Language of document : ECLI:EU:C:2018:670

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

YVES BOT

presentate il 6 settembre 2018 (1)

Causa C386/17

Stefano Liberato

contro

Luminita Luisa Grigorescu

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte suprema di cassazione (Italia)]

«Rinvio pregiudiziale – Cooperazione giudiziaria in materia civile – Regolamento (CE) n. 44/2001 – Articolo 5, punto 2 – Articolo 27 – Articolo 35, paragrafo 3 – Competenza, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia di obbligazioni alimentari – Regolamento (CE) n. 2201/2003 – Articoli 19 e 24 – Competenza, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale – Litispendenza – Violazione delle norme sulla litispendenza – Conseguenze – Divieto di riesame della competenza giurisdizionale dell’autorità giurisdizionale di origine»






1.        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 19 e 24 del regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000 (2).

2.        Tale domanda è stata proposta nel contesto di una controversia tra il sig. Stefano Liberato e la sig.ra Luminita Luisa Grigorescu riguardo al riconoscimento, da parte dei giudici italiani, di una decisione adottata dai giudici rumeni in merito al vincolo matrimoniale, alla responsabilità genitoriale e alle obbligazioni alimentari.

3.        La presente causa fornirà alla Corte l’occasione di precisare se la violazione delle norme sulla litispendenza da parte del giudice successivamente adito costituisca un motivo di non riconoscimento della decisione resa da quest’ultimo.

4.        Al termine della mia analisi proporrò, in linea con la sentenza del 19 novembre 2015, P (3), di dichiarare, in via principale, che l’articolo 35, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 44/2001 (4) del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (5), e l’articolo 24 del regolamento n. 2201/2003 devono essere interpretati nel senso che ostano a che la violazione delle norme sulla litispendenza, enunciate all’articolo 27 del regolamento n. 44/2001 e all’articolo 19 del regolamento n. 2201/2003, da parte del giudice successivamente adito costituisca un motivo di non riconoscimento della decisione resa da quest’ultimo, fondato sulla contrarietà all’ordine pubblico dello Stato membro richiesto.

I.      Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

1.      Regolamento n. 44/2001

5.        L’articolo 5, punto 2, del regolamento n. 44/2001 dispone quanto segue:

«La persona domiciliata nel territorio di uno Stato membro può essere convenuta in un altro Stato membro:

(…)

2)      in materia di obbligazioni alimentari, davanti al giudice del luogo in cui il creditore di alimenti ha il domicilio o la residenza abituale o, qualora si tratti di una domanda accessoria ad un’azione relativa allo stato delle persone, davanti al giudice competente a conoscere quest’ultima secondo la legge nazionale, salvo che tale competenza si fondi unicamente sulla cittadinanza di una delle parti».

6.        L’articolo 27 di detto regolamento è così formulato:

«1.      Qualora davanti a giudici di Stati membri differenti e tra le stesse parti siano state proposte domande aventi il medesimo oggetto e il medesimo titolo, il giudice successivamente adito sospende d’ufficio il procedimento finché sia stata accertata la competenza del giudice adito in precedenza.

2.      Se la competenza del giudice precedentemente adito è stata accertata, il giudice successivamente adito dichiara la propria incompetenza a favore del primo».

7.        L’articolo 28 del menzionato regolamento dispone:

«1.      Ove più cause connesse siano pendenti davanti a giudici di Stati membri differenti, il giudice successivamente adito può sospendere il procedimento.

2.      Se tali cause sono pendenti in primo grado, il giudice successivamente adito può inoltre dichiarare la propria incompetenza su richiesta di una delle parti a condizione che il giudice precedentemente adito sia competente a conoscere delle domande proposte e la sua legge consenta la riunione dei procedimenti.

3.      Ai sensi del presente articolo sono connesse le cause aventi tra di loro un legame così stretto da rendere opportune una trattazione e decisione uniche per evitare soluzioni tra di loro incompatibili ove le cause fossero trattate separatamente».

8.        L’articolo 34 del medesimo regolamento così prevede:

«Le decisioni non sono riconosciute:

1)      se il riconoscimento è manifestamente contrario all’ordine pubblico dello Stato membro richiesto;

(…)

3)      se sono in contrasto con una decisione emessa tra le medesime parti nello Stato membro richiesto;

4)      se sono in contrasto con una decisione emessa precedentemente tra le medesime parti in un altro Stato membro o in un paese terzo, in una controversia avente il medesimo oggetto e il medesimo titolo, allorché tale decisione presenta le condizioni necessarie per essere riconosciuta nello Stato membro richiesto».

9.        L’articolo 35 del regolamento n. 44/2001 enuncia quanto segue:

«1.      Parimenti, le decisioni non sono riconosciute se le disposizioni delle sezioni 3, 4, e 6 del capo II sono state violate, oltreché nel caso contemplato dall’articolo 72.

2.      Nell’accertamento delle competenze di cui al paragrafo 1, l’autorità richiesta è vincolata dalle constatazioni di fatto sulle quali il giudice dello Stato membro d’origine ha fondato la propria competenza.

3.      Salva l’applicazione delle disposizioni del paragrafo 1, non si può procedere al controllo della competenza dei giudici dello Stato membro d’origine. Le norme sulla competenza non riguardano l’ordine pubblico contemplato dall’articolo 34, punto 1».

2.      Regolamento n. 2201/2003

10.      I considerando 11, 12, 21 e 33 del regolamento n. 2201/2003 così recitano:

«(11)      Le obbligazioni alimentari sono escluse dal campo di applicazione del presente regolamento in quanto sono già disciplinate dal regolamento (…) n. 44/2001. I giudici competenti ai sensi del presente regolamento saranno in genere competenti a statuire in materia di obbligazioni alimentari in applicazione dell’articolo 5, [punto] 2, del regolamento (…) n. 44/2001.

(12)      È opportuno che le regole di competenza in materia di responsabilità genitoriale accolte nel presente regolamento si informino all’interesse superiore del minore e in particolare al criterio di vicinanza. Ciò significa che la competenza giurisdizionale appartiene anzitutto ai giudici dello Stato membro in cui il minore risiede abitualmente, salvo ove si verifichi un cambiamento della sua residenza o in caso di accordo fra i titolari della responsabilità genitoriale.

(…)

(21)      Il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni rese in uno Stato membro dovrebbero fondarsi sul principio della fiducia reciproca e i motivi di non riconoscimento dovrebbero essere limitati al minimo indispensabile.

(…)

(33)      Il presente regolamento riconosce i diritti fondamentali e osserva i principi sanciti in particolare dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. In particolare, mira a garantire il pieno rispetto dei diritti fondamentali del bambino quali riconosciuti dall’articolo 24 della Carta dei diritti fondamentali (…)».

11.      L’articolo 12 di tale regolamento, rubricato «Proroga della competenza», ai paragrafi 1 e 2 così dispone:

«1.      Le autorità giurisdizionali dello Stato membro in cui viene esercitata, ai sensi dell’articolo 3, la competenza a decidere sulle domande di divorzio, separazione personale dei coniugi o annullamento del matrimonio sono competenti per le domande relative alla responsabilità dei genitori che si ricollegano a tali domande se:

a)      almeno uno dei coniugi esercita la responsabilità genitoriale sul figlio;

e

b)      la competenza giurisdizionale di tali autorità giurisdizionali è stata accettata espressamente o in qualsiasi altro modo univoco dai coniugi e dai titolari della responsabilità genitoriale alla data in cui le autorità giurisdizionali sono adite, ed è conforme all’interesse superiore del minore.

2.      La competenza esercitata conformemente al paragrafo 1 cessa non appena:

a)      la decisione che accoglie o respinge la domanda di divorzio, separazione personale o annullamento del matrimonio sia passata in giudicato;

o

b)      nei casi in cui il procedimento relativo alla responsabilità genitoriale è ancora pendente alla data di cui alla lettera a), la decisione relativa a tale procedimento sia passata in giudicato;

o

c)      il procedimento di cui alle lettere a) e b) sia terminato per un’altra ragione».

12.      L’articolo 17 di detto regolamento, rubricato «Verifica della competenza», dispone quanto segue:

«L’autorità giurisdizionale di uno Stato membro, investita di una controversia per la quale il presente regolamento non prevede la sua competenza e per la quale, in base al presente regolamento, è competente un’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro, dichiara d’ufficio la propria incompetenza».

13.      L’articolo 19 del medesimo regolamento, rubricato «Litispendenza e connessione», così prevede:

«1.      Qualora dinanzi a autorità giurisdizionali di Stati membri diverse e tra le stesse parti siano state proposte domande di divorzio, separazione personale dei coniugi e annullamento del matrimonio, l’autorità giurisdizionale successivamente adita sospende d’ufficio il procedimento finché non sia stata accertata la competenza dall’autorità giurisdizionale preventivamente adita.

2.      Qualora dinanzi a autorità giurisdizionali di Stati membri diversi siano state proposte domande sulla responsabilità genitoriale su uno stesso minore, aventi il medesimo oggetto e il medesimo titolo, l’autorità giurisdizionale successivamente adita sospende d’ufficio il procedimento finché non sia stata accertata la competenza dell’autorità giurisdizionale preventivamente adita.

3.      Quando la competenza dell’autorità giurisdizionale preventivamente adita è stata accertata, l’autorità giurisdizionale successivamente adita dichiara la propria incompetenza a favore dell’autorità giurisdizionale preventivamente adita.

In tal caso la parte che ha proposto la domanda davanti all’autorità giurisdizionale successivamente adita può promuovere l’azione dinanzi all’autorità giurisdizionale preventivamente adita».

14.      L’articolo 21 del regolamento n. 2201/2003, rubricato «Riconoscimento delle decisioni», ai paragrafi 1 e 4 così recita:

«1.      Le decisioni pronunciate in uno Stato membro sono riconosciute negli altri Stati membri senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento.

(…)

4.      Se il riconoscimento di una decisione è richiesto in via incidentale dinanzi ad una autorità giurisdizionale di uno Stato membro, questa può decidere al riguardo».

15.      L’articolo 22 di tale regolamento, rubricato «Motivi di non riconoscimento delle decisioni di divorzio, separazione personale o annullamento del matrimonio», dispone quanto segue:

«La decisione di divorzio, separazione personale o annullamento del matrimonio non è riconosciuta nei casi seguenti:

a)      se il riconoscimento è manifestamente contrario all’ordine pubblico dello Stato membro richiesto;

(…)

c)      se la decisione è incompatibile con una decisione resa in un procedimento tra le medesime parti nello Stato membro richiesto;

(…)».

16.      L’articolo 23 di detto regolamento, rubricato «Motivi di non riconoscimento delle decisioni relative alla responsabilità genitoriale», è formulato nei termini seguenti:

«Le decisioni relative alla responsabilità genitoriale non sono riconosciute nei casi seguenti:

a)      se, tenuto conto dell’interesse superiore del minore, il riconoscimento è manifestamente contrario all’ordine pubblico dello Stato membro richiesto;

(…)

e)      se la decisione è incompatibile con una decisione successiva sulla responsabilità genitoriale emessa nello Stato membro richiesto;

(…)».

17.      L’articolo 24 del medesimo regolamento, rubricato «Divieto di riesame della competenza giurisdizionale dell’autorità giurisdizionale d’origine», così dispone:

«Non si può procedere al riesame della competenza giurisdizionale del giudice dello Stato membro d’origine. Il criterio dell’ordine pubblico di cui agli articoli 22, lettera a), e 23, lettera a), non può essere applicato alle norme sulla competenza di cui agli articoli da 3 a 14».

B.      Diritto italiano

18.      L’articolo 150 del Codice civile, rubricato «Separazione personale», dispone:

«È ammessa la separazione personale dei coniugi.

La separazione può essere giudiziale o consensuale.

Il diritto di chiedere la separazione giudiziale o l’omologazione di quella consensuale spetta esclusivamente ai coniugi».

19.      L’articolo 151 del Codice civile, rubricato «Separazione giudiziale», prevede quanto segue:

«La separazione può essere chiesta quando si verificano, anche indipendentemente dalla volontà di uno o di entrambi i coniugi, fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio alla educazione della prole.

Il giudice, pronunziando la separazione, dichiara, ove ne ricorrano le circostanze e ne sia richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione, in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio».

20.      Il giudice del rinvio precisa che, ai fini dello scioglimento definitivo del vincolo matrimoniale (divorzio), la norma applicabile, ratione temporis, è l’articolo 3, primo comma, punto 2, lettera b), della legge del 1o dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio) (6), del seguente testuale tenore:

«Lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio può essere domandato da uno dei coniugi:

(…)

2)      nei casi in cui:

(…)

b)      è stata pronunciata con sentenza passata in giudicato la separazione giudiziale fra i coniugi, ovvero è stata omologata la separazione consensuale ovvero è intervenuta separazione di fatto quando la separazione di fatto stessa è iniziata almeno due anni prima del 18 dicembre 1970. In tutti i predetti casi, per la proposizione della domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, le separazioni devono essersi protratte ininterrottamente da almeno tre anni a far tempo dalla avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale anche quando il giudizio contenzioso si sia trasformato in consensuale».

21.      Il giudice del rinvio aggiunge che la responsabilità genitoriale e l’obbligo di mantenimento del figlio minore sono regolati in modo identico nella separazione e nel divorzio dagli articoli da 337 bis a 337 octies del Codice civile.

II.    Fatti del procedimento principale e questioni pregiudiziali

22.      Il sig. Liberato e la sig.ra Grigorescu hanno contratto matrimonio a Roma (Italia) il 22 ottobre 2005 e hanno convissuto in tale Stato membro fino alla nascita del figlio, avvenuta il 20 febbraio 2006. Il rapporto coniugale si è man mano deteriorato e la madre ha portato con sé il figlio minore in Romania, senza più tornare presso la residenza familiare in Italia (7).

23.      Con ricorso del 22 maggio 2007 al Tribunale di Teramo (Italia), il sig. Liberato ha chiesto la separazione personale e l’affidamento a sé del figlio. La sig.ra Grigorescu si è costituita in giudizio chiedendo la separazione con addebito al marito, l’affidamento esclusivo del figlio e un contributo al mantenimento di quest’ultimo a carico del padre.

24.      Con sentenza del 19 gennaio 2012 (8) il Tribunale di Teramo ha pronunciato la separazione personale dei coniugi, addebitandola alla sig.ra Grigorescu, e, con separata ordinanza, ha rimesso la causa in istruttoria per decidere sulle contrapposte domande delle parti concernenti l’esercizio della responsabilità genitoriale.

25.      In pendenza del giudizio relativo alla responsabilità genitoriale instaurato in Italia, la sig.ra Grigorescu, il 30 settembre 2009, ha adito la Judecătoria București (Tribunale di primo grado di Bucarest) chiedendo il divorzio, l’affidamento esclusivo del figlio e un contributo al mantenimento del figlio a carico del padre a titolo di mantenimento della prole.

26.      Nell’ambito di tale procedimento in contraddittorio avviato nei confronti del sig. Liberato, quest’ultimo ha preliminarmente eccepito la litispendenza in ragione del fatto che il giudizio di separazione era stato precedentemente avviato in Italia. Nondimeno, con sentenza del 31 maggio 2010, la Judecătoria București (Tribunale di primo grado di Bucarest) ha dichiarato lo scioglimento del matrimonio, ha affidato il figlio alla madre e ha disciplinato il diritto di visita del padre, fissando inoltre l’importo dell’assegno di mantenimento che quest’ultimo doveva corrispondere al figlio.

27.      Tale sentenza è passata in giudicato a seguito di una sentenza della Curtea de Apel București (Corte d’appello di Bucarest) del 12 giugno 2013, che ha confermato la pronuncia del Tribunalul București (Tribunale superiore di Bucarest, Romania) del 3 dicembre 2012 che aveva respinto l’impugnazione proposta dal sig. Liberato avverso la sentenza del 31 maggio 2010.

28.      Successivamente, con sentenza dell’8 luglio 2013 del Tribunale di Teramo si è concluso il giudizio di separazione in Italia. Detto giudice ha affidato in modo esclusivo al padre il figlio minore e ne ha ordinato l’immediato ritorno in Italia. Detto giudice ha inoltre disciplinato il diritto di visita della madre in Italia, sotto il controllo dei servizi sociali e del pubblico ministero, e ha stabilito a suo carico un contributo per il mantenimento del figlio.

29.      Il Tribunale di Teramo ha respinto la domanda con cui la sig.ra Grigorescu aveva chiesto, in via incidentale, il riconoscimento in Italia della sentenza di divorzio emessa dal Tribunalul București (Tribunale superiore di Bucarest) il 3 dicembre 2012, in forza del regolamento n. 2201/2003. Il Tribunale di Teramo ha rilevato che il procedimento di divorzio era iniziato in Romania nel 2009, successivamente a quello di separazione personale promosso in Italia nel 2007 e che il Tribunalul București (Tribunale superiore di Bucarest) aveva violato l’articolo 19 del regolamento n. 2201/2003, omettendo di sospendere il giudizio.

30.      La sig.ra Grigorescu ha proposto appello avverso tale sentenza, chiedendo preliminarmente il riconoscimento in via incidentale della sentenza della Curtea de Apel București (Corte d’appello di Bucarest) del 12 giugno 2013, che aveva respinto l’eccezione di litispendenza in quanto, secondo il giudice del rinvio, tra i due giudizi non sussisteva identità di oggetto alla luce del diritto processuale rumeno (9). Con sentenza del 31 marzo 2014 la Corte d’appello di L’Aquila (Italia) ha riformato la sentenza resa in primo grado e ha accolto l’eccezione relativa al giudicato formatosi sulla pronuncia di divorzio dei giudici rumeni, avente ad oggetto anche l’affidamento del figlio e il contributo al suo mantenimento. Detto giudice ha osservato che la violazione della disciplina della litispendenza nel diritto dell’Unione da parte degli organi giudiziari successivamente aditi, ossia i giudici rumeni, non «rileva» ai fini dell’esame dei requisiti per il riconoscimento dei provvedimenti definitivi assunti dalla Romania e che i provvedimenti rumeni non sono incompatibili con quelli assunti in Italia, concludendo che non sussiste alcun motivo, in particolare di ordine pubblico, ostativo al riconoscimento del provvedimento rumeno.

31.      Il sig. Liberato ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza della Corte d’appello di L’Aquila.

32.      La Corte suprema di cassazione (Italia), giudice del rinvio, indica che la decisione resa in Romania riguarda il vincolo matrimoniale, la responsabilità genitoriale e gli obblighi alimentari. Nel giudizio di separazione personale promosso in Italia erano state proposte le medesime domande, salva la non identità della domanda relativa al vincolo matrimoniale, in conseguenza della necessità di far precedere al divorzio l’accertamento delle condizioni stabilite dalla legge per la separazione personale tra i coniugi nell’ordinamento italiano.

33.      Detto giudice rileva, anzitutto, che non ricorre alcun motivo ai sensi degli articoli 22, lettera c), del regolamento n. 2201/2003 e dell’articolo 23, lettera e), di tale regolamento, o dell’articolo 34, paragrafo 4, del regolamento n. 44/2001, ostativo al riconoscimento della decisione rumena per quanto riguarda, rispettivamente, lo status coniugale, la responsabilità genitoriale e le obbligazioni alimentari.

34.      Secondo tale giudice, occorre poi esaminare se le disposizioni applicabili relative alla litispendenza nel diritto dell’Unione, vale a dire l’articolo 19 del regolamento n. 2201/2003 e l’articolo 27 del regolamento n. 44/2001, siano state violate dai giudici dello Stato membro nel quale è stata resa la decisione di cui viene chiesto il riconoscimento e, qualora siano state violate entrambe, se tale violazione possa costituire motivo ostativo al riconoscimento sotto il profilo della sua manifesta contrarietà all’ordine pubblico.

35.      Il giudice del rinvio sottolinea che, nel diritto dell’Unione, la litispendenza è espressione del principio cardine del sistema di fiducia e cooperazione che è alla base della circolazione delle pronunce giurisdizionali all’interno degli Stati membri. La litispendenza si fonda su tre principi, vale a dire l’autonomia di tale nozione, il divieto di controllo, per il giudice successivamente adito, della competenza del giudice preventivamente adito e la priorità temporale di quest’ultimo, vincolante per il giudice successivamente adito.

36.      Il giudice del rinvio rileva che l’eccezione di litispendenza sollevata dal sig. Liberato in ogni fase del procedimento rumeno, e in particolare dinanzi alla Curtea de Apel București (Corte d’appello di Bucarest), è stata disattesa sul fondamento della perfetta identità del titolo, dell’oggetto e delle parti, in applicazione, da un lato, della norma processuale nazionale rumena sulla litispendenza e, dall’altro, della nozione di «litispendenza» di diritto dell’Unione, quale figura all’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003. Esso ne deduce che i giudici rumeni hanno trascurato il testo dell’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003, che pone sullo stesso piano le domande di separazione, divorzio ed annullamento del matrimonio e non richiede, perciò, l’identità di titolo e di oggetto.

37.      Per quanto riguarda la decisione sull’obbligo alimentare nei confronti del minore, il giudice del rinvio rileva che essa è subordinata causalmente alla decisione sulla responsabilità genitoriale e da questa non può essere separata né logicamente né giuridicamente, essendo dipendente dalla decisione principale. Esso ritiene che ricorrano le condizioni di cui all’articolo 28 del regolamento n. 44/2001, lette alla luce dell’articolo 3 del regolamento (CE) n. 4/2009 del Consiglio, del 18 dicembre 2008, relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari (10), sebbene tale disposizione non sia direttamente applicabile (11).

38.      Secondo il giudice del rinvio, la decisione definitiva rumena di cui si chiede il riconoscimento è stata emessa da un organo giurisdizionale privo del potere di giudicare su quella controversia, perché successivamente adito.

39.      Il giudice del rinvio osserva che tale violazione riguarda non soltanto l’applicazione di un criterio attributivo della competenza giurisdizionale tra due Stati membri, ma anche – tenuto conto della funzione della litispendenza nel sistema di automatico riconoscimento ed esecuzione delle pronunce giurisdizionali degli Stati membri – l’attuazione di un principio di ordine pubblico processuale di diritto dell’Unione, consistente nella legittima circolazione delle decisioni giurisdizionali nell’ambito dell’Unione. Il principio di prevenzione, alla base della regola processuale del rilievo della litispendenza, assume un rilievo preminente nell’ambito del diritto processuale dell’Unione, perché ha la funzione di evitare iniziative giudiziarie volte soltanto a contrastare l’esito di processi dei quali non si condividono le decisioni di merito già assunte dal giudice competente preventivamente adito, del quale, nel caso di specie, si è accettata incontestatamente la giurisdizione.

40.      Il giudice del rinvio osserva inoltre che l’articolo 24 del regolamento n. 2201/2003, che vieta il controllo della competenza del giudice di origine, richiama le regole sulla competenza di cui agli articoli da 3 a 14 di detto regolamento, e non il successivo articolo 19.

41.      In tale contesto, la Corte suprema di cassazione ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se la violazione delle regole sulla litispendenza, contenute nei paragrafi 2 e 3 dell’art. 19 del Regolamento n. 2201 del 2003, incida esclusivamente sulla determinazione della competenza giurisdizionale, con conseguente applicazione dell’art. 24 del Regolamento CE n. 2201 del 2003, o, al contrario, possa costituire motivo ostativo al riconoscimento nello Stato membro, la cui autorità giurisdizionale sia stata preventivamente adita, della pronuncia assunta nello Stato membro, la cui autorità giurisdizionale sia stata successivamente adita, sotto il profilo dell’ordine pubblico processuale, tenuto conto che l’art. 24 del Regolamento CE n. 2201 del 2003 richiama soltanto le regole determinative della competenza giurisdizionale contenute negli artt. da 3 a 14, e non il successivo art. 19.

2)      Se l’interpretazione dell’art. 19 del Regolamento n. 2201 del 2003, inteso solo come criterio determinativo della competenza giurisdizionale, contrasti con la nozione eurounitaria della litispendenza nonché con la funzione e con la finalità della norma, volta a dettare un insieme di regole inderogabili, di ordine pubblico processuale, a garanzia della creazione di uno spazio comune caratterizzato dalla fiducia e dalla lealtà processuale reciproca tra gli Stati membri, all’interno del quale possa operare il riconoscimento automatico e la libera circolazione di decisioni».

III. Analisi

42.      Al fine di accertare le conseguenze derivanti dall’inosservanza delle norme sulla litispendenza, nelle circostanze del procedimento principale, occorre anzitutto individuare con precisione tutte le disposizioni da interpretare nonché le condizioni di attuazione del meccanismo della litispendenza.

A.      Osservazioni preliminari

1.      Sulla riformulazione delle questioni pregiudiziali

43.      Va rilevato che il giudice del rinvio solleva le proprie questioni unicamente in riferimento al regolamento n. 2201/2003, sebbene dalla decisione di rinvio emerga che il procedimento principale verte non solo sulla responsabilità genitoriale, ma anche sulle obbligazioni alimentari, che non sono coperte da tale regolamento (12).

44.      Conseguentemente, occorre riformulare le questioni poste facendo riferimento all’articolo 5, punto 2, del regolamento n. 44/2001, applicabile in quanto le azioni sono state avviate prima del 18 giugno 2011 (13).

45.      Si deve inoltre considerare che, con le sue due questioni pregiudiziali, che è opportuno esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede in sostanza se l’articolo 35, paragrafo 3, del regolamento n. 44/2001 e l’articolo 24 del regolamento n. 2201/2003 possano essere interpretati nel senso che non ostano a che la violazione delle regole sulla litispendenza, enunciate all’articolo 27 del regolamento n. 44/2001 e all’articolo 19 del regolamento n. 2201/2003, da parte dell’autorità giurisdizionale successivamente adita possa costituire un motivo di non riconoscimento della decisione resa da quest’ultima, fondato sulla contrarietà all’ordine pubblico dello Stato membro richiesto comprendente norme processuali considerate essenziali nell’ordinamento giuridico dell’Unione.

2.      Sull’identità del meccanismo previsto dai regolamenti n. 44/2001 e n. 2201/2003 in caso di litispendenza

46.      I due regolamenti suddetti impongono al giudice successivamente adito di dichiararsi incompetente in caso di litispendenza (14). La Corte ha constatato che «l’articolo 19 del regolamento n. 2201/2003 [(15)] è redatto in termini simili a quelli utilizzati all’articolo 27 del regolamento n. 44/2001, il quale ha sostituito l’articolo 21 della Convenzione [(16)], e attua un meccanismo equivalente a quello previsto da questi ultimi due articoli per decidere situazioni di litispendenza. Si deve, di conseguenza, tener conto delle considerazioni della Corte relative a questi ultimi» (17).

3.      Sul meccanismo istituito in caso di litispendenza e sua finalità

47.      Come la Corte ha già sottolineato, in relazione al regolamento n. 2201/2003, «il legislatore dell’Unione ha inteso attuare un meccanismo chiaro ed efficace per risolvere le ipotesi di litispendenza (v. per analogia, per quanto riguarda il regolamento n. 44/2001, sentenza Cartier parfums‑lunettes e Axa Corporate Solutions assurances, C‑1/13, EU:C:2014:109, punto 40)» (18).

48.      Tale meccanismo, che «si basa sull’ordine cronologico in cui sono state adite le autorità giurisdizionali» (19), consiste nella sospensione d’ufficio del procedimento, da parte dell’autorità giurisdizionale successivamente adita, finché non sia stata accertata la competenza dell’autorità giurisdizionale preventivamente adita.

49.      La Corte ha precisato che, «affinché la competenza dell’autorità giurisdizionale preventivamente adita sia accertata ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, [del] regolamento [n. 2201/2003], è sufficiente che l’autorità giurisdizionale preventivamente adita non abbia declinato d’ufficio la propria competenza e che nessuna delle parti non l’abbia contestata anteriormente o fino al momento della presa di posizione considerata dal suo diritto nazionale come il primo atto difensivo nel merito presentato dinanzi a tale autorità giurisdizionale (v., per analogia, sentenza Cartier parfums‑lunettes e Axa Corporate Solutions assurances, C‑1/13, EU:C:2014:109, punto 44)» (20).

50.      Più in particolare, come ha rilevato la Corte, «[s]econdo quanto prevede la normativa nazionale, il giudice adito successivamente può, quando le due controversie oppongono le medesime parti, informarsi presso la parte che solleva l’eccezione di litispendenza circa l’esistenza della controversia allegata e il contenuto della domanda. Peraltro, in considerazione del fatto che il regolamento n. 2201/2003 è fondato sulla cooperazione e la fiducia reciproca tra le giurisdizioni, tale giudice può avvertire quello adito per primo che è stata introdotta una domanda dinanzi a sé, richiamare la sua attenzione sull’eventualità di una litispendenza, invitarlo a comunicargli le informazioni relative alla domanda al suo cospetto e a prendere posizione sulla sua competenza ai sensi del regolamento n. 2201/2003 ovvero a comunicargli ogni decisione già adottata al riguardo. Infine, il giudice adito successivamente potrebbe rivolgersi all’autorità centrale del suo Stato membro» (21).

51.      Il carattere imperativo delle norme sulla litispendenza enunciate all’articolo 19 del regolamento n. 2201/2003 (22) è giustificato dalla loro finalità. La Corte ha rilevato che «tali norme sono dirette a evitare procedimenti paralleli dinanzi alle autorità giurisdizionali di Stati membri diversi e l’incompatibilità delle decisioni che potrebbe risultarne» (23).

52.      Esse concorrono all’attuazione del principio del riconoscimento di pieno diritto delle decisioni rese negli Stati membri, che si fonda sul principio della fiducia reciproca.

4.      Sulle condizioni della litispendenza e loro applicazione alla controversia principale

53.      Secondo una costante giurisprudenza della Corte, le nozioni utilizzate per definire la situazione di litispendenza, in particolare nei regolamenti n. 44/2001 e n. 2201/2003, devono essere considerate autonome.

54.      Così, in materia di responsabilità genitoriale, la Corte ha espressamente ricordato tale principio richiamandosi agli obiettivi perseguiti dal regolamento n. 2201/2003 e al «fatto che il testo del suo art[icolo] 19, [paragrafo] 2, invece di riferirsi al termine “litispendenza”, quale utilizzato nei diversi ordinamenti giuridici nazionali degli Stati membri, enumera diversi presupposti sostanziali come elementi di una definizione» (24).

55.      In materia di domande relative al vincolo matrimoniale, dall’articolo 19, paragrafo 2, del regolamento n. 2201/2003 risulta che, rispetto al paragrafo 2 dello stesso articolo, l’unica condizione da esaminare, al fine di accertare l’esistenza di un procedimento concorrente, riguarda le parti. La Corte ha avuto occasione di affermarlo espressamente nella sentenza del 6 ottobre 2015, A (25). Ha infatti dichiarato che «può esservi una situazione di litispendenza quando dinanzi a due autorità giurisdizionali di Stati membri diversi sono instaurati (…) un procedimento di separazione personale dinanzi a una di esse e un procedimento di divorzio dinanzi all’altra, o quando dinanzi a entrambe è presentata domanda di divorzio» (26).

56.      Se, nel corso del procedimento relativo al vincolo matrimoniale, vengono proposte domande concernenti la responsabilità genitoriale, si applicano le norme sulla litispendenza relative alla separazione (27).

57.      Lo stesso vale in materia di alimenti quando la domanda sia «accessoria [all’]azione relativa allo stato delle persone», conformemente all’articolo 5, punto 2, del regolamento n. 44/2001.

58.      Dopo la pronuncia del divorzio, fatta salva l’applicazione dell’articolo 12, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 2201/2003, in materia di responsabilità genitoriale è richiesta l’identità dell’oggetto e del titolo, ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 2, di tale regolamento (28). Per quanto riguarda la domanda relativa all’obbligo alimentare, le norme sulla litispendenza enunciate all’articolo 27 del regolamento n. 44/2001, applicabili nel caso di specie, impongono di verificare l’identità dell’oggetto, del titolo e delle parti.

59.      Inoltre, si deve osservare che la priorità attribuita all’autorità giurisdizionale preventivamente adita perdura finché la medesima non declini la propria competenza, dopo averla obbligatoriamente verificata, in conformità con l’articolo 17 del regolamento n. 2201/2003 (29), in ogni fase del procedimento (30).

60.      Così, nel procedimento principale, dopo l’instaurazione del giudizio dinanzi al giudice rumeno, il meccanismo previsto in caso di litispendenza doveva essere attuato da quest’ultimo sia per la decisione sulla separazione sia per le sue conseguenze sul minore, residente in Romania, per effetto dalla proroga di competenza dell’autorità giurisdizionale italiana (31).

61.      Orbene, dalla sentenza della Curtea de Apel București (Corte d’appello di Bucarest) del 12 giugno 2013 risulta che il giudice rumeno, respingendo l’eccezione di litispendenza, dedotta dal sig. Liberato, fondata sulle domande relative al vincolo matrimoniale, ha applicato erroneamente il diritto dell’Unione (32). Infatti, detto giudice ha anzitutto fatto riferimento al diritto nazionale rumeno che stabilisce le condizioni della litispendenza e del giudicato e ha poi considerato che «[d]al modo in cui è stato redatto l’articolo 19 del [r]egolamento [n. 2201/2003], dove sono elencate distintamente le tre ipotesi nelle quali si può avere litispendenza, ossia “domande di divorzio, separazione personale dei coniugi e annullamento del matrimonio proposte tra le stesse parti” si evince chiaramente che le due possibili domande concorrenti devono avere in comune solo uno di questi tre oggetti e non due oggetti distinti tra quelli indicati a titolo esaustivo ed espressamente nel testo. (…) [N]ella fattispecie, le due domande hanno ciascuna un oggetto distinto tra [i tre] elencati, ossia in Italia la separazione ed in Romania il divorzio, essendo perciò esclusa l’applicazione dell’articolo 19 del [r]egolamento [n. 2201/2003]. Così come è stato giustamente ritenuto nel giudizio di appello, l’ordinamento r[u]meno non conosce l’istituto della separazione. Perciò, è ovvio che non possa sussistere “identità” con una tale domanda in un altro [S]tato. Anche se questo istituto fosse conosciuto, si potrebbe notare d’altro conto che tra divorzio e separazione non sussist[e] identità».

62.      Inoltre, va osservato che l’eccezione di litispendenza dedotta dal sig. Liberato in tutte le fasi del procedimento si fondava su tale proroga di competenza connessa alla domanda di separazione personale, e non sulle norme applicabili in materia di responsabilità genitoriale o di alimenti.

63.      A tale proposito, si può rilevare che, dopo la pronuncia della decisione relativa al vincolo matrimoniale del 19 gennaio 2012 da parte del giudice italiano (33), risulta molto più difficile esaminare la questione della litispendenza (34). Infatti, essa ha potuto ancora porsi in materia di responsabilità genitoriale unicamente in ragione della verifica con esito positivo da parte di detto giudice della propria competenza. Quest’ultima potrebbe risultare, secondo me, soltanto dall’interpretazione delle disposizioni dell’articolo 12, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 2201/2003 (35), che deve essere combinata, a mio avviso, con il perseguimento dell’interesse superiore del minore che aveva giustificato, con il consenso della madre, la proroga di competenza all’inizio del procedimento (36).

64.      Atteso che devono ricorrere tali condizioni affinché possa giustificarsi la competenza del giudice italiano a statuire, in via incidentale, sul riconoscimento della decisione rumena che ha posto fine alla litispendenza, spetta al giudice del rinvio assicurarsi che dette condizioni siano state verificate (37).

65.      Alla luce di tutte le suesposte considerazioni occorre ora precisare quali conseguenze si debbano trarre dal mancato rispetto delle norme sulla litispendenza, tenuto conto delle circostanze del procedimento principale.

B.      Le conseguenze derivanti dal mancato rispetto delle norme sulla litispendenza

66.      Occorre rammentare anzitutto le specifiche circostanze del procedimento principale. Infatti, il giudice preventivamente adito, dinanzi al quale restano pendenti le medesime domande tra le stesse parti (38), deve statuire su una domanda incidentale di riconoscimento della decisione definitiva resa dal giudice successivamente adito.

67.      Di conseguenza, per questo solo motivo, la decisione della Corte nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 22 dicembre 2010, Mercredi (39), secondo la quale, in caso di litispendenza, una decisione in materia di responsabilità genitoriale resa da un giudice successivamente adito, in violazione dell’obbligo di sospensione del procedimento (40), «sarebb[e] irrilevant[e]» ai fini della decisione che deve essere emanata dal giudice preventivamente adito (41), non può essere trasposta al procedimento principale, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione europea. La Corte ha infatti rilevato, al punto 67 della succitata sentenza del 22 dicembre 2010, Mercredi (42), che la decisione controversa resa dal giudice successivamente adito non era definitiva. Per di più, l’incertezza sulla residenza del minore e il nesso con il procedimento diretto ad ottenerne il ritorno giustificano parimenti la soluzione particolare adottata in quella causa.

68.      Pertanto, nel procedimento principale, la questione della violazione delle norme sulla litispendenza deve essere esaminata alla luce dei motivi di non riconoscimento enunciati dai regolamenti n. 2201/2003 e n. 44/2001.

69.      Nell’ambito del procedimento pendente che non verte più sulla separazione (43), il giudice del rinvio ha correttamente ritenuto che, tra i motivi di non riconoscimento previsti dal regolamento n. 2201/2003, solo il criterio della manifesta contrarietà all’ordine pubblico dello Stato membro al quale si chiede il riconoscimento della decisione resa in materia di responsabilità genitoriale (44), che figura all’articolo 23, lettera a), del regolamento n. 2201/2003, debba essere analizzato in combinato disposto con l’articolo 24 di detto regolamento. Infatti, quest’ultima disposizione esclude l’applicazione del criterio dell’ordine pubblico alle norme sulla competenza di cui agli articoli da 3 a 14 del medesimo regolamento.

70.      La Corte ha già esaminato una questione analoga nella sentenza P.

71.      Mi sembra che la differenza tra le circostanze in discussione in detta causa (45) e quelle del procedimento principale non sia dirimente, dato che la decisione della Corte, da un lato, riguarda l’articolazione tra le norme relative alla competenza o al coordinamento di procedimenti paralleli e quelle che consentono di negare il riconoscimento delle decisioni rese in uno Stato membro e, dall’altro, si fonda su principi generali tratti in modo quasi identico dalla sentenza del 16 luglio 2015, Diageo Brands (46).

72.      Nella sentenza P, la Corte ha sottolineato la sua volontà di adottare la medesima concezione restrittiva dei motivi che consentono di opporsi al riconoscimento di una decisione, richiamandosi a quella adottata in caso di applicazione del regolamento n. 44/2001, il che consente, opportunamente per la causa principale, in ragione dei due regolamenti applicabili, di ritenere che detta decisione debba costituire la base della risposta alle questioni pregiudiziali sollevate dal giudice del rinvio.

73.      La Corte ha ricordato, da un lato, che, «conformemente al considerando 21 [del] regolamento [n. 2201/2003], quest’ultimo è fondato sul concetto secondo cui il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni rese in uno Stato membro dovrebbero fondarsi sul principio della fiducia reciproca e i motivi di non riconoscimento dovrebbero essere limitati al minimo indispensabile» (47) e, dall’altro, che, «[i]n tale sistema, l’articolo 23 del regolamento n. 2201/2003, che enuncia i motivi che possono essere opposti al riconoscimento di una decisione relativa alla responsabilità genitoriale, deve essere oggetto di un’interpretazione restrittiva poiché costituisce un ostacolo alla realizzazione di uno degli obiettivi fondamentali di tale regolamento» (48).

74.      Detti obiettivi e principi giustificano il fatto che il legislatore dell’Unione enunci, all’articolo 24 del regolamento n. 2201/2003, un divieto di riesame della competenza dell’autorità giurisdizionale dello Stato membro (49) e «precis[i] esplicitamente che l’articolo 23, lettera a), del medesimo regolamento non può essere utilizzato per procedere ad un tale riesame» (50) in relazione agli articoli da 3 a 14 di tale regolamento (51). Tale regola di base, alla quale non è possibile derogare né direttamente né indirettamente, risulta parimenti dall’armonizzazione delle norme sulla competenza e dalla presunzione di regolarità della verifica delle stesse operata da qualsiasi giudice nel momento in cui viene adito.

75.      Per tutti questi motivi, nella sentenza P la Corte ha esteso all’articolo 15 del regolamento n. 2201/2003 il divieto di applicazione del criterio concernente la contrarietà all’ordine pubblico dello Stato membro richiesto (52).

76.      Tuttavia, sebbene l’articolo 19 di tale regolamento figuri, al pari del suddetto articolo 15, nel capo II del medesimo regolamento, intitolato «Competenza», esso non integra le specifiche disposizioni attributive di competenza contenute nelle sezioni l e 2, essendo collocato nella sezione 3, relativa alle «[d]isposizioni comuni».

77.      Cionondimeno, ritengo che occorra trasporre la soluzione adottata nella sentenza P. Infatti, allorché il giudice preventivamente adito, statuendo su una domanda incidentale di riconoscimento, verifica se le norme sulla litispendenza siano state applicate correttamente dal giudice successivamente adito e, pertanto, i motivi per i quali esso non ha declinato la sua competenza, il giudice preventivamente adito riesamina la verifica compiuta dal secondo giudice in ordine alla propria competenza. Orbene, l’articolo 24 del regolamento n. 2201/2003 glielo vieta.

78.      Per di più, tenuto conto delle condizioni di attuazione delle norme sulla competenza precedentemente esposte, tale riesame non può limitarsi alla verifica delle date di instaurazione dei giudizi. Conseguentemente, la valutazione della gravità del mancato rispetto di tali norme può risultare problematica anche nella fase del riconoscimento della decisione. Si può infatti ipotizzare, soprattutto in materia di responsabilità genitoriale e in caso di proroga della competenza, che, a seguito delle comunicazioni intercorse tra le autorità giurisdizionali, quella preventivamente adita declini la propria competenza segnatamente in ragione dei criteri di competenza, vale a dire la prossimità al luogo di residenza del minore e l’interesse superiore di quest’ultimo (53).

79.      Inoltre, come rilevato dalla Corte nella sentenza P, «il giudice dello Stato richiesto non può, pena rimettere in discussione la finalità del regolamento n. 2201/2003, rifiutare il riconoscimento di una decisione promanante da un altro Stato membro per il solo motivo che esso ritiene che in tale decisione il diritto nazionale o il diritto dell’Unione sia stato male applicato» (54). Mi sembra quindi difficile giustificare il fatto che la mancata risoluzione del conflitto di competenza (55) in caso di procedimenti paralleli sia trattata con maggior rigore rispetto alla mancata verifica della competenza (56), o agli errori commessi in tale occasione, che sono sottratti a qualsiasi controllo conformemente alle disposizioni dell’articolo 24 del regolamento n. 2201/2003 e di varie altre normative europee.

80.      Da tutti questi elementi deduco che, nonostante la mancanza, nell’articolo 19 del regolamento n. 2201/2003, di un rinvio espresso all’articolo 24 del medesimo regolamento, quest’ultimo deve essere interpretato nel senso che il divieto di riesaminare la competenza del giudice di origine ivi enunciato si applica del pari in caso di violazione delle norme sulla litispendenza (57).

81.      Per quanto riguarda le domande relative agli alimenti, si deve osservare che non sorge alcuna difficoltà in ragione del tenore letterale dell’articolo 35, paragrafo 3, del regolamento n. 44/2001 (58).

82.      Alla luce di tutte queste considerazioni, propongo alla Corte di dichiarare che l’articolo 35, paragrafo 3, del regolamento n. 44/2001 e l’articolo 24 del regolamento n. 2201/2003 devono essere interpretati nel senso che ostano a che la violazione delle norme sulla litispendenza, enunciate all’articolo 27 del regolamento n. 44/2001 e all’articolo 19 del regolamento n. 2201/2003, da parte dell’autorità giurisdizionale successivamente adita costituisca un motivo di non riconoscimento della decisione resa da quest’ultima, fondato sulla contrarietà all’ordine pubblico dello Stato membro richiesto.

83.      Per dovere di completezza, voglio precisare che, qualora si ammettesse l’applicabilità del criterio dell’ordine pubblico, la sentenza P stabilisce, ancora una volta, i limiti che devono essere riaffermati (59).

84.      Infatti, detta sentenza si fonda su principi enunciati a più riprese in occasione dell’interpretazione dei motivi di non riconoscimento contenuti in vari regolamenti riguardanti la libera circolazione delle decisioni giudiziarie (60), nonché sull’esigenza del legislatore dell’Unione di tenere conto dell’«interesse superiore del minore» (61), nel caso in cui venga negato il riconoscimento di una decisione resa in materia di responsabilità genitoriale, rammentando la costante possibilità di modificare le decisioni concernenti il minore.

85.      Di conseguenza, si dovrebbe dichiarare nuovamente che «l’articolo 23, lettera a), del regolamento n. 2201/2003 deve essere interpretato nel senso che, in mancanza di una violazione manifesta, tenuto conto dell’interesse superiore del minore, di una norma giuridica considerata essenziale nell’ordinamento giuridico di uno Stato membro o di un diritto riconosciuto come fondamentale in detto ordinamento giuridico, tale disposizione non consente al giudice di uno Stato membro che si ritenga competente a statuire sull’affidamento di un minore di negare il riconoscimento della decisione di un giudice di un altro Stato membro che abbia statuito sull’affidamento di tale minore» (62).

86.      Il giudice del rinvio ritiene che la violazione delle norme sulla litispendenza comporti, a motivo della loro funzione nel sistema di riconoscimento automatico delle decisioni all’interno dell’Unione, la lesione di un principio di ordine pubblico processuale che garantisce la circolazione delle decisioni.

87.      Orbene, tale qualificazione non può essere accolta, in quanto tali norme non hanno un’importanza paragonabile a quelle applicate dalla Corte per affermare che il riconoscimento della decisione violerebbe l’ordine pubblico processuale dell’Unione (63). Una valutazione siffatta deve essere coerente con i principi precedentemente esposti, vale a dire la limitazione dei motivi di non riconoscimento enunciati all’articolo 23 del regolamento n. 2201/2003, il carattere eccezionale del ricorso alla clausola di ordine pubblico e il divieto per il giudice dello Stato membro richiesto di rifiutare il riconoscimento di una decisione promanante da un altro Stato membro per il solo motivo che esso ritiene che il diritto dell’Unione sia stato male applicato.

88.      Sono perfettamente consapevole dell’impatto della mia analisi sul contesto ben noto della strumentalizzazione delle norme sulla litispendenza, incoraggiata dall’ampia gamma di criteri di competenza offerta dal regolamento n. 2201/2003, in special modo quando venga adito un giudice di uno Stato membro la cui legge non consente di chiedere direttamente il divorzio (64).

89.      Si potrebbe anche sostenere che, in ragione della portata molto ampia della soluzione, che non può rimanere confinata ai regolamenti applicabili in materia di famiglia, i pilastri del principio del riconoscimento di pieno diritto delle decisioni giudiziarie rischiano di essere gravemente minati dalla mancanza di sanzioni per la violazione di una norma imperativa contenuta in molti regolamenti europei.

90.      Tuttavia, tale timore non è giustificato, dato che detti regolamenti si fondano proprio sulla cooperazione e sulla fiducia reciproca tra i giudici degli Stati membri e che occorre applicare la medesima logica che presiede al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni rese in ogni Stato membro (65).

91.      Di conseguenza, per principio, non si può prospettare una proliferazione dei casi di mancato rispetto delle norme sulla litispendenza, tanto più che, diversamente dal giudice rumeno nel procedimento principale, i giudici degli Stati membri conoscono dal 2015 l’interpretazione dell’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003 e in futuro disporranno, grazie al procedimento principale, dell’interpretazione complementare della Corte relativa alle condizioni e modalità di attuazione delle norme sulla litispendenza nelle controversie in materia di famiglia (66).

92.      Occorre inoltre insistere sulla facoltà offerta alle autorità giurisdizionali di evitare le difficoltà inerenti ai conflitti di procedura attraverso la cooperazione giudiziaria e il dialogo tra le stesse autorità giurisdizionali, quali descritti in precedenza (67), ispirandosi anche alle disposizioni dell’articolo 29, paragrafo 2, del regolamento n. 1215/2012 e degli articoli 17 dei regolamenti 2016/1103 e 2016/1104 (68).

93.      A mio avviso inoltre, in materia di responsabilità genitoriale, tenuto conto dell’interesse superiore del minore che deve guidare qualsiasi soluzione (69), è imperativo evitare le difficoltà in ordine al riconoscimento delle decisioni. A tale proposito, nel procedimento principale, sarebbe stato opportuno consentire alla Corte di pronunciarsi in una fase più precoce (70) sulle condizioni della litispendenza. Si sarebbe potuta anche contemplare l’applicazione della procedura prevista all’articolo 15 del regolamento n. 2201/2003 su richiesta di una delle parti o su iniziativa di una delle autorità giurisdizionali (71).

94.      Peraltro, se, in circostanze eccezionali, la violazione delle norme sulla litispendenza fosse conseguenza dell’ignoranza dei regolamenti applicabili e della giurisprudenza della Corte o portasse alla violazione di diritti processuali di valore superiore, come quelli che, ad esempio, garantiscono la possibilità, al genitore presso il quale non risiede il minore, di esporre i propri argomenti (72) nonché il rispetto di termini di giudizio ragionevoli, mi sembrerebbe allora giustificato invocare il motivo di non riconoscimento fondato sull’ordine pubblico dello Stato membro richiesto contenente i diritti fondamentali riconosciuti dal diritto dell’Unione.

95.      Infine, si deve ricordare che l’opportunità di un procedimento per inadempimento può essere valutata dalla Commissione (73), in caso di errata applicazione del diritto nazionale o del diritto dell’Unione e di malfunzionamento del sistema di rimedi giurisdizionali istituito in ciascuno Stato membro, integrato dal meccanismo del rinvio pregiudiziale di cui all’articolo 267 TFUE, che deve essere attuato al fine di impedire a monte una violazione dell’ordine pubblico (74).

IV.    Conclusione

96.      Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dalla Corte suprema di cassazione (Italia) nei termini seguenti:

L’articolo 35, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, e l’articolo 24 del regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000, devono essere interpretati nel senso che ostano a che la violazione delle norme sulla litispendenza, enunciate all’articolo 27 del regolamento n. 44/2001 e all’articolo 19 del regolamento n. 2201/2003, da parte dell’autorità giurisdizionale successivamente adita costituisca un motivo di non riconoscimento della decisione resa da quest’ultima, fondato sulla contrarietà all’ordine pubblico dello Stato membro richiesto.


1      Lingua originale: il francese.


2      GU 2003, L 338, pag. 1.


3      C‑455/15 PPU, EU:C:2015:763; in prosieguo: la «sentenza P».


4      Sulla necessità di tenere conto di detto regolamento, v. paragrafi 43 e 44 delle presenti conclusioni.


5      GU 2001, L 12, pag. 1.


6      GURI n. 306 del 3 dicembre 1970, pag. 8046.


7      Nella decisione definitiva n. 1072 della Curtea de Apel București (Corte d’appello di Bucarest, Romania), 3a sezione civile per i minori e la famiglia, del 12 giugno 2013, allegata alla decisione di rinvio e prodotta dal sig. Liberato, viene precisato che «[i]l Tribunale ha ritenuto che le parti hanno contratto matrimonio in Italia, nel mese di ottobre del 2005, abitando alternativamente in Romania ed in Italia fino al mese di ottobre del 2006. Da quel momento, le parti si sono separate di fatto, la resistente abitando esclusivamente in Romania insieme al figlio nato dall’unione delle parti. Perciò, dal 2006 la resistente ha abitato esclusivamente in Romania dove ha avuto un alloggio unico, ossia il domicilio». Dal testo della decisione di rinvio risulta che non si controverte sulla liceità del trasferimento o del mancato ritorno del minore.


8      Il giudice del rinvio ha precisato che detta sentenza è passata in giudicato.


9      Per quanto riguarda i dettagli della motivazione, v. paragrafo 61 delle presenti conclusioni.


10      GU 2009, L 7, pag. 1.


11      Ai sensi dell’articolo 76, terzo paragrafo, del regolamento n. 4/2009, quest’ultimo si applica dal 18 giugno 2011.


12      La riformulazione proposta in questa sede è assimilabile a quella cui ha proceduto la Corte nella sentenza del 15 febbraio 2017, W e V (C‑499/15, EU:C:2017:118, punti da 44 a 46 e giurisprudenza citata).


13      Il Tribunale di Teramo è stato adito il 22 maggio 2007 con la domanda principale, ha rinviato l’esame delle domande che dipendono dalla decisione del 19 gennaio 2012 e ha statuito sulle medesime con decisione non definitiva dell’8 luglio 2013.


14      Si può osservare che l’obbligo di rispettare l’ordine cronologico delle azioni figura del pari nel regolamento n. 4/2009, all’articolo 12, che è più restrittivo rispetto all’articolo 19 del regolamento n. 2201/2003 in quanto richiede la triplice identità di titolo, oggetto e parti. Lo stesso vale per gli articoli 17 di altri tre regolamenti, vale a dire il regolamento (UE) n. 650/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e all’accettazione e all’esecuzione degli atti pubblici in materia di successioni e alla creazione di un certificato successorio europeo (GU 2012, L 201, pag. 107), il regolamento (UE) 2016/1103 del Consiglio, del 24 giugno 2016, che attua la cooperazione rafforzata nel settore della competenza, della legge applicabile, del riconoscimento e dell’esecuzione delle decisioni in materia di regimi patrimoniali tra coniugi (GU 2016, L 183, pag. 1), e il regolamento (UE) 2016/1104 del Consiglio, del 24 giugno 2016, che attua la cooperazione rafforzata nel settore della competenza, della legge applicabile, del riconoscimento e dell’esecuzione delle decisioni in materia di effetti patrimoniali delle unioni registrate (GU 2016, L 183, pag. 30). In questi ultimi due regolamenti si precisa che, in caso di sospensione del procedimento per litispendenza, «su istanza dell’autorità giurisdizionale investita della controversia, qualsiasi altra autorità giurisdizionale adita comunica senza indugio alla prima autorità giurisdizionale la data in cui è stata adita». L’articolo 29 del regolamento (UE) n. 1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 2012, L 351, pag. 1), è formulato in termini analoghi. Va rilevato che il meccanismo di cui all’articolo 33 di tale regolamento per i casi di litispendenza extraeuropea, che costituisce un’importante innovazione, non è comparabile.


15      Tale regolamento ha abrogato il regolamento (CE) n. 1347/2000 del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di potestà dei genitori sui figli di entrambi i coniugi (GU 2000, L 160, pag. 19). L’articolo 11, paragrafo 2, di detto regolamento prevedeva talune condizioni in deroga alla triplice identità di oggetto, titolo e parti unicamente per il divorzio.


16      Convenzione del 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 1998, C 27, pag. 1), come modificata dalle convenzioni successive relative all’adesione dei nuovi Stati membri a tale convenzione.


17      V. sentenza del 6 ottobre 2015, A (C‑489/14, EU:C:2015:654, punto 27).


18      V. sentenza del 6 ottobre 2015, A (C‑489/14, EU:C:2015:654, punto 29).


19      V. sentenza del 6 ottobre 2015, A (C‑489/14, EU:C:2015:654, punto 30).


20      V. sentenza del 6 ottobre 2015, A (C‑489/14, EU:C:2015:654, punto 34). Questa interpretazione, ispirata a quella dell’articolo 27 del regolamento n. 44/2001, vale anche per l’applicazione dell’articolo 19, paragrafo 2, del regolamento n. 2201/2003. Tale soluzione consente di risolvere i casi nei quali il giudice adito per primo non si sia espressamente pronunciato sulla propria competenza.


21      V. sentenza del 9 novembre 2010, Purrucker (C‑296/10, EU:C:2010:665, punto 81). A tale proposito, la rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale (RGECC) svolge un ruolo fondamentale nel semplificare ed accelerare la cooperazione giudiziaria in caso di applicazione di tali disposizioni in materia di litispendenza o dell’articolo 15 del regolamento n. 2201/2003.


22      Lo stesso vale per l’articolo 27 del regolamento n. 44/2001, diversamente che per le disposizioni applicabili in caso di connessione (articolo 28 di detto regolamento). Va rilevato che il regolamento n. 2201/2003, al pari del precedente regolamento n. 1347/2000, non contiene norme specifiche sulla connessione.


23      V. sentenza del 6 ottobre 2015, A (C‑489/14, EU:C:2015:654, punto 29 e giurisprudenza citata).


24      V. sentenza del 9 novembre 2010, Purrucker (C‑296/10, EU:C:2010:665, punto 66 e giurisprudenza citata).


25      C‑489/14, EU:C:2015:654. Va rilevato che detta sentenza è stata resa oltre due anni dopo la decisione definitiva del giudice rumeno controversa nel procedimento principale. Tuttavia, a quell’epoca, il carattere autonomo della nozione di «litispendenza» era già stato affermato da varie sentenze della Corte.


26      Punto 33 di detta sentenza. Questi casi sono anche definiti di quasi litispendenza» o «falsa litispendenza», espressione, quest’ultima, utilizzata da A. Borrás nella relazione esplicativa relativa alla convenzione stabilita sulla base dell’articolo K.3 del trattato sull’Unione europea concernente la competenza, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni nelle cause matrimoniali (GU 1998, C 221, pag. 27, in particolare punto 54). Tale spiegazione riguarda l’articolo 11 del regolamento n. 1347/2000, ripreso sostanzialmente all’articolo 19 del regolamento n. 2201/2003 in forma semplificata, che richiede soltanto che le domande di divorzio, annullamento del matrimonio e separazione personale dei coniugi siano proposte tra le stesse parti, a prescindere dalla loro posizione processuale.


27      V., in tal senso, Gaudemet‑Tallon, H., «Divorce – Divorce prononcé en France – Introduction – Compétence des tribunaux français – Particularités de l’instance», JurisClasseur – Droit international, LexisNexis, Parigi, marzo 2017, fascicolo 547‑10, in particolare punto 135.


28      V., per quanto riguarda l’interpretazione di tali nozioni, sentenza del 9 novembre 2010, Purrucker (C‑296/10, EU:C:2010:665, punti 67 e 68 e giurisprudenza citata). V. altresì, a titolo d’esempio, sentenza del 22 dicembre 2010, Mercredi (C‑497/10 PPU, EU:C:2010:829, punti 68 e 69).


29      Lo stesso vale quando, in applicazione dell’articolo 15 del regolamento n. 2201/2003, su iniziativa dell’una o dell’altra autorità giurisdizionale, si privilegi la competenza di quella più adatta a trattare il caso.


30      V., per quanto riguarda l’importanza di tale verifica in materia di responsabilità genitoriale e la motivazione delle decisioni su tale punto, sentenze del 15 luglio 2010, Purrucker (C‑256/09, EU:C:2010:437, punto 73 e giurisprudenza citata), e del 15 febbraio 2017, W e V (C‑499/15, EU:C:2017:118, punti 51 e 54). Per quel che concerne l’obbligo di procedere alle verifiche in ogni fase del giudizio, si potrebbe operare un ravvicinamento con la sentenza del 12 novembre 2014, L (C‑656/13, EU:C:2014:2364, punto 58 e giurisprudenza citata), nonché con la causa iq (C‑478/17), attualmente pendente, relativa alle condizioni di applicazione dell’articolo 15 del regolamento n. 2201/2003. V. conclusioni dell’avvocato generale Wathelet in detta causa (C‑478/17, EU:C:2018:552).


31      In applicazione dell’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003, la proroga di competenza presuppone che la madre non abbia contestato la competenza del giudice italiano (v. paragrafo 23 delle presenti conclusioni) e che quest’ultimo abbia verificato che la propria competenza sia conforme all’interesse superiore del minore [v., per analogia, sentenza del 1o ottobre 2014, E. (C‑436/13, EU:C:2014:2246, punto 44)]. V. ordinanza del presidente della Corte del 16 gennaio 2018, PM (C‑604/17, non pubblicata, EU:C:2018:10, punti da 27 a 29), e sentenza del 19 aprile 2018, Saponaro e Xylina (C‑565/16, EU:C:2018:265, punti 23, 24 e da 33 a 35, e giurisprudenza citata).


32      V. note 25 e 26 delle presenti conclusioni.


33      Le conseguenze della pronuncia della decisione di separazione personale non sembrano essere state oggetto di discussione, sebbene, dopo la suddetta data, siano state rese due decisioni in Romania, vale a dire le sentenze del 3 dicembre 2012 e del 12 giugno 2013, che hanno respinto l’impugnazione proposta dal sig. Liberato.


34      Infatti, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 2201/2003, la proroga della competenza cessa non appena sia passata in giudicato la decisione relativa alla separazione personale. Inoltre, come rilevato dalla Corte nella sentenza del 28 giugno 2018, HR (C‑512/17, EU:C:2018:513, punto 59 e giurisprudenza citata), relativa all’interpretazione dell’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003, «il legislatore dell’Unione considera che i giudici geograficamente vicini alla residenza abituale del minore si trovano di norma nella migliore posizione per valutare le misure da adottare nel suo interesse».


35      La Corte non si è pronunciata espressamente sull’applicazione di detta disposizione. V., nello stesso senso, conclusioni dell’avvocato generale Wathelet nella causa iq (C‑478/17, EU:C:2018:552, paragrafo 45). Tale interpretazione potrebbe risultare dalle osservazioni di Pataut, É., e Gallant, E., «Article 12: Prorogation of jurisdiction», in Magnus, U. e Mankowski, P., European Commentaries on Private International Law, Brussels IIbis Regulation, vol. IV, Sellier European Law Publishers, Otto Schmidt, Colonia, 2017, punto 41 (pag. 160). Questa ipotesi non è contemplata da Joubert, N., «Autorité parentale – Conflits de juridictions», JurisClasseur – Droit international, LexisNexis, Parigi, marzo 2009, fascicolo 549‑20, in particolare punto 44.


36      Tale analisi deve essere assimilata a quella esposta nelle sentenze del 1o ottobre 2014, E. (C‑436/13, EU:C:2014:2246, punti da 45 a 47 e 49), e del 15 febbraio 2017, W e V (C‑499/15, EU:C:2017:118, punti 51 e 52).


37      A mio avviso, dalla decisione resa dall’ultimo giudice italiano deve risultare chiaramente che esso si pronuncia previa verifica, alla luce dell’interesse superiore del minore, della proroga di competenza ammessa in seguito alla proposizione, nel 2007, della domanda dinanzi al primo giudice italiano.


38      Ricordo che, ai fini della domanda in materia di alimenti, è richiesta l’identità delle parti. Per quanto riguarda la domanda relativa al vincolo matrimoniale, il giudice italiano ha reso una decisione definitiva.


39      C‑497/10 PPU, EU:C:2010:829.


40      V. punti 68 e 69 di detta sentenza.


41      V. punto 70 di detta sentenza.


42      C‑497/10 PPU, EU:C:2010:829.


43      Sull’inconciliabilità di una decisione di divorzio con una decisione di separazione personale, v. relazione esplicativa di A. Borrás citata alla nota 26, in particolare punto 71.


44      Lo stesso vale in materia di obbligo alimentare. Sono applicabili gli articoli 34, punto 1, e 35, paragrafo 3, del regolamento n. 44/2001.


45      La decisione controversa era stata resa dal giudice preventivamente adito. La controversia verteva sul luogo di residenza del minore e, pertanto, sulla competenza di detto giudice e sulla tesi secondo cui esso si era pronunciato in violazione degli obblighi previsti dall’articolo 15 del regolamento n. 2201/2003.


46      C‑681/13, EU:C:2015:471 (punti da 40 a 42 e 44).


47      Punto 35 della sentenza P.


48      Punto 36 della sentenza P. Molto recentemente, la Corte ha ricordato, nella sentenza del 15 febbraio 2017, W e V (C‑499/15, EU:C:2017:118, punto 50 e giurisprudenza citata), che il principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie è il «fondamento per la creazione di un autentico spazio giudiziario», termini che risultano dal considerando 2 del regolamento n. 2201/2003.


49      Tale divieto figura nella maggior parte dei regolamenti in quanto è insito nel principio della fiducia reciproca. V., in particolare, articolo 45, paragrafo 3, del regolamento n. 1215/2012 nonché articoli 39 dei regolamenti 2016/1103 e 2016/1104. Si tratta, secondo la Corte, di un principio fondamentale; v. sentenza del 28 marzo 2000, Krombach (C‑7/98, EU:C:2000:164, punto 31).


50      V. punto 42 della sentenza P.


51      In virtù di tale riferimento, il testo di detto articolo si differenzia dall’articolo 35, paragrafo 3, del regolamento n. 44/2001, che è formulato in termini generali: «(…) non si può procedere al controllo della competenza dei giudici dello Stato membro d’origine. Le norme sulla competenza non riguardano l’ordine pubblico contemplato dall’articolo 34, punto 1».


52      V. punto 45 della sentenza P.


53      V. sentenza del 28 giugno 2018, HR (C‑512/17, EU:C:2018:513, punto 59 e giurisprudenza citata).


54      V. punto 46 della sentenza P, che ricorda un principio costante tratto dal divieto di riesame delle decisioni (v., in particolare, articoli 36 e 45, paragrafo 2, del regolamento n. 44/2001, nonché articolo 26 del regolamento n. 2201/2003).


55      Espressione utilizzata nelle sentenze del 16 luglio 2009, Hadadi (C‑168/08, EU:C:2009:474, punto 56), e del 9 ottobre 2014, C (C‑376/14 PPU, EU:C:2014:2268, punto 37).


56      V., a titolo d’esempio, sentenze P e del 15 febbraio 2017, W e V (C‑499/15, EU:C:2017:118). V. altresì le osservazioni di Joubert, N., «La résidence de l’enfant du divorce face à la demande de modification de la décision relative à la garde et aux aliments»,Revue critique de droit international privé, Dalloz, Parigi, 2018, pagg. da 138 a 142, in particolare punto 9 (pagg. 140 e 141) .


57      Tenuto conto dell’importanza di tale questione, nonché di quella risolta nella sentenza P, si potrebbe suggerire di aggiungere una proposta relativa al citato articolo 24 in occasione della rifusione del regolamento n. 2201/2003. Si può osservare che non è stata presentata alcuna modifica delle norme di competenza nel progetto iniziale, vale a dire nella proposta di regolamento del Consiglio concernente la competenza, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, e la sottrazione internazionale di minori [COM(2016) 411 final], né nella risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 18 gennaio 2018 relativa a detta proposta, disponibile al seguente indirizzo Internet: http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+TA+P8-TA-2018-0017 + 0+DOC+XML+V0//IT. Sullo stato attuale delle discussioni in seno al Consiglio dell’Unione europea relative a tale progetto, v. Bulletin Quotidien Europe no 12033, Agence Europe, 5 giugno 2018, pag. 2.


58      V. nota 51 delle presenti conclusioni.


59      V. punti da 35 a 39 di detta sentenza, nonché sentenza del 16 luglio 2015, Diageo Brands (C‑681/13, EU:C:2015:471), citata ai punti 37 e 39 della sentenza P, il che consente di adottare la medesima soluzione in materia di alimenti, disciplinata dal regolamento n. 44/2001.


60      V., in relazione al regolamento n. 44/2001, a titolo di esempio recente, sentenza del 25 maggio 2016, Meroni (C‑559/14, EU:C:2016:349, punti da 38 a 42 e giurisprudenza citata).


61      V. punto 39 della sentenza P.V. anche paragrafo 93 delle presenti conclusioni.


62      V. punto 53 della sentenza P.


63      V. sentenza del 28 marzo 2000, Krombach (C‑7/98, EU:C:2000:164), e del 2 aprile 2009, Gambazzi (C‑394/07, EU:C:2009:219), nonché, per analogia, sentenza del 25 maggio 2016, Meroni (C‑559/14, EU:C:2016:349).


64      V., a titolo d’esempio di tattiche dilatorie che beneficiano dell’assimilazione della separazione al divorzio e del ritardo nel trattamento della domanda di divorzio derivante dalla regola della litispendenza, Bonomi, A., «La compétence internationale en matière de divorce, quelques suggestions pour une (improbable) révision du règlement Bruxelles II bis», Revue critique de droit international privé, Dalloz, Paris, 2017, pagg. da 511 a 534, in particolare pagg. da 528 a 530 [lettera a)] nonché il richiamo, contenuto alla nota 80, al commento di Mankowski, P., «Article 19: Lis pendens and dependent actions», in Magnus, U. e Mankowski, P., op. cit., punto 37 (pagg. 249 e 250).


65      V., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2015 Diageo Brands (C‑681/13, EU:C:2015:471, punto 40).


66      Tale interpretazione andrebbe combinata con le decisioni già rese dalla Corte riguardanti il regolamento n. 4/2009, applicabile in materia di obbligazioni alimentari dal 18 giugno 2011.


67      V. paragrafo 50 delle presenti conclusioni.


68      V., sul punto, le interessantissime proposte di Niboyet, M.‑L., e di Geouffre de la Pradelle, G., Droit international privé, 6a ed., Librairie générale de droit et de jurisprudence, Collection «Manuels», Parigi, 2017, punti 621 e 622 (pagg. da 424 a 426).


69      V., a titolo d’esempio, in relazione ai limiti della sospensione del procedimento a causa di litispendenza fissati dalla Corte in caso di mancata risposta da parte del giudice precedentemente adito, sentenza del 9 novembre 2010, Purrucker (C‑296/10, EU:C:2010:665, punti da 82 a 84). V. altresì, nel progetto del Consiglio di rifusione del regolamento n. 2201/2003, citato alla nota 57 delle presenti conclusioni, un’affermazione più netta di tale principio.


70      Si deve osservare che, nella fattispecie, per quanto riguarda le domande in materia di responsabilità genitoriale e di alimenti, concernenti un minore nato a febbraio 2006 e che vive in Romania da ottobre dello stesso anno, il procedimento è pendente in Italia da undici anni (dopo la domanda di maggio 2007, la prima decisione nel merito è stata resa a luglio 2013, dopo un rinvio nel mese di gennaio 2012) e la controversia verte sul riconoscimento della decisione resa in Romania, definitiva da cinque anni (12 giugno 2013).


71      V., in particolare, per un richiamo dei principi generali in caso di applicazione dell’articolo 15 del regolamento n. 2201/2003, sentenza del 27 ottobre 2016, D. (C‑428/15, EU:C:2016:819, punto 43).


72      V., per analogia, punto 44 della sentenza del 28 marzo 2000, Krombach (C‑7/98, EU:C:2000:164), secondo cui «il ricorso alla clausola dell’ordine pubblico deve essere considerato possibile nei casi eccezionali in cui le garanzie previste dall’ordinamento dello Stato d’origine e dalla Convenzione [del 27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, come modificata dalle convenzioni successive concernenti l’adesione dei nuovi Stati membri a detta convenzione] stessa non sono bastate a proteggere il convenuto da una violazione manifesta del suo diritto a difendersi dinanzi al giudice d’origine, come sancito dalla [Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950»]», e sentenza del 25 maggio 2016, Meroni (C‑559/14, EU:C:2016:349, punti da 44 a 46 e giurisprudenza citata).


73      V. sentenza del 16 luglio 2015, Diageo Brands (C‑681/13, EU:C:2015:471, punto 55).


74      V. sentenza del 25 maggio 2016, Meroni (C‑559/14, EU:C:2016:349, punto 47 e giurisprudenza citata).