Language of document : ECLI:EU:C:2010:562

SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

30 settembre 2010 (*)

«Inadempimento di uno Stato – Competenza della Corte – Statuto delle scuole europee – Accordo relativo alla sede del 1962 – Convenzioni del 1957 e del 1994 – Clausola compromissoria – Art. 10 CE – Finanziamento delle scuole europee – Spese relative agli arredi e al materiale didattico»

Nella causa C‑132/09,

avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’art. 226 CE, proposto il 6 aprile 2009,

Commissione europea, rappresentata dal sig. J.-P. Keppenne e dalla sig.ra B. Eggers, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Regno del Belgio, rappresentato dal sig. J.‑C. Halleux, in qualità di agente,

convenuto,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta dal sig. K. Lenaerts, presidente di sezione, dai sigg. E. Juhász (relatore), G. Arestis, J. Malenovský e T. von Danwitz, giudici,

avvocato generale: sig. P. Mengozzi

cancelliere: sig. R. Grass

vista la fase scritta del procedimento,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 15 giugno 2010,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso, la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di constatare che il Regno del Belgio, avendo respinto l’assunzione dell’onere finanziario relativo a spese per arredi e materiale didattico destinati alle scuole europee, è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’Accordo relativo alla sede concluso il 12 ottobre 1962 tra il Consiglio superiore della scuola europea e il governo del Regno del Belgio (in prosieguo: l’«Accordo relativo alla sede»), letto in combinato disposto con l’art. 10 CE.

 Contesto normativo

 Lo Statuto delle scuole europee

2        Al momento della loro creazione, le scuole europee erano disciplinate da due accordi, vale a dire, da un lato, lo Statuto della scuola europea, firmato a Lussemburgo il 12 aprile 1957 (Recueil des traités des Nations unies, vol. 443, pag. 129; in prosieguo: la «Convenzione del 1957») e, dall’altro, il Protocollo relativo alla creazione di scuole europee stabilito con riferimento allo Statuto della scuola europea, firmato a Lussemburgo il 13 aprile 1962 (Recueil des traités des Nations unies, vol. 752, pag. 267; in prosieguo: il «Protocollo del 1962»). Tali due accordi sono stati conclusi tra i sei Stati membri che hanno dato vita alle Comunità europee.

3        Il Consiglio superiore della scuola europea (in prosieguo: il «Consiglio superiore»), istituito dall’art. 7 della Convenzione del 1957, è costituito, in applicazione dell’art. 8 di quest’ultima, dal ministro o dai ministri competenti di ciascuna delle parti contraenti. Secondo l’art. 9 di tale Convenzione, il Consiglio superiore è incaricato dell’applicazione della stessa e dispone a tal fine dei poteri necessari in materia didattica, di bilancio e amministrativa. Esso stabilisce di comune accordo il regolamento generale della scuola. Ai sensi dell’art. 28 della medesima Convenzione, il Consiglio superiore può negoziare accordi complementari con il governo dello Stato in cui ha sede la scuola al fine di garantirle le migliori condizioni materiali e morali di funzionamento.

4        La Convenzione del 1957 e il Protocollo del 1962 sono stati annullati e sostituiti dalla Convenzione recante statuto delle scuole europee, conclusa a Lussemburgo il 21 giugno 1994 (GU L 212, pag. 3; in prosieguo: la «Convenzione del 1994»), conformemente all’art. 34 di quest’ultima, attualmente in vigore. La Convenzione del 1994 è stata conclusa dagli Stati membri e dalle Comunità europee, a ciò legittimate dalla decisione del Consiglio 17 giugno 1994, 94/557/CE, Euratom, che autorizza la Comunità europea e la Comunità europea dell’energia atomica a firmare e concludere la convenzione recante statuto delle scuole europee (GU L 212, pag. 1).

5        Secondo l’art. 34, quarto comma, della Convenzione del 1994, in ogni atto che riguardi le scuole europee e che sia anteriore alla sua adozione, i riferimenti sono intesi come relativi agli articoli corrispondenti della detta Convenzione.

6        Rientrano nell’ambito di applicazione della Convenzione del 1994 le scuole elencate nell’allegato I della stessa, tra le quali figurano le scuole europee di Bruxelles I, Bruxelles II, Bruxelles III e quella di Mol (Belgio).

7        Secondo l’art. 2, n. 3, della detta Convenzione, l’apertura di una nuova scuola sul territorio di uno Stato membro è subordinata alla conclusione di un previo accordo fra il Consiglio superiore e lo Stato membro ospitante in merito alla messa a disposizione, a titolo gratuito, e alla manutenzione di una sede adeguata alle esigenze della nuova scuola.

8        L’art. 6, secondo comma, della Convenzione del 1994 prevede che, con riguardo ai suoi diritti ed obblighi, la scuola è trattata in ciascuno Stato membro come un istituto scolastico disciplinato dal diritto pubblico, fatte salve le specifiche disposizioni previste dalla medesima Convenzione.

9        Il Consiglio superiore, che è composto in particolare da un rappresentante di livello ministeriale di ciascuno degli Stati membri e da un membro della Commissione, provvede, ai sensi dell’art. 10, primo comma, della Convenzione del 1994, all’applicazione della stessa e dispone a tale fine dei necessari poteri di decisione in materia didattica, di bilancio ed amministrativa, nonché per quanto riguarda il negoziato degli accordi di cui agli artt. 28‑30 della medesima Convenzione.

10      Ai sensi dell’art. 25 della Convenzione del 1994, il bilancio delle scuole è alimentato, in particolare, mediante i contributi versati dagli Stati membri tramite il mantenimento della retribuzione dei docenti cui viene dato comando o che vengono designati e, se del caso, sotto forma di contributo finanziario, nonché mediante il contributo delle Comunità destinato a coprire la differenza tra l’importo globale delle spese delle scuole e il totale delle altre entrate.

11      Secondo l’art. 26 della medesima Convenzione, la Corte di giustizia dell’Unione europea è la sola competente a conoscere delle controversie tra le parti contraenti relative all’interpretazione e all’applicazione della detta Convenzione che non siano state risolte in sede di Consiglio superiore.

12      Ai sensi dell’art. 30 della detta Convenzione, il Consiglio superiore può negoziare col governo dello Stato in cui la scuola ha sede qualsiasi accordo complementare che consenta a quest’ultima di assicurarsi le migliori condizioni di funzionamento.

13      L’art. 33, commi primo e secondo, della Convenzione del 1994 precisa, in particolare, che quest’ultima è ratificata dagli Stati membri, parti contraenti, in conformità delle rispettive norme costituzionali e che essa entra in vigore il primo giorno del mese successivo al deposito di tutti gli strumenti di ratifica ad opera degli Stati membri nonché degli atti di notifica della conclusione ad opera delle Comunità.

14      È pacifico che la Convenzione del 1994 è entrata in vigore il 1° ottobre 2002.

 L’Accordo relativo alla sede

15      L’Accordo relativo alla sede, approvato con la legge belga 8 novembre 1975 (Moniteur belge del 7 febbraio 1976, pag. 1415), è stato concluso al fine di garantire alle scuole europee di Bruxelles e di Mol le migliori condizioni materiali e morali di funzionamento, conformemente all’art. 28 della Convenzione del 1957.

16      L’art. 1, capo I, dell’Accordo relativo alla sede, intitolato «Edifici e attrezzature delle scuole», è così formulato:

«Il governo del Regno del Belgio si impegna a mettere a disposizione delle Scuole gli edifici necessari alla loro attività e rispondenti agli obiettivi fissati dai governi firmatari del Protocollo sulla creazione di Scuole europee.

Esso provvederà alla manutenzione di tali edifici e alla loro assicurazione conformemente alle norme che disciplinano gli immobili di proprietà dello Stato belga.

Esso si impegna a dotare tali scuole degli arredi e del materiale didattico, secondo i criteri applicati ai propri istituti».

 Il procedimento precontenzioso

17      Nella sua lettera di diffida del 17 ottobre 2007 la Commissione contestava al Regno del Belgio di aver violato le disposizioni dell’Accordo relativo alla sede nonché dell’art. 10 CE per avere rifiutato, da un lato, di finanziare dal 1995 il primo acquisto di arredi e materiale didattico delle scuole europee situate sul suo territorio e, dall’altro, a partire dal 1989, di erogare una sovvenzione annuale per il funzionamento e le attrezzature destinata a coprire le spese correnti delle scuole europee stabilite sul suo territorio.

18      Ritenendo insoddisfacente la risposta del Regno del Belgio alla citata lettera di diffida, il 26 giugno 2008 la Commissione ha inviato a tale Stato membro un parere motivato, con cui lo invitava ad adottare le misure necessarie per conformarsi a tale parere entro due mesi dal ricevimento di quest’ultimo.

19      Poiché il Regno del Belgio non ha adottato le misure richieste entro il termine impartito, la Commissione ha proposto il presente ricorso.

 Sulla domanda di riapertura della fase orale del procedimento

20      Con lettera del 23 giugno 2010, la Commissione ha chiesto la riapertura della fase orale del procedimento.

21      La Corte può, d’ufficio o su proposta dell’avvocato generale ovvero su istanza delle parti, disporre la riapertura della fase orale del procedimento, ai sensi dell’art. 61 del proprio regolamento di procedura, qualora ritenga di non essere sufficientemente istruita ovvero che la causa debba essere decisa sulla base di un argomento che non sia stato oggetto di discussione tra le parti (sentenza 29 giugno 2010, causa C‑28/08 P, Commissione/Bavarian Lager, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).

22      Nella sua domanda, la Commissione fa valere che le conclusioni dell’avvocato generale sarebbero fondate su argomenti che non sono stati oggetto di discussione dinanzi alla Corte. Da un lato, la Commissione sostiene di non aver avuto occasione, durante il procedimento, di pronunciarsi sul motivo relativo all’incompetenza che emerge dalle citate conclusioni, secondo il quale la clausola compromissoria contenuta nell’art. 26 della Convenzione del 1994 esclude l’applicazione dell’art. 226 CE. Dall’altro, essa rileva che le conclusioni dell’avvocato generale propongono un’interpretazione restrittiva dell’art. 10 CE, sulla quale essa non ha potuto parimenti esprimersi durante il procedimento.

23      La Corte ritiene di disporre, nella specie, di tutti gli elementi necessari per statuire sulla controversia di cui è investita e che quest’ultima non debba essere esaminata alla luce di argomenti che non sono stati oggetto di discussione dinanzi ad essa.

24      Conseguentemente, non vi è motivo per disporre la riapertura della fase orale del procedimento.

 Sulla competenza della Corte

 Argomenti delle parti

25      Il Regno del Belgio contesta la competenza della Corte a conoscere delle controversie concernenti l’Accordo relativo alla sede. Esso fa valere che, per poter legittimamente proporre un ricorso per inadempimento sulla base dell’art. 226 CE, la Commissione deve accertare la violazione di una disposizione di diritto comunitario, la violazione di un accordo di cui la Comunità europea sia parte, o l’esistenza di una clausola attributiva di competenza.

26      Orbene, secondo il Regno del Belgio, nella specie non può essere constatata alcuna violazione di una disposizione di diritto comunitario, attesa l’assenza di violazione delle disposizioni del Trattato CE e dei suoi allegati nonché del diritto derivato. Tale Stato membro sostiene che l’Accordo relativo alla sede non è un accordo di cui è parte la Comunità e che non esiste alcuna clausola sull’attribuzione della competenza.

27      Il Regno del Belgio precisa che l’Accordo relativo alla sede è distinto dalla Convenzione del 1994 e che solo quest’ultima prevede, all’art. 26, una siffatta clausola attributiva di competenza. Esso considera che l’Accordo relativo alla sede non può essere qualificato atto derivato dalla Convenzione del 1994 e che il fatto che la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA) fosse membro con diritto di voto del Consiglio superiore, dal momento che quest’ultimo dispone di una personalità giuridica internazionale distinta da quella della CECA, non significa tuttavia che quest’ultima sia una parte contraente dell’Accordo relativo alla sede concluso tra il Consiglio superiore e il governo belga.

28      Peraltro, se è vero che, come sostenuto dalla Commissione, la CECA, in quanto membro con diritto di voto del Consiglio superiore, era una delle parti contraenti dell’Accordo relativo alla sede, lo stesso varrebbe per il Regno del Belgio in quanto membro di tale medesimo Consiglio. Tale Stato membro avrebbe, quindi, negoziato con se stesso, il che, secondo un principio generale di diritto, è impossibile.

29      Inoltre, detto Stato membro fa valere che l’atto mediante il quale ha concluso un siffatto accordo ha forza vincolante unicamente in quanto promana dalla sua sovranità.

30      La Commissione respinge la posizione del governo belga per due motivi.

31      In primo luogo, essa ricorda che il ricorso non fa riferimento solo all’Accordo relativo alla sede, ma anche all’art. 10 CE, letto in combinato disposto con detto Accordo.

32      In secondo luogo, la Commissione sostiene che l’Accordo relativo alla sede fa incontestabilmente parte del diritto comunitario, a prescindere dall’art. 10 CE, in quanto deve essere considerato un atto derivato dalla Convenzione del 1994, la quale fa parte a sua volta del diritto comunitario.

33      Essa rileva che, secondo una costante giurisprudenza, per quanto riguarda le disposizioni rientranti nella competenza della Comunità, gli accordi conclusi da quest’ultima e dai suoi Stati membri con Stati terzi rivestono nell’ordinamento giuridico comunitario lo stesso status degli accordi puramente comunitari, e che la Convenzione del 1994 è stata conclusa tra la Comunità e i suoi Stati membri.

34      La Commissione ricorda che, originariamente, l’Accordo relativo alla sede era un atto derivato dalla Convenzione del 1957, e che già nel 1962 l’Alta Autorità della CECA era membro con diritto di voto del Consiglio superiore. Essa ritiene dunque che quest’ultima debba essere considerata parte contraente dell’Accordo relativo alla sede. La Commissione precisa di avere sostituito l’Alta Autorità della CECA in seguito alla firma del Trattato di fusione dell’8 aprile 1965 e che lo scopo della Convenzione del 1994 era di consolidare i principi derivanti dalla Convenzione del 1957, nonché di rafforzare il ruolo delle Comunità quali parti contraenti. Essa conclude quindi che, tenuto conto del fatto che l’Accordo relativo alla sede è stato adottato sul fondamento dell’art. 28 della Convenzione del 1957 e che accordi relativi alla sede sono parimenti previsti dalla Convenzione del 1994, l’Accordo relativo alla sede fa parte dei diritti e degli obblighi sottoscritti dalle Comunità nel 1994.

 Giudizio della Corte

35      Va ricordato che il ricorso dev’essere valutato soltanto rispetto alle conclusioni contenute nell’atto introduttivo del giudizio (sentenze 6 aprile 2000, causa C‑256/98, Commissione/Francia, Racc. pag. I‑2487, punto  31, e 4 maggio 2006, causa C‑508/03, Commissione/Regno Unito, Racc. pag. I‑3969, punto 61).

36      Occorre parimenti rammentare che, ai sensi dell’art. 21, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dell’art. 38, n. 1, del suo regolamento di procedura, la Commissione è tenuta ad indicare, nelle conclusioni del ricorso depositato ai sensi dell’art. 226 CE, le esatte censure sulle quali la Corte è chiamata a pronunciarsi (sentenze 31 marzo 1992, causa C‑52/90, Commissione/Danimarca, Racc. pag. I‑2187, punto 17, e 15 giugno 2006, causa C‑255/04, Commissione/Francia, Racc. pag. I‑5251, punto 24).

37      Tali conclusioni devono essere formulate in modo inequivoco allo scopo di evitare che la Corte statuisca ultra petita ovvero ometta di pronunciarsi su una censura (sentenze 20 novembre 2003, causa C‑296/01, Commissione/Francia, Racc. pag. I‑13909, punto 121, e 15 giugno 2006, Commissione/Francia, cit., punto 24).

38      Nella specie, si deve constatare che l’unica censura menzionata nella parte conclusiva del ricorso riguarda la pretesa violazione dei obblighi asseritamente incombenti al Regno del Belgio in forza dell’Accordo relativo alla sede, in combinato disposto con l’art. 10 CE.

39      È vero che, nei motivi del citato ricorso, l’art. 10 CE è menzionato in due occasioni. La Commissione evidenzia che il comportamento delle autorità belghe reca pregiudizio al sistema di finanziamento della Comunità nonché alla ripartizione degli oneri finanziari tra gli Stati membri e, pertanto, viola detto articolo, e indica che le conseguenze di tale comportamento sono pregiudizievoli. La Commissione aggiunge che gli obblighi incombenti al Regno del Belgio in forza dell’Accordo relativo alla sede devono essere interpretati alla luce del principio di buona fede, contenuto nell’art. 10 CE nonché nel diritto internazionale generale.

40      Tuttavia, emerge dall’atto introduttivo del giudizio che la pretesa violazione dell’art. 10 CE da parte del Regno del Belgio ha natura meramente accessoria rispetto all’inadempimento dedotto, il quale riguarda l’Accordo relativo alla sede. Infatti, secondo la Commissione, è proprio il mancato rispetto da parte del Regno del Belgio dei suoi obblighi derivanti dall’Accordo relativo alla sede che comporta parimenti una violazione dell’art. 10 CE.

41      Peraltro, nel suo controricorso, la Commissione precisa espressamente di non aver mai, nella presente causa, invocato l’art. 10 CE di per sé, vale a dire indipendentemente dall’Accordo relativo alla sede.

42      Pertanto, l’eventuale incompetenza della Corte a constatare, sul fondamento dell’art. 226 CE, l’inadempimento degli obblighi incombenti al Regno del Belgio in forza dell’Accordo relativo alla sede implicherebbe necessariamente l’irricevibilità del ricorso nella sua integralità.

43      Relativamente alle convenzioni internazionali in generale, si deve rilevare che, secondo la giurisprudenza della Corte, se la Comunità non è parte contraente di una Convenzione, la Corte non è, in linea di principio, competente ad interpretare nell’ambito di un procedimento pregiudiziale le disposizioni di tale Convenzione (v. sentenza 27 novembre 1973, causa 130/73, Vandeweghe e a., Racc. pag. 1329, punto 2; ordinanza 12 novembre 1998, causa C‑162/98, Hartmann, Racc. pag. I‑7083, punto 9; sentenze 22 ottobre 2009, causa C‑301/08, Bogiatzi, Racc. pag. I‑10185, punto 24, nonché 4 maggio 2010, causa C‑533/08, TNT Express Nederland, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 61).

44      Per quanto riguarda specificatamente la Convenzione del 1957, si deve ricordare che la Corte ha già dichiarato di non essere competente a pronunciarsi sull’interpretazione della stessa, nonché degli obblighi che ne derivano per gli Stati membri, dato che, nonostante i legami che tale Convenzione presenta con la Comunità e con il funzionamento delle sue istituzioni, si tratta di una convenzione internazionale conclusa dagli Stati membri che non costituisce parte integrante del diritto comunitario (v. sentenza 15 gennaio 1986, causa 44/84, Hurd, Racc. pag. 29, punti 20‑22).

45      Tale valutazione, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 46 delle sue conclusioni, non dev’essere circoscritta al contesto procedurale della causa che ha dato luogo alla citata sentenza Hurd, in cui la Corte era chiamata a statuire in via pregiudiziale, ma vale anche nell’ambito del procedimento di cui all’art. 226 CE, il cui oggetto può essere solo la violazione da parte di uno Stato membro di uno degli obblighi ad esso incombenti in forza del Trattato CE.

46      Emerge, infatti, dal preambolo dell’Accordo relativo alla sede che quest’ultimo era fondato sull’art. 28 della Convenzione del 1957, il quale riconosce al Consiglio superiore il potere di negoziare accordi complementari con il governo dello Stato membro in cui ha sede la scuola al fine di garantire alle scuole europee le migliori condizioni materiali e morali di funzionamento. Ne consegue che il regime di tale Accordo segue quello della Convenzione del 1957.

47      La tesi della Commissione, secondo la quale la CECA e, successivamente, la Comunità, dev’essere considerata parte contraente dell’Accordo relativo alla sede, dal momento che l’Alta Autorità della CECA era membro con diritto di voto del Consiglio superiore e che la Commissione si è sostituita a quest’ultima, non confuta la constatazione effettuata al punto precedente e, di conseguenza, tale tesi dev’essere respinta.

48      Infatti, nulla consente di ritenere che la possibilità, prevista nella Convenzione del 1957 dalle sue parti contraenti, di concedere all’Alta Autorità della CECA il diritto di partecipazione al Consiglio superiore quale membro con diritto di voto di quest’ultimo, diritto poi esercitato dalla citata Alta Autorità, implicherebbe che le parti firmatarie dell’Accordo relativo alla sede volessero accordare alla CECA lo status di parte contraente di tale Accordo. Questa considerazione è peraltro conforme alla tesi sostenuta dal Regno del Belgio, una delle parti contraenti dell’Accordo relativo alla sede.

49      Non si può pertanto sostenere che la Comunità si trovi coinvolta, come parte contraente, nell’Accordo relativo alla sede e che, di conseguenza, quest’ultimo comporti determinati diritti ed obblighi ad essa applicabili.

50      Neanche la tesi della Commissione, secondo la quale l’Accordo relativo alla sede costituisce parte integrante dei diritti e degli obblighi sottoscritti dalle Comunità nel 1994, può essere accolta. Tale tesi si fonda sul fatto che la Convenzione del 1994, conclusa e approvata dalle Comunità, persegue lo scopo di consolidare i principi derivanti dalla Convenzione del 1957, e sulla circostanza che la Convenzione del 1994 prevede accordi relativi alla sede.

51      A tale proposito, si deve osservare che la natura giuridica dell’Accordo relativo alla sede, che è un accordo internazionale concluso tra il Consiglio superiore e il governo di un unico Stato membro, non può essere modificata retroattivamente né dall’invocato consolidamento dei principi derivanti dalla Convenzione del 1957 operato dalla Convenzione del 1994, la quale, peraltro, è entrata in vigore solamente il 1° ottobre 2002, né dal rinvio operato da quest’ultima agli accordi relativi alla sede.

52      Per quanto riguarda l’eventuale applicazione della clausola compromissoria di cui all’art. 26 della Convenzione del 1994, si deve constatare che un procedimento per inadempimento ai sensi del Trattato CE e della giurisprudenza della Corte può essere proposto unicamente in base all’art. 226 CE, come peraltro si è effettivamente verificato nella presente causa.

53      Si deve pertanto constatare che la Corte è incompetente a statuire sul ricorso proposto dalla Commissione in forza dell’art. 226 CE, relativo al preteso inadempimento da parte del Regno del Belgio degli obblighi ad esso incombenti ai sensi dell’Accordo relativo alla sede, in combinato disposto con l’art. 10 CE.

 Sulle spese

54      A norma dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il Regno del Belgio ne ha fatto domanda, la Commissione, rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara e statuisce:

1)      La Corte di giustizia dell’Unione europea è incompetente a statuire sul ricorso della Commissione europea, proposto in forza dell’art. 226 CE, relativo al preteso inadempimento da parte del Regno del Belgio degli obblighi ad esso incombenti ai sensi dell’Accordo relativo alla sede, concluso il 12 ottobre 1962 tra il Consiglio superiore della scuola europea e il governo del Regno del Belgio, in combinato disposto con l’art. 10 CE.

2)      La Commissione europea è condannata alle spese.

Firme


* Lingua processuale: il francese.