Language of document : ECLI:EU:C:2018:206

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

YVES BOT

presentate il 21 marzo 2018 (1)

Causa C346/17 P

Christoph Klein

contro

Commissione europea

«Impugnazione – Responsabilità extracontrattuale – Direttiva 93/42/CEE – Articoli 8 e 18 – Dispositivi medici – Inerzia della Commissione in seguito alla notifica di una decisione di divieto di immissione in commercio – Procedimento di clausola di salvaguardia – Violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica che conferisce diritti ai singoli – Nesso causale – Danno certo ed effettivo»






1.        Con la sua impugnazione il sig. Christoph Klein chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 28 settembre 2016, Klein/Commissione (T‑309/10 RENV, non pubblicata, EU:T:2016:570; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con cui quest’ultimo ha respinto il suo ricorso inteso ad ottenere il risarcimento del danno asseritamente subito a seguito di una violazione da parte della Commissione degli obblighi ad essa incombenti ai sensi della direttiva 93/42/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1993, concernente i dispositivi medici (2).

2.        L’esame di tale impugnazione, limitato al quinto motivo, conformemente alla richiesta della Corte, mi porterà a spiegare perché ritengo che tale motivo sia fondato, con conseguente annullamento parziale della sentenza impugnata.

I.      Contesto normativo

3.        Ai sensi dell’articolo 1 della direttiva 93/42, intitolato «Definizioni, campo di applicazione»:

«1.      La presente direttiva si applica ai dispositivi medici e ai relativi accessori. Ai fini della presente direttiva gli accessori sono considerati dispositivi medici a pieno titolo. In appresso i dispositivi medici ed i loro accessori vengono indicati col termine “dispositivi”.

2.      Ai fini della presente direttiva s’intende per:

a)      dispositivo medico: qualsiasi strumento, apparecchio, impianto, sostanza o altro prodotto, utilizzato da solo o in combinazione, compreso il software informatico impiegato per il corretto funzionamento e destinato dal fabbricante ad esser impiegato nell’uomo a scopo di:

–        diagnosi, prevenzione, controllo, terapia o attenuazione di una malattia;

–        diagnosi, controllo, terapia, attenuazione o compensazione di una ferita o di un handicap,

–        studio, sostituzione o modifica dell’anatomia o di un processo fisiologico,

–        intervento sul concepimento,

la cui azione principale voluta nel o sul corpo umano non sia conseguita con mezzi farmacologici né immunologici né mediante metabolismo, ma la cui funzione possa essere assistita da questi mezzi;

(...)».

4.        L’articolo 2 di tale direttiva, intitolato «Immissione in commercio e messa in servizio», così recita:

«Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché i dispositivi possano essere immessi in commercio e messi in servizio unicamente se non compromettono la sicurezza e la salute dei pazienti, degli utilizzatori ed eventualmente di terzi, qualora siano correttamente installati, formino oggetto di un’adeguata manutenzione e siano utilizzati secondo la loro destinazione».

5.        L’articolo 3 di detta direttiva, intitolato «Requisiti essenziali», è formulato nei seguenti termini:

«I dispositivi devono soddisfare i pertinenti requisiti essenziali prescritti nell’allegato I in considerazione della loro destinazione».

6.        L’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 93/42 prevede quanto segue:

«Gli Stati membri non impediscono nel proprio territorio l’immissione in commercio e la messa in servizio dei dispositivi recanti la marcatura CE di cui all’articolo 17 che dimostra che essi hanno formato oggetto del procedimento di valutazione della conformità ai sensi dell’articolo 11».

7.        L’articolo 8 di tale direttiva, intitolato «Clausola di salvaguardia», stabilisce quanto segue:

«1.      Qualsiasi Stato membro, qualora constati che un dispositivo di cui all’articolo 4, paragrafi 1 e 2, secondo trattino, installato ed utilizzato correttamente secondo la sua destinazione e oggetto di manutenzione regolare, può compromettere la salute e/o la sicurezza dei pazienti, degli utilizzatori o eventualmente di terzi, prende le misure provvisorie necessarie per ritirare tale dispositivo dal mercato, vietarne o ridurne l’immissione in commercio o la messa in servizio. Lo Stato membro comunica immediatamente tali misure alla Commissione, indicando i motivi della sua decisione e in particolare se la non conformità alla presente direttiva derivi:

a)      dal mancato rispetto dei requisiti essenziali di cui all’articolo 3;

b)      da una scorretta applicazione delle norme di cui all’articolo 5, sempreché sia prevista l’applicazione di dette norme;

c)      da una lacuna nelle norme stesse.

2.      La Commissione procede nel minor tempo possibile a consultazioni con le parti interessate. Se dopo tali consultazioni essa ritiene:

–        che il provvedimento è giustificato, essa ne informa immediatamente lo Stato membro che ha preso la misura e gli altri Stati membri. Qualora la decisione di cui al paragrafo 1 sia motivata da carenze esistenti nelle norme, la Commissione, dopo aver consultato le parti interessate, adisce il comitato di cui all’articolo 6, entro un termine di 2 mesi, se lo Stato membro che ha adottato il provvedimento intende mantenerlo in vigore, ed avvia la procedura prevista all’articolo 6;

–        che il provvedimento è ingiustificato, essa ne informa immediatamente lo Stato membro che ha preso la misura nonché il fabbricante o il suo mandatario stabilito nell’[Unione europea].

3.      Se un dispositivo non conforme è munito della marcatura CE, lo Stato membro competente adotta nei confronti di chi abbia apposto il marchio al dispositivo le misure del caso e ne informa la Commissione e gli altri Stati membri.

4.      La Commissione provvede affinché gli Stati membri siano informati dello svolgimento e dei risultati di questo procedimento».

8.        L’articolo 9 della direttiva 93/42, intitolato «Classificazione», dispone che la classificazione dei dispositivi medici segua le regole di cui all’allegato IX.

9.        L’articolo 11, paragrafo 5, di tale direttiva enuncia quanto segue:

«Per i dispositivi appartenenti alla classe I, ad esclusione dei dispositivi su misura e di quelli destinati ad indagini cliniche, il fabbricante ai fini dell’apposizione della marcatura CE, si attiene alla procedura prevista all’allegato VII e redige, prima dell’immissione in commercio, la dichiarazione di conformità CE richiesta».

10.      L’articolo 17, paragrafo 1, della citata direttiva prevede quanto segue:

«I dispositivi, ad esclusione di quelli su misura e di quelli destinati ad indagini cliniche, che soddisfano i requisiti essenziali previsti all’articolo 3 devono recare al momento dell’immissione in commercio una marcatura di conformità CE».

11.      L’articolo 18 della direttiva 93/42, intitolato «Indebita marcatura CE», così dispone:

«Fatto salvo l’articolo 8:

a)      ogni constatazione, da parte di uno Stato membro, di indebita marcatura CE, comporta per il fabbricante o il suo mandatario stabilito nell’[Unione] l’obbligo di far cessare l’infrazione alle condizioni fissate dallo Stato membro;

b)      qualora l’infrazione si protragga, lo Stato membro deve adottare tutte le misure atte a limitare o vietare l’immissione in commercio del prodotto in questione o a garantirne il ritiro dal commercio, secondo la procedura prevista all’articolo 8».

12.      L’allegato I di tale direttiva, intitolato «Requisiti essenziali», è formulato come segue:

«1.      I dispositivi devono essere progettati e fabbricati in modo che la loro utilizzazione non comprometta lo stato clinico e la sicurezza dei pazienti, né la sicurezza e la salute degli utilizzatori ed eventualmente di terzi quando siano utilizzati alle condizioni e per i fini previsti, fermo restando che gli eventuali rischi debbono essere di livello accettabile, tenuto conto del beneficio apportato al paziente, e compatibili con un elevato livello di protezione della salute e della sicurezza.

(...)

3.      I dispositivi devono fornire le prestazioni loro assegnate dal fabbricante ed essere progettati, fabbricati e condizionati in modo tale da poter espletare una o più delle funzioni di cui all’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), quali specificate dal fabbricante».

13.      Le indicazioni che devono contenere le istruzioni per l’uso che accompagnano i dispositivi medici sono elencate al punto 13.6 dell’allegato I della direttiva 93/42.

II.    Fatti

A.      Contesto

14.      Il sig. Klein è il direttore della atmed AG, una società per azioni di diritto tedesco attualmente in stato di insolvenza. È altresì l’inventore di un dispositivo medico di agevolazione dell’inalazione per asmatici, che ha brevettato all’inizio degli anni novanta. Secondo il sig. Klein, il suo è l’unico dispositivo di agevolazione dell’inalazione che può essere utilizzato da pazienti in posizione distesa, particolarmente adatto al caso dei pazienti allettati o affetti da una malattia polmonare ostruttiva cronica. È pacifico che tale dispositivo appartiene alla classe I dei dispositivi medici ai sensi dell’articolo 9 e dell’allegato IX della direttiva 93/42 (3).

15.      Fra il 1996 e il 2001, la fabbricazione di detto dispositivo medico era stata affidata alla Primed Halberstadt GmbH per conto della Broncho-Air Medizintechnik AG. Quest’ultima società era anche il distributore del dispositivo, sotto il nome di Inhaler Broncho Air® (in prosieguo: il «dispositivo Inhaler») (4).

16.      In occasione della sua immissione in commercio nel mercato tedesco, tale dispositivo recava la marcatura CE, che ne designava la conformità ai requisiti essenziali previsti all’articolo 3 della direttiva 93/42 ed elencati nell’allegato I della stessa.

17.      Il 16 giugno 2000, i diritti di sfruttamento esclusivo del dispositivo medico di agevolazione dell’inalazione del ricorrente venivano ceduti alla atmed che, a partire dal 2002, distribuiva in esclusiva tale dispositivo medico con il nome «effecto®» (in prosieguo: il «dispositivo effecto»). Nel 2003 tale società si faceva altresì carico della sua fabbricazione. Al momento della sua immissione in commercio nel mercato tedesco, tale dispositivo era munito della marcatura CE.

B.      Le decisioni di divieto

1.      Decisione di divieto del dispositivo Inhaler

18.      Nel corso dell’anno 1996, le autorità tedesche informavano la Broncho-Air Medizintechnik, società distributrice del dispositivo Inhaler, che intendevano vietarne la distribuzione a causa dei loro dubbi quanto alla conformità di tale dispositivo ai requisiti essenziali previsti dalla direttiva 93/42, fondati sull’assenza di una valutazione clinica esauriente.

19.      Con lettera del 22 maggio 1997, la Broncho-Air Medizintechnik informava le autorità tedesche che il dispositivo Inhaler non era più commercializzato dal 1º gennaio 1997 e che la sua distribuzione sarebbe stata sospesa fino a che non fossero stati disponibili studi e sperimentazioni ulteriori sulla conformità di tale prodotto ai requisiti della direttiva 93/42. Essa faceva inoltre sapere alle autorità tedesche che il dispositivo in questione non era stato distribuito all’estero (5).

20.      Il 23 settembre 1997, le autorità tedesche adottavano una decisione che vietava alla Primed Halberstadt l’immissione in commercio del dispositivo Inhaler (in prosieguo: la «decisione di divieto di immissione in commercio del dispositivo Inhaler»). In tale decisione le autorità tedesche constatavano, in sostanza, che, conformemente al parere del Bundesinstitut für Arzneimittel und Medizinprodukte (Istituto federale per i medicinali e i dispositivi medici, Germania), il dispositivo medico in questione non soddisfaceva i requisiti essenziali di cui all’allegato I della direttiva 93/42, poiché la sua innocuità non era stata dimostrata a sufficienza a livello scientifico alla luce degli elementi messi a disposizione dal fabbricante.

21.      Con lettera del 7 gennaio 1998, intitolata «Procedimento di clausola di salvaguardia ai sensi dell’articolo 8 della direttiva 93/42 (…) relativo [al dispositivo Inhaler]», le autorità tedesche comunicavano alla Commissione la loro decisione di divieto di immissione in commercio del dispositivo Inhaler nonché i motivi di tale decisione.

22.      La Commissione non adottava alcuna decisione in seguito alla notifica della lettera del 7 gennaio 1998 da parte delle autorità tedesche.

2.      Decisione di divieto del dispositivo medico distribuito, a partire dal 2002, con il nome «effecto®»

23.      Con decisione del 18 maggio 2005, le autorità tedesche vietavano alla atmed di immettere in commercio il dispositivo effecto (in prosieguo: la «decisione di divieto di immissione in commercio del dispositivo effecto»). Esse ritenevano, in sostanza, che il procedimento di valutazione della conformità, segnatamente la valutazione clinica, non fosse stato condotto in modo adeguato e che, per tale ragione, detto dispositivo non potesse essere considerato in grado di soddisfare i requisiti essenziali previsti dalla direttiva 93/42. Tale decisione non veniva notificata alla Commissione dalle autorità tedesche ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 93/42.

24.      Il 16 gennaio e il 17 agosto 2006, la atmed contattava i servizi della Commissione per denunciare il fatto che le autorità tedesche non avevano loro notificato la decisione di divieto di immissione in commercio del dispositivo effecto.

25.      Il 6 ottobre 2006, alla luce delle informazioni ricevute dalla atmed, la Commissione chiedeva alle autorità tedesche se, a loro avviso, fossero state rispettate le condizioni per l’avvio di un procedimento di clausola di salvaguardia ai sensi dell’articolo 8 della direttiva 93/42.

26.       Il 12 dicembre 2006, le autorità tedesche spiegavano alla Commissione che, a loro avviso, il procedimento avviato nel 1998 relativo al dispositivo Inhaler costituiva un procedimento di clausola di salvaguardia ai sensi dell’articolo 8 della direttiva 93/42 e che l’avvio di un nuovo procedimento di clausola di salvaguardia, per un medesimo dispositivo con un altro nome, non era giustificato. Le medesime autorità informavano, poi, la Commissione dei loro dubbi quanto alla conformità del dispositivo effecto ai requisiti essenziali di cui alla direttiva 93/42 e chiedevano, pertanto, alla Commissione di confermare la loro decisione di divieto di immissione in commercio del dispositivo effecto.

27.      Il 13 dicembre 2006, la Commissione informava la atmed della risposta delle autorità tedesche.

28.      Il 18 dicembre 2006, la atmed chiedeva alla Commissione, da un lato, che aprisse un procedimento d’inadempimento ai sensi dell’articolo 226 CE (divenuto l’articolo 258 TFUE) avverso la Repubblica federale di Germania e, dall’altro lato, che proseguisse il procedimento di clausola di salvaguardia che, a suo avviso, era stato avviato nel 1998.

29.      Il 22 febbraio 2007, la Commissione proponeva alle autorità tedesche di valutare la decisione di divieto di immissione in commercio del dispositivo effecto nel contesto del procedimento di clausola di salvaguardia che avevano avviato nel 1998 per quanto riguarda il dispositivo Inhaler e di trattare tale decisione sulla base delle nuove informazioni.

30.      Il 18 luglio 2007, la Commissione comunicava alle autorità tedesche la sua conclusione secondo la quale la presente fattispecie costituiva un caso di indebita marcatura CE e, per tale ragione, doveva essere trattata ai sensi dell’articolo 18 della direttiva 93/42. A tale riguardo la Commissione metteva in dubbio il fatto che il dispositivo effecto non potesse soddisfare i requisiti essenziali previsti da tale direttiva e riteneva che fossero necessari ulteriori dati clinici al fine di dare una risposta definitiva alla questione. La Commissione invitava le autorità tedesche a cooperare strettamente con la atmed al fine di stabilire quali fossero i dati mancanti e rimetteva al ricorrente una copia della lettera indirizzata alle autorità tedesche a tale scopo.

31.      Nel 2008 il ricorrente presentava una petizione al Parlamento europeo lamentando l’inadeguatezza dell’intervento della Commissione e l’impatto negativo che ne era derivato per la atmed.

32.      Il 19 gennaio 2011, il Parlamento adottava la risoluzione P7_TA(2011)0017 (6).

33.      Il 9 marzo 2011, il ricorrente chiedeva alla Commissione il pagamento di un’indennità di EUR 170 milioni per la società atmed e di EUR 130 milioni per sé stesso.

C.      Procedimento dinanzi al Tribunale e alla Corte

34.      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 15 settembre 2011, il ricorrente ha proposto un ricorso per risarcimento danni basato sul combinato disposto dell’articolo 268 e dell’articolo 340, secondo comma, TFUE. Con la sentenza del Tribunale del 2014, quest’ultimo ha respinto il ricorso, dopo aver constatato l’assenza di un comportamento illecito della Commissione alla luce delle disposizioni della direttiva 93/42.

35.      Innanzitutto, il Tribunale ha dichiarato irricevibile, per prescrizione, la domanda del ricorrente relativa al danno asseritamente subìto prima del 15 settembre 2006. Per quanto riguarda, poi, la decisione di divieto di immissione in commercio del dispositivo Inhaler, esso ha considerato che l’inerzia della Commissione non era illegittima, in quanto, nonostante il titolo della lettera del 7 gennaio 1998 (7), siffatto divieto non riguardava un caso di clausola di salvaguardia ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 93/42, bensì un caso di indebita marcatura CE ai sensi dell’articolo 18 della medesima direttiva. Così, a norma dell’articolo 8, paragrafo 3, di detta direttiva, la Commissione non doveva essere informata dallo Stato membro interessato e non era tenuta ad adottare alcuna decisione. Infine, quanto alla decisione di divieto di immissione in commercio del dispositivo effecto, il Tribunale ha respinto gli argomenti del ricorrente secondo i quali, in sostanza, la Commissione avrebbe dovuto avviare di propria iniziativa un procedimento di clausola di salvaguardia ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 93/42 o, quantomeno, avviare un procedimento per inadempimento ai sensi dell’articolo 226 CE (divenuto l’articolo 258 TFUE).

36.      A seguito dell’impugnazione del ricorrente, la Corte, con la sentenza della Corte, ha annullato parzialmente la sentenza del Tribunale del 2014 e ha rinviato la causa dinanzi a quest’ultimo.

37.      Infatti, in primo luogo, la Corte ha respinto l’impugnazione del ricorrente nella parte in cui era richiesto il risarcimento danni per il periodo anteriore al 15 settembre 2006. In secondo luogo, per quanto riguarda la decisione di divieto di immissione in commercio del dispositivo Inhaler, la Corte ha dichiarato che il Tribunale aveva violato gli articoli 8 e 18 della direttiva 93/42 concludendo che la Commissione non era venuta meno agli obblighi che le derivavano da detta direttiva. In particolare, essa ha ritenuto che il Tribunale avesse commesso un errore di diritto statuendo che la Commissione non era tenuta ad avviare un procedimento di clausola di salvaguardia, ai sensi dell’articolo 8 della direttiva 93/42, a seguito del ricevimento della lettera del 7 gennaio 1998. La Corte ha inoltre ritenuto che l’eventuale applicazione dell’articolo 18 della direttiva 93/42 al dispositivo Inhaler non esentasse la Commissione dall’obbligo di agire ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, di tale direttiva. Quanto alla decisione di divieto di immissione in commercio del dispositivo effecto, la Corte ha respinto in quanto irricevibile il motivo del ricorrente diretto a far constatare errori del Tribunale sul punto.

38.      Con la sentenza impugnata il Tribunale, adito in sede di rinvio, ha respinto il ricorso del ricorrente. In particolare, esso ha considerato che, in applicazione dell’articolo 61, secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, il ricorso era irricevibile nella parte in cui riguardava una presunta carenza illegittima della Commissione nel procedimento relativo al dispositivo effecto. Quanto al merito, il Tribunale ha dichiarato che la violazione del diritto dell’Unione da parte della Commissione fosse sufficientemente qualificata dato che, da un lato, quest’ultima non disponeva di alcun margine discrezionale riguardo all’adozione di una decisione a seguito del procedimento di clausola di salvaguardia avviato nel 1998 a norma dell’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 93/42 e che, dall’altro, un’amministrazione normalmente prudente e diligente non avrebbe potuto, in circostanze analoghe, commettere l’irregolarità constatata. Ha inoltre dichiarato che il ricorrente poteva far valere soltanto i diritti al risarcimento che gli erano stati ceduti dalla Broncho-Air Medizintechnik per conto della quale il dispositivo Inhaler era stato fabbricato. Per quanto riguarda l’esistenza di un nesso di causalità tra l’inerzia illecita della Commissione e i danni dedotti, il Tribunale ha, in primo luogo, constatato che la Broncho-Air Medizintechnik, distributrice del dispositivo Inhaler, aveva deciso, prima della decisione delle autorità tedesche, di non commercializzare né vendere più il suo prodotto. Esso ha ritenuto, in secondo luogo, che non vi fosse alcuna certezza che la Commissione avrebbe adottato una decisione in contrasto con le conclusioni delle autorità tedesche e, in terzo luogo, che le spese processuali sostenute dal ricorrente, aventi ad oggetto la contestazione della legittimità delle decisioni delle autorità tedesche, non potessero essere imputate alla Commissione.

39.      Avendo considerato che il ricorrente non aveva dimostrato l’esistenza di un nesso causale diretto e sufficiente che facesse sorgere la responsabilità dell’Unione, il Tribunale ha ritenuto che non fosse necessario esaminare la condizione relativa all’esistenza di un danno e, successivamente, ha respinto il ricorso nel suo insieme.

III. Conclusioni delle parti

40.      Il ricorrente chiede che la Corte voglia:

–        annullare la sentenza impugnata;

–        condannare la convenuta a versare al ricorrente la somma di EUR 1 562 662,30, maggiorata degli interessi nella misura di otto punti in più rispetto al tasso di interesse di base a decorrere dalla pronuncia della sentenza;

–        dichiarare il principio dell’obbligo per la Commissione di risarcire il ricorrente del danno causatogli a partire dal 15 settembre 2006, che continua a far valere e che resta ancora da quantificare;

–        condannare la Commissione alle spese, e

–        in subordine, annullare la sentenza impugnata e rinviare la causa dinanzi al Tribunale.

41.      La Commissione chiede alla Corte di voler respingere l’impugnazione e condannare il sig. Klein alle spese.

IV.    Esame dell’impugnazione

42.      L’impugnazione consiste di otto motivi. Il ricorrente deduce:

–        con il primo motivo, l’errata applicazione dell’articolo 61, secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, sostenendo che il secondo capo delle sue conclusioni riguardo al dispositivo effecto è ricevibile;

–        con il secondo motivo, una violazione dell’articolo 61, secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, sostenendo che l’esame delle condizioni del suo ricorso è errato, dal momento che il Tribunale ha travisato la portata della sentenza della Corte che gli avrebbe conferito diritti al risarcimento connessi alla sua condizione personale e ai diritti ceduti dalla atmed;

–        con il terzo motivo, una violazione dell’articolo 84, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale e dell’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (8), sostenendo che il capo delle sue conclusioni diretto a far constatare che l’inerzia della Commissione costituisce violazione dell’articolo 41 della Carta e del principio di buona amministrazione è ricevibile;

–        con il quarto motivo, una violazione, in via principale, dell’articolo 8 della direttiva 93/42 e degli articoli 28 e seguenti del TFUE, in quanto conferiscono diritti ai singoli;

–        con il quinto motivo, la qualificazione giuridica erronea dei fatti da cui risulterebbe l’esistenza di un nesso causale fra l’evento generatore e i danni asseriti;

–        con il sesto motivo, una violazione del principio del diritto ad un processo equo, del diritto di essere ascoltati, dell’articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (9) e dell’articolo 47 della Carta, sostenendo che il Tribunale avrebbe dovuto prendere in considerazione un progetto di decisione della Commissione (in prosieguo: l’«allegato COM RENV 1»), e

–        con il settimo motivo, una violazione dell’articolo 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dell’articolo 47 della Carta, nonché dell’articolo 63, paragrafo 3, lettera d), del (vecchio) regolamento di procedura del Tribunale e dell’articolo 24 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, a causa del rigetto della domanda che fosse ingiunto alla Commissione di produrre tutta la documentazione relativa al procedimento di clausola di salvaguardia.

43.      L’ottavo motivo, che è nuovo, è diretto ad ottenere, a titolo cautelare nell’ambito della presente impugnazione, che si ordini alla convenuta, ai sensi dell’articolo 64, paragrafo 2, lettera b), del regolamento di procedura della Corte, di produrre dinanzi a quest’ultima l’intero fascicolo relativo al procedimento di clausola di salvaguardia.

A.      Osservazioni preliminari

44.      Prima di esporre gli elementi della mia analisi dedicata al quinto motivo, il quale si appunta sulla motivazione della sentenza impugnata relativa al nesso di causalità, mi sembra indispensabile sottolineare, come ha fatto la Commissione all’udienza, i confini della controversia, quali risultano, da un lato, dall’autorità di cosa giudicata e, dall’altro, dalla mancanza di fondamento, a mio avviso, del primo motivo e del quarto motivo (10), che dovrebbe comportarne il rigetto da parte della Corte.

45.      In primo luogo, occorre constatare che è pacifico che, per l’effetto combinato della sentenza del Tribunale del 2014 (punto 54) e del rigetto del primo motivo della precedente impugnazione sul punto da parte della sentenza della Corte (punto 48), la domanda del ricorrente è limitata al danno asseritamente subito a partire dal 15 settembre 2006 (punto 98 della sentenza della Corte).

46.      In secondo luogo, per effetto del rigetto del primo motivo della presente impugnazione, qualsiasi domanda relativa al dispositivo effecto è irricevibile. Infatti, è indubbio, dalla lettura dei punti da 82 a 88 della sentenza della Corte, che figurano sotto il titolo «Sul quarto motivo, relativo all’assenza di decisione concernente il dispositivo effecto», che il rigetto da parte della Corte di tale motivo riguarda l’insieme delle censure relative a detto dispositivo (11).

47.      In terzo luogo, l’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 93/42, la cui violazione è fatta valere con il quarto motivo, riguarda il fabbricante e non l’inventore, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente. Pertanto, quest’ultimo può far valere solo i diritti al risarcimento che gli sono stati ceduti dalla Broncho‑Air Medizintechnik (12).

48.      In quarto luogo, per quanto riguarda l’evento dannoso, occorre ricordare che la Corte ha ritenuto che il Tribunale avesse commesso un errore di diritto dichiarando che la Commissione non era tenuta ad agire rispetto alla decisione di divieto di immissione in commercio del dispositivo Inhaler. Si deve inoltre tenere in considerazione il fatto che il Tribunale, decidendo in sede di rinvio, ha ritenuto che «la violazione del diritto dell’Unione da parte della Commissione fosse sufficientemente qualificata dato che, da un lato, quest’ultima non disponeva di alcun margine discrezionale per quanto riguarda l’adozione di una decisione a seguito del procedimento di clausola di salvaguardia avviato nel 1998 a norma dell’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 93/42 e che, dall’altro, un’amministrazione normalmente prudente e diligente non avrebbe potuto, in circostanze analoghe, commettere l’irregolarità constatata» (13).

49.      Di conseguenza, risulta dall’insieme di tali elementi che la ricerca dell’esistenza di un nesso di causalità tra l’illegittimità dell’inerzia della Commissione relativamente al dispositivo Inhaler e i danni lamentati dal ricorrente (14), alla quale il Tribunale ha deciso di procedere prima di verificare la loro effettività (15), doveva essere limitata ai danni che sarebbero stati subiti, a decorrere dal 15 settembre 2006, dalla Broncho-Air Medizintechnik, i cui diritti di risarcimento erano stati ceduti al ricorrente.

50.      In tali circostanze, il Tribunale ha ritenuto che «il ricorrente non [avesse] dimostr[ato] l’esistenza di un nesso causale diretto e sufficiente che facesse sorgere la responsabilità dell’Unione» (16), considerando in sostanza che:

–        la cessazione della commercializzazione e della vendita del dispositivo Inhaler era stata decisa dalla Broncho-Air Medizintechnik prima del divieto di immissione in commercio del predetto dispositivo;

–        non vi era alcuna certezza sul fatto che la Commissione avrebbe deciso in senso favorevole al ricorrente, e

–        le spese sostenute dal ricorrente erano connesse alla contestazione della legittimità delle decisioni tedesche.

B.      Valutazione della fondatezza del quinto motivo

1.      Argomenti delle parti

51.      Con il quinto motivo, comprensivo di cinque capi principali, il ricorrente sostiene che il Tribunale avrebbe effettuato un esame della causalità erroneo in punto di diritto.

52.      Il ricorrente comincia col rilevare che il Tribunale ha ritenuto che la Broncho-Air Medizintechnik o la Primed Halberstadt avessero volontariamente cessato la commercializzazione del dispositivo Inhaler, avendo la Broncho-Air Medizintechnik dichiarato, nella sua lettera del 22 maggio 1997, di non commercializzare più, per il momento, tale dispositivo. Orbene, non si potrebbe parlare di un atto volontario scaturito da motivi estranei al procedimento di divieto in corso. In realtà, la Broncho-Air Medizintechnik non aveva altro scopo che quello di immettere il dispositivo Inhaler in commercio. Le autorità tedesche non le avrebbero tuttavia lasciato altra scelta, poiché, in pratica, nessuno acquista un prodotto che, certamente, non è oggettivamente pericoloso, ma sul quale grava un procedimento di divieto in corso. Sul piano civile, il ricorrente sarebbe tenuto nei confronti dei potenziali acquirenti ad adempiere un obbligo d’informazione, perciò nessuno avrebbe acquistato il prodotto.

53.      Il ricorrente sostiene che il Tribunale ha snaturato i fatti. Dalle proprie constatazioni risulterebbe, a suo avviso, che la Broncho-Air Medizintechnik non aveva volontariamente ritirato il suo dispositivo dal mercato e che, in ogni caso, la decisione di sospendere temporaneamente la commercializzazione del dispositivo Inhaler sarebbe stata superata dalla decisione di divieto di immissione in commercio adottata successivamente e dall’opposizione proposta contro tale decisione.

54.      Sostiene altresì che la considerazione del Tribunale al punto 74 della sentenza impugnata, secondo la quale da tale natura «volontaria» deriverebbe che il danno lamentato dal ricorrente sia connesso alla decisione adottata, di propria iniziativa, dalla Broncho-Air Medizintechnik, e non alla dedotta inerzia della Commissione, si basa su un’erronea qualificazione giuridica dei fatti.Se, nella primavera del 1998, la Commissione avesse adottato senza indugio, come era tenuta a fare, una decisione favorevole, la Broncho-Air Medizintechnik avrebbe di conseguenza potuto immediatamente riprendere la vendita del suo dispositivo. Non è pertanto la rinuncia, intervenuta in un primo tempo, a proseguire l’immissione in commercio del dispositivo Inhaler a essere all’origine, in particolare, delle spese connesse alla costituzione della atmed e alla valutazione del dispositivo effecto, poiché, invece, si trattava delle uniche soluzioni per ovviare all’assenza di una decisione della Commissione.

55.      Il Tribunale, al punto 76 della sentenza impugnata, avrebbe poi qualificato in modo giuridicamente errato l’e-mail della atmed del 6 dicembre 2006, atteso che tale società non poteva rendere dichiarazioni a nome della Broncho-Air Medizintechnik e che tale documento non toglie che l’inerzia della Commissione sia stata la causa determinante del fatto che, a partire dalla data in cui la Commissione avrebbe potuto e dovuto adottare una decisione, il dispositivo non è stato più distribuito.

56.      Inoltre, il ricorrente ricorda che, ai punti 79 e 80 della sentenza impugnata, il Tribunale giunge alla conclusione che non sarebbe sussistito un nesso di causalità in quanto non era certo che la Commissione avrebbe adottato una decisione favorevole al ricorrente e che avrebbe ritenuto ingiustificata la misura nazionale. Orbene, il Tribunale, senza procedere a un proprio esame, ha fatto riferimento unicamente alle indicazioni delle autorità tedesche, le quali hanno erroneamente ritenuto, ad esempio, che il dispositivo costituisse, con il principio attivo, un medicinale. Inoltre, esso avrebbe dovuto dichiarare che, in conformità dell’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 93/42, la Commissione, previa consultazione delle parti interessate, era tenuta a valutare se la misura dello Stato membro, ai sensi di tale disposizione, fosse giustificata o meno. Nell’ambito di tale esame la Commissione avrebbe dovuto tenere conto, tra l’altro, del principio di proporzionalità, in quanto si trattava di un dispositivo della classe I, del fatto che il prodotto era munito del marchio CE nonché delle decisioni della Corte applicative delle disposizioni della direttiva 93/42.

57.      Successivamente, contestando la qualificazione come «ipotetiche» delle sue affermazioni sull’esito del procedimento di clausola di salvaguardia, formulata al punto 81 della sentenza impugnata, il ricorrente sostiene che la Commissione avrebbe potuto adottare una decisione giuridicamente corretta, visto che il ricorrente aveva prodotto un progetto di decisione, l’allegato COM RENV 1, che riteneva «ingiustificata» la misura delle autorità tedesche. Secondo il ricorrente, tale prova è stata snaturata dal Tribunale, che non l’ha presa in considerazione.

58.      Il ricorrente rileva, infine, che, nella sua valutazione, il Tribunale non ha affatto esaminato il dispositivo effecto. Se, a seguito dell’avvio del procedimento di clausola di salvaguardia nella primavera del 1998, la Commissione avesse adottato una decisione, la Broncho-Air Medizintechnik, in seguito a tale decisione, avrebbe potuto commercializzare e vendere il dispositivo Inhaler fino ad oggi. Il ricorrente afferma in subordine che, se la Corte dovesse ritenere che la Commissione non avrebbe necessariamente qualificato la decisione di divieto delle autorità tedesche come ingiustificata, le conseguenze dell’assenza di decisione sarebbero sufficientemente dirette, poiché l’assenza di decisione della Commissione è stata la causa principale, determinante e obiettivamente prevedibile delle spese lamentate per la costituzione e poi per lo scioglimento della atmed (17).

59.      La Commissione chiede alla Corte di respingere tali censure, in quanto il Tribunale avrebbe concluso giustamente che non sussisteva alcuna certezza che la stessa avrebbe adottato una decisione nel senso indicato dal ricorrente e che questi non aveva dimostrato l’esistenza di un nesso di causalità sufficientemente diretto.

60.      La Commissione afferma che nulla autorizza il ricorrente a sostenere che la sua inerzia, a partire dal 7 gennaio 1998, avrebbe, da un lato, costretto la Broncho‑Air Medizintechnik a porre fine alla distribuzione del dispositivo Inhaler nel corso del 1997, tanto più che questa data non corrisponde a quella dichiarata durante la prima udienza, e, dall’altro, determinato la costituzione della atmed.

61.      Essa sostiene, per quanto attiene al motivo vertente sulla volontarietà della cessazione della commercializzazione, che la censura di snaturamento non è, in ogni caso, sufficientemente sostanziata, che il Tribunale non ha statuito, al punto 75 della sua sentenza, che il procedimento di salvaguardia era divenuto privo di oggetto e che il messaggio di posta elettronica del 2006 avvalora la constatazione che la Broncho-Air Medizintechnik avesse deciso motu proprio di non commercializzare più il dispositivo.

62.      Per quanto riguarda il motivo vertente sul presunto risultato della decisione della Commissione, quest’ultima sostiene che i danni asseritamente subiti dal ricorrente sarebbero imputabili a un suo eventuale comportamento illecito soltanto qualora fosse dimostrato che non sarebbero sorti se il suo comportamento non fosse stato viziato da illegittimità. L’analisi del nesso di causalità non potrebbe partire dalla premessa inesatta secondo la quale, senza illegittimità, l’istituzione si sarebbe astenuta dall’agire o avrebbe adottato un atto contrario, cosa che potrebbe ugualmente costituire un comportamento illecito da parte sua. Essa sostiene che si deve procedere ad un confronto tra la situazione generata, per il terzo interessato, dall’azione illecita e la situazione che per lui sarebbe risultata da un comportamento dell’istituzione rispettoso della norma di diritto. A tale proposito la Commissione rileva che la decisione del Tribunale non è basata sulla mancata produzione di documenti da parte del ricorrente, bensì sul riconoscimento da parte della Broncho-Air Medizintechnik della necessità di procedere a valutazioni aggiuntive.

63.      Inoltre, la Commissione suggerisce di respingere la censura vertente sul fatto che il Tribunale non ha rilevato come le autorità tedesche avessero erroneamente concluso nel 2007 che al dispositivo effecto doveva essere applicata la normativa sui medicinali, in quanto è inconferente per quanto riguarda il dispositivo Inhaler nel 1997. Essa sostiene che la Repubblica federale di Germania ha fornito le prove richieste dall’articolo 8 della direttiva 93/42 in caso di rischi collegati a dispositivi medici e che la decisione delle autorità tedesche avrebbe dovuto, in ogni caso, essere confermata a causa delle incertezze sull’efficacia del dispositivo, connesse alla mancanza di dati clinici.

64.      Per quanto riguarda la censura relativa alla natura ipotetica delle argomentazioni sollevate dal ricorrente, la Commissione osserva che la censura non è suffragata da elementi di prova. Ad abundantiam, la Commissione precisa che il ricorrente non aveva fatto valere l’allegato COM RENV 1 a sostegno dei propri argomenti relativi al nesso di causalità e che tale documento contiene una conferma della decisione delle autorità tedesche sulla mancanza di sufficienti dati clinici.

65.      Per quanto riguarda l’argomento relativo al nesso di causalità con la commercializzazione del dispositivo effecto, la Commissione ritiene, da un lato, che il Tribunale non fosse tenuto a rispondervi in ragione della sua decisione che esclude il ricorrente e la atmed del campo di applicazione dell’articolo 8 della direttiva 93/42, non potendo questi ultimi vantare la qualità di fabbricante, e, dall’altro, che la costituzione della atmed non fosse obbligatoria. Per gli stessi motivi, essa è dell’avviso che l’ultima censura, che espone una «causalità alternativa», debba essere respinta.

66.      Per quanto riguarda le spese, la Commissione sostiene che i costi dichiarati riguardavano esclusivamente l’attività della atmed successiva al 2005.

2.      Valutazione

67.      Esporrò di seguito i motivi, tra quelli sostenuti dal ricorrente, sufficienti a giustificare l’annullamento della sentenza impugnata.

68.      In primo luogo, il ricorrente sostiene giustamente che il Tribunale non avrebbe potuto ritenere, ai punti da 74 a 76 della sentenza impugnata, che il nesso di causalità diretto tra i danni asseriti e l’inerzia della Commissione, a partire dal 7 gennaio 1998, non era dimostrato in ragione della decisione della Broncho-Air Medizintechnik di sospendere temporaneamente la distribuzione e la vendita del dispositivo Inhaler, adottata il 1º gennaio 1997, senza attendere la decisione delle autorità tedesche.

69.      Ritengo fondamentalmente che tale qualificazione giuridica dei fatti (18), operata dal Tribunale al fine di affermare l’inesistenza di un nesso di causalità diretto, sia in contrasto con la motivazione della sentenza della Corte, che ha acquisito l’autorità di cosa giudicata, nonché, in mancanza di un’impugnazione incidentale, con i motivi della sentenza impugnata relativi alla violazione da parte della Commissione dei suoi obblighi, essendo rimasta inerte dopo il 7 gennaio 1998, data della notifica della decisione adottata dalle autorità tedesche, a partire dalla quale doveva essere avviato il procedimento di clausola di salvaguardia (19).

70.      In tali circostanze, poco importa che la Broncho-Air Medizintechnik abbia preso la decisione di sospendere la distribuzione del dispositivo Inhaler, dopo che le autorità tedesche avevano informato tale società, nel 1996, sui propri dubbi circa la conformità del dispositivo, ma prima della decisione di divieto di immissione in commercio del 23 settembre 1997. Dal momento che il ricorrente ha sostenuto che, in tali circostanze, la ripresa o meno dell’attività della Broncho-Air Medizintechnik dipendeva dalla decisione della Commissione (20), il Tribunale doveva verificare l’esistenza di un nesso di causalità tra il comportamento illecito della Commissione, a partire dal 7 gennaio 1998, e i danni, asseritamente subiti, quanto al dispositivo Inhaler, e ciò a decorrere dal 15 settembre 2006 per i motivi suesposti.

71.      In secondo luogo, per quanto riguarda la motivazione della sentenza impugnata relativa alla certezza di una risposta favorevole della Commissione, si deve rilevare che essa mira a rispondere agli argomenti del ricorrente che figurano in particolare ai punti 103 e 104 delle sue osservazioni scritte, sotto il titolo «Nesso di causalità», dove egli sosteneva di aver sofferto un danno economico, ovvero un danno diverso da quello – non dedotto – derivante dalla perdita di possibilità, causato dalla mancata commercializzazione del dispositivo medico controverso. Tuttavia, si deve parimenti rilevare che, al punto 1 di tali osservazioni, in generale, e poi ai punti 7 e 94 per il periodo di immissione in commercio del dispositivo Inhaler, come si è rilevato al punto 82 della sentenza impugnata per quanto riguarda le spese dedotte, il ricorrente ha ritenuto che il danno fosse dovuto all’assenza di risposta positiva o negativa della Commissione. Così, le osservazioni scritte delle parti hanno riguardato la necessità di ricorrere a soluzioni alternative, come quella di creare un’altra società (atmed) e di distribuire il dispositivo con un altro nome («effecto®»). Tali argomenti del ricorrente, connessi direttamente all’inerzia della Commissione in relazione al dispositivo Inhaler o, in altri termini, all’attesa di una decisione, di qualunque senso, dovevano essere esaminati dal Tribunale, senza limitarli alle spese legali e a quelle relative ai prestiti contratti per finanziare le procedure avviate.

72.      A mio parere, la questione della certezza della decisione della Commissione, dedotta dal ricorrente a fondamento della propria richiesta di risarcimento del mancato guadagno, avrebbe dovuto, secondo la giurisprudenza della Corte, essere esaminata nell’ambito dell’effettività o dell’entità del danno (21) in relazione al dispositivo Inhaler, e non nella fase dell’esame del nesso di causalità. Inoltre, come ho già ricordato, il risarcimento può riguardare soltanto i danni asseritamente subiti a decorrere dal 15 settembre 2006, mentre il dispositivo effecto è stato commercializzato dopo il dispositivo Inhaler dal 2002.

73.      In terzo luogo, è parimenti possibile constatare che il Tribunale non ha risposto all’argomento relativo al nesso di causalità esistente con le spese di procedura che, senza dubbio, sono state sostenute dinanzi alle autorità tedesche, ma che si sono prolungate a causa della mancata risposta della Commissione dopo il 7 gennaio 1998, fermo restando che soltanto i danni subiti a decorrere dal 15 settembre 2006 sono risarcibili.

74.      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, propongo alla Corte di dichiarare che il quinto motivo è fondato, di annullare parzialmente la sentenza impugnata e di rinviare la causa dinanzi al Tribunale, affinché si proceda, entro i limiti sopra richiamati, alla valutazione sia del nesso di causalità sia dell’effettività e dell’entità dei danni lamentati sulla base di fatti complessi, il che porta a ritenere che la controversia non sia matura per la decisione.

V.      Sulle spese

75.      Poiché la causa deve essere rinviata al Tribunale, è opportuno riservare la decisione sulle spese relative al presente procedimento d’impugnazione.

VI.    Conclusione

76.      Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di statuire come segue:

1)      La sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 28 settembre 2016, Klein/Commissione (T‑309/10 RENV, non pubblicata, EU:T:2016:570), è parzialmente annullata, nei limiti in cui ha respinto il ricorso del signor Christoph Klein per non aver dimostrato un nesso causale diretto e sufficiente che facesse sorgere la responsabilità dell’Unione europea.

2)      L’impugnazione è respinta quanto al resto.

3)      La causa è rinviata dinanzi al Tribunale dell’Unione europea.

4)      Le spese sono riservate.


1      Lingua originale: il francese.


2      GU 1993, L 169, pag. 1.


3      V. sentenza del 21 gennaio 2014, Klein/Commissione (T‑309/10, EU:T:2014:19, punto 73; in prosieguo: la «sentenza del Tribunale del 2014»), nonché la risoluzione P7_TA(2011)0017 del Parlamento europeo, del 19 gennaio 2011, sulla petizione 0473/2008, presentata da Christoph Klein, cittadino tedesco, sul mancato intervento della Commissione con riferimento a un caso di concorrenza e sull’impatto negativo di tale comportamento per la società interessata (GU 2012, C 136 E, pag. 44, punto A).


4      V. sentenza del Tribunale del 2014 (punto 17), sentenza del 22 aprile 2015, Klein/Commissione (C‑120/14 P, non pubblicata, EU:C:2015:252, punto 12; in prosieguo: la «sentenza della Corte»), e sentenza impugnata (punto 2).


5      V. sentenza del Tribunale del 2014 (punto 19) e sentenza impugnata (punto 4).


6      V. nota a piè di pagina 3 delle presenti conclusioni.


7      V. paragrafo 21 delle presenti conclusioni.


8      In prosieguo: la «Carta».


9      Firmata a Roma il 4 novembre 1950.


10      Il rigetto degli altri motivi non richiede osservazioni particolari in ragione del loro oggetto. Sarà solo precisato molto brevemente che, a mio parere, il secondo motivo di impugnazione si basa su constatazioni errate ricavate dalla sentenza della Corte, concernenti i diritti conferiti al ricorrente, il terzo motivo è nuovo e il sesto motivo è inconferente in quanto riguarda un progetto di decisione. Il settimo e l’ottavo motivo sono anch’essi inoperanti avendo il Tribunale constatato la violazione dei propri obblighi da parte della Commissione.


11      A tale riguardo è opportuno rammentare che, fin dall’inizio del procedimento, il ricorrente ha dedotto motivi diversi in base ai dispositivi, il che spiega perché le motivazioni delle decisioni li distinguano. Per il dispositivo Inhaler, le sue domande si fondavano sull’assenza di decisione della Commissione nonostante l’applicazione del procedimento della clausola di salvaguardia, mentre, per il dispositivo effecto, il cui divieto da parte delle autorità tedesche non era stato notificato alla Commissione, il ricorrente ha sostenuto che quest’ultima l’avrebbe dovuto sentire e prendere una decisione nell’ambito del citato procedimento (su quest’ultima domanda, v. punto 83 della sentenza della Corte).


12      V. punto 67 della sentenza impugnata.


13      V. punto 57 della sentenza impugnata.


14      Al punto 68 della sentenza impugnata viene precisato quanto segue: «Il ricorrente sostiene che la carenza illegittima della Commissione presenta un nesso causale diretto e sufficiente con i danni che avrebbe subito, vale a dire il mancato guadagno per gli inalatori invenduti a seguito della decisione di divieto di immissione in commercio del dispositivo Inhaler, le spese processuali, gli onorari di avvocato e gli interessi dei prestiti contratti per finanziare tali procedure, la perdita di valore delle quote della atmed, la perdita di brevetti e di diritti simili, le perdite di reddito del ricorrente in qualità di direttore della atmed, gli altri debiti correnti del ricorrente sorti nei confronti della atmed e il danno morale».


15      V. punti 40 e 84 della sentenza impugnata. Si precisa inoltre al punto 73: «anche supponendo che l’esistenza di tutti i danni che il ricorrente afferma nelle sue memorie fosse dimostrata».


16      Punto 83 della sentenza impugnata.


17      V. punto 90 del ricorso sotto il titolo «e) La causalità alternativa».


18      Pro memoria: termini tratti dalla sentenza del 16 luglio 2009, Commissione/Schneider Electric (C‑440/07 P, EU:C:2009:459, punti 192 e 193).


19      V. punti da 52 a 55 della sentenza impugnata.


20      Come ricordato in udienza, l’organismo competente incaricato della procedura di opposizione ha sospeso il procedimento in attesa di tale decisione (v. punti 57 e 58 del ricorso e allegato A.40).


21      Con sentenze del 19 maggio 1992, Mulder e a./Consiglio e Commissione (C‑104/89 e C‑37/90, EU:C:1992:217, punti 26 e 28), e del 14 ottobre 2014, Giordano/Commissione (C‑611/12 P, EU:C:2014:2282, punto 40).