Language of document : ECLI:EU:C:2017:77

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

EVGENI TANCHEV

presentate il 1o febbraio 2017 (1)

Causa C‑336/15

Unionen

contro

Almega Tjänsteförbunden

ISS Facility Services AB

[Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Arbetsdomstolen (Tribunale del lavoro, Svezia)]

«Politica sociale – Direttiva 2001/23/CE – Mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti – Articolo 3, paragrafi 1 e 3 – Diritti di carattere finanziario – Periodi di servizio da prendere in considerazione nel determinare la durata di un preavviso di licenziamento»






1.        Nel 2005 il rapporto di lavoro di BSA con la società Apoteket AB veniva trasferito alla ISS Facility Services AB (in prosieguo: la «seconda convenuta») e nel 2008 e nel 2009 anche i rapporti di lavoro di JAH, JH e BL con la società AstraZeneca AB venivano ceduti alla seconda convenuta. Tuttavia, nel 2011 la seconda convenuta licenziava tutti e quattro i suddetti lavoratori.

2.        Nella presente causa si tratta di stabilire se l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/23/CE del Consiglio (in prosieguo: la «direttiva sui trasferimenti di imprese») (2) obblighi la seconda convenuta a prendere in considerazione i periodi di servizio compiuti presso i cedenti AstraZeneca AB e Apoteket AB nel calcolo dei termini di preavviso per il licenziamento dei quattro lavoratori interessati, o se tali termini debbano essere calcolati unicamente in base ai periodi di occupazione compiuti presso la cessionaria e seconda convenuta.

3.        Le questioni giuridiche da risolvere nella presente causa si caratterizzano sotto un profilo ulteriore. Conformemente al potere discrezionale di cui godono gli Stati membri ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, seconda frase, della direttiva sui trasferimenti di imprese, il diritto svedese obbliga i cessionari come la seconda convenuta a rispettare i contratti collettivi vincolanti per il cedente solo per un anno dalla data del trasferimento (in prosieguo: l’«opzione del limite di un anno»). Nel momento in cui a BSA, JAH, JH e BL è stata comunicata la cessazione del loro rapporto di lavoro con la seconda convenuta, tale periodo era scaduto. Eppure dal fascicolo di causa emergerebbe che il contratto collettivo intervenuto successivamente a disciplinare i rapporti tra i suddetti quattro lavoratori e la seconda convenuta era stato negoziato al momento del trasferimento o prima che questo avvenisse, e che conteneva clausole redatte in termini identici sulla funzione attribuita all’anzianità di servizio nel calcolo dei termini di preavviso in caso di licenziamento (3). Sorge pertanto la questione se l’attivazione, nel diritto svedese, dell’opzione del limite di un anno prevista dall’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva sui trasferimenti di imprese, comporti una qualche differenza ai fini dell’interpretazione da darsi all’articolo 3, paragrafo 1.

I.      Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

4.        Il capo II della direttiva sui trasferimenti di imprese, intitolato «Mantenimento dei diritti dei lavoratori», contiene l’articolo 3, che, ai paragrafi 1 e 3, così recita:

«1. I diritti e gli obblighi che risultano per il cedente da un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro esistente alla data del trasferimento sono, in conseguenza di tale trasferimento, trasferiti al cessionario.

(…)

3. Dopo il trasferimento, il cessionario mantiene le condizioni di lavoro convenute mediante contratto collettivo nei termini previsti da quest’ultimo per il cedente fino alla data della risoluzione o della scadenza del contratto collettivo o dell’entrata in vigore o dell’applicazione di un altro contratto collettivo.

Gli Stati membri possono limitare il periodo del mantenimento delle condizioni di lavoro, purché esso non sia inferiore ad un anno.

(…)».

B.      Diritto svedese

5.        Secondo quanto emerge dall’ordinanza di rinvio, l’articolo 6 b della lagen (1982:80) om anställningsskydd [legge (1982:80) sulla tutela dell’occupazione; anställningsskyddslagen; in prosieguo: la «LAS»] è stato introdotto al fine di recepire la direttiva sui trasferimenti di imprese nell’ordinamento svedese. La LAS prevede, tra le altre disposizioni, che, quando un’impresa, un’attività o una parte di essa, è trasferita da un datore di lavoro ad un altro, i diritti e gli obblighi derivanti dal contratto di lavoro e le condizioni di lavoro applicabili alla data del trasferimento sono parimenti trasferiti al nuovo datore di lavoro.

6.        Nell’ordinanza di rinvio si afferma inoltre che l’articolo 28 della lagen (1976:580) om medbestämmande i arbetslivet [legge (1976:580) sulla partecipazione dei lavoratori al processo decisionale; medbestämmandelagen; in prosieguo: la «MBL»] ha recepito nell’ordinamento svedese l’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva sui trasferimenti di imprese. La MBL contiene disposizioni relative agli effetti prodotti sui contratti collettivi dai trasferimenti di imprese di cui all’articolo 6 b della LAS. Secondo quanto si legge nell’ordinanza di rinvio, da detta disposizione deriva che, inizialmente, il cessionario è vincolato alle parti applicabili del contratto collettivo già vigente presso il cedente. Ai sensi del primo comma, secondo periodo, dell’articolo di cui trattasi, tale regola non si applica qualora sia già in vigore presso il cessionario un altro contratto collettivo che possa essere applicabile ai lavoratori trasferiti.

7.        Nell’ordinanza di rinvio si indica inoltre che, in tal caso, conformemente al terzo comma del suddetto articolo, il cessionario è tuttavia tenuto ad applicare le condizioni di lavoro previste dal contratto collettivo vigente presso il cedente, per il periodo di un anno dalla data del trasferimento. Ai sensi di tale disposizione, le condizioni di lavoro devono essere mantenute nella stessa misura in cui il precedente datore di lavoro era tenuto a rispettarle. Tuttavia, detta regola non si applica una volta che il contratto collettivo sia giunto a scadenza o abbia iniziato ad applicarsi ai lavoratori trasferiti un nuovo contratto collettivo.

II.    Fatti del procedimento principale e questione pregiudiziale

8.        L’Unionen, sindacato svedese (in prosieguo: il «sindacato ricorrente»), ha proposto un ricorso dinanzi all’Arbetsdomstolen (Tribunale del lavoro, Svezia), chiedendo che la seconda convenuta sia condannata a risarcire lo stesso sindacato e i lavoratori BSA, JAH, JH e BL, per il danno derivante, tra gli altri addebiti, dall’inosservanza dell’articolo 3 della direttiva sul trasferimento di imprese.

9.        La Almega Tjänsteförbunden (in prosieguo: la «prima convenuta») è un’associazione dei datori di lavoro di cui è membro la seconda convenuta. Tanto la prima quanto la seconda convenuta sostengono che l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva sui trasferimenti di imprese non obbliga il cessionario a tenere conto dell’anzianità di servizio acquisita presso il cedente nel determinare i termini di preavviso per la risoluzione dei rapporti di lavoro, mentre il sindacato ricorrente sostiene la tesi contraria. Le convenute cercano inoltre di far leva sull’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva sui trasferimenti di imprese e sul fatto che era trascorso più di un anno dalle date del trasferimento, rispettivamente, di BSA, JAH, JH e BL quando a questi ultimi è stato notificato il preavviso di licenziamento, cosicché la cessionaria e seconda convenuta non risultava più vincolata dal contratto collettivo già vigente presso il cedente.

10.      BSA, JAH, JH e BL sono membri del sindacato ricorrente e dipendenti della seconda convenuta.

11.      BSA veniva assunta dalla Apoteket AB nel 1997. In data 9 maggio 2005 il suo contratto veniva trasferito alla seconda convenuta. Perciò, nel momento in cui il suo contratto veniva trasferito alla seconda convenuta, l’interessata aveva prestato servizio alle dipendenze della Apoteket AB per sette anni e aveva 49 anni (4).

12.      Il 27 luglio 2011 la seconda convenuta licenziava BSA con un preavviso di sei mesi. Quando ha ricevuto la lettera di licenziamento l’interessata aveva 56 anni e aveva acquisito un’anzianità di servizio cumulata di oltre dieci anni presso la Apoteket AB e la seconda convenuta, ma solo un’anzianità di sei anni presso quest’ultima.

13.      JAH veniva assunto dalla AstraZeneca AB nell’agosto del 1969 e JH veniva assunto da quest’ultima nell’ottobre del 1972. I loro contratti venivano trasferiti alla seconda convenuta il 1o maggio 2009. Pertanto, all’atto del trasferimento, JAH aveva lavorato alle dipendenze della AstraZeneca AB per 39 anni e JH per 36 anni (5). Sia JAH che JH avevano superato i 55 anni di età al trasferimento del loro contratto.

14.      Il loro collega BL veniva assunto dalla AstraZeneca AB nel marzo 1976 e il suo contratto veniva trasferito alla seconda convenuta il 1omaggio 2008, data in cui egli aveva 54 anni e 11 mesi. All’atto del trasferimento, BL aveva prestato servizio alle dipendenze della AstraZeneca AB per poco più di 32 anni.

15.      Come ho menzionato sopra, BSA veniva licenziata dalla seconda convenuta il 27 luglio 2011, mentre JAH, JH e BL venivano licenziati il 31 ottobre 2011. La convenuta inizialmente aveva fornito un preavviso di sei mesi. Successivamente, il termine di preavviso veniva prorogato di cinque mesi. Nel momento in cui hanno ricevuto il preavviso di licenziamento, tutti i lavoratori interessati avevano un’età superiore a 55 anni e avevano lavorato per più di dieci anni consecutivi o per la Apoteket AB o per l’AstraZeneca AB e la seconda convenuta.

16.      Tuttavia, alla data del preavviso di licenziamento tutti i suddetti lavoratori avevano prestato servizio alle dipendenze della seconda convenuta da sola per periodi assai più brevi. Dal fascicolo di causa sembrerebbe emergere che JAH e JH avevano entrambi lavorato presso quest’ultima per due anni e sei mesi, BL per tre anni e sei mesi e, come ho indicato in precedenza, BSA per sei anni e quasi tre mesi.

17.      Al momento dei trasferimenti vigevano per la Apoteket AB e la AstraZeneca AB contratti collettivi contenenti clausole che stabilivano un diritto di proroga di sei mesi del periodo di preavviso a favore dei dipendenti licenziati che, all’atto del licenziamento, avessero raggiunto i 55 anni di età e acquisito un’anzianità ininterrotta di dieci anni. Secondo le osservazioni scritte presentate dal sindacato ricorrente, il contratto vigente presso la AstraZeneca AB era stato concluso tra il sindacato ricorrente e l’associazione dei datori di lavoro cui la AstraZeneca aveva aderito.

18.      Inoltre, alle rispettive date dei trasferimenti, la prima e la seconda convenuta erano vincolate da un contratto collettivo concluso con il sindacato ricorrente, in cui erano inserite clausole relative all’anzianità di servizio e la cessazione del rapporto di lavoro che ricalcavano esattamente le clausole del contratto collettivo vigente presso la Apoteket AB e la AstraZeneca AB. Il contratto concluso tra il sindacato ricorrente e la prima convenuta contiene, inter alia, le seguenti disposizioni.

«14.3.2 Termine di preavviso in caso di licenziamento

Il termine di preavviso per il datore di lavoro è stabilito come segue, salvo il caso in cui condizioni diverse siano imposte dall’articolo 14.4 o indotte dall’applicazione dell’articolo 14.4‑14.6.

Termine di preavviso per il datore di lavoro in mesi

Anzianità di servizio      Durata del preavviso

nell’impresa

Meno di 2 anni

1 mese

Da 2 a 4 anni

2 mesi

Da 4 a 6 anni

3 mesi

Da 6 a 8 anni

4 mesi

Da 8 a 10 anni

5 mesi

10 anni e oltre

6 mesi

14.3.3 Proroga del termine di preavviso in determinati casi di licenziamento

Qualora, in caso di licenziamento per motivi economici, il lavoratore abbia raggiunto, al momento del licenziamento stesso, l’età di 55 anni, acquisendo un’anzianità ininterrotta di servizio di dieci anni, la durata del termine di preavviso è prorogata di sei mesi. [Tale clausola è connessa alla Omställningsavtalet (accordo sull’assistenza di fine rapporto)]. Tale clausola non si applica nel caso in cui, al momento del licenziamento, il dipendente abbia raggiunto l’età di 65 anni».

19.      In tale contesto, l’Arbetsdomstolen (Tribunale del lavoro) ha sollevato la seguente questione pregiudiziale:

«Se sia compatibile con la direttiva sui trasferimenti di imprese che, ad oltre un anno dal trasferimento di uno stabilimento e con riguardo alla clausola contenuta in un contratto collettivo, applicabile nei confronti del cessionario, il quale subordina al possesso di una determinata anzianità di servizio ininterrotta presso un solo ed unico datore di lavoro il beneficio della proroga del termine di preavviso in caso di licenziamento, il cessionario medesimo non tenga conto dell’anzianità, maturata presso il cedente, dai lavoratori trasferiti, laddove, in base al contratto collettivo vigente nei confronti del cedente stesso, contenente identica clausola, i lavoratori avrebbero avuto diritto a che l’anzianità ivi maturata venisse presa in considerazione».

20.      Osservazioni scritte sono state presentate dal sindacato ricorrente, dalle convenute, dal governo francese e dalla Commissione europea. Tutte le suddette parti, ad eccezione del governo francese, erano presenti all’udienza, che si è tenuta il 17 novembre 2016.

III. Analisi

A.      Introduzione

21.      Il sindacato ricorrente sostiene che, in base a una corretta interpretazione dell’articolo 3, paragrafi 1 e 3, della direttiva sui trasferimenti di imprese, BSA, JAH, JH e BL hanno diritto alla proroga del termine di preavviso prevista dall’articolo 14.3.3 (sopra riportato). Tale interpretazione è contestata dalla prima e dalla seconda convenuta per il motivo che, in particolare, nessuno tra BSA, JAH, JH e BL ha lavorato alle dipendenze della seconda convenuta per più di dieci anni, e altresì perché le norme sulla durata del termine di preavviso in caso di licenziamento contenute in un contratto collettivo non costituiscono «diritti» tutelati dall’articolo 3 della direttiva sui trasferimenti di imprese.

B.      Articolo 3, paragrafo 1, della direttiva sui trasferimenti di imprese

22.      Innanzitutto, riconosco che la direttiva 2001/23 mira solo a un’armonizzazione parziale della materia e non è tesa ad instaurare un livello di tutela uniforme nell’intera Unione secondo criteri comuni (6). Tuttavia, è altrettanto vero che, secondo una consolidata giurisprudenza della Corte, la direttiva sul trasferimento di imprese «mira (…) a garantire la conservazione dei diritti dei lavoratori in caso di cambiamento dell’imprenditore consentendo loro di rimanere alle dipendenze del nuovo datore di lavoro alle stesse condizioni pattuite con il cedente» (7).

23.      Pertanto, anche se l’anzianità di servizio acquisita presso il cedente, di per sé, non costituisce un diritto ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva sui trasferimenti di imprese, opponibile dai dipendenti al nuovo datore di lavoro, tale anzianità «serve a determinare taluni diritti dei lavoratori di natura pecuniaria e sono questi diritti che dovranno, se del caso, essere salvaguardati dal cessionario allo stesso modo del cedente» (8). La Corte ha fornito esempi di tali diritti. Tali esempi includono, in particolare, «un trattamento di fine rapporto» (9).

24.      Ne consegue che, per il calcolo di un trattamento di fine rapporto «il cessionario è tenuto a prendere in considerazione tutti gli anni di servizio effettuati dal personale trasferito nella misura in cui questo obbligo risultava dal rapporto di lavoro che vincolava tale personale al cedente e conformemente alle modalità pattuite nell’ambito di detto rapporto (10).

25.      Come ha rilevato il governo francese nelle osservazioni scritte, una proroga del termine di preavviso di sei mesi equivale allo stipendio di sei mesi. Perciò, dato che l’anzianità di servizio è fondamentale per calcolare l’importo del trattamento di fine rapporto, l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva sul trasferimento di imprese tutela obbligatoriamente BSA, JAH, JH e BL in relazione ai fattori che sono pertinenti ai fini di detto calcolo (11).

26.      Riconosco che la Corte ha dichiarato che l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva sui trasferimenti di imprese non impedisce agli Stati membri di consentire una modifica del rapporto di lavoro in senso sfavorevole ai lavoratori, in una situazione diversa dal trasferimento, in particolare per quanto riguarda la loro tutela contro il licenziamento e le loro condizioni di retribuzione (12). Tuttavia, tale possibilità è soggetta alla rigorosa condizione che «in nessun caso il trasferimento dell’impresa può costituire di per sé il motivo di tale modifica» (13).

27.      Il motivo della modifica delle condizioni di retribuzione è necessariamente il trasferimento quando, come avviene nella presente causa, non vi è stata una rinegoziazione, indipendente dal trasferimento, del periodo di anzianità di servizio di cui il datore di lavoro deve tenere conto nel calcolo dei termini di preavviso in caso di licenziamento. In altre parole, il rapporto di lavoro non è stato «modifica[to] (…) in senso sfavorevole ai lavoratori[,] al di fuori dell’ipotesi di un trasferimento di impresa[,] per quanto riguarda (…) le loro condizioni di retribuzione» (il corsivo è mio) (14). I contratti collettivi che vincolano il cedente e il cessionario, alla data dei rispettivi trasferimenti, contenevano clausole al riguardo formulate in maniera identica, pertanto non è stato stabilito di non garantire talune condizioni di lavoro oltre una particolare data (15).

28.      La prima e la seconda convenuta sostengono che, dato che il contratto collettivo che vincolava i cedenti non indicava espressamente che i periodi di anzianità acquisiti presso i datori di lavoro precedenti erano rilevanti ai fini del calcolo dei termini di preavviso in caso di licenziamento, la cessionaria e seconda convenuta non può essere obbligata a prendere in considerazione l’anzianità di servizio acquisita presso i cedenti.

29.      Tuttavia, siffatta interpretazione del margine discrezionale intrinseco alla direttiva sul trasferimento di imprese, che consente di modificare il rapporto di impiego in senso sfavorevole ai lavoratori, purché il trasferimento non costituisca il motivo della modifica (16), risulterebbe contraria agli obiettivi perseguiti dalla direttiva stessa. Tali obiettivi si riflettono nel considerando 3, in cui si afferma che occorre adottare le disposizioni necessarie per proteggere i lavoratori in caso di cambiamento dell’imprenditore, in particolare per assicurare il mantenimento dei loro diritti (17).

30.      La Corte ha ripetutamente dichiarato che l’obiettivo della direttiva sui trasferimenti di imprese consiste, essenzialmente, nell’impedire che i lavoratori coinvolti in un trasferimento siano collocati in una posizione meno favorevole per il solo fatto del trasferimento (18).

31.      Come ha spiegato all’udienza il rappresentante legale del sindacato ricorrente, se i lavoratori interessati fossero rimasti alle dipendenze dei cedenti, avrebbero avuto diritto alla proroga del termine di preavviso prevista da entrambi i contratti collettivi. In mancanza di elementi idonei a dimostrare il verificarsi di un altro evento che avrebbe determinato una riduzione del termine di preavviso, come la conclusione di un nuovo accordo in esito ad un negoziato non legato al trasferimento, la contrazione del termine di preavviso dev’essere inevitabilmente attribuita al trasferimento.

C.      Articolo 3, paragrafo 3, della direttiva sui trasferimenti di imprese

32.      L’articolo 3, paragrafo 3, secondo comma, della direttiva sui trasferimenti di imprese (19), e l’opzione del limite di un anno ivi accordata in relazione al periodo in cui il cessionario è tenuto a rispettare le clausole e le condizioni inserite nei contratti collettivi vincolanti il cedente, non altera in alcun modo le mie conclusioni circa l’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva medesima. In primo luogo, come è stato osservato in precedenza, il contratto collettivo concluso tra il sindacato ricorrente e la prima e la seconda convenuta non modifica il testo delle clausole sull’anzianità di servizio e sui termini di preavviso in caso di licenziamento contenute nel contratto collettivo che vincolava il cedente. Pertanto è irrilevante il fatto che un contratto collettivo cessi di avere effetto dopo un anno e ne entri in vigore un altro.

33.      In secondo luogo, la Corte ha dichiarato che l’esercizio da parte degli Stati membri della facoltà prevista dall’articolo 3, paragrafo 3, secondo comma, della direttiva sul trasferimento di imprese, consistente nel sostituire, con effetto immediato, le condizioni di cui godevano i lavoratori trasferiti in base al contratto collettivo vigente presso il cedente con quelle previste dal contratto collettivo vigente presso il cessionario non può pertanto avere lo scopo, o l’effetto, di imporre a detti lavoratori condizioni globalmente meno favorevoli di quelle applicabili prima del trasferimento (20). Lo stesso ragionamento vale necessariamente per l’opzione del limite di un anno, quando le clausole rilevanti dei contratti collettivi di cui trattasi sono formulate in maniera identica (21).

D.      Applicazione orizzontale della direttiva sui trasferimenti di imprese

34.      Infine, nelle osservazioni scritte, le convenute asseriscono che un’interpretazione della direttiva sui trasferimenti di imprese diversa da quella da esse sostenuta comporterebbe una violazione del principio di certezza del diritto, l’imposizione indebita di un obbligo a carico di un soggetto privato a causa dell’(illegittima) applicazione orizzontale di una direttiva, e un’interpretazione contra legem, altrettanto vietata, del diritto nazionale, in particolare con riguardo all’attivazione dell’opzione del limite di un anno da parte della Svezia (22).

35.      Dal fascicolo non sembra potersi dedurre che nel presente caso si pone un problema di interpretazione contra legem del diritto nazionale, poiché né i contratti collettivi controversi né le norme di legge (la LAS e la MBL) obbligano ad escludere i periodi di occupazione compiuti presso il cedente dal calcolo dei termini di preavviso vincolanti i cessionari (23).

36.      Inoltre, secondo una giurisprudenza costante della Corte, né le ripercussioni negative sui soggetti privati né l’allontanamento dalla giurisprudenza nazionale consolidata impediscono l’adempimento dell’obbligo incombente ai giudici degli Stati membri di fare tutto il possibile per conseguire il risultato fissato dalla direttiva in parola e conformarsi pertanto all’articolo 288, terzo comma, TFUE. Le norme precise sul modo in cui i giudici nazionali devono garantire tale risultato, nell’ambito dell’applicazione delle direttive alle controversie di natura orizzontale, sono state recentemente esaminate dalla Grande Sezione della Corte nella sentenza del 19 aprile 2016, DI, C‑441/14 (EU:C:2016:278).

IV.    Conclusione

37.      Alla luce di tutte le precedenti considerazioni, sono del parere che la Corte dovrebbe rispondere alla questione sollevata dall’Arbetsdomstolen (Tribunale del lavoro, Svezia) nei seguenti termini:

«Nelle circostanze di cui al procedimento principale, la direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti impone che, anche dopo che sia trascorso un anno dalla data del trasferimento di un’impresa, i periodi di servizio compiuti da un dipendente presso il cedente vengano inclusi nel calcolo dell’anzianità di servizio rilevante al fine di determinare il termine del preavviso di licenziamento che il cessionario è tenuto a rispettare».


1      Lingua originale: l’inglese.


2      Direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti (GU 2001, L 82, pag. 16).


3      Secondo quanto indicato nell’ordinanza di rinvio. All’udienza, il rappresentante della prima convenuta ha affermato che le clausole erano leggermente diverse, ma non ha fornito dettagli al riguardo.


4      Secondo le osservazioni scritte del sindacato ricorrente.


5      Secondo le osservazioni scritte del sindacato ricorrente.


6      Sentenza dell’11 settembre 2014, Österreichischer Gewerkschaftsbund, C‑328/13, EU:C:2014:2197, punto 22 e giurisprudenza ivi citata.


7      Sentenza del 14 settembre 2000, Collino e Chiappero, C‑343/98 EU:C:2000:441, punto 49 e giurisprudenza ivi citata. Tale sentenza e la sentenza del 6 settembre 2011, Scattolon, C‑108/10, EU:C:2011:542, hanno entrambe un ruolo chiave nel risolvere la controversia in esame ed entrambe riguardavano l’interpretazione della direttiva 77/187/CEE del Consiglio, del 14 febbraio 1977, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti (GU 1977, L 61, pag. 26) piuttosto che la misura succeduta a quest’ultima, ossia la direttiva sui trasferimenti di imprese. Tuttavia, l’articolo 3, paragrafi 1 e 3, della direttiva sui trasferimenti di imprese ricalca essenzialmente l’articolo 3, paragrafi 1 e 2, della direttiva 77/187, sebbene il primo contenga modifiche che erano assenti da quest’ultimo.


8      Ibidem, punto 50. V., inoltre, sentenza del 6 settembre 2011, Scattolon, C‑108/10, EU:C:2011:542, punti 69 e 70.


9      Ibidem, punto 51.


10      Ibidem.


11      Ad una conclusione simile è pervenuta la Corte EFTA nella sentenza del 18 dicembre 2014, causa E – 10/14, Enes Deveci e a./Scandinavian Airlines System Denmark-Norway-Sweden, punto 83, in un contesto in cui l’anzianità di servizio era un fattore rilevante ai fini del calcolo delle retribuzioni. In tale occasione, detta Corte ha dichiarato che «l’articolo 3 della direttiva (…) preclude la possibilità che i lavoratori trasferiti subiscano una perdita rilevante del reddito da lavoro rispetto alla situazione immediatamente precedente al trasferimento, per il fatto che l’anzianità che avevano acquisito presso il cedente non viene presa in considerazione sufficientemente in occasione della determinazione della loro posizione salariale di partenza presso il cessionario e allorché le condizioni di remunerazione previste dal contratto collettivo applicabile in base alla nuova posizione fanno riferimento, tra l’altro, all’anzianità di servizio».


12      Sentenza del 14 settembre 2000, Collino e Chiappero, C‑343/98, EU:C:2000:441, punto 52. Ciò dipende dal fatto che la direttiva sui trasferimenti di imprese è una misura di armonizzazione parziale. V. Watson, P., EU Social Policy and Employment Law 2014, Oxford University Press, punto 12.24, pag. 141.


13. Sentenza del 14 settembre 2000, Collino e Chiappero, C‑343/98 EU:C:2000:441, punto 52. V., nello stesso senso, sentenza del 6 settembre 2011, Scattolon, C‑108/10, EU:C:2011:542, punto 77.


14      Ibidem.


15      V. sentenza del 27 novembre 2008, Juuri, C‑396/07 EU:C:2008:656, punto 33. Dato che, quando sono avvenuti i rispettivi trasferimenti dei dipendenti interessati, i cedenti e il cessionario erano vincolati da clausole dei contratti collettivi relative all’anzianità di servizio e al calcolo dei termini di preavviso in caso di licenziamento che erano redatte in maniera identica, è evidente che, nel presente caso, l’articolo 3 della direttiva sul trasferimento di imprese non è stato applicato per proteggere «mere aspettative» o «ipotetici benefici derivanti dalle evoluzioni future dei contratti collettivi». V. sentenza del 9 marzo 2006, Werhof, C‑499/04, EU:C:2006:168, punto 29. Cfr. la situazione esaminata dall’avvocato generale Bot nelle conclusioni del 19 gennaio 2017, cause riunite C‑680/15 e C‑681/15, Asklepios Kliniken, EU:C:2017:30 (in attesa di sentenza), in particolare al paragrafo 94.


16      Sentenza del 14 settembre 2000, Collino e Chiappero, C‑343/98, EU:C:2000:441, punto 52.


17      Ricordo che un obiettivo della direttiva 2001/23 consiste nell’assicurare un giusto equilibrio tra gli interessi dei lavoratori, da un lato, e quelli del cessionario, dall’altro, da cui risulta, segnatamente, che il cessionario dev’essere in grado di procedere agli adeguamenti e ai cambiamenti necessari alla continuazione della sua attività. V. sentenza dell’11 settembre 2014, Österreichischer Gewerkschaftsbund, C‑328/13, EU:C:2014:2197, punto 29 e giurisprudenza ivi citata. Dato che nel caso presente non è stato obiettato, per esempio, che il cessionario fosse vincolato da clausole negoziate e pattuite dopo la data del trasferimento senza la partecipazione dei cessionari, sembrerebbe che l’equilibrio sia stato raggiunto. V. sentenza del 18 luglio 2013, Alemo-Herron e a., C‑426/11, EU:C:2013:521, punti da 27 a 29.


18      Sentenza del 6 settembre 2011, Scattolon, C‑108/10, EU:C:2011:542, punto 75 e giurisprudenza ivi citata.


19      L’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva sul trasferimento di imprese è diventato legge con un emendamento all’articolo 3 della direttiva 98/50/CE del Consiglio, del 29 giugno 1998, che modifica la direttiva 77/187 (GU 1998, L 201, pag. 88).


20      Sentenza del 6 settembre 2011, Scattolon, C‑108/10, EU:C:2011:542, punto 76.


21      La regola di cui all’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva sui trasferimenti di imprese relativa all’ultrattività di un contratto collettivo in vigore presso il cedente mira, «nell’interesse dei lavoratori, ad evitare una brusca rottura del quadro normativo convenzionale che disciplina il rapporto di lavoro». V. sentenza dell’11 settembre 2014, Österreichischer Gewerkschaftsbund, C‑328/13, EU:C:2014:2197, punto 28.


22      Al riguardo invocano la sentenza del 15 gennaio 2014, Association de médiation sociale, C‑176/12, EU:C:2014:2.


23      L’obbligo di interpretare il diritto nazionale, per quanto possibile, in conformità delle direttive si applica ai contratti collettivi come avviene per le altre misure del diritto nazionale. V. le conclusioni dell’avvocato generale Spuznar nella causa AKT, C‑533/13, EU:C:2014:2392, punto 132 e giurisprudenza ivi citata.