Language of document : ECLI:EU:C:2017:914

SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

29 novembre 2017 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori – Direttiva 2003/88/CE – Organizzazione dell’orario di lavoro – Articolo 7 – Indennità per ferie annuali non godute versata alla cessazione del rapporto di lavoro – Disciplina nazionale che impone a un lavoratore di prendere le ferie annuali senza che sia determinata la retribuzione per tali ferie»

Nella causa C‑214/16,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) [Corte d’appello (Inghilterra e Galles) (Sezione Civile), Regno Unito], con decisione del 30 marzo 2016, pervenuta in cancelleria il 18 aprile 2016, nel procedimento

Conley King

contro

The Sash Window Workshop Ltd,

Richard Dollar,

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta da J.L. da Cruz Vilaça, presidente di sezione, E. Levits (relatore), A. Borg Barthet, M. Berger, e F. Biltgen, giudici;

avvocato generale: E. Tanchev

cancelliere: C. Strömholm, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 29 marzo 2017,

considerate le osservazioni presentate:

–        per C. King, da C. Gilroy-Scott, solicitor, A. Dashwood, QC, e J. Williams, barrister;

–        per la Sash Window Workshop Ltd e R. Dollar, da M. Pilgerstorfer, barrister, su incarico di J. Potts, solicitor;

–        per il governo del Regno Unito, da S. Simmons, in qualità di agente, assistita da C. Banner, barrister;

–        per la Commissione europea, da M. van Beek e J. Tomkin, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’8 giugno 2017,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 7 della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU 2003, L 299, pag. 9).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da una parte, il sig. Conley King e, dall’altra, il suo ex datore di lavoro, The Sash Window Workshop Ltd e il sig. Dollar (in prosieguo: la «Sash WW»), in merito alla richiesta del primo di beneficiare dell’indennità finanziaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute dal 1999 al 2012.

 Contesto normativo

 Convenzione n. 132 dell’Organizzazione internazionale del lavoro

3        L’articolo 9, paragrafo 1, della Convenzione n. 132 dell’Organizzazione internazionale del lavoro, del 24 giugno 1970, relativa ai congedi annuali pagati (riveduta), recita:

«La parte ininterrotta di congedo annuale pagato menzionata al paragrafo 2 dell’articolo 8 della presente convenzione dovrà essere accordata e usufruita entro il termine di un anno al massimo, e il resto del congedo annuale pagato entro il termine di diciotto mesi, al massimo, a partire dalla fine dell’anno che dà diritto al congedo».

4        Tale Convenzione è stata ratificata da trentasette Stati, tra i quali non è compreso il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord.

 Diritto dell’Unione

5        Il considerando 6 della direttiva 2003/88 così enuncia:

«Conviene tener conto dei principi dell’Organizzazione internazionale del lavoro in materia di organizzazione dell’orario di lavoro, (…)».

6        L’articolo 1 di tale direttiva ne definisce l’oggetto e l’ambito di applicazione. Esso dispone:

«1.      La presente direttiva stabilisce prescrizioni minime di sicurezza e di salute in materia di organizzazione dell’orario di lavoro.

2.      La presente direttiva si applica:

a)      ai periodi minimi di (…) ferie annuali (…)

(…)».

7        L’articolo 7 della direttiva in parola stabilisce quanto segue:

«Ferie annuali

1.      Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno 4 settimane, secondo le condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle legislazioni e/o prassi nazionali.

2.      Il periodo minimo di ferie annuali retribuite non può essere sostituito da un’indennità finanziaria, fuorché in caso di risoluzione del rapporto di lavoro».

8        L’articolo 17 della medesima direttiva prevede che gli Stati membri possano derogare a talune disposizioni di quest’ultima. L’articolo 7 della direttiva 2003/88 non rientra tra le disposizioni alle quali è consentito derogare.

 Diritto del Regno Unito

9        La direttiva 2003/88 è stata attuata nel Regno Unito dal Working Time Regulations 1998 (regolamento del 1998 relativo all’orario di lavoro), come modificato (in prosieguo: il «regolamento del 1998»).

10      L’articolo 13 del regolamento del 1998 stabilisce il diritto del lavoratore alle ferie annuali. Il paragrafo 1 recita quanto segue:

«(…) il lavoratore ha diritto a quattro settimane di ferie annuali per ogni anno di riferimento».

11      L’articolo 13, paragrafo 9, di tale regolamento così recita:

«Le ferie a cui il lavoratore ha diritto in base a questo articolo possono essere frazionate, ma:

a)      possono essere godute solo nell’anno di riferimento in cui sono maturate, e

b)      non possono essere sostituite da un’indennità finanziaria, salvo in caso di fine del rapporto di lavoro».

12      L’articolo 16 del regolamento tratta del diritto del lavoratore a ottenere una retribuzione a titolo delle ferie annuali. Il paragrafo 1 di tale articolo è così formulato:

«Il lavoratore ha diritto a essere retribuito per ciascun periodo di ferie annuali spettantigli a norma dell’articolo 13, in misura pari a una settimana di retribuzione per ogni settimana di ferie».

13      L’articolo 30, paragrafo 1, del medesimo regolamento conferisce al lavoratore il seguente diritto:

«(1)      Un lavoratore può agire dinanzi a un Employment Tribunal [(tribunale del lavoro)] quando il suo datore di lavoro:

(a)      non lo autorizza a esercitare i diritti che gli sono riconosciuti ai sensi:

(i)      (…) dell’articolo 13, paragrafo 1, (…)

(…) o

(b)      non gli ha versato in tutto o in parte gli importi che gli sono dovuti in forza (…) dell’articolo 16, paragrafo 1.

2.      L’Employment Tribunal [(tribunale del lavoro)] esamina un ricorso in base al presente articolo soltanto se esso è proposto:

(a)      prima che siano decorsi tre mesi a decorrere dalla data in cui il lavoratore afferma che l’esercizio del diritto avrebbe dovuto essere autorizzato (o in caso di un periodo di congedo o di ferie superiore a un giorno, dalla data in cui tale periodo avrebbe dovuto iniziare) o, se del caso, dalla data in cui avrebbe dovuto essere versato l’importo dovuto;

(b)      prima che sia decorso un eventuale altro periodo che il giudice ritenga adeguato, qualora risulti che il ricorso non poteva essere ragionevolmente proposto prima della fine del suddetto periodo di tre mesi o, se del caso, sei mesi.

(…)».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

14      Il sig. King ha lavorato per la Sash WW in base a un «contratto di lavoro autonomo con retribuzione basata sulle sole commissioni», dal 1o giugno 1999 fino alla pensione, vale a dire fino al 6 ottobre 2012. In virtù di tale contratto, egli era remunerato unicamente sulla base delle commissioni. Quando usufruiva delle ferie annuali queste non gli venivano retribuite.

15      All’atto della cessazione del suo rapporto di lavoro, il sig. King ha chiesto al datore di lavoro il pagamento delle indennità finanziarie riferite alle ferie annuali – sia quelle godute e non retribuite, sia quelle non godute – corrispondenti all’intero periodo di occupazione, ossia dal 1o giugno 1999 al 6 ottobre 2012. La Sash WW ha respinto la sua richiesta affermando che lo stesso aveva lo statuto di lavoratore autonomo.

16      Il sig. King ha proposto un ricorso dinanzi all’Employment Tribunal (tribunale del lavoro, Regno Unito) competente. Quest’ultimo ha distinto tre categorie di ferie annuali, in relazione alle quali è pacifico che non abbia avuto luogo alcun pagamento:

–        per «indennità per ferie retribuite di tipo 1» si intendono le ferie maturate ma non godute alla data di cessazione del rapporto di lavoro nell’ultimo anno di riferimento (2012/2013);

–        per «indennità per ferie retribuite di tipo 2» si intendono le ferie effettivamente godute tra il 1999 e il 2012, ma per le quali non è stata corrisposta nessuna retribuzione;

–        per «indennità per ferie retribuite di tipo 3» si intendono le ferie maturate, ma non godute, durante tutto il periodo del rapporto di lavoro del sig. King, vale a dire 24,15 settimane.

17      Nella sua decisione l’Employment Tribunal (tribunale del lavoro) ha ritenuto che il sig. King dovesse essere qualificato come «lavoratore» ai sensi della direttiva 2003/88 e che avesse diritto di beneficiare delle tre categorie di indennità per ferie annuali retribuite richieste.

18      La Sash WW ha interposto appello avverso la sentenza dell’Employment Tribunal (tribunale del lavoro) dinanzi all’Employment Appeal Tribunal (Tribunale d’appello in materia di lavoro, Regno Unito), che ha accolto detta impugnazione e rinviato la causa dinanzi all’Employment Tribunal (tribunale del lavoro). Contro tale decisione il sig. King e la Sash WW hanno rispettivamente interposto appello e proposto appello incidentale.

19      Per il giudice del rinvio, vale a dire la Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) [Corte d’appello (Inghilterra e Galles) (Sezione Civile), Regno Unito], è ormai pacifico che il sig. King è un «lavoratore», ai sensi della direttiva 2003/88, e che ha diritto alle «indennità per ferie retribuite di tipo 1 e 2».

20      Per quanto concerne le «indennità per ferie retribuite di tipo 3», la Sash WW sostiene che, in virtù dell’articolo 13, paragrafo 9, lettera a), del regolamento del 1998, il sig. King non aveva diritto di riportare periodi di ferie annuali non godute su un nuovo anno di riferimento. La mancata introduzione di un ricorso in applicazione dell’articolo 30, paragrafo 1, lettera a), del medesimo regolamento avrebbe comportato, per il sig. King, la perdita del diritto alle ferie annuali, posto che una domanda relativa a un’indennità finanziaria per ferie annuali retribuite non godute a titolo degli anni di riferimento di cui trattasi è ormai tardiva.

21      Il sig. King sostiene, invece, che i suoi diritti relativi alle ferie annuali retribuite, non godute a motivo del fatto che il datore di lavoro non le avrebbe pagate, sono stati riportati all’anno di riferimento successivo, e poi di anno in anno sino alla cessazione del rapporto di lavoro, nonostante le disposizioni dell’articolo 13, paragrafo 9, lettera a), del regolamento del 1998. Il sig. King rileva, riferendosi a una sentenza del 20 gennaio 2009, Schultz-Hoff e a. (C‑350/06 e C‑520/06, EU:C:2009:18), che il diritto al pagamento di un’indennità finanziaria per ferie annuali retribuite non godute è sorto solamente alla cessazione del rapporto di lavoro e che, di conseguenza, il suo ricorso è stato introdotto nei termini.

22      Il giudice del rinvio, constatando che il diritto del Regno Unito non permette di riportare le ferie annuali oltre il periodo di riferimento per il quale esse sono concesse e non assicura necessariamente un ricorso effettivo per far valere la violazione dell’articolo 7 della direttiva 2003/88, nutre dubbi in merito all’interpretazione del diritto dell’Unione pertinente per la soluzione della controversia dinanzi ad esso pendente.

23      A tal riguardo lo stesso rileva, in particolare, che il riporto di ferie annuali retribuite, non godute a causa del mancato pagamento delle stesse da parte del datore di lavoro, potrebbe dar luogo a valutazioni diverse da quelle legate al caso delle ferie annuali non godute dal lavoratore a causa di malattia. Orbene, le disposizioni applicabili del diritto dell’Unione sarebbero state interpretate dalla Corte solo nell’ambito di tale situazione.

24      In tale contesto, la Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) [Corte d’Appello (Inghilterra e Galles) (Sezione Civile)] ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      In caso di controversia tra lavoratore e datore di lavoro vertente sul diritto del lavoratore alle ferie annuali retribuite ai sensi dell’articolo 7 della direttiva [2003/88], se il fatto che il lavoratore debba anzitutto godere delle ferie prima di poter stabilire se abbia diritto a essere retribuito per tali ferie sia compatibile con il diritto dell’Unione, e in particolare con il principio del diritto a un ricorso effettivo.

2)      Qualora il lavoratore non fruisca in tutto o in parte delle ferie annuali spettantigli nell’anno di riferimento durante il quale dovrebbe esercitare il suo diritto alle ferie, in una situazione in cui egli avrebbe esercitato tale diritto se il suo datore di lavoro non si rifiutasse di retribuire le ferie di cui egli gode, se detto lavoratore possa sostenere che gli è stato impedito di esercitare il suo diritto alle ferie retribuite con la conseguenza che tale diritto è oggetto di riporto sino a quando gli sarà data la possibilità di esercitarlo.

3)      Qualora il diritto alle ferie sia oggetto di riporto, se ciò avvenga indefinitamente o se vi sia un periodo limitato per esercitare il diritto al riporto delle ferie, analogamente ai termini imposti al lavoratore quando questi non è in grado di esercitare il suo diritto alle ferie nell’anno di riferimento pertinente per causa di malattia.

4)      Qualora le disposizioni di legge o contrattuali non prevedano un periodo di riporto delle ferie, se il giudice sia tenuto a imporre un limite al periodo di riporto delle ferie al fine di garantire che l’applicazione [della legislazione nazionale in materia di orario del lavoro] non snaturi la finalità sottesa all’articolo 7 [della direttiva 2003/88].

5)      In tale eventualità, se un periodo di 18 mesi successivo al termine dell’anno di riferimento in cui le ferie sono maturate sia compatibile con il diritto alle ferie annuali retribuite di cui all’articolo 7 della direttiva 2003/88».

 Sulla domanda di riapertura della fase orale del procedimento

25      In seguito alla presentazione delle conclusioni dell’avvocato generale, l’8 giugno 2017, il sig. King ha chiesto, con atto depositato nella cancelleria della Corte il 19 giugno 2017, che fosse disposta la riapertura della fase orale del procedimento. A fondamento di tale domanda il sig. King ha sostenuto che, in sostanza, le conclusioni dell’avvocato generale contengono un fraintendimento secondo il quale gli sarebbe stata fatta un’offerta di lavoro nel corso del 2008.

26      A tal proposito, occorre tuttavia ricordare che, ai sensi dell’articolo 252, secondo comma, TFUE, l’avvocato generale presenta pubblicamente, con assoluta imparzialità e in piena indipendenza, conclusioni motivate sulle cause che, conformemente allo Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, richiedono il suo intervento. La Corte non è vincolata né a tali conclusioni né alle motivazioni attraverso le quali l’avvocato generale giunge a formularle (sentenza del 22 giugno 2017, Federatie Nederlandse Vakvereniging e a., C‑126/16, EU:C:2017:489, punto 31 e giurisprudenza citata).

27      Di conseguenza, il disaccordo di un interessato con le conclusioni dell’avvocato generale, qualunque siano le questioni da esso ivi esaminate, non può costituire, di per sé, un motivo che giustifichi la riapertura della fase orale (v., in tal senso, sentenza del 17 settembre 2015, Mory e a./Commissione, C‑33/14 P, EU:C:2015:609, punto 26).

28      Tanto premesso, l’articolo 83 del regolamento di procedura della Corte prevede che quest’ultima, sentito l’avvocato generale, può, in qualsiasi momento, disporre la riapertura della fase orale del procedimento, in particolare se essa non si ritiene sufficientemente edotta o quando, dopo la chiusura di tale fase, una parte ha prodotto un fatto nuovo, tale da influenzare in modo decisivo la decisione della Corte, oppure quando la causa dev’essere decisa in base a un argomento che non è stato oggetto di discussione tra le parti o gli interessati menzionati dall’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea.

29      Tale ipotesi non ricorre nel caso in questione. In effetti, la Corte, sentito l’avvocato generale, ritiene di disporre di tutti gli elementi necessari per statuire.

30      Alla luce di quanto esposto, non occorre disporre la riapertura della fase orale del procedimento.

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

31      Con la prima questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 7 della direttiva 2003/88 e il diritto a un ricorso effettivo, sancito all’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: «la Carta»), debbano essere interpretati nel senso che, in una controversia tra lavoratore e datore di lavoro sulla questione se il lavoratore abbia diritto alle ferie annuali retribuite ai sensi di tali articoli, essi ostano al fatto che il lavoratore debba anzitutto beneficiare delle ferie prima di poter stabilire se ha diritto a essere retribuito per tali ferie.

32      A tal riguardo, in primo luogo si deve ricordare che, come emerge dalla formulazione stessa dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88, disposizione alla quale la stessa direttiva non consente di derogare, ogni lavoratore beneficia di ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane. Tale diritto alle ferie annuali retribuite dev’essere considerato come un principio particolarmente importante del diritto sociale dell’Unione, la cui attuazione da parte delle autorità nazionali competenti può essere effettuata solo nei limiti esplicitamente indicati dalla direttiva 2003/88 stessa (sentenza del 30 giugno 2016, Sobczyszyn, C‑178/15, EU:C:2016:502, punto 19 e giurisprudenza citata).

33      In secondo luogo, va rilevato che il diritto alle ferie annuali retribuite è espressamente sancito all’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, alla quale l’articolo 6, paragrafo 1, TUE riconosce lo stesso valore giuridico dei Trattati (sentenza del 22 novembre 2011, KHS, C‑214/10, EU:C:2011:761, punto 37).

34      In terzo luogo, emerge dalla direttiva 2003/88 e dalla giurisprudenza della Corte che, se è vero che spetta agli Stati membri definire le condizioni di esercizio e di attuazione del diritto alle ferie annuali retribuite, essi devono, però, astenersi dal condizionare la costituzione stessa di tale diritto, il quale scaturisce direttamente dalla suddetta direttiva (v., in tal senso, sentenza del 20 gennaio 2009, Schultz-Hoff e a., C‑350/06 e C‑520/06, EU:C:2009:18, punto 28).

35      In quarto luogo, emerge altresì dalla giurisprudenza della Corte che la direttiva 2003/88 tratta il diritto alle ferie annuali e quello all’ottenimento di un pagamento a tal titolo come due aspetti di un unico diritto. L’obiettivo dell’obbligo di pagare tali ferie è volto a mettere il lavoratore, in occasione di dette ferie, in una situazione che, dal punto di vista della retribuzione, è paragonabile ai periodi di lavoro (sentenza del 22 maggio 2014, Lock, C‑539/12, EU:C:2014:351, punto 17 e giurisprudenza citata).

36      Da quanto precede si evince che il lavoratore deve essere in grado di percepire la retribuzione alla quale ha diritto ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88, al momento della fruizione delle ferie annuali.

37      Infatti, lo scopo stesso del diritto alle ferie annuali retribuite è consentire al lavoratore di riposarsi e di beneficiare di un periodo di distensione e di ricreazione (v., tra le altre, sentenze del 20 gennaio 2009, Schultz-Hoff e a., C‑350/06 e C‑520/06, EU:C:2009:18, punto 25, nonché del 30 giugno 2016, Sobczyszyn, C‑178/15, EU:C:2016:502, punto 25).

38      Orbene, come rilevato dalla Commissione europea nelle sue osservazioni scritte, un lavoratore trovatosi ad affrontare delle circostanze che, durante il periodo di ferie annuali, causano un’incertezza riguardo alla retribuzione dovutagli, non può essere in grado di godere del tutto di tali ferie come un periodo di distensione e ricreazione, ai sensi dell’articolo 7 della direttiva 2003/88.

39      Parimenti, tali circostanze potrebbero dissuadere il lavoratore dal richiedere le ferie annuali. A tal proposito, si deve rilevare che ogni azione o omissione di un datore di lavoro, avente un effetto potenzialmente dissuasivo sulla richiesta di ferie annuali da parte del lavoratore, è altresì incompatibile con la finalità del diritto alle ferie annuali retribuite (v., in tal senso, sentenza del 22 maggio 2014, Lock, C‑539/12, EU:C:2014:351, punto 23 e giurisprudenza citata).

40      In tale contesto, a differenza di quanto esposto nelle osservazioni scritte del Regno Unito, il rispetto del diritto alle ferie annuali retribuite non dipende da una valutazione fattuale della situazione finanziaria nella quale il lavoratore di cui trattasi si trova al momento della fruizione delle sue ferie.

41      La direttiva 2003/88 non prevede, chiaramente, nessuna disposizione in materia di mezzi di ricorso giurisdizionali dei quali il lavoratore deve beneficiare in caso di controversia con il datore di lavoro per far valere il suo diritto alle ferie annuali retribuite ai sensi della direttiva stessa. Tuttavia, è pacifico che gli Stati membri debbano, in tale contesto, garantire il rispetto del diritto a un ricorso effettivo, così come consacrato dall’articolo 47 della Carta (v., per analogia, sentenza del 15 settembre 2016, Star Storage e a., C‑439/14 e C‑488/14, EU:C:2016:688, punto 46).

42      Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulta che, nel Regno Unito, il diritto alle ferie annuali retribuite previsto all’articolo 7 della direttiva 2003/88 è attuato da due disposizioni distinte del regolamento del 1998, vale a dire, da un lato, l’articolo 13 di tale regolamento, che riconosce il diritto a un periodo di ferie annuali e, dall’altro, l’articolo 16 di detto regolamento, il quale stabilisce il diritto al pagamento di tali ferie. Seguendo la medesima logica, l’articolo 30, paragrafo 1, di tale stesso regolamento riconosce al lavoratore il diritto a due mezzi di ricorso giurisdizionali distinti (claims); egli può adire il giudice vuoi per contestare il rifiuto del suo datore di lavoro di riconoscergli il diritto a un periodo di ferie annuali derivantigli dal citato articolo 13, vuoi per far valere che il datore di lavoro non gli ha pagato, in tutto o in parte, tali ferie, ai sensi di detto articolo 16.

43      Per quanto riguarda il procedimento principale, dalla decisione di rinvio risulta che, secondo l’interpretazione di tali disposizioni applicata dall’Employment Appeal Tribunal (Tribunale d’appello in materia di lavoro), un lavoratore, da una parte, potrebbe far valere una violazione del diritto alle ferie annuali, previsto all’articolo 13 del regolamento 1998, solamente qualora il datore di lavoro non gli accordi alcun periodo di ferie (retribuite o meno), e, dall’altra, egli potrebbe reclamare in forza dell’articolo 16 del regolamento stesso, esclusivamente il pagamento delle ferie effettivamente godute.

44      Orbene, una tale interpretazione dei mezzi di ricorso nazionali previsti in materia comporta che, nel caso in cui il datore di lavoro accordi solamente ferie non retribuite al lavoratore, quest’ultimo non potrebbe far valere davanti al giudice il diritto di usufruire delle ferie retribuite in quanto tali. A tal fine, egli sarebbe innanzitutto obbligato a usufruire delle ferie senza la retribuzione e, in seguito, a introdurre un ricorso diretto a ottenerne il pagamento.

45      Un tale risultato è incompatibile con l’articolo 7 della direttiva 2003/88, per i motivi esposti ai punti da 36 a 40 della presente sentenza.

46      Tanto più che, per quanto riguarda un lavoratore in una situazione analoga a quella del sig. King, un’interpretazione dei mezzi di ricorso nazionali nel senso indicato al punto 43 della presente sentenza rende impossibile a tale lavoratore far valere, alla cessazione del rapporto di lavoro, una violazione dell’articolo 7 della direttiva 2003/88 per le ferie retribuite dovute ma non godute, al fine di beneficiare dell’indennità di cui al paragrafo 2 di tale articolo. Un lavoratore, come il ricorrente nel procedimento principale, si vede di conseguenza privato di un ricorso effettivo.

47      Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 7 della direttiva 2003/88 e il diritto a un ricorso effettivo, sancito all’articolo 47 della Carta, devono essere interpretati nel senso che, nel caso di una controversia tra un lavoratore e un datore di lavoro in merito alla questione se il lavoratore abbia diritto alle ferie annuali retribuite ai sensi del primo di tali articoli, ostano a che il lavoratore debba anzitutto beneficiare delle ferie prima di poter stabilire se ha diritto a essere retribuito per tali ferie.

 Sulle questioni seconda, terza, quarta e quinta

48      Con le questioni dalla seconda alla quinta, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se l’articolo 7 della direttiva 2003/88 debba essere interpretato nel senso che osta a disposizioni o a prassi nazionali le quali prevedono che un lavoratore non possa riportare e, se del caso, cumulare, fino al momento in cui il suo rapporto di lavoro termina, i diritti alle ferie annuali retribuite non esercitati relativi a più periodi di riferimento consecutivi, a causa del rifiuto del datore di lavoro di retribuire tali ferie.

49      Al riguardo, per rispondere alle questioni sollevate, si deve ricordare che la Corte ha già avuto modo di pronunciarsi, in particolare nella sua sentenza del 20 gennaio 2009, Schultz-Hoff e a. (C‑350/06 e C‑520/06, EU:C:2009:18), su questioni inerenti il mancato esercizio del diritto di un lavoratore alle ferie annuali retribuite, fino alla cessazione della relazione di lavoro, per delle ragioni indipendenti dalla sua volontà, e in particolare a causa di una malattia.

50      Orbene, nel caso di specie, il sig. King non ha potuto esercitare il suo diritto alle ferie annuali retribuite, prima del pensionamento, proprio per delle ragioni indipendenti dalla sua volontà. A tal proposito, è opportuno chiarire che, anche se l’interessato, in un dato momento della relazione contrattuale con il suo datore di lavoro, avrebbe potuto accettare un contratto diverso che prevedesse il diritto alle ferie annuali retribuite, tale circostanza è irrilevante ai fini della risposta alle presenti questioni pregiudiziali. In effetti, a tale scopo, la Corte deve prendere in considerazione il rapporto di lavoro che è esistito e perdurato, qualunque sia stata la ragione, fino al pensionamento del sig. King, senza che quest’ultimo abbia potuto beneficiare del suo diritto alle ferie annuali retribuite.

51      Si deve quindi ricordare che, in primo luogo, la direttiva 2003/88 non permette agli Stati membri né di precludere la nascita del diritto alle ferie annuali retribuite, né di prevedere che tale diritto di un lavoratore al quale è stato impedito di esercitarlo si estingua allo scadere del periodo di riferimento e/o del periodo di riporto fissato dal diritto nazionale (sentenza del 20 gennaio 2009, Schultz-Hoff e a., C‑350/06 e C‑520/06, EU:C:2009:18, punti 47 e 48 nonché la giurisprudenza ivi citata).

52      Inoltre, dalla giurisprudenza della Corte si evince che un lavoratore che non ha potuto esercitare il suo diritto alle ferie annuali retribuite prima della cessazione del rapporto di lavoro, per ragioni indipendenti dalla sua volontà, ha diritto a un’indennità finanziaria ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88. L’importo dell’indennità in parola deve essere calcolato in modo da porre tale lavoratore in una situazione analoga a quella in cui si sarebbe trovato se avesse esercitato tale diritto nel corso del rapporto di lavoro (sentenza del 20 gennaio 2009, Schultz-Hoff e a. C‑350/06 e C‑520/06, EU:C:2009:18, punto 61).

53      In secondo luogo si deve rilevare che, nelle cause che hanno dato origine alla giurisprudenza della Corte concernente l’articolo 7 della direttiva 2003/88, i lavoratori interessati non avevano potuto esercitare il loro diritto alle ferie annuali retribuite data la loro assenza dal lavoro a causa di malattia.

54      Orbene, in tale particolare contesto, la Corte ha statuito che, nonostante un lavoratore inabile al lavoro per diversi periodi di riferimento consecutivi abbia il diritto di accumulare, senza limiti, tutti i diritti alle ferie annuali retribuite maturati durante la sua assenza dal lavoro, un tale cumulo illimitato non risponderebbe più alla finalità stessa del diritto alle ferie annuali retribuite (v., in tal senso, sentenza del 22 novembre 2011, KHS, C‑214/10, EU:C:2011:761, punti 29 e 30).

55      Di conseguenza, nelle circostanze particolari nelle quali si trova un lavoratore inabile al lavoro per diversi periodi di riferimento consecutivi, la Corte ha statuito che l’articolo 7 della direttiva 2003/88, alla luce non soltanto della protezione del lavoratore alla quale mira tale direttiva, ma anche di quella del datore di lavoro, il quale affronta il rischio di un cumulo troppo considerevole dei periodi di assenza del lavoratore e le difficoltà che tali assenze potrebbero implicare per l’organizzazione del lavoro, deve essere interpretato nel senso che non osta a norme o a prassi nazionali che, prevedendo un periodo di riporto di quindici mesi allo scadere del quale il diritto alle ferie annuali retribuite si estingue, limitano il cumulo dei diritti a tali ferie di un lavoratore inabile al lavoro durante più periodi di riferimento consecutivi (v., in tal senso, sentenza del 22 novembre 2011, KHS, C‑214/10, EU:C:2011:761, punti 38, 39 e 44).

56      Ne deriva che occorre esaminare, in terzo luogo, se circostanze come quelle di cui trattasi nel procedimento principale sono «specifiche», ai sensi della giurisprudenza citata al punto precedente, di modo che, analogamente a un’assenza prolungata del lavoratore a causa di un congedo di malattia, esse giustificherebbero una deroga al principio posto dall’articolo 7 della direttiva 2003/88 e dall’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, ai sensi del quale un diritto alle ferie annuali retribuite non può estendersi alla fine del periodo di riferimento e/o del periodo di riporto fissato dal diritto nazionale, quando il lavoratore non ha potuto beneficiare delle sue ferie.

57      A tal fine, si devono considerare i seguenti elementi.

58      Sotto un primo profilo, dalla giurisprudenza costante della Corte risulta che il diritto alle ferie annuali retribuite non può essere interpretato in modo restrittivo (v. sentenza del 22 aprile 2010, Zentralbetriebsrat der Landeskrankenhäuser Tirols, C‑486/08, EU:C:2010:215, punto 29). Di conseguenza, qualsiasi deroga al regime dell’Unione in materia di organizzazione dell’orario di lavoro, previsto dalla direttiva 2003/88, deve essere interpretata in modo che la sua portata sia limitata a quanto strettamente necessario alla tutela degli interessi che tale deroga permette di proteggere (v., in tal senso, sentenza del 14 ottobre 2010, Union syndicale Solidaires Isère, C‑428/09, EU:C:2010:612, punto 40 e giurisprudenza citata).

59      Orbene, in circostanze come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, una protezione degli interessi del datore di lavoro non sembra strettamente necessaria e, di conseguenza, non risulta tale da giustificare una deroga al diritto alle ferie annuali retribuite del lavoratore.

60      In effetti, occorre rilevare che la valutazione del diritto alle ferie annuali retribuite di un lavoratore come il sig. King non è legata a una situazione nella quale il suo datore di lavoro ha dovuto affrontare dei periodi di assenza di detto lavoratore che, al pari di un congedo di malattia, avrebbero causato delle difficoltà inerenti all’organizzazione del lavoro. Al contrario, tale datore di lavoro ha potuto trarre vantaggio, fino al pensionamento del suo lavoratore, del fatto che quest’ultimo non interrompesse i periodi di attività professionale a suo servizio per beneficiare delle ferie annuali retribuite.

61      Sotto un secondo profilo, la circostanza secondo la quale la Sash WW avrebbe considerato, per errore, che il sig. King non aveva diritto alle ferie annuali retribuite, quand’anche fosse dimostrata, è irrilevante. A ben vedere, è al datore di lavoro che incombe acquisire ogni informazione riguardante i suoi obblighi in materia.

62      In tale contesto, come risulta dal punto 34 della presente sentenza, la costituzione stessa del diritto alle ferie annuali retribuite non può essere subordinata ad alcuna condizione, essendo tale diritto conferito direttamente al lavoratore dalla direttiva 2003/88. Di conseguenza, per quanto riguarda il procedimento principale, è irrilevante sapere se, nel corso degli anni, il sig. King abbia o meno presentato domande per ferie annuali retribuite (v., in tal senso, sentenza del 12 giugno 2014, Bollacke, C‑118/13, EU:C:2014:1755, punti 27 e 28).

63      Da quanto precede deriva che, contrariamente ad una situazione di cumulo del diritto alle ferie annuali retribuite di un lavoratore che è stato impossibilitato a beneficiarne a causa di malattia, il datore di lavoro che impedisca a un lavoratore di esercitare il diritto alle ferie annuali retribuite deve assumerne le conseguenze.

64      Sotto un terzo profilo, in tali circostanze, in assenza di qualsiasi disposizione nazionale, regolamentare o contrattuale, che preveda un limite al riporto delle ferie in conformità con le prescrizioni del diritto dell’Unione (v., in tal senso, le sentenze del 22 novembre 2011, KHS, C‑214/10, EU:C:2011:761 e del 3 maggio 2012, Neidel, C‑337/10, EU:C:2012:263), non bisogna interpretare in modo restrittivo il regime dell’Unione in materia di organizzazione dell’orario di lavoro, previsto dalla citata direttiva 2003/88. In effetti, in tali condizioni, ammettere un’estinzione del diritto alle ferie annuali retribuite acquisito dal lavoratore equivarrebbe a legittimare un comportamento che causa un arricchimento illegittimo del datore di lavoro a danno dell’obiettivo stesso della citata direttiva di rispettare la salute del lavoratore.

65      Dall’insieme delle suesposte considerazioni risulta che occorre rispondere alle questioni dalla seconda alla quinta che l’articolo 7 della direttiva 2003/88 deve essere interpretato nel senso che osta a disposizioni o a prassi nazionali secondo le quali un lavoratore non può riportare e, se del caso, cumulare, fino al momento in cui il suo rapporto di lavoro termina, i diritti alle ferie annuali retribuite non godute nell’arco di più periodi di riferimento consecutivi, a causa del rifiuto del datore di lavoro di retribuire tali ferie.

 Sulle spese

66      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 7 della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, e il diritto a un ricorso effettivo, sancito all’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, devono essere interpretati nel senso che, nel caso di una controversia tra un lavoratore e un datore di lavoro in merito alla questione se il lavoratore abbia diritto alle ferie annuali retribuite ai sensi ai sensi del primo di tali articoli, ostano a che il lavoratore debba anzitutto beneficiare delle ferie prima di poter stabilire se ha diritto a essere retribuito per tali ferie.

2)      L’articolo 7 della direttiva 2003/88 deve essere interpretato nel senso che osta a disposizioni o a prassi nazionali secondo le quali un lavoratore non può riportare e, se del caso, cumulare, fino al momento in cui il suo rapporto di lavoro termina, i diritti alle ferie annuali retribuite non godute nell’arco di più periodi di riferimento consecutivi, a causa del rifiuto del datore di lavoro di retribuire tali ferie.

Firme


*      Lingua processuale: l’inglese.