Language of document : ECLI:EU:C:2019:566

SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

4 luglio 2019 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Libera prestazione di servizi – Direttiva 2010/13/UE – Servizi di media audiovisivi – Radiodiffusione televisiva – Articolo 3, paragrafi 1 e 2 – Libertà di ricezione e di ritrasmissione – Incitamento all’odio sulla base della nazionalità – Misure adottate dallo Stato membro di ricezione – Obbligo temporaneo per i fornitori di servizi di media e per ogni altra persona che fornisce un servizio di distribuzione via Internet di canali o trasmissioni televisive di trasmettere o ritrasmettere nel territorio di tale Stato membro un canale televisivo solo in pacchetti a pagamento»

Nella causa C‑622/17,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Vilniaus apygardos administracinis teismas (Tribunale amministrativo regionale di Vilnius, Lituania), con decisione del 26 ottobre 2017, pervenuta in cancelleria il 3 novembre 2017, nel procedimento

Baltic Media Alliance Ltd

contro

Lietuvos radijo ir televizijos komisija,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta da A. Arabadjiev, presidente di sezione, K. Lenaerts, presidente della Corte, facente funzione di giudice della seconda sezione, T. von Danwitz, C. Vajda (relatore) e P.G. Xuereb, giudici,

avvocato generale: H. Saugmandsgaard Øe

cancelliere: M. Aleksejev, capo unità

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 28 novembre 2018,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Baltic Media Alliance Ltd, da R. Audzevičius, advokatas, e da H. Stelmokaitis;

–        per la Lietuvos radijo ir televizijos komisija, da A. Iškauskas e J. Nikė, advokatai;

–        per il governo lituano, da K. Juodelytė, R. Dzikovič e D. Kriaučiūnas, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da A. Steiblytė, G. Braun e S.L. Kalėda, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 28 febbraio 2019,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 3, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2010/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2010, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi (direttiva sui «servizi di media audiovisivi») (GU 2010, L 95, pag. 1).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Baltic Media Alliance Ltd (in prosieguo: la «BMA») e la Lietuvos radijo ir televizijos komisija (Commissione radiotelevisiva della Lituania) (in prosieguo: la «LRTK») relativamente a una decisione di tale autorità del 18 maggio 2016 (in prosieguo: la «decisione del 18 maggio 2016»), che impone ai fornitori di servizi di media che esercitano la loro attività nel territorio lituano e alle altre persone che forniscono ai consumatori lituani un servizio di distribuzione via Internet di canali o di programmi televisivi di trasmettere o ritrasmettere il canale NTV Mir Lithuania nel territorio lituano, per i dodici mesi successivi all’entrata in vigore di tale decisione, solo in pacchetti a pagamento.

 Contesto normativo

 Convenzione europea sulla televisione transfrontaliera

3        L’articolo 4 della Convenzione europea sulla televisione transfrontaliera, firmata a Strasburgo il 5 maggio 1989, intitolato «Libertà di ricezione e di ritrasmissione», è così formulato:

«Le Parti assicurano la libertà di espressione e di informazione, in conformità all’articolo 10 della [c]onvenzione [europea] per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo e delle [l]ibertà fondamentali [firmata a Roma il 4 novembre 1950]; ed esse garantiscono la libertà di ricezione e non ostacolano la ritrasmissione sul proprio territorio di servizi di programmi che siano conformi alle disposizioni della presente [c]onvenzione».

 Diritto dell’Unione

 Direttiva 89/552/CEE

4        La direttiva 89/552/CEE del Consiglio, del 3 ottobre 1989, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l’esercizio delle attività televisive (GU 1989, L 298, pag. 23), ai suoi considerando 4, 9, 10 e 15, enunciava quanto segue:

«considerando che il Consiglio d’Europa ha adottato la convenzione europea sulla televisione transfrontaliera;

(…)

considerando che le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri applicabili all’esercizio di emissioni televisive e di distribuzione via cavo presentano disparità di cui alcune possono ostacolare la libera circolazione delle trasmissioni nella Comunità e falsare il libero svolgimento della concorrenza all’interno del mercato comune;

considerando che tutti questi ostacoli alla libera emissione all’interno della Comunità devono essere eliminati in virtù del trattato;

(…)

considerando che l’obbligo dello Stato membro di origine di controllare la conformità delle trasmissioni alle sue normative nazionali coordinate dalla presente direttiva è sufficiente, in base alla legislazione comunitaria, per assicurare la libera circolazione delle trasmissioni senza che si debba procedere, per gli stessi motivi, ad un secondo controllo negli Stati membri di ricezione; che tuttavia uno Stato membro di ricezione può, in via eccezionale e in particolari condizioni, sospendere provvisoriamente la ritrasmissione di programmi televisivi».

5        L’articolo 2, paragrafo 2, di tale direttiva enunciava quanto segue:

«Gli Stati membri assicurano la libertà di ricezione e non ostacolano la ritrasmissione sul proprio territorio di trasmissioni televisive provenienti da altri Stati membri per ragioni attinenti ai settori coordinati dalla presente direttiva. Gli Stati membri possono sospendere temporaneamente la ritrasmissione di programmi televisivi qualora sussistano le seguenti condizioni:

(…)».

 Direttiva 97/36/CE

6        La direttiva 97/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 giugno 1997, che modifica la direttiva 89/552 (GU 1997, L 202, pag. 60), ha sostituito l’articolo 2 della direttiva 89/552 con un nuovo testo e ha inserito un nuovo articolo 2 bis nella direttiva 89/552 che, ai paragrafi 1 e 2, disponeva quanto segue:

«1.      Gli Stati membri assicurano la libertà di ricezione e non ostacolano la ritrasmissione sul proprio territorio di trasmissioni televisive provenienti da altri Stati membri per ragioni attinenti ai settori coordinati dalla presente direttiva.

2.      Gli Stati membri possono, in via provvisoria, derogare al paragrafo 1 qualora ricorrano le seguenti condizioni:

(…)».

 Direttiva 2010/13

7        La direttiva 2010/13 ha codificato e sostituito la direttiva 89/552, come modificata dalla direttiva 2007/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2007 (GU 2007, L 332, pag. 27). I considerando 1, 4, 5, 8, 26, 35, 36, 41, 43, 54 e 104 della direttiva 2010/13 così recitano:

«(1)      La direttiva 89/552 (…) ha subito diverse e sostanziali modificazioni (…). È opportuno, per motivi di chiarezza e di razionalizzazione, procedere alla codificazione di tale direttiva.

(…)

(4)      Alla luce delle nuove tecnologie di trasmissione di servizi di media audiovisivi, un quadro normativo riguardante le attività di trasmissione dovrebbe tenere conto dell’impatto dei cambiamenti strutturali, della diffusione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) e delle innovazioni tecnologiche sui modelli d’attività, in particolare sul finanziamento della radiodiffusione commerciale, e dovrebbe garantire condizioni ottimali di concorrenza e certezza del diritto per le tecnologie dell’informazione e per il settore dei media e dei servizi connessi in Europa, nonché il rispetto della diversità culturale e linguistica.

(5)      I servizi di media audiovisivi sono nel contempo servizi culturali ed economici. L’importanza crescente che rivestono per le società, la democrazia — soprattutto a garanzia della libertà d’informazione, della diversità delle opinioni e del pluralismo dei mezzi di informazione —, l’istruzione e la cultura giustifica l’applicazione di norme specifiche a tali servizi.

(…)

(8)      È essenziale che gli Stati membri vigilino affinché non si commettano atti pregiudizievoli per la libera circolazione e il commercio delle trasmissioni televisive o tali da favorire la formazione di posizioni dominanti comportanti limitazioni del pluralismo e della libertà dell’informazione televisiva nonché dell’informazione in genere.

(…)

(26)      Ai fini della presente direttiva, la definizione di fornitore di servizi di media dovrebbe escludere le persone fisiche o giuridiche che si occupano solo della trasmissione di programmi per i quali la responsabilità editoriale incombe a terzi.

(…)

(35)      La fissazione di una serie di criteri materiali è volta a determinare con una procedura esaustiva che un unico Stato membro esercita la giurisdizione su un fornitore di servizi di media per quanto riguarda l’esercizio della prestazione dei servizi oggetto della presente direttiva. Tenuto conto, tuttavia, della giurisprudenza della Corte (…) e per evitare casi di vuoto giurisdizionale, occorre far riferimento al criterio di stabilimento ai sensi degli articoli da 49 a 55 del [TFUE] quale criterio ultimo per determinare la giurisdizione di uno Stato membro.

(36)      L’obbligo dello Stato membro di origine di controllare la conformità delle trasmissioni alle sue normative nazionali coordinate dalla presente direttiva è sufficiente, in base alla legislazione dell’Unione, per assicurare la libera circolazione delle trasmissioni senza che si debba procedere, per gli stessi motivi, ad un secondo controllo negli Stati membri di ricezione. Tuttavia, uno Stato membro di ricezione può, in via eccezionale e in particolari condizioni, sospendere provvisoriamente la ritrasmissione di programmi televisivi.

(…)

(41)      Gli Stati membri dovrebbero poter applicare ai fornitori di servizi di media soggetti alla loro giurisdizione norme più dettagliate o severe nei settori coordinati dalla presente direttiva, assicurandosi che tali norme siano conformi ai principi generali del diritto dell’Unione. Al fine di far fronte a situazioni in cui un’emittente televisiva soggetta alla giurisdizione di uno Stato membro fornisca una trasmissione televisiva in tutto o per la maggior parte destinata al territorio di un altro Stato membro, l’obbligo per gli Stati membri di cooperare tra di loro e, nei casi di elusione, la codificazione della giurisprudenza della Corte di giustizia (…), unita ad una procedura più efficiente, costituirebbero una soluzione adeguata che tiene conto delle preoccupazioni degli Stati membri senza rimettere in questione la corretta applicazione del principio del paese di origine. Il concetto di «norme di interesse pubblico generale» è stato elaborato dalla Corte di giustizia nella giurisprudenza relativa agli articoli 43 e 49 del trattato [CE] (ora articoli 49 e 56 del [TFUE]) e include, tra l’altro, norme sulla tutela dei consumatori, la protezione dei minori e la politica culturale. Lo Stato membro che richiede la cooperazione dovrebbe garantire che le specifiche norme nazionali in questione siano oggettivamente necessarie, applicate in modo non discriminatorio e proporzionate.

(…)

(43)      A norma della presente direttiva, ferma restando l’applicazione del principio del paese di origine, gli Stati membri possono ancora adottare provvedimenti che limitino la libertà di circolazione della radiodiffusione televisiva, ma solo nel rispetto delle condizioni e della procedura definite nella presente direttiva. Secondo la costante giurisprudenza della Corte di giustizia, tuttavia, ogni limitazione della libertà di prestazione dei servizi, come ogni altra deroga a un principio fondamentale del trattato, deve essere interpretata in modo restrittivo (…).

(…)

(54)      Gli Stati membri hanno la facoltà di prendere i provvedimenti che ritengono appropriati nei confronti di servizi di media audiovisivi provenienti da paesi terzi quando non ricorrono le condizioni stabilite dall’articolo 2, purché osservino il diritto e gli obblighi internazionali dell’Unione.

(…)

(104)       Poiché gli obiettivi della presente direttiva, vale a dire la creazione di un’area senza frontiere interne per i servizi di media audiovisivi, assicurando nel contempo un elevato livello di protezione di obiettivi di interesse generale, in particolare la tutela dei minori e della dignità umana, nonché la promozione dei diritti delle persone con disabilità, non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti della presente direttiva, essere realizzati meglio a livello dell’Unione, l’Unione può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 [TUE]. (…)».

8        L’articolo 1 della direttiva 2010/13, che fa parte del capo I di quest’ultima, intitolato «Definizioni», al paragrafo 1, lettere a) e da c) a f), dispone quanto segue:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

a)      “servizio di media audiovisivo”:

i)      un servizio, quale definito agli articoli 56 e 57 [TFUE], che è sotto la responsabilità editoriale di un fornitore di servizi di media e il cui obiettivo principale è la fornitura di programmi al fine di informare, intrattenere o istruire il grande pubblico, attraverso reti di comunicazioni elettroniche ai sensi dell’articolo 2, lettera a), della direttiva 2002/21/CE [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro) (GU 2002, L 108, pag. 33)]. Per siffatto servizio di media audiovisivo si intende o una trasmissione televisiva come definita alla lettera e) del presente paragrafo o un servizio di media audiovisivo a richiesta come definito alla lettera g) del presente paragrafo;

(…)

(…)

c)      “responsabilità editoriale”: l’esercizio di un controllo effettivo sia sulla selezione dei programmi sia sulla loro organizzazione in un palinsesto cronologico, nel caso delle radiodiffusioni televisive, o in un catalogo, nel caso dei servizi di media audiovisivi a richiesta. La responsabilità editoriale non implica necessariamente la responsabilità giuridica ai sensi del diritto nazionale per i contenuti o i servizi forniti;

d)      “fornitore di servizi di media”: la persona fisica o giuridica che assume la responsabilità editoriale della scelta del contenuto audiovisivo del servizio di media audiovisivo e ne determina le modalità di organizzazione;

e)      “radiodiffusione televisiva” o “trasmissione televisiva” (vale a dire un servizio di media audiovisivi lineare): un servizio di media audiovisivo fornito da un fornitore di servizi di media per la visione simultanea di programmi sulla base di un palinsesto di programmi;

f)      “emittente”: un fornitore di servizi di media di radiodiffusioni televisive».

9        Ai sensi dell’articolo 2, paragrafi da 1 a 3, della direttiva 2010/13:

«1.      Ciascuno Stato membro provvede affinché tutti i servizi di media audiovisivi trasmessi da fornitori di servizi di media soggetti alla sua giurisdizione rispettino le norme dell’ordinamento giuridico applicabili ai servizi di media audiovisivi destinati al pubblico nello Stato membro in questione.

2.      Ai fini della presente direttiva i fornitori di servizi di media soggetti alla giurisdizione di uno Stato membro sono:

a)      quelli stabiliti in tale Stato membro conformemente al paragrafo 3; (…)

(…)

3.      Ai fini della presente direttiva un fornitore di servizi di media si considera stabilito in uno Stato membro nei casi seguenti:

a)      il fornitore di servizi di media ha la sua sede principale in tale Stato membro e le decisioni editoriali sul servizio di media audiovisivo sono prese sul suo territorio;

b)      se un fornitore di servizi di media ha la sede principale in uno Stato membro ma le decisioni editoriali sul servizio di media audiovisivo sono prese in un altro Stato membro, detto fornitore si considera stabilito nello Stato membro in cui opera una parte significativa degli addetti allo svolgimento dell’attività di servizio di media audiovisivo. Se una parte significativa degli addetti allo svolgimento dell’attività di servizio di media audiovisivo opera in ciascuno di tali Stati membri, il fornitore di servizi di media si considera stabilito nello Stato membro in cui si trova la sua sede principale. Se in nessuno di tali Stati membri opera una parte significativa degli addetti allo svolgimento dell’attività di servizio di media audiovisivo, il fornitore di servizi di media si considera stabilito nel primo Stato membro in cui ha iniziato la sua attività nel rispetto dell’ordinamento giuridico di tale Stato membro, purché mantenga un legame stabile e effettivo con l’economia di tale Stato membro;

c)      se un fornitore di servizi di media ha la sede principale in uno Stato membro ma le decisioni sul servizio di media audiovisivo sono prese in un paese terzo, o viceversa, si considera stabilito in tale Stato membro purché una parte significativa degli addetti allo svolgimento dell’attività di servizio di media audiovisivo operi in quello Stato membro».

10      L’articolo 3, paragrafi 1 e 2, di tale direttiva così dispone:

«1.      Gli Stati membri assicurano la libertà di ricezione e non ostacolano la ritrasmissione sul proprio territorio di servizi di media audiovisivi provenienti da altri Stati membri per ragioni attinenti ai settori coordinati dalla presente direttiva.

2.      Riguardo alla radiodiffusione televisiva, gli Stati membri possono, a titolo provvisorio, derogare al paragrafo 1 se ricorrono le condizioni seguenti:

a)        una trasmissione televisiva proveniente da un altro Stato membro viola in maniera evidente, grave e seria l’articolo 27, paragrafo 1 o 2, e/o l’articolo 6;

b)        nel corso dei dodici mesi precedenti l’emittente televisiva ha già violato almeno due volte la disposizione o le disposizioni di cui alla lettera a);

c)      lo Stato membro interessato ha notificato per iscritto all’emittente televisiva e alla Commissione le pretese violazioni e i provvedimenti che intende adottare in caso di nuove violazioni;

d)      le consultazioni con lo Stato che effettua la trasmissione e la Commissione non hanno consentito di raggiungere una soluzione amichevole entro un termine di quindici giorni dalla notifica di cui alla lettera c) e persiste la pretesa violazione.

Entro due mesi a decorrere dalla notifica del provvedimento adottato dallo Stato membro, la Commissione adotta una decisione sulla compatibilità del provvedimento col diritto dell’Unione. In caso di decisione negativa, chiede allo Stato membro di revocare senza indugio il provvedimento adottato».

11      L’articolo 4, paragrafi da 2 a 5 della direttiva prevede quanto segue:

«2.      Uno Stato membro, nei casi in cui

a)      ha esercitato la facoltà ai sensi del paragrafo 1 di adottare norme più particolareggiate o più rigorose di interesse pubblico generale; e

b)      ritiene che un’emittente soggetta alla giurisdizione di un altro Stato membro fornisca una trasmissione televisiva in tutto o per la maggior parte destinata al suo territorio;

può contattare lo Stato membro che esercita la giurisdizione al fine di conseguire una soluzione reciprocamente soddisfacente per qualsiasi problema sorto. Alla ricezione di una richiesta motivata da parte del primo Stato membro, lo Stato membro che esercita la giurisdizione chiede all’emittente di ottemperare alle norme d’interesse pubblico generale in questione. Lo Stato membro che esercita la giurisdizione informa il primo Stato membro entro due mesi sui risultati ottenuti a seguito della richiesta. Ciascuno degli Stati membri può invitare il comitato di contatto istituito ai sensi dell’articolo 29 a esaminare il caso.

3.      Il primo Stato membro può adottare misure appropriate nei confronti dell’emittente interessata qualora ritenga che:

a)      i risultati conseguiti attraverso l’applicazione del paragrafo 2 non siano soddisfacenti; e

b)      l’emittente in questione si sia stabilita nello Stato membro che esercita la giurisdizione per aggirare, nei settori coordinati dalla presente direttiva, le norme più rigorose che le sarebbero applicabili se fosse stabilita nel primo Stato membro;

Siffatte misure sono obiettivamente necessarie, applicate in modo non discriminatorio e proporzionate agli obiettivi perseguiti.

4.      Uno Stato membro può adottare misure in applicazione del paragrafo 3 solo se sono rispettate le condizioni seguenti:

a)      esso ha notificato alla Commissione e allo Stato membro nel quale l’emittente televisiva è stabilita la propria intenzione di adottare tali misure, adducendo i motivi sui quali fonda la sua valutazione; e

b)      la Commissione ha deciso che dette misure sono compatibili con il diritto dell’Unione e, in particolare, che le valutazioni dello Stato membro che adotta tali misure ai sensi dei paragrafi 2 e 3 sono correttamente motivate.

5.      La Commissione decide entro tre mesi dalla notifica di cui al paragrafo 4, lettera a). Se la Commissione decide che le misure sono incompatibili con il diritto dell’Unione, lo Stato membro interessato si astiene dall’adottarle».

12      A sensi dell’articolo 6 della medesima direttiva:

«Gli Stati membri assicurano, con misure adeguate, che i servizi di media audiovisivi forniti dai fornitori di servizi di media soggetti alla loro giurisdizione non contengano alcun incitamento all’odio basato su razza, sesso, religione o nazionalità».

 Diritto lituano

13      L’articolo 19, paragrafo 1, punto 3, del Lietuvos Respublikos visuomenės informavimo įstatymas (legge lituana sull’informazione pubblica), del 2 luglio 2006 (Žin., 2006, n. 82-3254), nella sua versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: la «legge sull’informazione pubblica»), che recepisce l’articolo 6 della direttiva 2010/13, prevede quanto segue:

«È vietato distribuire nei media contenuti

(…)

3)      che diffondono propaganda bellica, incitano alla guerra o all’odio, al ridicolo o al disprezzo, o che incoraggiano la discriminazione, la violenza o le rappresaglie fisiche contro un gruppo di persone o contro un membro di tale gruppo in ragione dell’età, del sesso, dell’orientamento sessuale, dell’appartenenza etnica, della razza, della nazionalità, della cittadinanza, della lingua, della provenienza, dello status sociale, del credo, delle convinzioni, delle opinioni o della religione; (…)».

14      L’articolo 33, paragrafi 11 e 12, di tale legge così dispone:

«11.      Le emittenti di ritrasmissione di canali televisivi e ogni altra persona che fornisce ai consumatori lituani servizi di distribuzione via Internet di canali e/o di trasmissioni televisive che compongono pacchetti di canali ritrasmessi e/o diffusi mediante Internet devono rispettare le regole adottate dalla [LRTK] in materia di composizione dei pacchetti e garantire il diritto dei consumatori a un’informazione imparziale, a una molteplicità di opinioni, di culture e di lingue e a una protezione adeguata dei minori contro gli effetti negativi dell’informazione pubblica. Nei dodici mesi successivi all’adozione della decisione di cui al paragrafo 12, punto 1, del presente articolo, i canali televisivi su cui sono stati diffusi contenuti rientranti nel divieto di cui all’articolo 19, paragrafo 1, punto 3, della [presente legge] possono essere ritrasmessi e/o diffusi mediante Internet solo in pacchetti a pagamento, che, in tal caso, non possono essere sovvenzionati, supportati o avvantaggiati in alcun modo, fermo restando che il loro prezzo non può essere inferiore ai costi sostenuti dal fornitore dei servizi per l’acquisizione, la ritrasmissione e/o la distribuzione via Internet dei canali che compongono i pacchetti in parola.

12.      Ove la [LRTK] accerti che, su un canale televisivo ritrasmesso e/o distribuito via Internet a partire da Stati membri dell’Unione europea, da Stati dello Spazio economico europeo e da altri Stati europei che hanno ratificato la [Convenzione europea sulla televisione transfrontaliera] o all’interno di trasmissioni di detto canale, sono stati pubblicati, trasmessi e diffusi contenuti rientranti nel divieto previsto all’articolo 19, paragrafo 1, punti 1, 2 e 3, della [presente legge]:

1)      essa dispone, mediante decisione, che il canale in questione possa essere diffuso unicamente in pacchetti a pagamento e ne informa le emittenti televisive e ogni altra persona che fornisce ai consumatori lituani servizi di distribuzione di canali e/o trasmissioni televisive via Internet;

2)      adotta immediatamente le misure di cui all’articolo 341 di detta legge, al fine di garantire la diffusione di canali e/o di trasmissioni televisive conformi ai requisiti posti dalla [suddetta] legge.

(…)».

15      L’articolo 341, paragrafi 1 e 3 della legge sull’informazione pubblica recepisce l’articolo 3, paragrafi 1 e 2 della direttiva 2010/13. L’articolo 341, paragrafo 1 di detta legge stabilisce che in Lituania è garantita la libertà di ricezione dei servizi di media audiovisivi provenienti, segnatamente, dagli Stati membri. L’articolo 341, paragrafo 3, della suddetta legge stabilisce che tale libertà può essere «sospesa provvisoriamente» quando sono soddisfatte quattro condizioni corrispondenti a quelle previste dall’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2010/13.

16      Dalla decisione di rinvio emerge che per pacchetto di base si intende un pacchetto di canali televisivi che è composto e proposto ai consumatori da un’emittente televisiva o da un’altra persona che fornisce a detti consumatori servizi di distribuzione di canali o di programmi televisivi su Internet, mediante il pagamento di un canone fisso. Un pacchetto a pagamento è un insieme di canali trasmessi ai consumatori mediante il pagamento di un supplemento che non è incluso nel prezzo del pacchetto di base.

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

17      La BMA, società registrata nel Regno Unito, è titolare di una licenza, rilasciata dall’Office of Communications (Ufficio delle Comunicazioni, Regno Unito), per la distribuzione del canale televisivo NTV Mir Lithuania.

18      La LRTK ha adottato, conformemente all’articolo 33, paragrafo 11 e paragrafo 12, punto 1, della legge sull’informazione pubblica, la decisione del 18 maggio 2016. Tale decisione si basa sul fatto che un programma trasmesso il 15 aprile 2016 sul canale NTV Mir Lithuania, intitolato «Ypatingas įvykis. Tyrimas» («Evento speciale – Inchiesta»), presentava contenuti incitanti all’odio sulla base della nazionalità, vietati in forza dell’articolo 19, paragrafo 1, punto 3, della suddetta legge.

19      Il 22 giugno 2016 la LRTK ha adottato una nuova decisione con cui modificava la decisione del 18 maggio 2016. Essa ha eliminato l’obbligo di trasmettere il canale NTV Mir Lithuania unicamente in pacchetti a pagamento e ha deciso di avviare una procedura diretta a disporre la sospensione temporanea di detto canale, in applicazione dell’articolo 341, paragrafo 3, della legge sull’informazione pubblica. In tale contesto, essa ha notificato alla BMA l’infrazione contestata nella sua decisione del 18 maggio 2016 e i provvedimenti che intendeva adottare in caso di reiterazione di una siffatta infrazione. La LRTK ha notificato l’infrazione in questione anche all’Ufficio delle Comunicazioni.

20      Lo stesso giorno, la BMA ha presentato ricorso dinanzi al Vilniaus apygardos administracinis teismas (Tribunale amministrativo regionale di Vilnius, Lituania) chiedendo l’annullamento della decisione del 18 maggio 2016. In tale contesto, la BMA fa valere, segnatamente, che tale decisione è stata adottata in violazione dell’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2010/13 e che essa ha ostacolato la ritrasmissione di un canale televisivo proveniente da uno Stato membro. I motivi a giustificazione di tale ostacolo e la procedura seguita per l’adozione della relativa decisione avrebbero pertanto dovuto rispettare la disposizione citata. Orbene, ciò non è avvenuto.

21      In tale contesto, il Vilniaus apygardos administracinis teismas (Tribunale amministrativo regionale di Vilnius) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 3, paragrafi 1 e 2, della direttiva [2010/13] si riferisca soltanto a casi in cui uno Stato membro di ricezione intenda sospendere la trasmissione e/o la ritrasmissione o se esso riguardi anche altre misure adottate dallo Stato membro di ricezione al fine di limitare in altro modo la libertà di ricezione e la ritrasmissione dei programmi.

2)      Se il considerando 8 e l’articolo 3, paragrafi 1 e 2, della direttiva [2010/13] debbano essere interpretati nel senso che vietano agli Stati membri di ricezione, dopo che questi hanno accertato che in un programma televisivo ritrasmesso e/o distribuito via Internet da uno Stato membro dell’Unione europea sono stati pubblicati, trasmessi e distribuiti contenuti rientranti nell’articolo 6 della direttiva sui servizi media audiovisivi, di adottare, senza che ricorrano le condizioni previste all’articolo 3, paragrafo 2, di tale direttiva, una decisione come quella prevista all’articolo 33, paragrafi 11 e 12, comma 1, della [legge sull’informazione pubblica], ossia una decisione che impone alle emittenti di ritrasmissione operanti nel territorio dello Stato membro di ricezione e alle altre persone che forniscono i servizi di distribuzione dei programmi televisivi via Internet l’obbligo temporaneo di garantire che il programma televisivo sia ritrasmesso e/o distribuito via Internet solo in pacchetti di programmi televisivi disponibili previo pagamento di un canone supplementare».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla ricevibilità

22      La LRTK e il governo lituano sostengono che la domanda di pronuncia pregiudiziale è irricevibile.

23      In primo luogo, essi fanno valere che le questioni sollevate hanno carattere ipotetico. Infatti, posto che, il giorno stesso in cui la BMA ha adito il giudice del rinvio, la LRTK ha modificato la sua decisione del 18 maggio 2016, eliminato l’obbligo di trasmettere il canale NTV Mir Lithuania unicamente in pacchetti a pagamento e avviato una procedura di sospensione in conformità all’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2010/13, il procedimento principale sarebbe divenuto privo di oggetto e la BMA non avrebbe più alcun interesse a far accertare l’illegittimità di tale decisione.

24      A tal proposito, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, il procedimento ai sensi dell’articolo 267 TFUE costituisce uno strumento di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, per mezzo del quale la prima fornisce ai secondi gli elementi di interpretazione del diritto dell’Unione necessari per risolvere le controversie dinanzi ad essi pendenti (v., segnatamente, sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin, C‑182/15, EU:C:2016:630, punto 18).

25      Da tale giurisprudenza emerge altresì che spetta soltanto al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolarità del caso di specie, tanto la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, quanto la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate vertono sull’interpretazione di una norma giuridica dell’Unione, la Corte è, in via di principio, tenuta a statuire (sentenza del 10 dicembre 2018, Wightman e a., C‑621/18, EU:C:2018:999, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

26      Ne consegue che le questioni vertenti sul diritto dell’Unione sono assistite da una presunzione di rilevanza. Il rifiuto della Corte di statuire su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora risulti in modo manifesto che l’interpretazione richiesta relativamente ad una norma dell’Unione non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto della controversia nel procedimento principale, oppure qualora il problema sia di natura ipotetica, o anche quando la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per rispondere utilmente alle questioni che le vengono sottoposte (sentenza del 10 dicembre 2018, Wightman e a., C‑621/18, EU:C:2018:999, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).

27      Si deve inoltre ricordare che, conformemente a una giurisprudenza costante, la ratio del rinvio pregiudiziale non consiste nell’esprimere pareri consultivi su questioni generiche o ipotetiche, ma risponde all’esigenza di dirimere concretamente una controversia (sentenza del 10 dicembre 2018, Wightman e a., C‑621/18, EU:C:2018:999, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).

28      Nel caso di specie, il giudice del rinvio ha esposto nella decisione di rinvio che, nonostante la modifica della decisione del 18 maggio 2016, mediante la quale la LRTK ha annullato le misure contestate dalla BMA, esso dovrà stabilire se, con tale decisione, la LRTK abbia violato i diritti della suddetta società e se la decisione in parola fosse legittima alla data della sua adozione.

29      A tal riguardo, la BMA fa valere che la decisione del 18 maggio 2016 è stata in vigore dal 23 maggio al 27 giugno 2016, che essa ha spiegato, durante tale periodo, effetti dannosi per detta società e che, modificando tale decisione, la LRTK non ha riconosciuto l’illegittimità della decisione in parola né ha annullato gli effetti che essa aveva già realizzato. La BMA rileva, inoltre, che l’accertamento dell’illegittimità della decisione del 18 maggio 2016 consentirebbe, segnatamente, di prevenire il rischio che l’asserita illegittimità si ripeta in futuro.

30      Risulta quindi che esiste effettivamente una controversia pendente dinanzi al giudice del rinvio, atteso che l’annullamento, da parte della LRTK, delle misure contestate dalla BMA alla data di presentazione del ricorso nel procedimento principale non ha dato soddisfazione a quest’ultima.

31      In tale contesto, non risulta in maniera manifesta che la controversia di cui al procedimento principale sia divenuta priva di oggetto, di modo che le questioni pregiudiziali non avrebbero alcun rapporto con la realtà o con l’oggetto della controversia o riguarderebbero un problema ipotetico.

32      In secondo luogo, il governo lituano fa valere che una misura contenente l’obbligo di trasmettere, per un periodo di dodici mesi, un canale televisivo solo in pacchetti a pagamento, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, limita l’accessibilità nel territorio nazionale a un simile canale, senza per questo sospendere la ritrasmissione di un servizio di media audiovisivo. Pertanto, una siffatta misura esulerebbe dall’ambito di applicazione dell’articolo 3, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2010/13 e costituirebbe un provvedimento autonomo adottato in forza del diritto nazionale, con la conseguenza che non sarebbe necessario fornire un’interpretazione delle disposizioni di tale direttiva.

33      A tal riguardo, si deve constatare che tale argomento non concerne la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale, ma rientra nel merito della controversia di cui al procedimento principale e, in particolare, costituisce l’oggetto della prima questione posta (v., per analogia, sentenza del 4 ottobre 1991, Society for the Protection of Unborn Children Ireland, C‑159/90, EU:C:1991:378, punto 15).

34      Alla luce delle suesposte considerazioni, la domanda di pronuncia pregiudiziale deve essere considerata ricevibile.

 Nel merito

 Osservazioni preliminari

35      In primo luogo, occorre esaminare l’argomento della LRTK e del governo lituano secondo cui un canale televisivo, come quello di cui trattasi nel procedimento principale, i cui programmi sono prodotti in un paese terzo, non rientrerebbe nell’ambito di applicazione della direttiva 2010/13 e non potrebbe quindi beneficiare della libertà di ricezione e di ritrasmissione sancita da tale direttiva.

36      Il governo lituano fa infatti valere che i programmi del canale NTV Mir Lithuania sono prodotti da una società stabilita in Russia e che la BMA, stabilita nel Regno Unito, si limita a offrire un mero servizio di trasmissione di tale canale nel territorio lituano, senza esercitare una qualsivoglia responsabilità editoriale sul contenuto dello stesso.

37      A tal riguardo, occorre rilevare che la direttiva 2010/13, come emerge dal suo considerando 35, stabilisce una serie di criteri materiali che determinano quale Stato membro eserciti la giurisdizione nei confronti di un fornitore di servizi di media quanto all’esercizio della prestazione dei servizi oggetto di tale direttiva.

38      Conformemente all’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2010/13 sono soggetti alla giurisdizione di uno Stato membro, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera d), della direttiva in parola, i fornitori di servizi di media che sono considerati stabiliti in tale Stato membro conformemente al paragrafo 3 di detto articolo 2.

39      In primo luogo, la nozione di «fornitore di servizi di media» è definita all’articolo 1, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2010/13 e designa la persona fisica o giuridica che assume la responsabilità editoriale della scelta del contenuto audiovisivo del servizio di media audiovisivo e che ne determina le modalità di organizzazione.

40      La nozione di «responsabilità editoriale» è definita all’articolo 1, paragrafo 1, lettera c), di detta direttiva come «l’esercizio di un controllo effettivo sia sulla selezione dei programmi sia sulla loro organizzazione in un palinsesto cronologico, nel caso delle radiodiffusioni televisive, o in un catalogo, nel caso dei servizi di media audiovisivi a richiesta». Il fornitore di servizi di media, definito all’articolo 1, paragrafo 1, lettera d), della medesima direttiva, è quindi caratterizzato dall’esercizio di tale controllo che conduce all’adozione di decisioni editoriali e dalla conseguente assunzione della responsabilità editoriale.

41      Pertanto, una persona fisica o giuridica, stabilita in uno Stato membro, assume la responsabilità editoriale, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2010/13, sui programmi di un canale televisivo trasmesso se seleziona e organizza in un palinsesto cronologico i programmi di detto canale. In tal caso, essa costituisce quindi un fornitore di servizi di media, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera d), di tale direttiva.

42      Come emerge dal considerando 26 della direttiva 2010/13, la definizione di fornitore di servizi di media esclude invece le persone fisiche o giuridiche che si occupano solo della trasmissione di programmi per i quali la responsabilità editoriale incombe a terzi.

43      Per quanto riguarda i diversi fattori di cui occorre tener conto a tal riguardo, la circostanza che l’interessato ha ottenuto una licenza dall’organismo di regolamentazione di uno Stato membro, quantunque possa costituire un indizio del fatto che tale persona abbia assunto la responsabilità editoriale sui programmi del canale tramesso, non può, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 40 delle sue conclusioni, essere decisiva, in mancanza di armonizzazione da parte del legislatore dell’Unione, nella direttiva 2010/13, del rilascio di licenze o di autorizzazioni amministrative per la fornitura di servizi di media audiovisivi. Occorre inoltre valutare se l’interessato abbia il potere di stabilire, in via definitiva, l’offerta audiovisiva in quanto tale, il che presuppone che esso abbia a sua disposizione sufficienti mezzi materiali e risorse umane per poter assumere una simile responsabilità, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi da 43 a 45 delle sue conclusioni.

44      In secondo luogo, l’articolo 2, paragrafo 3, lettere da a) a c), della direttiva 2010/13 elenca i casi in cui un fornitore di servizi di media si considera stabilito in uno Stato membro e rientra, quindi, nell’ambito di applicazione della direttiva in parola.

45      Dall’articolo 2, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2010/13 emerge che un fornitore di servizi di media si considera stabilito in uno Stato membro quando tale fornitore ha la sua sede principale in tale Stato membro e «le decisioni editoriali sul servizio di media audiovisivo sono prese sul suo territorio».

46      Ne consegue che, al fine di determinare se una persona fisica o giuridica rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 2010/13, in forza dell’articolo 2, paragrafo 3, lettera a), di tale direttiva, occorre verificare non soltanto se l’interessato, che assume la responsabilità editoriale rispetto ai servizi di media audiovisivi forniti, abbia la sua sede principale in uno Stato membro, ma anche se le decisioni editoriali relative a tali servizi siano prese in tale Stato membro.

47      Se è vero che una siffatta verifica costituisce una questione di fatto la cui valutazione spetta al giudice del rinvio, la Corte può nondimeno fornire a quest’ultimo gli elementi di interpretazione del diritto dell’Unione che sono necessari per dirimere la controversia che è chiamato a risolvere.

48      Ai fini della verifica di cui al punto 46 della presente sentenza, occorre comprendere se le decisioni editoriali relative ai servizi di media audiovisivi di cui al punto 40 della presente sentenza siano prese nello Stato membro sul cui territorio il fornitore di servizi di media interessato ha la sua sede principale.

49      Occorre rilevare in tale contesto che il luogo in cui vengono adottate le suddette decisioni editoriali sui servizi di media audiovisivi è rilevante anche ai fini dell’applicazione dei criteri materiali previsti dall’articolo 2, paragrafo 3, lettere b) e c), della direttiva 2010/13.

50      A tal proposito, da un lato, dalla prima frase dell’articolo 2, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2010/13 emerge che «se un fornitore di servizi di media ha la sede principale in uno Stato membro ma le decisioni editoriali sul servizio di media audiovisivo sono prese in un altro Stato membro, detto fornitore si considera stabilito nello Stato membro in cui opera una parte significativa degli addetti allo svolgimento dell’attività di servizio di media audiovisivo». Dall’altro lato, l’articolo 2, paragrafo 3, lettera c), di tale direttiva stabilisce che «se un fornitore di servizi di media ha la sede principale in uno Stato membro ma le decisioni sul servizio di media audiovisivo sono prese in un paese terzo, o viceversa, si considera stabilito in tale Stato membro purché una parte significativa degli addetti allo svolgimento dell’attività di servizio di media audiovisivo operi in quello Stato membro».

51      Inoltre, come emerge dalle rispettive formulazioni dell’articolo 2, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2010/13 e dell’articolo 2, paragrafo 3, lettera c), di tale direttiva, la sede principale del fornitore di servizi di media e il luogo in cui operano gli addetti allo svolgimento delle attività dei suoi servizi sono parimenti rilevanti ai fini dell’applicazione di tali disposizioni.

52      Dall’esame di cui ai punti da 38 a 51 della presente sentenza risulta che l’esercizio di una responsabilità editoriale rispetto ai servizi di media audiovisivi caratterizza un fornitore di tali servizi, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2010/13. Inoltre, il luogo in cui un fornitore di servizi di media ha la propria sede principale e il luogo in cui le decisioni editoriali relative a detti servizi vengono prese, nonché, se del caso, il luogo in cui operano gli addetti allo svolgimento di attività dei medesimi servizi, costituiscono criteri rilevanti al fine di verificare se tale fornitore sia stabilito in uno Stato membro, in applicazione dell’articolo 2, paragrafo 3, di tale direttiva, di modo da far ricadere i servizi che esso fornisce nell’ambito di applicazione della direttiva 2010/13. Al contrario, il fatto che i programmi di un canale televisivo trasmessi nel territorio di uno Stato membro possano essere prodotti in un paese terzo è privo di rilevanza a tal fine.

53      In secondo luogo, occorre esaminare l’argomento del governo lituano secondo cui occorrerebbe applicare la normativa lituana in quanto il canale NTV Mir Lithuania sarebbe destinato esclusivamente al territorio lituano e la BMA si sarebbe stabilita in uno Stato membro diverso dalla Repubblica di Lituania per eludere tale normativa.

54      A tal riguardo, è sufficiente rilevare che l’articolo 4, paragrafi da 2 a 5, della direttiva 2010/13 prevede una procedura particolare per disciplinare le situazioni in cui un’emittente televisiva, soggetta alla giurisdizione di uno Stato membro, fornisca una trasmissione televisiva destinata interamente o principalmente al territorio di un altro Stato membro. Fatto salvo il rispetto delle condizioni e della procedura previste da tale disposizione, lo Stato membro di ricezione può infatti applicare a una tale emittente le proprie norme di interesse pubblico generale o altre norme più rigorose nei settori coordinati da tale direttiva.

55      Nel caso di specie, è tuttavia pacifico che la LRTK non ha seguito tale procedura per l’adozione della decisione del 18 maggio 2016.

56      Da quanto precede risulta che né la circostanza che i programmi del canale NTV Mir Lithuania possano essere prodotti in un paese terzo né, in caso di mancato rispetto da parte della Repubblica di Lituania della procedura particolare prevista dalla direttiva 2010/13, la circostanza che tale canale – il cui fornitore è stabilito in un altro Stato membro – sia destinato esclusivamente al territorio lituano dispensano la Repubblica di Lituania dall’applicazione di tale direttiva.

 Sulla prima questione

57      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2010/13 debba essere interpretato nel senso che rientra in tale disposizione una misura di ordine pubblico, adottata da uno Stato membro, consistente nell’obbligo, per i fornitori di servizi di media le cui trasmissioni sono destinate al territorio di tale Stato membro e per le altre persone che forniscono ai consumatori di detto Stato membro un servizio di distribuzione via Internet di canali o di programmi televisivi, di trasmettere o ritrasmettere nel territorio di questo medesimo Stato membro, per un periodo di dodici mesi, un canale televisivo proveniente da un altro Stato membro solo in pacchetti a pagamento.

58      La risposta della Corte a tale questione si fonda sulla premessa secondo cui la BMA, oggetto delle misure di cui trattasi nel procedimento principale, sarebbe un fornitore di servizi di media stabilito in uno Stato membro diverso dalla Repubblica di Lituania, ossia il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rientrante nell’ambito di applicazione della direttiva 2010/13, conformemente agli articoli 1 e 2 di quest’ultima, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare, tenendo conto delle indicazioni di cui ai punti da 37 a 52 della presente sentenza.

59      Per contro, nei limiti in cui le altre persone che forniscono ai consumatori lituani un servizio di distribuzione via Internet di canali o di programmi televisivi non hanno la qualità di «fornitore di servizi di media», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2010/13, esse non rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 3, paragrafi 1 e 2, di tale direttiva.

60      Inoltre, va osservato che un fornitore di servizi di media stabilito in Lituania rientra nella giurisdizione di tale Stato membro, come risulta dall’articolo 2 della direttiva 2010/13, di modo che l’articolo 3, paragrafi 1 e 2, di tale direttiva non sarebbe applicabile nei suoi confronti.

61      Al fine di rispondere alla prima questione, occorre rammentare che l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2010/13 stabilisce che gli Stati membri assicurano la libertà di ricezione e non ostacolano la ritrasmissione sul proprio territorio di servizi di media audiovisivi provenienti da altri Stati membri per ragioni attinenti ai settori coordinati da tale direttiva, tra i quali figurano le misure contro l’incitamento all’odio, di cui all’articolo 6 di detta direttiva. Per quanto riguarda la radiodiffusione televisiva, l’articolo 3, paragrafo 2, della medesima direttiva consente tuttavia agli Stati membri di derogare a titolo provvisorio al paragrafo 1 del suddetto articolo 3, nel rispetto di determinate condizioni sostanziali e procedurali.

62      Dalla decisione del rinvio emerge che vi è contrasto tra, da un lato, la BMA, e, dall’altro, la LRTK e il governo lituano quanto alla portata dell’articolo 3, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2010/13. Mentre la BMA sostiene che tale disposizione riguarda qualsiasi limitazione da parte dello Stato membro di ricezione alla libertà di ricezione e ritrasmissione dei programmi televisivi, limitazione che deve essere intesa ai sensi della nozione di restrizione di cui all’articolo 56 TFUE, la LRTK e il governo lituano ritengono che detta disposizione ricomprenda solo il caso della sospensione completa della ricezione e della ritrasmissione dei programmi televisivi.

63      Secondo costante giurisprudenza della Corte, quando si interpreta una disposizione del diritto dell’Unione occorre tenere conto non soltanto della formulazione di quest’ultima e degli obiettivi da essa perseguiti, ma anche del suo contesto e dell’insieme delle disposizioni del diritto dell’Unione. Anche la genesi di una disposizione del diritto dell’Unione può fornire elementi pertinenti per la sua interpretazione (v., segnatamente, sentenza del 3 ottobre 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio, C‑583/11 P, EU:C:2013:625, punto 50).

64      Per quanto riguarda, in primo luogo, la formulazione dell’articolo 3, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2010/13, essa non consente di per sé di determinare la natura delle misure ricomprese in tale disposizione.

65      Per quanto riguarda, in secondo luogo, il contesto in cui si inserisce l’articolo 3, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2010/13 e gli obiettivi di quest’ultima, si deve rilevare, al pari dell’avvocato generale al paragrafo 59 delle sue conclusioni, che, se è vero che tale direttiva concretizza, nel settore dei servizi di media audiovisivi, la libera prestazione di servizi garantita dall’articolo 56 TFUE istituendo, come risulta dal suo considerando 104, «uno spazio senza frontiere interne» per tali servizi, nel contempo tiene conto tuttavia, come dimostra il suo considerando 5, della natura sia culturale che economica dei suddetti servizi e dell’importanza che essi rivestono per la democrazia, l’educazione e la cultura, i quali giustificano l’applicazione di norme specifiche per questi medesimi servizi.

66      Inoltre, dai considerando 9 e 10 della direttiva 89/552 emergeva che gli ostacoli che il legislatore dell’Unione aveva inteso abolire erano quelli che risultavano dalle disparità esistenti tra le disposizioni degli Stati membri per quanto riguarda l’esercizio dell’attività di diffusione e di distribuzione dei programmi televisivi. Pertanto, i settori coordinati da tale direttiva lo erano solo per quanto riguarda la trasmissione televisiva vera e propria, come definita dall’articolo 1, lettera a), della direttiva in parola (v., in tal senso, sentenza del 22 settembre 2011, Mesopotamia Broadcast e Roj TV, C‑244/10 e C‑245/10, EU:C:2011:607, punti 31 e 32).

67      Dai considerando 1 e 4 della direttiva 2010/13 emerge che la stessa procede alla codificazione della direttiva 89/552 alla luce delle nuove tecnologie di trasmissione di servizi di media audiovisivi. Di conseguenza, i settori coordinati dalla prima direttiva sono tali solo per quanto riguarda la fornitura di servizi di media audiovisivi propriamente detta.

68      Per quanto riguarda, in terzo luogo, la genesi dell’articolo 3 della direttiva 2010/13, occorre rilevare che, nella sua versione iniziale, l’articolo 2, paragrafo 2, primo comma, seconda frase, della direttiva 89/552 menzionava la facoltà degli Stati membri di «sospendere» temporaneamente la ritrasmissione di programmi televisivi qualora fossero state soddisfatte le condizioni ivi contenute. Se è vero che il legislatore dell’Unione, al momento della modifica della direttiva 89/552 mediante la direttiva 97/36, ha introdotto un nuovo articolo 2 bis, che, al paragrafo 2, primo comma, ha sostanzialmente ripreso la formulazione iniziale dell’articolo 2, paragrafo 2, primo comma, seconda frase, di tale direttiva – sostituendo nel contempo il verbo «sospendere» con il verbo «derogare» – tuttavia, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 57 delle sue conclusioni, nella motivazione dell’adozione della direttiva 97/36 non vi è alcuna indicazione che, con tale modifica, il legislatore dell’Unione abbia inteso tornare sulla natura dei provvedimenti considerati. Al contrario, il considerando 15 della direttiva 89/552 continuava a indicare, nonostante tale modifica, la facoltà dello Stato membro di ricezione di «sospendere provvisoriamente la ritrasmissione di programmi televisivi», menzione ormai contenuta nel considerando 36 della direttiva 2010/13.

69      Occorre inoltre aggiungere che la Convenzione europea sulla televisione transfrontaliera – che è stata elaborata nello stesso momento della direttiva 89/552 e alla quale tale direttiva fa riferimento al suo considerando 4 – richiede, al suo articolo 4, il quale contiene una disposizione simile all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2010/13, che le parti di tale convenzione «garantisc[a]no la libertà di ricezione» e non «ostacol[i]no la ritrasmissione» sul loro territorio di servizi che rientrano nell’ambito di applicazione di detta convenzione e che sono conformi alle disposizioni di quest’ultima.

70      Il fatto che il legislatore dell’Unione si sia ispirato, nella formulazione dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2010/13, ai termini contenuti nell’articolo 4 della Convenzione europea sulla televisione transfrontaliera suggerisce che i termini «libertà di ricezione» e «ostacoli» rivestano, nel contesto di tale direttiva, un significato specifico, più restrittivo di quello della nozione di «restrizione alla libera prestazione dei servizi» di cui all’articolo 56 TFUE.

71      Occorre rilevare, in tale contesto, che la Corte ha statuito, quanto alla direttiva 89/552, come modificata dalla direttiva 97/36, il cui articolo 2 bis, paragrafi 1 e 2, corrisponde, in sostanza, all’articolo 3, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2010/13, che tale prima direttiva stabiliva il principio del riconoscimento, da parte dello Stato membro di ricezione, della funzione di controllo dello Stato membro di origine rispetto ai servizi di media audiovisivi dei fornitori soggetti alla sua giurisdizione (v., in tal senso, sentenza del 22 settembre 2011, Mesopotamia Broadcast e Roj TV, C‑244/10 e C‑245/10, EU:C:2011:607, punto 35).

72      La Corte ha sottolineato in proposito che il controllo sull’applicazione del diritto dello Stato membro di origine applicabile ai servizi di media audiovisivi e sull’osservanza delle disposizioni della direttiva 89/552, come modificata dalla direttiva 97/36, compete solo allo Stato membro dal quale provengono tali servizi e che lo Stato membro di ricezione non è autorizzato ad esercitare un proprio controllo per ragioni attinenti ai settori coordinati dalla direttiva in parola (v., in tal senso, sentenza del 22 settembre 2011, Mesopotamia Broadcast e Roj TV, C‑244/10 e C‑245/10, EU:C:2011:607, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).

73      La direttiva 2010/13 non osta invece, in linea di principio, all’applicazione di una normativa nazionale che persegue, in via generale, un obiettivo di interesse generale senza tuttavia istituire un secondo controllo delle trasmissioni televisive oltre a quello che lo Stato membro da cui proviene la trasmissione è tenuto ad effettuare (v., in tal senso, sentenza del 9 luglio 1997, De Agostini e TV-Shop, da C‑34/95 a C‑36/95, EU:C:1997:344, punto 34).

74      Dalla sentenza del 9 luglio 1997, De Agostini e TV-Shop (da C‑34/95 a C‑36/95, EU:C:1997:344), deriva che una misura nazionale che persegue un obiettivo di interesse generale e disciplina taluni aspetti della diffusione o della distribuzione di servizi di media audiovisivi non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 3, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2010/13, a meno che essa non istituisca un secondo controllo delle trasmissioni di radiodiffusione televisiva oltre a quello che lo Stato membro da cui proviene la trasmissione è tenuto ad effettuare.

75      La Corte ha dichiarato, al punto 50 della sentenza del 22 settembre 2011, Mesopotamia Broadcast e Roj TV (C‑244/10 e C‑245/10, EU:C:2011:607), che non rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 89/552, come modificata dalla direttiva 97/36, normative di uno Stato membro che non riguardano specificamente la diffusione e la distribuzione dei programmi e che, in maniera generale, perseguono un obiettivo di ordine pubblico, senza tuttavia impedire la ritrasmissione propriamente detta sul suo territorio dei servizi di media audiovisivi provenienti da altri Stati membri.

76      Tuttavia, non si deve interpretare il punto 50 della sentenza del 22 settembre 2011, Mesopotamia Broadcast e Roj TV (C‑244/10 e C‑245/10, EU:C:2011:607) nel senso che una misura nazionale costituisce un ostacolo, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2010/13, qualora la normativa sulla base della quale è adottata disciplini taluni aspetti della diffusione o della distribuzione dei servizi di media audiovisivi, come le modalità attraverso le quali tali servizi vengono diffusi o distribuiti.

77      Non costituisce un simile ostacolo una misura nazionale che, in maniera generale, persegue un obiettivo di ordine pubblico e che disciplina le modalità di distribuzione di un canale televisivo ai consumatori dello Stato membro di ricezione, qualora tali modalità non impediscano la ritrasmissione propriamente detta di tale canale. Una siffatta misura non istituisce, infatti, un secondo controllo della trasmissione del canale in questione oltre a quello che lo Stato membro da cui proviene la trasmissione è tenuto ad effettuare.

78      Per quanto riguarda la misura di cui trattasi nel procedimento principale, in primo luogo, dalle osservazioni presentate dalla LRTK e dal governo lituano risulta che, con l’adozione dell’articolo 33, paragrafo 11 e paragrafo 12, punto 1, della legge sull’informazione della società, sulla base del quale è stata adottata la decisione del 18 maggio 2016, il legislatore nazionale intendeva contrastare la diffusione attiva di contenuti che screditano lo Stato lituano e minacciano la sua qualità di Stato con l’obiettivo, alla luce dell’influenza particolarmente significativa della televisione sulla formazione dell’opinione pubblica, di tutelare la sicurezza dello spazio dell’informazione lituano nonché di garantire e preservare l’interesse pubblico a una corretta informazione. I contenuti previsti da tale disposizione sono quelli che ricadono nel divieto di cui all’articolo 19 di tale legge, tra i quali figurano i contenuti che invitano a rovesciare mediante la forza l’ordine costituzionale lituano, incitano a minare la sovranità della Repubblica di Lituania, la sua integrità territoriale e la sua indipendenza politica, consistono in propaganda bellica, incitano alla guerra o all’odio, al ridicolo o al disprezzo, incoraggiano la discriminazione, la violenza o le rappresaglie fisiche contro un gruppo di persone o contro un membro di tale gruppo in ragione, in particolare, della sua nazionalità.

79      Nelle sue osservazioni dinanzi alla Corte, la LRTK ha precisato che la decisione del 18 maggio 2016 è stata adottata sulla base del rilievo che uno dei programmi trasmessi sul canale NTV Mir Lithuania presentava informazioni false e che incitano all’ostilità e all’odio fondati sulla nazionalità nei confronti dei paesi baltici, riguardanti la collaborazione di lituani e lettoni nell’ambito dell’Olocausto e la politica interna dei paesi baltici asseritamente nazionalista e neofascista, politica che avrebbe costituito una minaccia per la minoranza russa residente nel territorio di tali paesi. Tale programma si rivolgeva, secondo la LRTK, in maniera mirata alla minoranza russofona della Lituania ed era finalizzato, mediante diverse tecniche di propaganda, a influenzare, in maniera negativa e suggestiva, l’opinione di detto gruppo sociale sulla politica interna ed estera della Repubblica di Lituania, della Repubblica di Estonia e della Repubblica di Lettonia, ad accentuare la divisione e la polarizzazione della società, a sottolineare la tensione creata all’interno di detta regione dell’Europa orientale dai paesi occidentali e il ruolo di vittima della Federazione russa.

80      Dal fascicolo di cui la Corte dispone non risulta che tali constatazioni siano state contestate, circostanza che spetta tuttavia al giudice del rinvio verificare. Su tale base, si deve ritenere che una misura come quella di cui trattasi nel procedimento principale persegua, in maniera generale, un obiettivo di ordine pubblico.

81      In secondo luogo, la LRTK e il governo lituano hanno precisato, nelle loro osservazioni scritte, che la decisione del 18 maggio 2016, che impone ai fornitori di servizi di media le cui trasmissioni sono destinate al territorio lituano, e alle altre persone che forniscono ai consumatori lituani un servizio di diffusione via Internet di canali o di programmi televisivi, di trasmettere o di ritrasmettere su tale territorio, per un periodo di dodici mesi, il canale NTV Mir Lithuania solo in pacchetti a pagamento, disciplina unicamente le modalità di distribuzione di detto canale ai consumatori lituani. Allo stesso tempo, è pacifico, nel procedimento principale, che la decisione del 18 maggio 2016 non sospende o non vieta la ritrasmissione di questo medesimo canale nel territorio lituano, poiché quest’ultimo, nonostante detta decisione, può continuare ad essere legalmente diffuso in tale territorio e i consumatori lituani possono continuare ad accedervi, purché sottoscrivano un pacchetto a pagamento.

82      Di conseguenza, una misura come quella di cui trattasi nel procedimento principale non impedisce la ritrasmissione propriamente detta, nel territorio dello Stato membro di ricezione, delle trasmissioni televisive del canale televisivo, oggetto di tale misura, provenienti da un altro Stato membro.

83      Pertanto, una misura del genere non rientra nell’articolo 3, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2010/13.

84      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 3, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2010/13 deve essere interpretato nel senso che una misura di ordine pubblico, adottata da uno Stato membro, consistente nell’obbligo, per i fornitori di servizi di media le cui trasmissioni sono destinate al territorio di tale Stato membro e per ogni altra persona che fornisce ai consumatori di detto Stato membro un servizio di distribuzione via Internet di canali o di programmi televisivi, di trasmettere o ritrasmettere nel territorio di questo medesimo Stato membro, per un periodo di dodici mesi, un canale televisivo proveniente da un altro Stato membro solo in pacchetti a pagamento, senza tuttavia impedire la ritrasmissione propriamente detta nel territorio di tale primo Stato membro delle trasmissioni televisive del suddetto canale, non rientra nell’ambito di applicazione in tale disposizione.

 Sulla seconda questione

85      Tenuto conto della risposta fornita alla prima questione, non occorre rispondere alla seconda questione.

 Sulle spese

86      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

L’articolo 3, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2010/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2010, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi (direttiva sui «servizi di media audiovisivi»), deve essere interpretato nel senso che una misura di ordine pubblico, adottata da uno Stato membro, consistente nell’obbligo, per i fornitori di servizi di media le cui trasmissioni sono destinate al territorio di tale Stato membro e per ogni altra persona che fornisce ai consumatori di detto Stato membro un servizio di distribuzione via Internet di canali o di programmi televisivi, di trasmettere o ritrasmettere nel territorio di questo medesimo Stato membro, per un periodo di dodici mesi, un canale televisivo proveniente da un altro Stato membro solo in pacchetti a pagamento, senza tuttavia impedire la ritrasmissione propriamente detta nel territorio di tale primo Stato membro delle trasmissioni televisive del suddetto canale, non rientra nell’ambito di applicazione in tale disposizione.

Firme


*      Lingua processuale: il lituano.