Language of document : ECLI:EU:C:2017:202

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

14 marzo 2017 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Politica estera e di sicurezza comune (PESC) – Misure restrittive specifiche adottate nei confronti di determinate persone ed entità nell’ambito della lotta contro il terrorismo – Posizione comune 2001/931/PESC – Decisione quadro 2002/475/GAI – Regolamento (CE) n. 2580/2001 – Articolo 2, paragrafo 3 – Iscrizione dell’organizzazione delle “Tigri per la liberazione della patria Tamil (LTTE)” nell’elenco delle persone, dei gruppi e delle entità coinvolti in atti terroristici – Questione pregiudiziale vertente sulla validità di tale iscrizione – Conformità al diritto internazionale umanitario – Nozione di “atto terroristico” – Attività delle forze armate in periodo di conflitto armato»

Nella causa C‑158/14,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Raad van State (Consiglio di Stato, Paesi Bassi), con decisione del 2 aprile 2014, pervenuta in cancelleria il 4 aprile 2014, nel procedimento

A,

B,

C,

D

contro

Minister van Buitenlandse Zaken,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, A. Tizzano, vicepresidente, R. Silva de Lapuerta, M. Ilešič, L. Bay Larsen, E. Juhász e M. Vilaras, presidenti di sezione, A. Rosas (relatore), A. Borg Barthet, J. Malenovský, E. Levits, F. Biltgen e C. Lycourgos, giudici,

avvocato generale: E. Sharpston

cancelliere: M. Ferreira, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’8 marzo 2016,

considerate le osservazioni presentate:

–        per A e B, da A. M. van Eik, A. Eikelboom e T. Buruma, advocaten;

–        per C e D, da H. Seton e X. B. Sijmons, advocaten;

–        per il governo dei Paesi Bassi, da M. K. Bulterman e M. J. Langer, in qualità di agenti;

–        per il governo spagnolo, da M. A. Sampol Pucurull, L. Banciella Rodríguez‑Miñón e M. J. García-Valdecasas Dorrego, in qualità di agenti;

–        per il governo del Regno Unito, da S. Brandon, L. Christie e V. Kaye, in qualità di agenti, assistiti da M. Lester, barrister;

–        per il Consiglio dell’Unione europea, da F. Naert e G. Étienne, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da F. Castillo de la Torre, F. Ronkes Agerbeek e P. Van Nuffel, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 29 settembre 2016,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte, da un lato, sull’interpretazione dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), della decisione quadro 2002/475/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, sulla lotta contro il terrorismo (GU 2002, L 164, pag. 3), come modificata dalla decisione quadro 2008/919/GAI del Consiglio, del 28 novembre 2008 (GU 2008, L 330, pag. 21) (in prosieguo: la «decisione quadro 2002/475»), della posizione comune 2001/931/PESC del Consiglio, del 27 dicembre 2001, relativa all’applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo (GU 2001, L 344, pag. 93), nonché del regolamento (CE) n. 2580/2001 del Consiglio, del 27 dicembre 2001, relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo (GU 2001, L 344, pag. 70), e, dall’altro, sulla validità del regolamento di esecuzione (UE) n. 610/2010 del Consiglio, del 12 luglio 2010, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 2580/2001 e abroga il regolamento di esecuzione (UE) n. 1285/2009 (GU 2010, L 178, pag. 1), nei limiti in cui mantiene l’entità delle «Tigri per la liberazione della patria Tamil (LTTE)» [o, in lingua inglese, le «Liberation Tigers of Tamil Eelam (LTTE)»; in prosieguo: l’«entità delle LTTE»] nell’elenco dei gruppi ed entità di cui all’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 2580/2001 (in prosieguo: l’«elenco di congelamento dei capitali»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di controversie tra, rispettivamente, A, B, C e D (in prosieguo, congiuntamente: «A e a.»), e il minister van Buitenlandse Zaken (Ministro degli affari esteri; in prosieguo: il «Ministro»), in ordine all’imposizione nei confronti di tali persone di misure restrittive in applicazione della legislazione nazionale in materia di repressione di atti terroristici.

 Contesto normativo

 Diritto internazionale

 La risoluzione 1373 (2001) del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite

3        A seguito degli attacchi terroristici compiuti l’11 settembre 2001 a New York (Stati Uniti), a Washington (Stati Uniti) e in Pennsylvania (Stati Uniti), il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato, il 28 settembre 2001, la risoluzione 1373 (2001).

4        Il preambolo di tale risoluzione ribadisce segnatamente «la necessità di contrastare con ogni mezzo, in conformità con la [c]arta delle Nazioni Unite, la minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale proveniente da atti di terrorismo». Esso evidenzia altresì l’obbligo per gli Stati di «integrare la collaborazione internazionale adottando ulteriori misure al fine di prevenire e reprimere all’interno dei propri territori, con ogni mezzo legale, il finanziamento e la preparazione di atti terroristici».

5        Ai sensi del punto 1 di tale risoluzione, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite:

«Decide che tutti gli Stati devono:

a)      prevenire e reprimere il finanziamento di atti terroristici;

b)      sanzionare penalmente la fornitura o la raccolta volontaria, con qualsiasi mezzo, direttamente o indirettamente, di fondi da parte dei loro cittadini o nei loro territori, con l’intenzione di utilizzare i fondi o sapendo che questi devono essere utilizzati per realizzare atti terroristici;

(…)

d)      Vietare ai loro cittadini o a qualsiasi persona o entità nel loro territorio di rendere disponibile qualsiasi fondo, bene finanziario o risorsa economica o altri servizi finanziari o altri servizi collegati, direttamente o indirettamente, a beneficio di persone che commettono, tentano di commettere, facilitano o partecipano all’esecuzione di atti terroristici, di entità di proprietà di o controllate, direttamente o indirettamente, da tali persone e di persone ed entità che agiscono a nome di o agli ordini di tali persone;

(…)».

 Le quattro Convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1949 e i loro Protocolli aggiuntivi

6        L’articolo 2, comune alle quattro Convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1949, ossia, rispettivamente, la Convenzione per migliorare la sorte dei feriti e dei malati delle forze armate in campagna (Recueil des traités des Nations unies, vol. 75, pag. 31; in prosieguo: la «prima Convenzione di Ginevra»), la Convenzione per migliorare la sorte dei feriti, dei malati e dei naufraghi delle forze armate di mare (Recueil des traités des Nations unies, vol. 75, pag. 85; in prosieguo: la «seconda Convenzione di Ginevra»), la Convenzione relativa al trattamento dei prigionieri di guerra (Recueil des traités des Nations unies, vol. 75, pag. 135; in prosieguo: la «terza Convenzione di Ginevra») e la Convenzione per la protezione delle persone civili in tempo di guerra (Recueil des traités des Nations unies, vol. 75, pag. 287; in prosieguo: la «quarta Convenzione di Ginevra») (in prosieguo, congiuntamente: le «quattro Convenzioni di Ginevra»), così dispone:

«Oltre alle disposizioni che devono entrare in vigore in tempo di pace, la presente Convenzione si applica in caso di guerra dichiarata o di qualsiasi altro conflitto armato che scoppiasse tra due o più delle Alte Parti contraenti, anche se lo stato di guerra non fosse riconosciuto da una di esse.

La Convenzione è parimenti applicabile in tutti i casi di occupazione totale o parziale del territorio di un’Alta Parte contraente, anche se questa occupazione non incontrasse resistenza militare alcuna.

(…)».

7        Ai sensi dell’articolo 33 della quarta Convenzione di Ginevra:

«Nessuna persona protetta può essere punita per un’infrazione che non ha commesso personalmente. Le pene collettive, come pure qualsiasi misura d’intimidazione o di terrorismo, sono vietate. (…)».

8        Le quattro Convenzioni di Ginevra sono state integrate da diversi protocolli aggiuntivi: il Protocollo aggiuntivo alle quattro Convenzioni di Ginevra relativo alla protezione delle vittime dei conflitti armati internazionali (Protocollo I), dell’8 giugno 1977 (Recueil des traités des Nations unies, vol. 1125, pag. 3), il Protocollo aggiuntivo alle quattro Convenzioni di Ginevra relativo alla protezione delle vittime dei conflitti armati non internazionali (Protocollo II), dell’8 giugno 1977 (Recueil des traités des Nations unies, vol. 1125, pag. 609) e il Protocollo aggiuntivo alle quattro Convenzioni di Ginevra relativo all’adozione di un segno distintivo addizionale (Protocollo III), dell’8 dicembre 2005 (Recueil des traités des Nations unies, vol. 2404, pag. 261) (in prosieguo, congiuntamente: i «Protocolli aggiuntivi»).

9        L’articolo 1, paragrafi 3 e 4, del Protocollo I prevede quanto segue:

«3.      Il presente Protocollo, che completa le [quattro Convenzioni di Ginevra], si applicherà nelle situazioni previste nell’articolo 2 comune a dette Convenzioni.

4.      Le situazioni indicate nel paragrafo precedente comprendono i conflitti armati nei quali i popoli lottano contro la dominazione coloniale e l’occupazione straniera e contro i regimi razzisti, nell’esercizio del diritto dei popoli di disporre di se stessi, consacrato nella [c]arta delle Nazioni Unite e nella [d]ichiarazione relativa ai principi di diritto internazionale concernenti le relazioni amichevoli e la cooperazione fra gli Stati in conformità della [c]arta delle Nazioni [Unite]».

10      L’articolo 51, paragrafo 2, di tale Protocollo è così formulato:

«Sia la popolazione civile che le persone civili non dovranno essere oggetto di attacchi. Sono vietati gli atti o minacce di violenza, il cui scopo principale sia di diffondere il terrore fra la popolazione civile».

11      Ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo II:

«1.      Il presente Protocollo, che sviluppa e completa l’articolo 3 comune alle [quattro Convenzioni di Ginevra] senza modificarne le condizioni attuali di applicazione, si applicherà a tutti i conflitti armati che non rientrano nell’articolo 1 del [Protocollo I], e che si svolgono sul territorio di un’Alta [p]arte contraente fra le sue forze armate e forze armate dissidenti o gruppi armati organizzati che, sotto la condotta di un comando responsabile, esercitano, su una parte del suo territorio, un controllo tale da permettere loro di condurre operazioni militari prolungate e concertate, e di applicare il presente Protocollo.

2.      Il presente Protocollo non si applicherà alle situazioni di tensioni interne, di disordini interni, come le sommosse, gli atti isolati e sporadici di violenza ed altri atti analoghi, che non sono considerati come conflitti armati».

12      L’articolo 4, paragrafi 1 e 2, di tale Protocollo è così formulato:

«1.      Tutte le persone che non partecipano direttamente o non partecipano più alle ostilità, siano esse private o no della libertà, hanno diritto al rispetto della persona, dell’onore, delle convinzioni e delle pratiche religiose. Esse saranno trattate in ogni circostanza con umanità e senza alcuna distinzione di carattere sfavorevole. È vietato di ordinare che non ci siano sopravvissuti.

2.      Senza pregiudizio del carattere delle disposizioni che precedono, sono e resteranno proibiti in ogni tempo e in ogni luogo nei confronti delle persone indicate nel paragrafo 1:

(…)

d)      gli atti di terrorismo;

(…)

h)      la minaccia di commettere gli atti suddetti».

13      L’articolo 6 di detto Protocollo prevede quanto segue:

«1.      Il presente articolo si applicherà all’azione penale e alle condanne di reati connessi con il conflitto armato.

(…)

5.      Al termine delle ostilità, le autorità al potere procureranno di concedere la più larga amnistia possibile alle persone che avessero preso parte al conflitto armato o che fossero private della libertà per motivi connessi con il conflitto armato, siano esse internate o detenute».

14      L’articolo 13, paragrafo 2, del medesimo Protocollo è così formulato:

«Né la popolazione civile in quanto tale né le persone civili dovranno essere oggetto di attacchi. Sono vietati gli atti o le minacce di violenza, il cui scopo principale sia di diffondere il terrore fra la popolazione civile».

15      L’Unione europea non è parte né alle quattro Convenzioni di Ginevra né ai Protocolli aggiuntivi. Ne sono parti, invece, tutti gli Stati membri.

 La Convenzione internazionale per la repressione degli attentati terroristici con esplosivo

16      L’ultimo considerando della Convenzione internazionale per la repressione degli attentati terroristici con esplosivo, firmata a New York il 15 dicembre 1997 (Recueil des traités des Nations unies, vol. 2149, pag. 256), così recita:

«Notando che le attività delle forze armate degli Stati sono disciplinate da norme di diritto internazionale che esulano dall’ambito della presente Convenzione e che l’esclusione di alcuni atti dal campo di applicazione della Convenzione non giustifica né legittima atti peraltro illeciti e non impedisce l’esercizio di azioni giudiziarie in virtù di altre leggi,

(…)».

17      L’articolo 19, paragrafo 2, di tale Convenzione così prevede:

«Le attività delle forze armate in periodo di conflitto armato, in base al significato dato a questi termini nel diritto internazionale umanitario, e che sono disciplinate da tale diritto, non sono regolamentate dalla presente Convenzione; le attività svolte dalle forze armate di uno Stato nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali, non sono neanch’esse regolamentate dalla presente Convenzione, in quanto disciplinate da altre norme del diritto internazionale».

18      L’Unione non è parte a tale Convenzione. Ne sono parti, invece, tutti gli Stati membri.

 La Convenzione internazionale per la repressione del finanziamento del terrorismo

19      L’articolo 2, paragrafo 1, della Convenzione internazionale per la repressione del finanziamento del terrorismo, firmata a New York il 9 dicembre 1999 (Recueil des traités des Nations unies, vol. 2178, pag. 197), così dispone:

«Commette reato ai sensi della presente Convenzione chiunque, con qualsiasi mezzo, direttamente o indirettamente, illecitamente e intenzionalmente, fornisce o raccoglie fondi con l’intento di utilizzarli o sapendo che sono destinati ad essere utilizzati, integralmente o parzialmente, al fine di compiere:

(…)

b)      qualsiasi altro atto diretto a causare la morte o gravi lesioni fisiche a un civile, o a qualsiasi altra persona che non partecipa attivamente alle ostilità in una situazione di conflitto armato, quando la finalità di tale atto, per sua natura o per il contesto, è quella di intimidire una popolazione, o di costringere un governo o un’organizzazione internazionale a compiere o ad astenersi dal compiere qualcosa».

20      In forza dell’articolo 8, paragrafo 1, di tale Convenzione, gli Stati parti devono adottare, in conformità ai principi del loro diritto interno, le misure necessarie per l’identificazione, la rilevazione, il congelamento o il sequestro di tutti i fondi utilizzati o destinati ad essere utilizzati per commettere i reati di cui all’articolo 2, nonché dei proventi di tali reati, ai fini di un’eventuale confisca.

21      Secondo l’articolo 21 della medesima Convenzione:

«Nessuna disposizione della presente Convenzione incide sugli altri diritti, obblighi e responsabilità degli Stati e degli individui in base al diritto internazionale, in particolare gli obiettivi della Carta delle Nazioni Unite, il diritto internazionale umanitario e le altre convenzioni pertinenti».

22      L’Unione non è parte alla Convenzione internazionale per la repressione del finanziamento del terrorismo. Ne sono parti, invece, tutti gli Stati membri.

 La Convenzione internazionale per la repressione degli atti di terrorismo nucleare

23      L’articolo 4, paragrafo 2, della Convenzione internazionale per la repressione degli atti di terrorismo nucleare, firmata a New York il 13 aprile 2005 (Recueil des traités des Nations unies, vol. 2445, pag. 89), è redatto come segue:

«Le attività delle forze armate in periodo di conflitto armato, in base al significato dato a questi termini nel diritto internazionale umanitario, che sono disciplinate da tale diritto, non sono rette dalla presente Convenzione; le attività svolte dalle forze armate di uno Stato nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali non sono a loro volta rette dalla presente Convenzione in quanto disciplinate da altre norme del diritto internazionale».

24      L’Unione non è parte a tale Convenzione. Ne è parte, invece, la grande maggioranza degli Stati membri.

 La Convenzione del Consiglio d’Europa per la prevenzione del terrorismo

25      L’articolo 26, paragrafo 5, della Convenzione del Consiglio d’Europa per la prevenzione del terrorismo, firmata a Varsavia il 16 maggio 2005 (Serie dei trattati del Consiglio d’Europa n. 196), è formulato come segue:

«Le attività delle forze armate in periodo di conflitto armato, in base al significato attribuito a questi termini nel diritto internazionale umanitario, che sono disciplinate da tale diritto, non sono regolate dalla presente Convenzione, e le attività intraprese dalle forze armate di una Parte nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali non sono a loro volta regolate dalla presente Convenzione, nei limiti in cui sono disciplinate da altre norme di diritto internazionale».

26      In forza della decisione (UE) 2015/1913 del Consiglio, del 18 settembre 2015, relativa alla firma, a nome dell’Unione europea, della convenzione del Consiglio d’Europa per la prevenzione del terrorismo (GU 2015, L 280, pag. 22), l’Unione ha firmato tale Convenzione riguardo alle materie di competenza di quest’ultima. Anche la maggior parte degli Stati membri l’ha firmata e ratificata.

 Diritto dell’Unione

 Posizione comune 2001/931

27      Come emerge dai suoi considerando, lo scopo della posizione comune 2001/931 è l’attuazione, attraverso azioni intraprese sia a livello dell’Unione sia a livello degli Stati membri, della risoluzione 1373 (2001), con la quale il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite decide che tutti gli Stati devono prevenire e reprimere il finanziamento degli atti terroristici.

28      L’articolo 1 di tale posizione comune così prevede:

«1.      La presente posizione comune si applica, in conformità delle disposizioni dei seguenti articoli, alle persone, gruppi ed entità, elencati nell’allegato, coinvolti in atti terroristici.

2.      Ai fini della presente posizione comune per “persone, gruppi ed entità coinvolti in atti terroristici” si intendono:

–      persone che compiono, o tentano di compiere, atti terroristici o vi prendono parte o li agevolano,

–      gruppi ed entità posseduti o controllati direttamente o indirettamente da tali persone; e persone, gruppi ed entità che agiscono a nome o sotto la guida di tali persone, gruppi ed entità, inclusi i capitali provenienti o generati da beni posseduti o controllati direttamente o indirettamente da tali persone o da persone, gruppi ed entità ad esse associate.

3.      Ai fini della presente posizione comune per “atto terroristico” si intende uno degli atti intenzionali di seguito indicati, che, per la sua natura o contesto possa recare grave danno a un paese o un’organizzazione internazionale, definito reato in base al diritto nazionale, quando è commesso al fine di:

i)      intimidire seriamente la popolazione; o

ii)      costringere indebitamente i poteri pubblici o un’organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto; o

iii)      destabilizzare gravemente o distruggere le strutture politiche, costituzionali, economiche o sociali fondamentali di un paese o un’organizzazione internazionale:

a)      attentati alla vita di una persona che possono causarne il decesso;

b)      attentati gravi all’integrità fisica di una persona;

c)      sequestro di persona e cattura di ostaggi;

d)      distruzioni massicce di strutture governative o pubbliche, sistemi di trasporto, infrastrutture, compresi i sistemi informatici, piattaforme fisse situate sulla piattaforma continentale ovvero di luoghi pubblici o di proprietà private, che possono mettere a repentaglio vite umane o causare perdite economiche considerevoli;

e)      sequestro di aeromobili o navi o di altri mezzi di trasporto collettivo di passeggeri o di trasporto di merci;

f)      fabbricazione, detenzione, acquisto, trasporto, fornitura o uso di armi da fuoco, esplosivi, armi atomiche, biologiche e chimiche, nonché, per le armi biologiche e chimiche, ricerca e sviluppo;

g)      diffusione di sostanze pericolose, cagionamento di incendi, inondazioni o esplosioni il cui effetto metta in pericolo vite umane;

h)      manomissione o interruzione della fornitura di acqua, energia o altre risorse naturali fondamentali il cui effetto metta in pericolo vite umane;

i)      minaccia di mettere in atto uno dei comportamenti elencati alle lettere da a) a h);

j)      direzione di un gruppo terroristico;

k)      partecipazione alle attività di un gruppo terroristico, anche fornendo informazioni o mezzi materiali o finanziandone in qualsiasi forma le attività, nella consapevolezza che tale partecipazione contribuirà alle attività criminose del gruppo.

Ai fini del presente paragrafo, per “gruppo terroristico” s’intende l’associazione strutturata di più di due persone, stabilita nel tempo, che agisce in modo concertato allo scopo di commettere atti terroristici. Il termine “associazione strutturata” designa un’associazione che non si è costituita fortuitamente per la commissione estemporanea di un reato e che non deve necessariamente prevedere ruoli formalmente definiti per i suoi membri, continuità nella composizione o una struttura articolata.

4.      L’elenco è redatto sulla base di informazioni precise o di elementi del fascicolo da cui risulta che un’autorità competente ha preso una decisione nei confronti delle persone, gruppi ed entità interessati, si tratti dell’apertura di indagini o di azioni penali per un atto terroristico, il tentativo di commetterlo, la partecipazione a tale atto o la sua agevolazione, basate su prove o indizi seri e credibili, o si tratti di una condanna per tali fatti. (…)

(…)».

 Regolamento n. 2580/2001

29      Ai sensi dell’articolo 1, punto 4, del regolamento n. 2580/2001, la definizione di «atto terroristico», ai fini di tale regolamento, è quella di cui all’articolo 1, paragrafo 3, della posizione comune 2001/931.

30      L’articolo 2 di detto regolamento prevede quanto segue:

«1.      Fatte salve le disposizioni degli articoli 5 e 6:

a)      tutti i capitali, le altre attività finanziarie e le risorse economiche di cui una persona fisica o giuridica, gruppo o entità ricompresi nell’elenco di cui al paragrafo 3 detenga la proprietà o il possesso sono congelati;

(…)

2.      Fatti salvi gli articoli 5 e 6, è vietata la prestazione di servizi finanziari destinati alle persone fisiche o giuridiche, gruppi o entità ricompresi nell’elenco di cui al paragrafo 3.

3.      Il Consiglio, deliberando all’unanimità, elabora, riesamina e modifica l’elenco di persone, gruppi o entità ai quali si applica il presente regolamento in conformità delle disposizioni di cui all’articolo 1, paragrafi 4, 5 e 6 della posizione comune [2001/931]. Tale elenco include:

i)      persone che commettono o tentano di commettere atti terroristici, che partecipano alla loro esecuzione o che la facilitano;

ii)      persone giuridiche, gruppi o entità che commettono o tentano di commettere atti terroristici, che partecipano alla loro esecuzione o che la facilitano;

(…)».

31      Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento in parola, è vietata la partecipazione, consapevole e intenzionale, ad attività che abbiano per oggetto o per effetto, direttamente o indirettamente, di eludere l’articolo 2 del medesimo.

32      L’articolo 9 del regolamento n. 2580/2001 è formulato nei seguenti termini:

«Ciascuno Stato membro determina le sanzioni da imporre in caso di violazione delle disposizioni del presente regolamento. Le sanzioni devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive».

 Decisione quadro 2002/475

33      Come emerge dai suoi considerando 6 e 7, la decisione quadro 2002/475 ha ad oggetto, in particolare, il ravvicinamento della definizione dei reati terroristici in tutti gli Stati membri, la previsione di pene e sanzioni commisurate alla gravità di tali reati nonché l’istituzione di regole di giurisdizione per garantire che il reato terroristico possa essere perseguito in modo efficace.

34      Il considerando 11 di tale decisione quadro così recita:

«La presente decisione quadro non disciplina le attività delle forze armate in tempo di conflitto armato, secondo le definizioni date a questi termini dal diritto internazionale umanitario, attività disciplinate da questo stesso diritto, né le attività svolte dalle forze armate di uno Stato nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali, che sono disciplinate da altre norme del diritto internazionale,

(…)».

35      L’articolo 1, paragrafo 1, della suddetta decisione quadro, intitolato «Reati terroristici e diritti e principi giuridici fondamentali», così dispone:

«Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché siano considerati reati terroristici gli atti intenzionali di cui alle lettere da a) a i) definiti reati in base al diritto nazionale che, per la loro natura o contesto, possono arrecare grave danno a un paese o a un’organizzazione internazionale, quando sono commessi al fine di:

–      intimidire gravemente la popolazione, o

–      costringere indebitamente i poteri pubblici o un’organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto, o

–      destabilizzare gravemente o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche o sociali di un paese o un’organizzazione internazionale:

a)      attentati alla vita di una persona che possono causarne il decesso;

b)      attentati gravi all’integrità fisica di una persona;

c)      sequestro di persona e cattura di ostaggi;

d)      distruzioni di vasta portata di strutture governative o pubbliche, sistemi di trasporto, infrastrutture, compresi i sistemi informatici, piattaforme fisse situate sulla piattaforma continentale ovvero di luoghi pubblici o di proprietà private che possono mettere a repentaglio vite umane o causare perdite economiche considerevoli;

e)      sequestro di aeromobili o navi o di altri mezzi di trasporto collettivo di passeggeri o di trasporto di merci;

f)      fabbricazione, detenzione, acquisto, trasporto, fornitura o uso di armi da fuoco, esplosivi, armi atomiche, biologiche e chimiche, nonché, per le armi biologiche e chimiche, ricerca e sviluppo;

g)      diffusione di sostanze pericolose, il cagionare incendi, inondazioni o esplosioni i cui effetti mettano in pericolo vite umane;

h)      manomissione o interruzione della fornitura di acqua, energia o altre risorse naturali fondamentali il cui effetto metta in pericolo vite umane;

i)      minaccia di realizzare uno dei comportamenti elencati alle lettere da a) a h)».

36      L’articolo 2 della stessa decisione quadro, intitolato «Reati riconducibili a un’organizzazione terroristica», è così formulato:

«1.      Ai fini della presente decisione quadro, per “organizzazione terroristica” s’intende l’associazione strutturata di più di due persone, stabilita nel tempo, che agisce in modo concertato allo scopo di commettere dei reati terroristici. Il termine “associazione strutturata” designa un’associazione che non si è costituita fortuitamente per la commissione estemporanea di un reato e che non deve necessariamente prevedere ruoli formalmente definiti per i suoi membri, continuità nella composizione o una struttura articolata.

2.      Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché siano punibili i seguenti atti intenzionali:

a)      direzione di un’organizzazione terroristica;

b)      partecipazione alle attività di un’organizzazione terroristica, anche fornendole informazioni o mezzi materiali, ovvero tramite qualsiasi forma di finanziamento delle sue attività nella consapevolezza che tale partecipazione contribuirà alle attività criminose dell’organizzazione terroristica».

 Decisioni 2001/927/CE e 2006/379/CE

37      La decisione 2001/927/CE del Consiglio, del 27 dicembre 2001, relativa all’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3 del regolamento n. 2580/2001 (GU 2001, L 344, pag. 83), ha istituito un primo elenco di persone, di gruppi e di entità ai quali si applica detto regolamento.

38      Con la decisione 2006/379/CE, del 29 maggio 2006, che attua l’articolo 2, paragrafo 3 del regolamento n. 2580/2001 e che abroga la decisione 2005/930/CE (GU 2006, L 144, pag. 21), il Consiglio ha iscritto l’entità delle LTTE in tale elenco. In seguito, tale entità è rimasta iscritta nel suddetto elenco, in applicazione delle decisioni e dei regolamenti di esecuzione succedutisi, che hanno sostituito l’elenco in parola con uno nuovo e hanno abrogato la decisione o il regolamento di esecuzione precedente. L’entità delle LTTE si trovava pertanto iscritta nell’elenco di congelamento dei capitali allegato al regolamento di esecuzione n. 610/2010.

 Diritto dei Paesi Bassi

39      Conformemente all’articolo 2, paragrafo 1, del Sanctieregeling terrorisme 2007-II (decreto ministeriale sulle sanzioni in materia di terrorismo del 2007-II; in prosieguo: il «decreto sulle sanzioni del 2007»), il Ministro può, se a suo avviso determinate persone o organizzazioni rientrano nella categoria di persone o organizzazioni di cui alla risoluzione 1373 (2001), adottare una decisione «di designazione» nei confronti di tali persone o organizzazioni.

40      Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, di tale decreto, tutte le risorse appartenenti alle persone o organizzazioni di cui al suo articolo 2, paragrafo 1, sono congelate.

41      L’articolo 2, paragrafo 3, di detto decreto vieta la prestazione di servizi finanziari alle persone e organizzazioni di cui all’articolo 2, paragrafo 1, dello stesso, o a loro favore.

42      Conformemente all’articolo 2, paragrafo 4, del decreto sulle sanzioni del 2007, è vietato mettere, direttamente o indirettamente, risorse economiche a disposizione delle persone e organizzazioni di cui all’articolo 2, paragrafo 1, dello stesso decreto.

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

43      Dalle informazioni fornite dal giudice del rinvio risulta che l’8 giugno 2010 il Ministro ha adottato, sulla base del decreto sulle sanzioni del 2007, decisioni di designazione nei confronti di A e a. (in prosieguo: le «decisioni dell’8 giugno 2010»), da cui è conseguito il congelamento delle loro rispettive risorse economiche. Il Ministro ha respinto, con decisioni rispettivamente del 10 gennaio 2011, dell’8 dicembre 2010 e del 25 novembre 2010, i reclami che tali persone avevano proposto avverso le decisioni dell’8 giugno 2010. Il medesimo ha fondato tali decisioni di rigetto sul fatto che A e a. appartenevano ciascuno, a suo avviso, alla categoria delle persone e delle organizzazioni di cui alla risoluzione 1373 (2001). Inoltre, il Ministro ha preso in considerazione un memorandum ufficiale dell’Algemene Inlichtingen- en Veiligheidsdienst (servizio generale di informazione e di sicurezza, Paesi Bassi), del 14 ottobre 2008, secondo il quale dette persone si erano dedicate alla raccolta di fondi in favore dell’entità delle LTTE. Il Ministro ha altresì tenuto conto dell’iscrizione di tale entità nell’elenco di congelamento dei capitali. Esso si è, inoltre, basato sul fatto che il pubblico ministero aveva avviato procedimenti penali nei confronti di A e a. per partecipazione a un’organizzazione terroristica, ai sensi del codice penale olandese, e per violazione, a favore dell’entità delle LTTE, dei divieti di cui all’articolo 2, paragrafi 1 e 2, nonché all’articolo 3 del regolamento n. 2580/2001.

44      Con sentenze, rispettivamente, del 20 dicembre 2011, del 18 gennaio 2012 e del 30 agosto 2012, le sezioni del contenzioso amministrativo del rechtbank Zwolle‑Lelystad (Tribunale di Zwolle-Lelystad, Paesi Bassi), del rechtbank ’s Gravenhage (Tribunale de L’Aia, Paesi Bassi) e del rechtbank Alkmaar (Tribunale di Alkmaar, Paesi Bassi) hanno dichiarato infondati i ricorsi presentati da A e a. contro le decisioni del Ministero con le quali quest’ultimo aveva mantenuto le decisioni dell’8 giugno 2010. Tali persone hanno impugnato le suddette sentenze dinanzi al giudice del rinvio, il Raad van State (Consiglio di Stato, Paesi Bassi).

45      Nell’ambito di tali impugnazioni, A e a. sostengono, in particolare, che l’entità delle LTTE non è un’organizzazione terroristica, poiché il conflitto tra il governo dello Sri Lanka e tale entità dev’essere considerato un conflitto armato, ai sensi del diritto internazionale umanitario. Essi affermano che l’iscrizione della suddetta entità nell’elenco di congelamento dei capitali è, di conseguenza, illegittima.

46      Il giudice del rinvio osserva, in primo luogo, che l’articolo 2 del decreto sulle sanzioni del 2007 mira ad attuare la risoluzione 1373 (2001) e che tale disposizione non rinvia né al regolamento n. 2580/2001 né alla posizione comune 2001/931. Tuttavia, tale giudice ritiene che, avendo il Ministro espressamente basato la propria opinione, secondo la quale l’entità delle LTTE è un’organizzazione terroristica, sull’iscrizione di tale entità nell’elenco di congelamento dei capitali, tale iscrizione costituisca il fondamento delle decisioni dell’8 giugno 2010. Secondo il giudice del rinvio, giacché la posizione comune 2001/931 e il regolamento n. 2580/2001 fanno riferimento alla risoluzione 1373 (2001), il Ministro era tenuto, in applicazione del principio di leale cooperazione previsto all’articolo 4, paragrafo 3, TUE, a considerare le entità iscritte in tale elenco come organizzazioni terroristiche. Tuttavia, tale giudice ritiene che sia consentito, alla luce degli argomenti avanzati da A e a., dubitare della legittimità degli atti del Consiglio dell’Unione europea con i quali quest’ultimo ha mantenuto l’entità delle LTTE nell’elenco di congelamento dei capitali che era in vigore al momento dell’adozione delle decisioni dell’8 giugno 2010, nonché della validità degli atti successivi di tale istituzione con i quali la stessa ha mantenuto l’entità delle LTTE in tale elenco.

47      In secondo luogo, tenendo in considerazione le sentenze del 9 marzo 1994, TWD Textilwerke Deggendorf (C‑188/92, EU:C:1994:90) e del 15 febbraio 2001, Nachi Europe (C‑239/99, EU:C:2001:101), il giudice del rinvio si chiede se occorra riconoscere ad A e a. il diritto di eccepire dinanzi allo stesso l’illegittimità di tali atti, atteso che tali persone non ne hanno chiesto l’annullamento dinanzi ai giudici dell’Unione. Secondo tale giudice, A e a. si trovano in una situazione di fatto simile a quella delle persone accusate di essere membri del Devrimci Halk Kurtulus Partisi-Cephesi (DHKP-C) nella causa che ha portato alla sentenza del 29 giugno 2010, E e F (C‑550/09, EU:C:2010:382), con la quale la Corte ha dichiarato, in sostanza, che tali persone non erano innegabilmente legittimate a chiedere l’annullamento, sulla base dell’articolo 230 CE, dell’inserimento del DHKP-C nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 2580/2001. Il giudice del rinvio si chiede se la soluzione cui è giunta tale sentenza sia applicabile nell’ambito dell’articolo 263 TFUE, avendo tale disposizione esteso la possibilità per i singoli di contestare la legittimità degli atti dell’Unione. Esso osserva in particolare che, se si dovesse concludere che, alla luce dell’articolo 263 TFUE, le persone che si trovano in una situazione come quella di A e a. non possono eccepire, dinanzi ai giudici nazionali, l’illegittimità dell’iscrizione di un’organizzazione nell’elenco di congelamento dei capitali di cui all’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 2580/2001, tutte le persone che temono che un’autorità nazionale adotti nei loro confronti misure di lotta contro il terrorismo per via della loro implicazione, effettiva o presunta, in un’organizzazione inserita in tale elenco dovrebbero proporre ricorsi contro l’iscrizione di tale organizzazione nel suddetto elenco a titolo preventivo. Orbene, una simile situazione sarebbe, secondo il giudice del rinvio, incompatibile con il diritto a non autoincriminarsi.

48      Nell’ipotesi in cui la Corte decida che un ricorso di annullamento proposto da A e a. contro il regolamento di esecuzione n. 610/2010 non sarebbe senza dubbio ricevibile, il giudice del rinvio si interroga, in terzo luogo, sulla validità dell’iscrizione dell’entità delle LTTE nell’elenco di congelamento dei capitali. Esso ritiene, anzitutto, che, nonostante il tenore del considerando 11 della decisione quadro 2002/475, non sia escluso che le attività di una forza armata in periodo di conflitto armato, ai sensi del diritto internazionale umanitario, possano essere considerate reati terroristici. Tuttavia, tenuto conto del margine discrezionale che sembra lasciare la definizione di «reato terroristico», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, di tale decisone quadro, è consentito, secondo il giudice del rinvio, tener conto, laddove si tratti di accertare se occorra qualificare le attività alle quali si dedica l’entità delle LTTE come «reati terroristici», del fatto che quest’ultima agiva come forza armata coinvolta in un conflitto armato.

49      Tale giudice rileva poi che né la posizione comune 2001/931 né il regolamento n. 2580/2001 specificano se occorra tener conto della circostanza che gli atti o reati che essi menzionano siano stati commessi da forze armate in periodo di conflitto armato, ai sensi del diritto internazionale umanitario. Esso ritiene, tuttavia, che, stante la corrispondenza tra la definizione di «atto terroristico», prevista all’articolo 1, paragrafo 3, della posizione comune 2001/931, e quella di «reato terroristico», contenuta nell’articolo 1, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/475, se attività di forze armate in periodo di conflitto armato dovessero essere considerate non rientranti nella nozione di «reato terroristico», ai sensi di tale decisione quadro, esse non potrebbero neanche configurare «atti terroristici», ai sensi della posizione comune 2001/931 e del regolamento n. 2580/2001.

50      Inoltre, riferendosi alle quattro Convenzioni di Ginevra del 1949 e ai Protocolli aggiuntivi, all’articolo 19, paragrafo 2, della Convenzione internazionale per la repressione degli attentati terroristici con esplosivo, all’articolo 4, paragrafo 2, della Convenzione internazionale per la repressione degli atti di terrorismo nucleare, all’articolo 26, paragrafo 5, della Convenzione del Consiglio d’Europa per la prevenzione del terrorismo, nonché all’articolo 12 della Convenzione internazionale contro la presa d’ostaggi, il giudice del rinvio constata che tali Convenzioni internazionali in materia di terrorismo escludono le attività delle forze armate in periodo di conflitto armato dal loro rispettivo ambito di applicazione, il che sembrerebbe indicare che esiste un consenso internazionale sul fatto che le attività delle forze armate in periodo di conflitto armato, ai sensi del diritto internazionale umanitario, non debbano essere considerate attività terroristiche. Tuttavia, il giudice del rinvio richiama anche l’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della Convenzione internazionale per la repressione del finanziamento del terrorismo, l’articolo 33 della quarta Convenzione di Ginevra nonché l’articolo 4, paragrafo 2, lettera d), del Protocollo II e rileva che, secondo tali Convenzioni, attività di questo genere non dovrebbero essere considerate attività terroristiche purché non riguardino civili o altre persone che non partecipano direttamente alle ostilità.

51      Infine, il giudice del rinvio constata che il Consiglio ha motivato l’iscrizione dell’entità delle LTTE nell’elenco di congelamento dei capitali menzionando una serie di attacchi che tale entità avrebbe compiuto nel corso del periodo compreso tra il 12 agosto 2005 e il 12 aprile 2009 nello Sri Lanka e che, pertanto, presenterebbero un nesso con il conflitto tra il governo dello Sri Lanka e tale organizzazione. Detto giudice riferisce, inoltre, che il Ministro ha ritenuto, in un memorandum dell’agosto 2009, sulla base dei criteri di cui all’articolo 1 del protocollo II, che tale conflitto fosse, fino al 18 maggio 2009, un conflitto armato non internazionale. In aggiunta, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati avrebbe, fino al luglio 2009, qualificato il suddetto conflitto come «conflitto armato». Infine, il giudice del rinvio sottolinea l’importanza, a suo avviso, di stabilire se il conflitto armato rivesta un carattere non internazionale, ai sensi del diritto internazionale umanitario.

52      Alla luce di quanto precede, il Raad van State (Consiglio di Stato) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se [A e a.], anche in considerazione dell’articolo 47 [della Carta], sarebbero stati senza alcun dubbio legittimati a presentare personalmente dinanzi al Tribunale, in forza dell’articolo 263 del TFUE, un ricorso di annullamento del regolamento di esecuzione n. 610/2010, nella misura in cui esso dispone l’iscrizione [dell’entità delle] LTTE nell’elenco [di congelamento dei capitali].

2)      a)     Se atti di forze armate durante un conflitto armato, ai sensi del diritto internazionale umanitario, anche alla luce del considerando 11 della decisione quadro 2002/475(…), possano essere “reati terroristici” ai sensi di detta decisione quadro.

b)      In caso di risposta affermativa alla questione 2a), se atti di forze armate durante un conflitto armato, ai sensi del diritto internazionale umanitario, siano “atti terroristici” ai sensi della posizione comune 2001/931(…) e del regolamento n. 2580/2001.

3)      Se gli atti posti a fondamento del regolamento di esecuzione n. 610/2010, nella misura in cui esso dispone l’iscrizione [dell’entità delle] LTTE nell’elenco [di congelamento dei capitali], siano “atti di forze armate durante un conflitto armato” ai sensi del diritto internazionale umanitario.

4)      Se, anche alla luce delle risposte date alle questioni 1, 2a), 2b) e 3, il regolamento di esecuzione n. 610/2010, nella misura in cui esso dispone l’iscrizione [dell’entità delle] LTTE nell’elenco [di congelamento dei capitali], sia invalido.

5)      In caso di risposta affermativa alla questione 4, se detta invalidità valga dunque anche per le decisioni del Consiglio anteriori e posteriori di attualizzazione dell’elenco [di congelamento dei capitali], nella misura in cui esse dispongono l’iscrizione [dell’entità delle] LTTE in detto elenco».

 Osservazioni preliminari

53      Con ricorsi proposti l’11 aprile 2011 (causa T‑208/11) e il 28 settembre 2011 (causa T‑508/11) dinanzi al Tribunale dell’Unione europea, l’entità delle LTTE ha chiesto l’annullamento, rispettivamente, di due regolamenti di esecuzione, nei limiti in cui tali atti, avendola iscritta nell’elenco di congelamento dei capitali previsto all’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 2580/2001, la riguardano. Nel corso del procedimento dinanzi al Tribunale, tale entità ha adeguato le proprie conclusioni chiedendo l’annullamento dei regolamenti di esecuzione che la riguardano adottati dopo la presentazione dei ricorsi e che hanno mantenuto la sua iscrizione in tale elenco.

54      Con sentenza del 16 ottobre 2014, LTTE/Consiglio (T‑208/11 e T‑508/11, EU:T:2014:885), il Tribunale ha respinto il primo motivo di ricorso dell’entità delle LTTE, vertente sull’inapplicabilità del regolamento n. 2580/2001 al conflitto tra la stessa e il governo dello Sri Lanka, con il quale tale entità sosteneva che detto regolamento non era applicabile alle situazioni di conflitti armati, in quanto questi ultimi possono rientrare solo nell’ambito del diritto internazionale umanitario.

55      Tuttavia, il Tribunale ha accolto alcuni motivi di ricorso dell’entità delle LTTE, ritenendo che il Consiglio avesse violato sia l’articolo 1 della posizione comune 2001/931 sia, data l’assenza di riferimento nella motivazione a decisioni di autorità competenti relative ai fatti addebitati a tale entità, l’obbligo di motivazione degli atti dell’Unione. Di conseguenza, esso ha annullato i regolamenti impugnati, nei limiti in cui riguardano detta entità.

56      Con atto introduttivo depositato il 19 dicembre 2014, il Consiglio ha impugnato dinanzi alla Corte la sentenza del Tribunale del 16 ottobre 2014, LTTE/Consiglio (T‑208/11 e T‑508/11, EU:T:2014:885).

57      A tale proposito, occorre rilevare che la presente causa riguarda gli atti dell’Unione, adottati tra il 2006 e il 2010, che hanno iscritto l’entità delle LTTE nell’elenco di congelamento dei capitali, iscrizione che è stata motivata, come si evince dal punto 51 della presente sentenza, da una serie di attacchi compiuti da tale entità nel periodo compreso tra il 12 agosto 2005 e il 12 aprile 2009. La causa C‑599/14 P, relativa all’impugnazione del Consiglio menzionata al punto precedente, riguarda invece gli atti dell’Unione adottati dopo il 2010, i quali hanno mantenuto l’iscrizione della suddetta entità nell’elenco di congelamento dei capitali.

58      Ciò considerato, occorre respingere la domanda del governo dei Paesi Bassi diretta alla sospensione della presente causa in attesa della sentenza della Corte nella causa C‑599/14 P.

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

59      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se sia manifesto, ai sensi della giurisprudenza fondata sulle sentenze del 9 marzo 1994, TWD Textilwerke Deggendorf (C‑188/92, EU:C:1994:90), e del 15 febbraio 2001, Nachi Europe (C‑239/99, EU:C:2001:101), che ricorsi di annullamento, proposti dinanzi al Tribunale da persone che si trovino in una situazione come quella degli appellanti nel procedimento principale, contro il regolamento di esecuzione n. 610/2010, relativo all’iscrizione dell’entità delle LTTE nell’elenco di congelamento dei capitali, sarebbero stati ricevibili.

60      In via preliminare, occorre rilevare che sia i fatti concernenti il procedimento principale sia le decisioni dell’8 giugno 2010 sono precedenti all’entrata in vigore del regolamento di esecuzione n. 610/2010. Occorre dunque ritenere che la questione verta non soltanto su tale regolamento di esecuzione, bensì anche sugli atti ad esso precedenti che hanno iscritto, e in seguito mantenuto, l’entità delle LTTE nell’elenco di congelamento dei capitali.

61      Dalla decisione di rinvio emerge che il giudice nazionale si chiede se la giurisprudenza risultante dalle sentenze del 9 marzo 1994, TWD Textilwerke Deggendorf (C‑188/92, EU:C:1994:90), e del 15 febbraio 2001, Nachi Europe (C‑239/99, EU:C:2001:101), sia applicabile in un procedimento come quello in esame.

62      Nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 9 marzo 1994, TWD Textilwerke Deggendorf (C‑188/92, EU:C:1994:90), un giudice nazionale aveva, con una domanda di pronuncia pregiudiziale presentata nel 1992, sottoposto alla Corte una questione riguardante la validità di una decisione della Commissione europea in materia di aiuti di Stato, adottata nel 1986. Tale decisione della Commissione non era stata impugnata dalla società beneficiaria dell’aiuto oggetto della citata decisione, ancorché copia di quest’ultima le fosse stata trasmessa dall’autorità nazionale competente, la quale inoltre le aveva segnalato espressamente che la stessa avrebbe potuto proporre un ricorso contro la decisione della Commissione dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea.

63      Considerate tali circostanze, la Corte ha statuito che le esigenze di certezza del diritto inducono a escludere che il beneficiario di un aiuto che avrebbe potuto impugnare la decisione della Commissione relativa a tale aiuto e che ha lasciato decorrere il termine imperativo all’uopo prescritto dalle disposizioni del Trattato possa contestare la legittimità della medesima dinanzi ai giudici nazionali nell’ambito di un ricorso proposto avverso i provvedimenti presi dalle autorità nazionali in esecuzione di questa decisione (v., in tal senso, sentenza del 9 marzo 1994, TWD Textilwerke Deggendorf, C‑188/92, EU:C:1994:90, punti 12 e 17).

64      Nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 15 febbraio 2001, Nachi Europe (C‑239/99, EU:C:2001:101), la Corte era stata investita, nel 1999, di una domanda di pronuncia pregiudiziale vertente sulla validità di un regolamento antidumping, adottato nel 1992, utilmente impugnato attraverso un ricorso di annullamento che aveva portato alla sentenza del Tribunale del 2 maggio 1995, NTN Corporation e Koyo Seiko/Consiglio (T‑163/94 e T‑165/94, EU:T:1995:83), confermata dalla sentenza della Corte del 10 febbraio 1998, Commissione/NTN e Koyo Seiko (C‑245/95 P, EU:C:1998:46), ricorso di annullamento che era stato proposto da un certo numero di produttori interessati da tale regolamento antidumping, ma non dalla Nachi Fujikoshi, società controllante della Nachi Europe, ricorrente nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 15 febbraio 2001, Nachi Europe (C‑239/99, EU:C:2001:101).

65      Dopo aver constatato, al punto 39 della sentenza del 15 febbraio 2001, Nachi Europe (C‑239/99, EU:C:2001:101), che la Nachi Europe poteva essere considerata direttamente e individualmente interessata dalle disposizioni di tale regolamento che imponevano un dazio antidumping specifico per i prodotti fabbricati dalla Nachi Fujikoshi, la Corte ha dichiarato, al punto 40 di tale sentenza, che un importatore dei prodotti di cui a detto regolamento, quale la Nachi Europe, che aveva senza dubbio il diritto di adire il Tribunale al fine di chiedere l’annullamento del dazio antidumping che gravava su tali prodotti, e che tuttavia non aveva presentato un simile ricorso, non poteva successivamente contestare la validità di detto dazio antidumping di fronte ad un giudice nazionale.

66      Come la Corte ha più volte sottolineato, ammettere che un soggetto dell’ordinamento che, senza dubbio, sarebbe stato legittimato ad agire ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE contro un atto dell’Unione nell’ambito di un ricorso di annullamento possa contestare dinanzi al giudice nazionale la validità di tale atto, dopo la scadenza del termine di ricorso previsto all’articolo 263, sesto comma, TFUE, equivarrebbe a riconoscergli la facoltà di aggirare il carattere definitivo che tale atto possiede nei suoi confronti dopo la scadenza dei termini di ricorso (v., in tal senso, sentenze del 9 marzo 1994, TWD Textilwerke Deggendorf, C‑188/92, EU:C:1994:90, punto 18; del 15 febbraio 2001, Nachi Europe, C‑239/99, EU:C:2001:101, punto 30; del 27 novembre 2012, Pringle, C‑370/12, EU:C:2012:756, punto 41, e del 5 marzo 2015, Banco Privado Português e Massa Insolvente do Banco Privado Português, C‑667/13, EU:C:2015:151, punto 28).

67      Tuttavia, solo in casi in cui il ricorso di annullamento sarebbe stato manifestamente ricevibile la Corte ha ritenuto che un soggetto dell’ordinamento non possa contestare la validità di un atto dell’Unione dinanzi a un giudice nazionale (v., in tal senso, sentenze del 9 marzo 1994, TWD Textilwerke Deggendorf, C‑188/92, EU:C:1994:90, punti da 17 a 25; del 30 gennaio 1997, Wiljo, C‑178/95, EU:C:1997:46, punti da 15 a 25; del 15 febbraio 2001, Nachi Europe, C‑239/99, EU:C:2001:101, punti da 29 a 40, e del 22 ottobre 2002, National Farmers’ Union, C‑241/01, EU:C:2002:604, punti da 34 a 39). In svariati altri casi, la Corte ha effettivamente dichiarato che tale carattere manifesto della ricevibilità non era dimostrato (v., in particolare, in tal senso, sentenze del 23 febbraio 2006, Atzeni e a., C‑346/03 e C‑529/03, EU:C:2006:130, punti da 30 a 34; dell’8 marzo 2007, Roquette Frères, C‑441/05, EU:C:2007:150, punti da 35 a 48; del 29 giugno 2010, E e F, C‑550/09, EU:C:2010:382, punti da 37 a 52; del 18 settembre 2014, Valimar, C‑374/12, EU:C:2014:2231, punti da 24 a 38, e del 5 marzo 2015, Banco Privado Português e Massa Insolvente do Banco Privado Português, C‑667/13, EU:C:2015:151, punti da 27 a 32).

68      Vero è che il Trattato di Lisbona, al fine di rafforzare la tutela giurisdizionale delle persone fisiche o giuridiche nei confronti degli atti dell’Unione, ha ampliato le condizioni di ricevibilità del ricorso di annullamento, con l’adozione dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, il quale autorizza un tale ricorso anche contro gli atti regolamentari che riguardano direttamente una tale persona e che non comportano alcuna misura di esecuzione.

69      Tuttavia, tale ampliamento delle condizioni di ricevibilità del ricorso di annullamento non ha come contropartita l’impossibilità di mettere in discussione, dinanzi a un giudice nazionale, la validità di un atto dell’Unione allorché il ricorso di annullamento che una delle parti nella controversia dinanzi a tale giudice avrebbe proposto dinanzi al Tribunale non sarebbe stato manifestamente ricevibile (v., in tal senso, sentenza del 9 giugno 2011, Comitato «Venezia vuole vivere» e a./Commissione, C‑71/09 P, C‑73/09 P e C‑76/09 P, EU:C:2011:368, punto 57).

70      Ne deriva che una domanda di pronuncia pregiudiziale vertente sulla validità di un atto dell’Unione può essere respinta solo nell’ipotesi in cui, quantunque il ricorso di annullamento contro un atto dell’Unione sarebbe stato manifestamente ricevibile, la persona fisica o giuridica che ha facoltà di proporre un simile ricorso si sia astenuta dal farlo entro il termine impartito ed eccepisca l’illegittimità di tale atto nell’ambito di un procedimento nazionale al fine di sollecitare il giudice nazionale a proporre alla Corte la domanda di pronuncia pregiudiziale in questione, vertente sulla validità del suddetto atto, eludendo in tal modo il carattere definitivo che riveste nei suoi confronti detto atto dopo la scadenza del termine di ricorso (v., in tal senso, sentenze del 9 marzo 1994, TWD Textilwerke Deggendorf, C‑188/92, EU:C:1994:90, punto 18, e del 15 febbraio 2001, Nachi Europe, C‑239/99, EU:C:2001:101, punto 30).

71      Tale ipotesi non ricorre nella fattispecie.

72      Anzitutto, infatti, gli appellanti nel procedimento principale non erano personalmente iscritti nell’elenco di congelamento dei capitali.

73      Non è peraltro manifesto che essi fossero «individualmente» interessati da tali atti, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE. L’iscrizione dell’entità delle LTTE nell’elenco di congelamento dei capitali riveste, infatti, nei confronti delle persone diverse da tale entità, una portata generale in quanto contribuisce a imporre a un numero indeterminato di persone l’osservanza di misure restrittive specifiche nei confronti di detta entità (v., in tal senso, sentenze del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, C‑402/05 P e C‑415/05 P, EU:C:2008:461, punti da 241 a 244; del 29 giugno 2010, E e F, C‑550/09, EU:C:2010:382, punto 51, e del 23 aprile 2013, Gbagbo e a./Consiglio, da C‑478/11 P a C‑482/11 P, EU:C:2013:258, punto 56).

74      Infine, la situazione degli appellanti nel procedimento principale è stata direttamente pregiudicata, non dagli atti dell’Unione relativi a tale iscrizione, bensì dall’imposizione di sanzioni basate unicamente sulla legge olandese, la quale ha preso in considerazione, tra gli altri elementi, detta iscrizione.

75      Di conseguenza, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che non è manifesto, ai sensi della giurisprudenza fondata sulle sentenze del 9 marzo 1994, TWD Textilwerke Deggendorf (C‑188/92, EU:C:1994:90), e del 15 febbraio 2001, Nachi Europe (C‑239/99, EU:C:2001:101), che ricorsi di annullamento, proposti dinanzi al Tribunale da persone che si trovino in una situazione come quella degli appellanti nel procedimento principale contro il regolamento di esecuzione n. 610/2010 o contro gli atti dell’Unione precedenti a tale regolamento di esecuzione, relativi all’iscrizione dell’entità delle LTTE nell’elenco di congelamento dei capitali, sarebbero stati ricevibili.

 Sulle questioni dalla seconda alla quarta

76      In via preliminare, per quanto riguarda la terza questione, volta ad accertare, in sostanza, se le attività sulle quali si fondano l’iscrizione e il mantenimento, dal 2006 al 2010, dell’entità delle LTTE nell’elenco di congelamento dei capitali configurino «attività di forze armate in periodo di conflitto armato», ai sensi del diritto internazionale umanitario, occorre rilevare che la Corte non dispone, nell’ambito della presente causa, di indicazioni sufficienti per poter pronunciarsi su tale questione.

77      Con le sue questioni seconda e quarta, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede in sostanza alla Corte se l’iscrizione, ad opera del regolamento di esecuzione n. 610/2010 e degli atti dell’Unione precedenti a tale regolamento di esecuzione, dell’entità delle LTTE nell’elenco di congelamento dei capitali sia valida. Detto giudice si chiede, in particolare, se attività di forze armate in periodo di conflitto armato, ai sensi del diritto internazionale umanitario, possano costituire «reati terroristici», ai sensi della decisione quadro 2002/475, o «atti terroristici», ai sensi della posizione comune 2001/931 e del regolamento n. 2580/2001.

78      Il giudice del rinvio si interroga, a tale riguardo, sulla possibilità di considerare le attività dell’entità delle LTTE sulle quali si fonda l’iscrizione di quest’ultima nell’elenco di congelamento dei capitali come attività terroristiche ai sensi della posizione comune 2001/931 e del regolamento n. 2580/2001, mentre tali atti dovrebbero essere letti in combinato disposto con la decisione quadro 2002/475, il cui considerando 11 specifica che essa non disciplina le attività delle forze armate in tempo di conflitto armato.

79      In base alla giurisprudenza della Corte, un regolamento che prevede misure restrittive, come il regolamento di esecuzione n. 610/2010 e gli atti dell’Unione precedenti a tale regolamento di esecuzione, relativi all’iscrizione dell’entità delle LTTE nell’elenco di congelamento dei capitali, dev’essere interpretato alla luce non solo della decisione adottata nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune, di cui all’articolo 215, paragrafo 2, TFUE, ma anche del contesto storico in cui si inscrivono le disposizioni adottate dall’Unione e in cui tale regolamento s’inserisce (sentenza del 1o marzo 2016, National Iranian Oil Company/Consiglio, C‑440/14 P, EU:C:2016:128, punto 78 e giurisprudenza ivi citata).

80      A tale riguardo, vanno distinti gli atti dell’Unione sui quali vertono rispettivamente i punti a) e b) della seconda questione, ossia, da un lato, la decisione quadro 2002/475 e, dall’altro, la posizione comune 2001/931 nonché il regolamento n. 2580/2001. Pertanto, occorre esaminare e confrontare non tanto le nozioni di «reati terroristici», ai sensi della decisione quadro 2002/475, e di «atti terroristici», ai sensi della posizione comune 2001/931 nonché del regolamento n. 2580/2001, quanto gli obiettivi della decisione quadro 2002/475, la quale rientra nel settore della giustizia e degli affari interni (GAI), e quelli della posizione comune 2001/931 nonché del regolamento n. 2580/2001, che appartengono sostanzialmente al settore della politica estera e di sicurezza comune (PESC).

81      Per quanto concerne la decisione quadro 2002/475, essa ha ad oggetto, in particolare, il ravvicinamento della definizione dei reati terroristici in tutti gli Stati membri, la previsione di pene e sanzioni commisurate alla gravità di tali reati nonché l’istituzione di regole di giurisdizione per garantire che il reato terroristico possa essere perseguito in modo efficace.

82      In tale contesto repressivo si inscrive il considerando 11 della decisione quadro 2002/475, ai sensi del quale essa non disciplina le attività delle forze armate in tempo di conflitto armato, secondo la definizione data a questi termini dal diritto internazionale umanitario, attività che sono disciplinate da questo stesso diritto, né le attività svolte dalle forze armate di uno Stato nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali, in quanto disciplinate da altre norme del diritto internazionale.

83      Per quanto riguarda, invece, la posizione comune 2001/931 e il regolamento n. 2580/2001, il loro oggetto è l’attuazione della risoluzione 1373 (2001), adottata in seguito agli attacchi terroristici compiuti negli Stati Uniti l’11 settembre 2001, e riguarda principalmente la prevenzione degli atti terroristici attraverso l’adozione di misure di congelamento dei capitali finalizzate a impedire gli atti preparatori a tali atti terroristici, quali il finanziamento di persone o entità in grado di compiere questi ultimi atti.

84      La designazione delle persone e delle entità che devono comparire nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 2580/2001 non costituisce, in tale contesto, una sanzione, bensì una misura preventiva adottata secondo un sistema a due livelli, nel senso che, secondo l’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931, il Consiglio può iscrivere in tale elenco solo persone ed entità in riferimento alle quali esista una decisione adottata da un’autorità competente, che si tratti dell’apertura di indagini o di azioni penali, basate su prove o indizi seri e credibili, relative alla commissione, al tentativo di commissione, alla partecipazione o all’agevolazione di un atto terroristico, o che si tratti di una condanna per tali fatti.

85      Da quanto precede risulta che il considerando 11 della decisione quadro 2002/475, il cui solo obiettivo, come ha sottolineato la Commissione, è di chiarire il perimetro dell’ambito di applicazione di tale decisione quadro, non è rilevante ai fini dell’interpretazione della nozione di «atti terroristici», ai sensi della posizione comune 2001/931 e del regolamento n. 2580/2001.

86      Il giudice del rinvio ritiene che varie Convenzioni internazionali possano eventualmente essere lette nel senso che le attività delle forze armate in periodo di conflitto armato, ai sensi del diritto internazionale umanitario, non devono essere considerate atti terroristici. Di conseguenza, esso nutre dubbi sulla qualificazione da applicare alle attività cui l’entità delle LTTE si è dedicata e che hanno giustificato, secondo il Consiglio, gli atti dell’Unione adottati tra il 2006 e il 2010, relativi all’iscrizione di quest’ultima nell’elenco di congelamento dei capitali.

87      Occorre, tuttavia, constatare che l’Unione non è parte a tali Convenzioni internazionali e che, in ogni caso, dette Convenzioni non ostano a che attività di forze armate in periodo di conflitto armato possano configurare «atti terroristici», ai sensi della posizione comune 2001/931 e del regolamento n. 2580/2001, senza che vi sia un qualsivoglia indizio del fatto che tali Convenzioni contraddicono eventuali regole di diritto internazionale consuetudinario alle quali l’Unione sia vincolata.

88      Infatti, per quanto riguarda, anzitutto, il diritto internazionale umanitario, occorre constatare che l’articolo 33 della quarta Convenzione di Ginevra prevede il divieto di qualsiasi misura di intimidazione o di terrorismo. Parimenti, l’articolo 51, paragrafo 2, del Protocollo I e l’articolo 13, paragrafo 2, del Protocollo II prevedono che sono vietati gli atti o minacce di violenza il cui scopo principale sia di diffondere il terrore fra la popolazione civile. Inoltre, l’articolo 4, paragrafo 2, del Protocollo II dispone che sono vietati in ogni tempo e in ogni luogo gli atti di terrorismo nei confronti di persone che non partecipano direttamente o non partecipano più alle ostilità.

89      Occorre altresì sottolineare che il diritto internazionale umanitario persegue scopi diversi da quelli della posizione comune 2001/931 nonché del regolamento n. 2580/2001 e che istituisce meccanismi distinti.

90      Inoltre, come ha rilevato l’avvocato generale ai paragrafi da 107 a 109 delle sue conclusioni, le regole previste dal diritto internazionale umanitario non vietano l’adozione, al di fuori dell’ambito definito da tale diritto, di misure preventive come quelle cui è stata sottoposta l’entità delle LTTE.

91      Premesso ciò, la circostanza che talune delle attività menzionate al punto 86 della presente sentenza non siano vietate dal diritto internazionale umanitario, ammettendo che sia dimostrata, non può in ogni caso essere determinante, in quanto l’applicazione della posizione comune 2001/931 e del regolamento n. 2580/2001 non dipende dalle qualificazioni derivanti dal diritto internazionale umanitario (v., per analogia, sentenza del 30 gennaio 2014, Diakité, C‑285/12, EU:C:2014:39, punti da 24 a 26).

92      Per quanto riguarda, poi, il diritto internazionale in materia di terrorismo, occorre constatare che l’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della Convenzione internazionale per la repressione del finanziamento del terrorismo prevede la condanna di «qualsiasi altro atto diretto a causare la morte o gravi lesioni fisiche a un civile, o a qualsiasi altra persona che non partecipa attivamente alle ostilità in una situazione di conflitto armato, quando la finalità di tale atto, per sua natura o per il contesto, è quella di intimidire una popolazione, o di costringere un governo o un’organizzazione internazionale a compiere o ad astenersi dal compiere qualcosa».

93      L’articolo 8, paragrafo 1, di tale Convenzione prevede, inoltre, l’obbligo di adottare misure di congelamento dei capitali utilizzati per commettere i reati di cui al suo articolo 2 e non vieta l’attuazione di misure di congelamento dei capitali riguardanti altri reati terroristici.

94      Occorre altresì rilevare che, a termini dell’ultimo considerando della Convenzione internazionale per la repressione degli attentati terroristici con esplosivo, l’esclusione dall’ambito di applicazione di tale Convenzione delle attività delle forze armate in periodo di conflitto armato «non giustifica né legittima atti peraltro illeciti e non impedisce l’esercizio di azioni giudiziarie in virtù di altre leggi». Ne consegue che la circostanza che simili attività non rientrino nell’ambito di applicazione di tale Convenzione non esclude tuttavia che esse possano essere considerate atti illeciti perseguibili, quali «atti terroristici», ai sensi della posizione comune 2001/931 e del regolamento n. 2580/2001.

95      Infine, sebbene talune delle Convenzioni internazionali cui il giudice del rinvio fa riferimento escludano dal proprio ambito di applicazione le attività delle forze armate in periodo di conflitto armato, ai sensi del diritto internazionale umanitario, esse non vietano nondimeno agli Stati parti di qualificare come «atti terroristici» alcune di tali attività, o di prevenire la commissione degli atti suddetti.

96      Occorre a tale proposito ricordare che la posizione comune 2001/931 e il regolamento n. 2580/2001 non hanno lo scopo di sanzionare gli atti terroristici, bensì di lottare contro il terrorismo prevenendo il finanziamento degli atti terroristici, come raccomanda il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nella risoluzione 1373 (2001).

97      Da tutti gli elementi sin qui considerati risulta che la posizione comune 2001/931 e il regolamento n. 2580/2001 devono essere interpretati nel senso che attività di forze armate in periodo di conflitto armato, ai sensi del diritto internazionale umanitario, possono configurare «atti terroristici», ai sensi di tali atti dell’Unione.

98      Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alle questioni seconda e quarta dichiarando che, poiché la posizione comune 2001/931 e il regolamento n. 2580/2001 non ostano a che attività di forze armate in periodo di conflitto armato, ai sensi del diritto internazionale umanitario, configurino «atti terroristici», ai sensi dei suddetti atti dell’Unione, il fatto che le attività dell’entità delle LTTE possano costituire attività di questo genere non pregiudica la validità del regolamento di esecuzione n. 610/2010 nonché degli atti dell’Unione precedenti a tale regolamento di esecuzione, relativi all’iscrizione dell’entità delle LTTE nell’elenco di congelamento dei capitali.

99      Poiché la quinta questione è stata posta per l’ipotesi in cui gli atti di cui al punto precedente siano invalidi, non occorre darvi risposta.

 Sulle spese

100    Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

1)      Non è manifesto, ai sensi della giurisprudenza fondata sulle sentenze del 9 marzo 1994, TWD Textilwerke Deggendorf (C‑188/92, EU:C:1994:90), e del 15 febbraio 2001, Nachi Europe (C‑239/99, EU:C:2001:101), che ricorsi di annullamento, proposti dinanzi al Tribunale dell’Unione europea da persone che si trovino in una situazione come quella degli appellanti nel procedimento principale contro il regolamento di esecuzione (UE) n. 610/2010 del Consiglio, del 12 luglio 2010, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 2580/2001 e abroga il regolamento di esecuzione (UE) n. 1285/2009, o contro gli atti dell’Unione precedenti a tale regolamento di esecuzione, relativi all’iscrizione dell’entità delle «Tigri per la liberazione della patria Tamil (LTTE)» nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 2580/2001 del Consiglio, del 27 dicembre 2001, relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo, sarebbero stati ricevibili.

2)      Poiché la posizione comune 2001/931/PESC del Consiglio, del 27 dicembre 2001, relativa all’applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo e il regolamento n. 2580/2001 non ostano a che attività di forze armate in periodo di conflitto armato, ai sensi del diritto internazionale umanitario, configurino «atti terroristici», ai sensi dei suddetti atti dell’Unione, il fatto che le attività dell’entità delle «Tigri per la liberazione della patria Tamil (LTTE)» possano costituire attività di questo genere non pregiudica la validità del regolamento di esecuzione n. 610/2010 nonché degli atti dell’Unione precedenti a tale regolamento di esecuzione, relativi all’iscrizione di cui al punto 1 del presente dispositivo.

Firme


* Lingua processuale: il neerlandese.