Language of document : ECLI:EU:C:2016:416

SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

9 giugno 2016 (*)

«Impugnazione – Articolo 81 CE – Intese – Mercato spagnolo del bitume stradale – Ripartizione del mercato e coordinamento dei prezzi – Comunicazione relativa all’immunità dalle ammende e alla riduzione dell’importo delle ammende nei casi di cartelli tra imprese (2002) – Punto 23, lettera b), ultimo comma – Immunità parziale dalle ammende – Elementi di prova relativi a fatti in precedenza ignorati dalla Commissione europea»

Nella causa C‑617/13 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 27 novembre 2013,

Repsol Lubricantes y Especialidades SA, già Repsol Lubricantes YPF y Especialidades SA, con sede in Madrid (Spagna),

Repsol Petróleo SA, con sede in Madrid,

Repsol SA, con sede in Madrid,

rappresentate da L. Ortiz Blanco, J. Buendía Sierra, M. Muñoz de Juan, A. Givaja Sanz e A. Lamadrid de Pablo, abogados,

ricorrenti,

procedimento in cui l’altra parte è:

Commissione europea, rappresentata da C. Urraca Caviedes e F. Castillo de la Torre, in qualità di agenti,

convenuta in primo grado,

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta da T. von Danwitz, presidente della Quarta Sezione, facente funzione di presidente della Quinta Sezione, K. Lenaerts, presidente della Corte, facente funzione di giudice della Quinta Sezione, D. Šváby (relatore), A. Rosas e C. Vajda, giudici,

avvocato generale: N. Jääskinen

cancelliere: M. Ferreira, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 15 aprile 2015,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 16 luglio 2015,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con la loro impugnazione, la Repsol Lubricantes y Especialidades SA, già Repsol Lubricantes YPF y Especialidades SA (in prosieguo: la «RPA/Rylesa»), la Repsol Petróleo SA e la Repsol SA chiedono l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 16 settembre 2013, Repsol Lubricantes y Especialidades e a./Commissione (T‑496/07, EU:T:2013:464; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con la quale quest’ultimo ha respinto il loro ricorso diretto all’annullamento della decisione C(2007) 4441 definitivo della Commissione, del 3 ottobre 2007, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo [81 CE] [caso COMP/38.710 – Bitume (Spagna)] (in prosieguo: la «decisione controversa»), nonché, in subordine, la riduzione dell’importo dell’ammenda loro inflitta.

 Contesto normativo

 Regolamento (CE) n. 1/2003

2        L’articolo 23, rubricato «Ammende», del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [81 CE e 82 CE] (GU 2003, L 1, pag. 1), dispone, al paragrafo 3, che, «[p]er determinare l’ammontare dell’ammenda occorre tener conto, oltre che della gravità dell’infrazione, anche della sua durata».

3        L’articolo 31 di tale regolamento così dispone:

«La Corte di giustizia ha competenza giurisdizionale anche di merito per decidere sui ricorsi presentati avverso le decisioni con le quali la Commissione irroga un’ammenda o una penalità di mora. Essa può estinguere, ridurre o aumentare l’ammenda o la penalità di mora irrogata».

 Orientamenti del 1998

4        A norma del punto 1 della comunicazione della Commissione intitolata «Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2 del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, [CA]» (GU 1998, C 9, pag. 3; in prosieguo: «gli orientamenti del 1998»), «[l]’importo di base è determinato in funzione della gravità e della durata dell’infrazione, che sono i soli criteri indicati all’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17» del Consiglio, del 6 febbraio 1962, primo regolamento d’applicazione degli articoli [81 CE e 82 CE] (GU 1962, 13, pag. 204).

5        Per quanto riguarda la gravità, il punto 1, parte A, degli orientamenti del 1998 prevede che, per valutare la gravità dell’infrazione, occorre prenderne in considerazione la natura, l’impatto concreto sul mercato, quando sia misurabile, e l’estensione del mercato geografico rilevante. Ai sensi di tale disposizione, le infrazioni sono classificate in tre categorie, in modo tale da distinguere tra infrazioni poco gravi, infrazioni gravi e infrazioni molto gravi.

6        Secondo gli orientamenti del 1998, costituiscono infrazioni molto gravi, in particolare, le restrizioni orizzontali quali «cartelli di prezzi» e di ripartizione dei mercati. Per tali infrazioni, l’importo di base dell’ammenda applicabile si situa «oltre i 20 milioni di [euro]».

 Comunicazione sulla cooperazione del 2002

7        La comunicazione della Commissione relativa all’immunità dalle ammende e alla riduzione dell’importo delle ammende nei casi di cartelli tra imprese (GU 2002, C 45, pag. 3; in prosieguo: la «comunicazione sulla cooperazione del 2002») definisce le condizioni alle quali le imprese che cooperano con la Commissione nel corso di un’indagine da essa condotta relativa ad un’intesa potranno evitare l’imposizione di ammende o beneficiare di una riduzione dell’importo che avrebbero dovuto versare in assenza di una tale cooperazione.

8        Il punto 7 di tale comunicazione enuncia quanto segue:

«[L]a collaborazione di una o più imprese può giustificare la riduzione di un’ammenda da parte della Commissione. Ogni riduzione di un’ammenda deve corrispondere all’effettivo contributo fornito da un’impresa, in termini di qualità e di tempi dell’intervento, alla constatazione dell’infrazione da parte della Commissione. Le riduzioni devono essere limitate alle imprese che forniscono alla Commissione prove che presentano un valore aggiunto significativo rispetto a quelle già in suo possesso».

9        Sotto il titolo B della suddetta comunicazione, rubricato «Riduzione dell’importo dell’ammenda», i punti 21 e 23 della stessa prevedono quanto segue:

«21.      Al fine di poter beneficiare di un simile trattamento, un’impresa deve fornire alla Commissione elementi di prova della presunta infrazione che costituiscano un valore aggiunto significativo rispetto agli elementi di prova già in possesso della Commissione, e deve inoltre cessare la presunta infrazione entro il momento in cui presenta tali elementi di prova.

(...)

23.      In ogni decisione finale adottata al termine del procedimento amministrativo, la Commissione determinerà:

a)      se gli elementi di prova forniti da un’impresa hanno rappresentato un valore aggiunto significativo rispetto agli elementi di prova già in possesso della Commissione in quello stesso momento;

(...)

Inoltre, se un’impresa fornisce elementi di prova relativi a fatti in precedenza ignorati dalla Commissione che hanno un’incidenza diretta sulla gravità o la durata della presunta intesa, la Commissione non terrà conto di questi elementi nel determinare l’importo di eventuali ammende da infliggere all’impresa che li ha forniti».

 Fatti e decisione controversa

10      I fatti all’origine della controversia sono illustrati ai punti da 1 a 91 della sentenza impugnata e possono essere sintetizzati come segue.

11      Il prodotto interessato dall’infrazione è il bitume di penetrazione, un bitume che non è stato sottoposto a trasformazioni ed è utilizzato per la costruzione e la manutenzione delle strade.

12      Il mercato spagnolo del bitume conta, da un lato, tre produttori, i gruppi Repsol, CEPSA‑PROAS e BP, e, dall’altro, taluni importatori, tra i quali rientrano i gruppi Nynäs e Petróleos de Portugal (Petrogal).

13      La RPA/Rylesa è stata detenuta, durante il periodo corrispondente agli anni dal 1991 al 2002, al 99,99% dalla Repsol Petróleo, a sua volta controllata al 99,97% dalla Repsol YPF SA, divenuta Repsol, società controllante del gruppo Repsol.

14      La RPA/Rylesa produce e commercializza prodotti del bitume. Una delle attività della Repsol Petróleo è la produzione di bitume di penetrazione e la sua vendita alla RPA/Rylesa ai fini della sua commercializzazione.

15      Altre due società del gruppo Repsol, la Petróleos del Norte SA e l’Asfalnor SA, esercitano, in Spagna, un’attività legata al bitume di penetrazione.

16      La RPA/Rylesa e la Petróleos del Norte SA hanno realizzato in Spagna, a titolo di vendite a terzi di bitume di penetrazione, un fatturato di EUR 97 500 000 nel corso dell’esercizio 2001, ossia il 34,04% del mercato interessato. Il fatturato totale consolidato del gruppo Repsol è stato pari a EUR 51 355 000 000 per l’anno 2006, corrispondente all’esercizio precedente all’adozione della decisione controversa.

17      A seguito di una domanda di immunità presentata il 20 giugno 2002 dalla BP, in applicazione della comunicazione sulla cooperazione del 2002, sono state compiute verifiche, in data 1° e 2 ottobre 2002, presso società dei gruppi Repsol, CEPSA-PROAS, BP, Nynäs e Petrogal.

18      Il 6 febbraio 2004 la Commissione ha inviato alle società interessate una prima serie di richieste di informazioni, in applicazione dell’articolo 11, paragrafo 3, del regolamento n. 17.

19      Con fax, rispettivamente, del 31 marzo 2004 e del 5 aprile 2004, le ricorrenti e la PROAS hanno presentato alla Commissione una domanda ai sensi della comunicazione sulla cooperazione del 2002, accompagnata da una dichiarazione d’impresa.

20      Dopo aver inviato altre quattro richieste di informazioni alle imprese interessate, la Commissione ha avviato formalmente un procedimento e ha notificato, tra il 24 e il 28 agosto 2006, una comunicazione degli addebiti alle società dei gruppi BP, Repsol, CEPSA-PROAS, Nynäs e Petrogal.

21      Il 3 ottobre 2007 la Commissione ha adottato la decisione controversa, con la quale ha dichiarato che le tredici società destinatarie della stessa avevano partecipato a un complesso di accordi di ripartizione del mercato e di coordinamento dei prezzi del bitume di penetrazione stradale in Spagna (escluse le isole Canarie).

22      La Commissione ha considerato che ciascuna delle due restrizioni alla concorrenza constatate, vale a dire gli accordi orizzontali di ripartizione del mercato e il coordinamento dei prezzi, rientrava, per sua stessa natura, nei tipi di infrazione più gravi all’articolo 81 CE, i quali sono in grado di giustificare, secondo la giurisprudenza, la qualificazione come infrazioni «molto gravi».

23      La Commissione ha fissato l’«importo di partenza» delle ammende da infliggere a EUR 40 000 000, tenendo conto della gravità dell’infrazione, del valore del mercato considerato – stimato in EUR 286 400 000 nel 2001, ultimo anno completo interessato dall’infrazione – e del fatto che l’infrazione era limitata alle vendite di bitume effettuate in un solo Stato membro.

24      La Commissione ha successivamente classificato le imprese destinatarie della decisione controversa in varie categorie, definite sulla base della loro importanza relativa sul mercato considerato, ai fini dell’applicazione del trattamento differenziato, in modo da tener conto della loro capacità economica effettiva di causare un grave pregiudizio alla concorrenza.

25      Il gruppo Repsol e la PROAS, le cui quote del mercato considerato ammontavano, rispettivamente, al 34,04% e al 31,67% nell’esercizio 2001, sono state classificate nella prima categoria, il gruppo BP, con una quota di mercato del 15,19%, nella seconda categoria, e i gruppi Nynäs nonché Petrogal, le cui quote di mercato si situavano tra il 4,54% e il 5,24%, nella terza categoria. Su tale base, gli importi di partenza delle ammende da infliggere sono stati adattati nel modo seguente:

–        prima categoria, per il gruppo Repsol e la PROAS: EUR 40 000 000;

–        seconda categoria, per il gruppo BP: EUR 18 000 000;

–        terza categoria, per i gruppi Nynäs e Petrogal: EUR 5 500 000.

26      Al fine di determinare l’importo delle ammende a un livello che garantisse un sufficiente effetto deterrente, la Commissione ha ritenuto appropriato applicare all’importo di base dell’ammenda da infliggere al gruppo Repsol un moltiplicatore di 1,2.

27      Dopo aver maggiorato l’importo di partenza delle ammende in funzione della durata dell’infrazione, ossia un periodo di undici anni e sette mesi (dal 1° marzo 1991 al 1° ottobre 2002), con riferimento al gruppo Repsol, la Commissione ha ritenuto che l’importo dell’ammenda da infliggergli dovesse essere aumentato del 30% a titolo di circostanze aggravanti, dato che tale gruppo doveva essere annoverato tra i principali «promotori» dell’intesa in questione.

28      La Commissione ha altresì stabilito che, in applicazione della comunicazione sulla cooperazione del 2002, il gruppo Repsol aveva diritto a una riduzione del 40% dell’importo dell’ammenda che avrebbe dovuto normalmente essergli inflitto.

29      Sulla base di tali elementi, la RPA/Rylesa, la Repsol Petróleo e la Repsol YPF sono state condannate, congiuntamente e solidalmente, a un’ammenda di EUR 80 496 000.

 Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

30      Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 18 dicembre 2007, le ricorrenti hanno chiesto l’annullamento della decisione controversa e, in subordine, la riduzione dell’importo dell’ammenda loro inflitta.

31      A sostegno del loro ricorso, le ricorrenti hanno dedotto otto motivi, dei quali solamente i motivi dal quarto al sesto e l’ottavo assumono rilievo ai fini della presente impugnazione.

32      Il quarto e il quinto motivo, che il Tribunale ha esaminato congiuntamente, vertevano, da un lato, su un errore di fatto e di diritto che viziava l’esame degli elementi di prova prodotti dalle ricorrenti, nelle loro risposte alle comunicazioni degli addebiti, a sostegno della dimostrazione dell’autonomia commerciale della RPA/Rylesa rispetto alla Repsol Petróleo nonché alla Repsol YPF, e, dall’altro, sull’inidoneità degli indizi supplementari relativi alle relazioni di partecipazione di queste tre società a confortare la presunzione di esercizio effettivo di un’influenza determinante di queste ultime due società sulla prima.

33      Il sesto motivo verteva sul fatto che l’importo dell’ammenda inflitta era stato fissato in violazione dei principi di proporzionalità e della parità di trattamento.

34      Con l’ottavo motivo, le ricorrenti hanno censurato, in sostanza, l’applicazione fatta dalla Commissione della comunicazione sulla cooperazione del 2002 e, in particolare, del suo punto 23, lettera b), ultimo comma.

35      Il Tribunale ha respinto ciascuno di tali motivi e il ricorso nel suo complesso.

36      Esso ha altresì respinto la domanda riconvenzionale della Commissione, diretta a un aumento dell’importo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti.

 Conclusioni delle parti

37      Con la loro impugnazione, le ricorrenti chiedono che la Corte voglia:

–        annullare la sentenza impugnata e la decisione controversa;

–        ridurre l’importo dell’ammenda inflitta;

–        constatare la durata eccessiva e ingiustificata del procedimento giurisdizionale dinanzi al Tribunale, e

–        condannare la Commissione alle spese.

38      La Commissione chiede che la Corte voglia:

–        respingere l’impugnazione, e

–        condannare le ricorrenti a sopportare la totalità delle spese.

 Sull’impugnazione

39      A sostegno dell’impugnazione, le ricorrenti deducono quattro motivi.

 Sul primo motivo, vertente su un errore di diritto nella valutazione dell’autonomia commerciale della RPA/Rylesa o, in subordine, su un difetto di motivazione di tale valutazione

 Argomenti delle parti

40      A sostegno del loro primo motivo, diretto contro i punti da 179 a 207 della sentenza impugnata, le ricorrenti sostengono che quest’ultima è viziata da un doppio errore di diritto nella valutazione delle prove prodotte a sostegno della loro argomentazione intesa a dimostrare l’autonomia commerciale della RPA/Rylesa rispetto alla Repsol Petróleo e alla Repsol YPF.

41      Esse censurano il Tribunale per aver dichiarato, in particolare ai punti 202 e 203 della sentenza impugnata, che la prova che il controllo di una società controllante sulle sue controllate, detenute al 100% o quasi, non è stato in pratica esercitato è insufficiente a rovesciare la presunzione di esercizio effettivo di un’influenza determinante di tale società controllante su dette controllate.

42      Le ricorrenti ritengono, in subordine, che il Tribunale sia venuto meno al proprio obbligo di motivazione, derivante dall’articolo 36 e dall’articolo 53, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, operando una valutazione eccessivamente individualizzata di ciascun elemento di prova prodotto dalle ricorrenti, senza procedere a una valutazione complessiva di tali elementi, ad eccezione di quella espressa con formulazione laconica al punto 207 della sentenza impugnata.

43      La Commissione sostiene che questo primo motivo è infondato.

 Giudizio della Corte

44      Per quanto riguarda la parte principale di tale motivo, è sufficiente rilevare che essa discende da un’errata lettura della sentenza impugnata.

45      Infatti, da nessuno dei punti indicati dalle ricorrenti emergono affermazioni del Tribunale secondo cui la prova che il controllo di una società controllante sulle sue controllate, detenute al 100% o quasi, non è stato in pratica esercitato è insufficiente a rovesciare la presunzione di esercizio effettivo di un’influenza determinante di tale società controllante su dette controllate.

46      Dalla sentenza impugnata, segnatamente dai suoi punti 207 e 211, si evince solamente che il Tribunale ha ritenuto che gli elementi di prova forniti dalle ricorrenti non fossero idonei a dimostrare l’autonomia di comportamento della RPA/Rylesa rispetto alla Repsol Petróleo e alla Repsol YPF e, pertanto, non consentissero di rovesciare la presunzione di esercizio effettivo di un’influenza determinante di queste ultime due società sulla prima.

47      Peraltro, occorre ricordare che, conformemente all’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, le valutazioni in fatto esulano dalla competenza della Corte nell’ambito di un’impugnazione (v., in tal senso, sentenza dell’11 settembre 2014, MasterCard e a./Commissione, C‑382/12 P, EU:C:2014:2201, punto 113).

48      Per quanto riguarda la parte subordinata del primo motivo di impugnazione, deve certamente essere rilevato che, al punto 207 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato, senza previa motivazione, che, considerati nel loro insieme, gli elementi dedotti dalle ricorrenti in occasione del loro ricorso di annullamento non consentivano di rovesciare la presunzione di esercizio effettivo di un’influenza determinante della Repsol Petróleo e della Repsol YPF sulla RPA/Rylesa.

49      Tuttavia, dalla sentenza impugnata emerge che il Tribunale, per respingere, ai punti 207 e 211 della medesima, l’argomentazione delle ricorrenti intesa a dimostrare l’autonomia commerciale della RPA/Rylesa rispetto alla Repsol Petróleo e alla Repsol YPF, non si è limitato a procedere a un’analisi decontestualizzata di ciascuno degli elementi di prova forniti dalle ricorrenti.

50      Oltre al fatto che, ai punti da 164 a 206 della sentenza impugnata, il Tribunale ha compiuto, esercitando la propria valutazione sovrana dei fatti, un’analisi dettagliata di ciascuno degli elementi di prova forniti dalle parti, dalla quale non si può prescindere ai fini di una valutazione globale dei medesimi, dai punti da 208 a 210 di tale sentenza emerge che il Tribunale ha analizzato e valutato anche taluni indizi supplementari sui quali la Commissione si era basata nella decisione controversa, e ha ritenuto che essi confortassero il fatto che le ricorrenti costituivano effettivamente una sola entità economica.

51      In tal modo, il Tribunale ha potuto dichiarare, senza commettere errori di diritto e, in particolare, senza violare il proprio obbligo di motivazione, che le ricorrenti non avevano dimostrato l’autonomia di comportamento della RPA/Rylesa rispetto alla Repsol Petróleo e alla Repsol YPF.

52      Ne consegue che il primo motivo di impugnazione dev’essere respinto in quanto infondato.

 Sul secondo motivo, relativo a un errore di diritto nell’interpretazione della comunicazione sulla cooperazione del 2002

 Argomenti delle parti

53      Con il loro secondo motivo, diretto contro i punti da 339 a 349 della sentenza impugnata, le ricorrenti sostengono che il Tribunale ha commesso un errore di diritto nell’interpretazione del punto 23, lettera b), ultimo comma, della comunicazione sulla cooperazione del 2002, negando loro un’immunità parziale dall’ammenda con la motivazione che era errata la loro affermazione secondo cui era la Repsol ad aver prodotto, nella sua dichiarazione ai sensi di tale comunicazione, le informazioni che avevano consentito alla Commissione di venire a conoscenza del fatto che l’intesa si era protratta nel periodo corrispondente agli anni dal 1998 al 2002.

54      Orbene, nella fattispecie, le ricorrenti, pur ammettendo che la Commissione disponeva, anteriormente alla loro dichiarazione ai sensi della comunicazione sulla cooperazione del 2002, dei documenti che dimostravano la reale durata dell’infrazione addebitata, ritengono che è la loro esposizione dei fatti, contenuta in tale dichiarazione, ad aver permesso alla Commissione di scoprire che il gruppo BP aveva dissimulato la verità quanto all’effettiva durata dell’intesa controversa e che tale infrazione si era protratta durante il suddetto periodo.

55      A tale riguardo, le ricorrenti fanno valere che la formulazione del punto 23, lettera b), ultimo comma, della comunicazione sulla cooperazione del 2002 e, in particolare, l’impiego, nella versione in lingua spagnola, dei termini «hechos de los cuales la Comisión no tenga conocimiento previo», i quali corrispondono ai termini «facts previously unknown» e «faits précédemment ignorés», segnatamente nelle versioni in lingua inglese e francese, devono essere intesi non come riferiti a un semplice possesso fisico di documenti da parte della Commissione, ma nel senso che richiedono anche un «elemento cognitivo», ossia la conoscenza, da parte della Commissione, dell’infrazione che sarebbe attestata da tali documenti.

56      Inoltre, e comunque, le ricorrenti ritengono che l’ambiguità della suddetta disposizione avrebbe dovuto condurre il Tribunale a optare per l’interpretazione che era loro più favorevole.

57      Secondo la Commissione, il secondo motivo di impugnazione dev’essere qualificato come nuovo e, pertanto, è irricevibile, poiché il ricorso di annullamento proposto dalle ricorrenti non conteneva un’argomentazione relativa all’esigenza di un «elemento cognitivo» per beneficiare della disposizione invocata. In subordine, tale motivo sarebbe infondato.

 Giudizio della Corte

58      Giova in limine ricordare che, ai sensi dell’articolo 170, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, l’impugnazione non può modificare l’oggetto del giudizio svoltosi dinanzi al Tribunale. La competenza della Corte in sede d’impugnazione è infatti limitata alla valutazione della soluzione di diritto che è stata fornita a fronte dei motivi discussi dinanzi ai primi giudici (v., in tal senso, sentenza del 22 maggio 2014, ASPLA/Commissione, C‑35/12 P, EU:C:2014:348, punto 39 e giurisprudenza ivi citata).

59      Una parte non può, di conseguenza, sollevare per la prima volta dinanzi alla Corte un motivo che non ha sollevato dinanzi al Tribunale, dato che ciò si risolverebbe nel consentire alla stessa di sottoporre alla Corte, la cui competenza in sede di impugnazione è limitata, una controversia più ampia di quella su cui ha dovuto pronunciarsi il Tribunale (sentenza del 3 settembre 2015, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Commissione, C‑398/13 P, EU:C:2015:535, punto 57 e giurisprudenza ivi citata).

60      Tuttavia, e come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 17 e 18 delle sue conclusioni, occorre constatare che le ricorrenti avevano sollevato, in sostanza, l’argomentazione in questione nel loro ricorso di annullamento proposto dinanzi al Tribunale.

61      Contrariamente a quanto affermato dalla Commissione, il secondo motivo di impugnazione deve quindi essere dichiarato ricevibile.

62      Con tale motivo, le ricorrenti contestano al Tribunale di aver commesso un errore di diritto ai punti da 339 a 349 della sentenza impugnata, giacché esso avrebbe confermato l’interpretazione e l’applicazione da parte della Commissione della nozione di «fatti in precedenza ignorati» ai sensi del punto 23, lettera b), ultimo comma, della comunicazione sulla cooperazione del 2002. Orbene, tale disposizione non farebbe alcun riferimento a un semplice possesso fisico dei documenti, ma richiederebbe di tener conto di un criterio diverso, che le ricorrenti qualificano come «criterio cognitivo».

63      A tale riguardo, occorre in primo luogo rammentare che, secondo costante giurisprudenza della Corte, il Tribunale è il solo competente ad accertare e valutare i fatti e, in linea di principio, a esaminare gli elementi di prova sui quali basa il proprio accertamento di detti fatti. Qualora tali elementi di prova siano stati assunti regolarmente e siano stati rispettati i principi generali di diritto e le norme procedurali relative all’onere della prova e all’istruttoria, spetta esclusivamente al Tribunale stimare il valore da attribuire agli elementi ad esso sottoposti. Tale stima non costituisce quindi, salvo il caso di snaturamento di siffatti elementi, una questione di diritto, come tale soggetta al controllo della Corte (sentenza del 20 gennaio 2016, Toshiba Corporation/Commissione, C‑373/14 P, EU:C:2016:26, punto 40).

64      Non possono, di conseguenza, essere rimessi in discussione gli accertamenti in fatto compiuti dal Tribunale, che sono contestati nell’ambito del secondo motivo di impugnazione, e, in particolare, quello contenuto al punto 341 della sentenza impugnata, secondo il quale la Commissione era già in possesso – ancor prima di ricevere, il 31 marzo 2004, la dichiarazione delle ricorrenti allegata alla domanda della Repsol ai sensi della comunicazione sulla cooperazione del 2002 – delle informazioni pertinenti contenute in documenti relativi al medesimo periodo raccolti durante le verifiche del 1° e del 2 ottobre 2002. Lo stesso è a dirsi per quanto riguarda il rigetto, da parte del Tribunale, precisamente al punto 345 della sentenza impugnata, dell’argomento relativo all’asserito valore aggiunto dei fatti riferiti dalla Repsol riguardanti il periodo corrispondente agli anni dal 1998 al 2002.

65      In secondo luogo, per quanto riguarda l’errore di diritto invocato dalle ricorrenti, occorre ricordare che, ai sensi del punto 23, lettera b), ultimo comma, della comunicazione sulla cooperazione del 2002, «se un’impresa fornisce elementi di prova relativi a fatti in precedenza ignorati dalla Commissione che hanno un’incidenza diretta sulla gravità o la durata della presunta intesa, la Commissione non terrà conto di questi elementi nel determinare l’importo di eventuali ammende da infliggere all’impresa che li ha forniti».

66      Risulta dalla stessa formulazione di tale disposizione che l’immunità parziale prevista da quest’ultima richiede che siano soddisfatte due condizioni, ossia, in primo luogo, che l’impresa in questione sia la prima a provare fatti in precedenza ignorati dalla Commissione e, in secondo luogo, che tali fatti, avendo un’incidenza diretta sulla gravità o sulla durata della presunta intesa, consentano alla Commissione di giungere a nuove conclusioni in merito all’infrazione (sentenza del 23 aprile 2015, LG Display e LG Display Taiwan/Commissione, C‑227/14 P, EU:C:2015:258, punto 78).

67      La Corte ha avuto modo di precisare che i termini «fatti (…) ignorati dalla Commissione» sono privi di ambiguità e autorizzano ad adottare un’interpretazione restrittiva del punto 23, lettera b), ultimo comma, della comunicazione sulla cooperazione del 2002, limitandolo alle ipotesi in cui una società partecipante a un’intesa fornisca alla Commissione un’informazione nuova, relativa alla gravità o alla durata dell’infrazione (v., in tal senso, sentenza del 23 aprile 2015, LG Display e LG Display Taiwan/Commissione, C‑227/14 P, EU:C:2015:258, punto 79 e giurisprudenza ivi citata).

68      La Corte ha altresì dichiarato che il senso da attribuire a tali termini dev’essere idoneo a garantire gli obiettivi perseguiti al punto 23, lettera b), ultimo comma, della suddetta comunicazione e, in particolare, l’efficacia del programma di trattamento favorevole (v., in tal senso, sentenza del 23 aprile 2015, LG Display e LG Display Taiwan/Commissione, C‑227/14 P, EU:C:2015:258, punto 84 e giurisprudenza ivi citata). A tale riguardo, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 22 delle sue conclusioni, i programmi di trattamento favorevole sono diretti a ottenere la denuncia dell’infrazione da parte dei suoi autori per porvi fine rapidamente e totalmente.

69      Deve quindi essere garantito l’effetto utile di tale disposizione, la quale – nel caso in cui un’impresa sia stata la prima a fornire alla Commissione, al fine di ottenere un’immunità totale dalle ammende ai sensi della comunicazione sulla cooperazione del 2002, elementi di prova tali da consentirle di accertare una violazione dell’articolo 101 TFUE, ma si sia astenuta dal divulgare informazioni che attestino che l’infrazione in questione aveva avuto una durata più lunga di quella rivelata da tali elementi – è volta a incentivare, attraverso la concessione di un’immunità parziale dalle ammende, qualsiasi altra impresa che ha partecipato a tale infrazione ad essere la prima a divulgare dette informazioni (v., in tal senso, sentenza del 23 aprile 2015, LG Display e LG Display Taiwan/Commissione, C‑227/14 P, EU:C:2015:258, punto 85).

70      Alla luce delle suesposte considerazioni, il criterio «cognitivo» prospettato dalle ricorrenti non può essere accolto. Infatti, il punto 23, lettera b), ultimo comma, della comunicazione sulla cooperazione del 2002 dev’essere interpretato nel senso che un elemento di prova fornito da un’impresa nell’ambito della sua domanda ai sensi di tale comunicazione può essere considerato un elemento di prova relativo «a fatti in precedenza ignorati dalla Commissione» solamente se presenta oggettivamente un valore aggiunto significativo rispetto agli elementi già in possesso della Commissione.

71      Tale interpretazione deriva, da un lato, dall’impianto sistematico della comunicazione sulla cooperazione del 2002. Infatti, conformemente ai punti 7 e 21 nonché al punto 23, lettera a), di tale comunicazione, il beneficio di una riduzione dell’ammenda inflitta dalla Commissione sulla base della comunicazione medesima presuppone che le imprese che intendono avvalersene forniscano alla Commissione elementi di prova che presentano un valore aggiunto significativo rispetto a quelli di cui è già in possesso. Lo stesso è a dirsi per quanto riguarda l’immunità parziale prevista al punto 23, lettera b), ultimo comma, della medesima comunicazione.

72      D’altro lato, ai fini dell’applicazione di quest’ultima disposizione, occorre ritenere che il possesso, da parte della Commissione, di un elemento di prova equivalga alla conoscenza del suo contenuto, indipendentemente dalla necessità di determinare se tale elemento sia stato effettivamente esaminato e analizzato dai suoi servizi.

73      Nella fattispecie, come emerge dal punto 64 della presente sentenza, è stato definitivamente acclarato dal Tribunale, al punto 341 della sentenza impugnata, il quale rinvia al punto 592 della decisione controversa, che, anteriormente alla dichiarazione delle ricorrenti resa ai sensi della comunicazione sulla cooperazione del 2002, la Commissione disponeva di informazioni riferite a fatti verificatisi nel periodo corrispondente agli anni dal 1998 al 2002, ottenute nel corso di verifiche effettuate il 1° e il 2 ottobre 2002. Inoltre, il Tribunale ha definitivamente respinto l’argomento relativo all’asserito valore aggiunto dei fatti riferiti dalla Repsol e riguardanti tale periodo.

74      Il Tribunale non ha dunque commesso errori di diritto nel dichiarare, al punto 344 della sentenza impugnata, che le ricorrenti non erano legittimate a richiedere, sulla base del punto 23, lettera b), terzo comma, della suddetta comunicazione, che non si tenesse conto, per fissare l’importo dell’ammenda, dei fatti relativi a tale intesa, verificatisi nel periodo corrispondente agli anni dal 1998 al 2002.

75      Di conseguenza, il secondo motivo di impugnazione dev’essere respinto in quanto infondato.

 Sul terzo motivo, vertente su una violazione dell’articolo 261 TFUE e del principio di proporzionalità, in quanto il Tribunale è venuto meno al proprio obbligo di procedere a un controllo esteso al merito delle sanzioni inflitte

 Argomenti delle parti

76      Le ricorrenti sostengono che il Tribunale ha violato l’articolo 261 TFUE e il principio di proporzionalità per non aver proceduto a un controllo autonomo ed esaustivo della decisione controversa per quanto riguarda la determinazione dell’importo di base dell’ammenda inflitta, il quale è stato fissato a un importo di EUR 40 000 000, ossia il doppio dell’importo di base indicativo previsto dagli orientamenti del 1998 per le infrazioni qualificate come «molto gravi», ancorché i fattori menzionati nella decisione controversa avrebbero dovuto condurre alla fissazione di tale importo di base a un valore inferiore o uguale a EUR 20 000 000.

77      A tale riguardo, le ricorrenti fanno valere che, in risposta al sesto motivo del loro ricorso di annullamento, col quale contestavano l’importo di base dell’ammenda fissato dalla Commissione, lamentando, in particolare, una violazione del principio di proporzionalità, il Tribunale si sarebbe limitato a constatare, da un lato, che l’infrazione addebitata doveva essere effettivamente qualificata come «molto grave» e, dall’altro, che la Commissione aveva affermato di aver preso in considerazione i fattori aggiuntivi indicati nella decisione controversa, senza controllare se la valutazione di tali elementi ad opera di detta istituzione fosse stata correttamente effettuata.

78      Ai punti da 245 a 250 della sentenza impugnata, il Tribunale si sarebbe quindi limitato a riprendere i fattori considerati nella decisione controversa senza procedere esso stesso a una valutazione effettiva e autonoma, il che non avrebbe consentito alle ricorrenti di comprendere i motivi in base ai quali detti fattori avevano potuto condurre la Commissione e, successivamente, il Tribunale a scegliere un importo di base dell’ammenda inflitta corrispondente al doppio del minimo previsto dagli orientamenti del 1998 per infrazioni qualificate come «molto gravi».

79      Infine, le ricorrenti deducono che, nell’ambito dell’esercizio della sua competenza estesa al merito ai sensi dell’articolo 261 TFUE, il Tribunale avrebbe dovuto, al fine di valutare la proporzionalità dell’importo di base dell’ammenda inflitta, prendere in considerazione l’assenza di effetti dell’infrazione nonché l’importanza di tale importo di base rispetto al loro fatturato.

80      La Commissione ritiene che il terzo motivo d’impugnazione vada respinto.

 Giudizio della Corte

81      Occorre in limine ricordare che non spetta alla Corte, allorquando si pronuncia su questioni di diritto nell’ambito di un giudizio di impugnazione, sostituire, per motivi di equità, la propria valutazione a quella del Tribunale che statuisce, nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, sull’importo delle ammende inflitte a determinate imprese per violazione, da parte loro, del diritto dell’Unione (v., segnatamente, sentenza del 22 novembre 2012, E.ON Energie/Commissione, C‑89/11 P, EU:C:2012:738, punto 125).

82      Soltanto nei limiti in cui la Corte ritenesse che il livello della sanzione sia non soltanto inadeguato, ma anche eccessivo, al punto da essere sproporzionato, occorrerebbe ravvisare un errore di diritto commesso dal Tribunale per incongruenza dell’importo dell’ammenda (sentenza del 30 maggio 2013, Quinn Barlo e a./Commissione, C‑70/12 P, EU:C:2013:351, punto 57 e giurisprudenza ivi citata).

83      Ne consegue che, per la parte in cui, con il terzo motivo di impugnazione, le ricorrenti contestano la valutazione effettuata dal Tribunale quanto alla proporzionalità dell’importo di base dell’ammenda inflitta alla luce delle circostanze di fatto del caso di specie, senza tuttavia dimostrare e neppure dedurre che tale importo sarebbe non solo inadeguato, ma anche eccessivo, al punto da essere sproporzionato, tale motivo dev’essere respinto in quanto irricevibile.

84      Occorre poi ricordare che, per quanto concerne il sindacato giurisdizionale delle decisioni con cui la Commissione decide di infliggere un’ammenda o una penalità di mora per violazione delle norme sulla concorrenza, oltre al controllo di legittimità previsto all’articolo 263 TFUE, il giudice dell’Unione dispone di una competenza estesa al merito conferitagli dall’articolo 31 del regolamento n. 1/2003, conformemente all’articolo 261 TFUE, che lo autorizza a sostituire la sua valutazione a quella della Commissione e, di conseguenza, a sopprimere, ridurre o aumentare l’ammenda o la penalità inflitta (sentenza del 22 ottobre 2015, AC‑Treuhand/Commissione, C‑194/14 P, EU:C:2015:717, punto 74 e giurisprudenza ivi citata).

85      Tuttavia, occorre ricordare che l’esercizio della competenza estesa al merito prevista all’articolo 261 TFUE e all’articolo 31 del regolamento n. 1/2003 non equivale a un controllo d’ufficio e che il procedimento dinanzi ai giudici dell’Unione è di tipo contraddittorio. Ad eccezione dei motivi di ordine pubblico che il giudice è tenuto a sollevare d’ufficio, spetta pertanto al ricorrente sollevare i motivi diretti avverso la decisione controversa e produrre elementi di prova a sostegno di detti motivi (sentenza del 22 ottobre 2015, AC‑Treuhand/Commissione, C‑194/14 P, EU:C:2015:717, punto 75 e giurisprudenza ivi citata).

86      Per contro, per soddisfare i requisiti del principio della tutela giurisdizionale effettiva sancito all’articolo 47, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), e tenuto conto del fatto che l’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 dispone che l’importo dell’ammenda dev’essere determinato in funzione della gravità e della durata dell’infrazione, il Tribunale è tenuto, nell’esercizio delle competenze previste agli articoli 261 e 263 TFUE, ad esaminare ogni censura, di fatto o di diritto, diretta a dimostrare che l’importo dell’ammenda non è adeguato alla gravità e alla durata dell’infrazione (sentenza del 22 ottobre 2015, AC‑Treuhand/Commissione, C‑194/14 P, EU:C:2015:717, punto 76 e giurisprudenza ivi citata).

87      Nella presente causa, si deve rilevare come il Tribunale abbia dichiarato, ai punti 250 e 258 della sentenza impugnata, che non potevano essere riscontrati errori quanto alla determinazione, da parte della Commissione, dell’importo di EUR 40 000 000 utilizzato quale base per il calcolo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti, e che tale importo non appariva sproporzionato.

88      A tal fine, il Tribunale, da un lato, ai punti da 245 a 249 di tale sentenza, ha valutato la gravità dell’infrazione commessa, l’estensione del mercato geografico interessato dalla stessa nonché la quota di mercato delle ricorrenti e, dall’altro, ai punti da 251 a 257 della stessa, ha risposto in misura sufficiente, sotto il profilo giuridico e della motivazione, agli argomenti vertenti, in particolare, sulla mancanza di impatto concreto dell’intesa di cui trattasi o sul fatto che l’importo di base dell’ammenda inflitta alle ricorrenti rappresentava una proporzione importante del loro fatturato.

89      In tal modo, il Tribunale non ha commesso errori di diritto nell’esercizio del proprio sindacato giurisdizionale.

90      Occorre altresì rilevare che gli orientamenti del 1998 prevedono, al punto 1, parte A, terzo trattino, che l’importo di base dell’ammenda applicabile in caso di infrazioni molto gravi si situi oltre i 20 milioni di euro. L’importo di 20 milioni di euro costituisce quindi solo un importo minimo previsto da tali orientamenti, al di là del quale la Commissione fissa l’importo di partenza per il calcolo delle ammende per infrazioni siffatte.

91      Per la parte in cui le ricorrenti censurano il Tribunale per aver commesso un errore di diritto nel respingere la loro argomentazione secondo cui la Commissione avrebbe dovuto prendere in considerazione l’assenza di impatto concreto dell’infrazione sul mercato, è sufficiente rilevare, alla pari della Commissione, che le ricorrenti non hanno, sotto questo aspetto, contestato dinanzi al Tribunale la decisione controversa, la quale, del resto, non menzionava una tale assenza di impatto, e non hanno neppure fornito la prova davanti al Tribunale che gli effetti dell’infrazione fossero misurabili. Ciò considerato, l’argomentazione delle ricorrenti va respinta in quanto irricevibile.

92      Pertanto, il terzo motivo di impugnazione dev’essere respinto perché in parte irricevibile e in parte infondato.

 Sul quarto motivo, vertente sulla violazione, da parte del Tribunale, del termine ragionevole del procedimento

 Argomenti delle parti

93      Con il loro quarto motivo, le ricorrenti sostengono che il Tribunale ha violato l’articolo 47 della Carta e l’articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, per non essersi pronunciato entro un termine ragionevole, il che giustificherebbe una riduzione dell’ammenda loro inflitta o la constatazione dell’esistenza di tale violazione.

94      A tale riguardo, esse deducono che il loro ricorso di annullamento è stato depositato il 18 dicembre 2007, che il procedimento scritto si è concluso il 25 settembre 2008, che è stato chiesto il loro parere sull’opportunità di riunire la causa di cui trattasi alle cause T‑462/07, T‑482/07, T‑495/07 e T‑497/07 l’11 luglio 2012, che l’udienza si è svolta il 14 gennaio 2013 e che la sentenza impugnata è stata pronunciata il 16 settembre 2013.

95      Esse rilevano, dunque, che l’intero procedimento è durato all’incirca cinque anni e nove mesi, con un periodo di inattività, tra il deposito del ricorso e la domanda di parere sull’opportunità di riunire la causa di cui trattasi ad altre, di quattro anni e mezzo, analogo a quello constatato dalla Corte nella sentenza del 26 novembre 2013, Groupe Gascogne/Commissione (C‑58/12 P, EU:C:2013:770).

96      A tale riguardo, le ricorrenti deducono che nessuna circostanza eccezionale è in grado di giustificare il ritardo così osservato nell’istruzione della causa, il quale non sarebbe dovuto né a interventi o omissioni da parte loro né alla particolare complessità della causa.

97      La Commissione fa valere che il quarto motivo di impugnazione dev’essere respinto.

 Giudizio della Corte

98      Occorre ricordare che la violazione, da parte di un giudice dell’Unione, del proprio obbligo, derivante dall’articolo 47, secondo comma, della Carta, di decidere le controversie di cui è investito entro un termine ragionevole deve essere sanzionata in un ricorso per risarcimento danni presentato dinanzi al Tribunale, ricorso che costituisce un rimedio effettivo. Ne consegue che la domanda intesa ad ottenere il risarcimento del danno causato dalla violazione, da parte del Tribunale, del termine ragionevole del procedimento non può essere presentata direttamente alla Corte nel contesto di un’impugnazione, ma deve essere proposta dinanzi al Tribunale stesso (sentenze del 10 luglio 2014, Telefónica e Telefónica de España/Commissione, C‑295/12 P, EU:C:2014:2062, punto 66; del 9 ottobre 2014, ICF/Commissione, C‑467/13 P, EU:C:2014:2274, punto 57, nonché del 12 novembre 2014, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione, C‑580/12 P, EU:C:2014:2363, punti 17 e 18).

99      Il Tribunale, competente ai sensi dell’articolo 256, paragrafo 1, TFUE e adito di una domanda risarcitoria, è tenuto a pronunciarsi su una domanda siffatta, decidendo in una composizione diversa da quella che si è trovata a decidere la controversia sfociata nel procedimento la cui durata è contestata (v., in tal senso, sentenze del 10 luglio 2014, Telefónica e Telefónica de España/Commissione, C‑295/12 P, EU:C:2014:2062, punto 67; del 9 ottobre 2014, ICF/Commissione, C‑467/13 P, EU:C:2014:2274, punto 58, nonché del 12 novembre 2014, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione, C‑580/12 P, EU:C:2014:2363, punto 19).

100    Ciò premesso, qualora sia manifesto, senza che le parti debbano produrre ulteriori elementi al riguardo, che il Tribunale ha violato in maniera sufficientemente qualificata il proprio obbligo di giudicare la causa entro un termine ragionevole, la Corte può rilevarlo (v., in tal senso, sentenze del 9 ottobre 2014, ICF/Commissione, C‑467/13 P, EU:C:2014:2274, punto 59, nonché del 12 novembre 2014, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione, C‑580/12 P, EU:C:2014:2363, punto 20).

101    Così è nel caso di specie. La durata del procedimento dinanzi al Tribunale, ossia quasi cinque anni e nove mesi – che comprende, in particolare, un periodo di quasi quattro anni e quattro mesi decorso tra la fine della fase scritta e l’udienza –, non può trovare spiegazione né nella natura né nella complessità della causa, e neppure nel contesto di quest’ultima. Infatti, da un lato, la controversia esaminata dal Tribunale non presentava un particolare grado di complessità. Dall’altro, né dalla sentenza impugnata né dagli elementi forniti dalle parti emerge che tale periodo di inattività risultasse oggettivamente giustificato o, ancora, che le ricorrenti vi avessero contribuito. A tale riguardo, il fatto che il Tribunale abbia chiesto il parere delle ricorrenti l’11 luglio 2012 sull’opportunità di una riunione della causa di cui trattasi con le cause T‑462/07, T‑482/07, T‑495/07 e T‑497/07 è irrilevante.

102    Risulta tuttavia dalle considerazioni esposte al punto 98 della presente sentenza che il quarto motivo della presente impugnazione va respinto.

103    Dal momento che nessuno dei quattro motivi dedotti dalle ricorrenti a sostegno della loro impugnazione può essere accolto, quest’ultima deve essere respinta.

 Sulle spese

104    A norma dell’articolo 184, paragrafo 2, del suo regolamento di procedura, quando l’impugnazione è respinta, la Corte statuisce sulle spese.

105    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento in parola, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, dello stesso, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

106    Poiché la Repsol Lubricantes y Especialidades, la Repsol Petróleo e la Repsol sono risultate soccombenti, occorre condannarle alle spese relative al presente procedimento di impugnazione, conformemente alla domanda della Commissione.

Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara e statuisce:

1)      L’impugnazione è respinta.

2)      La Repsol Lubricantes y Especialidades SA, la Repsol Petróleo SA e la Repsol SA sono condannate alle spese.

Firme


* Lingua processuale: lo spagnolo.