Language of document : ECLI:EU:C:2018:174

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

EVGENI TANCHEV

presentate l’8 marzo 2018(1)

Causa C34/17

Eamonn Donnellan

contro

The Revenue Commissioners

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla High Court (Alta Corte, Irlanda)]

«Direttiva del Consiglio 2010/24/UE – Assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da dazi, imposte ed altre misure – Notifica di un credito a una persona dopo anziché prima dell’emissione di una domanda di recupero dello stesso mediante il titolo uniforme che consente l’esecuzione ai sensi dell’articolo 12 della direttiva 2010/24 – Ammissibilità di un ricorso ai sensi dell’articolo 14 della direttiva 2010/24 dinanzi ai giudici dello Stato membro adito per il recupero del credito – Articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva»






I.      Introduzione

1.        Il procedimento principale impone che la Corte si pronunci sulle conseguenze derivanti dall’irrogazione di una sanzione amministrativa ingente (in prosieguo: il «credito contestato») da parte di uno Stato membro A (nella fattispecie la Grecia) (2) a una persona residente in uno Stato membro B (nella fattispecie l’Irlanda), in circostanze in cui il credito contestato è stato notificato a tale persona dallo Stato membro A solo dopo, anziché prima, che lo Stato membro A avesse fornito allo Stato membro B un titolo uniforme che consente l’esecuzione (in prosieguo: il «titolo esecutivo impugnato») relativamente al credito contestato. Il titolo esecutivo impugnato è stato emesso ai sensi dell’articolo 12 della direttiva 2010/24/UE del Consiglio, del 16 marzo 2010, sull’assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da dazi, imposte ed altre misure (3).

2.        Quali possibilità sussistono, eventualmente, per tale persona di contestare il titolo esecutivo impugnato, e/o le misure adottate dall’autorità adita per darvi esecuzione, dinanzi ai giudici dello Stato membro B (l’Irlanda) anziché dinanzi ai giudici dello Stato membro A (la Grecia), in base all’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») e al diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva (4)?

3.        Affronterò questo problema sintetizzando dapprima le osservazioni presentate alla Corte. Spiegherò poi le ragioni per cui ritengo che la sentenza della Corte nella causa Kyrian (5), insieme agli imperativi derivanti dal diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva ai sensi dell’articolo 47 (6) della Carta, sia fondamentale ai fini della soluzione della controversia. Spiegherò successivamente le ragioni per cui l’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2010/24 debba essere interpretato nel senso che lo stesso è subordinato all’osservanza della sequenza prevista ai fini della cooperazione, stabilita dalla direttiva 2010/24, secondo la quale lo scambio di informazioni deve precedere la notifica di un credito, che deve a sua volta precedere l’emissione di un titolo uniforme che consente l’esecuzione ai sensi dell’articolo 12 della direttiva 2010/24.

II.    Contesto normativo

A.      Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea

4.        L’articolo 47 della Carta, intitolato «Diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale», stabilisce, nei primi due paragrafi, quanto segue:

«Ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo.

Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Ogni persona ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare».

B.      Diritto dell’Unione

5.        L’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2008/55 così disponeva:

«L’autorità adita fornisce all’autorità richiedente, su sua richiesta, tutte le informazioni utili per il recupero del credito.

Al fine di ottenere queste informazioni, l’autorità adita esercita i poteri previsti dalle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative applicabili per il recupero di crediti analoghi sorti nello Stato membro in cui essa ha sede».

6.        L’articolo 5, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2008/55 era del seguente tenore:

«1. Su domanda dell’autorità richiedente, l’autorità adita provvede, secondo le norme di legge in vigore per la notifica degli atti corrispondenti nello Stato membro in cui ha sede, alla notifica al destinatario di tutti gli atti e di tutte le decisioni anche di natura giudiziaria, concernenti un credito o il suo recupero, emanati dallo Stato membro in cui ha sede l’autorità richiedente.

2. Nella domanda di notifica sono indicati il nome e l’indirizzo del destinatario e qualsiasi altro dato utile ai fini della sua identificazione al quale l’autorità richiedente ha normalmente accesso, la natura e l’oggetto dell’atto o della decisione da notificare e, se del caso, il nome e l’indirizzo del debitore e qualsiasi altro dato utile ai fini della sua identificazione al quale l’autorità richiedente ha normalmente accesso nonché il credito cui si riferisce l’atto o la decisione ed ogni altra informazione utile».

7.        Il considerando 4 della direttiva 2010/24 enuncia, in particolare, quanto segue:

«(…) sono necessari importanti adattamenti, per cui una mera modifica della vigente direttiva 2008/55/CE non sarebbe sufficiente. La direttiva 2008/55/CE dovrebbe pertanto essere abrogata e sostituita da un nuovo strumento giuridico che muova dai risultati di detta direttiva ma preveda, laddove necessario, norme più chiare e precise».

8.        Il considerando 12 della direttiva 2010/24 prevede quanto segue:

«Nel corso della procedura di recupero nello Stato membro adito, il credito, la notifica effettuata dalle autorità dello Stato membro richiedente o il titolo che consente l’esecuzione potrebbero essere contestati dalla persona interessata. Occorre prevedere che in tal caso l’azione di contestazione sia promossa dall’interessato dinanzi all’istanza competente dello Stato membro richiedente e che l’autorità adita sospenda, salvo domanda contraria formulata dall’autorità richiedente, qualsiasi procedura di esecuzione da essa iniziata finché non intervenga la decisione dell’istanza competente dello Stato membro richiedente».

9.        Il considerando 20 della direttiva 2010/24 dispone, in particolare, che l’obiettivo della direttiva è «l’istituzione di un sistema uniforme di assistenza al recupero nell’ambito del mercato interno».

10.      Il considerando 21 della direttiva 2010/24 enuncia quanto segue:

«La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti in particolare dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea».

11.      L’articolo 8 della direttiva 2010/24 è intitolato «Domanda di notifica di alcuni documenti relativi ai crediti». I paragrafi 1 e 2 del medesimo prevedono quanto segue:

«1. Su domanda dell’autorità richiedente, l’autorità adita notifica al destinatario tutti i documenti, anche di natura giudiziaria, concernenti un credito di cui all’articolo 2 o il suo recupero, provenienti dallo Stato membro richiedente.

La domanda di notifica è accompagnata da un modulo standard contenente almeno le seguenti informazioni:

a)      nome, indirizzo e altri dati utili ai fini dell’identificazione del destinatario;

b)      obiettivo della notifica e termine entro il quale deve essere effettuata;

c)      descrizione del documento allegato nonché della natura e dell’importo del credito;

d)      nome, indirizzo e altri estremi riguardanti:

i)      l’ufficio responsabile per il documento allegato; e, se diverso,

ii)      l’ufficio presso il quale possono essere ottenute informazioni sul documento notificato o sulle possibilità di contestare l’obbligo di pagamento.

2. L’autorità richiedente presenta una domanda di notifica ai sensi del presente articolo solo qualora non sia in grado di provvedere alla notifica conformemente alle norme che disciplinano la notifica dei documenti in questione nello Stato membro richiedente o qualora tale notifica dia luogo a difficoltà eccessive».

12.      L’articolo 14 della direttiva 2010/24 è intitolato «Controversie». I paragrafi 1 e 2 del medesimo sono così formulati:

«1. Le controversie concernenti il credito, il titolo iniziale che consente l’esecuzione nello Stato membro richiedente o il titolo uniforme che consente l’esecuzione nello Stato membro adito nonché le controversie riguardanti la validità di una notifica effettuata da un’autorità competente dello Stato membro richiedente rientrano nella competenza degli organismi competenti dello Stato membro richiedente. Se nel corso della procedura di recupero un soggetto interessato contesta il credito, il titolo iniziale che consente l’esecuzione nello Stato membro richiedente o il titolo uniforme che consente l’esecuzione nello Stato membro adito, l’autorità adita informa tale soggetto che l’azione deve essere da esso promossa dinanzi all’organo competente dello Stato membro richiedente in conformità delle norme di legge in esso vigenti.

2. Le controversie concernenti le misure esecutive adottate nello Stato membro adito o la validità di una notifica effettuata da un’autorità competente dello Stato membro adito sono portate dinanzi all’organo competente di tale Stato membro in conformità delle disposizioni legislative e regolamentari in esso vigenti».

III. Fatti e questione pregiudiziale

13.      Nel 2002 il sig. Eamonn Donnellan (in prosieguo: il «ricorrente»), nato nel 1979 nella contea di Galway, Irlanda, è stato assunto come conducente di autocarri dalla TLT International Limited, nella contea di Westmeath. Nel luglio 2002 il ricorrente è stato incaricato dal suo datore di lavoro di recarsi in Grecia con un camion per ritirare 23 pallet di olio d’oliva. Il 27 luglio 2002, mentre il ricorrente si accingeva a prendere un traghetto diretto in Italia, di ritorno in Irlanda dalla Grecia, le autorità doganali greche hanno ispezionato il camion e hanno rinvenuto, al suo interno, una grande quantità di pacchetti di sigarette non dichiarati (7), nascosti tra i pallet di olio d’oliva. Il ricorrente è stato tenuto in stato di detenzione e condannato due giorni dopo, in particolare, per contrabbando. Nell’ottobre 2002 l’Efeteio Patron (Corte d’appello di Patrasso, Grecia), ha annullato la condanna e ha disposto l’immediato rilascio del ricorrente, cui ha fatto seguito il suo ritorno in Irlanda.

14.      Sei anni e sei mesi dopo, il 27 aprile 2009, l’ufficio delle dogane greco di Patrasso, mediante un atto di accertamento datato 27 aprile 2009 (in prosieguo: l’«avviso di accertamento del 2009»), ha richiesto il pagamento del credito contestato al ricorrente. Si trattava di una sanzione pecuniaria di EUR 1 097 505,00, per presunto contrabbando di sigarette, in violazione della normativa doganale greca in vigore nel 2002.

15.      Il 19 giugno 2009 l’ambasciata greca in Irlanda ha trasmesso un «invito», per posta raccomandata, al ricorrente, che indicava nell’indirizzo soltanto il nome del ricorrente e il nome della sua città di residenza. I documenti che il ricorrente era invitato a esaminare in tale «invito» erano dichiarati come provenienti dal Ministero delle Finanze greco. Tuttavia, l’«invito» non indicava che tali documenti riguardavano il credito contestato.

16.      Il giudice del rinvio riferisce di essere convinto che il ricorrente non abbia ricevuto l’«invito» del 19 giugno 2009. Ciò è confermato dalle osservazioni scritte della Grecia nelle quali si definisce l’«invito» del 19 giugno 2009 come un caso in cui l’ambasciata greca ha tentato senza successo di notificare l’avviso di accertamento al ricorrente e lo stesso è stato ribadito dall’agente del governo greco in udienza.

17.      In udienza, l’agente del governo greco non è stato in grado di chiarire se le autorità greche avessero inoltre effettuato la notifica dell’avviso di accertamento del 2009 al ricorrente con l’assistenza dell’autorità adita, ai sensi degli articoli 4 e 5 della direttiva 2008/55 (rispettivamente, richiesta di informazioni e notifica), le misure in vigore all’epoca dei fatti. Non esistono elementi nel fascicolo che indichino l’attivazione di tale forma di assistenza reciproca.

18.      Secondo la decisione di rinvio, in forza del diritto greco, la presunta notifica del credito al ricorrente è stata effettuata mediante pubblicazione di un avviso nella Gazzetta ufficiale greca il 15 luglio 2009. Tuttavia, in udienza, l’agente del governo greco ha sostenuto che il ricorrente è venuto pienamente a conoscenza della causa promossa nei suoi confronti assai più tardi, ossia il 14 novembre 2013, quando lo stesso ha ricevuto l’avviso di accertamento del 2009 e la relativa traduzione in inglese, e ne ha accusato ricevuta (8). Ciò è avvenuto dopo che il ricorrente ha tentato di ottenere ulteriori informazioni sul titolo esecutivo in questione dalle autorità adite attraverso i suoi avvocati irlandesi.

19.      Il titolo esecutivo impugnato era stato notificato al ricorrente un anno prima, con lettera del 14 novembre 2012, a seguito di una domanda di recupero presentata dall’autorità richiedente all’autorità adita. Il ricorrente ha ricevuto una lettera recante tale data dall’autorità adita, con la quale gli veniva comunicato il credito contestato e ne veniva richiesto il recupero per la somma di EUR 1 507 971,88. La lettera includeva soltanto una copia del titolo esecutivo impugnato, emesso dall’autorità richiedente conformemente all’articolo 12 della direttiva 2010/24. La lettera dell’autorità adita includeva altresì una specifica richiesta di pagamento, entro 30 giorni, di EUR 1 507 971,88 e indicava le conseguenze del suo inadempimento (in prosieguo: la «richiesta di pagamento»). Tali conseguenze includevano il procedimento esecutivo e il deferimento allo Sheriff o al County Registrar (ufficiale giudiziario di contea) ai fini del sequestro dei beni del ricorrente.

20.      L’11 giugno 2014, anziché avviare un procedimento in Grecia per contestare l’avviso di accertamento del 2009 e il titolo esecutivo impugnato, il ricorrente ha proposto ricorso dinanzi alla High Court of Ireland (Alta Corte, Irlanda) nei confronti dell’autorità adita chiedendo, in particolare, tutela contro la domanda di esecuzione del credito in Irlanda e il risarcimento dei danni per presunta violazione dei suoi diritti costituzionali (irlandesi), per negligenza e diffamazione da parte dell’autorità adita. Il ricorrente ha ottenuto, il 12 dicembre 2014, un provvedimento provvisorio di sospensione dell’esecuzione in Irlanda del credito contestato in attesa della definizione del procedimento irlandese.

21.      Durante lo svolgimento del procedimento irlandese è stato sentito un esperto greco in diritto pubblico che aveva reso un parere scritto, il 19 novembre 2015, secondo il quale, ai sensi del diritto greco, i termini concessi al ricorrente per proporre ricorso dinanzi ai giudici greci erano scaduti nell’ottobre 2009. Secondo la decisione di rinvio, ciò era dovuto in parte al fatto che la presunta notifica in base al sistema amministrativo greco (pubblicazione in lingua greca in una Gazzetta ufficiale e asserita notifica tramite l’ambasciata greca in Irlanda) era sufficiente e vincolante in conformità alle sentenze 2436 e 2437, del 2012, del Symvoulio tis Epikrateias (Consiglio di Stato, Grecia). Come osservato supra, tale pubblicazione è avvenuta il 15 luglio 2009.

22.      Il giudice del rinvio afferma, nella decisione di rinvio, di ritenere che un ricorso dinanzi ai giudici greci, proposto dopo la domanda dell’autorità adita del 14 novembre 2012, non avrebbe esito positivo. Tale conclusione viene contestata nelle osservazioni scritte del governo greco ed è stata ulteriormente contestata in udienza dal suo agente.

23.      In tale contesto, la High Court of Ireland (Alta Corte) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale, ai sensi dell’articolo 267 TFUE:

«Se l’articolo 14, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2010/24 osti a che la High Court of Ireland (Alta Corte), nel determinare l’esecutività in Irlanda di un “titolo uniforme che consente l’esecuzione” emesso il 14 novembre 2012 dall’ufficio delle dogane di Patrasso per penalità e ammende amministrative di un valore pari a EUR 1 097 505,00, inflitte il 15 luglio 2009 per presunto contrabbando commesso il 26 luglio 2002:

i)      applichi il diritto ad un ricorso effettivo e ad un processo equo entro un tempo ragionevole per un cittadino dell’Irlanda e dell’Unione europea in relazione alla richiesta di esecuzione;

ii)      tenga conto degli obiettivi della direttiva 2010/24 di assistenza reciproca (considerando 20 della direttiva 2010/24) e di esecuzione di obblighi più ampi in materia di assistenza risultanti dalla CEDU (considerando 17 della direttiva 2010/24) come il diritto ad un ricorso effettivo per i cittadini ai sensi dell’articolo 47 della Carta e dell’articolo 13 della CEDU;

iii)      tenga conto della piena efficacia del diritto dell’Unione per i suoi cittadini».

24.      Hanno presentato osservazioni scritte il ricorrente, l’autorità adita, il governo greco e la Commissione europea. Tutte le suddette parti erano presenti all’udienza che si è tenuta il 18 gennaio 2018.

IV.    Sintesi delle osservazioni presentate

25.      Il ricorrente riconosce che la formulazione dell’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2010/24 sembra richiedere che le questioni relative al credito e alla notifica dell’avviso di accertamento iniziale o del titolo uniforme che consente l’esecuzione debbano essere trattate nello Stato membro richiedente (nella fattispecie la Grecia), e che l’articolo 14, paragrafo 2, stabilisce che le controversie concernenti le misure esecutive adottate nello Stato membro adito sono portate dinanzi all’organo competente di tale Stato membro. Tuttavia, il ricorrente osserva che la Corte ha dichiarato nella causa Kyrian (9)che possono sussistere eccezioni alla formulazione della direttiva al fine di garantire la tutela dei diritti fondamentali e che la sentenza della Corte nella causa Kyrian è di supporto alla sua tesi.

26.      Il ricorrente fa riferimento, in particolare, ai punti della sentenza Kyrian in cui si statuisce che l’obiettivo di un’effettiva notifica di tutti gli atti e le decisioni, che è insito nella direttiva 76/308, non può essere conseguito senza rispettare i legittimi interessi dei destinatari delle notifiche (10), che una delle funzioni della notifica è quella di permettere al destinatario di far valere i propri diritti (11), che sia l’oggetto sia la causa della domanda dovevano essere identificati in modo certo (12) (il che implicava, nella causa Kyrian, la notifica nella lingua ufficiale dello Stato membro in cui l’autorità adita aveva sede) (13) e che, dato che la direttiva 76/308 non prevedeva conseguenze in caso di mancata osservanza di questo requisito, «spetta al giudice nazionale applicare il suo diritto nazionale, vegliando nel contempo affinché sia garantita la piena efficacia del diritto comunitario, il che può indurlo ad interpretare una norma nazionale adottata unicamente in vista di una situazione puramente interna al fine di applicarla alla situazione transfrontaliera di cui trattasi» (14).

27.      Il ricorrente sottolinea che è pacifico che egli non è stato al corrente dell’esistenza del credito sino al 14 novembre 2012 e sostiene di essere stato privato per due volte del diritto ad un processo equo, in quanto non è stato mai avvisato dell’udienza iniziale tenutasi in Grecia (15) e non gli è stata comunicata l’esistenza dell’avviso di accertamento del 2009 per procedere alla sua impugnazione, e che, ai sensi del diritto irlandese, il fatto di non avergli consentito di partecipare al procedimento e la mancata notifica di una decisione come quella di cui trattasi nel procedimento principale rendono tale decisione ineseguibile. Il ricorrente sottolinea che sono state presentate osservazioni dinanzi al giudice del rinvio nazionale secondo le quali non è stato fatto alcun tentativo, da parte delle autorità greche, per applicare meccanismi dell’Unione per la notifica di documenti in modo da garantire che egli fosse informato dell’avviso di accertamento del 2009 né sono state fornite prove al giudice in tal senso.

28.      Il ricorrente invoca inoltre la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo sull’interpretazione dell’articolo 6 della CEDU secondo la quale le parti in causa devono essere citate in udienza in modo tale, non solo, da essere a conoscenza del luogo e della data dell’udienza, ma anche da avere tempo sufficiente per preparare la causa e assistere all’udienza, e l’invio formale di una lettera di notifica senza alcuna certezza che essa giunga al ricorrente in tempo utile non può essere considerato un’adeguata notifica (16). Inoltre, il ricorrente fa riferimento alla sentenza Kapetanios e a. c. Grecia (17) nella quale la Corte europea dei diritti dell’uomo ha dichiarato che infliggere sanzioni amministrative a individui accusati di contrabbando che erano stati assolti dal reato costituisce una violazione dell’articolo 6, paragrafo 2, della CEDU sulla presunzione di innocenza e dell’articolo 4 del Protocollo n. 7 sul diritto di non essere giudicati o puniti due volte. Infine, il ricorrente chiede se, alla luce della sentenza nella causa Kapetanios e a. c. Grecia, una sanzione di entità pari a quella di cui trattasi sia idonea a essere classificata come sanzione di natura civile e non sia piuttosto di natura penale.

29.      L’autorità adita sottolinea che il titolo esecutivo impugnato è stato redatto in inglese con data di emissione 14 novembre 2012 e rilasciato al ricorrente con lettera recante la stessa data. Nessuna obiezione è stata formulata nel procedimento principale sulla forma o sul contenuto del titolo esecutivo impugnato, o su alcuna delle misure da essa adottate, quale autorità adita, in Irlanda. Il ricorrente, nell’audizione in contraddittorio del 27 ottobre 2015, ha confermato di aver compreso il titolo esecutivo impugnato e di essere stato informato del fatto che qualsiasi azione relativa al credito ivi menzionato avrebbe potuto essere intentata dinanzi all’autorità richiedente in Grecia. Il ricorrente ha altresì confermato di aver ricevuto il recapito dell’autorità richiedente in Grecia e che l’autorità adita in Irlanda gli aveva comunicato che non avrebbe adottato ulteriori misure finché egli non avesse sollevato la questione dinanzi all’autorità richiedente.

30.      L’11 giugno 2014 il ricorrente ha tuttavia avviato un procedimento dinanzi ai giudici irlandesi, sfociato in una decisione di rinvio.

31.      L’autorità adita ritiene che sia palese che, a norma dell’articolo 14 della direttiva 2010/24, reclami come quelli formulati dal ricorrente debbano essere presentati in Grecia, secondo il dettato sia di tale disposizione sia dei considerando 12 e 20 della direttiva 2010/24. Una conclusione in senso contrario vanificherebbe completamente il quadro normativo stabilito dalla direttiva 2010/24 e pregiudicherebbe il sistema di assistenza reciproca, in particolare l’articolo 12 della direttiva 2010/24. Alla luce di tali considerazioni, le questioni relative alla validità procedurale e sostanziale del titolo esecutivo impugnato, comprese quelle relative alla Carta, devono essere sollevate dinanzi ai giudici greci.

32.      L’autorità adita sostiene che, poiché il ricorrente non ha contestato il titolo esecutivo impugnato in Grecia, essa ha assunto l’obbligo, a norma dell’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2010/24, di trattare il credito come se fosse un credito sorto ai sensi del diritto irlandese. Qualora il ricorrente dovesse agire, in questa fase, per contestare o opporsi al titolo esecutivo impugnato, in forza del diritto irlandese ogni ulteriore procedimento avviato dall’autorità adita sarebbe automaticamente sospeso (18).

33.      L’autorità adita distingue la sentenza nella causa Kyrian in base alla circostanza che tale sentenza riguarda una situazione in cui era stato presentato un reclamo relativamente alla notifica da parte dell’autorità adita per il motivo che la notifica era redatta in una lingua (il tedesco) che non era né una lingua dello Stato membro adito (nella causa Kyrian, la Repubblica ceca) né una lingua che il destinatario comprendeva. La notifica di cui trattasi nel procedimento principale era redatta in inglese e il ricorrente, diversamente dal ricorrente nella causa Kyrian, non contesta tale aspetto. Inoltre, sebbene l’autorità adita riconosca che i titoli che consentono l’esecuzione possono essere eccezionalmente annullati, tali circostanze devono essere in un certo senso intrinseche al titolo stesso, come la lingua in cui esso viene redatto o la persona alla quale viene notificato, e non una controversia sui fatti riguardanti la validità del credito sottostante.

34.      L’autorità adita afferma che le valutazioni peritali rese dinanzi al giudice del rinvio nazionale da un avvocato greco sono state sentite nonostante le sue obiezioni e contesta altresì il fatto che le prove fornite abbiano dimostrato inequivocabilmente che un’impugnazione da parte del ricorrente in Grecia fosse destinata a fallire. Il ricorrente può dedurre la violazione dei suoi diritti fondamentali dinanzi ai giudici greci e ottenere, ove necessario, un rinvio pregiudiziale a questa Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, da parte di un giudice greco contro le cui decisioni non sussistano mezzi di ricorso.

35.      Infine, l’autorità adita contesta il fatto che sia inconfutabile che i vizi della notifica costituiscano sempre un’esimente ai sensi del diritto irlandese.

36.      Il governo greco nega che al ricorrente sarebbe stato precluso l’esercizio dei suoi diritti fondamentali, compreso il diritto a un ricorso effettivo, qualora avesse contestato l’avviso di accertamento del 2009 in Grecia. Secondo una giurisprudenza costante del Symvoulio tis Epikrateias (Consiglio di Stato), ai sensi dell’articolo 66, paragrafo 1, lettera A), punto a), del codice di procedura amministrativa, sebbene sia stabilito che il termine per proporre ricorso inizi a decorrere, di norma, dal momento della legittima notifica dell’atto all’interessato, sussiste anche la possibilità che il termine inizi a decorrere nel momento in cui si dimostri che l’interessato ha piena conoscenza del contenuto dell’atto impugnato, quando la notifica prescritta non ha avuto luogo oppure ha avuto luogo ma era illegittima (19). Il governo greco rinvia altresì alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo in materia (20).

37.      Il governo greco contesta il punto 16 della decisione di rinvio, in quanto i documenti inviati all’ambasciata greca in Irlanda, e notificati, come riconosce il governo, senza successo, erano in realtà in lingua inglese (21).

38.      La decisione di rinvio sarebbe basata sull’errata presunzione, da parte del giudice del rinvio nazionale, che sussistano chiare indicazioni del fatto che lo svolgimento di una procedura di recupero della sanzione pecuniaria in Irlanda costituirebbe una violazione dei diritti del ricorrente previsti all’articolo 47 della Carta e all’articolo 6 della CEDU.

39.      In udienza, l’agente del governo greco ha sostenuto che se un documento non viene notificato, come è avvenuto nel procedimento principale, oppure la notifica considerata era illegittima, il termine per proporre impugnazione in Grecia decorre soltanto dal momento in cui il destinatario è pienamente a conoscenza delle accuse che gli vengono mosse. Una notifica priva di tali requisiti può essere annullata per prescrizione del termine, e un giudice greco può decidere che il termine non inizi a decorrere fino a quando il destinatario non sia effettivamente e pienamente a conoscenza del contenuto del credito. Pertanto, il ricorrente avrebbe potuto chiedere al Symvoulio tis Epikrateias (Consiglio di Stato) la riapertura del procedimento in base a tale circostanza quando ha ricevuto, il 14 novembre 2013, una traduzione in inglese dell’avviso di accertamento del 2009, ma non ha fatto ricorso a tale possibilità. Se lo facesse ora, sarebbe decaduto dal termine.

40.      Infine, il perito sentito dal giudice del rinvio nazionale non ha fatto riferimento alla giurisprudenza pertinente, esposta nelle osservazioni scritte del governo greco, del Symvoulio tis Epikrateias (Consiglio di Stato), dell’Areios Pagos (Corte di Cassazione, Grecia) o della Corte europea dei diritti dell’uomo.

41.      La Commissione sottolinea che i principi della fiducia reciproca e del mutuo riconoscimento impongono a ciascuno Stato membro, tranne in circostanze eccezionali, di ritenere che gli altri Stati membri rispettino il diritto dell’Unione e, in particolare, i diritti fondamentali riconosciuti da quest’ultimo (22). Il principio del riconoscimento reciproco trova attuazione agli articoli 10, paragrafo 1, e 13 della direttiva 2010/24, secondo i quali gli Stati membri sono tenuti in via di principio a recuperare i crediti richiesti che siano oggetto di un titolo che consente l’esecuzione.

42.      Tuttavia, l’osservanza dell’articolo 47 della Carta si impone agli Stati membri e, di conseguenza, ai loro organi giurisdizionali nell’attuazione del diritto dell’Unione, il che avviene quando essi danno esecuzione a una domanda di recupero di un credito oggetto di un titolo che consente l’esecuzione (23).

43.      Su tale punto, la Corte ha riconosciuto che limitazioni ai principi del mutuo riconoscimento e della fiducia reciproca tra Stati membri possono essere apportate in «circostanze eccezionali», in particolare quando ciò è necessario per garantire l’osservanza dei diritti fondamentali (24).

44.      La Commissione osserva che, nell’ambito del riconoscimento e dell’esecuzione delle sentenze straniere, il legislatore dell’Unione è riuscito a conciliare il rispetto dei diritti della difesa e il diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo con il principio del riconoscimento reciproco (25).

45.      La Commissione menziona, inoltre, il passaggio della sentenza Kyrian in cui si consente agli organi dello Stato adito di verificare, in via eccezionale, se l’esecuzione di un titolo uniforme che consente l’esecuzione, quale emesso ai sensi dell’articolo 12 della direttiva 2010/24, sia lesiva dell’ordine pubblico (26), unitamente alla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo Avotiņšc.Lettonia (27).La Commissione ritiene che tale sentenza risolva il dilemma di cui al procedimento principale.

46.      Applicando i principi stabiliti nella sentenza Avotiņš c. Lettonia, concernenti l’articolo 6, paragrafo 1, CEDU e il diritto a un processo equo, a una fattispecie come quella in esame, ne consegue che, di norma, lo Stato membro adito non può verificare la validità o l’esecutività del titolo, se il ricorrente non ha ancora esaurito i mezzi di ricorso interni. Tuttavia, in casi eccezionali, quando il giudice dello Stato adito ritiene, oltre ogni ragionevole dubbio, che nessun ricorso giurisdizionale effettivo sia esperibile da parte dell’interessato nello Stato membro richiedente, la ripartizione delle competenze stabilita dall’articolo 14 della direttiva 2010/24 non dovrebbe trovare applicazione (28). Pertanto, i giudici dello Stato membro adito possono verificare eccezionalmente se l’esecuzione del titolo possa comportare, in particolare, una violazione manifesta del diritto fondamentale a un ricorso giurisdizionale effettivo ai sensi dell’articolo 47, paragrafo 1, della Carta e un palese diniego di giustizia e, in tal caso, rifiutare l’esecuzione della domanda di recupero del credito.

47.      Tuttavia, il rifiuto dell’esecuzione della domanda su tale base costituisce l’ultima ratio e la soglia da raggiungere è assai elevata. Il giudice dello Stato adito deve disporre di prove che dimostrino, oltre ogni ragionevole dubbio, che non è possibile esperire alcun ricorso giurisdizionale effettivo, e deve aver adottato ogni ragionevole misura per giungere a tale conclusione, compresa la richiesta di informazioni alle autorità competenti dello Stato membro richiedente (29).

V.      Analisi

48.      In base alla seguente analisi, sono giunto alla conclusione che alla questione pregiudiziale occorre rispondere in senso negativo. Ciò è dovuto, tuttavia, a vizi nella procedura prevista dalla direttiva 2010/24 e dalla precedente direttiva 2008/55, più che all’applicazione di un criterio giuridico, come sostenuto dalla Commissione, basato sul dubbio infondato che al ricorrente sarebbe stato negato un ricorso giurisdizionale effettivo qualora avesse avviato un procedimento in Grecia.

A.      Osservazioni preliminari

1.      Il principio della fiducia reciproca

49.      Secondo il principio della fiducia reciproca, gli Stati membri devono «tranne in circostanze eccezionali» ritenere «che tutti gli altri Stati membri rispettano il diritto dell’Unione e, più in particolare, i diritti fondamentali riconosciuti da quest’ultimo» (30). La Corte ha riconosciuto, tuttavia, l’esistenza di eccezioni a tale principio. Ad esempio, essa ha sostenuto l’esistenza di tali eccezioni nell’ambito del diritto dell’Unione in materia di immigrazione e di asilo, nonché nell’ambito della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, in caso di carenze sistematiche o generalizzate in uno Stato membro tali da ingenerare un rischio effettivo di esposizione della persona o delle persone interessate alla violazione di taluni diritti previsti dalla Carta, qualora il principio della fiducia reciproca dovesse essere applicato automaticamente (31).

50.      La Corte ha altresì dichiarato, nell’ambito della cooperazione giudiziaria in materia civile e commerciale, che l’eccezione dell’ordine pubblico al riconoscimento e all’esecuzione di una decisione emessa da un giudice di uno Stato membro, contenuta nell’articolo 34, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (32), ora rientrante nell’articolo 45, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1215/2012 (33), è applicabile in caso di violazione manifesta di una norma giuridica considerata essenziale nell’ordinamento giuridico dell’Unione, e quindi nell’ordinamento giuridico dello Stato membro in cui viene richiesto il riconoscimento, o di un diritto riconosciuto come fondamentale nell’ambito di tale ordinamento giuridico (34).

51.      Tuttavia, non sussistono elementi nel fascicolo che indichino l’esistenza in Grecia di un’inosservanza, da parte di tale Stato, del diritto a un processo equo o a un ricorso effettivo ai sensi dell’articolo 47 della Carta di portata tale da giustificare l’elaborazione, nelle circostanze di cui al procedimento principale, di un’eccezione al principio della fiducia reciproca nell’ambito della direttiva 2010/24 (35).

52.      Quanto ai fatti del procedimento principale, non vi sono prove, ad esempio, che il ricorrente sarebbe stato escluso dalla partecipazione un procedimento dinanzi ai giudici greci (36). Anche se sussistesse un giustificato malinteso, da parte dei giudici irlandesi, circa il fatto che il diritto dell’Unione o il diritto nazionale, comprese le norme sui termini per proporre ricorso, sarebbe stato erroneamente applicato se il ricorrente avesse adito i giudici greci piuttosto che quelli irlandesi, ciò non sarebbe di per sé sufficiente per estromettere i giudici greci, sulla base dell’eccezione al principio della fiducia reciproca, quale sede opportuna per contestare il titolo esecutivo impugnato, come previsto dal testo dell’articolo 14 e dal considerando 12 della direttiva 2010/24 (37).

2.      La sentenza della Corte nella causa Kyrian

53.      Ammetto tuttavia che la norma giuridica elaborata dalla Corte nella sentenza Kyrian fornisce il parametro per risolvere le questioni di diritto sorte nel procedimento principale.

54.      Nella causa citata, è stato chiesto alla Corte di esaminare le conseguenze derivanti dal mancato rilascio da parte dell’autorità (tedesca) richiedente al sig. Kyrian, cittadino ceco residente nella Repubblica ceca, di documenti in una lingua che fosse per lo stesso comprensibile. Detta circostanza legittimava il sig. Kyrian a contestare l’esecuzione del credito dinanzi ai giudici cechi anziché dinanzi ai giudici tedeschi, anche se il testo dell’articolo 12, paragrafi 1 e 3, della direttiva 76/308, in vigore all’epoca dei fatti, che trova riscontro attualmente nell’articolo 14 della direttiva 2010/24, indicava che il sig. Kyrian era tenuto a proporre ricorso dinanzi ai giudici tedeschi?

55.      Nella sentenza Kyrianla Corte ha dichiarato, in primo luogo, che i giudici dello Stato membro in cui ha sede l’autorità adita possono verificare, in via eccezionale, se l’esecutività del titolo che consente l’esecuzione sia lesiva, in particolare, dell’ordine pubblico di tale Stato membro e, eventualmente, non accordare in tutto o in parte la cooperazione o a subordinarla al rispetto di talune condizioni (38).

56.      In secondo luogo, e senza fornire ulteriori precisazioni sulla suddetta eccezione, la Corte ha dichiarato che i giudici dello Stato membro in cui ha sede l’autorità adita sono competenti a verificare se il titolo che consente l’esecuzione del credito sia stato regolarmente notificato al debitore. Nell’interpretare l’espressione «provvedimenti esecutivi» di cui all’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva 76/308, che trova riscontro attualmente nell’articolo 14, paragrafo 2, della direttiva 2010/24, la Corte ha rilevato che, a norma dell’articolo 5 della direttiva 76/308, ora riprodotto nell’articolo 8 della direttiva 2010/24, la prima fase dell’esecuzione del recupero nell’ambito della reciproca assistenza è la notifica al destinatario, ad opera dell’autorità adita, di tutti gli atti e le decisioni relativi ad un credito o al suo recupero provenienti dallo Stato membro in cui ha sede l’autorità richiedente. Tale notifica deve essere effettuata sulla base delle informazioni fornite dall’autorità richiedente (39). Da ciò consegue che la notifica costituisce uno dei provvedimenti esecutivi di cui all’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva 76/308 e che, pertanto, conformemente a tale disposizione, ogni azione avverso la notifica deve essere promossa dinanzi all’organo competente dello Stato membro in cui ha sede l’autorità adita (40).

57.      In terzo luogo, la Corte ha constatato che non è possibile considerare regolare la notifica di un titolo che consente l’esecuzione qualora tale notifica sia stata effettuata nel territorio dello Stato membro in cui l’autorità adita ha sede in una lingua che il destinatario non comprende e che non è neppure la lingua ufficiale di tale Stato membro. La Corte ha dichiarato che la «la funzione della notifica effettuata in tempo utile è quella di porre il destinatario in grado di comprendere l’oggetto e la causa dell’atto notificato e di far valere i suoi diritti» (41), e che l’effettiva realizzazione delle notifiche di tutti gli atti e decisioni disposti dallo Stato membro in cui ha sede l’autorità richiedente deve contemporaneamente rispettare i legittimi interessi dei destinatari di dette notifiche (42). La notifica in lingua tedesca, effettuata nella Repubblica ceca, non soddisfaceva i suddetti requisiti quanto all’esercizio dei diritti e al rispetto dei legittimi interessi del destinatario.

58.      La Corte ha dichiarato che in mancanza di disposizioni nella direttiva 76/308 sulle conseguenze derivanti da una notifica effettuata in una lingua diversa da quella dello Stato membro adito, «spetta al giudice nazionale applicare il suo diritto nazionale, vegliando nel contempo affinché sia garantita la piena efficacia del diritto comunitario, il che può indurlo ad interpretare una norma nazionale adottata unicamente in vista di una situazione puramente interna al fine di applicarla alla situazione transfrontaliera di cui trattasi» (43). È stato ritenuto che ciò fosse subordinato esclusivamente ai principi di equivalenza e di effettività (44).

59.      Tuttavia, la sentenza Kyriannon ha evidenziato alcun problema di ordine giuridico o fattuale riguardo al mancato rispetto della sequenza a fini di cooperazione prevista dalle direttive 2010/24 e 2008/55, ossia la domanda di informazioni (45), la successiva notifica del credito in questione al destinatario da parte dell’autorità adita (46), seguita dalla domanda di recupero (47). Non è stata rispettata tale sequenza invece nel procedimento principale, poiché l’avviso di accertamento del 2009 è stato ricevuto dal ricorrente dopo anziché prima del titolo esecutivo impugnato. Occorre quindi verificare se la mancanza di qualsiasi notifica del credito contestato sino a una fase successiva all’emissione e alla notifica di un titolo uniforme che consente l’esecuzione ai sensi dell’articolo 12 della direttiva 2010/24 sia tra i parametri, quali descritti supra, stabiliti dalla sentenza Kyrian, così che l’esecuzione del titolo uniforme che consente l’esecuzione possa essere impugnata nello Stato membro adito, anche se è redatto nella lingua dello Stato membro adito.

3.      La Carta e il procedimento principale

60.      Non appena lo Stato membro richiede una delle forme di assistenza previste nella direttiva 2010/24, tale situazione diventa una fattispecie «disciplinata» dal diritto dell’Unione (48). Ciò significa che tutte le disposizioni contenute nella direttiva 2010/14, compreso l’articolo 14, devono essere interpretate in conformità ai principi generali del diritto e ai diritti fondamentali, quali il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva e le sue componenti (49), come risultanti dall’articolo 47 della Carta. Ciò significa altresì che qualsiasi discrezionalità nello svolgimento di un controllo giurisdizionale, rimessa ai giudici dello Stato membro adito, non è limitata unicamente, come può essere stato dedotto dalla sentenza Kyrian, ai principi di effettività e di equivalenza (50).

61.      Inoltre, sebbene il riquadro 7 del titolo esecutivo impugnato indichi che la data «di notifica del titolo iniziale che consente l’esecuzione» era il 15 luglio 2009 (corrispondente alla data di pubblicazione del credito contestato nella Gazzetta ufficiale greca), nelle osservazioni scritte del governo greco si afferma che il contestuale tentativo di notifica al ricorrente tramite la sua ambasciata a Dublino non ha avuto successo. È stato inoltre dichiarato in udienza, dall’agente del governo greco, che il ricorrente non ha avuto piena conoscenza della causa promossa nei suoi confronti sino al 14 novembre 2013, data in cui ha ricevuto la traduzione in inglese dell’avviso di accertamento del 2009 (51).

62.      Rilevo pertanto che la data di notifica del credito contestato, in forma sufficientemente dettagliata affinché il ricorrente avesse un’equa opportunità di preparare una difesa effettiva, come richiesto dall’articolo 47 della Carta (52), era il 14 novembre 2013, data in cui il ricorrente ha ricevuto la traduzione in inglese dell’avviso di accertamento del 2009.

B.      Procedimento previsto dalle direttive 2010/24 e 2008/55

63.      Secondo una giurisprudenza consolidata, nell’interpretazione di una norma di diritto dell’Unione, si deve tener conto non solo della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte (53). Allo scopo di garantire alla direttiva 2010/24 piena efficacia e un’interpretazione autonoma, occorre riferirsi soprattutto al suo sistema e alle sue finalità (54).

64.      Come osservato supra, la Corte ha dichiarato nella sentenza Kyrian che «la prima fase» dell’esecuzione del recupero nell’ambito della reciproca assistenza è la notifica al destinatario, ad opera dell’autorità adita, di tutti gli atti e le decisioni relativi ad un credito o al suo recupero provenienti dallo Stato membro in cui ha sede l’autorità richiedente. Tale notifica deve essere effettuata sulla base delle informazioni fornite dall’autorità richiedente (55). Come sarà illustrato di seguito, la stessa regola va necessariamente applicata quando uno Stato membro tenta di notificare un credito senza l’assistenza di un’autorità adita, come avviene nel procedimento principale.

65.      Tale imperativo è contenuto parimenti nel sistema generale sia della direttiva 2010/24 sia della direttiva 2008/55, le quali prevedono una sequenza per la prestazione di assistenza che si svolge mediante uno scambio di informazioni (56), cui segue la notifica (57), e poi il recupero (58), e il fatto che entrambe le direttive vietano la presentazione di una domanda di recupero qualora il credito stesso e/o il titolo che consente l’esecuzione (59) siano contestati nello Stato membro richiedente (60). Ciò implica che la notifica del credito sia precedente alla domanda di recupero e di esecuzione.

66.      In aggiunta, sia il regolamento di esecuzione n. 1189/2011 della Commissione (61) che il regolamento precedente, il regolamento (CE) n. 1179/2008 della Commissione (62), le misure di esecuzione che accompagnano, rispettivamente, le direttive 2010/24 e 2008/55, prevedono moduli standard e organizzati in modo sequenziale per l’esecuzione delle procedure di notifica e di recupero (63).

67.      Quanto alle origini della direttiva 2010/24, la proposta iniziale della Commissione sottolineava l’interesse di quest’ultima alla «semplificazione e alla chiara formulazione della normativa comunitaria» (64). Inoltre, lo scopo della direttiva 2010/24, quale dichiarato in uno dei suoi considerando, è la previsione di un sistema di assistenza al recupero nel mercato interno che sia «uniforme» (65).

68.      Ciò detto, risulta chiaramente dal dettato degli articoli 4 e 5 della direttiva 2008/55, le disposizioni sull’assistenza reciproca in vigore all’epoca dei fatti, che le autorità greche non erano tenute a chiedere l’assistenza delle autorità irlandesi per ottenere più informazioni di quelle contenute nei loro fascicoli sull’indirizzo del ricorrente, o a chiedere alle autorità irlandesi di notificare l’avviso di accertamento del 2009 al ricorrente (66). Entrambe le funzioni sono definite negli articoli 4 e 5 della direttiva 2008/55 come espletabili «su domanda dell’autorità richiedente» e la natura discrezionale di tali funzioni è stata mantenuta dalla direttiva 2010/24 (67).

69.      Tuttavia, se il risultato del mancato utilizzo di tali opzioni è che la prima fase della notifica ha luogo solo dopo l’emissione di un titolo uniforme che consente l’esecuzione di un credito ai sensi dell’articolo 12 della direttiva 2010/24, l’esecuzione del credito può essere contestata, conformemente alla sentenza Kyrian, dinanzi ai giudici dello Stato adito, che rimangono liberi di applicare il diritto dello Stato membro, salva l’osservanza dei principi generali del diritto e dei diritti fondamentali rilevanti in materia di processo esecutivo (quale il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva ai sensi dell’articolo 47 della Carta) unitamente ai principi di equivalenza e di effettività (68).

70.      Altrimenti, agli Stati membri sarebbe offerta l’opportunità di porre rimedio alle proprie omissioni riguardo alla notifica di un credito emettendo semplicemente un titolo uniforme che consente l’esecuzione ai sensi dell’articolo 12 della direttiva 2010/24 e avviando il procedimento di recupero.

71.      Come sarà esposto infra, tale analisi è suffragata dalla giurisprudenza della Corte relativa ai diritti della difesa nel contesto del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva ai sensi dell’articolo 47 della Carta.

C.      Violazione dell’articolo 47 della Carta

72.      Il principio della tutela giurisdizionale effettiva dei diritti che gli amministrati traggono dal diritto dell’Unione, quale risulta dall’articolo 47 della Carta, è costituito da diversi elementi, tra i quali rientrano, segnatamente, i diritti della difesa, il principio della parità delle armi, il diritto di ricorso ad un giudice nonché la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare (69). Il principio della parità delle armi, in base al quale a ciascuna parte deve essere offerta una ragionevole opportunità di esporre il suo caso a condizioni che non la pongano in una condizione di sostanziale svantaggio rispetto alla sua controparte (70), si applica, nel diritto dell’Unione, tanto ai procedimenti di diritto pubblico quanto ai procedimenti civili (71).

73.      La Corte ha anche statuito che l’esistenza di una violazione dei diritti della difesa e del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva deve essere valutata in funzione delle circostanze specifiche di ciascuna fattispecie e segnatamente della natura dell’atto in oggetto, del contesto in cui è stato adottato e delle norme giuridiche che disciplinano la materia in esame (72).

74.      Se la sequenza delle informazioni, della notifica e della domanda di esecuzione fosse invertita, in modo tale che la notifica di un credito possa avvenire dopo l’emissione di un titolo uniforme che consente l’esecuzione, sorgerebbero quasi inevitabilmente problemi in termini di conformità al diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva di cui all’articolo 47 della Carta. I fatti oggetto del procedimento principale ne sono peraltro un esempio.

75.      Il rispetto dei diritti della difesa costituisce un principio generale del diritto dell’Unione che trova applicazione ogniqualvolta l’amministrazione si proponga di adottare nei confronti di un soggetto un atto che gli arreca pregiudizio. In forza di tale principio, i destinatari di decisioni che incidono sensibilmente sui loro interessi devono essere messi in condizione di manifestare utilmente il loro punto di vista in merito agli elementi sui quali l’amministrazione intende fondare la sua decisione. Tale obbligo incombe sulle amministrazioni degli Stati membri ogniqualvolta esse adottano decisioni che rientrano nella sfera d’applicazione del diritto dell’Unione, quand’anche la normativa dell’Unione applicabile non preveda espressamente siffatta formalità (73).

76.      L’agente del governo greco ha sostenuto in udienza che il ricorrente è stato informato, nel luglio 2002, con interpretazione in lingua inglese e altre forme di assistenza, dell’indagine doganale sfociata nell’emissione dell’avviso di accertamento del 2009. Tuttavia, il ricorrente ha scelto, all’epoca, di non rendere nota la sua posizione. Se così fosse, e ciò è contestato nelle osservazioni scritte del ricorrente, non sorgerebbero questioni circa l’inosservanza dei diritti della difesa in questa fase iniziale del procedimento (74).

77.      Tuttavia, in ogni caso, i problemi riguardo al rispetto dei diritti della difesa nel contesto del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva di cui all’articolo 47 della Carta sono sorti successivamente, in quanto l’avviso di accertamento del 2009, e quindi i dettagli del credito contestato, è stato notificato al ricorrente solo dopo la notifica al medesimoda parte dell’autorità adita del titolo esecutivo impugnato. Quest’ultimo è pervenuto al ricorrente unitamente alla richiesta di pagamento del 14 novembre 2012provenientedalla medesima autorità, mentre i dettagli del credito contestato sono stati notificati al ricorrente un anno dopo, al ricevimento dell’avviso di accertamento del 2009, corredato di una traduzione in inglese.

78.      Tale sequenza ha posto il ricorrente in una posizione di sostanziale svantaggio nei confronti dell’autorità richiedente, in quanto egli non era in grado «di comprendere l’oggetto e la causa dell’atto notificato e di far valere i suoi diritti», come richiesto dalla sentenza della Corte nella causa Kyrian (75), quando ha ricevuto, il 14 novembre 2012, la richiesta di pagamento dall’autorità adita, contenente soltanto il titolo esecutivo impugnato.

79.      Inoltre, secondo una giurisprudenza della Corte, sebbene elaborata nel contesto della cooperazione giudiziaria in materia civile, è pacifico che il diritto a un equo processo, quale tutelato dall’articolo 47 della Carta, impone che qualsivoglia decisione giudiziaria sia motivata, e ciò al fine di consentire al convenuto di comprendere le ragioni per le quali è stato condannato e di proporre ricorso contro tale decisione in maniera utile ed effettiva (76). Occorre necessariamente applicare lo stesso principio nell’interpretazione della direttiva 2010/24 e delle conseguenze derivanti dal mancato ricorso, da parte di uno Stato membro, all’opzione dell’assistenza nella procedura di notifica di crediti, prevista attualmente dagli articoli 8 e 9 della direttiva 2010/24 (77).

80.      Al ricorrente nel procedimento principale non è stata offerta una ragionevole opportunità di esporre il proprio caso, in quanto il titolo esecutivo impugnato forniva solo, in sostanza, le seguenti informazioni: l’importo del credito contestato, il fatto che esso riguardava dazi doganali, lo Stato membro d’origine, la data di determinazione del credito contestato e il momento in cui è divenuto esecutivo, la (presunta) data di notifica del titolo iniziale che consente l’esecuzione (che, nel procedimento principale, è costituito dall’avviso di accertamento del 2009) e l’indirizzo dell’ufficio doganale responsabile. Tale scarsità di informazioni è stata aggravata dal lungo periodo di tempo intercorso tra i fatti che hanno dato origine al credito contestato, avvenuti nel luglio 2002, e la notifica, da parte dell’autorità richiedente, dell’avviso di accertamento del 2009 in inglese nel novembre 2013. Più semplicemente, tali fattori combinati si sono tradotti nel fatto che il ricorrente non è stato in grado di identificare l’oggetto della domanda e la causa dell’azione promossa nei suoi confronti (78).

81.      Pertanto, la mancanza di dettagli nel titolo esecutivo impugnato riguardo alle informazioni fornite al ricorrente non rispetta l’essenza del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva o dei diritti di equità di cui all’articolo 47 della Carta né è conforme al principio di proporzionalità, tutti rientranti tra i requisiti imposti dall’articolo 52, paragrafo 1, della Carta affinché una limitazione di un diritto sancito dalla Carta sia legittima (79).

82.      Inoltre, l’indicazione di un indirizzo nel titolo esecutivo impugnato dal quale il ricorrente potrebbe ottenere «ulteriori informazioni riguardanti il credito» (80) non può sanare la mancata notifica del credito contestato. Nel provvedimento di attuazione della direttiva 2010/24 (81) adottato dall’Irlanda non figurano obblighi di tal genere né tali obblighi possono essere imposti o desunti dalla direttiva 2010/24, dato che le direttive, di per sé, non possono far sorgere obblighi in capo ai singoli (82).

83.      Ciò premesso, il ricorrente non può essere censurato per aver intrattenuto una corrispondenza con l’autorità adita, ricorrendo ad avvocati irlandesi, tra il 28 novembre 2012 e il 14 maggio 2014, al fine di ottenere più informazioni. Ciò includeva una specifica domanda, rivolta dagli avvocati del ricorrente all’autorità adita, di inoltrare loro l’avviso di accertamento del 2009.

84.      Il ricorrente può essere censurato neanche per aver ottenuto una consulenza legale da un avvocato greco, il 19 novembre 2015, per sapere se, ai sensi del diritto greco, i termini di un’impugnazione avverso l’avviso di accertamento del 2009 fossero scaduti. Inoltre, la consulenza del 19 novembre 2015 ha portato a ritenere, correttamente o erroneamente, che il termine per impugnare l’avviso di accertamento del 2009 fosse scaduto.

85.      L’autorità richiedente avrebbe potuto agire in conformità alla Carta nel seguente modo. Essa avrebbe potuto infliggere la sanzione amministrativa contestualmente alla sanzione penale, evitando così problemi di conformità al principio del ne bis in idem ai sensi dell’articolo 50 della Carta (v., infra, paragrafo 90).

86.      L’autorità richiedente avrebbe anche potuto provvedere alla richiesta di pagamento del credito contestato prima dei sei anni e sei mesi dall’assoluzione del ricorrente dal reato contestatogli, dato che, in particolare, la direttiva 2010/24 contiene un termine di prescrizione relativamente alle domande di assistenza, che potrebbe anche essere considerato come indicativo di un obbligo di diligenza in capo agli Stati membri richiedenti. L’articolo 18, paragrafo 2, della direttiva 2010/24 esime l’autorità adita dall’obbligo di prestare le forme di assistenza previste all’articolo 5 e agli articoli da 7 a 16 «se la domanda iniziale ai sensi degli articoli 5, 7, 8, 10 o 16 si riferisce a crediti che risalgono a più di cinque anni prima, a decorrere dalla data in cui il credito è divenuto esigibile nello Stato membro richiedente alla data della suddetta domanda iniziale». Ciò avrebbe evitato complicazioni per quanto riguarda il ritardo e l’articolo 47 della Carta.

87.      Inoltre, una volta effettuata la scelta, nel giugno 2009, di notificare al ricorrente l’avviso di accertamento del 2009, l’autorità richiedente avrebbe potuto usufruire della possibilità prevista nella direttiva 2008/55, la direttiva in materia di assistenza reciproca in vigore all’epoca dei fatti, sia di ottenere dall’autorità adita ulteriori precisazioni sui dati di cui era in possesso riguardo all’indirizzo del ricorrente (articolo 4) sia di imporre all’autorità adita di notificare il credito al ricorrente (articolo 5). Ciò avrebbe potuto evitare le difficoltà sorte in relazione al rispetto del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva ai sensi dell’articolo 47 della Carta.

88.      Se l’autorità richiedente avesse agito in tal senso, l’autorità adita, dopo aver ricevuto l’atto esecutivo impugnato, sarebbe stata pienamente a conoscenza della controversia e la sequenza, imposta dalla direttiva 2010/24 e dagli atti ad essa precedenti, costituita dallo scambio di informazioni, dalla notifica e successivamente dalla domanda di esecuzione, sarebbe stata rispettata. Il fatto di ricorrere all’ambasciata greca e di trasmettere l’«invito» sopra descritto (83) non ha assicurato una notifica alle condizioni necessarie per garantire l’osservanza dell’articolo 47 della Carta.

89.      Ritengo pertanto che la lettera di messa in mora, inviata dall’autorità adita il 14 novembre 2012, si configuri come una misura esecutiva ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 2, della direttiva 2010/24 e che sia stata emessa dall’autorità adita a condizioni non conformi al diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva ai sensi dell’articolo 47 della Carta, dato che tale lettera è stata inviata al ricorrente prima della notifica del credito contestato. In subordine, la competenza degli organi degli Stati membri aditi prevista dall’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2010/24 in materia di controversie riguardanti i titoli esecutivi deve essere interpretata nel rispetto della sequenza costituita dalla richiesta di informazioni, dalla notifica e dall’esecuzione, stabilita dalla direttiva 2010/24, nonostante la lettera dell’articolo 14, paragrafo 1, e del considerando 12. In mancanza, spetta agli organi competenti degli Stati membri aditi verificare la conformità del procedimento esecutivo all’articolo 47 della Carta.

90.      Come tale, il margine di discrezionalità attribuito ai giudici irlandesi nel procedimento principale non si estende alla questione se la domanda sia conforme al principio del ne bis in idem (articolo 50 della Carta), quale esaminata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nella sentenza Kapetanios e a. c.Grecia (84), o alla questione se il credito contestato si riferisca in realtà a un’accusa penale piuttosto che a uno dei crediti elencati all’articolo 2, della direttiva 2010/24. Estendere i poteri del giudice del rinvio nazionale al di là delle conseguenze derivanti dall’emissione da parte dell’autorità richiedente di un titolo uniforme che consente l’esecuzione prima della notifica del credito contestato sarebbe contrario allo status riconosciuto all’assistenza reciproca di principio strutturale del diritto dell’Unione.

VI.    Osservazioni finali

91.      Dal fascicolo risulta che il ricorrente chiede il risarcimento dei danni all’autorità adita, deducendo vari argomenti. Poiché non sono state sollevate questioni pregiudiziali sugli aspetti di diritto dell’Unione relativi a questa parte della controversia, è sufficiente affermare che dal fascicolo non emerge che sia stato individuato alcuno dei criteri relativi a tale forma di responsabilità, come stabiliti nella giurisprudenza della Corte (85).

VII. Conclusione

92.      Alla luce delle suesposte considerazioni, ritengo che alla questione pregiudiziale sollevata dalla High Court (Alta Corte, Irlanda) si debba rispondere come segue:

«Nelle circostanze di cui al procedimento principale, e tenuto conto della piena efficacia del diritto dell’Unione, l’articolo 14, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2010/24/UE del Consiglio, del 16 marzo 2010, sull’assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da dazi, imposte ed altre misure non osta a che un giudice nazionale, nel determinare l’esecutività di un “titolo uniforme che consente l’esecuzione”,

i)      applichi il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva ai sensi dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea in relazione alla richiesta di esecuzione;

ii)      tenga conto degli obiettivi della direttiva 2010/24 di assistenza reciproca, rispettando, nel contempo, il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva ai sensi dell’articolo 47 della Carta».


1      Lingua originale: l’inglese.


2      Riguardo alla questione se la sanzione pecuniaria inflitta nel procedimento principale si configuri quale sanzione penale piuttosto che come sanzione amministrativa, non rientrando quindi nell’ambito di applicazione dell’articolo 2 della direttiva 2010/24, e alla questione se ciò debba essere oggetto di valutazione da parte dei giudici dello Stato membro adito oppure dello Stato membro richiedente, v., infra, paragrafo 90.


3      GU 2010, L 84, pag. 1.


4      La direttiva 2010/24 è stata preceduta dalla direttiva 2008/55/CE del Consiglio, del 26 maggio 2008, sull’assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da taluni contributi, dazi, imposte ed altre misure (GU 2008, L 150, pag. 28), e dalla direttiva 76/308/CEE del Consiglio, del 15 marzo 1976, relativa all’assistenza reciproca in materia di ricupero dei crediti risultanti da operazioni che fanno parte del sistema di finanziamento del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia, nonché dei prelievi agricoli e dei dazi doganali (GU 1976, L 73, pag. 18). La direttiva 2008/55 è stata abrogata dalla direttiva 2010/24 e la direttiva 76/308 è stata abrogata dalla direttiva 2008/55. Dato che l’arco temporale della presente controversia rientra nel periodo di vigenza della direttiva 2008/55 e della direttiva 2010/24, entrambe le direttive sono rilevanti ai fini del procedimento principale.


5      Sentenza del 14 gennaio 2010, Kyrian (C‑233/08, EU:C:2010:11).


6      Nella sentenza del 16 maggio 2017, Berlioz Investment Fund (C‑682/15, EUC:2017:373, punto 54 e giurisprudenza ivi citata), la Corte ha dichiarato che «occorre ricordare che il principio della tutela giurisdizionale effettiva costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, che è attualmente sancito dall’articolo 47 della Carta. Detto articolo 47 garantisce, nell’ordinamento dell’Unione, la tutela conferita dall’articolo 6, paragrafo 1, e dall’articolo 13, della CEDU. Occorre pertanto riferirsi unicamente a questa prima disposizione».


7      Dal fascicolo risulta che i pacchetti di sigarette erano 171 800.


8      V. decisione di rinvio in cui si afferma che il ricorrente ha appreso tutti i dettagli dell’avviso di accertamento del 2009 solo mediante una lettera di accompagnamento del 14 marzo 2014. Nelle presenti conclusioni farò riferimento alla data indicata dal governo greco in udienza.


9      Sentenza del 14 gennaio 2010 (C‑233/08, EU:C:2010:11).


10      Ibid., punto 57 e giurisprudenza ivi citata.


11      Ibid., punto 58.


12      Ibid., punto 59.


13      Ibid., punto 60.


14      Ibid., punto 61, che cita la sentenza dell’8 novembre 2005, Leffler (C‑443/03, EU:C:2005:665).


15      Ciò è stato contestato dall’agente della Grecia nel corso dell’udienza. V., infra, paragrafo 76.


16      Corte EDU, 1o marzo 2012, Kolegovy c. Russia, CE:ECHR:2012:0301JUD001522605, § 40.


17      Corte EDU, 30 aprile 2015, Kapetanios e a. c. Grecia, CE:ECHR:2015:0430JUD000345312.


18      Essa fa riferimento all’articolo 13, paragrafo 1, dello Statutory Instrument n. 643/2011, European Union (Mutual Assistance for Recovery of Claims relating to Taxes, Duties and other Measures) Regulations 2011 [regolamento del 2011 relativo all’Unione europea (assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da dazi, imposte ed altre misure)] (Iris Oifigiúil, 16 dicembre 2011).


19      Il governo greco fa riferimento alle sentenze 986/2016, 169/2015, 3575–7/2013, alla sentenza 2436–7/2012 pronunciata dalla sezione composta da sette membri, alle sentenze 2034–6/2011, 193, 1309/2006, 3696/2005, 627/2002 pronunciate in seduta plenaria, alle sentenze 3761/1999, 537–540/1998, 3220/1990 pronunciate dalla sezione composta da sette membri; v. Symvoulio tis Epikrateias (Consiglio di Stato) 1797/2000, 589, 2188/1972.


20      Corte EDU, 14 gennaio 2010, Popovitsi c. Grecia, CE:ECHR:2010:0114JUD005345107, e Corte EDU, 28 maggio 2009, Elyasin c. Grecia, CE:ECHR:2009:0528JUD004692906.


21      Nel punto 16 della decisione di rinvio si afferma che «le prove a disposizione del giudice del rinvio indicano che i documenti erano in lingua greca».


22      La Commissione fa riferimento al parere 2/13 (Adesione dell’Unione europea alla CEDU) del 18 dicembre 2014 (EU:C:2014:2454, punto 191), e alla sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru (C‑404/15 e C‑659/15 PPU, EU:C:2016:198, punto 78).


23      La Commissione fa riferimento, mutatis mutandis, alla sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru (C‑404/15 e C‑659/15 PPU, EU:C:2016:198, punto 84).


24      Sentenze del 21 dicembre 2011, N.S. (C‑411/10 e C‑493/10, EU:C:2011:865, punti da 80 a 82) e del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru (C‑404/15 e C‑659/15 PPU, EU:C:2016:198, punti 82 e 83).


25      La Commissione fa riferimento all’articolo 45, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1215/2012, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 2012, L 351, pag. 1).


26      Sentenza del 14 gennaio 2010, Kyrian (C‑233/08, EU:C:2010:11, punto 42).


27      Corte EDU, 23 maggio 2016, Avotiņšc.Lettonia, CE:ECHR:2016:0523JUD001750207.


28      La Commissione fa riferimento (mutatis mutandis) a Corte EDU, 23 maggio 2016, Avotiņšc.Lettonia, CE:ECHR:2016:0523JUD001750207,§§ 121 e segg.


29      La Commissione richiama, mutatis mutandis, la sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru (C‑404/15 e C‑659/15 PPU, EU:C:2016:198, punti da 91 a 95).


30      Parere 2/13 (Adesione dell’Unione europea alla CEDU) del 18 dicembre 2014 (EU:C:2014:2454, punto 191).


31      Nell’ambito della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, v., ad esempio, sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru (C‑404/15 e C‑659/15 PPU, EU:C:2016:198). Nell’ambito del diritto dell’Unione in materia di immigrazione e di asilo, v., ad esempio, sentenza del 21 dicembre 2011, N.S. (C‑411/10 e C‑493/10, EU:C:2011:865).


32      GU 2001, L 12, pag. 1.


33      GU 2012, L 351, pag. 1.


34      V., ad esempio, sentenza del 16 luglio 2015, Diaego Brands (C‑681/13, EU:C:2015:471, punto 44 e giurisprudenza ivi citata). V., analogamente, sentenza del 19 novembre 2015, P (C‑455/15 PPU, EU:C:2015:763, punto 39).


35      V. sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru (C‑404/15 e C‑659/15 PPU, EU:C:2016:198, punto 88). Nella decisione di rinvio è contenuta una breve enunciazione secondo la quale il giudice del rinvio era preoccupato circa la possibilità, per il ricorrente, di beneficiare di un ricorso effettivo e di un processo equo in Grecia entro tempi ragionevoli, dato l’arco temporale straordinariamente lungo fino a quel momento intercorso, ma tale punto non è stato approfondito nelle osservazioni orali o scritte.


36      Tale ipotesi è stata considerata nella sentenza del 2 aprile 2009, Gambazzi (C‑394/07,EU:C:2009:219, punti 27 e 33 e giurisprudenza ivi citata).


37      V. sentenza del 16 luglio 2015, Diageo Brands (C‑681/13, EU:C:2015:471, punto 49).


38      Sentenza del 14 gennaio 2010, Kyrian (C‑233/08 EU:C:2010:11, punto 42).


39      Ibid., punto 46.


40      Ibid., punto 47.


41      Ibid., punto 58.


42      Ibid., punto 57.


43      Ibid., punto 61 e giurisprudenza ivi citata.


44      Ibid., punto 62 e giurisprudenza ivi citata


45      Articolo 4 della direttiva 2008/55 e articoli 5 e 6 della direttiva 2010/24.


46      Articolo 5 della direttiva 2008/55 e articoli 8 e 9 della direttiva 2010/24.


47      Articoli da 6 a 18 della direttiva 2008/55 e articoli da 10 a 18 della direttiva 2010/24.


48      Sentenza del 7 marzo 2017, X e X (C‑638/16 PPU, EU:C:2017:173, punto 45). V., analogamente, nel contesto della direttiva 2011/16/UE, del 15 febbraio 2011, relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale e che abroga la direttiva 77/799/CEE (GU 2011, L 64, pag. 1), sentenza del 16 maggio 2017, Berlioz Investment Fund (C‑682/15, EU:C:2017:373, punti da 32 a 42).


49      V., infra, paragrafo 72.


50      V., supra, paragrafo 58.


51      Osservo che, in mancanza di una domanda di assistenza reciproca, o in presenza di altre misure di diritto dell’Unione rilevanti ai fini della controversia, la notifica mediante pubblicazione nella Gazzetta ufficiale greca è una questione puramente interna a tale Stato membro, e pertanto qualsiasi contestazione al riguardo è disciplinata esclusivamente dal diritto di tale Stato membro. V. sentenze del 26 febbraio 2013, Melloni (C‑399/11, EU:C:2013:107, punto 60) e del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson(C‑617/10, EU:C:2013:105, punto 29).


52      La Corte ha dichiarato al punto 100 della sentenza del 18 luglio 2013, Commissione/Kadi e a. (C‑584/10 P, C‑593/10 P, C – 595/10 P, EU:C:2013:518), che l’articolo 47 della Carta richiede la comunicazione di un numero sufficiente di informazioni «affinché [le parti in causa] possa[no]» difendere i propri diritti «nelle migliori condizioni possibili e decidere, con piena cognizione di causa, se (…) sia utile adire il giudice competente, e affinché quest’ultimo possa pienamente esercitare il controllo della legittimità della decisione in questione».


53      V., ad esempio, sentenza del 6 giugno 2013, MA e a. (C‑648/11, EU:C:2013:367, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).


54      Sentenza del 14 gennaio 2010, Kyrian (C‑233/08, EU:C:2010:11, punto 35).


55      V. supra, paragrafo 56.


56      V. supra, nota 45.


57      V. supra, nota 46.


58      V. supra, nota 47.


59      Il «titolo che consente l’esecuzione» si distingue dal «titolo uniforme che consente l’esecuzione» previsto all’articolo 12 della direttiva 2010/24, poiché quest’ultimo è il titolo applicabile alle domande di recupero.


60      Articolo 11 della direttiva 2010/24 e articolo 7 della direttiva 2008/55.


61      Regolamento del 18 novembre 2011, recante modalità di applicazione in relazione a determinate disposizioni della direttiva 2010/24 (GU 2011, L 302, pag. 16).


62      Regolamento del 28 novembre 2008, che stabilisce le modalità di applicazione di talune disposizioni della direttiva 2008/55 (GU 2008, L 319, pag. 21).


63      Il regolamento n. 1179/2008 della Commissione includeva un modulo per le domande di informazioni, ma quest’ultimo non è stato previsto nel regolamento n. 1189/2011.


64      COM (2006) 605 definitivo, Bruxelles 19.10.2006, pag. 2.


65      V. considerando 20.


66      V. il sistema obbligatorio istituito ai sensi del regolamento (CE) n. 1393/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 novembre 2007, relativo alla notificazione e alla comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile o commerciale («notificazione o comunicazione degli atti») e che abroga il regolamento (CE) n. 1348/2000 del Consiglio (GU 2007, L 324, pag. 79). Per una recente discussione, v. sentenza del 2 marzo 2017, Henderson (C‑354/15, EU:C:2017:157).


67      V. articoli 5, 8 e 10 della direttiva 2010/24. Si osservi che l’attenuazione delle condizioni alle quali le autorità richiedenti possono chiedere assistenza alla notifica prevista dall’articolo 8 della direttiva 2010/24, rispetto all’articolo 5 della direttiva 2008/55, non era in vigore quando l’avviso di accertamento del 2009 è stato emesso, il 27 aprile 2009.


68      V., supra, paragrafo 60.


69      Sentenza del 26 luglio 2017, Sacko (C‑348/16, EU:C:2017:591, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).


70      Corte EDU, 23 maggio 2016, Avotiņš c. Lettonia, CE:ECHR:2016:0523JUD001750207, § 119.


71      V., ad esempio, sentenza del 28 luglio 2016, Ordre des barreaux francophones et germanaphone e a. (C‑543/14, EU:C:2016:605, punti da 40 a 42).


72      Sentenza del 26 luglio 2017, Sacko (C‑348/16, EU:C:2017:591, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).


73      Sentenza del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses (C‑419/14, EU:C:2015:832, punto 84 e giurisprudenza ivi citata).


74      Mentre nella sentenza del 3 luglio 2014, Kamino International e Datema Hellmann Worldwide Logistics (C‑129/13 e C‑130/13, EU:C:2014:2041, punto 29) la Corte ha lasciato intendere che il diritto a una buona amministrazione di cui all’articolo 41 della Carta nonché i diritti della difesa di cui all’articolo 48 della Carta erano applicabili alle autorità dello Stato membro che davano attuazione al codice doganale comunitario, il 17 luglio 2014, nella sentenza YS e a. (C‑141/12 e C‑372/12, EU:C:2014:2081, punto 67), essa ha dichiarato che l’articolo 41 della Carta si applica soltanto alle istituzioni, agli organi e agli organismi dell’Unione. V. anche sentenza del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses (C‑419/14, EU:C:2015:832, punto 83), in cui la Corte ha aggiunto che l’articolo 48 della Carta tutela la presunzione d’innocenza e i diritti della difesa solo nei confronti di una persona «accusata». Per una recente discussione sull’ambito di applicazione dell’articolo 41 della Carta, nonché dei principi generali di diritto del rispetto dei diritti della difesa e di buona amministrazione, v. conclusioni dell’avvocato generale Bobek nella causa Ispas, (C‑298/16, EU:C:2017:650, paragrafi da 74 a 91).


75      V., supra, paragrafo 57.


76      Sentenza del 6 settembre 2012, Trade Agency (C‑619/10, EU:C:2012:531, punto 53 e giurisprudenza ivi citata). V. anche sentenza del 23 ottobre 2014, flyLAL‑Lithuanian Airlines (C‑302/13, EU:C:2014:2319, punti 51 e 52).


77      V., analogamente, nell’ambito dell’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU, Corte EDU, 31 maggio 2016, Gankin e a. c. Russia, CE:ECHR:2016:0531JUD000243006, § 39. Alle parti in causa deve essere «offerta un’adeguata opportunità di esporre effettivamente il proprio caso».


78      Ordinanza del 28 aprile 2016, Alta Realitat (C‑384/14, EU:C:2016:316, punto 86).


79      Sentenza del 27 settembre 2017 Puškár (C‑73/16, EU:C:2017:725, punto 62).


80      Riquadro 8 del titolo esecutivo impugnato.


81      V., supra, Statutory Instrument n. 643/2011, citato alla nota 18.


82      V., più di recente, sentenza del 10 ottobre 2017, Farrell (C‑413/15, EU:C:2017:745, punto 31 e giurisprudenza ivi citata). Anche nel contesto del regolamento n. 44/2001 la Corte ha dichiarato che l’articolo 34, paragrafo 2, di tale regolamento, che riguarda le sentenze pronunciate in contumacia, «non implica che il convenuto sia tenuto ad attivarsi nuovamente oltre la misura della normale diligenza nella tutela dei propri diritti, per esempio informandosi sul contenuto di una decisione adottata in un altro Stato membro». V. sentenza del 7 luglio 2016, Lebek (C‑70/15, EU:C:2016:524, punto 40).


83      V. supra, paragrafi 15 e 16.


84      Corte EDU, 30 aprile 2015, Kapetanios e a. c. Grecia, CE:ECHR:2015:0430JUD000345312.


85      V., ad esempio, recentemente, sentenza del 28 luglio 2016,Tomášová (C–168/15, EU:C:2016:602, punto 22 e giurisprudenza ivi citata).