Language of document : ECLI:EU:C:2019:17

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

15 gennaio 2019 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Direttiva 2000/78/CE – Parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro – Articolo 2 – Tentate molestie sessuali da parte di un dipendente pubblico su minori di sesso maschile – Sanzione disciplinare adottata nel 1975 – Collocamento a riposo anticipato accompagnato da una decurtazione della pensione – Discriminazione fondata sull’orientamento sessuale – Effetti dell’applicazione della direttiva 2000/78/CE sulla sanzione disciplinare – Modalità di calcolo della pensione di vecchiaia corrisposta»

Nella causa C‑258/17,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa, Austria), con decisione del 27 aprile 2017, pervenuta in cancelleria il 15 maggio 2017, nel procedimento

E.B.

contro

Versicherungsanstalt öffentlich Bediensteter BVA,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, R. Silva de Lapuerta, vicepresidente, A. Prechal, M. Vilaras, E. Regan, T. von Danwitz, K. Jürimäe e C. Lycourgos, presidenti di sezione, E. Juhász, M. Ilešič, J. Malenovský, M. Safjan (relatore) e D. Šváby, giudici,

avvocato generale: M. Bobek

cancelliere: M. Aleksejev, capo unità

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 29 maggio 2018,

considerate le osservazioni presentate:

–        per E.B., da H. Graupner, Rechtsanwalt;

–        per il governo austriaco, da G. Hesse e J. Schmoll, in qualità di agenti;

–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da P. Gentili, avvocato dello Stato;

–        per la Commissione europea, da D. Martin e B.-R. Killmann, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 5 settembre 2018,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 2 della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (GU 2000, L 303, pag. 16).

2        Tale domanda è stata sollevata nell’ambito di una controversia sorta tra E.B. ed il Versicherungsanstalt öffentlich Bediensteter BVA (Cassa malattie dei dipendenti ed agenti pubblici, Austria) in merito alla legittimità ed agli effetti della decisione disciplinare inflitta nel 1975 a E.B., per tentate molestie sessuali nei confronti di minori di sesso maschile.

 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

3        Ai sensi dei considerando 1 e da 11 a 13 della direttiva 2000/78:

«(1)      Conformemente all’articolo 6 [TUE], l’Unione europea si fonda sui principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali e dello Stato di diritto, principi che sono comuni a tutti gli Stati membri e rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla [Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950] e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto [dell’Unione].

(…)

(11)      La discriminazione basata su religione o convinzioni personali, handicap, età o tendenze sessuali può pregiudicare il conseguimento degli obiettivi del trattato [FUE], in particolare il raggiungimento di un elevato livello di occupazione e di protezione sociale, il miglioramento del tenore e della qualità della vita, la coesione economica e sociale, la solidarietà e la libera circolazione delle persone.

(12)      Qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata su religione o convinzioni personali, handicap, età o tendenze sessuali nei settori di cui alla presente direttiva dovrebbe essere pertanto proibita in tutta [l’Unione]. (…)

(13)      La presente direttiva non si applica ai regimi di sicurezza sociale e di protezione sociale le cui prestazioni non sono assimilate ad una retribuzione, nell’accezione data a tale termine ai fini dell’applicazione dall’articolo 157 [TFUE], e nemmeno ai pagamenti di qualsiasi genere, effettuati dallo Stato allo scopo di dare accesso al lavoro o di salvaguardare posti di lavoro».

4        L’articolo 1 della direttiva medesima, intitolato «Oggetto», così recita:

«La presente direttiva mira a stabilire un quadro generale per la lotta alle discriminazioni fondate sulla religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali, per quanto concerne l’occupazione e le condizioni di lavoro al fine di rendere effettivo negli Stati membri il principio della parità di trattamento.»

5        Il successivo articolo 2, intitolato «Nozione di discriminazione», ai paragrafi 1 e 2 così dispone:

«1.      Ai fini della presente direttiva, per “principio della parità di trattamento” si intende l’assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata su uno dei motivi di cui all’articolo 1.

2. Ai fini del paragrafo 1:

a)      sussiste discriminazione diretta quando, sulla base di uno qualsiasi dei motivi di cui all’articolo 1, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra in una situazione analoga;

(…)».

6        Il successivo articolo 3, intitolato «Campo di applicazione», ai paragrafi 1 e 3 prevede quanto segue:

«1.      Nei limiti dei poteri conferiti [all’Unione], la presente direttiva si applica a tutte le persone, sia del settore pubblico che del settore privato, compresi gli organismi di diritto pubblico, per quanto attiene:

(…)

c)      all’occupazione e alle condizioni di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e la retribuzione;

(…)

3.      La presente direttiva non si applica ai pagamenti di qualsiasi genere, effettuati dai regimi statali o da regimi assimilabili, ivi inclusi i regimi statali di sicurezza sociale o di protezione sociale».

7        Ai sensi dell’articolo 18, primo comma, della direttiva medesima, gli Stati membri erano tenuti, in linea di principio, ad adottare le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi a quest’ultima entro il 2 dicembre 2003, potendo altrimenti affidare alle parti sociali l’attuazione di tale direttiva relativamente alle disposizioni rientranti nella sfera dei contratti collettivi, assicurandosi che questi fossero attuati entro la medesima data.

8        La direttiva 2000/78, conformemente al suo articolo 20, è entrata in vigore il 2 dicembre 2000.

 Il diritto austriaco

 Diritto penale

9        Alla data del 25 febbraio 1974, gli articoli 128 e 129 del Strafgesetz 1945 (Codice penale del 1945), nel testo risultante dalla legge federale pubblicata in BGBl. n. 273/1971 (in prosieguo: il «StG»), così disponevano:

«Violenza sessuale

§ 128.      Chiunque abusa sessualmente di un minore di 14 anni, (…) di sesso maschile o femminile, per soddisfare i propri impulsi con modalità diverse da quelle indicate nell’articolo 127, commette il delitto di violenza sessuale nei confronti di minorenni ed è punito con una pena detentiva da uno a cinque anni, in presenza di circostanze aggravanti fino a dieci anni e, qualora si verifichi una delle conseguenze contemplate nell’articolo 126, fino a venti anni.

Delitto di molestie sessuali

I.      Molestie sessuali commesse nei confronti di minori dello stesso sesso

§ 129.      Sono parimenti puniti come delitti le seguenti forme di molestie sessuali:

I.      Molestie di carattere omosessuale commesse da una persona di sesso maschile che abbia compiuto il diciottesimo anno di età nei confronti di un minore di diciotto anni.»

10      L’articolo 129 del StG è stato sostituito dall’articolo 209 del Strafgesetzbuch (Codice penale, in prosieguo: il «StGB»), entrato in vigore il 1o gennaio 1975. Detto articolo 209 così disponeva:

«Qualsiasi persona di sesso maschile cha abbia compiuto il diciannovesimo anno di età che compia atti di natura sessuale con una persona dello stesso sesso maggiore di 14 anni ma minore di 18 anni è passibile di pena detentiva compresa tra sei mesi e cinque anni».

11      Con sentenza del 21 giugno 2002, il Verfassungsgerichtshof (Corte costituzionale, Austria) ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 209 del StGB disponendone l’annullamento.

12      La legge federale pubblicata in BGBl. I. n. 134/2002 ha modificato il StGB, con effetto a decorrere dal 13 agosto 2002, abrogandone l’articolo 209, prima che divenisse effettivo l’annullamento disposto dal Verfassungsgerichtshof (Corte costituzionale).

13      La Repubblica d’Austria è stata condannata a più riprese dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per applicazione del menzionato articolo 209 del StGB prima del suo annullamento (v., in particolare, Corte EDU, 9 gennaio 2003, L. e V. c. Austria, CE:ECHR:2003:0109JUD003939298; 9 gennaio 2003, S.L. c. Austria, CE:ECHR:2003:0109JUD004533099, nonché Corte EDU del 21 ottobre 2004, Woditschka e Wilfling c. Austria, CE:ECHR:2004:1021JUD006975601).

 La disciplina del pubblico impiego

14      Per quanto attiene ai diritti pensionistici dei dipendenti pubblici in Austria, l’articolo 13, paragrafo 1, del Beamten-Dienstrechtsgesetz 1979 (Legge sul pubblico impiego del 1979), nel testo risultante dalla legge federale pubblicata in BGBl. I. n. 119/2002, prevedeva, sino al 30 dicembre 2016, la concessione al dipendente pubblico del beneficio della pensione con il compimento del 65esimo anno di età.

15      L’articolo 24 del Dienstpragmatik (regolamento di servizio), nel testo pubblicato in RGBl. n. 15/1914 (in prosieguo: il «DP»), applicabile ai servizi di polizia, al paragrafo 1 così disponeva:

«Il pubblico dipendente, nell’ambito e al di fuori delle proprio servizio, deve mantenere alta la reputazione della professione, comportarsi sempre nel rispetto delle regole di condotta ed evitare qualsiasi occasione che possa in qualsivoglia modo diminuire il rispetto e la fiducia verso le proprie funzioni.»

16      Il successivo articolo 87 così recitava:

«I dipendenti che vengono meno ai propri obblighi professionali ed istituzionali sono soggetti, fatta salva la loro responsabilità penale, a sanzioni amministrative o disciplinari, a seconda che la violazione dei loro doveri costituisca una mera infrazione di norme amministrative o che tale violazione sia considerata quale violazione di obblighi di servizio, in considerazione del pregiudizio o della lesione agli interessi dello Stato, della natura o della gravità della violazione, della recidiva o di altre circostanze aggravanti».

17      Il successivo articolo 93, disponeva, al paragrafo 1, quanto segue:

«Le sanzioni disciplinari sono le seguenti:

a)      la nota di biasimo,

b)      l’esclusione dagli avanzamenti retributivi,

c)      la decurtazione dello stipendio mensile, ad esclusione degli assegni familiari,

d)      il collocamento a riposo con decurtazione del trattamento pensionistico,

e)      la destituzione.»

18      Il successivo articolo 97 così disponeva:

«1.      Il collocamento a riposo può essere disposto, a titolo di provvedimento disciplinare, sia per un periodo determinato, sia in via permanente. La decurtazione del trattamento pensionistico (indennitario) ordinario non può eccedere il 25%.

2.      Scaduto il termine stabilito nel provvedimento, il pubblico dipendente dev’essere considerato come se fosse stato collocato a riposo temporaneamente ai sensi dell’articolo 76, alla data in cui il provvedimento stesso è divenuto definitivo.»

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

19      E.B., di sesso maschile, nato nel 1942, è un funzionario federale di polizia a riposo.

20      Con sentenza del 10 settembre 1974, il Landesgericht für Strafsachen Wien (Tribunale regionale penale di Vienna, Austria) condannava E.B, all’epoca funzionario di polizia in servizio attivo, ai sensi dell’articolo 129, punto I, del StG, ad una pena detentiva con sospensione condizionale, accompagnata da un periodo probatorio di tre anni, per tentate molestie sessuali di carattere omosessuale commesse nei confronti di due minori il 25 febbraio 1974.

21      Avverso tale sentenza E.B. proponeva appello dinanzi all’Oberlandesgericht Wien (Tribunale regionale superiore di Vienna, Austria), il quale respingeva il ricorso.

22      Con decisione del 10 giugno 1975 (in prosieguo: «il provvedimento disciplinare del 10 giugno 1975»), la Commissione disciplinare della Bundespolizeidirektion Wien (Direzione della polizia federale di Vienna, Austria) sanzionava E.B. per essere venuto meno ai propri obblighi deontologici, avendo imposto a due minori di sesso maschile, rispettivamente di 14 e 15 anni di età, di compiere con il medesimo atti di carattere sessuale; per tale motivo veniva condannato, ai sensi dell’articolo 8 e dell’articolo 129, punto I, del StG, per essersi reso colpevole del delitto di tentate molestie sessuali di carattere omosessuale nei confronti di minori. A termini di detto provvedimento «[egli] ha così commesso un’infrazione disciplinare [...], ragion per cui, a titolo di sanzione disciplinare, viene disposto il suo pensionamento con decurtazione del trattamento pensionistico ordinario in misura del 25% (venticinque per cento) [articolo 93, paragrafo 1, lettera d), in combinato disposto con l’articolo 97, paragrafo 1, del DP]».

23      Avverso tale decisione E.B. ricorreva dinanzi alla Commissione superiore di disciplina presso il Bundesministerium für Inneres (Ministero federale degli Interni, Austria), la quale respingeva il ricorso con decisione del 24 marzo 1976 (in prosieguo: il «provvedimento disciplinare confermativo del 24 marzo 1976»). E.B. veniva dunque collocato a riposo con effetto a decorrere dal 1o aprile 1976. Secondo quanto esposto nell’ordinanza di rinvio, conformemente alla normativa austriaca, E.B. avrebbe dovuto essere ammesso al beneficio della pensione, in assenza di tale provvedimento disciplinare, in data 1o gennaio 2008.

24      Con decisione del 17 maggio 1976 veniva determinato il trattamento pensionistico del ricorrente con effetto a decorrere dal 1o aprile 1976, data del suo pensionamento, con applicazione della decurtazione del 25% disposta dall’organo disciplinare.

25      In data 2 giugno 2008 E.B. adiva l’organo disciplinare chiedendo l’annullamento del provvedimento disciplinare del 10 giugno 1975 nonché la sospensione del procedimento disciplinare avviato nei suoi confronti.

26      Con decisione del 17 giugno 2009, la Commissione superiore di disciplina presso il Bundeskanzleramt (Cancelleria federale, Austria) respingeva il ricorso.

27      Con sentenza del 26 gennaio 2012, il Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa, Austria) rigettava, in quanto infondata, l’impugnazione proposta da E.B. avverso tale decisione.

28      In data 11 febbraio 2009 E.B. rivolgeva all’amministrazione delle pensioni una domanda ai fini della determinazione e della corresponsione degli stipendi arretrati nonché del riconoscimento di una pensione di maggiore importo. In via principale deduceva che, al fine di porre termine alla discriminazione esistente, egli doveva essere considerato, con riguardo al trattamento retributivo e pensionistico, come se fosse restato in servizio attivo sino all’età di pensionamento prevista per legge. In subordine, sosteneva che gli spettasse quantomeno l’importo integrale della pensione, senza alcuna decurtazione.

29      Con decisione del 9 ottobre 2013 il Ministero federale degli Interni respingeva la richiesta di E.B. volta ad ottenere la corresponsione degli stipendi arretrati, rilevando, sostanzialmente, che E.B. non aveva subito pregiudizio alcuno, atteso che i redditi dal medesimo percepiti nel settore privato successivamente alla cessazione del rapporto di pubblico impiego erano superiori a quelli di cui avrebbe goduto qualora avesse conservato il proprio posto di dipendente federale.

30      Con decisione dell’11 giugno 2015, la Cassa malattie dei dipendenti ed agenti pubblici respingeva le domande di E.B., medio tempore parzialmente modificate, volte al riconoscimento di una pensione di maggiore importo.

31      Con sentenza del 25 maggio 2016, il Bundesverwaltungsgericht (Tribunale amministrativo federale, Austria) rigettava in quanto infondato il ricorso proposto da E.B. contro quest’ultima decisione.

32      Avverso la suddetta sentenza E.B. proponeva ricorso di annullamento («Revision») dinanzi al Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa). Nella motivazione a sostegno dell’ammissibilità del ricorso sollevava, segnatamente, la questione se gli effetti giuridici del provvedimento disciplinare confermativo del 24 marzo 1976 non dovessero considerarsi superati alla luce del divieto di discriminazioni, dettato dall’articolo 2 della direttiva 2000/78, con riguardo ai diritti pensionistici oggetto del provvedimento medesimo.

33      Il Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa) riteneva ammissibile il ricorso d’annullamento («Revision») proposto da E.B. nella parte in cui, nella motivazione dedotta a sostegno della declaratoria di ammissibilità, era stata sollevata la questione dell’interpretazione dell’articolo 2 della direttiva 2000/78.

34      Il Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa) muove, inoltre, dal principio secondo cui la decisione della Commissione superiore di disciplina presso la Cancelleria federale del 17 giugno 2009 non avrebbe risolto definitivamente, con effetti obbligatori, la questione della limitazione degli effetti giuridici del provvedimento disciplinare confermativo del 24 marzo 1976.

35      A parere del giudice del rinvio, è pacifico che, alla data di adozione, rispettivamente, del provvedimento disciplinare del 10 giugno 1975 e del provvedimento disciplinare confermativo del 24 marzo 1976, nessuna disposizione del diritto dell’Unione ostava alle sanzioni inflitte a E.B. per i motivi allora riconosciuti.

36      Il giudice medesimo aggiunge tuttavia che, successivamente all’entrata in vigore della direttiva 2000/78, un’analoga sanzione disciplinare non potrebbe essere più disposta in Austria. Non sarebbe, infatti, più consentito operare la distinzione, nemmeno ai soli fini dell’applicazione della normativa disciplinare, a seconda che le tentate molestie sessuali nei confronti di un minore di età compresa tra i 14 ed i 18 anni, presentino carattere omosessuale maschile ovvero carattere eterosessuale o lesbico. Orbene, la decisione disciplinare del 10 giugno 1975 si fonderebbe manifestamente su tale distinzione, essendo essenzialmente basata sulla sanzionabilità penale, all’epoca, dei fatti contestati a E.B., a fronte del loro carattere omosessuale maschile. Ancorché non possa escludersi che un’analoga istigazione a praticare atti di carattere eterosessuale o lesbico potesse essere considerata quali atti osceni, passibili di provvedimenti disciplinari all’epoca dei fatti, la sanzione disciplinare che sarebbe stata eventualmente inflitta al pubblico dipendente riconosciuto colpevole di molestie sessuali sarebbe risultata, in assenza degli elementi costitutivi previsti dall’articolo 129, punto I, del StG, considerevolmente meno severa. A parere del giudice a quo, in particolare, i fatti commessi da E.B. non avrebbero potuto essere tali da giustificare la sanzione disciplinare consistente nel collocamento a riposo.

37      Orbene, l’entrata in vigore della direttiva 2000/78 potrebbe aver modificato la situazione giuridica oggetto del procedimento principale nel senso che, per i periodi successivi alla data dell’entrata in vigore stessa, l’importo della pensione corrisposta a E.B. dovrebbe essere calcolato senza operare alcuna discriminazione. Il giudice del rinvio si richiama, al riguardo, alla sentenza della Corte del 29 aprile 1999, Ciola (C‑224/97, EU:C:1999:212).

38      È in tale contesto che il Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 2 della direttiva [2000/78] osti alla conservazione degli effetti costitutivi di una decisione amministrativa avente forza di giudicato per diritto nazionale ed emanata nel settore della normativa disciplinare riguardante i dipendenti pubblici (decisione disciplinare), con la quale sia stato disposto il collocamento a riposo del dipendente con decurtazione dell’importo della pensione, allorché, con riguardo alla menzionata decisione amministrativa, al momento della sua emanazione, non fossero ancora in vigore disposizioni di diritto dell’Unione, in particolare la direttiva, laddove una (ipotetica) decisione del medesimo tenore risulterebbe in contrasto con la direttiva, qualora la sua emanazione fosse successiva all’entrata in vigore della direttiva medesima.

2)      In caso di risposta affermativa, se il diritto dell’Unione esiga, al fine di escludere discriminazioni,

a)      ai fini della determinazione dell’importo del trattamento pensionistico, sia necessario, in base al diritto dell’Unione, considerare il dipendente non come collocato a riposo bensì come in attività nel periodo intercorrente tra l’entrata in vigore della decisione amministrativa e l’età pensionabile del dipendente, stabilita per legge, oppure se

b)      sia sufficiente riconoscere come dovuto l’importo integrale della pensione spettante a seguito del collocamento a riposo nel momento indicato dalla decisione amministrativa.

3)      Se la risposta alla seconda questione dipenda dal fatto che il dipendente abbia cercato o meno di assumere di fatto un’attività nel servizio pubblico federale prima di raggiungere l’età pensionabile.

4)      Nel caso in cui (eventualmente anche in considerazione delle circostanze esposte nella terza questione) risultasse sufficiente l’annullamento della decurtazione percentuale della pensione:

se, ai fini della determinazione del trattamento pensionistico anche per i periodi retributivi antecedenti alla diretta applicabilità della direttiva nell’ambito dell’ordinamento nazionale, il principio di non discriminazione sancito dalla direttiva debba essere necessariamente applicato dal giudice nazionale, in ossequio al principio del primato del diritto dell’Unione rispetto a norme nazionali con esso incompatibili.

5)      In caso di risposta affermativa alla quarta questione: sino a qual momento si estendano tali “effetti retroattivi”».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

39      Con la prima questione il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se l’articolo 2 della direttiva 2000/78 debba essere interpretato nel senso della sua applicazione agli effetti giuridici di una decisione disciplinare definitiva, adottata anteriormente all’entrata in vigore della direttiva medesima, con cui sia stata disposto il pensionamento anticipato di un pubblico dipendente unitamente alla decurtazione del trattamento pensionistico.

40      Secondo costante giurisprudenza della Corte, come risulta sia dal titolo e dal preambolo, sia dal contenuto e dalla finalità della direttiva 2000/78, quest’ultima si propone di fissare un quadro generale per garantire ad ogni individuo la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, offrendo una protezione efficace contro le discriminazioni fondate su uno dei motivi di cui all’articolo 1, fra i quali sono menzionati gli orientamenti sessuali (v., in tal senso, sentenze del 18 giugno 2009, Hütter, C‑88/08, EU:C:2009:381, punto 33, e del 19 settembre 2018, Bedi, C‑312/17, EU:C:2018:734, punto 28).

41      Al fine di rispondere alla prima questione sollevata dal giudice del rinvio occorre, in primis, verificare se una situazione come quella risultante dal provvedimento disciplinare del 10 giugno 1975 ricada nella sfera d’applicazione ratione materiae della direttiva 2000/78.

42      A tal riguardo, dall’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2000/78 risulta, anzitutto, che essa si applica, nei limiti dei poteri conferiti all’Unione, «a tutte le persone, sia del settore pubblico che del settore privato, compresi gli organismi di diritto pubblico», per quanto attiene, segnatamente, «all’occupazione e alle condizioni di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e la retribuzione». (sentenze del 12 ottobre 2010, Ingeniørforeningen i Danmark, C‑499/08, EU:C:2010:600, punto 20, e del 24 novembre 2016, Parris, C‑443/15, EU:C:2016:897, punto 32).

43      Nella specie, E.B., funzionario di polizia, veniva collocato anticipatamente a riposo, a titolo di provvedimento disciplinare, con decurtazione della pensione in misura del 25%. Ciò premesso, si deve rilevare che il provvedimento disciplinare del 10 giugno 1975, disponendo il pensionamento anticipato, ha inciso sull’occupazione e sulle condizioni di lavoro del ricorrente, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2000/78.

44      Ciò detto, ai fini della valutazione se una pensione come quella oggetto del procedimento principale ricada nella sfera d’applicazione della direttiva 2000/78, si deve ricordare che, secondo costante giurisprudenza, l’ambito di applicazione della direttiva 2000/78 deve intendersi, alla luce dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), e paragrafo 3, della medesima, in combinato disposto con il suo considerando 13, nel senso che non si estende ai regimi di sicurezza sociale e di protezione sociale le cui prestazioni non siano assimilate ad una retribuzione, nell’accezione data a tale termine ai fini dell’applicazione dell’articolo 157, paragrafo 2, TFUE (sentenze del 6 dicembre 2012, Dittrich e a., C‑124/11, C‑125/11 et C‑143/11, EU:C:2012:771, punto 31, nonché del 19 settembre 2018, Bedi, C‑312/17, EU:C:2018:734, punto 30).

45      A tal riguardo, soltanto il criterio derivante dal rilievo che la pensione è corrisposta al lavoratore sulla base del rapporto di lavoro intercorso tra il medesimo ed il suo ex datore di lavoro, vale a dire il criterio dell’impiego desunto dalla lettera stessa del menzionato articolo, può rivestire carattere determinante (v., in tal senso, sentenze del 28 settembre 1994, Beune, C‑7/93, EU:C:1994:350, punto 43, nonché del 1o aprile 2008, Maruko, C‑267/06, EU:C:2008:179, punto 46 e la giurisprudenza ivi citata).

46      In tale contesto, ricade nella sfera d’applicazione dell’articolo de quo la pensione che interessa soltanto una categoria particolare di lavoratori, qualora sia direttamente proporzionale agli anni di servizio prestati ed il suo importo sia calcolato in base all’ultima retribuzione (v., in tal senso, sentenze del 1o aprile 2008, Maruko, C‑267/06, EU:C:2008:179, punti 47 e 48, nonché del 24 novembre 2016, Parris, C‑443/15, EU:C:2016:897, punto 35).

47      Spetta al giudice del rinvio verificare, alla luce di tali elementi, se la pensione di anzianità corrisposta a E.B. ricada nell’ambito di applicazione dell’articolo 157 TFUE e, in particolare, se tale pensione sia considerata, secondo il diritto nazionale, quale retribuzione che continui ad essere corrisposta nell’ambito di un rapporto di servizio che prosegua successivamente alla concessione, al pubblico dipendente, del beneficio della pensione di vecchiaia, al pari della pensione del pubblico impiego oggetto della causa sfociata nella sentenza del 21 gennaio 2015, Felber (C‑529/13, EU:C:2015:20).

48      Alla luce dei suesposti rilievi e sempreché la pensione corrisposta a E.B. ricada nella nozione di «retribuzione» ai sensi dell’articolo 157 TFUE e, conseguentemente, della direttiva 2000/78, una fattispecie come quella risultante dal provvedimento disciplinare del 10 giugno 1975 rientra nella sfera d’applicazione ratione materiae della direttiva medesima.

49      Occorre poi, in un secondo momento, esaminare se una fattispecie di tal genere ricada nell’ambito d’applicazione ratione temporis della direttiva de qua.

50      Secondo costante giurisprudenza della Corte, una nuova norma giuridica si applica a decorrere dall’entrata in vigore dell’atto che l’istituisce e, sebbene non si applichi alle situazioni giuridiche sorte e definitivamente acquisite in vigenza della vecchia legge, si applica agli effetti futuri delle medesime, nonché alle situazioni giuridiche nuove, salvo il caso in cui, fatto salvo il principio di irretroattività degli atti giuridici, la nuova norma sia accompagnata da disposizioni particolari che determinino specificamente le proprie condizioni di applicazione nel tempo (sentenze del 16 dicembre 2010, Stichting Natuur en Milieu e a., C‑266/09, EU:C:2010:779, punto 32, nonché del 26 marzo 2015, Commissione/Moravia Gas Storage, C‑596/13 P, EU:C:2015:203, punto 32).

51      Nella specie, si deve rilevare che il provvedimento disciplinare del 10 giugno 1975 ha fatto sorgere una situazione giuridica definitivamente acquisita anteriormente all’applicazione della direttiva 2000/78.

52      Un provvedimento come quello oggetto del procedimento principale non può essere quindi ricollegato, in assenza di specifiche disposizioni in tal senso nella direttiva 2000/78, alla sfera d’applicazione del diritto dell’Unione per il periodo antecedente alla scadenza del termine di trasposizione della direttiva stessa (v., in tal senso, sentenza del 10 maggio 2011, Römer, C‑147/08, EU:C:2011:286, punto 61).

53      Conseguentemente, è solo alla scadenza del termine della sua trasposizione, vale a dire a decorrere dal 3 dicembre 2003, che la direttiva 2000/78 ha fatto rientrare gli effetti giuridici del provvedimento oggetto del procedimento principale nella sfera d’applicazione del diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 10 maggio 2011, Römer, C‑147/08, EU:C:2011:286, punto 63).

54      Orbene, lo Stato austriaco, se ha iniziato a corrispondere periodicamente a E.B. una pensione di vecchiaia a decorrere dal 1976, conformemente al provvedimento disciplinare del 10 giugno 1975, ha continuato a versare la pensione stessa successivamente alla scadenza del termine di trasposizione della direttiva 2000/78.

55      Allo stesso modo, in considerazione della continuata corresponsione della pensione a E.B., il provvedimento in questione, se è pur vero che è divenuto definitivo anteriormente alla scadenza del termine di trasposizione della direttiva 2000/78, non ha, per contro, esaurito tutti i propri effetti giuridici prima della scadenza del termine stesso, continuando, invece, a produrre periodicamente i propri effetti, per tutto il periodo di pensionamento dell’interessato, successivamente alla scadenza del termine medesimo.

56      Conseguentemente, in considerazione della giurisprudenza richiamata supra al punto 50, la situazione prodotta dal provvedimento disciplinare del 10 giugno 1975 costituisce una situazione sorta prima dell’entrata in vigore della direttiva 2000/78, ma i cui effetti futuri sono disciplinati dalla direttiva stessa a decorrere dalla scadenza del termine di sua trasposizione, conformemente al principio secondo cui le norme giuridiche nuove si applicano immediatamente ai suoi effetti futuri.

57      Alla luce di tutti i suesposti rilievi, si deve rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 2 della direttiva 2000/78 dev’essere interpretato nel senso che esso s’applica, successivamente alla scadenza del termine di trasposizione della direttiva de qua, vale a dire a decorrere dal 3 dicembre 2003, agli effetti futuri di un provvedimento disciplinare definitivo, adottato anteriormente all’entrata in vigore della direttiva medesima, con cui sia stato disposto il collocamento a riposo anticipato di un pubblico dipendente, unitamente alla decurtazione del relativo importo della pensione.

 Sulle questioni dalla seconda alla quinta

58      Con le questioni dalla seconda alla quinta, che appare opportuno esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, a fronte della risposta fornita alla prima questione, se ed in qual misura la direttiva 2000/78 debba essere interpretata nel senso di imporre al giudice nazionale di riesaminare gli effetti giuridici del provvedimento disciplinare definitivo con cui sia stato disposto il pensionamento anticipato di un pubblico dipendente, unitamente alla decurtazione dell’importo della relativa pensione.

59      Si deve rilevare, in limine, che il governo austriaco deduce che le regole deontologiche applicabili a E.B, che imponevano ai pubblici dipendenti di mantenere, nell’ambito e al di fuori delle loro funzioni, alta la reputazione della professione, sanzionavano in ugual modo i soggetti omosessuali o eterosessuali autori di un delitto. Conseguentemente, tali regole non avrebbero determinato alcuna discriminazione direttamente fondata sull’orientamento sessuale.

60      Tuttavia, come rilevato dal giudice a quo nell’ordinanza di rinvio e come emerge dal punto 36 supra, il provvedimento disciplinare del 10 giugno 1975, poi avallato dal provvedimento confermativo disciplinare del 24 marzo 1976, è stato essenzialmente fondato sulla sanzionabilità penale, all’epoca, dei fatti contestati a E.B. sulla base di una disposizione del diritto austriaco che puniva le molestie sessuali commesse da una persona di sesso maschile nei confronti di una persona dello stesso sesso, minore di 18 anni, ma che non puniva le molestie sessuali commesse da una persona eterosessuale o da una persona omosessuale di sesso femminile nei confronti di un minore di 18 anni. Il giudice del rinvio ha parimenti sottolineato che un’eventuale sanzione disciplinare inflitta nell’ipotesi in cui non fossero sussistiti gli elementi costitutivi di molestie sessuali di carattere omosessuale maschile previsti dalla disposizione de qua sarebbe risultata considerevolmente meno severa.

61      Ne consegue che una situazione come quella prodotta dal provvedimento disciplinare del 10 giugno 1975, basato su una disparità di trattamento fondata sull’orientamento sessuale, determina una discriminazione diretta, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2000/78.

62      Ciò precisato, si deve rilevare che la sanzione disciplinare consistente nel collocare E.B. anticipatamente a riposo ha avuto effetto a decorrere dal 1o aprile 1976. Tale sanzione era divenuta definitiva prima della scadenza del termine di trasposizione della direttiva 2000/78 ed aveva esaurito tutti i suoi effetti al momento dell’entrata in vigore della direttiva medesima. Alla luce della risposta fornita alla prima questione, essa non può più essere rimessa in discussione in base alla direttiva. La circostanza, richiamata dal giudice del rinvio, che E.B. non avrebbe potuto essere collocato a riposo, a titolo di sanzione disciplinare, in assenza di sanzionabilità penale, all’epoca, dei fatti contestatigli resta irrilevante con riguardo a tale conclusione.

63      Conseguentemente, una persona quale E.B. non può invocare le disposizioni della direttiva 2000/78 al fine di ottenere la ricostituzione della carriera lavorativa che avrebbe percorso qualora il provvedimento disciplinare del 10 giugno 1975 non fosse stato adottato.

64      Ai fini della determinazione dell’importo della pensione di una persona quale E.B. non può quindi considerarsi che questi si sia trovato, nel periodo intercorrente tra l’entrata in vigore del provvedimento disciplinare del 10 giugno 1975 ed il compimento dell’età di pensionamento prevista per legge, in una situazione di servizio attivo come dipendente pubblico. Conseguentemente, il diritto dell’Unione non impone che lo Stato austriaco corrisponda le retribuzioni o riconosca i diritti pensionistici relativi a tale periodo.

65      Per quanto attiene, per contro, alla sanzione consistente nella decurtazione, in misura del 25%, dell’importo della pensione di E.B. per effetto del suo collocamento a riposo a decorrere dal 1o aprile 1976, si deve sottolineare che, se è pur vero che gli effetti prodotti da tale sanzione anteriormente alla scadenza del termine di trasposizione della direttiva 2000/78 non possono più, alla luce della risposta fornita alla prima questione pregiudiziale, essere rimessi in discussione in base alla direttiva stessa, la pensione così decurtata continua ad essere tuttavia periodicamente corrisposta a E.B. L’applicazione della direttiva 2000/78 successivamente alla scadenza del suo termine di trasposizione implica, conformemente alla giurisprudenza richiamata supra al punto 50, che, a decorrere da tale data, la decurtazione della pensione di E.B. venga riesaminata al fine di porre termine alla discriminazione fondata sull’orientamento sessuale. Il calcolo da effettuare nell’ambito di tale riesame deve basarsi sull’importo della pensione cui E.B. avrebbe avuto diritto, in considerazione del suo pensionamento decorrente dal 1o aprile 1976.

66      A tal riguardo, il giudice del rinvio deve verificare in qual misura un dipendente pubblico che fosse venuto meno, alla stessa epoca, ai propri obblighi deontologici in maniera analoga a E.B. sarebbe stato oggetto di sanzione disciplinare, prescindendo dal carattere omosessuale maschile di tale mancanza.

67      Nella specie, il giudice del rinvio ha fatto presente che, sebbene non possa escludersi che un’analoga istigazione di un minore a praticare atti di carattere eterosessuale o lesbico sarebbe stata rilevata e sanzionata quale violazione degli obblighi deontologici incombenti agli agenti di polizia, la sanzione disciplinare inflitta a E.B. sarebbe stata considerevolmente meno severa in assenza degli elementi costitutivi previsti dalla disposizione del diritto penale austriaco in questione. Ciò detto, spetta al giudice del rinvio stabilire se una mancanza del genere avrebbe condotto ad una sanzione disciplinare consistente in una decurtazione dell’importo della pensione di vecchiaia e, eventualmente, quale sarebbe stata l’entità della decurtazione che sarebbe stata inflitta a E.B. a titolo di sanzione disciplinare, in assenza di qualsiasi discriminazione fondata sull’orientamento sessuale, fermo restando che tale decurtazione dev’essere, all’occorrenza, inferiore al 25%.

68      Nell’ambito dell’applicazione della direttiva 2000/78 e sempreché si tratti di porre rimedio ad una discriminazione come quella oggetto del procedimento principale, determinando l’adeguata percentuale di riduzione dell’importo della pensione di E.B., resta irrilevante la circostanza che, prima del raggiungimento dell’età di pensionamento prevista per legge, l’interessato si sia adoperato, spontaneamente o meno, ad intraprendere un’attività nel pubblico impiego o che, nel periodo di pensionamento anticipato, abbia svolto attività lavorativa nel settore privato.

69      Il giudice del rinvio deve quindi determinare l’importo della pensione spettante a E.B. per il periodo successivo al 3 dicembre 2003.

70      Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, si deve rispondere alle questioni dalla seconda alla quinta dichiarando che la direttiva 2000/78 dev’essere interpretata nel senso che, in una fattispecie come quella descritta al punto 57 supra, essa impone al giudice nazionale di riesaminare, per il periodo decorrente dal 3 dicembre 2003, non la sanzione disciplinare definitiva con cui è stato disposto il collocamento a riposo anticipato del dipendente pubblico interessato, bensì la decurtazione dell’importo della pensione, al fine di determinare il quantum che sarebbe spettato al medesimo in assenza di qualsiasi discriminazione fondata sull’orientamento sessuale.

 Sulle spese

71      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 2 della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, dev’essere interpretato nel senso che esso s’applica, successivamente alla scadenza del termine di trasposizione della direttiva de qua, vale a dire a decorrere dal 3 dicembre 2003, agli effetti futuri di un provvedimento disciplinare definitivo, adottato anteriormente all’entrata in vigore della direttiva medesima, con cui sia stato disposto il collocamento a riposo anticipato di un pubblico dipendente, unitamente alla decurtazione del relativo importo della pensione.

2)      La direttiva 2000/78 dev’essere interpretata nel senso che, in una fattispecie come quella descritta supra al punto 1 del presente dispositivo, essa impone al giudice nazionale di riesaminare, per il periodo decorrente dal 3 dicembre 2003, non la sanzione disciplinare definitiva con cui è stato disposto il collocamento a riposo anticipato del dipendente pubblico interessato, bensì la decurtazione dell’importo della pensione, al fine di determinare il quantum che sarebbe spettato al medesimo in assenza di qualsiasi discriminazione fondata sull’orientamento sessuale.

Firme


*      Lingua processuale: il tedesco.