Language of document : ECLI:EU:C:2017:486

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

HENRIK SAUGMANDSGAARD ØE

presentate il 21 giugno 2017 (1)

Causa C306/16

António Fernando Maio Marques da Rosa

contro

Varzim Sol – Turismo, Jogo e Animação SA

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal da Relação do Porto (Corte d’appello di Porto, Portogallo)]

«Rinvio pregiudiziale – Protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori – Direttiva 2003/88 – Articolo 5 – Riposo settimanale – Normativa nazionale che prevede un giorno almeno di riposo per ogni periodo di sette giorni – Lavoro a turni – Periodo di più di sei giorni di lavoro consecutivi»






I.      Introduzione

1.        La presente causa ha ad oggetto una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal da Relação do Porto (Corte d’appello di Porto, Portogallo), che verte sull’interpretazione degli articoli 5 delle direttive 93/104/CE (2) e 2003/88/CE (3), relativi al riposo settimanale, nonché dell’articolo 31 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), sul diritto a condizioni di lavoro giuste ed eque. Il giudice del rinvio intende, in sostanza, accertarsi se il riposo settimanale cui il lavoratore ha diritto in forza delle suddette disposizioni debba essere concesso entro il settimo giorno successivo a sei giorni di lavoro consecutivi.

2.        Nelle presenti conclusioni illustrerò i motivi per cui ritengo che a tale questione debba rispondersi in senso negativo e che, in base alle suddette disposizioni, il giorno di riposo settimanale possa essere concesso in un giorno qualsiasi nell’ambito di ciascun periodo di sette giorni.

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

3.        La direttiva 93/104 è stata abrogata e sostituita dalla direttiva 2003/88, con effetto dal 2 agosto 2004 (4). I fatti di cui al procedimento principale sono disciplinati, ratione temporis, in parte dalla direttiva 93/104 e in parte dalla direttiva 2003/88 (5).

4.        L’articolo 5 della direttiva 93/104, intitolato «Riposo settimanale», prevede quanto segue:

«Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici, per ogni periodo di 7 giorni, di un periodo minimo di riposo ininterrotto di 24 ore a cui si sommano le 11 ore di riposo giornaliero previste all’articolo 3.

Se condizioni oggettive, tecniche o di organizzazione del lavoro lo giustificano, potrà essere fissato un periodo minimo di riposo di 24 ore».

5.        L’articolo 5 della direttiva 2003/88 riprende in termini identici l’articolo 5 della direttiva 93/104 (6).

B.      Diritto portoghese

1.      Codice del lavoro del 2003

6.        Dalla decisione di rinvio si apprende che la direttiva 93/104 è stata recepita nell’ordinamento giuridico portoghese in occasione dell’adozione del Código do Trabalho 2003 (7) (codice del lavoro del 2003). L’articolo 205, paragrafo 1, di quest’ultimo dispone quanto segue (8):

«Il lavoratore ha diritto a un giorno almeno di riposo alla settimana».

7.        L’articolo 206, paragrafo 1, del suddetto codice così prevede:

«Si può accordare, per tutte o alcune settimane dell’anno, mezza giornata o una giornata di riposo, oltre al giorno di riposo settimanale prescritto dalla legge».

8.        L’articolo 207, paragrafo 1, dello stesso codice dispone quanto segue:

«Al giorno di riposo settimanale obbligatorio si aggiunge un periodo di undici ore che corrisponde alla durata minima di riposo giornaliero prevista all’articolo 176».

2.      Codice del lavoro del 2009

9.        La direttiva 2003/88 è stata recepita nell’ordinamento giuridico portoghese in occasione dell’adozione del Código do Trabalho 2009 (9) (codice del lavoro del 2009).

10.      L’articolo 232, paragrafi 1 e 3, del suddetto codice dispone quanto segue:

«1.      Il lavoratore ha diritto a un giorno almeno di riposo alla settimana.

(…)

3.      Mediante contrattazione collettiva o con un contratto di lavoro si potrà accordare un periodo di riposo settimanale supplementare, continuo o discontinuo, per tutte o alcune settimane dell’anno».

11.      L’articolo 233, paragrafi 1 e 2, del suddetto codice è così formulato:

«1.      Il lavoratore deve poter fruire in modo continuato del periodo di riposo settimanale obbligatorio e del periodo di riposo giornaliero di 11 ore stabilito dall’articolo 214.

2.      Il periodo di 11 ore cui si riferisce il precedente paragrafo si considera integrato, in tutto o in parte, nel periodo di riposo settimanale supplementare consecutivo al riposo settimanale obbligatorio».

3.      Accordi aziendali

12.      Dalla decisione di rinvio si apprende che il rapporto di lavoro tra le parti nel procedimento principale era altresì disciplinato da due accordi aziendali, stipulati rispettivamente negli anni 2002 e 2003 (10). Tali accordi prevedono, in particolare, per un lavoratore che occupa il tipo di posto del ricorrente nel procedimento principale, il diritto a due giorni consecutivi di riposo settimanale.

III. Procedimento principale, questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte

13.      Il sig. Maio Marques da Rosa, ricorrente nel procedimento principale, ha lavorato dal 1991 al 2014 – dall’anno 1999 in qualità di cassiere – presso la società convenuta, Varzim Sol – Turismo, Jogo e Animação, SA (in prosieguo: la «Varzim Sol»), che possiede e gestisce un casinò in Portogallo. Il casinò è aperto tutti i giorni, salvo il 24 e il 25 dicembre, per un certo numero di ore dal pomeriggio fino al mattino.

14.      All’epoca dei fatti di cui al procedimento principale, gli orari dei dipendenti della Varzim Sol che prestavano servizio nelle sale giochi prevedevano due giorni consecutivi di riposo. I cassieri, incluso il ricorrente, lavoravano facendo turni nei quattro orari previsti, secondo l’orario di lavoro previamente fissato e annunciato dalla Varzim Sol.

15.      Durante gli anni 2008 e 2009 il ricorrente ha, in talune occasioni, lavorato sette giorni consecutivi. A partire dal 2010, la Varzim Sol ha modificato gli orari, in modo tale che i dipendenti lavorassero al massimo sei giorni consecutivi.

16.      Il contratto di lavoro del ricorrente è stato risolto il 16 marzo 2014.

17.      Il ricorrente ha presentato un ricorso avverso la Varzim Sol volto a far dichiarare, in sostanza, che quest’ultima non gli aveva concesso i giorni di riposo obbligatori cui egli riteneva di aver diritto in forza della normativa portoghese e degli accordi aziendali. A tal riguardo egli ha chiesto il versamento di talune indennità e il risarcimento dei danni in misura pari al compenso per le ore straordinarie effettuate, per i settimi giorni consecutivi durante i quali aveva dovuto lavorare e per la privazione del secondo giorno di riposo settimanale, nonché per i giorni di riposo compensativo non concessi.

18.      Poiché il tribunale di primo grado ha respinto il suo ricorso, il ricorrente ha proposto appello dinanzi al Tribunal da Relação do Porto (Corte d’appello di Porto).

19.      Quest’ultimo giudice, nutrendo dubbi sull’interpretazione degli articoli 5 delle direttive 93/104 e 2003/88, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Alla luce degli articoli 5 [delle direttive 93/104 e 2003/88], nonché dell’articolo 31 della [Carta], nel caso di lavoratori in regime di servizio a turni e con periodi di riposo a rotazione, in uno stabilimento che apre tutti i giorni della settimana ma senza svolgere un’attività continuata 24 ore su 24, se il giorno di riposo obbligatorio cui ha diritto il lavoratore debba necessariamente essere concesso nell’ambito di ciascun periodo lavorativo di 7 giorni, ossia almeno il settimo giorno successivo a 6 giorni di lavoro consecutivi.

2)      Se sia o meno conforme alle suddette direttive e disposizioni l’interpretazione secondo la quale, in relazione a tali lavoratori, il datore di lavoro è libero di scegliere i giorni in cui concedere loro, per ogni settimana, i periodi di riposo settimanale cui gli stessi hanno diritto, potendo obbligare il lavoratore, senza corrispondergli una retribuzione per ore di lavoro straordinario, a lavorare per 10 giorni consecutivi (segnatamente, dal mercoledì di una settimana, preceduto da un periodo di riposo il lunedì e il martedì, al venerdì della settimana successiva, seguito da riposo il sabato e la domenica).

3)      Se sia o meno conforme alle suddette direttive e disposizioni un’interpretazione secondo la quale il periodo di riposo ininterrotto di 24 ore può essere concesso in un qualsiasi giorno nell’ambito di un determinato periodo di 7 giorni di calendario e il successivo periodo di riposo ininterrotto di 24 ore (cui si aggiungono le 11 ore di riposo giornaliero), a sua volta, può essere concesso in un qualsiasi giorno nell’ambito del periodo di 7 giorni di calendario immediatamente successivo.

4)      Se sia o meno conforme alle suddette direttive e disposizioni, tenuto conto anche del disposto dell’articolo 16, lettera a), della direttiva [2003/88], un’interpretazione secondo la quale un lavoratore, invece di beneficiare di un periodo di riposo ininterrotto di 24 ore (cui si aggiungono le 11 ore di riposo giornaliero) nell’ambito di ciascun periodo lavorativo di 7 giorni, possa beneficiare di due periodi, consecutivi o meno, di 24 ore di riposo ininterrotto in uno qualsiasi dei 4 giorni di calendario di un dato periodo di riferimento di 14 giorni».

20.      La Varzim Sol, ricorrente nel procedimento principale, i governi portoghese, ungherese, polacco, finlandese e svedese nonché la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte. All’udienza tenutasi il 5 aprile 2017, la Varzim Sol, il governo portoghese nonché la Commissione hanno presentato le loro osservazioni orali.

IV.    Analisi

A.      Sull’oggetto delle questioni pregiudiziali e sulle disposizioni del diritto dell’Unione da interpretare

1.      Sulle questioni pregiudiziali dalla prima alla terza

21.      Il giudice del rinvio, con le sue prime tre questioni, che vanno esaminate congiuntamente, domanda, in sostanza, se gli articoli 5 delle direttive 93/104 e 2003/88, nonché l’articolo 31 della Carta, debbano essere interpretati nel senso che il periodo di riposo settimanale cui il lavoratore ha diritto deve essere concesso entro il settimo giorno successivo a sei giorni di lavoro consecutivi o se il datore di lavoro sia libero di scegliere, per ogni periodo di sette giorni, il momento in cui cade il periodo di riposo settimanale.

22.      In via preliminare, si deve osservare che i fatti della controversia di cui al procedimento principale rientrano, in parte, nell’ambito delle disposizioni della direttiva 93/104, che era in vigore fino al 1o agosto 2004, e, in parte, nell’ambito di quelle della direttiva 2003/88, che ha proceduto, con effetto dal 2 agosto 2004, alla codificazione delle disposizioni della direttiva 93/104 (11). Tuttavia, dal momento che gli articoli 5 di tali direttive sono formulati in termini identici (12) e che le risposte alle prime tre questioni sollevate dal giudice del rinvio sono, a causa di tale identità, le medesime qualunque sia la direttiva applicabile, è opportuno, al fine di rispondere alle suddette questioni, fare riferimento unicamente alle disposizioni della direttiva 2003/88 (13). Inoltre, per lo stesso motivo, occorre considerare che l’interpretazione dell’articolo 5 della direttiva 93/104, fornita dalla Corte, può essere integralmente applicata all’articolo 5 della direttiva 2003/88 (14).

23.      Si deve, inoltre, osservare che la prima questione riguarda specificamente il «caso di lavoratori in regime di servizio a turni e con periodi di riposo a rotazione, in uno stabilimento che apre tutti i giorni della settimana ma senza svolgere un’attività continuata 24 ore su 24». Tale formulazione solleva la questione dell’eventuale pertinenza, nel caso di specie, dell’articolo 17, paragrafo 4, lettera a), della direttiva 2003/88, in forza del quale si può derogare, in particolare, all’articolo 5 della stessa direttiva per le attività di lavoro a turni (15).

24.      Orbene, il giudice del rinvio non indica se, a suo avviso, il ricorrente nel procedimento principale dovesse essere considerato, nell’ambito del suo lavoro presso la Varzim Sol, un lavoratore a turni ai sensi dell’articolo 2, punto 6, della direttiva 2003/88 e/o svolgesse, presso detta società, un lavoro a turni ai sensi dell’articolo 2, punto 5, della medesima direttiva (16). Il giudice del rinvio non indica nemmeno se il diritto portoghese preveda deroghe all’articolo 5 della direttiva 2003/88 per le attività di lavoro a turni, consentite dall’articolo 17, paragrafo 4, lettera a), di tale direttiva (17). In effetti, tale giudice non fa riferimento né a quest’ultima disposizione né alle disposizioni del diritto portoghese, invocate dal ricorrente, relative ai lavoratori a turni (18).

25.      In tali circostanze, muovo dal presupposto che il diritto portoghese non preveda deroghe all’articolo 5 della direttiva 2003/88 per le attività del lavoro a turni (19) ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 4, lettera a), di tale direttiva e che quest’ultima disposizione non sia, quindi, rilevante ai fini della pronuncia sulla controversia di cui al procedimento principale.

26.      Inoltre, occorre rilevare che il giudice del rinvio non dà nemmeno atto di elementi nel senso che gli accordi aziendali che disciplinavano il rapporto di lavoro tra le parti della controversia di cui al procedimento principale contenessero disposizioni di deroga all’articolo 5 della direttiva 2003/88, ai sensi dell’articolo 18 di quest’ultima (20). Dalla decisione di rinvio risulta, invece, che tali accordi attribuivano al ricorrente il diritto a un giorno di riposo settimanale supplementare, in aggiunta a quello previsto all’articolo 5 della direttiva 2003/88 (21). In altri termini, tali accordi concedevano al ricorrente una protezione più estesa di quella prevista al suddetto articolo 5 (22).

27.      Tenuto conto di quanto precede, ritengo che le questioni pregiudiziali dalla prima alla terza non riguardino il caso in cui il diritto nazionale o i contratti collettivi consentono deroghe all’articolo 5 della direttiva 2003/88, ai sensi, rispettivamente, dell’articolo 17, paragrafo 4, lettera a), e dell’articolo 18 di detta direttiva, quanto piuttosto la «situazione predefinita» disciplinata unicamente dall’articolo 5 di tale direttiva. Lo stesso giudice del rinvio rileva, del resto, che le disposizioni dei codici del lavoro del 2003 e del 2009 e degli accordi aziendali applicabili nel procedimento principale devono essere interpretate conformemente a quest’ultimo articolo.

28.      Infine, si deve constatare che il giudice del rinvio, con la sua seconda questione pregiudiziale, si interroga sulla conformità all’articolo 5 della direttiva 2003/88 e all’articolo 31 della Carta della situazione in cui il lavoratore può essere tenuto a lavorare fino a dieci giorni consecutivi «senza corrispondergli una retribuzione per ore di lavoro straordinario».

29.      A tal riguardo si deve ribadire come dalla giurisprudenza della Corte emerga che, eccezion fatta per l’ipotesi particolare di cui all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88, in materia di congedo annuale retribuito, quest’ultima si limita a disciplinare taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, cosicché, in linea di principio, essa non si applica alla retribuzione dei lavoratori (23). Quindi, la questione se e, eventualmente, in quale misura il ricorrente abbia diritto, come sostiene (24), alla retribuzione delle ore di lavoro straordinario non è disciplinata dalla direttiva 2003/88, bensì, semmai, dalle disposizioni pertinenti del diritto nazionale nonché degli accordi aziendali applicabili.

30.      In conclusione, ritengo che occorra intendere le questioni dalla prima alla terza come volte a determinare, in sostanza, se l’articolo 5 della direttiva 2003/88 e l’articolo 31 della Carta debbano essere interpretati nel senso che il periodo di riposo settimanale deve essere concesso entro il settimo giorno successivo a sei giorni di lavoro consecutivi.

2.      Sulla quarta questione pregiudiziale

31.      Il giudice del rinvio, con la sua quarta questione, si interroga, in sostanza, sull’interpretazione dell’articolo 16, lettera a), della direttiva 2003/88, secondo il quale gli Stati membri possono prevedere, per l’applicazione dell’articolo 5, un periodo di riferimento non superiore a quattordici giorni (25).

32.      A tal riguardo il giudice del rinvio non ha dato indicazioni nel senso che la Repubblica portoghese si sarebbe avvalsa della facoltà, sancita all’articolo 16, lettera a), della direttiva 2003/88, di prevedere un siffatto periodo di riferimento per l’applicazione dell’articolo 5 di tale direttiva. Sia il ricorrente nel procedimento principale sia il governo portoghese e la Commissione rilevano che tale possibilità non si è concretata nella normativa portoghese.

33.      In tali circostanze, suggerisco alla Corte di dichiarare, in forza di una giurisprudenza costante, che la quarta questione è irricevibile (26).

B.      Sull’interpretazione dell’articolo 5 della direttiva 2003/88 e dell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta

34.      Ai sensi dell’articolo 5 della direttiva 2003/88, gli Stati membri sono tenuti ad assicurare che ogni lavoratore benefici, per ogni periodo di 7 giorni, di un periodo minimo di riposo ininterrotto di 24 ore (in prosieguo: il «periodo di riposo settimanale») a cui si sommano le 11 ore di riposo giornaliero previste all’articolo 3 di tale direttiva.

35.      Il ricorrente e il governo portoghese sono dell’avviso, in sostanza, che, ai sensi dell’articolo 5 della direttiva 2003/88, il periodo di riposo settimanale debba essere concesso entro il settimo giorno successivo a 6 giorni di lavoro consecutivi. Invece, secondo la Varzim Sol, i governi ungherese, polacco, finlandese e svedese nonché la Commissione, in sostanza, tale disposizione richiede unicamente che un periodo di riposo di almeno 35 ore (27) sia concesso per ciascun periodo di 7 giorni, tale che il periodo di riposo settimanale possa cadere in qualsiasi giorno durante detto periodo di 7 giorni.

36.      Si deve innanzitutto osservare che i termini «per ogni periodo di 7 giorni», che figurano all’articolo 5 della direttiva 2003/88, non contengono alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri e che, pertanto, secondo la giurisprudenza della Corte, essi devono dar luogo, in tutta l’Unione, a un’interpretazione autonoma e uniforme (28).

37.      Per i motivi indicati in prosieguo, condivido l’interpretazione secondo cui l’articolo 5 della direttiva 2003/88 richiede non già che il periodo di riposo settimanale sia necessariamente concesso entro il settimo giorno successivo a sei giorni di lavoro consecutivi, bensì che sia concesso nell’ambito di ciascun periodo di sette giorni. Tale interpretazione implica che, ai sensi di detta disposizione, un lavoratore possa, in linea di principio, essere tenuto a lavorare fino a dodici giorni consecutivi (29), purché siano rispettate le altre prescrizioni minime della direttiva 2003/88, in particolare quelle relative al riposo giornaliero e alla durata massima settimanale del lavoro (30).

38.      In primo luogo, tale conclusione mi sembra derivare da un’interpretazione letterale dell’articolo 5 della direttiva 2003/88. Infatti, i termini «per ogni periodo di 7 giorni» non esprimono un momento preciso in cui il periodo di riposo settimanale deve aver luogo, ma si riferiscono piuttosto a una durata (sette giorni) nell’ambito della quale un siffatto periodo deve essere concesso. Inoltre, la formulazione di tale disposizione non fa alcun riferimento a «giorni di lavoro consecutivi», ma richiede, invece, che il periodo di riposo settimanale sia concesso per ogni periodo di sette giorni, indipendentemente dal fatto se, e in quale misura, il lavoratore abbia lavorato o no durante questi sette giorni (31).

39.      Ne consegue, a mio avviso, che la nozione di «periodo di sette giorni» di cui all’articolo 5 della direttiva 2003/88 non designa un periodo il cui inizio è variabile, nel senso che inizia a decorrere dopo la fine di ogni periodo di riposo settimanale, come sembrano ritenere il ricorrente nel procedimento principale e il governo portoghese, ma piuttosto periodi fissi che si susseguono (32).

40.      In secondo luogo, si deve osservare che, in altri testi del diritto dell’Unione, il legislatore dell’Unione ha esplicitamente imposto agli Stati membri di assicurare ai lavoratori un periodo di riposo dopo un determinato periodo di tempo (33). Il fatto che il legislatore dell’Unione abbia adottato una formulazione meno rigida nell’articolo 5 della direttiva 2003/88 mostra, a mio avviso, che esso non ha voluto imporre che il periodo di riposo settimanale previsto in tale articolo sia concesso dopo un determinato numero di giorni di lavoro consecutivi (34). Aggiungo che l’interpretazione proposta dal ricorrente e dal governo portoghese, secondo cui l’articolo 5 limita il numero di giorni di lavoro consecutivi a sei, non trova riscontro in nessuna delle versioni linguistiche della direttiva 2003/88 (35).

41.      In terzo luogo, i lavori preparatori alla direttiva 93/104, che è stata sostituita dalla direttiva 2003/88 (36), confermano, a mio avviso, che l’articolo 5 di quest’ultima mira ad assicurare ai lavoratori un periodo minimo di riposo a settimana rimettendo, però, ai legislatori nazionali e alle parti sociali un certo margine di discrezionalità riguardo all’organizzazione dell’orario di lavoro (37). Tale interpretazione è anche quella sottesa ai documenti della Commissione relativi al recepimento da parte degli Stati membri delle direttive 93/104 e 2003/88 (38). Inoltre, se è vero che nella versione iniziale menzionava il riposo domenicale, la disposizione dell’articolo 5 della direttiva 93/104 si limitava in realtà a enunciare che il periodo minimo di riposo settimanale comprendeva «in linea di principio» la domenica (39).

42.      Infine, ritengo che il fatto di imporre un periodo di riposo settimanale nell’ambito di ogni periodo di sette giorni sia conforme all’obiettivo essenziale della direttiva 2003/88, come constatato dalla Corte, ossia proteggere in modo efficace la sicurezza e la salute dei lavoratori (40). A tale riguardo si deve osservare che l’articolo 5 della direttiva 2003/88 costituisce solo la norma di base applicabile a qualsiasi lavoratore, cui si aggiungono norme speciali per i settori di attività che sono caratterizzati da una certa onerosità o da particolari rischi (41).

43.      Per quanto riguarda l’articolo 31 della Carta, disposizione anch’essa oggetto delle questioni pregiudiziali, si deve osservare che, ai sensi del paragrafo 2 di detto articolo, ogni lavoratore ha diritto, in particolare, a periodi di riposo settimanali. Orbene, dalle spiegazioni relative alla Carta (42) risulta che detto paragrafo si basa sulla direttiva 93/104 nonché sull’articolo 2 della Carta sociale europea (43) e sul punto 8 della Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori (44).

44.      In tali circostanze, è opportuno considerare, per quanto riguarda il diritto al riposo settimanale, che il campo di applicazione dell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta corrisponde a quello dell’articolo 5 della direttiva 2003/88. Ne consegue che l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta non può fornire ulteriori elementi utili ai fini dell’interpretazione richiesta dell’articolo 5 della direttiva 2003/88.

45.      Alla luce di quanto precede, ritengo che l’articolo 5 della direttiva 2003/88 e l’articolo 31 della Carta debbano essere interpretati nel senso che essi non richiedono che un periodo di riposo sia concesso entro il settimo giorno successivo a sei giorni di lavoro consecutivi, ma impongono che un tale periodo sia concesso nell’ambito di ogni periodo di sette giorni. Va ricordato che tale interpretazione si applica altresì all’articolo 5 della direttiva 93/104 (45). La medesima interpretazione implica che, in forza delle suddette disposizioni, il lavoratore possa, in linea di principio, essere tenuto a lavorare fino a dodici giorni consecutivi, purché siano rispettate le altre prescrizioni minime della direttiva 2003/88, in particolare quelle relative al riposo giornaliero e alla durata massima settimanale del lavoro (46).

46.      In tale contesto, occorre ricordare che, tenuto conto del carattere minimo dell’armonizzazione operata dalla direttiva 2003/88, gli Stati membri restano liberi di prevedere disposizioni nazionali che concedano ai lavoratori una protezione maggiore, per quanto riguarda il riposo settimanale, di quella concessa dalla direttiva 2003/88. Come emerge espressamente dall’articolo 15 di tale direttiva, quest’ultima non pregiudica la facoltà degli Stati membri di applicare o introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli alla protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori (47). Spetta al giudice del rinvio determinare se e in quale misura siffatte disposizioni più favorevoli siano previste dalla normativa portoghese (48) e/o dagli accordi aziendali applicabili alla controversia di cui al procedimento principale (49).

V.      Conclusione

47.      Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dal Tribunal da Relação do Porto (Corte d’appello di Porto, Portogallo) come segue:

L’articolo 5 della direttiva 93/104/CE del Consiglio, del 23 novembre 1993, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, l’articolo 5 della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, e l’articolo 31 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea devono essere interpretati nel senso che tali disposizioni non richiedono che il periodo di riposo settimanale sia concesso entro il settimo giorno successivo a sei giorni di lavoro consecutivi, ma impongono che quest’ultimo sia concesso nell’ambito di ogni periodo di sette giorni.


1      Lingua originale: il francese.


2      Direttiva del Consiglio, del 23 novembre 1993, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU 1993, L 307, pag. 18), modificata dalla direttiva 2000/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 2000 (GU 2000, L 195, pag. 41).


3      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU 2003, L 299, pag. 9).


4      V. articoli 27 e 28 della direttiva 2003/88.


5      Il procedimento principale riguarda il periodo compreso tra il 1991 e il 2014. V. paragrafi da 13 a 17 e 22 delle presenti conclusioni.


6      L’articolo 5, secondo comma, della direttiva 93/104, nella sua versione iniziale, enunciava che «[i]l periodo minimo di riposo di cui al primo comma comprende in linea di principio la domenica». Tuttavia, tale comma è stato abrogato dalla direttiva 2000/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 2000, che modifica la direttiva 93/104/CE del Consiglio concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, al fine di comprendere i settori e le attività esclusi dalla suddetta direttiva (GU 2000, L 195, pag. 41), in seguito alla sentenza del 12 novembre 1996, Regno Unito/Consiglio (C‑84/94, EU:C:1996:431), con cui la Corte lo aveva annullato.


7      Il giudice del rinvio fa riferimento all’articolo 2, lettera f), della legge n. 99/2003, del 27 agosto 2003.


8      Il governo portoghese osserva che il diritto al riposo settimanale è altresì sancito all’articolo 59, lettera d), della Costituzione della Repubblica portoghese.


9      Il giudice del rinvio fa riferimento all’articolo 2, lettera n), della legge n. 7/2009, del 12 febbraio 2009.


10      Contratti aziendali tra la Varzim Sol – Turismo, Jogo e Animação, S.A. e il Sindicato dos Profissionais de Banca de Casinos e outros (sindacato dei lavoratori dei casinò e altri, Portogallo), pubblicati, rispettivamente, nel Boletim do Trabalho e do Emprego n. 22 del 2002 e nel Boletim do Trabalho e do Emprego n. 29 del 2003, con modifiche e testo consolidato nel Boletim do Trabalho e do Emprego n. 31 del 2007.


11      V. considerando 1 della direttiva 2003/88 e paragrafo 3 delle presenti conclusioni.


12      V. paragrafo 5 delle presenti conclusioni.


13      V., in tal senso, sentenza del 25 novembre 2010, Fuß (C‑429/09, EU:C:2010:717, punto 32).


14      V., in tal senso, sentenza del 10 settembre 2015, Federación de Servicios Privados del sindicato Comisiones obreras (C‑266/14, EU:C:2015:578, punto 22).


15      V. anche articolo 17, paragrafo 2, punto 2.3, lettera a), della direttiva 93/104.


16      In forza del suddetto punto 6, si intende per lavoratore a turni, ai sensi della direttiva, «qualsiasi lavoratore il cui orario di lavoro sia inserito nel quadro del lavoro a turni». In forza del suddetto punto 5, si intende per lavoro a turni «qualsiasi metodo di organizzazione del lavoro a squadre in base al quale dei lavoratori siano successivamente occupati negli stessi posti di lavoro, secondo un determinato ritmo, compreso il ritmo rotativo, che può essere di tipo continuo o discontinuo, ed il quale comporti la necessità per i lavoratori di compiere un lavoro ad ore differenti su un periodo determinato di giorni o settimane». V. altresì articolo 2, punti 5 e 6, della direttiva 93/104.


17      Sia il ricorrente sia la Commissione sostengono che il legislatore portoghese non si è avvalso della facoltà, prevista all’articolo 17, paragrafo 4, lettera a), della direttiva 2003/88, di derogare all’articolo 5 per le attività di lavoro a turni, affermazione che non è contestata da nessuna delle parti che hanno presentato osservazioni alla Corte. La Varzim Sol e il governo portoghese asseriscono, in termini più generali, che le deroghe previste agli articoli 17 e 18 della direttiva 2003/88 non sono pertinenti nel caso di specie.


18      Il ricorrente richiama, in particolare, l’articolo 189, paragrafo 5, del codice del lavoro del 2003 e l’articolo 221, paragrafo 5, del codice del lavoro del 2009, mentre la società convenuta sostiene che tali disposizioni non si applicano al ricorrente, poiché egli non è stato sottoposto a un regime di lavoro a turni continuato. Secondo le osservazioni scritte del ricorrente, tali disposizioni prevedono, in particolare, per quanto riguarda il lavoro a turni in regime di lavoro continuato, il diritto ad almeno «un giorno di riposo nell’ambito di ogni periodo di sette giorni».


19      Secondo la giurisprudenza della Corte, per beneficiare della facoltà prevista agli articoli 17 e 18 della direttiva 2003/88 di derogare, in talune circostanze, alle condizioni imposte, in particolare, dall’articolo 5 di tale direttiva, gli Stati membri devono aver fatto scelta di avvalersene. V., in tal senso, sentenza del 21 ottobre 2010, Accardo e a. (C‑227/09, EU:C:2010:624, punto 51). V. altresì, in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Wathelet nella causa Hälvä e a. (C‑175/16, EU:C:2017:285, paragrafo 89).


20      In forza del suddetto articolo 18, si può derogare, in particolare, all’articolo 5 mediante contratti collettivi o accordi conclusi tra le parti sociali a livello nazionale o regionale, o, conformemente alle regole fissate da dette parti sociali, mediante contratti collettivi o accordi conclusi tra le parti sociali ad un livello inferiore, a condizione che ai lavoratori interessati siano accordati periodi equivalenti di riposo compensativo o, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per motivi oggettivi, a condizione che sia accordata una protezione appropriata. V. altresì articolo 17, paragrafo 3, della direttiva 93/104. Il governo portoghese osserva che la normativa portoghese non prevede deroghe all’articolo 5 della direttiva 2003/88 mediante un accordo o un contratto collettivo.


21      V. paragrafo 12 delle presenti conclusioni.


22      Ai sensi dell’articolo 15 della direttiva 2003/88, quest’ultima non pregiudica, in particolare, la facoltà degli Stati membri di favorire o consentire l’applicazione di contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali più favorevoli alla protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori. V., al riguardo, paragrafo 46 delle presenti conclusioni.


23      V. sentenza del 10 settembre 2015, Federación de Servicios Privados del sindicato Comisiones obreras (C‑266/14, EU:C:2015:578, punti 48 e 49 e la giurisprudenza ivi citata).


24      V. paragrafo 17 delle presenti conclusioni.


25      V. altresì articolo 16, punto 1, della direttiva 93/104.


26      V., al riguardo, sentenza del 10 marzo 2016, Safe Interenvíos (C‑235/14, EU:C:2016:154, punto 115), da cui si evince, in particolare, che il giudice del rinvio deve indicare le ragioni precise che l’hanno portato ad interrogarsi sull’interpretazione di determinate disposizioni del diritto dell’Unione e a reputare necessario sottoporre questioni pregiudiziali alla Corte. Peraltro, la Varzim Sol sostiene che la formulazione della quarta questione, che deriverebbe da una sua stessa proposta, include un errore di scrittura, in quanto il numero 4 che appare nella frase «in uno qualsiasi dei 4 giorni di calendario di un dato periodo» sarebbe stato interpolato per errore. V. paragrafo 19 delle presenti conclusioni. Considerata l’irricevibilità della questione, non credo sia necessario che la Corte si pronunci su tale punto.


27      Vale a dire le 24 ore di riposo settimanale aumentate delle 11 ore di riposo giornaliero previste all’articolo 3 della direttiva 2003/88. In forza dell’articolo 5, secondo comma, della suddetta direttiva, potrà essere fissato un periodo minimo di riposo di 24 ore se condizioni oggettive, tecniche o di organizzazione del lavoro lo giustificano.


28      V., in tal senso, sentenza del 26 aprile 2012, DR e TV2 Danmark (C‑510/10, EU:C:2012:244, punto 33 e la giurisprudenza ivi citata). Vorrei ricordare che i termini «per ogni periodo di 7 giorni», che figurano agli articoli 5 delle direttive 2003/88 e 93/104, sono contenuti anche nelle convenzioni nn. 14 e 106 dell’Organizzazione internazionale del lavoro sul riposo settimanale (la prima per l’industria e la seconda per il commercio e gli uffici), adottate a Ginevra, rispettivamente, il 17 novembre 1921 e il 26 giugno 1957. V. articolo 2, paragrafo 1, della convenzione del 1921 e articolo 6, paragrafo 1, della convenzione del 1957. V. altresì considerando 9 della direttiva 93/104 e considerando 6 della direttiva 2003/88, che rinviano ai principi dell’Organizzazione internazionale del lavoro in materia di organizzazione dell’orario di lavoro, nonché il punto 10 della relazione relativa alla proposta che ha condotto all’adozione della direttiva 93/104, presentata dalla Commissione il 20 settembre 1990 [COM(90) 317 def.].


29      Ad esempio, dal martedì di una determinata settimana, che segue un giorno di riposo, il lunedì, fino al sabato della settimana successiva, seguito da un giorno di riposo, la domenica. In una situazione come quella del caso di specie, dove la normativa nazionale o i contratti collettivi prevedono il diritto a due giorni consecutivi di riposo settimanale, detta interpretazione implica che il lavoratore possa essere tenuto a lavorare fino a 10 giorni consecutivi. V. paragrafi 7, 10 e 12 delle presenti conclusioni.


30      V. articoli 3 e 6 della suddetta direttiva.


31      V., per quanto riguarda le nozioni di «orario di lavoro» e di «periodo di riposo», articoli 2, punti 1 e 2, delle direttive 2003/88 e 93/104, nonché sentenze del 3 ottobre 2000, Simap (C‑303/98, EU:C:2000:528, punto 47), e del 10 settembre 2015, Federación de Servicios Privados del sindicato Comisiones obreras (C‑266/14, EU:C:2015:578, punti da 25 a 28 e la giurisprudenza ivi citata).


32      V., al riguardo, sentenza del 12 novembre 1996, Regno Unito/Consiglio (C‑84/94, EU:C:1996:431, punto 62), nella quale viene menzionato il «periodo di riferimento di sette giorni». Vorrei ricordare che, per quanto riguarda il riposo giornaliero di cui all’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento (CEE) n. 3820/85 del Consiglio, del 20 dicembre 1985, relativo all’armonizzazione di alcune disposizioni in materia sociale nel settore dei trasporti su strada (GU 1985, L 370. pag. 1), la Corte ha dichiarato che l’espressione «ogni periodo di 24 ore», contenuta in tale articolo, si riferisce a qualsiasi arco di tempo di tale durata avente inizio nel momento in cui, dopo un periodo di riposo settimanale o giornaliero, il conducente mette in funzione il tachigrafo. V. sentenza del 2 giugno 1994, Van Swieten (C‑313/92, EU:C:1994:219, punti da 22 a 27). Tuttavia, ritengo che tale interpretazione non possa essere applicata all’articolo 5 della direttiva 2003/88. Infatti, la Corte ha evidenziato, in quella sentenza, lo scopo specifico di garantire la sicurezza stradale, che non è pertinente nel contesto della direttiva 2003/88.


33      V., in particolare, articolo 8, paragrafo 6, secondo comma, del regolamento (CE) n. 561/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2016, relativo all’armonizzazione di alcune disposizioni in materia sociale nel settore dei trasporti su strada e che modifica i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 3821/85 e (CE) n. 2135/98 e abroga il regolamento (CEE) n. 3820/85 del Consiglio (GU 2006, L 102, pag. 1), ai sensi del quale «[i]l periodo di riposo settimanale comincia al più tardi dopo sei periodi di 24 ore dal termine del precedente periodo di riposo settimanale» (il corsivo è mio). V. anche articolo 7, primo comma, del medesimo regolamento.


34      V., a tale riguardo, considerando 15 della direttiva 2003/88, secondo il quale, in funzione dei problemi che l’organizzazione dell’orario di lavoro nell’impresa può comportare, pare opportuno prevedere una certa flessibilità nell’applicazione di determinate disposizioni della presente direttiva, garantendo nel contempo il rispetto dei principi della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori.


35      Mi sembra che, fatta eccezione per la versione in lingua ungherese, le diverse versioni linguistiche della direttiva 2003/88 si dividano in due gruppi. La maggior parte delle versioni prevede che il periodo di riposo settimanale sia concesso per ogni periodo di sette giorni. V., in particolare, le versioni in lingua inglese («per each seven-day period») e tedesca («pro Siebentageszeitraum»). V. anche le versioni in lingua portoghese, bulgara, spagnola, ceca, danese, estone, greca, italiana, neerlandese, slovacca e finlandese. Le altre versioni linguistiche riecheggiano la versione in lingua francese, la quale enuncia che il periodo di riposo settimanale deve essere concesso «au cours» di ogni periodo di sette giorni. Il significato in lingua ungherese è più ambiguo, in quanto l’espressione «hétnaponként» può significare sia alla fine di un periodo di sette giorni, sia durante un periodo di sette giorni.


36      V. paragrafo 3 delle presenti conclusioni.


37      V., in particolare, punti 1, 2, 16 e 35 della relazione relativa alla proposta che ha condotto all’adozione della direttiva 93/104 (sopracitata, nota 28 delle presenti conclusioni), dove figura ripetutamente l’espressione «riposo minimo settimanale» e dove la Commissione sottolinea, tra l’altro, «l’importanza della flessibilità del lavoro che consente alle imprese di adattarsi alle condizioni della concorrenza e di migliorare la loro competitività». V. altresì punto 2.10 del parere del Comitato economico e sociale, del 18 dicembre 1990, in merito alla proposta di direttiva del Consiglio concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU 1991, C 60, pag. 26), dal quale risulta che «[i]l periodo di riposo dovrebbe essere calcolato settimanalmente». V. altresì, per quanto riguarda l’adozione della direttiva 2003/88, comunicazione della Commissione, del 15 gennaio 2004, al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni e alle parti sociali a livello comunitario relativa al riesame della direttiva 93/104/CE concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro [COM(2003) 843 definitivo/2, pag. 3], dalla quale risulta che la direttiva 93/104 prevede un «periodo minimo di riposo di 1 giorno alla settimana».


38      V. relazione della Commissione, del 1o dicembre 2000, Situazione dell’applicazione della direttiva del Consiglio 93/104/CE del 23 novembre 1993, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro («direttiva sull’orario di lavoro») [COM(2000) 787 definitivo, punto 6, pag. 14], e documento di lavoro dei servizi della Commissione, del 21 dicembre 2010, Detailed report on the implementation by Member States of Directive 2003/88/EC concerning certain aspects of the organisation of working time («The Working Time Directive») [SEC (2010) 1611 definitivo, punto 6.1.5, pag. 102]. In quest’ultimo documento, la Commissione rileva, in particolare, che «[t]he Working Time Directive does not require the weekly rest to be taken on any particular day of the week (…) These factors would suggest that in general, the weekly rest should be provided within each 7 day period» [«(l)a direttiva (2003/88) non richiede che il riposo settimanale sia preso in un giorno particolare della settimana (…). Gli elementi succitati suggerirebbero che, in generale, il riposo settimanale andrebbe concesso nell’ambito di ogni periodo di 7 giorni»].


39      V. nota 6 delle presenti conclusioni. V. altresì considerando 10 della direttiva 93/104, nella sua versione iniziale, secondo il quale «spetta ad ogni Stato membro decidere se ed in quale misura la domenica deve essere compresa nel riposo settimanale». Al momento dell’adozione della direttiva 93/104, il Parlamento europeo aveva proposto di imporre agli Stati membri di garantire che ogni lavoratore fruisse «in linea di principio, del fine settimana di riposo e dei giorni festivi previsti dalla legge (…)». Tuttavia, tale proposta non è stata condivisa dal Consiglio o dalla Commissione. V., in particolare, parere del Parlamento europeo in prima lettura, del 20 febbraio 1991 (emendamento n. 14) (GU 1991, C 72, pag. 86), posizione della Commissione sugli emendamenti del Parlamento in prima lettura, presentata il 23 aprile 1991 [COM(91) 130 def.], e posizione comune del Consiglio del 30 giugno 1993 (doc. 7253/2/93 SOC 196).


40      V., in particolare, sentenze del 9 settembre 2003, Jaeger (C‑151/02, EU:C:2003:437, punto 92), e del 14 ottobre 2010, Union syndicale Solidaires Isère (C‑428/09, EU:C:2010:612, punto 37), dalle quali emerge altresì che ogni lavoratore deve, segnatamente, beneficiare di periodi di riposo adeguati che, oltre ad essere effettivi, consentendo alle persone interessate di recuperare la fatica dovuta al lavoro, rivestano anche un carattere preventivo tale da ridurre il più possibile il rischio di alterazione della sicurezza e della salute dei lavoratori che l’accumulo di periodi di lavoro senza il necessario riposo può rappresentare.


41      V., in particolare, per quanto riguarda il settore dei trasporti su strada, articoli da 6 a 8 del regolamento n. 561/2006.


42      GU 2007, C 303, pag. 17.


43      Carta sociale europea, firmata a Torino il 18 ottobre 1961 e riveduta a Strasburgo il 3 maggio 1996. L’articolo 2, punto 5, enuncia, in particolare, che «le Parti s’impegnano (…) a garantire un riposo settimanale che coincida per quanto possibile con il giorno della settimana generalmente ammesso come giorno di riposo dalla tradizione o dagli usi del paese o della regione».


44      Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, adottata nella riunione del Consiglio che ha avuto luogo a Strasburgo il 9 dicembre 1989. Il punto 8 enuncia che «[o]gni lavoratore della Comunità europea ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite i cui periodi devono essere via via ravvicinati, in modo da ottenere un progresso, conformemente alle prassi nazionali». V. anche sentenza del 19 settembre 2013, Riesame Commissione/Strack (C‑579/12 RX‑II, EU:C:2013:570, punto 27).


45      V. paragrafo 22 delle presenti conclusioni.


46      V. paragrafo 37 e nota 30 delle presenti conclusioni.


47      In forza della suddetta disposizione, gli Stati membri possono anche consentire l’applicazione di contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali più favorevoli alla protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori. V., per quanto riguarda il carattere minimo dell’armonizzazione instaurata dalle direttive 93/104 e 2003/88, sentenze del 12 novembre 1996, Regno Unito/Consiglio (C‑84/94, EU:C:1996:431, punto 42), e del 26 giugno 2001, BECTU (C‑173/99, EU:C:2001:356, punto 55).


48      Il governo portoghese sostiene, mi sembra, che una maggiore protezione potrebbe derivare dalle disposizioni relative alla modifica dell’orario del lavoratore a turni, previste all’articolo 221, paragrafo 4, del codice del lavoro portoghese, le quali vieterebbero il passaggio tra due orari che non sia preceduto da un giorno di riposo settimanale.


49      V., al riguardo, paragrafi 12 e 26 delle presenti conclusioni.