Language of document : ECLI:EU:C:2020:156

SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

4 marzo 2020 (*)

«Impugnazione – Marchio dell’Unione europea – Regolamento (CE) n. 207/2009 – Articolo 8, paragrafo 1, lettera b) – Rischio di confusione – Valutazione della somiglianza tra i segni in conflitto – Valutazione globale del rischio di confusione – Considerazione delle condizioni di commercializzazione – Neutralizzazione di una somiglianza fonetica sulla base di differenze visiva e concettuale – Condizioni per la neutralizzazione»

Nella causa C‑328/18 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 17 maggio 2018,

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da J. Crespo Carrillo, in qualità di agente,

ricorrente,

procedimento in cui l’altra parte è:

Equivalenza Manufactory SL, con sede in Barcellona (Spagna), rappresentata da G. Macías Bonilla, G. Marín Raigal ed E. Armero Lavie, abogados,

ricorrente in primo grado,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta da M. Vilaras, presidente di sezione, S. Rodin, D. Šváby, K. Jürimäe (relatrice) e N. Piçarra, giudici,

avvocato generale: H. Saugmandsgaard Øe

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 14 novembre 2019,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con la presente impugnazione, l’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 7 marzo 2018, Equivalenza Manufactory/EUIPO – ITM Entreprises (BLACK LABEL BY EQUIVALENZA) (T‑6/17, non pubblicata; in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2018:119), con cui quest’ultimo ha annullato la decisione della seconda commissione di ricorso dell’EUIPO dell’11 ottobre 2016, riguardante un procedimento di opposizione tra la l’ITM Entreprises SAS e l’Equivalenza Manufactory SL (in prosieguo: la «decisione controversa»).

 Contesto normativo

2        Il regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio [dell’Unione europea] (GU 2009, L 78, pag. 1), è stato abrogato e sostituito, con effetto dal 1° ottobre 2017, dal regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea (GU 2017, L 154, pag. 1). Tuttavia, tenuto conto della data di presentazione della domanda di registrazione oggetto della presente causa, vale a dire il 16 dicembre 2014, che è determinante ai fini dell’individuazione del diritto sostanziale applicabile, la presente controversia è disciplinata dalle disposizioni sostanziali del regolamento n. 207/2009.

3        Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del suddetto regolamento:

«1.      In seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se:

(...)

b)      a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio col marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato; il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore».

 Fatti

4        I fatti all’origine della controversia sono esposti ai punti da 1 a 10 della sentenza impugnata. Ai fini dell’esame dell’impugnazione presentata dall’EUIPO, essi possono essere riassunti come segue.

5        Il 16 dicembre 2014 l’Equivalenza Manufactory presentava all’EUIPO una domanda di registrazione di marchio dell’Unione Europea per il seguente segno figurativo:

Image not found

6        I prodotti per i quali era richiesta la registrazione rientrano, in particolare, nella classe 3 ai sensi dell’Accordo di Nizza concernente la classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come rivisto e modificato, e corrispondono alla seguente descrizione: «Profumi».

7        La domanda di marchio dell’Unione europea è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 240/2014, del 19 dicembre 2014.

8        Il 18 marzo 2015 l’ITM Entreprises presentava opposizione alla registrazione del marchio richiesta per i prodotti di cui al punto 6 della presente sentenza, deducendo un rischio di confusione ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

9        L’opposizione si fondava, in particolare, sul marchio figurativo anteriore di seguito riprodotto, oggetto della registrazione internazionale n. 1079410, che designa il Belgio, la Bulgaria, la Repubblica ceca, la Danimarca, l’Estonia, la Grecia, la Croazia, la Lettonia, la Lituania, il Lussemburgo, l’Ungheria, i Paesi Bassi, l’Austria, la Polonia, il Portogallo, la Romania, la Slovenia e la Slovacchia, registrato il 1° aprile 2011 e avente ad oggetto le «[a]cque di Colonia, [i] deodoranti personali (profumo) [e i] profumi»:

Image not found

10      Con decisione del 2 marzo 2016, la divisione di opposizione accoglieva l’opposizione proposta dall’ITM Enterprises in ragione della sussistenza di un rischio di confusione per il pubblico di riferimento nella Repubblica ceca, in Ungheria, in Polonia e in Slovenia.

11      Con la decisione controversa la seconda commissione di ricorso dell’EUIPO respingeva il ricorso presentato dall’Equivalenza Manufactory avverso la decisione della divisione di opposizione. Detta commissione di ricorso stabiliva che il pubblico di riferimento era composto dal grande pubblico dei quattro Stati membri di cui trattasi, dotato di un livello di attenzione medio, e che i prodotti in causa erano identici. Quanto al confronto dei segni in conflitto, essa ravvisava un grado medio di somiglianza visiva e fonetica e talune differenze dal punto di vista concettuale. Al termine di una valutazione globale del rischio di confusione, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, essa concludeva nel senso che per il pubblico di riferimento un tale rischio sussisteva.

 Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

12      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 4 gennaio 2017, l’Equivalenza Manufactory proponeva ricorso chiedendo l’annullamento della decisione controversa.

13      A sostegno del suo ricorso essa deduceva un unico motivo, attinente alla violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

14      Nella sentenza impugnata, in un primo tempo, il Tribunale rilevava che i segni in conflitto producevano un’impressione complessiva diversa sul piano visivo, che presentavano un grado medio di somiglianza fonetica e che esisteva una differenza concettuale tra di essi in conseguenza della presenza, nel segno di cui si chiedeva la registrazione, della parola «nero» e dell’elemento «by equivalenza». In un secondo tempo il Tribunale, nel valutare la somiglianza di tali segni nel complesso, e tenendo conto delle condizioni di commercializzazione dei prodotti di cui trattasi, riteneva che, a causa delle loro differenze sui piani visivo e concettuale, detti segni non fossero simili nell’accezione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

15      In mancanza di una delle condizioni cumulative di applicazione di detta disposizione, al punto 56 della sentenza impugnata il Tribunale statuiva che la commissione di ricorso, riconoscendo la sussistenza di un rischio di confusione ai sensi della disposizioni succitata, era incorsa in un errore di diritto.

16      Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha dunque accolto il motivo unico sollevato dall’Equivalenza Manufactory e, per l’effetto, ha annullato la decisione impugnata.

 Conclusioni delle parti

17      Con la sua impugnazione, l’EUIPO chiede che la Corte voglia:

–        annullare la sentenza impugnata, e

–        condannare l’Equivalenza Manufactory alle spese.

18      L’Equivalenza Manufactory chiede che la Corte voglia:

–        respingere l’impugnazione, e

–        condannare l’EUIPO alle spese.

 Sull’impugnazione

19      A sostegno della sua impugnazione, l’EUIPO deduce un motivo unico, attinente alla violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009. Tale motivo si articola in quattro capi.

 Sul primo capo del motivo unico

 Argomenti delle parti

20      Con il primo capo del motivo unico dell’impugnazione, l’EUIPO sostiene che il confronto dei segni in conflitto sul piano visivo svolto dal Tribunale è viziato da una contraddizione nella motivazione.

21      Infatti, da un lato, ritenendo, al punto 29 della sentenza impugnata, che la commissione di ricorso non potesse concludere nel senso dell’assenza di qualsiasi somiglianza tra i segni in conflitto a causa della presenza, in entrambi i segni, delle cinque lettere «l», «a», «b», «e» e «l», scritte in lettere maiuscole di colore bianco, il Tribunale avrebbe confermato l’esistenza di una debole somiglianza visiva tra tali segni. D’altro canto, affermando, ai punti 32 e 33 di tale sentenza, che l’impressione complessiva prodotta da ciascuno di tali segni era differente sul piano visivo, il Tribunale avrebbe implicitamente escluso qualsiasi riscontro di somiglianza visiva tra gli stessi segni.

22      L’EUIPO aggiunge, peraltro, che l’elemento «label», comune tra i segni in conflitto, è privo di significato per il pubblico di riferimento ed è quindi distintivo.

23      L’Equivalenza Manufactory replica che il Tribunale ha correttamente considerato, senza contraddirsi, che i pochi elementi di somiglianza visiva erano insufficienti per controbilanciare le evidenti differenze visive tra i segni in conflitto. Occorrerebbe infatti procedere al confronto visivo di questi segni con riferimento a tutti gli elementi, sia verbali che grafici, di cui tali segni sono composti.

24      La circostanza, addotta dall’EUIPO, che l’elemento «label», comune tra i segni in conflitto, sia distintivo non implicherebbe che esso costituisca l’unico elemento che conferisce a tali segni carattere distintivo o che ne sia l’elemento dominante. In ogni caso, questo argomento rientrerebbe piuttosto nell’alveo di un confronto concettuale.

 Giudizio della Corte

25      Occorre anzitutto ricordare che la questione mirante a stabilire se la motivazione di una sentenza del Tribunale sia contraddittoria o insufficiente costituisce una questione di diritto che può essere dedotta in sede di impugnazione (sentenze del 18 dicembre 2008, Les Éditions Albert René/UAMI, C‑16/06 P, EU:C:2008:739, punto 74, e del 5 luglio 2011, Edwin/EUIPO, C‑263/09 P, EU:C:2011:452, punto 63 e giurisprudenza ivi citata).

26      Al punto 29 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato che le dichiarazioni della commissione di ricorso, esposte al punto 28 della stessa sentenza, secondo cui, da un lato, i segni in conflitto avevano in comune le cinque lettere «l», «a», «b», «e» e «l», e dall’altro, l’elemento «black label» del segno per il quale si chiede la registrazione e l’elemento «labell» del marchio anteriore erano scritti in lettere maiuscole di colore bianco, «non potevano portare [tale commissione] a concludere per l’assenza di qualsiasi somiglianza tra i segni in conflitto». Così facendo, il Tribunale ha lasciato intendere che, come giustamente rileva l’EUIPO, tali segni fossero, per lo meno debolmente, simili.

27      Orbene, al punto 32 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che, nonostante tali elementi di somiglianza, i segni in conflitto producevano un’impressione complessiva differente sul piano visivo. Il Tribunale ha così escluso qualsiasi riscontro di somiglianza, ancorché lieve, tra questi segni.

28      Ne consegue che, da un lato, suggerendo che i segni in conflitto fossero, almeno debolmente, simili sul piano visivo e, dall’altro, escludendo qualsiasi somiglianza visiva tra loro, il Tribunale ha effettuato una valutazione viziata da una motivazione contraddittoria.

29      Tale conclusione non è messa in discussione dall’argomento dell’Equivalenza Manufactory secondo cui il Tribunale ha correttamente ritenuto che gli elementi di somiglianza visiva riscontrati fossero insufficienti a compensare le differenze visive tra i segni in conflitto. Tale argomento si basa infatti su una lettura errata della sentenza impugnata. Così, come risulta dal punto 26 della presente sentenza, il Tribunale non si è limitato a rilevare alcuni elementi di somiglianza visiva tra i segni in conflitto. Al contrario, esso ha affermato, implicitamente ma chiaramente, al punto 29 della sentenza impugnata, che tali elementi implicavano la constatazione di una somiglianza visiva, almeno lieve, tra tali segni, contraddicendo così la conclusione tratta al punto 32 della stessa sentenza.

30      Alla luce delle considerazioni che precedono, il primo capo del motivo unico di impugnazione deve essere accolto.

 Sul secondo capo del motivo unico

 Argomenti delle parti

31      Con il secondo capo del motivo unico dell’impugnazione, l’EUIPO revoca in dubbio la fondatezza del confronto concettuale dei segni in conflitto effettuato dal Tribunale.

32      Da un lato, il Tribunale avrebbe omesso di tener conto delle significative sfumature esposte dalla commissione di ricorso ai punti 28 e 31 della decisione impugnata, dalle quali emergerebbe che la differenza concettuale individuata da tale commissione era limitata e, in definitiva, irrilevante. Per contro, il Tribunale avrebbe dichiarato, ai punti 45 e 54 della sentenza impugnata, che vi è una differenza tra i segni in conflitto sul piano concettuale. Esso avrebbe omesso di motivare questo scostamento dalle considerazioni più sfumate contenute in tale decisione.

33      Dall’altro lato, il Tribunale avrebbe violato il tenore della sua sentenza del 30 novembre 2006, Camper/UAMI – JC (BROTHERS by CAMPER) (T‑43/05, non pubblicata, EU:T:2006:370, punto 79), che avrebbe esso stesso citato, e ignorato le conclusioni che la commissione di ricorso ne aveva tratto al punto 28 della decisione controversa.

34      L’Equivalenza Manufactory contesta la fondatezza di questo capo del motivo.

 Giudizio della Corte

35      Ai punti da 42 a 46 della sentenza impugnata il Tribunale ha statuito che la commissione di ricorso aveva correttamente rilevato che esisteva una differenza tra i segni in conflitto sul piano concettuale «derivante dalla presenza, nel segno [per il quale si chiede la registrazione], della parola “black” e dell’elemento “by equivalenza”».

36      Tuttavia, come sostenuto dall’EUIPO, dalla lettura dei punti 28 e 31 della decisione impugnata risulta che la commissione di ricorso aveva rilevato una differenza concettuale tra tali segni solo nei limiti in cui il segno per il quale si chiede la registrazione conteneva l’aggettivo «black».

37      Ne consegue che il Tribunale ha ritrascritto erroneamente la conclusione tratta dalla commissione di ricorso.

38      Tuttavia, nulla ostava a che il Tribunale, nel caso di specie, procedesse alla propria valutazione della somiglianza dei segni in conflitto sul piano concettuale, poiché questa era stata contestata dinanzi ad esso (v., in tal senso, sentenza del 18 dicembre 2008, Les Éditions Albert René/UAMI, C‑16/06 P, EU:C:2008:739, punti 47 e 48).

39      Ne consegue che l’argomento basato sull’errore, come esso è stato rilevato al punto 37 della presente sentenza, deve essere respinto in quanto inconferente.

40      Per di più, laddove l’EUIPO contesta dinanzi alla Corte la valutazione svolta dal Tribunale quanto alla somiglianza concettuale dei segni in conflitto, occorre rilevare che tale valutazione rientra in una valutazione fattuale che, salvo per uno snaturamento, esula dalla competenza della Corte in sede di impugnazione (v., in tal senso, sentenza del 2 settembre 2010, Calvin Klein Trademark Trust/UAMI, C‑254/09 P, EU:C:2010:488, punto 50). Poiché l’EUIPO non ha dimostrato, e neppure lamentato, alcuno snaturamento, tale argomento deve essere respinto in quanto irricevibile.

41      Di conseguenza, il secondo capo del motivo unico d’impugnazione deve essere respinto in quanto in parte irricevibile e in parte inconferente.

 Sul terzo e quarto capo del motivo unico

 Argomenti delle parti

42      Con il terzo capo del suo motivo d’impugnazione, l’EUIPO addebita al Tribunale di aver violato l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 in ragione di un errore metodologico, in quanto ha esaminato le condizioni di commercializzazione dei prodotti in causa e le abitudini di acquisto del pubblico di riferimento nella fase della valutazione della somiglianza dei segni confliggenti.

43      Orbene, la valutazione del grado di somiglianza tra tali segni dovrebbe essere effettuata in modo obiettivo, senza tener conto delle abitudini di acquisto del pubblico di riferimento o delle condizioni in cui i prodotti in causa sono messi in commercio. Secondo la sentenza del 22 giugno 1999, Lloyd Schuhfabrik Meyer (C‑342/97, EU:C:1999:323, punto 27), solo dopo che tale grado sia stato oggettivamente determinato si dovrebbe, nella fase della valutazione globale del rischio di confusione, esaminare le condizioni di commercializzazione dei prodotti in questione e valutare la rilevanza che occorre attribuire, alla luce di tali condizioni, all’uno o all’altro grado di somiglianza visuale, fonetica o concettuale.

44      Il metodo seguito dal Tribunale porterebbe inoltre a risultati assurdi, in quanto, a seconda dei prodotti in questione, i segni verrebbero dichiarati simili o meno.

45      Con il quarto capo di tale motivo, l’EUIPO censura il Tribunale per aver violato l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 incorrendo in vari errori di diritto che incidono sulla valutazione della somiglianza tra i segni in conflitto.

46      In primo luogo, l’EUIPO contesta il metodo seguito dal Tribunale, in quanto quest’ultimo avrebbe omesso di tener conto, nella valutazione complessiva, dell’insieme degli elementi di somiglianza e di diversità presenti tra i segni in conflitto. Infatti, al punto 28 della sentenza impugnata, il Tribunale ha escluso prematuramente dal suo esame tutti gli elementi di somiglianza visiva tra questi segni a causa delle differenze visive rilevate in una prima valutazione complessiva di tali segni. Al punto 53 della sentenza summenzionata, esso si sarebbe poi servito delle stesse differenze visive ai fini di una seconda valutazione d’insieme dei medesimi segni per neutralizzare la loro somiglianza fonetica. Questa doppia neutralizzazione, basata sugli stessi elementi di differenza e sull’impressione complessiva prodotta dai segni in conflitto, costituirebbe un errore di diritto e snaturerebbe i principi giurisprudenziali.

47      In secondo luogo, l’EUIPO sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di metodo in quanto ha neutralizzato la somiglianza fonetica media dei segni in conflitto nella fase di valutazione della somiglianza di tali segni e ha abbandonato prematuramente qualsiasi valutazione globale del rischio di confusione.

48      Infatti, anzitutto, la neutralizzazione di somiglianze visive e/o fonetiche in ragione delle differenze concettuali dovrebbe avvenire nella fase della valutazione globale del rischio di confusione, compiuta sulla base dell’insieme degli elementi di somiglianza e diversità inizialmente rilevati. Questa neutralizzazione non può consistere nell’ignorare semplicemente le similitudini precedentemente rilevate.

49      Poi, non si può escludere che la mera somiglianza fonetica dei segni in conflitto possa ingenerare un rischio di confusione, la cui esistenza dovrebbe essere esaminata al termine di una valutazione globale di tale rischio.

50      Infine, la valutazione globale del rischio di confusione potrebbe essere omessa solo qualora si escludesse qualsiasi somiglianza, ancorché minima, tra i segni in conflitto, il che non si verificherebbe qualora si riscontri un grado di somiglianza per quanto riguarda uno dei tre aspetti rilevanti, ossia visivo, fonetico o concettuale. Laddove si riscontri una certa somiglianza, ancorché minima, dovrebbe procedersi ad una valutazione globale del rischio di confusione.

51      L’Equivalenza Manufactory contesta la fondatezza del terzo e del quarto capo del motivo unico dell’impugnazione.

52      Per quanto riguarda il terzo capo del motivo, sebbene l’Equivalenza Manufactory ammetta, in sostanza, le spiegazioni dell’EUIPO, riassunte al punto 43 della presente sentenza, per quanto riguarda il metodo di analisi, come esso emergerebbe dalla sentenza del 22 giugno 1999, Lloyd Schuhfabrik Meyer (C‑342/97, EU:C:1999:323), essa ritiene tuttavia che il Tribunale si sia conformato a tale metodo nella presente causa. Infatti, in un primo momento, il Tribunale avrebbe valutato in maniera individualizzata, oggettiva e dettagliata i gradi di somiglianza, sui piani visivo, fonetico e concettuale, dei segni in conflitto, per poi procedere, in un secondo tempo, alla valutazione globale della loro somiglianza o all’analisi del rischio di confusione, tenendo conto, solo in tale ultima fase, delle abitudini di acquisto del pubblico di riferimento.

53      Per quanto riguarda il quarto capo del motivo, l’Equivalenza Manufactury sottolinea innanzi tutto che, al fine di valutare il grado di somiglianza tra due segni confliggenti, può essere opportuno valutare l’importanza da attribuire agli aspetti visivo, fonetico e concettuale, tenendo conto della categoria di prodotti in questione e delle condizioni della loro commercializzazione. Orbene, come correttamente ricordato dal Tribunale al punto 51 della sentenza impugnata, tali prodotti, vale a dire profumi, sarebbero sempre visionati prima di essere acquistati. Occorrerebbe pertanto attribuire maggiore importanza alle somiglianze visive nel contesto della valutazione della somiglianza dei segni in conflitto nel loro complesso o della valutazione globale del rischio di confusione.

54      In primo luogo, criticando la mancanza di chiarezza degli argomenti dell’EUIPO, l’Equivalenza Manufactory sostiene che il metodo applicato dal Tribunale non è viziato da alcun errore di diritto. Il Tribunale avrebbe effettuato due valutazioni distinte, considerando, anzitutto, che i segni in conflitto erano diversi sul piano visivo in virtù dei loro elementi di somiglianza e di difformità visive e, poi, che tali segni erano complessivamente diversi in ragione delle loro significative differenze sui piani visivo e concettuale, a prescindere dalle somiglianze secondarie prese in considerazione, e tenuto conto dell’esigua incidenza dell’aspetto fonetico per la categoria di prodotti in esame.

55      In secondo luogo, l’Equivalenza Manufactory adduce che da un’interpretazione teleologica dei punti 46 e seguenti della sentenza impugnata si evince che il Tribunale ha effettuato una valutazione globale del rischio di confusione. In ogni caso, il Tribunale sarebbe giunto alla stessa conclusione se avesse tenuto conto delle rare somiglianze tra i segni in conflitto nella fase di valutazione della somiglianza di tali segni nel loro complesso o, successivamente, nella fase della valutazione globale del rischio di confusione.

 Giudizio della Corte

56      Con il terzo e il quarto capo del motivo unico dell’impugnazione, che devono essere considerati congiuntamente, l’EUIPO contesta sostanzialmente il Tribunale per aver utilizzato un metodo errato di esame del rischio di confusione ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009. L’EUIPO considera quindi che il Tribunale non poteva, nella fase di valutazione della somiglianza dei segni in conflitto nel loro insieme, prendere in considerazione le modalità di commercializzazione dei prodotti in questione e neutralizzare le somiglianze tra tali segni al fine di escludere qualsiasi somiglianza tra di essi e rinunciare ad una valutazione globale del rischio di confusione.

57      A tale proposito occorre ricordare che, per costante giurisprudenza della Corte, l’esistenza di un rischio di confusione per il pubblico deve essere oggetto di valutazione globale, in considerazione di tutti i fattori pertinenti del caso di specie (sentenze dell’11 novembre 1997, SABEL, C‑251/95, EU:C:1997:528, punto 22, e dell’8 maggio 2014, Bimbo/UAMI, C‑591/12 P, EU:C:2014:305, punto 20), tra i quali figurano in particolare il grado di somiglianza tra i segni in conflitto e tra i prodotti o i servizi designati in causa, nonché l’intensità della notorietà e il grado del carattere distintivo, intrinseco o acquisito mediante l’uso, del marchio anteriore (sentenza del 24 marzo 2011, Ferrero/UAMI, C‑552/09, EU:C:2011:177, punto 64).

58      La valutazione globale del rischio di confusione deve fondarsi, per quanto riguarda la somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei segni in conflitto, sull’impressione complessiva da essi prodotta. La percezione dei segni da parte del consumatore medio dei prodotti o dei servizi di cui trattasi svolge un ruolo determinante nella valutazione globale di tale rischio. A questo proposito, il consumatore medio percepisce di norma un marchio come un tutt’uno e non effettua un esame dei suoi singoli elementi (sentenze dell’11 novembre 1997, SABEL, C‑251/95, EU:C:1997:528, punto 23; del 22 giugno 1999, Lloyd Schuhfabrik Meyer, C‑342/97, EU:C:1999:323, punto 25 e del 22 ottobre 2015, BGW, C‑20/14, EU:C:2015:714, punto 35).

59      Questa valutazione globale del rischio di confusione implica una certa interdipendenza tra i fattori che entrano in considerazione e, in particolare, la somiglianza dei segni confliggenti e quella dei prodotti o dei servizi in oggetto. Così, un tenue grado di somiglianza tra i prodotti o i servizi in causa può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i segni in conflitto e viceversa (sentenze del 22 giugno 1999, Lloyd Schuhfabrik Meyer, C‑342/97, EU:C:1999:323, punto 19, e del 18 dicembre 2008, Les Éditions Albert René/UAMI, C‑16/06 P, EU:C:2008:739, punto 46 e giurisprudenza ivi citata).

60      Ciò premesso, in assenza di qualsiasi somiglianza tra il marchio anteriore e il segno di cui è richiesta la registrazione, la notorietà o la rinomanza del marchio anteriore, l’identità o la somiglianza dei prodotti o servizi considerati non sono sufficienti per constatare un rischio di confusione ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 (v, in tal senso, sentenze del 12 ottobre 2004, Vedial/UAMI, C‑106/03 P, EU:C:2004:611, punto 54, e del 2 settembre 2010, Calvin Klein Trademark Trust/UAMI, C‑254/09 P, EU:C:2010:488, punto 53). Infatti, l’identità o la somiglianza dei segni in conflitto è una condizione necessaria per l’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009. Di conseguenza, tale disposizione è manifestamente inapplicabile quando il Tribunale esclude qualsiasi somiglianza tra i segni in conflitto. È soltanto nell’ipotesi in cui tali segni presentino una certa somiglianza, ancorché tenue, che spetta al suddetto giudice procedere a una valutazione globale al fine di stabilire se, nonostante il tenue grado di somiglianza esistente tra di essi, la presenza di altri fattori pertinenti, quali la notorietà o la rinomanza del marchio anteriore, possa dar adito a un rischio di confusione per il pubblico di riferimento (v., in tal senso, sentenza del 24 marzo 2011, Ferrero/UAMI, C‑552/09 P, EU:C:2011:177, punti 65 e 66, nonché la giurisprudenza citata).

61      Nel caso di specie, è in conformità alla giurisprudenza citata al punto precedente di questa sentenza, la quale è, in sostanza, richiamata al punto 16 della sentenza impugnata, che il Tribunale ha statuito, ai punti 55 e 56 di tale sentenza, che, atteso che i segni in conflitto non erano simili secondo un’impressione generale, mancava una delle condizioni cumulative per l’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, sicché la commissione di ricorso aveva commesso un errore di diritto nel ritenere che sussistesse un rischio di confusione.

62      Il Tribunale è giunto a questa conclusione dopo un’analisi che, in pratica, comportava due fasi.

63      Inizialmente, ai punti da 26 a 45 della sentenza impugnata, il Tribunale ha proceduto al raffronto dei segni in conflitto sui piani visivo, fonetico e concettuale. In sostanza, ai punti 32, 39 e 45 della sentenza impugnata, ha constatato che i segni in conflitto erano visivamente e concettualmente dissimili, ma presentavano un grado medio di somiglianza fonetica.

64      Successivamente, ai punti da 46 a 54 della sentenza impugnata, il Tribunale ha valutato la somiglianza dei segni in conflitto nel loro insieme, che è oggetto dei presenti capi del motivo unico.

65      In tale contesto esso ha ritenuto, come emerge dai punti 48 e da 51 a 53 di tale sentenza, che, tenuto conto delle condizioni di commercializzazione dei prodotti di cui trattasi, l’aspetto visivo dei segni in conflitto, riguardo al quale tali segni erano diversi, era più importante per valutare l’impressione complessiva da essi prodotta rispetto agli aspetti fonetico e concettuale di tali segni. Inoltre, al punto 54 di tale sentenza il Tribunale ha rilevato che i segni in conflitto erano concettualmente diversi in virtù della presenza, nel segno per il quale si chiede la registrazione, degli elementi «black» e «by equivalenza».

66      Di conseguenza, dalla sentenza impugnata si evince che il Tribunale ha rinunciato a effettuare la valutazione complessiva del rischio di confusione sulla base del rilievo che i segni in conflitto, secondo un’impressione generale, non erano simili. A seguito di una valutazione della somiglianza di tali segni nel loro insieme, esso ha infatti tratto in sostanza la conclusione che, a dispetto del loro grado medio di somiglianza fonetica, tali segni non erano simili a causa delle loro differenze visive, preponderanti rispetto alle condizioni di commercializzazione, e concettuali.

67      Questa constatazione è viziata da errori di diritto.

68      Sul punto, in primo luogo, giova rammentare che la Corte ha statuito come, al fine di valutare il grado di somiglianza esistente tra i segni confliggenti, occorra determinare il loro grado di somiglianza visiva, fonetica e concettuale e, eventualmente, vagliare la rilevanza che occorre attribuire a questi diversi elementi, tenendo conto della categoria di prodotti o di servizi di cui trattasi o delle condizioni in cui essi sono messi in commercio (sentenze del 22 giugno 1999, Lloyd Schuhfabrik Meyer, C‑342/97, EU:C:1999:323, punto 27, e del 12 giugno 2007, UAMI/Shaker, C‑334/05 P, EU:C:2007:333, punto 36).

69      Invero, come l’avvocato generale ha sostanzialmente illustrato ai paragrafi da 53 a 55 delle sue conclusioni, tale giurisprudenza ha generato applicazioni divergenti da parte del giudice dell’Unione, nel senso che le condizioni di commercializzazione sono state prese in considerazione, a seconda dei casi, nella fase della valutazione della somiglianza tra i segni confliggenti o della valutazione globale del rischio di confusione.

70      Tuttavia, occorre precisare che, sebbene le condizioni di commercializzazione costituiscano un fattore rilevante ai fini dell’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, la loro considerazione rientra nella fase della valutazione globale del rischio di confusione e non in quella della valutazione della somiglianza dei segni in conflitto.

71      Come ha osservato l’avvocato generale ai paragrafi 69, 73 e 74 delle sue conclusioni, la valutazione della somiglianza dei segni in conflitto, che costituisce solo una delle fasi d’esame del rischio di confusione ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, comporta il confronto dei segni in conflitto onde determinare se tali segni presentino un grado di somiglianza su uno tra i piani visivo, fonetico e concettuale. Per quanto tale confronto debba fondarsi sull’impressione complessiva che detti segni lasciano nella memoria del pubblico di riferimento, esso deve cionondimeno essere operato alla luce delle qualità intrinseche dei segni in conflitto (v., per analogia, sentenza del 2 settembre 2010, Calvin Klein Trademark Trust/UAMI, C‑254/09 P, EU:C:2010:488, punto46).

72      Tuttavia, come l’EUIPO giustamente sottolinea, tenere conto delle condizioni di commercializzazione dei prodotti o servizi coperti da due segni confliggenti ai fini del confronto di tali segni potrebbe sfociare nell’assurdo risultato che i medesimi segni potrebbero essere qualificati come simili o diversi in funzione dei prodotti e servizi che riguardano e delle condizioni in cui questi ultimi sono commercializzati.

73      Da quanto precede consegue che il Tribunale è incorso in un errore di diritto prendendo in considerazione, ai punti da 48 a 53 e 55 della sentenza impugnata, le condizioni di commercializzazione dei prodotti in causa nella fase di valutazione della somiglianza dei segni in conflitto nel loro insieme e facendo prevalere, in ragione di tali condizioni, le differenze visive tra tali segni rispetto alla loro somiglianza fonetica.

74      In secondo luogo, laddove il Tribunale ha evidenziato, nella fase della sua valutazione della somiglianza dei segni confliggenti nel loro complesso, anche la loro differenza concettuale, giova rammentare che, per la giurisprudenza della Corte, la valutazione globale del rischio di confusione implica che le differenze concettuali tra i segni confliggenti possano neutralizzare determinate somiglianze fonetiche e visive tra tali due segni, purché almeno uno di questi segni, per il pubblico di riferimento, rivesta un significato chiaro e determinato, tale che questo pubblico possa coglierlo direttamente (sentenze del 18 dicembre 2008, Les Éditions Albert René/UAMI, C‑16/06 P, EU:C:2008:739, punto punto 98; v. altresì, in tal senso, sentenze del 12 gennaio 2006, Ruiz-Picasso e a./UAMI, C‑361/04 P, EU:C:2006:25, punto 20, e del 23 marzo 2006, Mülhens/UAMI, C‑206/04 P, EU:C:2006:194, punto 35).

75      Al riguardo, al punto 44 della sentenza del 5 ottobre 2017, Wolf Oil/EUIPO (C‑437/16 P, non pubblicata, EU:C:2017:737), la Corte ha statuito che la valutazione delle condizioni per tale neutralizzazione si integra nella valutazione della somiglianza dei segni in conflitto dopo la valutazione dei gradi di somiglianza sui piani visivo, fonetico e concettuale. Va tuttavia precisato che questa considerazione è intrinsecamente connessa all’ipotesi, eccezionale, in cui almeno uno dei segni in conflitto possieda, dal punto di vista del pubblico di riferimento, un significato chiaro e definito che possa essere direttamente colto da quel pubblico. Ne consegue che è solo se ricorrono tali condizioni che, conformemente alla giurisprudenza citata al punto precedente della presente sentenza, il Tribunale può risparmiarsi la valutazione globale del rischio di confusione per il fatto che, a causa delle marcate differenze concettuali tra i segni in conflitto e del significato chiaro, definito e direttamente intellegibile per il pubblico di riferimento di almeno uno di tali segni, questi ultimi producono un’impressione complessiva diversa, nonostante l’esistenza, tra di essi, di taluni elementi di somiglianza sui piani visivo o fonetico.

76      Per contro, mancando entrambi i segni confliggenti di un siffatto significato chiaro, definito e direttamente intellegibile per il pubblico di riferimento, il Tribunale non può procedere a una neutralizzazione omettendo un’analisi globale del rischio di confusione. In tal caso, invece, detto giudice è tenuto a effettuare un’analisi globale di tale rischio, tenendo conto di tutti gli elementi di somiglianza e di differenza individuati allo stesso titolo di tutti gli altri elementi rilevanti, come il grado di attenzione del pubblico di riferimento (v., in tal senso, sentenza del 12 gennaio 2006, Ruiz-Picasso e a./UAMI, C‑361/04 P, EU:C:2006:25, punti 21 e 23) o il grado di carattere distintivo del marchio anteriore.

77      Ne consegue che il Tribunale è incorso in un errore di diritto in quanto, ai punti 54 e 55 della sentenza impugnata, ha inteso neutralizzare la somiglianza dei segni in conflitto sul piano fonetico alla luce della loro dissomiglianza concettuale e ha rinunciato all’analisi globale del rischio di confusione, pur non avendo affatto constatato, e neppure verificato, che nel caso di specie almeno uno dei segni in questione avesse un significato chiaro e definito per il pubblico di riferimento tale che quest’ultimo potesse coglierlo direttamente.

78      Da quanto sopra risulta che occorre accogliere il terzo e il quarto capo del motivo unico di impugnazione senza che occorra prendere in considerazione gli altri argomenti addotti dall’EUIPO in merito a una presunta doppia neutralizzazione delle somiglianze visive tra i segni in conflitto.

79      Pertanto, tenuto conto delle conclusioni tratte ai punti 30 e 78 della presente sentenza, la sentenza impugnata deve essere annullata.

 Sul ricorso dinanzi al Tribunale

80      Ai sensi dell’articolo 61, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, in caso di annullamento della decisione del Tribunale, la Corte stessa può statuire definitivamente sulla controversia, qualora lo stato degli atti lo consenta. Tale ipotesi ricorre nel caso di specie.

 Argomenti delle parti

81      Per corroborare la sua domanda di annullamento della decisione impugnata, l’Equivalenza Manufactory deduce che la commissione di ricorso ha commesso errori di valutazione nella fase della comparazione dei segni confliggenti sul piano visivo, fonetico e concettuale, viziando in tal modo la valutazione globale del rischio di confusione.

82      In primo luogo, per quanto attiene al confronto dei segni in conflitto, l’Equivalenza Manufactory afferma che la commissione di ricorso ha errato nel ritenere che tali segni fossero simili sul piano visivo. In sostanza, tale commissione avrebbe ingiustamente ridotto il segno per il quale si chiede la registrazione all’elemento verbale «label», e più specificamente alle cinque lettere che lo compongono, tralasciando il valore e il carattere distintivo degli altri suoi elementi verbali e figurativi.

83      Sul piano fonetico, atteso che i segni in conflitto possiederebbero un’intonazione e un ritmo diversi, essi produrrebbero un suono chiaramente diverso.

84      Concettualmente, le parole «label» e «black» sarebbero parole comuni nella lingua inglese, comprese dai consumatori di riferimento, mentre la parola «labell» non avrebbe alcun significato e sarebbe quindi considerata una parola di fantasia. La commissione di ricorso, pur avendo giustamente ritenuto che tali segni fossero diversi sotto questo profilo, avrebbe tuttavia omesso di riconoscere un peso sufficiente a tale differenza nel contesto del confronto di tali segni.

85      In secondo luogo, per quanto riguarda la valutazione globale del rischio di confusione, l’Equivalenza Manufactory sostiene che le differenze tra i segni in conflitto sono più importanti dei loro elementi di somiglianza. Molti profumi verrebbero commercializzati con segni contenenti l’elemento verbale «label», sicché il pubblico di riferimento sarebbe in grado di identificare questo termine. Un elenco di marchi prodotto in giudizio dall’Equivalenza Manufactory lo attesterebbe. Occorrerebbe tener conto del fatto che i profumi si acquistano sempre a vista. Non si potrebbe ritenere che il segno per il quale si chiede la registrazione sia percepito come una variante del marchio anteriore, viste le differenze tra gli elementi visivi dei segni in conflitto, che sono segni figurativi.

86      L’EUIPO contesta tutti questi argomenti.

 Giudizio della Corte

87      In limine va ricordato che è pacifico tra le parti che il pubblico di riferimento è composto dal grande pubblico della Repubblica ceca, dell’Ungheria, della Polonia e della Slovenia, dotato di un livello medio di attenzione. È parimenti incontestato tra le parti che i prodotti in causa sono identici.

88      Per quanto riguarda il confronto dei segni in conflitto, la commissione di ricorso ha ritenuto, ai punti da 24 a 28 della decisione impugnata, che tali segni presentassero un grado medio di somiglianza sui piani visivo e fonetico e che, atteso che l’aggettivo «black» sarebbe capito dal pubblico di riferimento, essi fossero diversi sul piano concettuale.

89      A questo proposito, va osservato che il segno per il quale si chiede la registrazione è un segno figurativo costituito dall’elemento verbale «black label», scritto in lettere maiuscole bianche al centro di un quadrilatero di colore nero sormontato da due foglie stilizzate. Nella parte inferiore di questo segno appaiono le parole «by equivalenza», scritte in diagonale in un carattere più piccolo di colore nero su sfondo bianco. Gli elementi figurativi del citato segno, così come la stilizzazione dei suoi elementi verbali, sono relativamente semplici. In considerazione della sua collocazione centrale e delle sue dimensioni, l’elemento verbale «black label» rappresenta l’elemento dominante del segno stesso in quanto attirerà particolarmente l’attenzione del consumatore. Questo elemento appare come un tutt’uno, nel cui contesto l’aggettivo «black» è messo in luce poiché figura, in grassetto, all’inizio di detto elemento.

90      Il marchio anteriore contiene l’elemento verbale «labell» scritto in lettere maiuscole bianche in un ovale blu. La sua forma ovale, il suo colore e il carattere utilizzato sono poco originali. La collocazione della parola «labell» al centro di questa forma, così come il contrasto tra il colore bianco di queste lettere in relazione allo sfondo blu, tendono ad evidenziare l’elemento verbale «labell».

91      In primo luogo sembra che, sul piano visivo, i segni confliggenti condividano le cinque lettere «l», «a», «b», «e» e «l», che appaiono in lettere maiuscole di colore bianco e con un carattere banale su sfondo più scuro. Tali lettere costituiscono uno degli elementi verbali del segno per il quale si chiede la registrazione e le prime cinque lettere dell’elemento verbale unico, composto da sei lettere in tutto, e dominante, di cui è costituito il marchio anteriore.

92      Per contro, i segni in conflitto differiscono, da un lato, per i loro colori e per i loro elementi grafici. Date le loro dimensioni, questi elementi occupano un posto non trascurabile nell’impressione visiva di questi segni. Inoltre, mentre la forma quadrilatera e le due foglie stilizzate del segno per il quale si chiede la registrazione sono, di per sé, relativamente semplici, la loro combinazione ha una notevole influenza sull’impressione visiva di quel segno.

93      D’altra parte, i suddetti segni si differenziano per la presenza, nel segno per il quale si chiede la registrazione, della parola «black» e dei termini «by equivalenza». Se questi ultimi occupano una posizione secondaria nel segno per il quale si richiede la registrazione, il primo vi è messo in evidenza dai caratteri in grassetto e dalla sua collocazione centrale.

94      Tenuto conto degli elementi menzionati ai punti da 89 a 93 della presente sentenza, occorre considerare che la commissione di ricorso ha giustamente considerato che i segni in conflitto presentavano un grado medio di somiglianza sul piano visivo.

95      In secondo luogo, sul piano fonetico, i segni in conflitto condividono il termine «label» o «labell», che sarà pronunciato allo stesso modo dal pubblico di riferimento. Tuttavia, essi differiscono per il motivo che, mentre il marchio anteriore è composto dalla sola parola «labell», composta da due sillabe, il segno per il quale si chiede la registrazione è composto da quattro parole e contiene nove sillabe in totale. Tuttavia, al pari della commissione di ricorso, si deve ritenere probabile che i consumatori non pronunceranno le parole «by equivalenza» in quanto esse occupano una posizione secondaria nel segno per il quale si chiede la registrazione e che, in considerazione della lunghezza delle quattro parole, i consumatori tenderanno ad abbreviare l’espressione «black label by equivalenza» pronunciando solo le prime due parole in essa contenute.

96      Quindi la commissione di ricorso non ha commesso un errore di valutazione quando ha tratto la conclusione che i segni in conflitto presentavano un grado medio di somiglianza fonetica.

97      In terzo luogo, sul piano concettuale, è importante rimarcare che non è stato dimostrato che il pubblico di riferimento comprenda il significato della parola inglese «label», sicché occorre considerare che il marchio anteriore sarà percepito come costituito da una parola di fantasia, priva di significato. Al contrario, il pubblico di riferimento intende l’aggettivo «black», quale termine di base nella lingua inglese, come descrittivo di un colore e sarà altresì in grado di capire le parole «by equivalenza» alla stregua di indicazione che i prodotti in questione provengono dall’Equivalenza Manufactory.

98      Alla luce di quanto sopra, risulta che i segni in conflitto presentano un grado medio di somiglianza visiva e fonetica e che questi segni sono diversi sul piano concettuale.

99      Laddove l’Equivalenza Manufactory sostiene che le differenze concettuali tra i segni in conflitto sono tali da neutralizzare le somiglianze tra questi ultimi, è sufficiente constatare che, secondo la giurisprudenza di cui al punto 74 della presente sentenza, una siffatta neutralizzazione richiede che almeno uno dei due segni rivesta, per il pubblico di riferimento, un significato chiaro e definito, in modo che tale pubblico sia in grado di coglierlo direttamente. Orbene, alla luce delle considerazioni svolte al punto 97 della presente sentenza, nel caso di specie tale ipotesi non ricorre.

100    Per quanto riguarda la valutazione globale del rischio di confusione, è pacifico che, come rilevato dalla commissione di ricorso al punto 29 della decisione controversa, il marchio anteriore dispiega un carattere distintivo medio. Occorre inoltre tener conto del fatto che il pubblico di riferimento mostra un livello di attenzione medio e che i prodotti coperti dai segni in conflitto sono identici.

101    Alla luce di tali elementi, la commissione di ricorso ha correttamente deciso, al punto 32 della decisione impugnata, che esiste un rischio di confusione tra i segni in conflitto per il pubblico di riferimento.

102    La mera presenza, nel segno per il quale si chiede la registrazione, dei termini «black» e «by equivalenza» non è sufficiente ad escludere tale rischio. Infatti, per un verso, dai motivi esposti ai punti da 89 a 96 della presente sentenza emerge che, nonostante la presenza di tali termini, i segni in conflitto mostrano, sui piani visivo e fonetico, un grado medio di somiglianza, che viene debitamente preso in considerazione in questa valutazione globale del rischio di confusione. Per un altro verso, l’aggettivo «black» è un termine puramente descrittivo per un colore di base e i termini «by equivalenza» non trovano alcuna indicazione analoga nel marchio anteriore.

103    Alla luce del complesso delle considerazioni che precedono, occorre respingere il motivo unico dedotto dall’Equivalenza Manufactory e, di riflesso, respingere il ricorso.

 Sulle spese

104    Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è accolta e la Corte stessa statuisce definitivamente sulla controversia, quest’ultima statuisce sulle spese. Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, di tale regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, dello stesso, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

105    Nella presente causa, poiché l’EUIPO ha chiesto la condanna dell’Equivalenza Manufactory alle spese, e quest’ultima è risultata soccombente, occorre condannarla a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dall’EUIPO relative sia al procedimento in primo grado nella causa T‑6/17 sia al procedimento d’impugnazione.

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara e statuisce:

1)      La sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 7 marzo 2018, Equivalenza Manufactory/EUIPO – ITM Entreprises (BLACK LABEL BY EQUIVALENZA) (T6/17, non pubblicata, EU:T:2018:119), è annullata.

2)      Il ricorso di annullamento proposto dall’Equivalenza Manufactory SL dinanzi al Tribunale dell’Unione europea nella causa T6/17 è respinto.

3)      L’Equivalenza Manufactory SL sopporterà, oltre alle proprie spese, relative sia al procedimento in primo grado nella causa T6/17 sia al procedimento d’impugnazione, quelle sostenute dall’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) relative a tali procedimenti.

Firme


*      Lingua processuale: lo spagnolo.