Language of document : ECLI:EU:C:2016:682

SENTENZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)

14 settembre 2016 (*)

«Impugnazione – Concorrenza – Intese – Mercato europeo dell’acciaio per precompresso – Ammende – Calcolo dell’importo delle ammende – Orientamenti per il calcolo dell’importo delle ammende del 2006 – Punto 35 – Competenza estesa al merito – Obbligo di motivazione – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 47 – Diritto ad un ricorso effettivo entro un termine ragionevole»

Nella causa C‑519/15 P,

avente ad oggetto l’impugnazione proposta, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, il 25 settembre 2015,

Trafilerie Meridionali SpA, con sede in Pescara (Italia), rappresentata da P. Ferrari e G. Lamicela, avvocati,

ricorrente,

procedimento in cui l’altra parte è:

Commissione europea, rappresentata da V. Bottka, G. Conte e P. Rossi, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta in primo grado,

LA CORTE (Sesta Sezione),

composta da A. Arabadjiev, presidente di sezione, J.‑C. Bonichot e E. Regan (relatore), giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con la sua impugnazione, la Trafilerie Meridionali SpA (in prosieguo: la «Trame») chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 15 luglio 2015, Trafilerie Meridionali/Commissione (T‑422/10; in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2015:512), con cui il Tribunale ha respinto parzialmente il suo ricorso diretto all’annullamento e alla riforma della decisione C (2010) 4387 definitivo della Commissione, del 30 giugno 2010, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’Accordo SEE (caso COMP/38344 – Acciaio per precompresso), modificata dalla decisione C (2010) 6676 definitivo della Commissione, del 30 settembre 2010, e dalla decisione C (2011) 2269 definitivo della Commissione, del 4 aprile 2011 (in prosieguo: la «decisione controversa»).

 Contesto normativo

2        Gli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (CE) n. 1/2003 (GU 2006, C 210, pag. 2; in prosieguo: gli «orientamenti del 2006»), per quanto riguarda la «Capacità contributiva» dispongono quanto segue:

«35      In circostanze eccezionali la Commissione può, a richiesta, tener conto della mancanza di capacità contributiva di un’impresa in un contesto sociale ed economico particolare. La Commissione non concederà alcuna riduzione di ammenda basata unicamente sulla constatazione di una situazione finanziaria sfavorevole o deficitaria. Una riduzione potrebbe essere concessa soltanto su presentazione di prove oggettive dalle quali risulti che l’imposizione di un’ammenda, alle condizioni fissate dai presenti orientamenti, pregiudicherebbe irrimediabilmente la redditività economica dell’impresa e priverebbe i suoi attivi di qualsiasi valore».

 Fatti

3        Il settore interessato dalla presente causa è quello dell’acciaio per precompresso (in prosieguo: l’«APC»). Con tale espressione si intendono fili e trefoli metallici formati da vergelle e in particolare l’acciaio per calcestruzzo precompresso, che fornisce elementi per balconi, pali di fondazione, tubature, e l’acciaio per calcestruzzo postensione, utilizzato nella realizzazione di opere di ingegneria strutturale, di opere sotterranee e di ponti.

4        La Trame è un produttore italiano di trefoli a tre e a sette fili nonché di altri tipi di acciaio. Almeno dagli inizi del 1997 e fino alla fine del 2002, periodo durante il quale tale società era denominata «Trafilerie Meridionali SpA», il capitale di questa era detenuto in forma maggioritaria da una famiglia. Il 28 aprile 2008 detta società ha cambiato denominazione, divenendo Emme Holding SpA, e ha costituito una controllata denominata «Trafilerie Meridionali Srl», che ha rilevato le attività produttive della sua controllante. L’11 novembre 2013 la Emme Holding ha assorbito tale controllata e ha riassunto la denominazione «Trafilerie Meridionali SpA».

5        Il 19 e il 20 settembre 2002, avendo ricevuto informazioni dal Bundeskartellamt (autorità federale della concorrenza, Germania) e da un produttore di APC in merito ad un’infrazione all’articolo 101 TFUE, la Commissione ha condotto accertamenti nei locali di diverse imprese.

6        Al termine della propria indagine, la Commissione ha adottato, il 30 settembre 2008, una comunicazione degli addebiti relativamente a varie società, tra le quali la Trame. Tutti i destinatari di detta comunicazione hanno presentato osservazioni scritte in risposta agli addebiti mossi dalla Commissione. L’11 e il 12 febbraio 2009 ha avuto luogo un’audizione, alla quale ha partecipato la Trame.

7        Con la decisione controversa, la Commissione ha affermato che vari fornitori di APC avevano violato l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE e, a partire dal 1° gennaio 1994, l’articolo 53, paragrafo 1, dell’Accordo sullo Spazio economico europeo, del 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3), partecipando ad un cartello a livello europeo nonché nazionale e regionale, nel periodo dal 1° gennaio 1984 al 19 settembre 2002.

8        Detto cartello era costituito, tra l’altro, dai seguenti accordi:

–        un accordo nazionale che è perdurato dal 5 dicembre 1995 al 19 settembre 2002 e che verteva sulla fissazione di quote per l’Italia nonché sulle esportazioni da tale paese verso il resto d’Europa (il «Club Italia»);

–        un accordo paneuropeo concluso nel maggio 1997 e cessato nel settembre 2002 e che era volto, in particolare, alla ripartizione e della clientela e alla fissazione dei prezzi (il «Club Europa»), nonché

–        discussioni tra il Club Europa e il Club Italia [nel periodo compreso almeno tra il settembre 2000 e il settembre 2002, i membri permanenti del Club Europa, ossia le società Europe, Italcables SpA, CB Trafilati Acciai SpA (in prosieguo: la «CB»), Redaelli Tecna SpA, Industria Trafileria Applicazioni Speciali SpA (in prosieguo: l’«Itas») e Siderurgica Latina Martin SpA, si sono incontrati regolarmente allo scopo di far convogliare le società italiane nel Club Europa quali membri permanenti].

9        Nella decisione controversa, la Commissione ha affermato che la Trame aveva partecipato al Club Italia dal 4 marzo 1997 al 19 settembre 2002, e che, dal 15 maggio 2000, la Trame «era a conoscenza o avrebbe dovuto ragionevolmente essere a conoscenza dei diversi livelli su cui era articolato il cartello» e specialmente il Club Europa. La Commissione ha pertanto considerato la Trame responsabile della sua partecipazione all’intesa per il periodo dal 4 marzo 1997 al 19 settembre 2002.

10      Per tale infrazione alla Trame è stata inflitta un’ammenda di EUR 3,249 milioni. Al riguardo, la Commissione ha anzitutto valutato l’importo di base dell’ammenda in misura pari a EUR 10 milioni, riducendo poi tale importo di base a EUR 9,5 milioni al fine di tener conto del ruolo minimo avuto da tale società nell’intesa di cui trattasi. Infine, dal momento che detto importo eccedeva il limite massimo del 10% del fatturato totale della Trame realizzato nel corso del 2009, ossia circa EUR 32,5 milioni, la Commissione ha fissato l’importo finale dell’ammenda a EUR 3,249 milioni.

 Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

11      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 15 settembre 2010, la Trame ha presentato un ricorso diretto all’annullamento e alla riforma della decisione controversa.

12      A sostegno del proprio ricorso, la Trame ha dedotto cinque motivi relativi alla sua partecipazione all’intesa e all’incidenza di tale partecipazione sull’importo dell’ammenda. In particolare, il primo motivo verteva sul fatto che la Commissione le aveva ingiustamente addebitato la partecipazione ad un’infrazione unica. A seguito dell’adozione della decisione C(2011) 2269 definitivo, la Trame ha adeguato i propri motivi per far valere anche la violazione dei principi di proporzionalità e di parità di trattamento, a causa del fatto che, nella determinazione dell’importo dell’ammenda, il trattamento concesso alle società ArcelorMittal SA e Ori Martin SA era stato diverso da quello ad essa riservato. La Trame ha infine dedotto un sesto motivo relativo alla sua incapacità contributiva per il pagamento dell’ammenda.

13      Con la sentenza impugnata il Tribunale ha annullato la decisione controversa nella parte in cui, con essa, la Commissione aveva, da un lato, affermato la partecipazione della Trame alla parte paneuropea dell’infrazione di cui trattasi per il periodo dal 4 marzo 1997 al 9 ottobre 2000, considerato che tale partecipazione verteva sul trefolo a tre fili dal 4 marzo 1997 al 28 febbraio 2000 e constatato tale partecipazione alle pratiche anticoncorrenziali per il periodo dal 30 agosto 2001 al 10 giugno 2002 e, dall’altro, inflitto alla Trame un’ammenda sproporzionata per sanzionare la sua partecipazione all’infrazione unica per il periodo dal 4 marzo 1997 al 19 settembre 2002.

14      Nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, il Tribunale ha ritenuto che un’ammenda di EUR 5 milioni consentisse di reprimere in modo efficace il comportamento illecito della Trame. Tuttavia, in ragione del limite legale del 10% del fatturato totale, di cui all’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101] e [102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1), il Tribunale ha dichiarato che l’importo finale dell’ammenda inflitta alla Trame non poteva eccedere la cifra di EUR 3,2 milioni ed ha quindi fissato tale ammenda in misura pari a quest’ultimo importo.

15      Il Tribunale ha respinto il ricorso quanto al resto.

16      A seguito di una domanda presentata dalla Commissione a tal fine, con l’ordinanza del 10 novembre 2015, Trafilerie Meridionali/Commissione (T‑422/10 REC, EU:T:2015:857), il Tribunale ha proceduto ad una rettifica della sentenza impugnata allo scopo di indicare con più precisione, alla luce dei dati esposti al riguardo nella decisione controversa e ripresi al punto 20 di tale sentenza, l’importo finale dell’ammenda inflitta alla Trame. Il Tribunale ha quindi stabilito che i punti 407 e 408 della sentenza stessa nonché il punto 3 del dispositivo di quest’ultima dovevano essere intesi nel senso che con essi l’importo di tale ammenda era fissato a EUR 3,249 milioni.

 Conclusioni delle parti

17      Con la sua impugnazione, la ricorrente chiede che la Corte voglia:

–        annullare le parti della sentenza impugnata relative, da un lato, al rigetto del motivo concernente l’impossibilità di imputare alla Trame il Club Europa nonché, dall’altro, alla sanzione comminata alla Trame e accogliere, di conseguenza, le conclusioni formulate al riguardo dinanzi al Tribunale; in subordine, annullare le suddette parti e rinviare la causa al Tribunale;

–        annullare le parti della sentenza impugnata relative, da un lato, al rigetto del motivo concernente la mancanza di capacità contributiva della Trame nonché, dall’altro, la sanzione comminata alla Trame, e accogliere, conseguentemente, le conclusioni formulate al riguardo dinanzi al Tribunale; in subordine, annullare le suddette parti e rinviare la causa al Tribunale;

–        annullare la parte della sentenza impugnata relativa al calcolo dell’ammenda inflitta alla Trame, definendo la controversia; in subordine, annullare detta parte e rinviare la causa al Tribunale;

–        annullare la sentenza impugnata nella parte in cui condanna la Trame a sostenere le proprie spese concernenti il giudizio principale di primo grado e porre tali spese, o quantomeno una loro quota, a carico della Commissione;

–        condannare la Commissione al pagamento delle spese della presente causa;

–        dichiarare che il Tribunale ha violato il proprio obbligo di decidere la causa conclusasi con la sentenza impugnata entro un termine ragionevole, conformemente all’articolo 47, secondo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), e

–        adottare ogni altra misura ritenuta opportuna.

18      La Commissione chiede che la Corte voglia:

–        respingere l’impugnazione, e

–        condannare la ricorrente alle spese.

 Sull’impugnazione

19      A sostegno della propria impugnazione la ricorrente deduce cinque motivi. Il primo motivo verte su un errore di diritto in quanto il Tribunale ha imputato alla ricorrente una partecipazione al Club Europa. Il secondo motivo verte su un errore di diritto commesso dal Tribunale nel valutare la questione se la ricorrente avrebbe dovuto beneficiare di una riduzione dell’ammenda a motivo della sua incapacità contributiva. Il terzo motivo riguarda la metodologia adottata dal Tribunale per riesaminare l’ammenda inflitta. Il quarto motivo riguarda le spese relative al procedimento di primo grado. Il quinto motivo verte su una violazione dell’articolo 47, secondo comma, della Carta in quanto il Tribunale non ha pronunciato la sentenza impugnata entro un termine ragionevole.

 Sul primo motivo

 Argomenti delle parti

20      Con il suo primo motivo, la ricorrente ricorda che, per imputarle la dimensione paneuropea dell’intesa di cui trattasi per il periodo dal 9 ottobre 2000 al 19 settembre 2002, come risulta dai punti da 128 a 132 nonché dai punti 144 e 145 della sentenza impugnata il Tribunale si è fondato su due elementi, vale a dire, da un lato, il fatto che, nel corso di una riunione del Club Italia del 15 maggio 2000, sia stato fatto riferimento al Club Europa e, dall’altro, il fatto che, nel corso di un’altra riunione del Club Italia del 9 ottobre 2000, fossero presenti due imprese interessate unicamente al Club Europa, vale a dire la Westfälische Drahtindustrie GmbH e la Nedri Spanstaal BV (in prosieguo: la «Nedri»), nonché produttori che non erano essenzialmente interessati all’Italia, vale a dire la DWK Drahtwerk Köln GmbH e Saarstahl AG (in prosieguo: la «DWK»).

21      In via principale la ricorrente fa valere che il Tribunale ha snaturato i fatti ed ha adottato un’interpretazione palesemente erronea degli elementi di prova, dichiarando che la Nedri aveva partecipato unicamente al Club Europa e non al Club Italia. Come emergerebbe dai documenti sottoposti alla Corte, nel periodo tra il luglio e il settembre del 2000 la Nedri avrebbe annunciato la sua intenzione di ottenere le necessarie certificazioni per commercializzare i suoi prodotti in Italia. La ricorrente avrebbe pertanto potuto ritenere che tale società non fosse un partecipante del Club Europa, ma che fosse una società terza, interessata ad unirsi al Club Italia, in vista della sua prossima entrata sul mercato italiano.

22      Allo stesso modo, la connessione stabilita dal Tribunale tra la DWK e il Club Europa sarebbe parimenti frutto di uno snaturamento degli elementi di prova. La ricorrente sottolinea che dal punto 816 della decisione controversa risulta che la DWK era operativa sul territorio nazionale, il che spiega che la Commissione le abbia imputato per intero il Club Italia, quanto meno per il periodo compreso tra il 24 febbraio 1997 e il 6 novembre 2000. La presenza della DWK alla riunione del 9 ottobre 2000 sarebbe stata pertanto naturale.

23      La ricorrente fa valere che la sola circostanza che, nel corso della riunione del Club Italia del 15 maggio 2000, il Club Europa fosse stato menzionato in due occasioni durante le discussioni, una volta esplicitamente e una volta implicitamente, non è sufficiente, come risulta dai punti da 133 a 135 della sentenza impugnata, a supportare l’imputazione alla ricorrente di una partecipazione a quest’ultimo Club.

24      In subordine, la ricorrente afferma che i due elementi sui quali si è fondato il Tribunale per imputarle la dimensione paneuropea dell’intesa, esposti al punto 20 della presente sentenza, consentono, tutt’al più, di ritenere che essa fosse al corrente dell’esistenza del Club Europa. Orbene, come discende dal punto 63 della sentenza del 4 luglio 2013, Commissione/Aalberts Industries e a. (C‑287/11 P, EU:C:2013:445), e dal punto 42 della sentenza del 6 dicembre 2012, Commissione/Verhuizingen Coppens (C‑441/11 P, EU:C:2012:778), perché possa imputarsi ad un’impresa un’infrazione alla quale questa non abbia partecipato direttamente, occorrerebbe dimostrare, da un lato, che la stessa era al corrente o che poteva ragionevolmente prevedere i comportamenti delle altre imprese in tale contesto e, dall’altro, che intendeva contribuire con il proprio comportamento agli obiettivi comuni perseguiti da tutti i partecipanti.

25      Ad avviso della ricorrente, gli elementi ai quali il Tribunale ha fatto riferimento non dimostrano che fosse al corrente né che potesse ragionevolmente prevedere il comportamento delle altre imprese nell’ambito del Club Europa, né che intendesse contribuire con il proprio comportamento a tale Club. L’affermazione, riportata al punto 144 della sentenza impugnata, secondo la quale la ricorrente «[era] in grado di conoscere la natura e gli obiettivi perseguiti dal Club Europa» sarebbe pertanto dovuta a uno snaturamento degli elementi di prova.

26      La ricorrente sostiene che il carattere erroneo dell’interpretazione del Tribunale in questo contesto è ancor più palese considerato, da una parte, il fatto che la stessa non aveva alcun interesse per i mercati al di fuori dell’Italia, giacché, essendo priva delle necessarie certificazioni, commercializzava il proprio prodotto esclusivamente nel territorio italiano e, dall’altra, per il fatto che il suo ruolo, anche all’interno del Club Italia, era marginale.

27      La ricorrente ritiene che la sentenza impugnata sia pertanto viziata nella parte concernente la sanzione inflittale.

28      La Commissione ritiene che il primo motivo sia manifestamente irricevibile o, in ogni caso, destituito di fondamento.

 Giudizio della Corte

29      In primo luogo, per quanto riguarda gli argomenti addotti dalla ricorrente in via principale, esposti ai punti da 21 a 23 della presente sentenza, va rilevato che, con il pretesto di uno snaturamento degli elementi di prova, la ricorrente mira, in realtà, ad ottenere che la Corte proceda ad una nuova valutazione dei fatti e delle prove addotti dinanzi al Tribunale per quanto riguarda i collegamenti esistenti, da un lato, tra la Nedri e il Club Europa e, dall’altro, tra la DWK e il medesimo Club. Dal momento che siffatti argomenti sono irricevibili in sede di impugnazione, essi devono essere respinti.

30      Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’argomentazione fatta valere dalla ricorrente in via subordinata, illustrata ai punti da 24 a 26 della presente sentenza, occorre osservare che, con tale argomentazione, la ricorrente non contesta l’interpretazione che il Tribunale ha adottato della giurisprudenza menzionata al punto 24 della presente sentenza, bensì l’applicazione operata dallo stesso alla situazione in esame nel caso di specie.

31      Infatti, al punto 92 della sentenza impugnata, il Tribunale ha correttamente richiamato la giurisprudenza della Corte secondo cui un’impresa che abbia partecipato a un’infrazione unica e complessa con comportamenti suoi propri, rientranti nella nozione di accordo o di pratica concordata a scopo anticoncorrenziale ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE e miranti a contribuire alla realizzazione dell’infrazione nel suo complesso, può essere quindi responsabile anche dei comportamenti attuati da altre imprese nell’ambito della medesima infrazione per tutto il periodo della sua partecipazione alla stessa infrazione, quando è dimostrato che detta impresa intendeva contribuire con il proprio comportamento agli obiettivi comuni perseguiti da tutti i partecipanti e che era al corrente dei comportamenti illeciti previsti o attuati da altre imprese nel perseguire i medesimi obiettivi, oppure che poteva ragionevolmente prevederli ed era pronta ad accettarne il rischio (sentenza del 6 dicembre 2012, Commissione/Verhuizingen Coppens, C‑441/11 P, EU:C:2012:778, punto 42).

32      Poi, dopo aver proceduto, come risulta dai punti da 108 a 141 della sentenza impugnata, ad un’analisi dettagliata degli elementi dinanzi ad esso allegati per quanto riguarda la partecipazione della ricorrente all’infrazione unica di cui trattasi, il Tribunale ha concluso, in particolare ai punti 144 e 145 della medesima sentenza, che, alla luce di tali elementi, la Commissione poteva legittimamente considerare dimostrato che, a partire dal 9 ottobre 2000, la Trame «intendesse contribuire, con il proprio comportamento, agli obiettivi comuni perseguiti dall’insieme dei partecipanti al cartello, (...) e che fosse a conoscenza dei comportamenti illeciti pianificati o attuati da altre imprese nel perseguire i medesimi obiettivi, oppure che potesse ragionevolmente prevederli e fosse pronta ad accettarne il rischio (...)».

33      Si deve necessariamente rilevare che, contestando il valore che il Tribunale ha assegnato ai suddetti elementi di prova nell’intento di rimettere in discussione le conclusioni cui quest’ultimo è giunto al riguardo, con tale argomentazione la ricorrente torna, ancora una volta, a chiedere alla Corte di procedere a un’interpretazione degli elementi di fatto e di prova diversa da quella operata dal Tribunale nell’ambito della sua insindacabile valutazione dei fatti.

34      Ne consegue che il primo motivo è irricevibile nella sua totalità e, quindi, deve essere respinto.

 Sul secondo motivo

 Argomenti delle parti

35      Con il suo secondo motivo la ricorrente afferma che il Tribunale ha commesso un errore di diritto non spiegando le ragioni del rigetto del motivo dedotto in primo grado e relativo alla violazione del principio di parità di trattamento da parte della Commissione, nell’ambito della valutazione attinente alla riduzione delle ammende a titolo della mancanza di capacità contributiva.

36      La ricorrente ricorda che essa, dinanzi al Tribunale, ha fatto valere il motivo vertente sul fatto che la Commissione, concedendo una riduzione di ammenda alla CB e alla Itas e rifiutando di concederle una simile riduzione, mentre la sua situazione finanziaria era assai peggiore rispetto a quella della CB e della Itas, aveva violato il principio di parità di trattamento. Orbene, nonostante gli specifici argomenti addotti dinanzi al Tribunale in proposito, quest’ultimo si sarebbe limitato ad affermare, ai punti 391 e 392 della sentenza impugnata, che la Commissione, per determinare se le condizioni necessarie per l’applicazione del criterio relativo alla mancanza di capacità contributiva fossero soddisfatte o meno, aveva preso in considerazione la situazione finanziaria di ciascuna delle imprese, e non le loro modalità di partecipazione all’infrazione. Il Tribunale non avrebbe effettuato alcuna analisi dei numerosi e precisi dati di natura finanziaria e patrimoniale forniti dalla ricorrente durante il procedimento.

37      Il fatto che il Tribunale non abbia affrontato la suddetta argomentazione della ricorrente emergerebbe del pari dal punto 353 della sentenza impugnata, nel quale il Tribunale avrebbe riassunto, in maniera errata e parziale, la tesi sviluppata al riguardo nel ricorso di primo grado.

38      La ricorrente aggiunge che, pertanto, la sentenza impugnata risulta altresì viziata nella parte concernente la sanzione inflittale.

39      La Commissione è del parere che il secondo motivo sia infondato.

 Giudizio della Corte

40      Per quanto attiene alla censura con cui, con l’argomentazione addotta nell’ambito del presente motivo, la ricorrente addebita al Tribunale una violazione dell’obbligo di motivazione in quanto, ai punti 391 e 392 della sentenza impugnata, quest’ultimo non avrebbe risposto in modo giuridicamente adeguato agli argomenti presentati a sostegno del motivo dedotto in primo grado e vertente sulla violazione del principio di parità di trattamento, si deve ricordare che l’obbligo di motivazione previsto all’articolo 296 TFUE costituisce una formalità sostanziale che deve essere distinta dalla questione della fondatezza della motivazione, la quale attiene alla legittimità nel merito dell’atto controverso (sentenza del 29 settembre 2011, Elf Aquitaine/Commissione, C‑521/09 P, EU:C:2011:620, punto 146 e giurisprudenza ivi citata).

41      Secondo costante giurisprudenza della Corte, l’obbligo di motivare le sentenze, che incombe al Tribunale ai sensi dell’articolo 36 e dell’articolo 53, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, non impone allo stesso di fornire una spiegazione che ripercorra esaustivamente e singolarmente tutti i ragionamenti svolti dalle parti nella controversia. La motivazione può quindi essere implicita, a condizione che consenta agli interessati di conoscere i motivi sui quali si fonda il Tribunale e alla Corte di disporre di elementi sufficienti per esercitare il suo controllo in sede di impugnazione (sentenza dell’8 marzo 2016, Grecia/Commissione, C‑431/14 P, EU:C:2016:145, punto 38).

42      Nel caso di specie, si deve necessariamente rilevare che la motivazione riportata ai punti 391 e 392 della sentenza impugnata consente agli interessati, e in particolare alla ricorrente, di conoscere i motivi sui quali si è fondato il Tribunale e alla Corte di disporre di elementi sufficienti per esercitare il suo controllo nell’ambito della presente impugnazione.

43      Per quanto riguarda la censura con cui la ricorrente addebita al Tribunale di aver commesso un errore di diritto non tenendo conto di tutti gli elementi pertinenti, basti rilevare che, anche supponendo che la Trame abbia fatto valere in primo grado l’argomentazione illustrata ai punti 35 e 36 della presente sentenza, e che tale argomentazione sia stata riportata solo parzialmente al punto 353 della sentenza impugnata, l’argomentazione della ricorrente sarebbe comunque priva di fondamento.

44      Infatti, dal momento che il Tribunale ha indicato, ai punti da 355 a 390 della sentenza impugnata, le ragioni per cui ha ritenuto che la ricorrente fosse in grado di pagare l’importo dell’ammenda inflittale, il Tribunale stesso poteva limitarsi a rispondere alla censura sollevata dinanzi ad esso e vertente sulla violazione del principio di parità di trattamento affermando, al punto 391 della sentenza impugnata, che le situazioni della CB e dell’Itas differivano sul piano finanziario e che «è in considerazione di tali differenze, e non delle modalità di partecipazione delle suddette imprese all’infrazione, che la Commissione [aveva] ritenuto appropriato ridurre parzialmente l’importo dell’ammenda in questione calcolato per tener conto della mancanza di capacità contributiva di ciascuna delle suddette imprese».

45      Orbene, tale valutazione, da una parte, è scevra da errori di diritto e, dall’altra, non pone in evidenza un qualsivoglia errore che la vizi e che possa dipendere da un elemento che il Tribunale abbia omesso di considerare.

46      Il secondo motivo è quindi infondato e dev’essere respinto.

 Sul terzo motivo

 Argomenti delle parti

47      Con il suo terzo motivo la ricorrente fa valere che la sentenza impugnata è sprovvista di motivazione nella parte relativa al calcolo dell’ammenda. In particolare, dal testo della sentenza medesima non sarebbe possibile inferire quale metodo di calcolo sia stato adottato dal Tribunale per determinare l’importo di detta ammenda. Alla luce dei rilievi riportati al punto 398 di detta sentenza, sarebbe tuttavia ragionevole ritenere che il metodo in questione non sia quello del quale si era avvalsa la stessa Commissione.

48      L’assenza di un’adeguata spiegazione, segnatamente circa il «peso» assegnato a ciascuno degli elementi fattuali rilevanti, impedirebbe alla ricorrente di procedere a un confronto tra, da un lato, i calcoli dell’ammenda effettuati dalla Commissione nei confronti delle altre imprese destinatarie della decisione controversa che non hanno presentato ricorso dinanzi al Tribunale o delle imprese i cui argomenti relativi all’ammenda, avendo esse presentato un simile ricorso, sono stati respinti da quest’ultimo e, dall’altro, i calcoli dell’ammenda effettuati dal Tribunale stesso, ove gli argomenti di altre imprese destinatarie della stessa decisione, simili a quelli presentati dalla ricorrente, sono stati accolti, con conseguente revisione dell’ammenda. L’obbligo di motivazione rivestirebbe una particolare rilevanza nel caso in cui le imprese sanzionate con riferimento alla medesima infrazione sono una pluralità.

49      Fondandosi in particolare sulla giurisprudenza derivante dalle sentenze del 16 novembre 2000, Weig/Commissione (C‑280/98 P, EU:C:2000:627, punti da 52 a 68), e del 16 novembre 2000, Sarrió/Commissione (C‑291/98 P, EU:C:2000:631, punti da 91 a 100), la ricorrente sostiene che esistono numerosi precedenti nei quali la Corte ha giudicato di dover annullare la sentenza del Tribunale in quanto quest’ultimo aveva utilizzato, nella revisione dell’ammenda, una metodologia di calcolo diversa da quella impiegata dalla Commissione o dal Tribunale stesso nei confronti di altre imprese implicate nell’infrazione considerata. Sebbene sia vero che la Corte ha già dichiarato, segnatamente al punto 181 della sua sentenza del 10 luglio 2014, Telefónica e Telefónica de España/Commission (C‑295/12 P, EU:C:2014:2062), che la Commissione non è tenuta ad indicare i dati in forma numerica relativi al metodo di calcolo dell’ammenda, essa avrebbe peraltro sottolineato che è quantomeno «auspicabile» l’indicazione del meccanismo di quantificazione dell’importo della sanzione.

50      Lo scarno rinvio, al punto 399 della sentenza impugnata, ai criteri relativi alla gravità e alla durata dell’infrazione nonché al principio della individualità della pena non sarebbe sufficiente a colmare tale lacuna, anche in considerazione della complessità del caso di specie e del numero di fattori da considerare.

51      La Commissione sostiene che il terzo motivo non è fondato.

 Giudizio della Corte

52      Si deve rilevare che, alla luce della giurisprudenza ricordata ai punti 40 e 41 della presente sentenza, la sentenza impugnata soddisfa i requisiti di motivazione incombenti al Tribunale, dal momento che quest’ultimo ha fornito, ai punti da 401 a 407 di detta sentenza, un’esposizione dettagliata dei fattori di cui ha tenuto conto ai fini della sua decisione sulla fissazione dell’importo dell’ammenda (v., in tal senso, sentenza del 22 novembre 2012, E.ON Energie/Commissione, C‑89/11 P, EU:C:2012:738, punto 133).

53      In particolare, il Tribunale ha determinato, ai punti da 398 a 408 della sentenza impugnata, nell’ambito dell’esercizio della sua competenza estesa al merito, l’importo dell’ammenda inflitta alla Trame tenendo conto della partecipazione di quest’ultima all’infrazione unica. Ai punti da 401 a 405 di tale sentenza, il Tribunale ha illustrato le circostanze specifiche della situazione della ricorrente che esso considerava pertinenti per quanto attiene, segnatamente, alla gravità e alla durata della sua partecipazione alla suddetta infrazione. Dal punto 406 della medesima sentenza risulta che, nella determinazione dell’importo dell’ammenda in discorso, il Tribunale ha tenuto altresì conto della necessità di garantire un effetto sufficientemente dissuasivo della stessa nonché del principio di proporzionalità.

54      Risulta inoltre da ai punti da 398 a 406 della sentenza impugnata che il Tribunale non si è considerato vincolato ai calcoli della Commissione né agli orientamenti di quest’ultima, ma che ha effettuato la propria valutazione dell’importo dell’ammenda tenendo conto di tutte le circostanze del caso specifico.

55      In tali circostanze, la ricorrente non può contestare al Tribunale una carenza di motivazione a motivo del fatto che questo non ha specificato il metodo di calcolo che ha adottato né, in particolare, precisato il «peso» assegnato a ciascuno degli elementi di fatto pertinenti di cui ha tenuto conto al riguardo.

56      Infatti, va rammentato che solo nei limiti in cui la Corte ritenesse che il livello della sanzione sia non soltanto inadeguato, ma anche eccessivo, al punto da essere sproporzionato, occorrerebbe ravvisare un errore di diritto commesso dal Tribunale per incongruenza dell’importo di un’ammenda (sentenza del 10 luglio 2014, Telefónica e Telefónica de España/Commissione, C‑295/12 P, EU:C:2014:2062, punto 205 e giurisprudenza ivi citata).

57      Orbene, la motivazione fornita dal Tribunale nell’ambito della sua valutazione dell’importo dell’ammenda nel caso di specie ha consentito alla ricorrente di far valere dinanzi alla Corte un’eventuale sproporzione ai sensi della giurisprudenza ricordata al punto precedente della presente sentenza e alla Corte di esercitare il suo controllo.

58      Alla luce delle considerazioni che precedono, il terzo motivo deve essere respinto in quanto infondato.

 Sul quarto motivo

 Argomenti delle parti

59      La ricorrente sostiene che gli errori di diritto commessi dal Tribunale e denunciati nell’ambito dei due primi motivi d’impugnazione inficierebbero la conclusione alla quale è giunto il Tribunale, ai punti 411 e 412 della sentenza impugnata, secondo cui ciascuna delle parti deve sopportare le proprie spese.

60      La Commissione ritiene che non vi siano motivi per riformare la sentenza impugnata sul punto, dato che né il primo né il secondo motivo di impugnazione devono essere accolti.

 Giudizio della Corte

61      Dal momento che il presente motivo dipende dall’accoglimento del primo e del secondo motivo d’impugnazione, o di uno dei due, e dato che questi motivi sono stati respinti, occorre respingere il presente motivo.

 Sul quinto motivo

 Argomenti delle parti

62      Fondandosi sulla giurisprudenza derivante dalla sentenza del 12 novembre 2014, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione (C‑580/12 P, EU:C:2014:2363), la ricorrente asserisce che, allorché è manifesto che il Tribunale ha violato in modo sufficientemente grave l’obbligo ad esso incombente, in forza dell’articolo 47, secondo comma, della Carta, di decidere della causa ad esso sottoposta entro un termine ragionevole, la Corte può pronunciarsi su una domanda di risarcimento del danno.

63      La ricorrente ritiene che tali requisiti siano soddisfatti nel caso di specie. In particolare, tra la data di deposito del ricorso, ossia il 15 settembre 2010, e la data di notifica della sentenza impugnata, ossia il 23 luglio 2015, sono trascorsi quasi cinque anni, compreso un periodo di inattività di oltre due anni tra la data in cui la Commissione ha presentato la sua controreplica e la data in cui il Tribunale ha trasmesso alle parti le misure di organizzazione del procedimento. La ricorrente ritiene che simili lassi di tempo siano eccessivi e privi di giustificazione.

64      La Commissione afferma che il quinto motivo è manifestamente irricevibile, dal momento che, chiedendo alla Corte di rilevare che il Tribunale ha violato l’obbligo di cui all’articolo 47, secondo comma, della Carta, la ricorrente non mira ad ottenere l’annullamento della sentenza impugnata. Se è vero che la Corte ha talvolta affermato, in talune sentenze, in forma di obiter dictum, che la durata del procedimento dinanzi al Tribunale è stata eccessiva, tali constatazioni non avrebbero dato luogo ad autonomi accertamenti riportati nel dispositivo di dette sentenze. Inoltre, la situazione nel caso di specie sarebbe differente, poiché la ricorrente, a sostegno di detta domanda di autonomo accertamento, ha formulato uno specifico capo di conclusioni ed ha dedotto un motivo di ricorso altrettanto specifico.

 Giudizio della Corte

65      Nei limiti in cui la ricorrente chiede alla Corte di pronunciarsi sulla sua domanda di risarcimento del danno subito in conseguenza della presunta violazione da parte del Tribunale dell’articolo 47, secondo comma, della Carta, si deve ricordare che una violazione da parte di un giudice dell’Unione europea del suo obbligo, derivante dalla citata disposizione, di decidere le controversie ad esso sottoposte entro un termine ragionevole dev’essere sanzionata in un ricorso per risarcimento danni presentato dinanzi al Tribunale, ricorso che costituisce un rimedio effettivo. Infatti, la domanda intesa ad ottenere il risarcimento del danno causato dalla violazione, da parte del Tribunale, del termine ragionevole del procedimento non può essere presentata direttamente alla Corte nel contesto di un’impugnazione, ma dev’essere proposta dinanzi al Tribunale stesso (sentenze del 26 novembre 2013, Gascogne Sack Deutschland/Commissione, C 40/12 P, EU:C:2013:768, punti 89 e 90; del 26 novembre 2013, Groupe Gascogne/Commissione, C 58/12 P, EU:C:2013:770, punti 83 e 84, nonché del 10 luglio 2014, Telefónica e Telefónica de España/Commissione, C 295/12 P, EU:C:2014:2062, punto 66).

66      Il Tribunale, competente ai sensi dell’articolo 256, paragrafo 1, TFUE, e adito di una domanda risarcitoria, è tenuto a pronunciarsi su una domanda siffatta, decidendo in una composizione diversa da quella che si è trovata a decidere la controversia sfociata nel procedimento la cui durata è contestata (sentenze del 26 novembre 2013, Groupe Gascogne/Commissione, C‑58/12 P, EU:C:2013:770, punto 90, e del 10 luglio 2014, Telefónica e Telefónica de España/Commissione, C‑295/12 P, EU:C:2014:2062, punto 67).

67      Ciò premesso, qualora sia manifesto, senza che le parti debbano produrre ulteriori elementi al riguardo, che il Tribunale ha violato in maniera sufficientemente qualificata il proprio obbligo di giudicare la causa entro un termine ragionevole, la Corte può rilevarlo (sentenza del 9 giugno 2016, Repsol Lubricantes y Especialidades e a./Commissione, C 617/13 P, EU:C:2016:416, punto 100 e giurisprudenza ivi citata).

68      Non è quanto avviene nel caso di specie. Infatti, nella presente causa sarebbe necessaria la produzione di ulteriori elementi ad opera delle parti per consentire alla Corte di pronunciarsi sul carattere irragionevole della durata dei procedimenti dinanzi al Tribunale.

69      Alla luce di quanto precede, il quinto motivo deve essere respinto.

70      Dall’insieme delle suesposte considerazioni risulta che l’impugnazione deve essere respinta in toto.

 Sulle spese

71      Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quest’ultima, quando l’impugnazione è infondata, statuisce sulle spese.

72      Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del medesimo regolamento, che si applica al procedimento d’impugnazione ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 1, dello stesso, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Dato che la Commissione ha chiesto la condanna della ricorrente e quest’ultima è rimasta soccombente, occorre condannarla alle spese.

Per questi motivi, la Corte (Sesta Sezione) dichiara e statuisce:

1)      L’impugnazione è respinta.

2)      La Trafilerie Meridionali SpA è condannata alle spese.

Firme


* Lingua processuale: l’italiano.