Language of document : ECLI:EU:C:2018:104

ORDINANZA DELLA CORTE (Nona Sezione)

22 febbraio 2018 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Articolo 53, paragrafo 2, e articolo 99 del regolamento di procedura della Corte – Libera circolazione dei capitali – Articoli 64 e 65 TFUE – Direttiva 2011/16/UE – Cooperazione amministrativa nel settore fiscale – Trasferimento di capitali verso lo Stato della Città del Vaticano – Obbligo di dichiarazione di trasferimento di fondi da o per l’estero – Abrogazione»

Nella causa C‑125/17,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Commissione tributaria provinciale di Roma (Italia), con ordinanza del 25 gennaio 2017, pervenuta in cancelleria il 10 marzo 2017, nel procedimento

Luigi Bisignani

contro

Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale 1 di Roma,

LA CORTE (Nona Sezione),

composta da C. Vajda (relatore), presidente di sezione, E. Juhász e C. Lycourgos, giudici,

avvocato generale: E. Tanchev

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di statuire con ordinanza motivata, conformemente all’articolo 53, paragrafo 2, e all’articolo 99 del regolamento di procedura della Corte,

ha emesso la seguente

Ordinanza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 64 e 65 TFUE nonché della direttiva 2011/16/UE del Consiglio, del 15 febbraio 2011, relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale e che abroga la direttiva 77/799/CEE (GU 2011, L 64, pag. 1).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il sig. Luigi Bisignani e l’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale 1 di Roma (Italia) (in prosieguo: l’«Agenzia delle Entrate») in merito a una sanzione che quest’ultima gli ha inflitto per aver omesso di dichiarare un trasferimento di fondi verso uno Stato terzo.

 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

3        L’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte dispone quanto segue:

«Oltre al testo delle questioni sottoposte alla Corte in via pregiudiziale, la domanda di pronuncia pregiudiziale contiene:

(...)

c)      l’illustrazione dei motivi che hanno indotto il giudice del rinvio a interrogarsi sull’interpretazione o sulla validità di determinate disposizioni del diritto dell’Unione, nonché il collegamento che esso stabilisce tra dette disposizioni e la normativa nazionale applicabile alla causa principale».

 Diritto italiano

4        L’articolo 4 del decreto legge del 28 giugno 1990, n. 167, modificato dalla legge del 4 agosto 1990, n. 277 (in prosieguo: il «decreto legge n. 167/1990»), rubricato «Dichiarazione annuale per gli investimenti e le attività», nella versione applicabile alla controversia principale, enunciava, al comma 2, quanto segue:

«Nella dichiarazione dei redditi deve essere altresì indicato l’ammontare dei trasferimenti da, verso e sull’estero che nel corso dell’anno hanno interessato gli investimenti all’estero e le attività estere di natura finanziaria. Tale obbligo sussiste anche nel caso in cui al termine del periodo di imposta i soggetti non detengono investimenti e attività finanziarie della specie».

5        L’articolo 5 di tale decreto legge, rubricato «Sanzioni», nella versione applicabile alla controversia principale, al comma 5 disponeva quanto segue:

«La violazione dell’obbligo di dichiarazione previsto nell’articolo 4, comma 2, è punita con la pena pecuniaria dal 5 al 25 per cento dell’ammontare degli importi non dichiarati».

6        L’articolo 9, comma 1, lettere c) e d), della legge del 6 agosto 2013, n. 97 – Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea – Legge europea 2013 (GURI n. 194, del 20 agosto 2013; in prosieguo: la «legge n. 97/2013») ha abrogato l’obbligo di dichiarazione dei trasferimenti di fondi previsto all’articolo 4, comma 2, del decreto legge n. 167/1990.

 Procedimento principale e questione pregiudiziale

7        Dall’ordinanza di rinvio emerge che, a seguito di un accertamento fiscale, l’Agenzia delle Entrate ha inflitto al sig. Bisignani, con avviso notificatogli il 16 maggio 2000, una sanzione per aver trasferito un importo di 10 miliardi di lire italiane (ITL) (all’incirca EUR 5 164 569) verso lo Stato della Città del Vaticano senza compilare il modulo «RW», dedicato alla dichiarazione di trasferimenti di fondi da e per l’estero, allegato alla dichiarazione dei redditi, come previsto all’articolo 4, comma 2, del decreto legge n. 167/1990. L’importo di tale sanzione ammontava a ITL 2 miliardi (circa EUR 1 291 142) e corrispondeva al 25% dell’importo trasferito, in applicazione dell’articolo 5, comma 5, di tale decreto legge.

8        I ricorsi del sig. Bisignani avverso l’imposizione della suddetta sanzione presentati in tre gradi di giudizio sono stati respinti; tra essi, in ultimo luogo, quello dinanzi alla Corte suprema di cassazione (Italia), che ha pronunciato la propria sentenza l’11 dicembre 2012, sentenza pubblicata il 23 ottobre 2013.

9        Il 6 agosto 2013, prima di tale pubblicazione, è stata adottata la legge n. 97/2013, il cui articolo 9, comma 1, lettere c) e d), ha abrogato l’obbligo di compilare il modulo «RW» in caso di trasferimento di fondi al di fuori dell’Italia.

10      Il 2 ottobre 2013 il sig. Bisignani ha segnalato tale abrogazione all’Agenzia delle Entrate, chiedendo che fosse adottata una decisione di annullamento della sanzione che era oggetto della controversia allora pendente dinanzi alla Corte suprema di cassazione. Detta Agenzia non ha dato seguito a tale domanda e, il 6 febbraio 2014, ha avviato il procedimento di recupero di detta sanzione.

11      Il sig. Bisignani ha in seguito proposto dinanzi all’Agenzia delle Entrate e, successivamente, dinanzi al giudice del rinvio un ricorso avverso la cartella di pagamento di tale sanzione emessa da Equitalia Sud SpA, l’agenzia italiana incaricata della riscossione dei tributi, lamentando l’inosservanza del principio del favor rei, in quanto la Corte suprema di cassazione non avrebbe preso in considerazione, al fine di pronunciarsi sul ricorso promosso dinanzi ad essa, la normativa introdotta dalla legge n. 97/2013.

12      L’Agenzia delle Entrate chiede, invece, al giudice del rinvio di pronunciare una decisione di cessazione della materia del contendere in considerazione della proposta di tale Agenzia di annullare la sanzione inflitta al sig. Bisignani. Essa ritiene che, dato che la Corte suprema di cassazione non aveva ancora pubblicato la propria sentenza alla data di adozione della legge n. 97/2013, detta sanzione non fosse divenuta definitiva e potesse quindi essere annullata in applicazione del principio del favor rei.

13      Ad avviso del giudice del rinvio, la presentazione di una semplice proposta di annullamento di tale sanzione non costituisce giustificazione sufficiente di una domanda relativa alla cessazione della materia del contendere e, peraltro, è possibile che la sanzione medesima sia divenuta definitiva a seguito della sentenza della Corte suprema di cassazione. Di conseguenza, esso chiede l’interpretazione del diritto dell’Unione al fine di acclarare se quest’ultimo osti alle pertinenti disposizioni della legge n. 97/2013.

14      In tale contesto, la Commissione tributaria provinciale di Roma (Italia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’art. 64 [TFUE], in relazione al precedente art. 63, ed il successivo art. 65, nonché la direttiva [2011/16], ove rispettivamente consentono alle legislazioni nazionali di mantenere le restrizioni, in vigore alla data del 31 dicembre 1993, ai movimenti di capitali provenienti da paesi terzi o ad essi diretti, al fine di prevenire perdite di gettito potenziali per gli Stati membri e raccogliere gli elementi comprovanti l’irregolarità o l’illegalità di operazioni che sembrino essere contrarie o costituire una violazione alla normativa fiscale ed, in base ai principi di sussidiarietà e proporzionalità ex art. 5 [TUE], distinguendo tra i contribuenti che non si trovano nella medesima situazione per quanto riguarda il loro luogo di residenza o il luogo di collocamento del loro capitale, ostino ad una normativa nazionale che, ai sensi delle lettere c) e d) dell’art. 9, primo comma, della legge [n. 97/2013], almeno secondo l’interpretazione propostane da entrambe le parti, avrebbe abrogato in via definitiva (piuttosto che riformulato) la fattispecie dell’illecito tributario prevista e punita dagli artt. 4 e 5 del [decreto legge n. 167/1990], oltretutto senza distinguere nell’ambito delle diverse ipotesi di circolazione di capitali tra Stati membri dell’Unione e tra questi con Stati o territori a regime fiscale privilegiato».

15      Con ordinanza del presidente della Corte del 25 aprile 2017, Bisignani (C‑125/17, non pubblicata, EU:C:2017:325), è stata respinta la domanda del giudice del rinvio volta a sottoporre la presente causa al procedimento accelerato, previsto all’articolo 105, paragrafo 1, del regolamento di procedura.

 Sulla questione pregiudiziale

16      Ai sensi dell’articolo 99 del suo regolamento di procedura, quando la risposta a una questione pregiudiziale può essere chiaramente desunta dalla giurisprudenza o quando la risposta a una siffatta questione non dà adito a nessun ragionevole dubbio, la Corte, su proposta del giudice relatore, sentito l’avvocato generale, può statuire in qualsiasi momento con ordinanza motivata. Essa può altresì statuire con ordinanza motivata, conformemente all’articolo 53, paragrafo 2, del regolamento di procedura, quando una domanda è manifestamente irricevibile.

17      Tali disposizioni devono essere applicate nell’ambito della presente causa.

18      Con la sua questione pregiudiziale, il giudice del rinvio vorrebbe sapere, in sostanza, se l’articolo 64, paragrafo 1, TFUE e l’articolo 65, paragrafo 1, lettera a), TFUE, nonché la direttiva 2011/16 debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che abroga definitivamente l’illecito consistente, in particolare, nel non dichiarare i trasferimenti di fondi verso l’estero.

19      Dagli elementi del fascicolo a disposizione della Corte, in particolare dalle osservazioni del governo italiano, emerge che la legge n. 97/2013 ha abrogato l’obbligo di dichiarazione di trasferimento di fondi verso l’estero derivante dall’articolo 4, comma 2, del decreto legge n. 167/1990.

20      In via preliminare, occorre sottolineare che la risposta a tale questione è rilevante ai fini della soluzione della controversia principale solo nei limiti in cui la legislazione nazionale che abroga detto obbligo si applichi a tale controversia. Spetta quindi al giudice del rinvio, il solo competente ad interpretare il diritto nazionale, verificare, anzitutto, se la sentenza della Corte suprema di cassazione, pronunciata l’11 dicembre 2012 e pubblicata il 23 ottobre 2013, abbia acquisito autorità di cosa giudicata alla data dell’entrata in vigore di tale normativa, così escludendo l’applicazione di detta normativa nel procedimento principale.

21      Nel caso in cui la normativa nazionale si applichi alla controversia principale, occorre ricordare, in primo luogo, che, conformemente all’articolo 64, paragrafo 1, TFUE, l’articolo 63 TFUE lascia impregiudicata l’applicazione ai paesi terzi di qualunque restrizione in vigore alla data del 31 dicembre 1993 in virtù delle legislazioni nazionali per quanto concerne i movimenti di capitali provenienti da paesi terzi o ad essi diretti, che implichino investimenti diretti, inclusi gli investimenti in proprietà immobiliari, lo stabilimento, la prestazione di servizi finanziari o l’ammissione di valori mobiliari nei mercati finanziari.

22      A tale proposito, occorre rilevare che l’articolo 64, paragrafo 1, TFUE sancisce una mera facoltà per uno Stato membro di continuare ad applicare nelle relazioni con gli Stati terzi le restrizioni ai movimenti di capitali che rientrano nel campo di applicazione materiale di tale disposizione, anche se contrarie al principio della libera circolazione dei capitali sancito dall’articolo 63, paragrafo 1, TFUE, a condizione che esistessero già prima del 31 dicembre 1993 (v., in tal senso, sentenza del 24 novembre 2016, SECIL, C‑464/14, EU:C:2016:896, punto 86). Per contro, tale disposizione non prevede affatto un obbligo per uno Stato membro di continuare ad applicare simili restrizioni.

23      Senza che sia necessario esaminare se un obbligo, quale l’obbligo di dichiarazione di cui all’articolo 4, comma 2, del decreto legge n. 167/1990, fosse giustificato alla luce dell’articolo 64, paragrafo 1, TFUE, si deve rilevare che la sua abrogazione non costituisce una restrizione ai sensi di quest’ultima disposizione.

24      Ne consegue che l’articolo 64, paragrafo 1, TFUE deve essere interpretato nel senso che non osta a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che abroga definitivamente l’obbligo di dichiarare i trasferimenti di fondi verso l’estero.

25      In secondo luogo, conformemente all’articolo 65, paragrafo 1, lettera a), TFUE, le disposizioni dell’articolo 63 non pregiudicano il diritto degli Stati membri di applicare le pertinenti disposizioni della loro legislazione tributaria in cui si opera una distinzione tra i contribuenti che non si trovano nella medesima situazione per quanto riguarda il loro luogo di residenza o il luogo di collocamento del loro capitale.

26      A questo riguardo, occorre rilevare che la questione pregiudiziale verte sulla compatibilità con tale disposizione di una normativa nazionale nella parte in cui ha abrogato una restrizione alla libera circolazione dei capitali. Una normativa del genere, non contenendo restrizioni alla libera circolazione dei capitali, non rientra nel campo di applicazione dell’articolo 65, paragrafo 1, lettera a), TFUE.

27      Ne consegue che tale disposizione deve essere interpretata nel senso che non osta a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che abroga definitivamente l’obbligo di dichiarare i trasferimenti di fondi verso l’estero.

28      In terzo luogo, con riferimento alla direttiva 2011/16, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, il procedimento di cui all’articolo 267 TFUE costituisce uno strumento di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, per mezzo del quale la prima fornisce ai secondi gli elementi d’interpretazione del diritto dell’Unione loro necessari per risolvere la controversia che essi sono chiamati a dirimere (v., segnatamente, sentenza del 5 luglio 2016, Ognyanov, C‑614/14, EU:C:2016:514, punto 16 e giurisprudenza ivi citata).

29      L’esigenza di giungere ad un’interpretazione del diritto dell’Unione che sia utile per il giudice nazionale impone che questi rispetti scrupolosamente i requisiti relativi al contenuto di una domanda di pronuncia pregiudiziale espressamente indicati all’articolo 94 del regolamento di procedura, di cui si suppone che il giudice del rinvio abbia conoscenza. Dunque, è indispensabile, come enunciato all’articolo 94, lettera c), del regolamento di procedura, che la decisione di rinvio stessa contenga l’esposizione delle ragioni che hanno indotto il giudice del rinvio a interrogarsi in merito all’interpretazione o alla validità di alcune disposizioni del diritto dell’Unione, ed indichi il collegamento che detto giudice istituisce tra tali disposizioni e la normativa nazionale applicabile alla controversia di cui al procedimento principale (sentenza del 26 luglio 2017, Persidera, C‑112/16, EU:C:2017:597, punti 27 e 28 e giurisprudenza ivi citata).

30      Peraltro, tali requisiti sono richiamati anche nelle raccomandazioni della Corte di giustizia dell’Unione europea all’attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale (GU 2016, C 439, pag. 1) (sentenza del 9 novembre 2017, Maio Marques da Rosa, C‑306/16, EU:C:2017:844, punto 55 e giurisprudenza ivi citata).

31      Nel caso di specie, occorre rilevare come la domanda di pronuncia pregiudiziale non contenga alcun chiarimento riguardo alla rilevanza dell’interpretazione delle disposizioni della direttiva 2011/16 ai fini della risoluzione della controversia principale.

32      Pertanto, la questione sollevata è manifestamente irricevibile nella parte in cui essa verte sull’interpretazione della direttiva 2011/16.

33      Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, occorre rispondere alla questione pregiudiziale dichiarando che l’articolo 64, paragrafo 1, e l’articolo 65, paragrafo 1, lettera a), TFUE devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che abroga definitivamente l’illecito consistente nel non dichiarare i trasferimenti di fondi verso l’estero.

 Sulle spese

34      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.


Per questi motivi, la Corte (Nona Sezione) dichiara:

L’articolo 64, paragrafo 1, e l’articolo 65, paragrafo 1, lettera a), TFUE devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che abroga definitivamente l’illecito consistente nel non dichiarare i trasferimenti di fondi verso l’estero.

Lussemburgo, 22 febbraio 2018

Il cancelliere

 

Il presidente della Nona Sezione

A. Calot Escobar

 

C. Vajda


*      Lingua processuale: l’italiano.