di un'autentica riduzione delle opportunità di gioco e se il finanziamento di attività sociali attraverso un prelievo sugli introiti derivanti dai giochi autorizzati costituisce solo una conseguenza vantaggiosa accessoria, e non la reale giustificazione, della politica restrittiva attuata. Infatti, come rilevato dalla Corte al punto 60 della sentenza Schindler, anche se non è priva d'interesse la circostanza che le lotterie e gli altri giochi d'azzardo possono essere un mezzo di finanziamento rilevante per attività di beneficienza o di interesse generale, un siffatto rilievo non può essere considerato di per sé una giustificazione oggettiva di restrizioni alla libera prestazione dei servizi.

37.
    Spetta al giudice a quo verificare se la normativa nazionale, alla luce delle sue concrete modalità d'applicazione, soddisfi effettivamente gli obiettivi che possono giustificarla e se le restrizioni da essa imposte non risultino sproporzionate rispetto a tali obiettivi.

38.
    Alla luce del complesso di tali considerazioni, si deve risolvere la questione pregiudiziale nel senso che le disposizioni del Trattato relative alla libera prestazione dei servizi non ostano a una normativa nazionale, come quella italiana, che riserva a determinati enti il diritto di esercitare scommesse sugli eventi sportivi, ove tale normativa sia effettivamente giustificata da obiettivi di politica sociale tendenti a limitare gli effetti nocivi di tali attività e ove le restrizioni da essa imposte non siano sproporzionate rispetto a tali obiettivi.

Sulle spese

39.
    Le spese sostenute dai governi italiano, belga, tedesco, spagnolo, francese, portoghese, finlandese, svedese e norvegese nonché dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Per questi motivi,

LA CORTE,

pronunciandosi sulla questione sottopostale dal Consiglio di Stato con ordinanza 20 gennaio 1998, dichiara:

Le disposizioni del Trattato CE relative alla libera prestazione dei servizi non ostano a una normativa nazionale, come quella italiana, che riserva a determinati enti il diritto di esercitare scommesse sugli eventi sportivi, ove tale normativa sia effettivamente giustificata da obiettivi di politica sociale tendenti a limitare gli effetti nocivi di tali attività e ove le restrizioni da essa imposte non siano sproporzionate rispetto a tali obiettivi.

Rodríguez Iglesias
Kapteyn
Puissochet

Hirsch

Jann
Moitinho de Almeida

Edward

Ragnemalm
Schintgen

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 21 ottobre 1999.

Il cancelliere

Il presidente

R. Grass

G.C. Rodríguez Iglesias


1: Lingua processuale: l'italiano.