Language of document : ECLI:EU:C:2008:466

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 4 settembre 2008 1(1)

Causa C‑185/07

Allianz SpA (ex Riunione Adriatica di Sicurtà SpA) e a.

contro

West Tankers Inc.

(domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dalla House of Lords, Regno Unito)

«Regolamento (CE) n. 44/2001– Ambito di applicazione –Arbitrato – Inibitoria mediante la quale si vieta alla controparte di intraprendere o continuare un procedimento giudiziario in un altro Stato membro in sostituzione di un procedimento arbitrale (anti-suit injunction)»





I –    Introduzione

1.        La House of Lords sottopone alla Corte in via pregiudiziale la questione se un provvedimento inibitorio di procedimenti giudiziari («anti-suit injunction») volto a far rispettare accordi arbitrali sia compatibile con il regolamento (CE) del Consiglio 22 dicembre 2000, n. 44/2001, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (in prosieguo: «il regolamento n. 44/2001)» (2).

2.        Nella causa Turner (3) la Corte ha già deciso, in un diverso contesto, che la Convenzione di Bruxelles (4) osta a qualsiasi inibitoria nei confronti di procedimenti giudiziari. In quella causa si voleva vietare ad una parte di un procedimento pendente in un tribunale statale del Regno Unito di proporre o proseguire un’azione giudiziaria dinanzi ad un organo giurisdizionale di un altro Stato contraente. Ora, invece, la Corte deve decidere se tali divieti siano inammissibili anche qualora siano dettati da ragioni di tutela di procedimenti arbitrali.

3.        Dopo la sentenza Turner, nel Regno Unito i giudici continuano ad emanare inibitorie, quando a loro giudizio una parte processuale, nell’adire un organo giurisdizionale di un altro Stato membro, viola un accordo arbitrale che attribuisce la competenza a un arbitro avente sede nel Regno Unito (5). Essi ritengono che la sentenza Turner non contraddica tale prassi, in quanto il regolamento n. 44/2001 non si applica ai procedimenti arbitrali.

II – Contesto normativo

A –    La Convenzione di New York

4.        Tutti gli Stati membri della Comunità europea sono parti contraenti della Convenzione di New York 10 giugno 1958 per il riconoscimento e l’esecuzione delle sentenze arbitrali straniere (in prosieguo: la «Convenzione di New York») (6).

5.        L’art. I della Convenzione di New York definisce, al primo comma, l’ambito di applicazione ratione materiae:

«La presente Convenzione si applica al riconoscimento e all’esecuzione delle sentenze arbitrali emesse sul territorio di uno Stato diverso da quello dove sono domandati il riconoscimento e l’esecuzione, in controversie tra persone fisiche o giuridiche. Essa è parimenti applicabile alle sentenze arbitrali non considerate nazionali nello Stato in cui il riconoscimento e l’esecuzione sono domandati. (…)».

6.        L’art. II della Convenzione di New York dispone che:

«1. Ciascuno Stato contraente riconosce la convenzione scritta mediante la quale le parti si obbligano a sottoporre ad arbitrato tutte o talune delle controversie che siano sorte o possano sorgere tra loro circa un determinato rapporto giuridico contrattuale o non contrattuale, concernente una questione suscettiva d’essere regolata in via arbitrale.

2. (…)

3. Il tribunale di uno Stato contraente, cui sia sottoposta una controversia su una questione per la quale le parti hanno conchiuso una convenzione secondo il presente articolo, rinvierà le medesime, a domanda d’una di esse, a un arbitrato, sempreché non riscontri che la detta convenzione sia caduca, inoperante o non sia suscettiva d’essere applicata».

7.        L’art. V della Convenzione di New York disciplina il riconoscimento e l’esecuzione di sentenze arbitrali, e segnatamente le condizioni che eccezionalmente possono determinare il rifiuto del riconoscimento e dell’esecuzione di una sentenza arbitrale. Vi figurano tra l’altro l’incapacità di una delle parti della convenzione arbitrale in virtù della legge ad essa applicabile, l’invalidità dell’accordo arbitrale in virtù della legge alla quale le parti l’hanno assoggettato o in virtù della legge del paese in cui la sentenza è stata resa, la violazione del principio del contraddittorio ai sensi della legge del paese in cui si è svolto il procedimento arbitrale, nonché il superamento dei limiti di applicazione ratione materiae della clausola compromissoria. Inoltre, il riconoscimento e l’esecuzione possono essere negati qualora, secondo la legge del paese in cui sono domandati, l’oggetto della controversia non possa essere regolato in via arbitrale, oppure quando il riconoscimento o l’esecuzione della sentenza sia contrario all’ordine pubblico di tale paese.

B – Il regolamento n. 44/2001

8.        I ‘considerando’ nn. 14, 15, 16 e 25 del regolamento n. 44/2001 sono formulati come segue:

«(14) Fatti salvi i criteri di competenza esclusiva previsti dal presente regolamento, deve essere rispettata l’autonomia delle parti relativamente alla scelta del foro competente per i contratti non rientranti nella categoria dei contratti di assicurazione, di consumo e di lavoro in cui tale autonomia è limitata.

(15) Il funzionamento armonioso della giustizia presuppone che si riduca al minimo la possibilità di pendenza di procedimenti paralleli e che non vengano emesse, in due Stati membri, decisioni tra loro incompatibili. È necessario stabilire un meccanismo chiaro ed efficace per risolvere i casi di litispendenza e di connessione (…).

(16) La reciproca fiducia nella giustizia in seno alla Comunità implica che le decisioni emesse in un altro Stato membro siano riconosciute di pieno diritto, ossia senza che sia necessario esperire alcun procedimento, salvo che vi siano contestazioni.

(…)

(25) Il rispetto degli impegni internazionali assunti dagli Stati membri implica che il presente regolamento non incida sulle convenzioni alle quali gli Stati membri aderiscono e che riguardano materie speciali».

9.        L’art. 1 del regolamento disciplina come segue il suo ambito di applicazione:

«1. Il presente regolamento si applica in materia civile e commerciale, indipendentemente dalla natura dell’organo giurisdizionale. Esso non concerne, in particolare, la materia fiscale, doganale ed amministrativa.

2. Sono esclusi dal campo di applicazione del presente regolamento:

(…)

d) l’arbitrato.

(…)».

10.      L’art. 5 del regolamento dispone, riguardo al foro competente in materia di illeciti:

«La persona domiciliata nel territorio di uno Stato membro può essere convenuta in un altro Stato membro:

(…)

3) in materia di illeciti civili dolosi o colposi, davanti al giudice del luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire; (…)».

11.      Si devono inoltre menzionare le disposizioni del regolamento volte ad impedire decisioni contraddittorie. L’art. 27 del regolamento disciplina il caso di doppia litispendenza:

«Qualora davanti a giudici di Stati membri differenti e tra le stesse parti siano state proposte domande aventi il medesimo oggetto e il medesimo titolo, il giudice successivamente adito sospende d’ufficio il procedimento finché sia stata accertata la competenza del giudice adito in precedenza».

12.      A titolo integrativo, l’art. 28 del regolamento, volto ad evitare decisioni contraddittorie nei casi di cause connesse, prevede quanto segue:

«1. Ove più cause connesse siano pendenti davanti a giudici di Stati membri differenti, il giudice successivamente adito può sospendere il procedimento.

2. Se tali cause sono pendenti in primo grado, il giudice successivamente adito può inoltre dichiarare la propria incompetenza su richiesta di una delle parti a condizione che il giudice precedentemente adito sia competente a conoscere delle domande proposte e la sua legge consenta la riunione dei procedimenti.

3. Ai sensi del presente articolo sono connesse le cause aventi tra di loro un legame così stretto da rendere opportune una trattazione e decisione uniche per evitare soluzioni tra di loro incompatibili ove le cause fossero trattate separatamente».

 C - Diritto interno applicabile

13.      La base giuridica delle inibitorie nel diritto inglese si rinviene nell’art. 37, n. 1, del Supreme Court Act 1981, il quale così dispone: «La High Court è competente a pronunciare un’ingiunzione (provvisoria o definitiva) in tutti i casi in cui essa lo ritenga opportuno». In tema di «anti-suit injunctions» a tutela di accordi arbitrali, l’art. 44, nn. 1 e 2, lett. e), dell’Arbitration Act 1996 stabilisce che i giudici nazionali possono pronunciare i medesimi provvedimenti urgenti previsti per i procedimenti giudiziari ordinari.

14.      Le «anti-suit injunctions» sono destinate agli attori, reali o potenziali, di procedimenti esteri, cui viene proibito di continuare o avviare il procedimento dinanzi a tale giurisdizione. Se essi non rispettano l’inibitoria, si espongono ad essere perseguiti per oltraggio alla Corte (contempt of Court). Ciò può comportare pesanti sanzioni, fino alla detenzione o alla confisca di beni posseduti nel territorio del Regno Unito. Può poi accadere che il giudice britannico neghi riconoscimento ed esecuzione ad una sentenza straniera emessa in violazione di una «anti-suit injunction» (7).

III – Fatti, domanda pregiudiziale e procedimento dinanzi alla Corte

15.      Nell’agosto 2000 la Front Comor, una nave appartenente alla West Tankers Inc noleggiata dalla Erg Petroli SpA, a Siracusa (Italia) urtava contro un molo di proprietà della Erg Petroli, causando danni. Il contratto di noleggio conteneva un accordo arbitrale in virtù del quale ogni controversia che sorgeva dal contratto doveva essere risolta in via arbitrale a Londra. Inoltre, esso stabiliva l’applicazione del diritto inglese.

16.      La Riunione Adriatica di Sicurtà SpA, divenuta dal 1° ottobre 2007 Allianz SpA, e la Generali - Assicurazioni Generali (in prosieguo: «la Allianz e a.»), che avevano assicurato la Erg Petroli, risarcivano i danni causati dall’urto fino all’importo massimo della copertura assicurativa. Per la parte eccedente, la Erg Petroli avviava una procedura di arbitrato a Londra contro la West Tankers.

17.      Il 30 luglio 2003, la Allianz e a. intentavano un’azione contro la West Tankers dinanzi al tribunale di Siracusa per il rimborso degli importi versati alla Erg in base alle polizze di assicurazione. Le problematiche inerenti alla responsabilità sollevate dinanzi al giudice italiano sono sostanzialmente le medesime ricorrenti nel procedimento arbitrale. La questione centrale in entrambi i casi è se la West Tankers possa avvalersi della clausola di esclusione di responsabilità per errore di navigazione di cui al punto 19 del contratto di noleggio, o delle cosiddette regole dell’Aja (8).

18.      Il 10 settembre 2004, la West Tankers intentava un’azione contro la Allianz e a. dinanzi alla High Court nel Regno Unito, chiedendo di dichiarare che la lite oggetto del procedimento di Siracusa sorgeva dal contratto di noleggio e che la Allianz e a., ricorrenti in virtù del diritto di surrogazione legale, erano pertanto vincolate all’accordo arbitrale. La West Tankers chiedeva inoltre un provvedimento urgente che vietasse ai ricorrenti di adire altri organi giudiziari che non fossero la giurisdizione arbitrale, nonché, segnatamente, di continuare il procedimento avviato a Siracusa.

19.      La High Court accoglieva tali conclusioni, osservando che, ai sensi della giurisprudenza della Court of Appeal (9), la sentenza Turner non osta all’emanazione di inibitorie a tutela di accordi arbitrali.

20.      La House of Lords, investita del ricorso contro tale decisione, con ordinanza 21 febbraio 2007 sottoponeva alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se sia compatibile con il regolamento (CE) n. 44/ 2001 che il giudice di uno Stato membro emetta un divieto indirizzato ad un soggetto di intraprendere o continuare un procedimento in un altro Stato membro, in base al fatto che tale procedimento viola un accordo arbitrale».

21.      Nel procedimento dinanzi alla Corte hanno presentato osservazioni le parti della causa principale, il governo francese e quello del Regno Unito nonché la Commissione delle Comunità europee.

IV – La questione pregiudiziale

22.      Facendo riferimento alla sentenza Turner, con la presente questione pregiudiziale la House of Lords chiede di chiarire, se le «anti-suit injunctions» siano incompatibili con il regolamento n. 44/2001 anche nel caso in cui siano state emesse con riferimento ad una controversia che le parti hanno demandato a decisione arbitrale.

A –    La sentenza Turner

23.      Nella sentenza Turner la Corte ha statuito che la Convenzione di Bruxelles osta all’emanazione di un’inibitoria di azioni giudiziarie dinanzi a un organo giurisdizionale di un altro Stato contraente, anche quando il procedimento estero è avviato da una parte in mala fede allo scopo di ostacolare il procedimento già pendente.

24.      Nella motivazione, la Corte si fonda essenzialmente sul principio della reciproca fiducia, che è il cardine del meccanismo della Convenzione (10). Essa dichiara che:

«Innanzi tutto, occorre ricordare che la Convenzione si basa necessariamente sulla fiducia che gli Stati contraenti accordano reciprocamente ai loro sistemi giuridici e alle loro istituzioni giudiziarie. Questa fiducia reciproca ha consentito la creazione di un sistema obbligatorio di competenza, che tutti i giudici cui si applica la Convenzione sono tenuti a rispettare, e la correlativa rinuncia da parte di questi stessi Stati alle loro norme interne di riconoscimento e di delibazione delle sentenze straniere a favore di un meccanismo semplificato di riconoscimento e di esecuzione delle decisioni giudiziarie (11)».

25.      Con questo, la Corte si ricollega alla sentenza Gasser (12), nella quale essa doveva risolvere la questione se il giudice successivamente adito dovesse sospendere il procedimento a causa del giudizio pendente in un altro Stato contraente, ai sensi dell’art. 21 della Convenzione (corrispondente all’art. 27 del regolamento n. 44/2001), anche quando il giudice preventivamente adito in forza di una clausola attributiva di competenza fosse, a giudizio del giudice successivamente adito, manifestamente incompetente. La Corte ha negato che si potesse derogare alla regola della litispendenza anche in caso di eccessiva lunghezza del procedimento volto a determinare la competenza dinanzi al giudice preventivamente adito e di presentazione del ricorso, presumibilmente, con l’unico scopo di trascinare per le lunghe il procedimento. Il giudice preventivamente adito deve esso stesso esaminare la propria competenza. Solo allorquando si sia dichiarato incompetente, il procedimento pendente potrebbe continuare dinanzi al giudice adito successivamente (13).

26.      Anche nella sentenza Turner la Corte rileva che la Convenzione non autorizza – a parte le eccezioni elencate all’art. 28, primo comma – il sindacato della competenza di un giudice da parte di un giudice di un altro Stato contraente (14). Il divieto di avviare o di continuare un’azione dinanzi ad un organo giurisdizionale di un altro Stato contraente costituisce un’ingerenza nella competenza di tale organo, incompatibile con il sistema della Convenzione, di cui annulla l’effetto utile (15). Sarebbe irrilevante, in proposito, il fatto che l’inibitoria abbia come destinatario il convenuto e non già, direttamente, detto giudice straniero (16).

B –    Compatibilità con il regolamento n. 44/2001 delle anti-suit injunctions volte a far rispettare accordi arbitrali

27.      La questione centrale nel presente procedimento è se i suesposti principi della causa Turner si possano applicare ad «anti-suit injunctions» poste a tutela di accordi arbitrali.

28.      A tal fine non osta il fatto che la sentenza Turner sia stata emessa sulla base della Convenzione di Bruxelles, mentre nella presente causa trova applicazione, ratione temporis, il regolamento n. 44/2001. Il regolamento infatti deve adeguare la Convenzione, ma al contempo restare fedele alla struttura e ai principi di questa (17), e garantirne la continuità (18). In tal senso, sono rimaste sostanzialmente invariate le disposizioni che caratterizzano il sistema normativo e il principio della fiducia reciproca su cui tale sistema si basa (19).

29.      Segnatamente, comunque, è rimasta invariata anche l’esclusione dell’arbitrato dal campo di applicazione della Convenzione di Bruxelles ovvero del regolamento (20). Pertanto, per l’interpretazione della nozione di «arbitrato» ci si potrà avvalere sia di materiale riguardante la Convenzione sia della giurisprudenza della Corte ad essa relativa.

30.      La House of Lords ritiene, proprio a causa dell’esclusione dell’arbitrato dal campo di applicazione del regolamento a norma del suo art. 1, n. 2, lett. d), che la giurisprudenza Turner non possa applicarsi al caso di specie. Al riguardo essa sostiene, infatti, che la Corte abbia espressamente riferito il criterio della fiducia reciproca all’ambito di applicazione della Convenzione. Farebbero parte dell’arbitrato non solo il procedimento arbitrale stesso e il riconoscimento e l’esecuzione di sentenze arbitrali, bensì anche qualsiasi procedimento giudiziario ordinario avente ad oggetto un arbitrato. Poiché le «anti-suit injunctions» sono volte a sostenere l’instaurazione di un procedimento arbitrale, i procedimenti che portano alla loro emanazione sarebbero ricompresi nell’esclusione contemplata all’art. 1, n. 2, lett. d), del regolamento n. 44/2001.

1.       Sull’esclusione dell’arbitrato dal campo di applicazione del regolamento n. 44/2001

31.      Prima di interpretare la nozione di arbitrato di cui all’art. 1, n. 2, lett. d), del regolamento n. 44/2001, occorre chiarire con riguardo a quale procedimento vada meglio definito l’ambito applicativo del regolamento medesimo.

32.      La House of Lords, la West Tankers e il governo del Regno Unito pongono in primo piano il procedimento pendente in Inghilterra per l’emanazione della «anti-suit injunction». Essi ritengono che tale procedimento non sia in distonia con il regolamento, in quanto esso stesso rientrerebbe nell’eccezione relativa all’arbitrato (21). Il giudice del rinvio non sembra per contro dare importanza alle conseguenze dell’inibitoria sul procedimento pendente dinanzi al giudice di Siracusa.

33.      Tale tesi stupisce, in quanto la Corte, nella sentenza Turner, ha considerato in contrasto con la Convenzione di Bruxelles proprio gli effetti che una «anti-suit injunction» può avere sul procedimento straniero, anche supponendo, segnatamente, che un’inibitoria, in quanto provvedimento di ordine procedurale, rientri unicamente nell’ambito di applicazione della legge nazionale (22). In tale prospettiva non è decisivo se a rientrare nell’ambito di applicazione del regolamento sia il procedimento che culmina nell’inibitoria, nel caso di specie quello dinanzi al giudice britannico, quanto piuttosto se vi rientri il procedimento contro cui l’inibitoria è diretta, ovvero nel presente caso quello pendente dinanzi al giudice di Siracusa.

34.      Nemmeno per il configurarsi di una violazione del principio della reciproca fiducia, su cui la Corte si è basata in misura determinante nella sentenza Turner, è richiesto che sia il procedimento per l’emanazione dell’inibitoria che quello al cui impedimento esso è diretto rientrino nell’ambito di applicazione del regolamento. Il principio della reciproca fiducia può invece risultare violato anche per il fatto che una decisione del giudice di uno Stato membro, che non ricade nell’ambito di applicazione del regolamento, ostacoli l’esercizio da parte del giudice di un altro Stato membro delle attribuzioni conferitegli dal regolamento stesso.

35.   Infatti, le autorità pubbliche di uno Stato membro non devono compromettere l’effetto utile del diritto comunitario neanche esercitando attribuzioni che non sono da questo disciplinate (23). Così, ad esempio, secondo una giurisprudenza costante, se i legislatori fiscali nazionali devono rispettare le libertà fondamentali, anche la materia delle imposte dirette rientra nella competenza degli Stati membri. (24).

36.      Anche riguardo alla Convenzione di Bruxelles la Corte ha già dichiarato, nella sentenza Hagen, che l’applicazione delle norme processuali nazionali – si trattava delle condizioni di ammissibilità di un’istanza – non deve compromettere l’effetto utile della Convenzione (25). In proposito è irrilevante che nella causa Hagen fosse controversa una normativa nazionale che a priori non rientrava nell’ambito di applicazione della Convenzione di Bruxelles, mentre l’arbitrato è escluso unicamente dall’ambito di applicazione del regolamento.

37.      Rileva invece stabilire se il regolamento possa applicarsi al procedimento contro cui è diretta l’inibitoria – nella fattispecie, pertanto, il processo in corso a Siracusa. Se non dovesse applicarsi, gli effetti del regolamento non potrebbero essere pregiudicati dall’inibitoria in esame.

38.      La House of Lords, la West Tankers e il governo del Regno Unito ritengono che se vi sia accordo contrattuale tra le parti in causa per far decidere esclusivamente in via arbitrale il loro contenzioso insorgente da un rapporto contrattuale, esso è interamente sottratto ab initio al giudice ordinario, eccezion fatta per i giudici presso la sede del tribunale arbitrale. Se tale punto di vista fosse esatto, una «anti-suit injunction» che incidesse su un procedimento giudiziario ordinario non potrebbe effettivamente valutarsi secondo i criteri contenuti nel regolamento.

39.      È tuttavia da sempre oggetto di discussione tra le dottrine anglosassone e continentale se l’eccezione relativa all’arbitrato debba concepirsi in termini così estesi, come ha già spiegato il professore Dr. P. Schlosser nella relazione presentata in occasione dell’adesione alla Convenzione della Danimarca, dell’Irlanda e del Regno Unito:

«Per l’interpretazione delle relative disposizioni dell’art. 1, secondo comma, n. 4, [della Convenzione] sono emerse dalle discussioni due diverse posizioni di fondo, che non hanno potuto essere conciliate. Secondo la prima posizione, sostenuta soprattutto dal Regno Unito, questa disposizione si riferisce a tutte le controversie per la cui soluzione sia stata concordata, in modo tuttora valido, la competenza di un organo arbitrale, comprese tutte le controversie accessorie che si riferiscono alla procedura arbitrale prevista. La seconda posizione, condivisa dagli Stati fondatori della CEE, considera come parte dell’arbitrato i procedimenti dinanzi a organi giurisdizionali degli Stati soltanto nella misura in cui essi si riferiscano a procedure arbitrali concluse, in corso o future» (26).

40.      Tali diversi approcci sono suscettibili di incidere sul riconoscimento e l’esecuzione di sentenze che un organo giurisdizionale di uno Stato membro abbia emanato – secondo il punto di vista del giudice dello Stato del riconoscimento – violando la clausola arbitrale (27). Essi riguardano poi più in generale la questione volta a definire l’organo competente a valutare effetti e portata della clausola arbitrale.

41.      Secondo la tesi per la quale propende la House of Lords, spetta unicamente al tribunale arbitrale medesimo e ai giudici dello Stato in cui esso ha sede, che ne agevolano l’operato, definire tale questione. Così, nella causa principale la High Court non ha solamente emanato un’inibitoria, ma ha anche accertato che la controversia traeva origine dal contratto di noleggio. Inoltre essa ha riconosciuto che le assicurazioni, non già parti contraenti in sé, ma parti che fanno valere diritti contrattuali trasferiti loro in via di surrogazione, sono vincolate alla clausola arbitrale.

42.      Secondo l’approccio che contraddistingue la dottrina continentale, rileva invece il fatto che l’azione per risarcimento danni rientra in linea di principio nell’ambito di applicazione del regolamento n. 44/2001, e che il tribunale di Siracusa – fatta salva l’eccezione arbitrale – è competente in quanto giudice del luogo in cui si è verificato l’evento dannoso, a norma dell’art. 5, punto 3), del regolamento stesso. Qualora il convenuto in tale giudizio legittimamente eccepisca la competenza arbitrale, il giudice sarebbe sostanzialmente tenuto a rinviare la controversia dinanzi al tribunale arbitrale ai sensi dell’art. II, n. 3, della Convenzione di New York.

43.      La differenza di fondo tra i due approcci consiste quindi nel fatto che l’eccezione della competenza arbitrale è nel primo caso intesa lato sensu: basta che venga affermata l’esistenza di un accordo arbitrale e tutte le controversie sorte nell’ambito di quel rapporto giuridico rientrano nell’esclusiva competenza arbitrale, indipendentemente da ogni considerazione legata all’oggetto materiale della causa. Solo il tribunale arbitrale e i giudici operanti nella sua sede sono legittimati all’esame della competenza.

44.      L’opinione contraria si ricollega invece in primo luogo all’oggetto materiale della causa. Se esso rientra nell’ambito del regolamento n. 44/2001, il giudice che su tale base risulti in linea di principio competente è legittimato a valutare l’applicabilità dell’eccezione di cui all’art. 1, n. 2, lett. d), e può rinviare la causa all’arbitrato o decidere esso stesso, a seconda dell’esito della sua valutazione in merito a efficacia e applicabilità della clausola arbitrale.

45.      Il tenore dell’art. 1, n. 2, lett. d), del regolamento n. 44/2001 non fornisce chiare indicazioni su quale delle due interpretazioni sia da preferirsi. Si può però dedurre, dall’utilizzo della nozione di arbitrato, che essa non sia riferita al puro e semplice procedimento arbitrale, ma che anche i procedimenti ordinari ad esso connessi possano essere esclusi dall’ambito di applicazione del regolamento.

46.      Riesaminando il materiale inerente alla precedente disposizione nella Convenzione di Bruxelles si trova conferma di quanto sopra esposto. Le relazioni Jenard (28) e Evrigenis/Kerameus (29) spiegano i motivi per i quali l’arbitrato è stato escluso dall’ambito di applicazione della Convenzione di Bruxelles, nonostante il Trattato CEE lo menzionasse nell’ex art. 220 [divenuto art. 65, lett. a), secondo trattino, CE]. Secondo tali relazioni, l’eccezione arbitrale è stata inserita nella Convenzione di Bruxelles [art. 1, secondo comma, punto 4)] per garantire l’osservanza degli accordi internazionali già esistenti in materia, e segnatamente della Convenzione di New York.

47.      La Convenzione di New York contiene disposizioni la cui osservanza è demandata non già agli arbitri, ma ai giudici degli Stati interessati, come ad esempio quelle riguardanti il rinvio delle parti in causa dinanzi a una giurisdizione arbitrale, oppure il riconoscimento e l’esecuzione di lodi arbitrali da parte dei giudici di uno Stato contraente. Come si evince anche dal suo tenore, le parti contraenti della Convenzione di Bruxelles volevano dunque escludere non solo i procedimenti arbitrali in sé, quanto piuttosto la materia dell’arbitrato nel suo complesso, compresi i procedimenti connessi all’arbitrato avviati dinanzi agli organi giurisdizionali degli Stati (30).

48.      Nella relazione Schlosser (31) si citano i seguenti esempi: procedimenti di designazione e destituzione di arbitri, di determinazione del luogo dell’arbitrato o di proroga dei termini fissati per la pronuncia del lodo. Non rientrerebbe nell’ambito di applicazione della Convenzione di Bruxelles neanche una decisione giudiziaria dichiarativa dell’efficacia o inefficacia di un accordo arbitrale, o che inviti le parti a non proseguire un procedimento arbitrale a causa dell’invalidità di tale accordo. Inoltre, esulerebbero dalla Convenzione di Bruxelles procedimenti e decisioni riguardanti istanze di annullamento, modifica, riconoscimento ed esecuzione di lodi arbitrali (32).

49.      A delimitazione di tali procedimenti aventi ad oggetto l’arbitrato, Evrigenis e Karameus (33) rilevano nella loro relazione quanto segue:

«Al contrario, occorre considerare che la Convenzione consente l’esame in via incidentale della validità di un accordo arbitrale a cui una delle parti si richiama per eccepire l’incompetenza del giudice dinanzi al quale essa, a norma della Convenzione, è convenuta».

50.      La Corte ha affrontato la delimitazione dell’oggetto del procedimento rispetto a questioni preliminari nella causa Rich (34):

«Per stabilire se una controversia rientri nell’ambito di applicazione della convenzione, deve essere preso in considerazione il solo oggetto di tale controversia. Se, in virtù del suo oggetto, come la designazione di un arbitro, una controversia è esclusa dall’ambito di applicazione della convenzione, l’esistenza di una questione preliminare, su cui il giudice deve pronunciarsi per risolvere tale controversia, non può, indipendentemente dal contenuto di tale questione, giustificare l’applicazione della convenzione».

51.      In quella fattispecie, il convenuto aveva sostenuto che effettivamente la questione preliminare volta a stabilire l’esistenza di un accordo arbitrale valido era di importanza decisiva. A giudizio della Corte sarebbe stato tuttavia contrario al principio della certezza del diritto far dipendere l’applicabilità della clausola di esclusione dell’arbitrato dall’esistenza o meno di una questione preliminare che può essere sollevata in qualsiasi momento dalle parti (35).

52.      Come ha confermato la Corte nella sentenza Van Uden, per valutare l’appartenenza di un procedimento all’ambito di applicazione della Convenzione o del regolamento n. 44/2001 occorre esaminare nel merito l’oggetto della controversia (36).

53.      Nella lite dinanzi al giudice di Siracusa, la Allianz e a. rivendicano il diritto al risarcimento dei danni subiti dalla loro assicurata Erg Petroli in seguito all’urto della Front Comor contro il molo portuale. L’oggetto non è quindi un arbitrato, bensì una domanda di risarcimento di danni di origine aquiliana (e forse anche contrattuale) rientrante nell’ambito di applicazione del regolamento n. 44/2001.

54.      La sussistenza e l’applicabilità della clausola arbitrale si configurano unicamente come questione preliminare, che il giudice adito dovrà valutare esaminando in generale la propria competenza. Anche supponendo di voler far rientrare tale questione nell’ambito dell’arbitrato (37), la sua natura di questione preliminare non potrebbe mutare la qualificazione del procedimento, il cui oggetto rientra nell’ambito di applicazione del regolamento (38). In questa sede non occorre pronunciarsi su come sia da valutarsi un procedimento avente ad oggetto essenzialmente questioni analoghe (39).

55.      Del resto, il fatto che il giudice competente per l’oggetto del procedimento ai sensi del regolamento n. 44/2001 valuti esso stesso la questione preliminare riguardante sussistenza e portata della clausola arbitrale è in sintonia con la Convenzione di New York. L’art. II, n. 3, della Convenzione di New York obbliga infatti il giudice di uno Stato contraente a rinviare le parti all’arbitrato unicamente a tre condizioni:

–        L’oggetto della controversia può generalmente essere risolto mediante arbitrato. In caso contrario, lo Stato contraente (e i suoi giudici) non sono tenuti, ai sensi dell’art. II, n. 1, della Convenzione di New York, a riconoscere l’accordo arbitrale.

–        Il giudice di uno Stato contraente è stato investito di una lite su una questione in merito alla quale le parti hanno stipulato una convenzione nel senso precisato da tale articolo.

–        Il giudice adito non ha accertato che detta convenzione è caducata, inoperante o non suscettibile di applicazione.

56.      Conformemente alla Convenzione di New York, ogni giudice adito è pertanto legittimato a valutare l’esistenza di queste tre condizioni prima di rinviare la controversia all’arbitrato. Dal testo della Convenzione non si evince che tale competenza spetti unicamente all’arbitro o ai giudici ordinari nella sede dell’arbitrato. Poiché la ratio dell’esclusione dell’arbitrato dal campo di applicazione del regolamento n. 44/2001 è quella di non compromettere l’applicazione della Convenzione di New York, non occorre che la limitazione dell’ambito di applicazione del regolamento vada oltre quanto disposto dalla Convenzione medesima.

57.      Nella sentenza Gasser, la Corte ha riconosciuto che un giudice adito successivamente non può anticipare l’esame sulla competenza effettuato dal giudice adito precedentemente per il medesimo oggetto neanche allorquando si faccia valere l’esistenza di una clausola attributiva di competenza a favore del giudice adito successivamente (40). Come sostiene giustamente la Commissione, da ciò si può ricavare il principio generale secondo il quale ogni giudice, in linea di principio, è legittimato ad esaminare la propria competenza (competenza in materia di competenza). L’affermazione di un diverso accordo tra le parti – colà una clausola attributiva di competenza, nella presente fattispecie un accordo arbitrale – non può privare di tale legittimazione il giudice adito.

58.      Essa implica il diritto a esaminare, in quanto questione preliminare, l’efficacia e la portata dell’accordo di cui trattasi. Negando al giudice l’esame di dette questioni preliminari si consentirebbe alle parti di sottrarsi al procedimento con la semplice affermazione dell’esistenza di un accordo arbitrale. Nel contempo l’attore, che ha adito il tribunale ritenendo l’accordo inefficace o inapplicabile, si vedrebbe privato della possibilità di ricorrere al giudice ordinario. Ciò sarebbe in contrasto con il principio della tutela giurisdizionale effettiva che, secondo costante giurisprudenza, fa parte dei principi generali dell’ordinamento giuridico comunitario e dei diritti fondamentali tutelati dalla Comunità (41).

59.      Dalla sentenza Van Uden non emergono elementi diversi. In tale procedimento, la Corte doveva pronunciarsi sulla competenza ad emanare provvedimenti urgenti in una controversia rinviata, nella causa principale, all’arbitrato. In tale contesto essa ha dichiarato che quando le parti hanno validamente sottratto una controversia derivante da un contratto alla competenza degli organi giurisdizionali statali per attribuirla ad un arbitro, non vi è, ai sensi della Convenzione di Bruxelles, un organo giurisdizionale statale competente nel merito (42).

60.      Un’affermazione, questa, sicuramente calzante. Tuttavia il fondamento della competenza esclusiva degli arbitri presuppone proprio la valida esistenza di un accordo arbitrale riferito all’oggetto della controversia. Dalla sentenza Van Uden non si evince che l’esame delle relative questioni preliminari venga sottratto ai giudici ordinari.

61.      Tanto meno si evince la ragione per la quale un tale esame dovrebbe riservarsi soltanto all’arbitro, poiché la sua competenza dipende anch’essa, come quella del giudice ordinario nell’altro Stato membro, dalla validità e dalla portata dell’accordo arbitrale. La circostanza che si sia scelto come diritto applicabile al contratto quello della sede dell’arbitrato non può conferire all’arbitro alcun diritto esclusivo all’esame della clausola arbitrale. Poiché il giudice dell’altro Stato membro – nella fattispecie il Tribunale di Siracusa - in linea di principio è in grado di dare applicazione al diritto straniero, cosa che del resto non è rara in diritto internazionale privato.

62.      Da ultimo, occorre rilevare che un rapporto giuridico non si trova al di fuori dell’ambito di applicazione del regolamento n. 44/2001 per il solo fatto che le parti hanno concluso un accordo arbitrale. Il regolamento è invece applicabile allorquando l’oggetto materiale del procedimento rientra nel suo ambito. Indipendentemente da ciò, è la questione preliminare, che il giudice adito è chiamato a risolvere, se esso sia competente a causa dell’esistenza di una clausola arbitrale e se debba rinviare la causa all’arbitrato a norma della Convenzione di New York. Un’inibitoria che, in tali condizioni, impedisca ad una parte di avviare o continuare il procedimento dinanzi all’organo giurisdizionale di uno Stato membro attenta ad un procedimento che rientra nell’ambito di applicazione del regolamento.

2.      Sull’eventuale giustificazione sulla base di considerazioni inerenti alla praticità della procedura arbitrale

63.      Secondo la House of Lords, è innanzitutto la considerazione della praticità della procedura arbitrale come metodo di risoluzione delle controversie commerciali ad imporre che i giudici inglesi possano emanare inibitorie in suo sostegno.

64.      Il giudice del rinvio sostiene al riguardo che i giudici ordinari hanno l’obbligo di rispettare la decisione autonoma delle parti di portare dinanzi a un organo arbitrale privato le proprie controversie, evitando così di subire i tempi lunghi dei procedimenti che hanno luogo dinanzi ai giudici statali. Nello scegliere il luogo dell’arbitrato, le parti valutano i mezzi processuali di cui i giudici locali effettivamente dispongono per fornire assistenza in quest’ambito. Gli altri Stati membri sono liberi di mettere a disposizione dei propri tribunali analoghi strumenti, accrescendo così la loro attrattiva quale luogo di arbitrato.

65.      Infine, la House of Lords menziona gli svantaggi concorrenziali cui sarebbe esposta Londra rispetto ad altre piazze internazionali quali New York, le Bermuda e Singapore, se i giudici inglesi, diversamente da quelli di tali località, non potessero più emanare «anti-suit injunctions».

66.      In primo luogo, occorre sottolineare che obiettivi di natura puramente economica non possono giustificare violazioni del diritto comunitario (43). Per contro, in sede di interpretazione del regolamento possono tenersi in considerazione le esigenze di salvaguardia del principio di autonomia privata, come la Corte ha sottolineato in relazione a clausole attributive di competenza (44) e come pone in rilievo in tale contesto anche il quattordicesimo ‘considerando’ del regolamento. Anche se l’arbitrato – diversamente dalle clausole attributive di competenza – non rientra nell’ambito di applicazione del regolamento n. 44/2001, dai lavori preparatori di quest’ultimo si può evincere che esso non deve compromettere l’applicazione delle regole internazionali in materia di arbitrato (45).

67.      Nondimeno, l’interpretazione proposta in questa sede rispetta il principio dell’autonomia privata e non mette nemmeno in dubbio l’efficienza del sistema arbitrale. Si potrà procedere dinanzi a un giudice nazionale operante al di fuori del luogo dell’arbitrato solo allorquando sussista disaccordo tra le parti in merito alla validità della clausola arbitrale e alla sua applicabilità alla controversia in atto. In questa situazione, per l’appunto, non è assodata l’esistenza di una concorde volontà di sottoporre una concreta controversia ad arbitrato.

68.      Se dall’esito dell’esame effettuato dal giudice ordinario emerge la validità della clausola arbitrale e la sua applicabilità alla controversia, la Convenzione di New York obbliga a rinviare all’arbitrato. Non vi è quindi pericolo che il meccanismo arbitrale venga eluso. Certamente, l’adizione del giudice ordinario determina una fase procedurale supplementare. Tuttavia, per le ragioni indicate, se una delle parti ritiene di non essere vincolata alla clausola arbitrale, non può esserle precluso il ricorso ai giudici competenti a norma del regolamento n. 44/2001.

69.      Se l’inibitoria impedisse di adire giudici ordinari eventualmente competenti, vi sarebbe inoltre il rischio che in seguito tali giudici neghino riconoscimento ed esecuzione al lodo arbitrale richiamandosi all’art. V della Convenzione di New York. L’inibitoria può quindi produrre esiti insoddisfacenti anche sotto il profilo dell’economia processuale.

70.      È pur vero che si può addivenire a decisioni discordanti, in merito alla portata della clausola arbitrale, da parte dell’organo arbitrale e dei giudici ordinari nella sua sede, da un lato, e dei giudici di un altro Stato membro competenti per l’oggetto del procedimento ai sensi del regolamento, dall’altro. Se entrambi si dichiarano competenti, possono addirittura scaturirne, come sottolineato dalla House of Lords, decisioni divergenti nel merito della causa.

71.      Nell’ambito di applicazione del regolamento, vanno impedite nella misura del possibile decisioni inconciliabili adottate in due Stati membri diversi. In caso di conflitti di competenza tra i giudici ordinari di due Stati membri, gli artt. 27 e 28 del regolamento n. 44/2001 prevedono, come segnatamente sottolineato dal governo francese, una forma di coordinamento. Poiché però l’arbitrato non rientra nell’ambito di applicazione del regolamento, mancano a tutt’oggi forme di armonizzazione tra le competenze degli arbitri e quelle dei giudici ordinari.

72.      Un’inibitoria emanata unilateralmente non può tuttavia rappresentare un rimedio adeguato per tale situazione. In particolare, se altri Stati membri seguissero il modello inglese emanando anch’essi inibitorie processuali, si arriverebbe all’ingiunzione di divieti reciproci. Alla fine si imporrebbe la giurisdizione in grado di infliggere le sanzioni più elevate per inosservanza dell’inibitoria.

73.      Occorre cercare una soluzione in diritto, piuttosto che con simili mezzi coercitivi. A ciò potrebbe rimediare soltanto un’inclusione dell’arbitrato nel regime di cui al regolamento n. 44/2001. Nel frattempo, si deve all’occorrenza mettere in conto la possibilità di decisioni discordanti. Tuttavia occorre ancora ribadire che tali casi costituiscono l’eccezione. Se una clausola arbitrale è chiaramente formulata e non dà adito a dubbi quanto alla sua validità, non vi è alcuna ragione per i giudici ordinari di opporsi al rinvio delle parti dinanzi all’organo arbitrale investito, secondo quanto stabilito dalla Convenzione di New York.

V –    Conclusione

74.      Sulla base delle considerazioni che precedono, propongo di rispondere nel modo seguente alla questione pregiudiziale sollevata dalla House of Lords:

Il regolamento (CE) del Consiglio 22 dicembre 2000, n. 44/2001, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, osta a che il tribunale di uno Stato membro emetta un’inibitoria mediante la quale è fatto divieto ad un individuo di intraprendere o continuare un procedimento giudiziario in un altro Stato membro, per il fatto che un tale procedimento, a giudizio del tribunale medesimo, viola un accordo arbitrale.


1 – Lingua originale: il tedesco.


2 – GU 2001, L 12, pag. 1.


3 – Sentenza 27 aprile 2004, causa C-159/02, Turner (Racc. pag. I-3565).


4 – Convenzione 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 1972, L 299, pag. 32) nella versione delle Convenzioni 9 ottobre 1978, relativa all’adesione del Regno di Danimarca, dell’Irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (GU L 304, pag. 1 e – testo modificato – pag. 77), 25 ottobre 1982, relativa all’adesione della Repubblica ellenica (GU L 388, pag. 1), e 26 maggio 1989, relativa all’adesione del Regno di Spagna e della Repubblica portoghese (GU L 285, pag. 1).


5 – V. Through Transport Mutual Insurance Association (Eurasia) Ltd v India Assurance Co Ltd [2005], 1 Lloyd’s Rep, pag. 67.


6 – Convenzione ONU di New York 10 giugno 1958 per il riconoscimento e l’esecuzione delle sentenze arbitrali straniere, United Nations Treaty Series (UNTS), vol. 330, pag. 3. V. l’elenco degli Stati contraenti sul sito: www.uncitral.org/uncitral/en/uncitral_texts/arbitration/NYConvention_status.html.


7 – V. Toepfer International GmbH v Molino Boschi (Q.B.D.) [1996] 1 Lloyd’s Rep, pag. 510, [1996] C.L.C. 738, [1997] I.L.Pr. 133; Philip Alexander Securities and Futures Limited v Bamberger (Court of Appeal) [1997] ILPr 73; [1996] CLC 1757.


8 – International Convention for the Unification of Certain Rules of Law relating to Bills of Lading (Convenzione internazionale per l’unificazione di alcune regole in materia di polizze di carico) (Bruxelles, 25 agosto 1924), modificata dal Protocol to Amend the International Convention for the Unification of Certain Rules of Law relating to Bills of Lading (Visby-Rules) (Bruxelles, 23 febbraio 1968) e dal Protocol amending the Convention, as amended by the Protocol of 23 February 1968 (Bruxelles, 21 dicembre 1979) (UNTS vol. 1412, pag. 127 [n. 23643]).


9 – Through Transport Mutual Insurance Association (Eurasia) Ltd v. New India Assurance Co Ltd [2005] 1 Lloyd’s Rep 67.


10 – V. al riguardo, segnatamente, il sedicesimo ‘considerando’ del regolamento n. 44/2001 (citato al paragrafo 8 delle presenti conclusioni).


11 –      Sentenza Turner (cit. alla nota 3, punto 24).


12 – Sentenza 9 dicembre 2003, causa C-116/02, Gasser (Racc. pag. I-14693, punto 72).


13 – Sentenza Gasser (cit. alla nota 12, punti 54 e 73).


14– Sentenza Turner (cit. alla nota 3, punti 25 e 26).


15 – Sentenza Turner (cit. alla nota 3, punti 27 e 29).


16 – Sentenza Turner (cit. alla nota 3, punto 28).


17 – Proposta della Commissione delle Comunità europee 14 luglio 1999 di regolamento (CE) del Consiglio concernente la competenza giurisdizionale nonché il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, COM(1999) 348 def., GU C 376 E, pag. 1, punti 2.1. e 4.1.


18 – V. diciannovesimo ‘considerando’ del regolamento n. 44/2001.


19 – Nelle pronunce finora emesse riguardanti il regolamento n. 44/2001, la Corte ha senz’altro fatto riferimento alla propria giurisprudenza relativa alla Convenzione, nella misura in cui le disposizioni sono rimaste invariate (v. sentenze 13 luglio 2006, causa C‑103/05, Reisch Montage, Racc. pag. I-6827, punto 22, e 11 ottobre 2007, causa C‑98/06, Freeport, Racc. pag. I‑8319, punti 23 e 39). In senso contrario, invece, sentenza 22 maggio 2008, causa C‑462/06, Glaxosmithkline e a. (Racc. pag. I-3965, punti 15 e segg.), in quanto le disposizioni in materia di contratti di lavoro sono cambiate.


20 – Art. 1, n. 2, lett. d), del regolamento n. 44/2001.


21 – In merito all’interpretazione della nozione di arbitrato, la House of Lords rimanda alle sentenze 25 luglio 1991, causa C‑190/89, Rich (Racc. pag. I-3855) e 17 novembre 1998, causa C‑391/95, Van Uden (Racc. pag. I-7091).


22 – V. sentenza Turner (cit. alla nota 3, punto 29).


23 – V. sentenza Turner (cit. alla nota 3, punto 29).


24 – V., ex multis, sentenze 13 dicembre 2005, causa C‑446/03, Marks & Spencer (Racc. pag. I‑10837, punto 29); 12 settembre 2006, causa C‑196/04, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas (Racc. pag. I‑7995, punto 40), e 12 dicembre 2006, causa C‑374/04, Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation (Racc. pag. I‑11673, punto 36).


25 – Sentenza 15 maggio 1990, causa C-365/88, Hagen (Racc. pag. I-1845, punto 20). V. anche sentenza Turner (cit. alla nota 3, punto 29).


26 –      P. Schlosser, Relazione sulla Convenzione relativa all’adesione del Regno di Danimarca, dell’Irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord alla Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale nonché al protocollo concernente l’interpretazione della Convenzione da parte della Corte (GU 1979, C 59, pag. 71, punto 61). V., in proposito, anche le conclusioni presentate dall’avvocato generale Darmon il 19 febbraio 1991 nella causa Rich (Cit. alla nota 21, paragrafo 23), e le conclusioni presentate dall’avvocato generale Léger il 10 giugno 1997 nella causa Van Uden (cit. alla nota 21, paragrafi 40 e segg.).


27 – V. relazione Schlosser (cit. alla nota 26, punto 62).


28 – P. Jenard, Relazione sulla convenzione 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale nonché l’efficacia esecutiva degli atti autentici (GU 1979, C 59, pag. 1, terzo capitolo, sezione IV, punto D).


29 – Evrigenis/Kerameus, Relazione sull’adesione della Repubblica ellenica alla Convenzione CE concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, GU 1986, C 298, pag. 1, in particolare pag. 10, punto 35.


30 – Sentenze Rich (cit. alla nota 21, punto 18) e Van Uden (cit. alla nota 21, punto 31).


31 – Relazione Schlosser (cit. alla nota 26, punto 61).


32 – Relazione Schlosser (cit. alla nota 26, punti 64 e segg.).


33 – Cit. alla nota 29, punto 35.


34 – Sentenza Rich (cit. alla nota 21, punto 26).


35 – Sentenza Rich (cit. alla nota 21, punto 27).


36 – Sentenza Van Uden (cit. alla nota 21, punti 33 e 34).


37 – Nella causa Rich il convenuto aveva sostenuto che siffatta questione preliminare rientrava nell’ambito della Convenzione, e ne determinava l’inclusione dell’intero procedimento. La Corte in definitiva non si è pronunciata sulla qualificazione della questione preliminare, in quanto irrilevante ai fini dell’inclusione o meno del procedimento nell’ambito di applicazione della Convenzione.


38 – V., in tal senso, la sentenza Rich (cit. alla nota 21, punto 27).


39 – Nella relazione Schlosser (cit. alla nota 26, punto 64) si afferma al riguardo: «La Convenzione non si applica alle pronunce giudiziarie che dichiarano la validità o la nullità di un compromesso arbitrale o che impongono alle parti di non proseguire un procedimento arbitrale a causa della sua invalidità». La Corte cita tale brano nella sentenza Van Uden (cit. alla nota 21, punto 32).


40 – Sentenza Gasser (cit. alla nota 12, punto 13).


41 – Sentenze 15 maggio 1986, causa 222/84, Johnston (Racc. pag. 1651, punti 18 e 19); 25 luglio 2002, causa C-50/00 P, Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio (Racc. pag. I‑6677, punto 39), nonché 13 marzo 2007, causa C-432/05, Unibet (Racc. pag. I-2271, punto 37). In merito alla garanzia, quale principio fondamentale, del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, v. artt. 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (sottoscritta a Roma il 4 novembre 1950), nonché l’art. 47, primo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000, GU C 364, pag. 1).


42 – Sentenza Van Uden (cit. alla nota 21, punto 24).


43 – V, in merito a limitazioni delle libertà fondamentali, sentenze 25 luglio 1991, causa C-288/89, Collectieve Antennevoorziening Gouda (Racc. pag. I-4007, punto 10); 28 aprile 1998, causa C‑158/96, Kohll (Racc.pag. I-1931, punto 41), nonché 17 marzo 2005, causa C‑109/04, Kranemann (Racc. pag. I‑2421, punto 34).


44 – V. sentenze 9 novembre 1978, causa 23/78, Meeth (Racc. pag. 2133, punto 5), e 9 novembre 2000, causa C-387/98, Coreck (Racc. pag. I-9337, punto 14).


45 – V. supra, paragrafo 53.