Language of document : ECLI:EU:C:2018:49

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PAOLO MENGOZZI

presentate il 31 gennaio 2018 (1)

Causa C39/17

Lubrizol France SAS

contro

Caisse nationale du Régime social des indépendants (RSI) participations extérieures

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Cour de cassation (Corte di cassazione, Francia)]

«Rinvio pregiudiziale – Libera circolazione delle merci – Articolo 28 e 30 TFUE – Tassa d’effetto equivalente – Articolo 110 TFUE – Imposizione interna – Contributo sociale di solidarietà delle società e contributo aggiuntivo – Tassa avente come base imponibile il fatturato complessivo annuale delle società – Inclusione nel fatturato del valore dei beni trasferiti verso un altro Stato membro»






1.        La presente questione pregiudiziale invita la Corte a fornire delucidazioni riguardanti due contributi sociali previsti dalla legislazione francese, ossia il contributo sociale di solidarietà (in prosieguo: il «C3S»), la cui istituzione risale all’inizio degli anni settanta, e il contributo aggiuntivo, creato dal legislatore nazionale nel 2004. La base imponibile di tali contributi è rappresentata dal fatturato complessivo annuale delle società e imprese soggette agli stessi.

2.        In quest’occasione, la Corte dovrà pronunciarsi in merito alla compatibilità con il divieto di tasse di effetto equivalente a dazi doganali di una giurisprudenza recente del giudice del rinvio secondo la quale il valore nominale delle scorte trasferite da un’impresa, a partire dalla Francia, verso un altro Stato membro dell’Unione europea rientra nella base imponibile del C3S e del contributo aggiuntivo, anche se un tale trasferimento non genera di per sé fatturato.

I.      Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

3.        L’articolo 28, paragrafo 1, TFUE recita: «L’Unione comprende un’unione doganale che si estende al complesso degli scambi di merci e comporta il divieto, fra gli Stati membri, dei dazi doganali all’importazione e all’esportazione e di qualsiasi tassa di effetto equivalente, come pure l’adozione di una tariffa doganale comune nei loro rapporti con i paesi terzi». L’articolo 30 TFUE stipula: «I dazi doganali all’importazione o all’esportazione o le tasse di effetto equivalente sono vietate tra gli Stati membri. Tale divieto si applica anche ai dazi doganali di carattere fiscale».

4.        L’articolo 110 TFUE, paragrafo 1, recita: «Nessuno Stato membro applica direttamente o indirettamente ai prodotti degli altri Stati membri imposizioni interne, di qualsivoglia natura, superiori a quelle applicate direttamente o indirettamente ai prodotti nazionali similari».

5.        La direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006 relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: la «direttiva IVA») (2) dispone, al suo articolo 14, paragrafo 1, che «costituisce “cessione di beni” il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario».

6.        L’articolo 17 della medesima direttiva stabilisce: «È assimilato ad una cessione di beni effettuata a titolo oneroso il trasferimento da parte di un soggetto passivo di un bene della sua impresa a destinazione di un altro Stato membro» e definisce contestualmente il «trasferimento a destinazione di un altro Stato membro» come «qualsiasi spedizione o trasporto di un bene mobile materiale effettuato dal soggetto passivo o per suo conto, fuori dal territorio in cui si trova il bene, ma nella Comunità, per le esigenze della sua impresa».

7.        Con riferimento alle cessioni di beni consistenti in trasferimenti a destinazione di un altro Stato membro, l’articolo 76 della direttiva IVA precisa che «la base imponibile è costituita dal prezzo di acquisto dei beni o di beni simili o, in mancanza del prezzo di acquisto, dal prezzo di costo, determinati nel momento in cui si effettuano tali operazioni».

B.      Diritto e giurisprudenza nazionale

8.        L’articolo L651-1 del code de la sécurité sociale (in prosieguo: il codice della sicurezza sociale) prevede l’istituzione a beneficio del Régime social des Indépendants (Regime sociale dei lavoratori autonomi; in prosieguo: il «RSI»), del Fonds de solidarité vieillesse (Fondo di solidarietà per la vecchiaia) e del Fonds de réserve pour les retraites (Fondo di riserva per le pensioni), di un contributo sociale di solidarietà posto a carico, tra gli altri, delle società per azioni e delle società per azioni semplificate. Il C3S è dovuto su base annuale e la sua aliquota è fissata entro il limite dello 0,13% del fatturato.

9.        Un contributo aggiuntivo a carico delle medesime società è inoltre previsto a beneficio della Caisse nationale de l’assurance maladie des travailleurs salariés (Cassa nazionale dell’assicurazione malattia dei lavoratori dipendenti) dall’articolo L245-13 del codice della sicurezza sociale. Tale contributo aggiuntivo è calcolato, riscosso, esigibile e controllato alle stesse condizioni applicabili al C3S e la sua aliquota è pari allo 0,03% del fatturato.

10.      In virtù dell’articolo L651-5 del codice della sicurezza sociale, le società e le imprese soggette al C3S sono tenute a indicare annualmente all’organismo incaricato della riscossione, ossia la Caisse nationale du RSI (in prosieguo: la «CNRSI»), «l’importo del loro fatturato complessivo dichiarato all’amministrazione fiscale, calcolato al netto delle imposte sul fatturato e delle imposte assimilate».

11.      La Cour de Cassation (Corte di cassazione, Francia) ha indicato nella sentenza Organic/Cofiroute (3) che tale importo è quello che figura nella dichiarazione mensile o trimestrale n. 3310 CA3 relativa all’imposta sul valore aggiunto e alle tasse assimilate (in prosieguo: «dichiarazione IVA»).

12.      Di conseguenza, esso è calcolato sommando gli importi contenuti nelle righe n. 1 (Vendite, prestazioni di servizi), n. 4 (Esportazioni fuori dalla Comunità europea), n. 5 (Altre operazioni non imponibili) e n. 6 (Cessioni intracomunitarie), nonché gli importi contenuti nella riga n. 2 (Altre operazioni imponibili) laddove questi ultimi si riferiscano ad operazioni produttive di fatturato.

13.      A proposito delle cessioni intracomunitarie, l’articolo 256, paragrafo III, del code général des impôts (in prosieguo: il codice generale delle imposte), che recepisce l’articolo 17 della direttiva IVA, equipara il trasferimento da parte di un soggetto passivo di un bene della propria impresa a destinazione di un altro Stato membro a una cessione di beni.

14.      Pertanto, il valore nominale del bene trasferito (prezzo di acquisto o, in mancanza, prezzo di costo) concorre a formare l’importo complessivo indicato nella riga n. 6 (Cessioni intracomunitarie) della dichiarazione IVA, e rientra perciò nella base imponibile del C3S e del contributo aggiuntivo, come confermato a più riprese dalla Cour de Cassation (Corte di cassazione) (4).

II.    Fatti, procedimento principale, questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte

15.      La domanda di pronuncia pregiudiziale presentata dal giudice del rinvio si inscrive nell’ambito di un contenzioso sorto tra la società Lubrizol France SAS (in prosieguo: «Lubrizol») e la CNRSI in merito al calcolo della base imponibile del C3S e del contributo aggiuntivo.

16.      Lubrizol, principale filiale straniera del gruppo The Lubrizol Corporation, è un’impresa del settore chimico che produce e vende additivi per lubrificanti.

17.      Nella sua qualità di società per azioni semplificata (société par actions simplifiée del diritto francese), è giuridicamente tenuta al pagamento del C3S, conformemente al dettato degli articoli L651-1 e seguenti del codice della sicurezza sociale, nonché del contributo aggiuntivo, in forza di quanto previsto dall’articolo L245-13 del medesimo codice.

18.      In seguito a una verifica della base imponibile dovuta da Lubrizol a titolo del C3S e del contributo aggiuntivo per l’anno 2008, la CNRSI riscontrava una divergenza tra il fatturato dell’anno 2007 dichiarato alla cassa (EUR 573 152 820) e il fatturato comunicato dall’amministrazione fiscale (EUR 642 045 281). Tale divergenza era dovuta al fatto che Lubrizol non aveva incluso l’importo dei propri trasferimenti intracomunitari nella riga 6 (Cessioni intracomunitarie) della dichiarazione IVA.

19.      Alla luce di ciò, la CNRSI notificava alla società una rettifica, seguita da una costituzione in mora inviata in data 13 marzo 2012.

20.      Lubrizol contestava quindi di essere debitrice delle somme reclamate davanti al Tribunal des Affaires de Sécurité Sociale de Rouen (Tribunale per la legislazione in materia sociale di Rouen, Francia), sostenendo che la CNRSI aveva incluso erroneamente nella base imponibile del C3S e del contributo aggiuntivo il valore delle scorte trasferite in altri Stati membri dell’Unione europea. Al riguardo, Lubrizol faceva notare che i trasferimenti in parola non integravano una vendita e non erano dunque produttivi di fatturato, con la conseguenza che non potevano concorrere alla base imponibile dei contributi in parola.

21.      Con sentenza del 6 maggio 2014, il Tribunale di Rouen rigettava il ricorso di Lubrizol sulla base del rilievo che il fatturato di un’impresa non dipende da considerazioni di natura contabile o fiscale, ma piuttosto dall’importo effettivamente dichiarato all’amministrazione fiscale dall’impresa stessa. Tale importo doveva obbligatoriamente includere i trasferimenti intracomunitari di beni in quanto, conformemente alla legislazione nazionale in materia di IVA, essi erano equiparati alle cessioni intracomunitarie di beni. La giurisdizione sosteneva inoltre che le norme relative alla formazione della base imponibile del C3S e del contributo aggiuntivo non integravano una violazione del principio della libera circolazione delle merci nell’Unione europea in quanto i suddetti contributi colpivano l’attività economica complessiva delle imprese, e non i prodotti in quanto tali.

22.      Tale sentenza era poi confermata dalla Cour d’appel de Rouen, chambre de l’urgence et de la sécurité sociale (Corte d’appello di Rouen, Sezione per gli affari urgenti e la sicurezza sociale, Francia) in data 15 settembre 2015. In particolare, la Cour d’appel (Corte d’appello) respingeva il motivo inerente alla presunta violazione del principio della libera circolazione delle merci, adducendo che i contributi in questione rivestivano, da un lato, «la natura di contributo sociale» e, dall’altro, non colpivano i prodotti stessi ma erano imposti alle imprese sulla base del loro fatturato complessivo.

23.      Avverso la sentenza della Cour d’appel de Rouen, (Corte d’appello di Rouen) Lubrizol interponeva ricorso per cassazione dinanzi al giudice del rinvio facendo valere che i contributi controversi dovrebbero essere qualificati come tasse di effetto equivalente ai sensi dell’articolo 30 TFUE, dal momento che i trasferimenti di scorte non produttivi di fatturato sono inclusi nella base imponibile dei medesimi soltanto qualora siano effettuati a destinazione di un altro Stato membro, mentre non vi partecipano qualora siano eseguiti all’interno del territorio nazionale o a destinazione di un paese terzo.

24.      Il giudice del rinvio ricorda di aver in passato statuito in alcuni casi che presentavano un quadro fattuale simile a quello in esame che il valore nominale delle scorte trasferite da un’impresa dalla Francia verso un altro Stato membro dell’Unione europea rientra nella base imponibile del C3S e del contributo oggettivo anche quando un siffatto trasferimento non genera di per sé fatturato (5). Considerato che tale questione riguarda contributi recentemente resi permanenti, il giudice del rinvio ritiene opportuno verificarne la compatibilità con le prescrizioni del diritto dell’Unione europea alla luce delle censure formulate nell’impugnazione da Lubrizol.

25.      Per tale ragione, tale giudice ha deciso di sospendere il procedimento principale e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se gli articoli 28 e 30 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea ostino a che il valore dei beni trasferiti dalla Francia a destinazione di un altro Stato membro dell’Unione europea, da un soggetto passivo tenuto al contributo sociale di solidarietà a carico delle società e al contributo aggiuntivo a quest’ultimo o per suo conto, per le esigenze della sua impresa, sia tenuto in considerazione nel calcolo del fatturato complessivo che costituisce la base imponibile di tali contributi».

26.      Su questa questione, hanno depositato osservazioni scritte la società Lubrizol France, la CNRSI, il governo francese, il governo olandese e la Commissione europea.

27.      All’udienza tenutasi il 15 novembre 2017, hanno formulato osservazioni orali Lubrizol France, il governo francese, nonché la Commissione europea.

III. Analisi giuridica

28.      A mio avviso, la risposta alla questione pregiudiziale sottoposta dal giudice del rinvio non può prescindere da una corretta delimitazione dell’oggetto di tale questione. Su questo punto, che mi pare di estrema importanza, le osservazioni scritte presentate dalle parti interessate pervengono ad opposte conclusioni. Ritengo quindi che l’analisi giuridica debba prendere le mosse da alcune considerazioni di natura preliminare atte a chiarire qual è l’oggetto dell’interpretazione richiesta alla Corte.

29.      Dette considerazioni mi porteranno a negare che tale oggetto sia in realtà la verifica della compatibilità con gli articoli 28 e 30 TFUE della base imponibile del C3S e del contributo aggiuntivo nel suo insieme. Al contrario, come testimoniato dal tenore letterale stesso dell’ordinanza di rinvio, è proprio la novità rappresentata dall’inclusione del valore nominale dei trasferimenti intracomunitari di beninella suddetta base imponibile che pare indurre il giudice del rinvio a sottoporre la presente questione pregiudiziale alla Corte (sub A).

30.      Sulla base di quest’ultimo assunto, passando all’analisi del merito, rileverò anzitutto che i contributi in parola devono essere ritenuti gravare sulla circolazione delle merci nella misura in cui colpiscono i trasferimenti intracomunitari di beni, e rientrano quindi nell’ambito di applicazione degli articoli 28 e 30 TFUE. In seguito, esaminerò se l’inclusione dei trasferimenti intracomunitari nella base imponibile di tali contributi sia tale da violare il divieto di tasse di effetto equivalente a dazi doganali sancito dalle medesime disposizioni del Trattato, pervenendo ad una conclusione affermativa (sub B).

31.      In subordine, qualora la Corte dovesse considerare che l’oggetto della questione pregiudiziale in esame è, contrariamente al mio convincimento, la base imponibile dei contributi controversi nel suo insieme, osserverò che nella presente fattispecie tali contributi devono essere qualificati come «imposizioni interne» ai sensi dell’articolo 110 TFUE. Conformemente a tale premessa, concluderò che il C3S e il contributo aggiuntivo non sono, nella loro odierna configurazione, tali da violare la suddetta disposizione. Per contro, essi potrebbero in due casi specifici ricadere comunque nel divieto di tasse di effetto equivalente (sub C). La verifica dell’effettiva sussistenza di questi ultimi compete al giudice del rinvio.

A.      Sull’oggetto della questione pregiudiziale

32.      Stando all’ordinanza di rinvio, ciò di cui il giudice a quo richiede di verificare la compatibilità con gli articoli 28 e 30 TFUE è l’inclusione nella base imponibile del C3S e del contributo aggiuntivo, vale a dire nel fatturato complessivo annuo dei soggetti tenuti al pagamento di tali contributi, del valore nominale dei trasferimenti intracomunitari di beni.

33.      Il giudice del rinvio indica quindi che i dubbi circa la compatibilità con le suddette disposizioni del Trattato riguardano esclusivamente l’inclusione di uno specifico importo nella base imponibile del C3S e del contributo aggiuntivo, e non la base imponibile nel suo insieme.

34.      Ciò non si desume soltanto dal tenore letterale della questione pregiudiziale, ma anche, e soprattutto, dal fatto che l’integrazione del valore nominale dei trasferimenti intracomunitari di beni nella base imponibile dei contributi in parola rappresenta una novità nell’ordinamento giuridico nazionale.

35.      In particolare, essa costituisce il risultato dell’azione combinata di uno sviluppo di natura legislativa e di una successiva interpretazione fornita dal giudice del rinvio. A livello legislativo, l’equiparazione tra le cessioni di beni a titolo oneroso e i trasferimenti intracomunitari di beni, introdotta dall’articolo 28 bis della direttiva 91/680/CEE del Consiglio, del 16 dicembre 1991, che completa il sistema comune di imposta sul valore aggiunto e modifica, in vista della soppressione delle frontiere fiscali, la direttiva 77/388/CEE (6), è stata recepita nell’ordinamento francese dall’articolo 1 della legge n. 92/677 (7). A partire da quel momento, il valore nominale dei trasferimenti intracomunitari di beni concorreva alla formazione del fatturato complessivo ai fini dell’IVA.

36.      In seguito, la giurisprudenza nazionale ha stabilito che è proprio il fatturato complessivo contenuto nella dichiarazione IVA, inclusivo del valore nominale dei trasferimenti intracomunitari, che occorre considerare ai fini della determinazione dell’importo della base imponibile del C3S (8). La Cour de Cassation (Corte di cassazione) ne ha quindi dedotto in due distinte occasioni che il valore nominale dei trasferimenti intracomunitari di beni è incluso in tale importo, sebbene siffatti trasferimenti non generino di per sé fatturato (9).

37.      Mi pare del tutto evidente che è di quest’ultima giurisprudenza che il giudice a quo desidera verificare la compatibilità con gli articoli 28 e 30 TFUE. In altre parole, i dubbi di tale giudice vertono sulla qualifica di «tassa di effetto equivalente» a un dazio doganale dell’inclusionedel valore nominale dei trasferimenti intracomunitari nella base imponibile del C3S e del contributo aggiuntivo, e non della base imponibile nel suo insieme.

38.      In tal senso, il richiamo alla sentenza SA Rousseau Wilmot (295/84, EU:C:1985:473) (10) contenuto nelle osservazioni scritte presentate dalla Commissione nel corso della procedura e riproposto dalla medesima durante l’udienza, non fa altro che confermare la conclusione di cui sopra.

39.      Nella sentenza SA Rousseau Wilmot, la Corte si è pronunciata sulla compatibilità del C3S con il divieto di introdurre o mantenere imposte sulla cifra d’affari previsto dall’articolo 33 della sesta direttiva del Consiglio 77/388, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (11). A sostegno della conclusione che il C3S non ha natura d’imposta sulla cifra d’affari, la Corte ha rimarcato che il fatto generatore del C3S è costituito dall’attività delle imprese, la base imponibile dello stesso è il fatturato annuo complessivo, e pertanto esso non incide direttamente sul prezzo di beni e servizi (12). La Commissione ne deduce che il contributo in esame, non potendo essere ritenuto gravare sulle merci in quanto tali, non ricadrebbe nell’ambito di applicazione del divieto di tasse di effetto equivalente previsto dagli articoli 28 e 30 TFUE. Identica conclusione dovrebbe essere tratta, secondo la Commissione, in merito al contributo aggiuntivo, atteso che quest’ultimo insiste sulla medesima base imponibile del C3S.

40.      Orbene, sembra chiaro che tale sentenza non è pertinente con riferimento alla causa che ci occupa, alla luce del fatto che la base imponibile oggetto della valutazione giuridica della Corte non includeva, a differenza di quella in esame, il valore nominale dei trasferimenti intracomunitari di beni.

41.      Questo valore non poteva infatti essere considerato incluso nella base imponibile del C3S prima che la sentenza della Cour de cassation (Corte di cassazione) Organic/Cofiroute chiarisse che il fatturato complessivo pertinente ai fini della determinazione di tale base imponibile era quello risultante dalla dichiarazione IVA, il quale comprende appunto i trasferimenti intracomunitari ai sensi dell’articolo 256, paragrafo III, del codice generale delle imposte.

42.      Posto che la pronuncia della sentenza della Corte nella causa SA Rousseau Wilmot risale al 1987, e precede dunque di circa otto anni quella di Organic/Cofiroute, è giocoforza concludere che la base imponibile del C3S oggetto dell’analisi della Corte in SA Rousseau Wilmot non includeva il valore nominale dei trasferimenti intracomunitari di beni.

43.      Per tale ragione, il giudice a quo non poteva dedurre l’inapplicabilità degli articoli 28 e 30 TFUE alla base imponibile del C3S (e del contributo aggiuntivo) dalle conclusioni della sentenza SA Rousseau Wilmot, che si è pronunciata sulla natura del C3S in un momento in cui il valore nominale dei trasferimenti intracomunitari di beni non era integrato nella base imponibile del medesimo.

44.      Tale giudice domanda, di conseguenza, se l’inclusione del valore nominale dei trasferimenti intracomunitari di beni nella base imponibile renda gli articoli 28 e 30 TFUE applicabili ai contributi in questione e, eventualmente, configuri una violazione delle predette disposizioni.

45.      Alla luce delle considerazioni che precedono, suggerisco alla Corte di astenersi dal procedere alla riformulazione della questione pregiudiziale oggetto della presente causa, riformulazione che rischierebbe, a mio avviso, di alterare in maniera rilevante l’oggetto di tale questione così come delimitato dall’interpretazione del giudice del rinvio.

46.      Ricordo d’altronde che una giurisprudenza consolidata ha chiarito che, nel rispondere alle questioni pregiudiziali sottopostele, la Corte si deve basare sull’interpretazione delle disposizioni nazionali così come fornitale dal giudice del rinvio, senza poter rimetterla in discussione né verificarne l’esattezza (13).

B.      Sulla compatibilità dell’inclusione dei trasferimenti intracomunitari di beni nella base imponibile del C3S e del contributo aggiuntivo con gli articoli 28 e 30 TFUE

47.      In primo luogo, occorre premettere che gli articoli 28 e 30 TFUE, nel disciplinare il funzionamento dell’unione doganale, vietano l’imposizione, nel commercio tra gli Stati membri, di dazi doganali e di qualsiasi tassa di effetto equivalente.

48.      Tali divieti, che costituiscono norme fondamentali cui eventuali eccezioni devono essere espressamente previste nonché interpretate restrittivamente, sono volti ad assicurare la libera circolazione delle merci all’interno dell’Unione europea (14).

49.      Quanto all’applicabilità dei medesimi divieti nella causa in esame, dubbi potrebbero sorgere, bisogna riconoscerlo, in ragione del carattere sui generis del C3S e del contributo aggiuntivo. Da una parte, come la Commissione ha sostenuto con forza durante l’udienza, il fatto che la base imponibile di tali contributi sia costituita dal fatturato complessivo di società e imprese soggette agli stessi sembrerebbe a prima vista allontanarli dal tipo di imposizioni che, insistendo sulle merci in quanto tali, ricadono nell’ambito di applicazione degli articoli 28 e 30 TFUE. Tuttavia, l’inclusione nella base imponibile del valore nominale dei trasferimenti intracomunitari di beni, ossia di operazioni di per sé non produttive di fatturato, assimila i contributi in esame, limitatamente a tale componente della base imponibile, a imposizioni che, colpendo singole operazioni commerciali in ragione del loro mero verificarsi, gravano sulla circolazione delle merci ai sensi degli articoli 28 e 30 TFUE.

50.      Come rilevato ai paragrafi da 32 a 46 delle presenti conclusioni, l’oggetto della questione pregiudiziale sottoposta dal giudice del rinvio è tuttavia limitato esclusivamente alla componente dei trasferimenti intracomunitari di beni. Pertanto, sembra ragionevole concludere che questi ultimi ricadono nell’ambito di applicazione rationae materiae degli articoli 28 e 30 TFUE.

51.      Come anticipato, la Commissione si è fermamente opposta a una tale conclusione durante l’udienza. Ad avviso di detta istituzione, qualunque sia l’orientamento assunto dalla Corte con riferimento all’incidenza sulla circolazione delle merci dei contributi controversi, l’applicazione degli articoli 28 e 30 TFUE risulterebbe esclusa. Infatti, nell’ipotesi in cui la Corte ritenesse che il C3S e il contributo aggiuntivo incidano sulla circolazione delle merci, essi, secondo la Commissione, dovrebbero essere esaminati come «imposizioni interne» alla luce dell’articolo 110 TFUE. Qualora tale incidenza non fosse invece riscontrata, come la Commissione auspica, essi ricadrebbero invece presumibilmente nell’ambito di applicazione del divieto di «misure di effetto equivalente a una restrizione quantitativa all’esportazione» previsto dall’articolo 35 TFUE (15).

52.      È quindi necessario svolgere alcune considerazioni volte ad accertare se alcuna delle disposizioni indicate dalla Commissione sia applicabile nella causa in esame in luogo degli articoli 28 e 30 TFUE.

53.      Quanto all’articolo 110 TFUE, esso dispone che gli Stati membri hanno il divieto di applicare ai prodotti importati imposizioni superiori rispetto a quelle gravanti sui prodotti nazionali similari.

54.      Tale divieto di imposizioni interne discriminatorie non è applicabile cumulativamente a quello concernente le tasse di effetto equivalente, con la conseguenza che una misura, nel sistema del Trattato, non può appartenere contemporaneamente ad entrambe le categorie (16).

55.      Ciò che distingue le due categorie è, secondo una consolidata giurisprudenza, che un’imposizione interna colpisce esclusivamente il prodotto che varca la frontiera in quanto tale, mentre una tassa di effetto equivalente colpisce insieme prodotti importati, esportati e nazionali (17).

56.      Al proposito, considerato che la valutazione richiesta dal giudice del rinvio riguarda esclusivamente il trasferimento di beni, come specifica operazione commerciale svincolata dall’eventuale futura vendita degli stessi, occorre rilevare che soltanto i trasferimenti intracomunitari sono colpiti dal C3S e dal contributo aggiuntivo a norma della legislazione francese (18), mentre i trasferimenti realizzati all’interno del territorio nazionale ne sono esenti.

57.      Da ciò discende che l’articolo 110 TFUE non può essere applicato nella causa in oggetto.

58.      Medesima conclusione negativa si impone in relazione all’applicabilità dell’articolo 35 TFUE.

59.      Tale disposizione vieta le restrizioni quantitative all’esportazione e qualsiasi misura di effetto equivalente tra gli Stati membri, simmetricamente all’analogo divieto previsto dall’articolo 34 TFUE con riferimento alle importazioni.

60.      In relazione all’articolo 34 TFUE, la giurisprudenza ha chiarito in maniera inequivoca che il divieto di misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative all’importazione costituisce una lex generalis rispetto ad altre specifiche disposizioni del Trattato tra cui, in particolare, quelle inerenti alle tasse di effetto equivalente. Di conseguenza, l’articolo 34 TFUE si applica in via alternativa rispetto a tali disposizioni (19). A mio avviso è indubbio che questa giurisprudenza sia applicabile anche all’articolo 35 TFUE. Ove ricorrono perciò i presupposti prescritti per l’applicazione degli articoli 28 e 30 TFUE, sono questi ultimi a doversi applicare e non l’articolo 35 TFUE.

61.      È innegabile che tali presupposti ricorrono nella causa in esame, come evidenziato ai paragrafi da 47 a 50 di queste conclusioni.

62.      Pertanto, l’inclusione del valore dei trasferimenti intracomunitari di beni nella base imponibile dei contributi controversi deve essere esaminata alla luce degli articoli 28 e 30 TFUE.

63.      In particolare, occorre verificare se l’imposizione del C3S e del contributo aggiuntivo sulle operazioni di trasferimento di beni verso altri Stati membri possa essere qualificata come tassa di effetto equivalente e debba quindi considerarsi che avvenga in violazione delle predette disposizioni del Trattato.

64.      Come noto, la nozione di «tassa di effetto equivalente» rende manifesto l’intento dei redattori del Trattato di proibire non soltanto i provvedimenti che hanno carattere formalmente doganale, ma anche tutti quelli che, sebbene differentemente denominati, finirebbero per avere gli stessi effetti dei dazi doganali (20).

65.      La più recente giurisprudenza della Corte ha definito tale nozione come «qualsiasi onere pecuniario, ancorché minimo, imposto unilateralmente, indipendentemente dalla sua denominazione e dalla sua struttura, che colpisca le merci per il fatto che esse attraversano una frontiera, quando non si tratti di un dazio doganale in senso proprio» (21).

66.      Per cominciare, il C3S e il contributo aggiuntivo relativi ai trasferimenti intracomunitari di beni sono indubbiamente «oneri pecuniari» dal momento che comportano una maggiorazione dell’importo di danaro che deve essere annualmente versato a favore del soggetto incaricato della riscossione, vale a dire la CNRSI.

67.      È altrettanto incontestabile che essi siano «unilateralmente imposti» dallo Stato francese, in quanto sono riconducibili ad una giurisprudenza interpretativa della pertinente legislazione nazionale.

68.      Infine, tali contributi colpiscono soltanto i trasferimenti di beni a destinazione di altri Stati membri, lasciando al contrario impregiudicati i trasferimenti realizzati all’interno del territorio francese. Ne consegue che essi risultano dovuti in ragione dell’attraversamento della frontiera.

69.      Alla luce di queste considerazioni, deve concludersi che il C3S e il contributo aggiuntivo relativi ai trasferimenti intracomunitari di beni costituiscono tasse di effetto equivalente a dazi doganali, vietate dagli articoli 28 e 30 TFUE.

70.      È bene tuttavia ricordare che la giurisprudenza della Corte ammette due eccezioni al divieto di tasse di effetto equivalente. La prima eccezione trova applicazione qualora l’imposizione considerata costituisca il corrispettivo di un servizio determinato, effettivamente prestato a un singolo operatore economico e di importo proporzionato al servizio stesso (22), mentre la seconda si applica qualora, a condizioni prestabilite, l’imposizione sia riscossa per ottemperare agli obblighi imposti dalla normativa comunitaria (23).

71.      Dal fascicolo di causa emerge chiaramente che la parte del C3S e del contributo aggiuntivo che attiene ai trasferimenti intracomunitari di beni non rientra in nessuna delle suddette eccezioni. Innanzitutto, essa, essendo destinata a finanziare pro quota il Fondo di solidarietà per la vecchiaia e il Fondo di riserva per le pensioni (nel caso del C3S) e la Cassa nazionale dell’assicurazione malattia dei lavoratori dipendenti (nel caso del contributo aggiuntivo), non costituisce il corrispettivo di un vantaggio, di ammontare proporzionato al servizio reso, procurato alle società e imprese tenute al pagamento della stessa. Inoltre, tale parte non è indubbiamente dovuta nell’ambito di controlli effettuati al fine di ottemperare agli obblighi derivanti dalle norme di diritto dell’Unione.

C.      Sulla compatibilità con la libera circolazione delle merci della base imponibile del C3S e del contributo aggiuntivo nel suo insieme

72.      A titolo subordinato, intendo esaminare l’ipotesi in cui la Corte consideri opportuno riformulare la questione pregiudiziale sottoposta dal giudice a quo in modo tale da estenderne la portata alla base imponibile del C3S e del contributo aggiuntivo, vale a dire il fatturato annuo complessivo delle società e imprese tenute al pagamento dei medesimi, nel suo insieme.

73.      Tale riformulazione impone innanzitutto un’attenta analisi dell’applicabilità delle disposizioni del Trattato in materia di libera circolazione delle merci ai contributi in parola. Infatti, come osservato in precedenza, la circostanza che il C3S e il contributo aggiuntivo colpiscono il fatturato annuo complessivo li allontana, in linea di principio, dal genere di imposizioni che gravano sulla circolazione delle merci.

74.      Nelle loro osservazioni scritte, il governo francese e la Commissione, considerando la portata della questione così come definita ai paragrafi precedenti, hanno entrambi sostenuto che la disposizione di cui occorre verificare l’applicabilità ai contributi in parola sarebbe l’articolo 110 TFUE, e non gli articoli 28 e 30 TFUE. Reputando tale osservazione prima facie corretta, per ragioni che chiarirò nel prosieguo, concentrerò la mia analisi sull’applicabilità al C3S e al contributo aggiuntivo dell’articolo 110 TFUE.

75.      L’articolo 110 TFUE, è bene ricordarlo, prevede il divieto per gli Stati membri di applicare ai prodotti importati imposizioni superiori rispetto a quelle gravanti sui prodotti nazionali similari.

76.      Il governo francese e la Commissione si oppongono all’applicabilità di tale disposizione in ragione del fatto che C3S e contributo aggiuntivo rientrerebbero nella nozione di «imposte dirette» (24). Soltanto le «imposte indirette», ad avviso di tali parti, sarebbero suscettibili di ostacolare la libera circolazione delle merci.

77.      Questa conclusione non mi trova d’accordo.

78.      Non ritengo infatti che la distinzione tra imposte dirette e indirette possa assumere alcuna rilevanza ai fini della delimitazione dell’ambito di applicazione dell’articolo 110 TFUE.

79.      A tal proposito, vorrei anzitutto premettere che, quando è stata chiamata a pronunciarsi sulla compatibilità di misure nazionali di imposizione diretta con le libertà fondamentali, la Corte ha costantemente concluso che, se è pur vero che la materia delle imposte dirette rientra nella competenza degli Stati membri, questi ultimi devono tuttavia esercitare le proprie competenze nel rispetto del diritto dell’Unione (25).

80.      Se le misure di imposizione diretta adottate dagli Stati membri non sfuggono, come regola generale, all’applicazione delle altre libertà fondamentali, ritengo coerente escludere che le suddette misure possano esulare dall’ambito di applicazione della libera circolazione delle merci.

81.      Del resto, non è difficile immaginare che uno Stato membro possa favorire i prodotti nazionali attraverso un sistema di imposte sui redditi che risulti, in via di fatto, più gravoso per le imprese esportatrici che per quelle che intendano vendere i propri prodotti all’interno del territorio nazionale.

82.      In ogni caso, vorrei ricordare che, essendo la nozione di imposta diretta priva di definizione in diritto dell’Unione, l’adozione di un criterio basato sulla distinzione tra imposte dirette e imposte indirette dovrebbe fondarsi sulla classificazione operata a livello nazionale. Al riguardo, è noto che tali classificazioni sono irrilevanti, a pena di permettere agli Stati membri di eludere le disposizioni di diritto dell’Unione (26).

83.      Ritengo pertanto che la classificazione del C3S e del contributo aggiuntivo come imposta diretta o indiretta non costituisca criterio pertinente per accertare se tali contributi gravino sulle merci in quanto tali al fine di determinare se l’articolo 110 TFUE debba essere applicato alla causa che ci occupa.

84.      Al contrario, mi pare che il criterio ricercato possa essere desunto dalla giurisprudenza più risalente, e segnatamente dalle pronunce che hanno chiarito la ratio del divieto di imposizioni interne discriminatorie previsto dall’articolo 110 TFUE.

85.      Mi riferisco in modo particolare alla sentenza Schöttle (20/76, EU:C:1977:26) (27). Interrogata sull’applicabilità dell’articolo 95 CEE (attualmente articolo 110 TFUE) a un’imposta sull’attività di trasporto stradale di merci, la Corte vi ha anzitutto ricordato che la finalità della predetta disposizione è quella di eliminare le restrizioni dissimulate (28) alla libera circolazione delle merci che possono risultare dalle norme fiscali di uno Stato membro e che, tenuto conto della struttura generale e degli obiettivi della stessa, la nozione di tributo gravante su un prodotto va interpretata in senso lato (29). Sulla base di tali premesse, la Corte ha concluso che la ratio stessa dell’articolo 110 TFUE esige che esso si applichi a un’imposta come quella in esame dato che essa «si ripercuote immediatamente sul costo del prodotto nazionale e di quello importato» (30).

86.      Secondo quanto più recentemente sostenuto dall’avvocato generale Sharpston, tale sentenza ha sancito il principio secondo cui «un’attività associata ad un prodotto rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 90 CE (attualmente articolo 110 TFUE) solo qualora si ripercuota immediatamente sul prezzo di quest’ultimo» (31).

87.      Da questo principio si desume quindi che la valutazione inerente all’applicabilità dell’articolo 110 TFUE prescinde dalla questione meramente formale se i criteri sottesi all’applicazione dell’imposizione in esame riguardino un’attività o un prodotto, ma richiede al contrario di verificare se una tale imposizione abbia l’effetto di innalzare il prezzo di costo dei prodotti nazionali e di quelli importati o esportati. Se tale effetto sussiste, è inevitabile concludere che l’imposizione in parola grava sulle merci ed è soggetta, di conseguenza, al divieto di imposizioni interne discriminatorie di cui all’articolo 110 TFUE.

88.      Applicando il principio in questione alla presente causa, occorre verificare se il C3S e il contributo aggiuntivo, nonostante gravino formalmente sul fatturato complessivo delle imprese e società soggette agli stessi, abbiano l’effetto, mediante il meccanismo economico della ripercussione, di innalzare il prezzo di costo dei beni venduti all’interno del territorio francese e di quelli trasferiti a destinazione di altri Stati membri.

89.      Riguardo ai beni venduti sul territorio francese, è lecito presumere che l’importo del C3S (0,13%) e del contributo aggiuntivo (0,03%) sia debitamente ripercosso dalle società e imprese soggette a tali contributi sul prezzo di costo dei beni stessi. Identica considerazione vale per i beni trasferiti verso altri Stati membri, per cui è legittimo presumere che l’importo dei contributi sia ripercosso sul valore nominale dei beni oggetto di ciascun trasferimento (32). L’effetto dell’imposizione del C3S e del contributo aggiuntivo è pertanto quello di innalzare il prezzo di costo di entrambe le categorie di beni.

90.      Ne consegue che, qualora la portata della presente questione pregiudiziale venisse estesa all’intera base imponibile del C3S e del contributo aggiuntivo, questi ultimi dovrebbero, a mio giudizio, essere ritenuti ostacolare la libera circolazione delle merci.

91.      Più in particolare, atteso che essi colpiscono al contempo beni venduti sul territorio francese e beni esportati verso altri Stati membri, tali contributi ricadrebbero in linea di principio nella sfera di applicazione dell’articolo 110 TFUE (33).

92.      A tal proposito, devo tuttavia ricordare che la giurisprudenza della Corte ha precisato che un onere fiscale costituisce un’«imposizione interna» ai sensi dell’articolo 110 TFUE, sfuggendo così alla qualificazione come tassa di effetto equivalente a norma degli articoli 28 e 30 TFUE, soltanto se esso rientra in un regime generale di tributi interni che gravano sistematicamente su categorie di prodotti secondo criteri obiettivi applicati indipendentemente dall’origine e dalla destinazione dei prodotti (34).

93.      Ai fini di tale valutazione, può risultare in primo luogo necessario tener conto della destinazione del gettito dell’imposizione. Infatti, qualora tale gettito sia diretto a finanziare attività che giovano in modo specifico ai prodotti commercializzati sul territorio nazionale, l’imposizione in esame costituirebbe una tassa di effetto equivalente, a condizione che l’onere fiscale gravante su tali prodotti sia integralmente neutralizzato da vantaggi finanziati per mezzo di esso, mentre quello gravante sui prodotti esportati rappresenti un onere netto (35).

94.      Tale situazione non si verifica, tuttavia, nella causa che ci occupa. A tal proposito, l’articolo L651-1 del codice della sicurezza sociale stabilisce infatti che il gettito del C3S e il contributo aggiuntivo è diretto a finanziare il bilancio degli organismi costituiti in favore dei lavoratori dipendenti e autonomi, ossia il RSI, il Fondo di solidarietà per la vecchiaia, il Fondo di riserva per le pensioni e la Cassa nazionale dell’assicurazione malattia dei lavoratori dipendenti. Orbene, come evidenziato dal governo francese nelle proprie osservazioni scritte, le prestazioni fornite dai citati organismi non differiscono a seconda che le società e imprese tenute al pagamento dei contributi realizzino dei trasferimenti di beni all’interno del territorio francese, o a destinazione di altri Stati membri.

95.      In secondo luogo, la valutazione di cui al paragrafo 93 richiede di verificare, stando alla sentenza Denkavit (132/78, EU:C:1979:139), se l’onere fiscale colpisce i prodotti nazionali commercializzati sul mercato nazionale ed i prodotti esportati come tali allo stesso stadio commerciale e il fatto generatore di siffatto onere è identico per entrambe le categorie di prodotti (36). In caso contrario, l’imposizione in esame dovrebbe essere riqualificata come tassa di effetto equivalente.

96.      A questo riguardo, è utile premettere che la giurisprudenza successiva sembra ritenere che l’identità del fatto generatore sia «assorbita» dalla circostanza che prodotti nazionali ed esportati vengano tassati allo stesso stadio commerciale (37). Alla luce di ciò, mi limiterò ad accertare se il fatto che i prodotti trasferiti verso altri Stati membri siano colpiti dal C3S e dal contributo aggiuntivo al momento stesso del trasferimento, mentre i prodotti trasferiti all’interno del territorio nazionale siano colpiti dai medesimi soltanto al momento della vendita significhi che i suddetti contributi non si applicano alle due categorie di prodotti «allo stesso stadio commerciale».

97.      Quest’ultima nozione è stata oggetto di un’interpretazione estensiva della Corte, che ha privilegiato la realtà economica rispetto alle apparenze (38). A titolo di esempio, nella sentenza Nygård (C‑234/99, EU:C:2002:244) la Corte ha sostenuto che un’imposizione dovuta al momento della consegna per la macellazione per i suini destinati alla macellazione sul mercato nazionale e al momento dell’esportazione per i suini esportati allo stato di animali vivi doveva considerarsi applicata allo stesso stadio commerciale, poiché entrambe le operazioni erano effettuate in vista della fuoriuscita dei suini dalla produzione nazionale (39). Allo stesso modo, delle imposizioni, come il C3S e il contributo aggiuntivo, che sono dovute al momento del trasferimento per i beni trasferiti a destinazione di altri Stati membri e al momento della vendita per quelli trasferiti all’interno del territorio nazionale, non paiono applicarsi a due stadi commerciali distinti. Sembra infatti estremamente difficile sostenere che vendita e trasferimento finalizzato alla vendita non appartengono, nella realtà economica, alla medesima fase commerciale.

98.      In conclusione, qualora la portata della presente questione pregiudiziale venisse estesa all’intera base imponibile del C3S e del contributo aggiuntivo, questi ultimi costituirebbero «imposizioni interne» ai sensi dell’articolo 110 TFUE.

99.      La questione se essi gravano sui beni oggetto di trasferimento intracomunitario in misura maggiore rispetto ai beni trasferiti all’interno del territorio nazionale, configurando così una violazione della suddetta disposizione, dovrebbe verosimilmente essere risolta in senso negativo. Infatti, il prezzo di acquisto (o il prezzo di costo), che costituisce la base imponibile dei beni oggetto di trasferimento intracomunitario ai sensi dell’articolo 76 della direttiva IVA, è in linea di principio minore del prezzo di vendita, che costituisce la base imponibile dei beni trasferiti all’interno del territorio nazionale. Spetta tuttavia al giudice del rinvio determinare se un tale assunto sia corretto.

100. Ad ogni buon conto, la Commissione, nelle proprie osservazioni scritte, ha indicato due casi in cui il C3S e il contributo aggiuntivo potrebbero costituire un ostacolo alla libera circolazione delle merci censurabile ai sensi dell’articolo 110 TFUE. Il primo caso è quello in cui la normativa francese non preveda un diritto a deduzione dalla base imponibile dei contributi del valore dei beni trasferiti ad altro Stato membro che siano rimasti invenduti e siano stati ritrasferiti in Francia, mentre il secondo è quello in cui i beni trasferiti ad altro Stato membro siano contabilizzati una seconda volta nella base imponibile al momento dell’intervenuta vendita.

101. Nel primo caso, a condizione che l’ordinamento nazionale non offra alcun altro rimedio effettivo per recuperare gli importi versati a titolo del C3S e del contributo aggiuntivo in relazione a beni rimasti invenduti (40), ritengo che i contributi relativi ai trasferimenti intracomunitari, svincolati dalla futura vendita dei beni interessati, finirebbero per essere dovuti in ragione del solo attraversamento della frontiera. Di conseguenza, essi dovrebbero essere esaminati alla luce del divieto di tasse di effetto equivalente di cui agli articoli 28 e 30 TFUE.

102. Nel secondo caso, sono dell’avviso che, visto che i beni trasferiti ad altri Stati membri sarebbero colpiti due volte dai contributi in esame (al livello del trasferimento e della vendita) laddove quelli trasferiti all’interno del territorio nazionale vi sarebbero soggetti soltanto una volta (al livello della vendita), il C3S e il contributo aggiuntivo relativi ai trasferimenti intracomunitari rientrerebbero parimenti nella sfera di applicazione degli articoli 28 e 30 TFUE, come già riconosciuto dalla Corte per il caso in cui soltanto per i prodotti importati esistano due fatti generatori dell’imposizione (41).

103. In entrambi i casi, la cui disamina spetta al giudice del rinvio, la compatibilità con gli articoli 28 e 30 TFUE dovrà poi valutarsi con riferimento alle considerazioni svolte ai paragrafi da 62 a 69 delle presenti conclusioni.

IV.    Conclusione

104. Per le ragioni suesposte, suggerisco dunque alla Corte di rispondere come segue alla questione pregiudiziale sollevata dalla Cour de Cassation (Corte di Cassazione, Francia):

«Gli articoli 28 e 30 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea devono essere interpretati nel senso che si oppongono a che il valore dei beni trasferiti dalla Francia a destinazione di un altro Stato membro dell’Unione europea, da un soggetto passivo tenuto al contributo sociale di solidarietà a carico delle società e al contributo aggiuntivo a quest’ultimo o per suo conto, per le esigenze della sua impresa, sia tenuto in considerazione, come previsto dalla normativa nazionale di cui al procedimento principale, nel calcolo del fatturato complessivo che costituisce la base imponibile di tali contributi».


1      Lingua originale: l’italiano.


2      GU 2006, L 347, pag. 1.


3      V. Cass. Soc. 29 giugno 1995, n. 92-22.025, Organic/Cofiroute.


4      V. Cass. 2ème Civ., 11 febbraio 2016, n. 14-26-363, Sté Schaeffler France c/ Caisse nationale du RSI, e Cass. 2ème Civ., 7 novembre 2013, n. 12-25-776, Ste Soitec c/ Caisse nationale du RSI.


5      Vedi la giurisprudenza citata alla nota 4 delle presenti conclusioni.


6      GU 1991, L 376, pag. 1.


7      Loi no 92-677 du 17 juillet 1992 portant mise en œuvre par la République française de la directive du Conseil des communautés européennes (C.E.E.) no 91-680 complétant le système commun de la taxe sur la valeur ajoutée et modifiant, en vue de la suppression du contrôle aux frontières, la directive (C.E.E.) no 77-388 et de la directive (C.E.E.) no 92-12 relative au régime général, à la détention, à la circulation et au contrôle des produits soumis à accise [JORF no 166 del 19 luglio 1992, pag. 9700] [Legge n. 92-677 del 17 luglio 1992 relativa all’attuazione da parte della Repubblica francese della direttiva del Consiglio delle comunità europee (CEE) 91/680 che completa il sistema comune della tassa sul valore aggiunto e che modifica, in vista della soppressione del controllo alle frontiere, la direttiva (CEE) 77/388 e della direttiva CEE 92/12 relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione e al controllo dei prodotti soggetti ad accisa].


8      V. la nota 3 delle presenti conclusioni.


9      V. la nota 4 delle presenti conclusioni.


10      Sentenza del 27 novembre 1985, Rousseau Wilmot (295/84, EU:C:1985:473).


11      GU 1977, L 145, pag. 1.


12      Sentenza del 27 novembre 1985, Rousseau Wilmot (295/84, EU:C:1985:473, punto 16).


13      V., inter alia, sentenza del 15 settembre 2011, Gueye (C‑483/09 e C‑1/10, EU:C:2011:583, punto 42), del 15 aprile 2010, Gala-Salvador Dalí e Visual Entidad de Gestión de Artistas Plásticos (C‑518/08, EU:C:2010:191, punto 21) e del 21 ottobre 2010, Padawan (C‑467/08, EU:C:2010:620, punto 22).


14      Sul carattere di norme fondamentali v., ad esempio, sentenza del 1° luglio 1969, Commissione/Italia (24/68, EU:C:1969:29, punto 10). Sull’obbligo di interpretare restrittivamente le eventuali eccezioni, v., per ultima, sentenza del 3 dicembre 1998, KappAhl (C‑233/97, EU:C:1998:585, punto 18).


15      Mi pare sia questo il senso reale dell’argomentazione della Commissione, e che il riferimento fatto da quest’ultima alla qualifica di imposte indirette (che comporterebbe l’applicabilità dell’articolo 110 TFUE) o dirette (che comporterebbe presumibilmente l’applicabilità dell’articolo 35 TFUE) del C3S e del contributo aggiuntivo sia invece meramente dovuto alla necessità di fornire risposta a specifiche domande formulate in tali termini dalla Corte. In merito all’irrilevanza della distinzione tra imposte dirette e imposte indirette nella causa che ci occupa, v. paragrafi da 78 a 83 delle presenti conclusioni.


16      Sentenza del 2 ottobre 2014, Orgacom (C‑254/13, EU:C:2014:2251, punto 20) e dell’8 novembre 2007, Stadtgemeinde Frohnleiten e Gemeindebetriebe Frohnleiten (C‑221/06, EU:C:2007:657, punto 26).


17      V. sentenze del 21 settembre 2000, Michaïlidis (C‑441/98 e C‑442/98, EU:C:2000:479, punto 22), e del 22 aprile 1999, CRT France International (C‑109/98, EU:C:1999:199, punto 11).


18      Vero è che tale effetto sembra essere piuttosto prodotto dalla giurisprudenza della Cour de Cassation (Corte di cassazione), come più volte ricordato nelle presenti conclusioni. Tuttavia, secondo una giurisprudenza consolidata della Corte la portata delle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative nazionali deve essere valutata tenendo conto dell’interpretazione che ne danno i giudici nazionali. In tal senso, v., ad esempio, sentenze del 16 settembre 2015, Commissione/Slovacchia (C‑433/13, EU:C:2015:602, punto 81) e del 18 luglio 2007, Commissione/Germania (C‑490/04, EU:C:2007:430, punto 49).


19      Sentenza del 22 marzo 1977, Iannelli & Volpi (74/76, EU:C:1977:51, punto 9), del 16 dicembre 1992, Lornoy e a. (C‑17/91, EU:C:1992:514, punto 14) e del 17 giugno 2003, De Danske Bilimportører (C‑383/01, EU:C:2003:352, punto 30).


20      V. sentenza del 14 dicembre 1962, Commissione/Lussemburgo e Belgio (2/62 e 3/62, EU:C:1962:45, pag. 805).


21      Sentenza del 2 ottobre 2014, Orgacom (C‑254/13, EU:C:2014:2251, punto 23).


22      V., inter alia, sentenze del 9 settembre 2004, Carbonati Apuani (C‑72/03, EU:C:2004:506, punto 31), e del 22 aprile 1999, CRT France International (C‑109/98, EU:C:1999:199, punto 17).


23      V. sentenze del 7 luglio 1994, Lamaire (C‑130/93, EU:C:1994:281, punto 14), e del 27 settembre 1988, Commissione/Germania (18/87, EU:C:1988:453, punto 6).


24      In tal caso, secondo la Commissione, occorrerebbe vagliare l’applicabilità alla fattispecie in esame dell’articolo 35 TFUE. V. paragrafo 51 delle presenti conclusioni.


25      V., inter alia, sentenze del 6 ottobre 2009, Commissione/Spagna (C‑153/08, EU:C:2009:618, punto 28), del 18 luglio 2007, Lakebrink e Peters-Lakebrink (C‑182/06, EU:C:2007:452, punto 14), del 14 dicembre 2006, Denkavit Internationaal e Denkavit France (C‑170/05, EU:C:2006:783, punto 19), del 23 febbraio 2006, Keller Holding (C‑471/04, EU:C:2006:143, punto 28). A tal proposito, seppure con riferimento a una norma di diritto derivato attuativa del principio di libera circolazione dei lavoratori, v. anche le conclusioni dell’avvocato generale La Pergola nelle cause Commissione/Francia (C‑34/98 e C‑169/98, EU:C:1999:392, paragrafo 19).


26      Inoltre, anche a volere riconoscere alla classificazione nazionale operata dal diritto francese una funzione orientativa al fine di determinare la natura del C3S e del contributo aggiuntivo, occorre rilevare che la natura dei suddetti risulta persino nell’ordinamento nazionale tutt’altro che pacifica, come riconosciuta da alcune delle parti all’udienza. Mentre il Conseil constitutionnel (Consiglio costituzionale) ha ritenuto che si tratti di un prelievo obbligatorio che non presenta il carattere di un contributo sociale né quello di una tassa parafiscale, ma che costituisce invece una «imposizione di qualsiasi natura», a norma dell’articolo 34 della Costituzione (decisione n. 91-302 DC, del 30 dicembre 1991, considerando 12), la Cour de cassation (Corte di cassazione) ha, dal canto suo, affermato che si tratta di un contributo sociale, in ragione della sua destinazione esclusiva al finanziamento di regimi di sicurezza sociale (v., a titolo di esempio, 2a camera civile, sentenza del 28 marzo 2002, n. 00-17675, e del 14 gennaio 2010, n. 09-11284).


27      Sentenza del 16 febbraio 1977, Schöttle (20/76, EU:C:1977:26).


28      Il corsivo è mio.


29      Il corsivo è mio.


30      Ibidem, punto 15.


31      Conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nella causa Stadtgemeinde Frohnleiten e Gemeindebetriebe Frohnleiten (C‑221/06, EU:C:2007:372, paragrafo 36).


32      Tali valori sono individualmente quantificati dalle società e imprese interessate ai fini sia della loro inclusione nella linea 6 della dichiarazione IVA, ove concorrono insieme alle vendite nazionali a formare l’importo totale delle «Cessioni intracomunitarie», che della loro comunicazione all’amministrazione per ragioni fiscali e statistiche nella Déclaration d’échanges de biens entre États membres de la Communauté européenne (Dichiarazione di scambi di beni tra gli Stati membri della Comunità europea).


33      V. giurisprudenza citata alla nota 17 delle presenti conclusioni.


34      Sentenze del 23 aprile 2002, Nygård (C‑234/99, EU:C:2002:244, punto 21) e dell’8 giugno 2006, Koornstra (C‑517/04, EU:C:2006:375, punto 16).


35      Sentenza del 23 aprile 2002, Nygård (C‑234/99, EU:C:2002:244, punto 22) e dell’8 giugno 2006, Koornstra (C‑517/04, EU:C:2006:375, punto 18).


36      V. sentenza del 31 maggio 1979, Denkavit Loire (132/78, EU:C:1979:139, pag. 1923).


37      V. sentenza dell’11 giugno 1992, Sanders Adour e Guyomarc’h Orthez Nutrition Animale (C‑149/91 e C‑150/91, EU:C:1992:261, punto 18), ove la Corte si esprime come segue: «Per quanto concerne l’obbligo relativo all’identità del fatto generatore dell’imposta, occorre precisare che, in un caso come quello della fattispecie, non si può individuare una differenza nel fatto che il prodotto importato è tassato al momento dell’importazione e il prodotto nazionale al momento della sua cessione a terzi o del suo impiego, poiché risulta che nella realtà economica la fase di smercio è la stessa, in quanto entrambe le operazioni vengono effettuate per l’utilizzazione del prodotto». Tale interpretazione è stata in seguito confermata dalla Corte nelle sentenze del 2 aprile 1998, Outokumpu (C‑213/96, EU:C:1998:155, punto 25) e del 23 aprile 2002, Nygård (C‑234/99, EU:C:2002:244, punto 25). Su questo punto, v. anche conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa Outokumpu (C‑213/96, EU:C:1997:540, paragrafo 35).


38      V., a questo proposito, conclusioni dell’avvocato generale Mischo nella causa Nygård (C‑234/99, EU:C:2001:260, paragrafo 30).


39      Sentenza del 23 aprile 2002, Nygård (C‑234/99, EU:C:2002:244, punto 30).


40      All’udienza, il governo francese ha indicato che un rimborso pari al valore nominale dei beni rimasti invenduti può essere ottenuto mediante l’introduzione del reclamo previsto dall’articolo L243-6 del codice della sicurezza sociale, che disciplina la generale procedura di rimborso dei contributi sociali e assegni familiari «indebitamente versati» («indûment versées»). A questo riguardo, il governo francese ha ammesso che soltanto in una singola occasione tale procedura è stata esperita e che tale pretesa è stata abbandonata dall’impresa in questione nel momento in cui l’amministrazione ha richiesto i relativi giustificativi. A fronte di tale ammissione da parte del governo francese, nutro dubbi sul fatto che l’articolo L243-6 possa garantire un’effettiva possibilità di rimborso del C3S e del contributo aggiuntivo qualora i beni trasferiti ad altro Stato membro siano rimasti invenduti.


41      V. sentenza del 17 settembre 1997, Fricarnes (C‑28/96, EU:C:1997:412, punto 28).