Language of document : ECLI:EU:C:2016:186

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ELEANOR SHARPSTON

presentate il 17 marzo 2016 (1)

Causa C‑63/15

Mehrdad Ghezelbash

contro

Staatssecretaris van Veiligheid en Justitie

[Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Rechtbank Den Haag, sede di ’s‑Hertogenbosch (Paesi Bassi)]

«Asilo – Esame di una domanda di protezione internazionale – Criteri per determinare lo Stato membro competente – Interpretazione dell’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 604/2013 – Diritto di ricorso o di revisione»





 Introduzione

1.        La presente domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Rechtbank Den Haag (Tribunale distrettuale, L’Aja), sede di ’s‑Hertogenbosch (Paesi Bassi) (in prosieguo: il «giudice del rinvio») e la causa C‑155/15 Karim sono connesse. In ciascuna di esse, un richiedente asilo intende contestare la decisione delle autorità competenti dello Stato membro in cui si trova di trasferirlo in un altro Stato che ha convenuto con il primo Stato membro di prendere in carico l’esame della domanda di asilo. Le cause sollevano una questione importante, vale a dire se il regolamento n. 604/2013 (in prosieguo: il «regolamento Dublino III») (2), come il suo antecedente normativo, il regolamento n. 343/2003 (in prosieguo: il «regolamento Dublino II») (3), costituisca un mero meccanismo interstatale che non consente ad un singolo richiedente asilo di impugnare una siffatta decisione, o se tale soggetto possa invece proporre ricorso o chiedere la revisione ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III per contestare una decisione di trasferimento sulla base del fatto che i criteri di cui al capo III per determinare lo Stato membro competente sono stati applicati in modo errato.

2.        Poiché le circostanze fattuali relative alle domande di ciascun richiedente sono diverse, le questioni specifiche che sorgono non sono le stesse. Pertanto, presenterò due conclusioni nello stesso giorno.

3.        Il sistema europeo comune di asilo (in prosieguo: il «CEAS») ricomprende una serie di provvedimenti, compresi regolamenti che mirano a determinare rapidamente lo Stato membro competente per l’esame di una domanda di asilo. Tali provvedimenti sono noti collettivamente come «sistema di Dublino» (4). Qualora un cittadino di un paese terzo abbia un collegamento con più di uno Stato membro (ad esempio, perché entra nell’Unione europea attraverso uno Stato membro ma presenta la sua domanda di asilo in un secondo Stato), è necessario determinare quale Stato sia competente per l’esame della sua domanda di asilo. I criteri per determinare lo Stato membro competente sono stabiliti secondo una gerarchia rigorosa (in prosieguo: i «criteri di cui al capo III») dal regolamento Dublino III. Se lo Stato membro in cui viene presentata una domanda di asilo ritiene, sulla base di tali criteri, che un altro Stato membro sia competente a pronunciarsi sulla domanda, il primo Stato può chiedere al secondo Stato di riprendere in carico (o di prendere in carico) il richiedente. Una volta che la questione viene risolta, l’esame della domanda di asilo è disciplinato dalle norme stabilite nell’atto del CEAS rilevante (5).

4.        La Corte nella sentenza Abdullahi (6) ha statuito, nell’esaminare l’articolo 19, paragrafo 2, del regolamento Dublino II, che i motivi di ricorso o di revisione sono limitati in una situazione in cui uno Stato membro accetti la presa in carico di un richiedente asilo. Infatti, il richiedente può contestare tale decisione soltanto deducendo l’esistenza di carenze sistemiche della procedura d’asilo e delle condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo in tale Stato membro che costituiscono motivi seri e comprovati di credere che detto richiedente corra un rischio reale di subire trattamenti inumani o degradanti, ai sensi dell’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (7).

5.        Il giudice del rinvio chiede se la sentenza Abdullahi trovi ancora applicazione nell’ambito del regolamento Dublino III e se ad un singolo quale il sig. Ghezelbash sia pertanto precluso contestare l’applicazione dei criteri di cui al capo III in un procedimento di ricorso o di revisione ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 1, di tale regolamento.

 Contesto normativo

 La Carta

6.        L’articolo 18 garantisce il diritto di asilo nel rispetto delle norme stabilite dalla convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 relativa allo status dei rifugiati (8) e a norma dei trattati.

7.        L’articolo 47, primo comma, dispone che ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice (9).

8.        L’articolo 52, paragrafo 3, dispone che, laddove la Carta «(…) contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla [CEDU], il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti dalla [CEDU]. La presente disposizione non preclude che il diritto dell’Unione conceda una protezione più estesa».

 Il sistema di Dublino — un quadro d’insieme

9.        Il 15 giugno 1990 gli (allora 12) Stati membri delle Comunità europee hanno firmato la Convenzione di Dublino (10). Poiché l’articolo 63, paragrafo 1, lettera a), CE ha successivamente imposto che la Convenzione di Dublino fosse sostituita da un atto comunitario, è stato adottato il regolamento Dublino II (11). I criteri per determinare lo Stato membro competente per l’esame di una domanda di asilo erano contenuti nel capo III (articoli da 5 a 14) di tale regolamento. L’articolo 19, paragrafo 2, prevedeva quanto segue: «La decisione menzionata al paragrafo 1 è motivata. Essa è corredata dei termini relativi all’esecuzione del trasferimento e contiene, se necessario, le informazioni relative al luogo e alla data in cui il richiedente deve presentarsi, nel caso in cui si rechi nello Stato membro competente con i propri mezzi. La decisione può formare oggetto di ricorso o revisione. Il ricorso o la revisione della decisione non ha effetto sospensivo ai fini dell’esecuzione del trasferimento a meno che il giudice o l’organo giurisdizionale competente non decida in tal senso caso per caso se la legislazione nazionale lo consente».

 Il regolamento Dublino

10.      È stata apportata una serie di modifiche rilevanti al regolamento Dublino II; e, al fine di introdurre maggiore chiarezza, tale regolamento è stato rifuso come regolamento Dublino III. Il preambolo di quest’ultimo ricomprende i seguenti obiettivi:

–        istituire un meccanismo per determinare con chiarezza e praticità lo Stato membro competente per l’esame di una domanda di asilo (12);

–        tale meccanismo dovrebbe essere fondato su criteri oggettivi ed equi sia per gli Stati membri sia per le persone interessate. Dovrebbe, soprattutto, consentire di determinare con rapidità lo Stato membro competente al fine di garantire l’effettivo accesso alle procedure volte al riconoscimento della protezione internazionale e non dovrebbe pregiudicare l’obiettivo di un rapido espletamento delle domande di protezione internazionale (13);

–        alla luce della prima fase degli atti CEAS, apportando i miglioramenti necessari, in vista dell’esperienza acquisita, a migliorare l’efficienza del sistema di Dublino e la protezione offerta ai richiedenti nel contesto di tale sistema, dovrebbe essere previsto un «controllo di qualità» completo sotto forma di esame fattuale, che contempli gli effetti giuridici, economici e sociali del sistema di Dublino, comprese le sue ripercussioni sui diritti fondamentali (14);

–        la protezione efficace dei diritti degli interessati dovrebbe essere assicurata prevedendo garanzie giuridiche e il diritto a un ricorso effettivo avverso le decisioni relative ai trasferimenti verso lo Stato membro competente; tali garanzie dovrebbero essere stabilite ai sensi, in particolare, dell’articolo 47 della Carta; al fine di garantire il rispetto del diritto internazionale è opportuno che un ricorso effettivo avverso tali decisioni verta tanto sull’esame dell’applicazione del presente regolamento quanto sull’esame della situazione giuridica e fattuale dello Stato membro in cui il richiedente è trasferito (15).

11.      Il preambolo contiene altresì le seguenti dichiarazioni relative al trattamento di persone che rientrano nell’ambito di applicazione del regolamento Dublino III: «(…) gli Stati membri sono vincolati dagli obblighi che a essi derivano dagli strumenti giuridici internazionali, compresa la pertinente giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo» (16); «[il] regolamento rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti segnatamente dalla [Carta]. In particolare, il presente regolamento intende assicurare il pieno rispetto del diritto d’asilo garantito dall’articolo 18 della Carta, nonché dei diritti riconosciuti ai sensi degli articoli 1, 4, 7, 24 e 47 della stessa. (…)» (17).

12.      L’articolo 2 contiene le seguenti definizioni pertinenti:

«a)      “cittadino di un paese terzo”: qualsiasi persona che non è un cittadino dell’Unione ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1, TFUE e che non è [un] cittadino di uno Stato che partecipa al presente regolamento in virtù di un accordo con l’Unione europea;

b)      “domanda di protezione internazionale”: la domanda di protezione internazionale quale definita all’articolo 2, lettera h), della [direttiva qualifiche];

c)      “richiedente”: il cittadino di paese terzo o l’apolide che abbia manifestato la volontà di chiedere la protezione internazionale sulla quale non è stata ancora adottata una decisione definitiva;

d)      “esame di una domanda di protezione internazionale”: l’insieme delle misure d’esame, le decisioni o le sentenze pronunciate dalle autorità competenti su una domanda di protezione internazionale conformemente alla [direttiva procedure] e alla [direttiva qualifiche] ad eccezione delle procedure volte a determinare quale sia lo Stato competente in applicazione del presente regolamento;

(…)

m)      “visto”: l’autorizzazione o la decisione di uno Stato membro necessaria per il transito o per l’ingresso ai fini di soggiorno in tale Stato membro o in diversi Stati membri. (...)».

13.      L’articolo 3 dispone:

«1.      Gli Stati membri esaminano qualsiasi domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un paese terzo o da un apolide sul territorio di qualunque Stato membro, compreso alla frontiera e nelle zone di transito. Una domanda d’asilo è esaminata da un solo Stato membro, che è quello individuato come Stato competente in base ai criteri enunciati al capo III.

2.      Quando lo Stato membro competente non può essere designato sulla base dei criteri enumerati nel presente regolamento, è competente il primo Stato membro nel quale la domanda è stata presentata.

Qualora sia impossibile trasferire un richiedente verso lo Stato membro inizialmente designato come competente in quanto si hanno fondati motivi di ritenere che sussistono carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti in tale Stato membro, che implichino il rischio di un trattamento inumano o degradante ai sensi dell’articolo 4 della [Carta], lo Stato membro che ha avviato la procedura di determinazione dello Stato membro competente prosegue l’esame dei criteri di cui al capo III per verificare se un altro Stato membro possa essere designato come competente.

Qualora non sia possibile eseguire il trasferimento a norma del presente paragrafo verso un altro Stato membro designato in base ai criteri di cui al capo III o verso il primo Stato membro in cui la domanda è stata presentata, lo Stato membro che ha avviato la procedura di determinazione diventa lo Stato membro competente.

(…)».

14.      L’articolo 4 è intitolato «Diritto di informazione». Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera d), gli Stati membri devono informare i richiedenti del loro diritto di impugnare una decisione di trasferimento e, ove applicabile, di chiedere la sospensione di tale decisione.

15.      L’articolo 5, paragrafo 1, istituisce il diritto ad un colloquio personale per agevolare la procedura di determinazione dello Stato membro competente e impone alle autorità competenti di effettuare tale colloquio personale con il richiedente. Il colloquio può non essere effettuato qualora, tra l’altro, «dopo aver ricevuto le informazioni di cui all’articolo 4, il richiedente abbia già fornito informazioni pertinenti per determinare lo Stato membro competente in altro modo. Gli Stati membri che non effettuano il colloquio offrono al richiedente l’opportunità di presentare ogni altra informazione pertinente per determinare correttamente lo Stato membro competente prima che sia adottata la decisione di trasferire il richiedente verso lo Stato membro competente ai sensi dell’articolo 26, paragrafo 1» (18). Il colloquio personale deve svolgersi in tempo utile e, in ogni caso, prima che sia adottata la decisione di trasferire il richiedente verso lo Stato membro competente (19).

16.      Il capo III è intitolato «Criteri per determinare lo Stato membro competente». La gerarchia dei criteri è stabilita all’articolo 7, che dispone quanto segue:

«1.      I criteri per la determinazione dello Stato membro competente si applicano nell’ordine nel quale sono definiti dal presente capo.

2.      La determinazione dello Stato membro competente in applicazione dei criteri definiti dal presente capo avviene sulla base della situazione esistente al momento in cui il richiedente ha presentato domanda di protezione internazionale per la prima volta in uno Stato membro.

3.      Ai fini dell’applicazione dei criteri di cui agli articoli 8, 10 e 16, gli Stati membri tengono conto di qualsiasi elemento di prova disponibile per quanto riguarda la presenza nel territorio di uno Stato membro, di familiari, parenti o persone legate da altri vincoli di parentela con il richiedente, a condizione che tali prove siano prodotte prima che un altro Stato membro accolga la richiesta di presa o ripresa in carico dell’interessato ai sensi, rispettivamente, degli articoli 22 e 25, e che le precedenti domande di protezione internazionale del richiedente non siano state ancora oggetto di una prima decisione sul merito».

17.      In cima alla gerarchia dei criteri vi sono considerazioni familiari. Se il richiedente è un minore non accompagnato, è competente lo Stato membro nel quale si trova legalmente un familiare o un fratello (20). Per i richiedenti adulti, è competente lo Stato membro nel quale si trovano legalmente dei familiari (21). Qualora non trovi applicazione nessuno di questi due criteri, la competenza viene attribuita determinando il primo Stato in cui il richiedente ha fatto ingresso nell’Unione europea.

18.      Le seguenti disposizioni dell’articolo 12 sono pertinenti:

«1.      Se il richiedente è titolare di un titolo di soggiorno in corso di validità, lo Stato membro competente per l’esame della domanda di protezione internazionale è quello che ha rilasciato tale titolo.

2.      Se il richiedente è titolare di un visto in corso di validità, lo Stato membro competente per l’esame della domanda di protezione internazionale è quello che ha rilasciato il visto, a meno che il visto non sia stato rilasciato per conto di un altro Stato membro nel quadro di un accordo di rappresentanza ai sensi dell’articolo 8 del regolamento (CE) n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, che istituisce un codice comunitario dei visti (22). In tal caso, l’esame della domanda di protezione internazionale compete allo Stato membro rappresentato.

(…)

4.      Se il richiedente è titolare soltanto di uno o più titoli di soggiorno scaduti da meno di due anni o di uno o più visti scaduti da meno di sei mesi che gli avevano effettivamente permesso l’ingresso nel territorio di uno Stato membro, si applicano i paragrafi 1, 2 e 3 fino a che il richiedente non abbia lasciato i territori degli Stati membri.

Qualora il richiedente sia titolare di uno o più titoli di soggiorno scaduti da oltre due anni o di uno o più visti scaduti da oltre sei mesi che gli avevano effettivamente permesso l’ingresso nel territorio di uno Stato membro e non abbia lasciato i territori degli Stati membri, è competente lo Stato membro in cui è presentata la domanda di protezione internazionale.

5.      Il fatto che il titolo di soggiorno o il visto sia stato rilasciato ad un cittadino di un paese terzo che ha declinato una identità falsa o usurpata o dietro presentazione di documenti falsificati, contraffatti o non validi non osta all’attribuzione della competenza allo Stato membro che lo ha rilasciato. Tuttavia, lo Stato membro che ha rilasciato il titolo di soggiorno o il visto non è competente se può dimostrare che la frode è avvenuta successivamente al rilascio del titolo o del visto».

19.      Ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, e in deroga all’articolo 3, paragrafo 1: «(…) ciascuno Stato membro può decidere di esaminare una domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, anche se tale esame non gli compete in base ai criteri stabiliti nel presente regolamento» (23).

20.      L’articolo 18 fissa gli obblighi dello Stato membro competente. Essi comprendono la ripresa in carico un richiedente in circostanze in cui: i) la sua domanda è in corso d’esame ed egli ha presentato domanda in un altro Stato membro oppure si trova nel territorio di un altro Stato membro senza un titolo di soggiorno (24); ii) egli ha ritirato la sua domanda in corso d’esame e ha presentato una domanda in un altro Stato membro (25), o iii) la sua domanda è stata respinta ed egli presenta un’altra domanda in un altro Stato membro oppure si trova nel territorio di un altro Stato membro senza un titolo di soggiorno (26). In tali casi, lo Stato membro competente deve esaminare o portare a termine l’esame della domanda di protezione internazionale (27).

21.      Le procedure di ripresa in carico di un richiedente asilo solo disciplinate dalle disposizioni del capo IV. La procedura di determinazione dello Stato membro competente deve essere avviata non appena possibile (28). Lo Stato membro che ha ricevuto una domanda di protezione internazionale e ritiene che un altro Stato membro sia competente per l’esame della stessa può chiedere a tale Stato membro di prendere in carico il richiedente quanto prima e, al più tardi, entro tre mesi dopo la presentazione della domanda (29). Lo Stato membro richiesto deve procedere alle verifiche necessarie e deliberare entro due mesi a decorrere dal ricevimento della richiesta (30). Nella procedura di determinazione dello Stato membro competente, sono utilizzati elementi di prova e circostanze indiziarie (31). Gli elementi di prova e le circostanze indiziarie pertinenti figurano nel regolamento di esecuzione (32).

22.      L’articolo 26 dispone:

«1.      Quando lo Stato membro richiesto accetta di prendere o riprendere in carico un richiedente o un’altra persona di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettera c) o d), lo Stato membro richiedente notifica all’interessato la decisione di trasferirlo verso lo Stato membro competente e, se del caso, di non esaminare la sua domanda di protezione internazionale. Se l’interessato è rappresentato da un avvocato o un altro consulente legale, gli Stati membri possono scegliere di notificare la decisione a tale avvocato o consulente legale invece che all’interessato e, se del caso, comunicare la decisione all’interessato.

2.      La decisione di cui al paragrafo 1 contiene informazioni sui mezzi di impugnazione disponibili, compreso quello sul diritto di chiedere l’effetto sospensivo, ove applicabile, e sui termini per esperirli e sui termini relativi all’esecuzione del trasferimento e contiene, se necessario, le informazioni relative al luogo e alla data in cui l’interessato deve presentarsi, nel caso in cui si rechi nello Stato membro competente con i propri mezzi» (33).

23.      L’articolo 27 dispone:

«1.      Il richiedente o altra persona di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettera c) o d), ha diritto a un ricorso effettivo avverso una decisione di trasferimento, o a una revisione della medesima, in fatto e in diritto, dinanzi a un organo giurisdizionale.

2.      Gli Stati membri stabiliscono un termine ragionevole entro il quale l’interessato può esercitare il diritto a un ricorso effettivo ai sensi del paragrafo 1».

24.      Qualora un richiedente presenti un ricorso o una domanda di revisione avverso una decisione di trasferimento, ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 3, gli Stati membri sono soggetti ad una serie di obblighi al fine di garantire i diritti di tale soggetto. Questi comprendono: i) prevedere che il richiedente rimanga nello Stato membro interessato in attesa dell’esito del procedimento o che la decisione di trasferimento sia sospesa (34), e ii) assicurare l’accesso del richiedente all’assistenza legale e che essa venga concessa gratuitamente, su richiesta, all’interessato che non può assumersene i costi. Tuttavia, «[s]enza limitare in modo arbitrario l’accesso all’assistenza legale, gli Stati membri possono prevedere che non sia concessa l’assistenza e la rappresentanza legali gratuite quando l’autorità competente o l’organo giurisdizionale ritengono che il ricorso o la revisione non abbiano prospettive concrete di successo» (35).

25.      L’articolo 37 dispone che gli Stati membri possono avvalersi di una procedura di conciliazione in caso di disaccordo persistente su qualsiasi aspetto dell’applicazione del regolamento Dublino III.

 Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali

26.      Il 4 marzo 2014 il sig. Ghezelbash, cittadino iraniano, ha fatto domanda di asilo nei Paesi Bassi. Le autorità olandesi hanno condotto un’indagine nel Sistema d’informazione visti dell’Unione (36) e hanno scoperto che il 17 dicembre 2013 gli era stato rilasciato dalle autorità francesi un visto, valido da tale data fino all’11 gennaio 2014. Il 7 marzo 2014 le autorità olandesi hanno poi chiesto a quelle francesi di trattare la richiesta di asilo. Queste ultime hanno accettato la richiesta in data 5 maggio 2014. Di conseguenza, il 21 maggio 2014 le autorità olandesi hanno respinto la domanda del sig. Ghezelbash e hanno contestualmente preso la decisione di trasferirlo in Francia. Il 22 maggio 2014 il sig. Ghezelbash ha impugnato tale decisione e ha richiesto un provvedimento cautelare.

27.      Il sig. Ghezelbash conviene di avere utilizzato il 18 dicembre 2013 il visto rilasciato dalle autorità francesi. Tuttavia, sostiene di essere rientrato in Iran dopo aver trascorso una sola notte a Parigi. In quanto giornalista, si era recato a Parigi per lavoro per un reportage su un torneo di calcio balilla. È tornato in Iran il 19 dicembre 2013 perché l’Iran all’ultimo momento ha deciso di ritirarsi dal torneo.

28.      Il sig. Ghezelbash non ha avuto problemi nel suo Stato d’origine fino al 15 febbraio 2014. Ha lasciato l’Iran il 20 febbraio 2014 e, attraverso la Turchia, si è recato nei Paesi Bassi, dove è giunto il 1° marzo 2014. Il suo passaporto, con i relativi visti di ingresso e di uscita delle autorità francesi del dicembre 2013, è stato requisito dalla Sepah-e Pasdaran-e Enqelab-e Eslami (Guardia Rivoluzionaria Islamica), ed egli non ha conservato altre prove dei suoi viaggi in quanto in quel momento non ne aveva bisogno. È tuttavia in possesso di altri documenti che forniscono prove a sostegno della sua versione dei fatti. Tali documenti comprendono una dichiarazione del suo datore di lavoro, un certificato medico e un contratto firmato relativo alla vendita di un immobile. Il sig. Ghezelbash afferma che il contratto di vendita è stato redatto il 10 gennaio 2014 mentre si trovava in Iran, che per la sua conclusione egli aveva dovuto essere presente di persona e che lo aveva effettivamente firmato. Tutto questo materiale (in prosieguo: le «prove indiziarie») è stato prodotto dinanzi alle autorità olandesi il 28 maggio 2014, dopo che le corrispondenti autorità francesi avevano accettato la competenza a esaminare la domanda di asilo del sig. Ghezelbash.

29.      Il sig. Ghezelbash afferma che la sua domanda dovrebbe essere esaminata secondo il procedimento d’asilo ampliato (37) per consentirgli di produrre i documenti originali e per consentire alle autorità olandesi di esaminarli. Egli non ha chiesto asilo in Francia e in nessun momento le autorità francesi sono state competenti per una siffatta richiesta formulata a suo nome.

30.      Le autorità olandesi ritengono che, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 4, del regolamento Dublino III, le autorità francesi siano competenti per l’esame della domanda di asilo del sig. Ghezelbash, per le seguenti ragioni. In primo luogo, il 17 dicembre 2013 esse hanno rilasciato un visto al sig. Ghezelbash. In secondo luogo, la Francia ha acconsentito ad assumersi la competenza per l’esame della sua richiesta. In terzo luogo, tale accordo può essere contestato solo sulla base dei motivi circoscritti di cui all’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento Dublino III (vale a dire la presenza di familiari o altri parenti nel territorio di un particolare Stato membro) e tale circostanza non rileva ai fini del presente procedimento. In quarto luogo, il sig. Ghezelbash non ha dimostrato di aver lasciato il territorio degli Stati membri e di essersi successivamente recato dall’Iran ai Paesi Bassi (attraverso la Turchia). Le prove indiziarie che ha prodotto non dimostrano in modo concludente la sua versione dei fatti. In quinto luogo, le autorità olandesi non erano tenute a trasmettere tali informazioni alle corrispondenti autorità francesi, perché il sig. Ghezelbash non aveva espressamente affermato che gli obblighi della Francia erano cessati ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 2, del regolamento Dublino III (38).

31.      Il giudice del rinvio è dell’avviso che le autorità olandesi abbiano agito prematuramente nel richiedere alla Francia di assumersi la competenza per il sig. Ghezelbash. Le autorità olandesi hanno agito in contrasto con l’articolo 21 del regolamento Dublino III quando hanno omesso di trasmettere alle corrispondenti autorità francesi le prove indiziarie prodotte dal sig. Ghezelbash a sostegno della sua affermazione secondo la quale dopo il suo soggiorno in Francia egli era tornato in Iran. Ai fini del rispetto dell’articolo 22 di tale regolamento, si sarebbe dovuto consentire alle autorità francesi di prendere in considerazione le prove indiziarie in sede di decisione sulla questione se la Francia fosse competente per l’esame della domanda di asilo del sig. Ghezelbash. Tali informazioni erano infatti estremamente rilevanti ai fini di tale valutazione.

32.      Il giudice del rinvio afferma che talune informazioni fornite dal sig. Ghezelbash erano contraddittorie e che egli pertanto non aveva sufficientemente dimostrato di aver lasciato il territorio degli Stati membri. Tuttavia, altri documenti da esso prodotti (in particolare, il certificato medico e l’atto di vendita) costituivano invero indizi che fornivano principi di prova del fatto che egli fosse rimpatriato in Iran dopo un soggiorno apparentemente brevissimo in Francia.

33.      Il giudice del rinvio afferma che la Corte, nella sentenza Abdullahi, ha statuito che un richiedente asilo che ha proposto ricorso avverso una decisione di non esaminare la sua domanda non può contestare l’applicazione dei criteri di cui al capo III per la determinazione dello Stato membro competente qualora lo Stato membro richiesto abbia accolto una domanda di ripresa in carico. L’applicazione di tali criteri riguarda esclusivamente il rapporto interstatale tra lo Stato richiedente e lo Stato richiesto.

34.      Tuttavia, alla luce delle modifiche introdotte dal regolamento Dublino III che rafforzano la tutela giurisdizionale dei richiedenti asilo, il giudice del rinvio vuole sapere se i criteri di cui al capo III modificati costituiscano ora un motivo di ricorso avverso una decisione di trasferimento ai fini dell’articolo 27, paragrafo 1, di tale regolamento.

35.      Di conseguenza, il giudice del rinvio chiede:

«1)      Quale sia la portata dell’articolo 27 del [regolamento Dublino III], eventualmente [letto] in combinato disposto con il suo considerando 19.

Se il menzionato articolo, in una situazione come la presente, in cui lo straniero prende atto della domanda di presa in carico solo dopo che è intervenuto l’accordo di presa in carico e solo in quel momento presenta documenti probatori che possono indurre a concludere che non lo Stato membro richiesto, bensì lo Stato membro richiedente è competente per l’esame della domanda d’asilo, ma successivamente lo Stato richiedente non esamina i documenti in parola né li trasmette allo Stato richiesto, conferisca ad un richiedente asilo il diritto di presentare un ricorso (effettivo) avverso l’applicazione dei criteri per determinare lo Stato membro competente, di cui al capo III del [regolamento Dublino III].

2)      Nel caso in cui lo straniero, ai sensi del [regolamento Dublino III] nonché del [regolamento Dublino II], non possa in linea di principio invocare l’errata applicazione dei criteri per determinare lo Stato membro competente quando lo Stato membro richiesto ha accettato una richiesta di presa in carico, se sia corretta la tesi del convenuto secondo la quale questo presupposto ammette deroghe soltanto in caso di situazioni familiari analoghe a quelle menzionate all’articolo 7 del [regolamento Dublino III], oppure se siano ipotizzabili anche altri fatti e circostanze in base ai quali lo straniero possa invocare l’errata applicazione dei criteri per determinare lo Stato membro competente.

3)      Nel caso in cui si risponda alla seconda questione nel senso che, oltre alle situazioni familiari, anche altre circostanze possono consentire ad uno straniero di invocare l’errata applicazione dei criteri per la determinazione dello Stato membro competente, se i fatti e le circostanze descritti [ai punti da 31 a 33 supra] (39) possano configurare siffatti fatti e circostanze eccezionali».

36.      Il sig. Ghezelbash, la Repubblica ceca, la Francia, i Paesi Bassi e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte. Le stesse parti, ad eccezione della Repubblica ceca, hanno presentato osservazioni orali all’udienza tenutasi il 15 dicembre 2015.

 Valutazione

 Osservazioni preliminari

37.      Il CEAS si regge sul presupposto che l’insieme degli Stati partecipanti rispetti i diritti fondamentali, compresi i diritti che trovano fondamento nella Convenzione di Ginevra, nonché nella CEDU, e che gli Stati membri possano e debbano confidare reciprocamente nel livello di tutela che garantiscono. Il regolamento Dublino III è stato adottato alla luce di tale principio di reciproca fiducia al fine di razionalizzare il trattamento delle domande di asilo, di evitare la saturazione del sistema derivante dall’obbligo, per le autorità dei diversi Stati membri, di trattare domande multiple introdotte da uno stesso richiedente, di accrescere la certezza del diritto quanto alla determinazione dello Stato competente a trattare la domanda di asilo e di evitare il «forum shopping». In pratica, l’obiettivo onnicomprensivo del sistema di Dublino è quindi quello di accelerare il trattamento delle domande nell’interesse tanto dei richiedenti asilo quanto degli Stati partecipanti (40).

38.      È pacifico che la domanda di asilo del sig. Ghezelbash rientra nell’ambito di applicazione del regolamento Dublino III. Pertanto, i criteri di determinazione dello Stato membro competente per l’esame della sua domanda sono enunciati al capo III di tale regolamento (41).

39.      Qualora un richiedente asilo abbia un collegamento con due o più Stati membri, il processo di determinazione è essenzialmente interstatale (42). Di conseguenza, tale processo non tiene conto per sua stessa natura delle preferenze o dei desideri dell’individuo (43). Tuttavia, vi sono diverse eccezioni a tale regola generale nell’economia del regolamento.

40.      In primo luogo, nell’applicare i criteri di cui al capo III gli Stati membri devono tenere conto della (eventuale) presenza di familiari del richiedente nel territorio dell’Unione prima che un altro Stato membro accolga la richiesta di presa o ripresa in carico del richiedente (44).

41.      In secondo luogo, in circostanze in cui sia impossibile trasferire un richiedente verso un altro Stato membro in quanto si hanno fondati motivi di ritenere che sussistano carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti in tale Stato membro, che implichino il rischio di un trattamento inumano o degradante ai sensi dell’articolo 4 della Carta, lo Stato membro che procede alla determinazione dello Stato membro competente deve verificare se un altro Stato membro possa essere designato come competente ai sensi dei criteri di cui al capo III (45).

42.      In terzo luogo, ogni Stato membro conserva il potere discrezionale, ai sensi della cosiddetta «clausola di sovranità», di decidere di esaminare una domanda, anche se non è tenuto a farlo ai sensi dei criteri di cui al capo III. Inoltre, uno Stato membro può chiedere a un altro Stato di prendere in carico un richiedente al fine di procedere al ricongiungimento familiare per ragioni umanitarie, anche se tale altro Stato membro non è competente sulla base dei criteri di cui agli articoli da 8 a 11 e 16 del regolamento. In tali casi le persone interessate devono fornire il loro consenso per iscritto (46).

43.      Tali eccezioni indicano che il regime del regolamento Dublino III offre un certo margine per tenere conto della situazione particolare di un singolo richiedente e della sua opinione in merito a quale Stato debba esaminare la sua domanda di asilo. Ciò posto, nessuna di queste eccezioni sembra trovare applicazione nel caso del sig. Ghezelbash e nulla, nell’ordinanza di rinvio, indica che egli intenda avvalersi di una di esse.

 La prima questione

44.      L’ampia tematica sollevata dal giudice del rinvio nella prima questione riguarda l’interpretazione e la portata dell’articolo 27, paragrafo 1, letto in combinato disposto con il considerando 19 del regolamento Dublino III. La questione è se un richiedente asilo abbia il diritto di fare ricorso o chiedere la revisione avverso l’applicazione, da parte di uno Stato membro, dei criteri di cui al capo III. Nell’ambito della prima questione, il giudice del rinvio pone altresì una questione più specifica, relativa alle circostanze del caso del sig. Ghezelbash. Tratterò tale sottoquestione nei successivi paragrafi da 85 a 90.

45.      Ad avviso del sig. Ghezelbash e della Repubblica ceca, sebbene un richiedente asilo non possa – secondo quanto deciso dalla Corte nella sentenza Abdullahi – contestare le modalità di applicazione dei criteri di cui al capo III in un ricorso ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 2, del regolamento Dublino II, la situazione è ora cambiata in forza dell’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III. Tuttavia, la Repubblica ceca sottolinea che, a suo avviso, un richiedente non gode di un diritto generalizzato di scegliere lo Stato membro che tratterà la sua domanda di asilo.

46.      Anche la Francia e la Commissione fanno riferimento alla sentenza Abdullahi e sostengono che il sig. Ghezelbash continua a non avere il diritto di impugnare l’applicazione dei criteri di cui al capo III. In linea di principio, non rileva quale Stato membro esamini la sua domanda. L’articolo 27, paragrafo 1, trova applicazione solo qualora il regolamento Dublino III conferisca diritti sostanziali e procedurali specifici che un richiedente può invocare, che a loro volta riflettono la tutela (richiesta) di taluni diritti fondamentali. L’articolo 12, paragrafo 4, del regolamento, su cui è stata basata la decisione di trasferimento, non costituisce una disposizione di questo tipo, e il sig. Ghezelbash non invoca la tutela di altri diritti sostanziali o procedurali fondamentali derivanti dal regolamento. Il governo francese sostiene altresì che un ricorso o una revisione ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento possono essere diretti solo avverso la decisione di trasferimento e non avverso l’accordo dello Stato membro richiesto (in questo caso, la Francia) di esaminare la domanda di protezione internazionale.

47.      Il governo dei Paesi Bassi ritiene che, alla luce della sentenza Abdullahi, un richiedente asilo non possa contestare l’applicazione dei criteri di cui al capo III né la modalità attraverso la quale lo Stato membro interessato è giunto a una decisione, anche qualora il richiedente sostenga che sia in gioco un diritto fondamentale garantito dalla Carta ed espressamente menzionato nel regolamento. Qualsiasi altra interpretazione ritarderebbe la determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una data domanda di asilo. Ciò sarebbe contrario allo scopo del regolamento Dublino III.

 La sentenza Abdullahi

48.      La sig.ra Abdullahi era una cittadina somala che ha fatto anzitutto ingresso in Grecia dopo aver viaggiato dalla Siria attraverso la Turchia. Ha proseguito il viaggio attraverso l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia, la Serbia e l’Ungheria. È poi entrata in Austria, dove ha chiesto asilo. Le frontiere di tutti i paesi suddetti sono state attraversate illegalmente. Le autorità austriache hanno applicato le disposizioni del regolamento Dublino II equivalenti ai criteri di cui al capo III e hanno concluso che lo Stato membro competente era l’Ungheria. Le autorità ungheresi hanno accettato di esaminare la sua domanda. Tuttavia, la sig.ra Abdullahi ha affermato che la Grecia doveva essere ritenuta lo Stato competente, in quanto in tale Stato aveva per la prima volta fatto ingresso nel territorio dell’Unione. In quel periodo il rientro di richiedenti asilo in Grecia era stato sospeso. Ciò avrebbe dovuto consentirle di chiedere che la sua domanda fosse esaminata in Austria.

49.      A mio avviso, non è possibile applicare semplicemente la giurisprudenza derivante dalla sentenza Abdullahi per determinare la portata del diritto di ricorso, e ciò per due ragioni.

50.      In primo luogo, la sentenza Abdullahi riguardava fatti molto specifici (e molto complessi), con molteplici attraversamenti illegali di frontiera che hanno dato luogo a una situazione in cui il richiedente asilo aveva (potenzialmente) collegamenti non con due ma con tre Stati membri. Anche solo per questo, la presente causa è evidentemente molto diversa e pertanto non assimilabile.

51.      Non vi sono elementi che inducano a ritenere che il sig. Ghezelbash sia entrato illegalmente in Francia il 27 dicembre 2013. Egli disponeva di un visto, è entrato nel territorio francese ma non ha presentato domanda di asilo (47). Inoltre, non è dimostrato che abbia attraversato la Francia diretto verso i Paesi Bassi prima di presentare domanda di asilo.

52.      Diversamente dalla sig.ra Abdullahi, il sig. Ghezelbash non sostiene che, ai sensi dei criteri di cui al capo III, lo Stato membro competente non è la Francia ma un altro Stato che non può esaminare la sua domanda di asilo a causa di carenze sistemiche e di potenziali violazioni dei suoi diritti ai sensi dell’articolo 4 della Carta, cosicché la sua domanda debba essere esaminata dallo Stato in cui è stata presentata. Il sig. Ghezelbash afferma che i Paesi Bassi sono lo Stato nel quale egli ha presentato la sua prima domanda di protezione internazionale (articolo 7, paragrafo 2) e che l’articolo 12, paragrafo 4 non trova applicazione, poiché (egli afferma) si è allontanato dal territorio dell’Unione il 18 dicembre 2013, è tornato nel suo Stato di origine e si è successivamente recato nei Paesi Bassi dall’Iran attraverso la Turchia. Pertanto, a mio avviso, egli desidera che un’autorità giurisdizionale verifichi se le autorità competenti abbiano applicato correttamente i criteri di cui al primo comma dell’articolo 12, paragrafo 4, del regolamento Dublino III.

53.      In secondo luogo, il testo dell’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, che la Corte è ora chiamata a interpretare, differisce in modo significativo da quello dell’articolo 19, paragrafo 2, del regolamento Dublino II, sul quale la Corte ha statuito nella sentenza Abdullahi. Pertanto, la motivazione della sentenza Abdullahi non può, a mio avviso, essere semplicemente applicata in modo automatico alla nuova disposizione.

 Articolo 27 del regolamento Dublino III

54.      Nel prosieguo, esamino in primo luogo il contesto e la formulazione dell’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III alla luce dei considerando che illustrano quello che dovrebbe essere l’obiettivo di tale disposizione e gli scopi generali del regolamento. In tale contesto, considero poi le tre opzioni di interpretazione dell’articolo 27, paragrafo 1, che sono state proposte alla Corte.

55.      Innanzitutto rilevo che, prima dell’adozione di una decisione di trasferimento che può essere rivista ai sensi dell’articolo 27, lo Stato membro in cui si trova il richiedente asilo deve applicare i criteri di cui al capo III e valutare se esso o un altro Stato membro sia lo Stato competente. Qualora il secondo Stato accetti di essere lo Stato membro competente, il primo Stato membro può adottare la decisione di trasferimento. Già in questa fase il regolamento Dublino III introduce garanzie procedurali (articolo 26, paragrafi 1 e 2) che non erano presenti nel regolamento Dublino II. Tali disposizioni presentano norme dettagliate che impongono al primo Stato membro di notificare al richiedente la decisione di trasferimento e di fornire informazioni sui mezzi di ricorso disponibili, compreso il diritto di chiedere la sospensione della decisione di trasferimento.

56.      Un richiedente non può presentare una domanda di ricorso o di revisione prima che lo Stato richiedente adotti una decisione di trasferimento. L’eventuale impugnazione è avverso la decisione di trasferimento, non avverso l’accordo, in quanto tale, dello Stato membro richiesto di assumere la competenza. Questo è logico, poiché è la decisione di trasferimento che interessa direttamente il singolo richiedente asilo.

57.      L’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III introduce quindi, in termini inequivocabili, un «diritto a un ricorso effettivo». È altresì specificato il tipo di ricorso: «un ricorso effettivo avverso una decisione di trasferimento, o (…) una revisione della medesima, in fatto e in diritto, dinanzi a un organo giurisdizionale». Deve essere rilevata una serie di differenze, aggiunte e chiarimenti nella formulazione dell’articolo 27, paragrafo 1, rispetto al suo antecedente normativo, l’articolo 19, paragrafo 2, del regolamento Dublino II.

58.      In primo luogo, il diritto ad un ricorso avverso (o ad una revisione di) una decisione di trasferimento spetta a tutti i richiedenti asilo (48) nei confronti dei quali è stata adottata una decisione di trasferimento. In secondo luogo, il diritto al ricorso o alla revisione è espresso in termini imperativi («il richiedente (…) ha diritto (…)». In terzo luogo, il ricorso o la revisione riguardano tanto i fatti quanto il diritto. In quarto luogo, il ricorso o la revisione devono fornire un controllo giurisdizionale della decisione amministrativa adottata dalle autorità competenti (poiché vengono proposti «dinanzi a un organo giurisdizionale»). Infine, gli Stati membri devono inoltre prevedere un termine ragionevole entro il quale il richiedente può esercitare il diritto a un ricorso effettivo (articolo 27, paragrafo 2).

59.      L’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III non specifica quali elementi del processo decisionale dell’autorità competente che conducono alla decisione di trasferimento possano essere soggetti al ricorso o alla revisione ivi previsti. Alla Corte sono state presentate tre opzioni.

60.      La prima opzione (sostenuta dai Paesi Bassi) è che – detto semplicemente – nulla sia cambiato. Ora come allora, una decisione di trasferimento può essere impugnata solo sulla base dell’unico motivo limitato individuato nella sentenza Abdullahi. Tale motivo è già stato ripreso nel secondo comma dell’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento Dublino III (49). Pertanto, qualora sia impossibile trasferire un richiedente verso lo Stato membro designato come competente in quanto si hanno fondati motivi di ritenere che sussistano carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti in tale Stato membro, che implichino il rischio di un trattamento inumano o degradante ai sensi dell’articolo 4 della Carta, lo Stato membro che ha avviato la procedura di determinazione dello Stato membro competente deve proseguire l’esame dei criteri di cui al capo III per verificare se un altro Stato membro possa essere designato come competente.

61.      La seconda opzione (avanzata dalla Francia e dalla Commissione) è di accettare che, oltre a tale motivo, l’articolo 27, paragrafo 1, introduca un diritto di ricorso o di revisione nei casi in cui il regolamento Dublino III conferisce espressamente ai singoli richiedenti diritti che riflettono diritti sostanziali fondamentali tutelati dalla Carta (50). Qualora (ma solo in tal caso) un richiedente sostenga che la decisione delle autorità competenti ha violato uno di tali «diritti tutelati», egli ha altresì diritto a un ricorso o a una revisione della decisione di trasferimento ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 1.

62.      La terza opzione (proposta dal sig. Ghezelbash) è interpretare l’articolo 27, paragrafo 1, nel senso che conferisce un diritto di ricorso o di revisione più ampio, che garantisce un controllo giurisdizionale dell’applicazione, da parte delle autorità competenti, ai fatti ad esse presentati, della normativa pertinente (compresi i criteri di cui al capo III).

63.      In assenza di una formulazione che indichi quale di tali opzioni sia corretta, è necessario tenere conto degli scopi e del contesto del regolamento (51).

64.      Tali scopi ricomprendono certamente l’istituzione di un meccanismo per determinare con chiarezza e praticità lo Stato membro competente per l’esame di una domanda di asilo, fondato su criteri oggettivi ed equi sia per gli Stati membri sia per le persone interessate. Tale meccanismo dovrebbe, soprattutto, consentire di determinare con rapidità lo Stato membro competente al fine di garantire l’effettivo accesso alle procedure volte al riconoscimento della protezione internazionale e non dovrebbe pregiudicare l’obiettivo di un rapido espletamento delle domande di protezione internazionale (52). Tuttavia, un altro scopo dichiarato del regolamento Dublino III è il miglioramento della protezione giurisdizionale offerta ai richiedenti asilo (53). Si pone quindi la questione se la protezione giurisdizionale rafforzata per i richiedenti asilo espressamente istituita dall’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III debba quindi essere interpretata in modo restrittivo nell’interesse di un rapido espletamento delle domande di asilo.

65.      Il considerando 19 del regolamento Dublino III (che trova espressione come disposizione sostanziale nell’articolo 27, paragrafo 1) dichiara esplicitamente che al fine di assicurare una protezione efficace dei diritti dei richiedenti, le garanzie giuridiche e il diritto a un ricorso effettivo avverso le decisioni relative ai trasferimenti devono riguardare tanto l’«applicazione del presente regolamento» quanto la «situazione giuridica e fattuale dello Stato membro in cui il richiedente [potrebbe essere] trasferito».

66.      Ritengo che il secondo elemento di tale garanzia individui ciò che è stato ora codificato nell’articolo 3, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento Dublino III. L’interpretazione naturale del primo elemento della garanzia è che la portata dell’articolo 27, paragrafo 1, ricomprende le modalità con cui il regolamento Dublino III viene applicato dagli Stati membri.

67.      Sulla base del testo dell’articolo 27, paragrafo 1, della doppia garanzia contenuta nel considerando 19 e delle mie precedenti osservazioni sulla sentenza Abdullahi (54), ritengo che la prima opzione vada rigettata e che la scelta sia tra la seconda e la terza opzione.

68.      I motivi principali avanzati a favore della seconda opzione evidenziano che un’interpretazione restrittiva è più coerente con l’economia legislativa. Si afferma che il regolamento Dublino III è una misura interstatale; che se le modalità secondo le quali i criteri di cui al capo III vengono applicati dagli Stati membri dovessero essere soggette a un controllo giurisdizionale ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 1, il sistema non sarebbe pratico in quanto sarebbe impossibile garantire una rapida determinazione dello Stato membro competente, e che i meccanismi istituiti proprio a tal fine servono a eliminare il «forum shopping» (vale a dire la possibilità di molteplici ricorsi simultanei o consecutivi), che dovrebbe essere scoraggiato.

69.      Questi argomenti, a mio avviso, non convincono.

70.      In primo luogo, ritengo sia troppo semplicistico descrivere il regolamento Dublino III meramente come atto interstatale. È vero che indubbiamente rimangono taluni aspetti interstatali (55), ma il legislatore ha introdotto e rafforzato taluni diritti sostanziali individuali e talune garanzie procedurali. Un esempio dei primi è il diritto al ricongiungimento familiare di cui agli articoli da 9 a 11. Le seconde sono rappresentate, ad esempio, dall’articolo 4 (diritto di informazione del richiedente) e dall’articolo 5 (diritto ad un colloquio personale). Entrambe le disposizioni sottolineano l’importanza delle informazioni fornite dal richiedente nel processo di determinazione dello Stato membro competente nell’ambito del regolamento Dublino III. Eppure, ai sensi della seconda opzione, un richiedente avrebbe il diritto di impugnare una decisione di trasferimento in caso di omissione del colloquio personale, ma non avrebbe il diritto di impugnare una decisione di trasferimento che le autorità competenti avrebbero manifestamente potuto adottare ignorando informazioni fornite dal richiedente nel corso del colloquio personale.

71.      In secondo luogo, ritengo che, nel gestire il sistema di ricorso o di revisione ai sensi dell’articolo 27, gli Stati membri conservino strumenti molto efficaci. Così, ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 3, essi possono scegliere se concedere il diritto di rimanere nello Stato in attesa dell’esito di un ricorso o di una revisione o se prevedere che il trasferimento sia sospeso (automaticamente o su domanda del richiedente). La rapidità con cui vengono effettuati i trasferimenti non dipende quindi interamente dal fatto che un richiedente presenti un ricorso o una domanda di revisione: essa dipende altresì dalle norme che lo Stato membro ha scelto e attuato. Gli Stati membri possono altresì, ai sensi del secondo comma dell’articolo 27, paragrafo 6, decidere di limitare l’accesso all’assistenza legale quando l’autorità competente o l’organo giurisdizionale ritengono che il ricorso non abbia prospettive concrete di successo. Nel complesso, il regolamento Dublino III ha introdotto disposizioni per rendere più rapido ed efficiente il procedimento generale rispetto al proprio antecedente normativo. I termini sono stati ridotti e ne sono stati introdotti di nuovi (56). L’esistenza di tutti questi meccanismi suggerisce che gli Stati membri possono agire efficacemente per evitare che il regolare funzionamento del sistema di Dublino III sia bloccato da ricorsi o da domande di revisione temerari o vessatori. Inoltre, nella sentenza Petrosian la Corte ha statuito (nell’esaminare la questione della tutela giurisdizionale garantita dagli Stati membri i cui giudici possono sospendere l’esecuzione di una decisione di trasferimento ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 2, del regolamento Dublino II) che il legislatore non ha inteso sacrificare tale tutela all’esigenza di celerità nel trattamento delle domande d’asilo (57).

72.      Aggiungo che le possibilità di contestare l’applicazione dei criteri di cui al capo III non sono illimitate. Ad esempio, con riferimento alla verifica dei criteri relativi ai titoli di soggiorno e ai visti di cui all’articolo 12, non tutti motivi di ricorso rientrerebbero nell’ambito di applicazione dell’articolo 27, paragrafo 1. Così, il fatto che tali documenti siano stati eventualmente rilasciati a un cittadino di un paese terzo che ha declinato una identità falsa o usurpata o dietro presentazione di documenti falsificati, contraffatti o non validi non osta all’attribuzione della competenza allo Stato membro che li ha rilasciati (58).

73.      In tale contesto, ritengo che l’argomento delle «porte spalancate» avanzato dagli Stati membri intervenienti rischi di amplificare le conseguenze di un’interpretazione dell’articolo 27, paragrafo 1, secondo la quale tale disposizione conferisce un diritto di ricorso o di revisione comportante il controllo giurisdizionale sull’applicazione dei criteri di cui al capo III.

74.      In terzo luogo, non ritengo che la presentazione di una domanda a un giudice ai fini del controllo giurisdizionale di una decisione amministrativa possa essere propriamente paragonata al «forum shopping». A mio avviso, il ricorso o la revisione ai sensi dell’articolo 27 tutelano gli individui dall’inosservanza o dall’errata qualificazione dei fatti pertinenti e dall’errata interpretazione o applicazione del diritto applicabile. In un’Unione europea fondata sul principio dello Stato di diritto (59) questo è sicuramente un obiettivo legittimo.

75.      Passo pertanto a considerare la terza opzione.

76.      Ho già indicato che, a mio avviso, l’articolo 27, paragrafo 1, deve essere interpretato in modo almeno altrettanto ampio quanto quello proposto dalla seconda opzione. Tuttavia, nella presente causa il sig. Ghezelbash non deduce la violazione di uno specifico diritto conferito dal regolamento Dublino III, quali quelli di cui agli articoli 4 e 5, né intende avvalersi delle disposizioni relative al ricongiungimento familiare di cui agli articoli da 9 a 11. Egli desidera contestare l’applicazione, da parte delle autorità competenti, dei criteri di cui al capo III comportante una decisione di trasferimento che, se eseguita, lo trasferirebbe dai Paesi Bassi in Francia. Se – e sottolineo tale congiunzione – la sua versione dei fatti, come supportata dalle prove indiziarie, è corretta, egli sta invero presentando la sua prima domanda di protezione internazionale nei Paesi Bassi e, applicando i criteri di cui al capo III, la sua domanda dovrebbe essere ivi trattata. A meno che l’articolo 27, paragrafo 1, non sia interpretato secondo la terza opzione, non vi è alcun meccanismo che gli consenta di esprimere efficacemente il proprio parere e di impugnare tale decisione di trasferimento.

77.      Per l’analisi della terza opzione parto dalla premessa che una decisione di trasferimento è potenzialmente in grado di avere un effetto negativo sugli interessi di un richiedente asilo. Se così non fosse, non avrebbe avuto senso introdurre un diritto inderogabile di ricorso o di revisione nell’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III.

78.      Ci si chiede se, al di fuori del contesto di ciò che sarebbe ricompreso nella seconda opzione, una decisione di trasferimento sia potenzialmente in grado di avere un effetto negativo sugli interessi di un richiedente asilo.

79.      Supponiamo che un cittadino di un paese terzo, già sospettato nel suo Stato di origine di essere uno «studente attivista politico», decida di proseguire i suoi studi all’estero. Nel contesto di un programma di scambio visita brevemente lo Stato membro A, dove viene prontamente accettato da un’università ma non riesce ad ottenere i fondi necessari per rimanere e proseguire gli studi. Torna nel suo Stato di origine e quindi, con il sostegno della rete accademica, prova di nuovo nello Stato membro B, dove gli viene offerta una borsa di studio triennale post-laurea. Inizialmente, non ha motivi veri e propri per fare domanda di asilo nello Stato membro B. In ogni caso, si impegna negli studi, fa nuove amicizie e si integra nel nuovo ambiente dello Stato membro ospitante. Nel frattempo, la situazione nel suo Stato di origine si deteriora e, viste le sue opinioni politiche, egli diventa persona non grata. Dopo un anno di studi post-laurea, decide di fare domanda di asilo nello Stato membro B. Tuttavia, le autorità competenti applicano i criteri di cui al capo III e, sulla base delle prove del suo breve soggiorno nello Stato membro A, chiedono e ottengono l’accordo di quest’ultimo a trattare la domanda di asilo e di conseguenza adottano una decisione di trasferimento che revoca il suo visto di studente e che, se eseguita, lo trasferirebbe dallo Stato membro B allo Stato membro A. Credo che sarebbe difficile concludere, sulla base dei fatti di questo esempio, che la decisione di trasferimento non abbia avuto un effetto negativo sullo studente richiedente asilo.

80.      A tal proposito, rilevo che l’idea che la determinazione dello Stato membro competente sia sempre neutra per i richiedenti non è un’opinione universale (60). Essa è stata messa in discussione dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte di Strasburgo») (61), e la Corte ha ovviamente riconosciuto che non vi è una presunzione assoluta che i diritti fondamentali di un richiedente asilo saranno rispettati nello Stato membro di regola competente a conoscere della sua domanda (62). Altri filoni della giurisprudenza della Corte suggeriscono parimenti, se applicati per analogia, che potrebbe essere più opportuno tenere conto della posizione individuale del richiedente nel determinare lo Stato membro competente, piuttosto che ignorare l’impatto sulla persona interessata (63).

81.      La questione può essere posta in termini semplici: qualora vi siano elementi che consentano di sostenere che una decisione di trasferimento è basata su un’errata applicazione dei criteri di cui al capo III, il principio della tutela effettiva e/o i diritti della difesa portano alla conclusione che un richiedente dovrebbe essere in grado di impugnare tale decisione di trasferimento ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III?

82.      La Corte ha già statuito, in relazione alla direttiva 2004/83, che il rispetto dei diritti della difesa costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione (64). Ritengo che, per analogia, lo stesso valga con riferimento al regolamento Dublino III, che determinerà quale sia lo Stato membro competente ad applicare a una determinata domanda il testo che sostituisce la direttiva 2004/83, ossia la direttiva qualifiche. I diritti della difesa sono altresì sanciti dall’articolo 47 della Carta che garantisce il rispetto dei diritti della difesa nonché il diritto ad un processo equo in qualsiasi procedimento giurisdizionale (65). La giurisprudenza costante della Corte conferma l’importanza del diritto al contraddittorio e la sua portata assai ampia nell’ordinamento giuridico dell’Unione, considerando che esso si applica a qualsiasi procedimento che possa sfociare in un atto lesivo (66).

83.      Il diritto a un ricorso effettivo di cui all’articolo 47 della Carta corrisponde ai diritti garantiti dall’articolo 13 della CEDU. Dall’articolo 52, paragrafo 3, della Carta consegue che la giurisprudenza della Corte di Strasburgo è pertinente per l’interpretazione dell’ambito di applicazione di tale disposizione. Tale Corte ha statuito che devono sussistere mezzi di ricorso disponibili a livello nazionale per garantire il rispetto dei diritti e delle libertà garantiti. Essa impone la previsione di un ricorso interno che tratti il merito di una censura plausibile e che fornisca una soluzione adeguata, e tale ricorso deve essere effettivo sia sul piano fattuale che su quello giuridico (67).

84.      A mio avviso, tali argomenti militano a favore della terza opzione di interpretazione dell’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III.

 Gli obblighi dello Stato membro richiedente quanto alle informazioni fornite dal richiedente asilo

85.      Il giudice del rinvio vuole altresì sapere se vi debba essere un diritto di ricorso o di revisione ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 1, in un caso, come nel procedimento principale, in cui lo Stato membro richiesto accetti di esaminare una domanda di asilo, ma il richiedente presenti prove dopo che tale Stato membro ha comunicato il suo accordo, e le prove presentate indichino che l’accordo sarebbe potuto venire a mancare se lo Stato membro richiedente avesse esaminato i documenti o trasmesso il materiale alle autorità dello Stato membro richiesto (68).

86.      I Paesi Bassi contestano le conclusioni del giudice del rinvio quanto alle modalità di trattamento delle prove presentate dal sig. Ghezelbash in relazione al suo ritorno in Iran dalla Francia nel 2013. Essi affermano che le proprie autorità hanno esaminato i documenti, ma non hanno ritenuto che avessero valore probatorio e di conseguenza non li hanno trasmessi alle autorità francesi.

87.      In primo luogo, spetta al giudice nazionale, come unico giudice del fatto, stabilire se le prove presentate dal sig. Ghezelbash siano state esaminate o meno dalle autorità olandesi. Allo stesso modo, solo il giudice nazionale può verificare il valore probatorio di tali prove, la loro rilevanza e la loro potenziale idoneità a influire sulla decisione di trasferimento.

88.      In secondo luogo, il materiale presentato dal sig. Ghezelbash (che, ricordo, includeva un certificato del suo medico e documenti relativi alla vendita di un immobile in Iran) costituisce prova indiziaria ai sensi del punto 9 dell’elenco B dell’allegato II del regolamento di esecuzione. Quali requisiti sono necessari al fine di garantire che un richiedente asilo abbia accesso a un ricorso effettivo ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III? Il mancato esame di tale materiale e/o la mancata trasmissione dello stesso allo Stato richiesto devono costituire motivi di ricorso o di revisione ai sensi di tale disposizione?

89.      L’effettività del controllo giurisdizionale garantito dall’articolo 47 della Carta impone di valutare la legittimità dei motivi su cui si basa la decisione e se quest’ultima si fondi su una base fattuale sufficientemente solida. Di conseguenza, il controllo giurisdizionale non può limitarsi alla valutazione dell’astratta verosimiglianza dei motivi dedotti, ma consiste invece nell’accertare se questi motivi, o per lo meno uno di essi, considerato di per sé sufficiente a suffragare la medesima decisione, siano fondati (69). Applicato al presente contesto, ciò comporta la verifica dei fatti relativi all’applicazione dei pertinenti criteri di cui al capo III su cui si basa la decisione di trasferimento.

90.      L’articolo 27, paragrafo 1, non specifica come debba essere condotto tale esame. Si tratta pertanto di una questione che spetta al giudice nazionale verificare ai sensi delle norme procedurali interne. Tali norme disciplinerebbero altresì l’intensità del processo di controllo e il suo esito, vale a dire, se un’impugnazione ritenuta fondata comporti la rimessione della domanda alle autorità nazionali competenti per un riesame, o se la decisione venga adottata dai giudici stessi, sempre nel rispetto del principio di effettività (70).

91.      Concludo pertanto che il regolamento Dublino III debba essere interpretato nel senso che un richiedente (in circostanze quali quelle di cui al procedimento principale) può impugnare, ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 1, tramite ricorso o revisione, una decisione di trasferimento e chiedere al giudice nazionale di verificare se i criteri di cui al capo III siano stati correttamente applicati nel suo caso. L’effettività del controllo giurisdizionale garantita dall’articolo 47 della Carta impone di valutare la legittimità dei motivi su cui si basa la decisione di trasferimento e se quest’ultima si fondi su una base fattuale sufficientemente solida. Le modalità di svolgimento dell’esame quanto all’obiettiva e corretta applicazione, in ogni singolo caso, dei criteri di cui al capo III, sono disciplinate da norme procedurali nazionali. Nel rispetto del principio di effettività, tali norme disciplinano altresì l’intensità e l’esito del procedimento di ricorso o di revisione.

 La seconda e la terza questione

92.      Con la seconda questione il giudice del rinvio chiede se, qualora il richiedente asilo non possa invocare i criteri di cui al capo III, egli possa proporre ricorso o presentare domanda di revisione ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III solo nei casi in cui siano in discussione le circostanze familiari stabilite dall’articolo 7 di tale regolamento, o se vi siano altri motivi che consentano di farlo.

93.      Se la Corte dovesse condividere la mia preferenza per la terza opzione, non vi è alcuna necessità di rispondere alla seconda questione. Tuttavia, se la Corte dovesse rifiutare di abbracciare tale ragionamento più ampio, dalla mia valutazione della seconda opzione proposta alla Corte (71) consegue che, a mio avviso, un richiedente asilo può proporre ricorso ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III al fine di contestare la presunta violazione di qualsiasi diritto sostanziale o procedurale specificamente conferito da tale regolamento. Gli esempi proposti dinanzi alla Corte nel presente procedimento riguardavano le garanzie per i minori (di cui agli articoli 6 e 8) e il diritto al ricongiungimento familiare (di cui agli articoli da 9 a 11). Sottolineo che, poiché, secondo il mio approccio, la risposta alla seconda questione non è necessaria, non ho condotto un esame completo e dettagliato del regolamento Dublino III, né ho tentato di redigere un elenco esaustivo dei diritti la cui presunta violazione, sulla base della seconda opzione, potrebbe essere oggetto di ricorso ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 1.

94.      Consegue dalla mia risposta alla seconda questione che anche l’esame della terza questione non è necessario. Aggiungo, ad ogni buon conto, che sembrerebbe che il sig. Ghezelbash non abbia voluto invocare, nel procedimento nazionale, nessun diritto sostanziale o procedurale portato all’attenzione della Corte nell’ambito della seconda opzione. Le prove indiziarie su cui egli si fonda (che ho trattato ai precedenti paragrafi da 85 a 90) mi sembrano pertanto unicamente pertinenti nel contesto dell’applicazione dei criteri di cui al capo III.

 Conclusioni

95.      Alla luce delle precedenti considerazioni, sono dell’opinione che la Corte debba rispondere alle questioni sollevate dal Rechtbank Den Haag, sede di ’s‑Hertogenbosch (Paesi Bassi) nei seguenti termini:

–        Il regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, deve essere interpretato nel senso che un richiedente, in circostanze come quelle del procedimento principale, può impugnare, tramite ricorso o revisione, una decisione di trasferimento ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 1, e chiedere al giudice nazionale di verificare se i criteri di cui al capo III siano stati applicati correttamente nel suo caso. L’effettività del controllo giurisdizionale garantita dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea impone di valutare la legittimità dei motivi su cui si basa la decisione di trasferimento e se quest’ultima si fondi su una base fattuale sufficientemente solida. Le modalità di svolgimento dell’esame quanto all’obiettiva e corretta applicazione, in ogni singolo caso, dei criteri di cui al capo III sono disciplinate da norme procedurali nazionali. Fatto salvo il principio di effettività, tali norme disciplinano altresì l’intensità e l’esito del procedimento di ricorso o di revisione.

–        Non è necessario rispondere alla seconda e alla terza questione.


1      Lingua originale: l’inglese.


2 Regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (rifusione) (GU 2013, L 180, pag. 31).


3 Regolamento (CE) n. 343/2003 del Consiglio, del 18 febbraio 2003, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo (GU 2003, L 50, pag.1).


4 Gli atti rilevanti attualmente sono: i) il regolamento Dublino III, che ha sostituito il regolamento Dublino II; ii) il regolamento (CE) n. 1560/2003 della Commissione, del 2 settembre 2003, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 343/2003 del Consiglio che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo (GU 2003, L 222, pag. 3) – tale regolamento è stato parzialmente abrogato dal regolamento Dublino III e modificato in modo rilevante dal regolamento di esecuzione (UE) n. 118/2014 della Commissione, del 30 gennaio 2014, che modifica il regolamento (CE) n. 1560/2003 (GU 2014, L 39, pag. 1) (in prosieguo: il «regolamento di esecuzione»), e iii) il «regolamento Eurodac» (regolamento (UE) n. 603/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013). Nelle mie conclusioni nella causa Karim riporto (ove rilevante) i dettagli necessari di tale regolamento.


5 Tali atti ricomprendono la direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (rifusione) (GU 2013, L 180, pag. 60) (in prosieguo: la «direttiva procedure») e la direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (rifusione) (GU 2011, L 337, pag. 9) (in prosieguo: la «direttiva qualifiche»). Tale direttiva ha abrogato e sostituito, dal 21 dicembre 2013, la direttiva 2004/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta (GU 2004, L 304, pag. 12; in prosieguo: la «direttiva 2004/83»).


6 Sentenza Abdullahi (C‑394/12, EU:C:2013:813, punti 60 e 62).


7 GU 2010, C 83, pag. 389 (in prosieguo: la «Carta»).


8 Firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 ed entrata in vigore il 22 aprile 1954 (United Nations Treaty Series, vol. 189, pag. 150, n. 2545, 1954), come integrata dal protocollo relativo allo status dei rifugiati, concluso a New York il 31 gennaio 1967 ed entrato in vigore il 4 ottobre 1967 (in prosieguo: la «Convenzione di Ginevra»).


9 I diritti corrispondenti a quelli previsti dall’articolo 47 della Carta sono stabiliti agli articoli 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «CEDU»).


10 La convenzione sulla determinazione dello Stato competente per l’esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri delle comunità europee (in prosieguo: la «Convenzione di Dublino»; GU 1997, C 254, pag. 1) è entrata in vigore il 1° settembre 1997. Prima di tale data, gli accordi per determinare lo Stato membro competente per l’esame delle domande di asilo erano previsti dal capo VII della convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen (GU 2000, L 239, pag. 19), conformemente al protocollo firmato il 26 aprile 1994.


11 Il regolamento Dublino II ha trovato applicazione in Danimarca a partire dal 2006 in forza dell’accordo tra la Comunità europea e il Regno di Danimarca in merito ai criteri e ai meccanismi di determinazione dello Stato competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in Danimarca oppure in uno degli altri Stati membri dell’Unione europea e in merito a «Eurodac» per il confronto delle impronte digitali per l’efficace applicazione della convenzione di Dublino (GU 2006, L 66, pag. 38). Non vi è un accordo corrispondente in relazione al regolamento Dublino III e la Danimarca non è vincolata da tale regolamento. Ai sensi dell’articolo 3 e dell’articolo 4 bis, paragrafo 1, del protocollo n. 21 sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda rispetto allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, allegato al TUE e al TFUE, tali Stati membri hanno notificato la loro volontà di prendere parte all’adozione e all’applicazione del regolamento Dublino III.


12 Considerando 4.


13 Considerando 5.


14 Considerando 9.


15 Considerando 19.


16 Considerando 32.


17 Considerando 39.


18 Articolo 5, paragrafo 2, lettera b).


19 Articolo 5, paragrafo 3.


20 Articolo 8, paragrafo 1. Le decisioni devono essere prese nell’interesse superiore del minore (v. altresì articolo 6, paragrafo 1).


21 Articoli 9, 10 e 11. V. altresì articolo 16, relativo alla discrezionalità degli Stati membri quanto alla circostanza se accettare o meno la competenza per i richiedenti asilo a carico di altri familiari.


22      GU 2009, L 243, pag. 1.


23 Qualora uno Stato membro decida di esaminare una domanda ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, esso diventa lo Stato membro competente. Tale disposizione è nota in breve come «clausola di sovranità».


24 Articolo 18, paragrafo 1, lettera b).


25 Articolo 18, paragrafo 1, lettera c).


26 Articolo 18, paragrafo 1, lettera d). L’articolo 18, paragrafo 1, lettere da b) a d) deve essere letto in combinato disposto con gli articoli 23, 24, 25 e 29.


27 Articolo 18, paragrafo 2.


28 Articolo 20, paragrafo 1.


29 Articolo 21, paragrafo 1.


30 Articolo 22, paragrafo 1.


31 Articolo 22, paragrafo 2.


32 Articolo 22, paragrafo 3.


33      La versione francese dell’articolo 26, paragrafo 1, del regolamento Dublino III dispone: «Lorsque l’État membre requis accepte la prise en charge ou la reprise en charge d’un demandeur ou d’une autre personne visée à l’article 18, paragraphe 1, point c) ou d), l’État membre requérant notifie à la personne concernée la décision de le transférer vers l’État membre responsable et, le cas échéant, la décision de ne pas examiner sa demande de protection internationale. (…)». Ritengo che ciò indichi in modo più evidente rispetto al testo inglese che uno Stato membro può combinare, in un’unica decisione, la decisione di trasferimento stessa e la (parallela) decisione di non esaminare la domanda di protezione internazionale del richiedente.


34 Articolo 27, paragrafo 3, lettere a) e b).


35 Articolo 27, rispettivamente paragrafi 5 e 6.


36 V. decisione 2004/512/CE del Consiglio, dell’8 giugno 2004, che istituisce il sistema di informazione visti (VIS) (GU 2004, L 213, pag. 5), in particolare l’articolo 1.


37 Un opuscolo redatto dai Paesi Bassi indica che l’autorità nazionale competente di norma valuta se un richiedente soddisfa le condizioni per un permesso di soggiorno per richiedenti asilo ai sensi del «procedimento di asilo ordinario». Tuttavia, qualora le autorità competenti necessitino di più tempo per esaminare la domanda, può essere utilizzato il «procedimento d’asilo ampliato».


38 Esamino tale disposizione nelle mie conclusioni nella causa Karim.


39      Nella sua terza questione, il giudice del rinvio opera un riferimento al punto 12 della sua ordinanza di rinvio.


40 Sentenza NS (C‑411/10 e C‑493/10, EU:C:2011:865, punti 78 e 79).


41 Articoli 1 e 3.


42 V., ad esempio, sentenza Puid (C‑4/11, EU:C:2013:740, punti da 27 a 29).


43 V., ad esempio, sentenza Puid (C‑4/11, EU:C:2013:740, punti da 32 a 34).


44 Articolo 7, paragrafo 3. V. inoltre articolo 8 relativo ai minori e articoli da 9 a 11 in relazione ai familiari.


45 V. il secondo comma dell’articolo 3, paragrafo 2.


46 Articolo 17, paragrafo 2.


47 Il sig. Ghezelbash, in quel momento, non aveva alcuna necessità di fare domanda di asilo: v. supra, paragrafi 28 e 29. Determinare se la tesi del sig. Ghezelbash sia sufficientemente supportata da elementi di prova è una questione spettante alle autorità nazionali competenti, soggetta al controllo del giudice nazionale come unico giudice dei fatti.


48 E anche ad «altra persona», come previsto dall’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III. Tali persone ricomprendono due categorie: i) un cittadino di un paese terzo o un apolide che ritira la sua domanda e che ha presentato una domanda in un altro Stato membro o che si trova nel territorio di un altro Stato membro senza un titolo di soggiorno articolo 18, paragrafo 1, lettera c)], e ii) un cittadino di un paese terzo o un apolide del quale è stata respinta la domanda e che ha presentato domanda in un altro Stato membro oppure si trova nel territorio di un altro Stato membro senza un titolo di soggiorno [articolo 18, paragrafo 1, lettera d)].


49 L’articolo 3, paragrafo 2, riprende la giurisprudenza derivante dalla sentenza NS della Corte (C‑411/10 e C‑493/10, EU:C:2011:865, punto 94). Poiché il regolamento Dublino III (adottato il 26 giugno 2013) ha preceduto la sentenza Abdullahi della Corte (emessa il 10 dicembre 2013) di quasi sei mesi, il regolamento Dublino III non può essere inteso nel senso che abbia ripreso quest’ultima.


50 Il diritto di informazione (articolo 4), il diritto al colloquio personale (articolo 5) e il diritto al ricongiungimento familiare (articoli da 9 a 11) sono stati proposti dinanzi alla Corte come esempi di tali diritti. All’udienza, il legale del sig. Ghezelbash ha confermato che il richiedente non aveva dedotto una violazione di tali diritti dinanzi al giudice nazionale.


51 Sentenza Petrosian e a. (C‑19/08, EU:C:2009:41, punto 34).


52 Rispettivamente, considerando 4 e 5.


53 Considerando 9.


54 V. supra, paragrafi da 48 a 53.


55 V., ad esempio, la procedura di conciliazione di cui all’articolo 37.


56 V. le disposizioni di cui al capo VI del regolamento Dublino III, che trattano le procedure di presa e ripresa in carico di un richiedente asilo.


57 Sentenza Petrosian e a. (C‑19/08, EU:C:2009:41, punto 48).


58 Articolo 12, paragrafo 5.


59 V., ad esempio, sentenza van Gend & Loos (26/62, EU:C:1963:1), a proposito della vigilanza dei singoli quanto alla protezione dei diritti loro derivanti dal diritto dell’Unione. V. inoltre sentenza Schrems, C‑362/14, EU:C:2015:650, punto 60 e giurisprudenza citata, in merito allo Stato di diritto.


60 V., ad esempio, Morgades Gil, S., «The discretion of States in the Dublin III system for determining the responsibility for examining applications for asylum: What remains of the sovereignty and humanitarian clauses after the interpretation of the ECtHR and CJEU?», International Journal of Refugee Law, 2015, pag. 433.


61 V., ad esempio, Corte EDU, sentenza Tarakhel c. Svizzera [GC], n. 29217/12, CEDU 2014 (estratti).


62 Sentenza NS (C‑411/10 e C‑493/10, EU:C:2011:865, punti 81, 99 e 100).


63 V., ad esempio, sentenze K (C‑245/11, EU:2012:685), e MA e a. (C‑648/11, EU:C:2013:367); v. inoltre sentenza Cimade e GISTI (C‑179/11, EU:C:2012:594).


64 V. sentenza M.M. (C‑277/11, EU:C:2012:744, punto 81).


65 V. sentenza M.M. (C‑277/11, EU:C:2012:744, punto 82), nella quale la Corte fa riferimento altresì al diritto a una buona amministrazione garantito dall’articolo 41 della Carta.


66 V. sentenza M.M. (C‑277/11, EU:C:2012:744, punto 85).


67 V. Corte eur. D.U., sentenza Mohammed c. Austria, n. 2283/12, del 6 giugno 2013, punti 69 e 70.


68 V. supra, paragrafi 31 e 32.


69 V., per analogia, sentenza Commissione e a./Kadi (C‑584/11 P, C‑593/11 P e C‑595/11 P, EU:C:2013:518, punto 119).


70 V., per analogia, sentenza Samba Diouf (C‑69/10, EU:C:2011:524, punto 60).


71 V. supra, paragrafi da 68 a 74.