Language of document : ECLI:EU:C:2016:24

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MACIEJ SZPUNAR

presentate il 19 gennaio 2016 (1)

Causa C‑470/14

Entidad de Gestión de Derechos de los Productores Audiovisuales (EGEDA)

Derechos de Autor de Medios Audiovisuales (DAMA)

Visual Entidad de Gestión de Artistas Plásticos (VEGAP)

contro

Administración del Estado

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal Supremo (Corte di cassazione, Spagna)]

«Rinvio pregiudiziale – Diritto d’autore e diritti connessi – Direttiva 2001/29/CE – Articolo 5, paragrafo 2, lettera b) – Diritto di riproduzione – Eccezioni e limitazioni – Copia privata – Equo compenso – Finanziamento a carico del bilancio generale dello Stato»





 Introduzione

1.        L’articolo 27 della Dichiarazione universale dei diritti umani proclama quanto segue (2):

«1.      Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico ed ai suoi benefici.

2.      Ogni individuo ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifica, letteraria e artistica di cui egli sia autore».

2.        Tale articolo della dichiarazione riflette quello che è forse il dilemma principale del diritto d’autore, vale a dire conciliare l’esigenza di proteggere la proprietà intellettuale di autori, produttori e interpreti con l’accesso libero e universale alla cultura. È precisamente questo equilibrio che il legislatore tenta di salvaguardare, assoggettando il diritto d’autore a determinate limitazioni o eccezioni. Di queste ultime fa parte l’eccezione, o la limitazione che dir si voglia, della cosiddetta «copia privata», che è al centro della presente causa (3).

3.        Se, in materia di diritto d’autore, mi sembra che non vi sia alcun dubbio circa la necessità e la fondatezza dell’eccezione di cui trattasi, la questione della remunerazione o della compensazione del danno subito dai titolari dei diritti d’autore in conseguenza dell’applicazione di detta eccezione è attualmente oggetto di una discussione accesa in molti paesi, tra i quali sono compresi numerosi Stati membri dell’Unione europea.

4.        L’eccezione per copia privata, ugualmente nota alle disposizioni dell’ordinamento dell’Unione in materia di diritto d’autore e diritti connessi, è stata oggetto di numerose sentenze della Corte negli ultimi anni. La presente causa, pur inserendosi in detta continuità, fornisce altresì l’occasione di segnare una possibile svolta nell’evoluzione della giurisprudenza. La soluzione che la Corte vorrà dare al caso di specie, determinerà infatti il margine di manovra di cui dispongono i legislatori nazionali e, di conseguenza, il legislatore dell’Unione, per rimodellare il contesto normativo dell’Unione con riferimento alla scelta di modalità di finanziamento del compenso dovuto a titolo di eccezione per copia privata che siano alternative rispetto al modello attualmente dominante, almeno nei sistemi giuridici dell’Europa continentale, ossia quello dei diritti riscossi sull’uso dei dispositivi elettronici.

 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

5.        Nell’ordinamento dell’Unione, la disciplina del diritto d’autore e dei diritti connessi (che in prosieguo chiamerò, per brevità, «diritti d’autore») è principalmente contenuta nelle disposizioni della direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione (4). Gli articoli 2 e 5, paragrafi 2, lettera b), e 5, di tale direttiva, sono del seguente tenore:

«Articolo 2

Diritto di riproduzione

Gli Stati membri riconoscono ai soggetti sotto elencati il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la riproduzione diretta o indiretta, temporanea o permanente, in qualunque modo o forma, in tutto o in parte:

a)      agli autori, per quanto riguarda le loro opere;

b)      agli artisti interpreti o esecutori, per quanto riguarda le fissazioni delle loro prestazioni artistiche;

c)      ai produttori di fonogrammi, per quanto riguarda le loro riproduzioni fonografiche;

d)      ai produttori delle prime fissazioni di una pellicola, per quanto riguarda l’originale e le copie delle loro pellicole;

e)      agli organismi di diffusione radiotelevisiva, per quanto riguarda le fissazioni delle loro trasmissioni, siano esse effettuate su filo o via etere, comprese le trasmissioni via cavo o via satellite.

(...)

Articolo 5

Eccezioni e limitazioni

(...)

2.      Gli Stati membri hanno la facoltà di disporre eccezioni o limitazioni al diritto di riproduzione di cui all’articolo 2 per quanto riguarda:

(...)

b)      le riproduzioni su qualsiasi supporto effettuate da una persona fisica per uso privato e per fini né direttamente, né indirettamente commerciali a condizione che i titolari dei diritti ricevano un equo compenso (...);

(...)

5.      Le eccezioni e limitazioni di cui ai paragrafi 1, 2, 3 e 4 sono applicate esclusivamente in determinati casi speciali che non siano in contrasto con lo sfruttamento normale dell’opera o degli altri materiali e non arrechino ingiustificato pregiudizio agli interessi legittimi del titolare».

 Diritto spagnolo

6.        Nell’ordinamento spagnolo, l’eccezione («limitazione» secondo il diritto spagnolo) per copia privata è disciplinata dall’articolo 31, paragrafo 2, del testo rifuso della legge sulla proprietà intellettuale (Ley de Propiedad Intelectual), approvata con il regio decreto legislativo n. 1/1996 relativo all’approvazione del testo rifuso della legge sulla proprietà intellettuale, che enuncia, precisa e armonizza le disposizioni vigenti in materia (Real Decreto Legislativo 1/1996 por el que se aprueba el texto refundido de la Ley de Propiedad Intelectual, regularizando, aclarando y armonizando las disposiciones legales vigentes sobre la materia), del 12 aprile 1996.

7.        Il compenso per i danni subiti dai titolari di diritti d’autore a causa della suddetta eccezione è disciplinato dall’articolo 25 della legge sulla proprietà intellettuale. Tale compenso veniva inizialmente finanziato attraverso un canone riscosso su determinati supporti e dispositivi che permettevano di effettuare copie di opere protette dal diritto d’autore. Detto canone è stato soppresso dalla decima disposizione supplementare del regio decreto legislativo 20/2011, del 30 dicembre 2011, recante misure urgenti in materia di bilancio, tributaria e finanziaria per la correzione del disavanzo pubblico (Real Decreto-ley 20/2011 de medidas urgentes en materia presupuestaria, tributaria y financiera para la corrección del déficit público) ed è stato sostituito da un compenso finanziato direttamente dal bilancio dello Stato, le cui modalità di calcolo e di pagamento ai titolari dei diritti dovevano essere fissate con decreto di esecuzione (5).

8.        Tale delega di poteri è stata utilizzata per emanare il regio decreto 1657/2012, del 7 dicembre 2012, che disciplina la procedura di pagamento dell’equo compenso per copie private a carico del bilancio generale dello Stato (Real Decreto 1657/2012 por el que se regula el procedimiento de pago de la compensación equitativa por copia privada con cargo a los Presupuestos Generales del Estado) (in prosieguo: il «regio decreto 1657/2012»). L’articolo 3 di detto decreto stabilisce:

«L’importo appropriato per compensare il pregiudizio subito dai titolari dei diritti di riproduzione a causa dell’eccezione per copia privata definita all’articolo 31 del testo codificato della legge sulla proprietà intellettuale approvato con il regio decreto legislativo 1/1996, del 12 aprile 1996, è determinato, entro i limiti di bilancio fissati per ciascun esercizio finanziario, con decreto del ministro dell’istruzione, della cultura e dello sport, conformemente alla procedura stabilita all’articolo 4.

L’importo del compenso è calcolato sulla base di una stima del pregiudizio effettivamente subito dai titolari dei diritti di proprietà intellettuale in conseguenza della riproduzione, da parte di persone fisiche, realizzata su qualsiasi supporto, sulla base di opere già divulgate cui abbiano avuto accesso legalmente, nei termini previsti dall’articolo 31 del testo codificato della legge sulla proprietà intellettuale.

(...)».

 Fatti all’origine della controversia principale, procedimento e questioni pregiudiziali

9.        La Entidad de Gestión de Derechos de los Productores Audiovisuales (EGEDA), la Derechos de Autor de Medios Audiovisuales (DAMA) e la Visual Entidad de Gestión de Artistas Plásticos (VEGAP) sono società spagnole di gestione collettiva dei diritti di proprietà intellettuale. Il 7 febbraio 2013 esse hanno proposto dinanzi al Tribunal Supremo (Corte di cassazione) un ricorso diretto all’annullamento del regio decreto 1657/2012. In un momento successivo, altre società di gestione collettiva dei diritti di proprietà intellettuale (6) sono state ammesse al procedimento.

10.      L’Administración del Estado, parte convenuta nella causa a qua, è sostenuta dall’Asociación Multisectorial de Empresas de la Electrónica, las Tecnologías de la Información y la Comunicación, de las Telecomunicaciones y de los contenidos Digitales (Ametic), un’associazione che riunisce le imprese operanti nel settore delle tecnologie dell’informazione.

11.      A sostegno delle loro conclusioni, le ricorrenti nel procedimento principale fanno valere, in particolare, che il regio decreto 1657/2012 presenta due elementi di incompatibilità con l’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29, come interpretato dalla giurisprudenza della Corte. In primo luogo, le ricorrenti deducono sostanzialmente che detta disposizione esige che il finanziamento dell’equo compenso per copia privata accordato ai titolari di diritti d’autore sia sopportato, quantomeno da ultimo, dalle persone all’origine del pregiudizio causato da tale eccezione al diritto esclusivo di riproduzione dei titolari, mentre il meccanismo posto in essere dalla decima disposizione supplementare del regio decreto legislativo 20/2011 e dal regio decreto 1657/2012 pone detto finanziamento a carico del bilancio dello Stato e quindi di tutti i contribuenti. In secondo luogo, le ricorrenti sostengono, in via subordinata e in sintesi, che il diritto spagnolo non garantisce l’equità di detto compenso, nei limiti in cui l’articolo 3 del decreto 1657/2012 prevede che le risorse annuali destinate al finanziamento di tale misura sono soggette ad un limite massimo stabilito ex ante, mentre il pregiudizio effettivamente arrecato ai titolari dei diritti dalla realizzazione della copia privata può essere valutato soltanto ex post.

12.      Ciò premesso, il Tribunal Supremo ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se sia conforme all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 un sistema di equo compenso per copie private che, prendendo come base di valutazione il pregiudizio effettivamente provocato, è finanziato tramite il bilancio generale dello Stato, senza che sia quindi possibile garantire che il costo di detto compenso sia sopportato dagli utenti di copie private.

2)      In caso di risposta affermativa alla questione precedente, se sia conforme all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 il fatto che l’importo totale destinato dal bilancio generale dello Stato all’equo compenso per copie private, pur essendo calcolato sulla base del pregiudizio effettivamente provocato, debba essere fissato entro i limiti di bilancio stabiliti per ogni esercizio».

13.      La domanda di pronuncia pregiudiziale è stata depositata presso la cancelleria della Corte il 14 ottobre 2014. Hanno presentato osservazioni scritte le parti ricorrenti e intervenienti nel procedimento principale (7), i governi spagnolo, greco, finlandese e norvegese (8) nonché la Commissione europea. Le stesse parti, con l’eccezione del governo norvegese, e il governo francese erano rappresentati all’udienza, che si è tenuta il 1° ottobre 2015.

 Analisi

14.      Con la prima questione pregiudiziale il giudice del rinvio vuole sostanzialmente sapere se l’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 debba essere interpretato nel senso che l’equo compenso ivi menzionato può essere finanziato attraverso il bilancio generale dello Stato, senza ripercuotersi sugli utenti che realizzano le copie private di opere protette dai diritti d’autore. Tale questione richiede un’analisi non soltanto delle disposizioni della direttiva 2001/29, ma anche della giurisprudenza della Corte relativa al compenso per copie private e al suo finanziamento. È solo nell’ipotesi in cui la prima questione riceva una risposta affermativa che si dovrà procedere ad analizzare la seconda questione pregiudiziale. Comincerò la mia analisi ricordando brevemente il posto occupato dall’eccezione per copia privata all’interno del sistema di tutela del diritto d’autore.

 L’eccezione per copia privata come istituto del diritto d’autore

15.      Nell’Europa continentale, l’eccezione per copia privata, conosciuta sotto diverse denominazioni, è praticamente antica quanto la tutela giuridica dei diritti d’autore (9). Essa viene normalmente giustificata in base a due ragioni, l’una di ordine assiologico e l’altra di ordine pratico. Da un lato, tenuto presente che l’accesso alla cultura è di pubblico interesse, la possibilità di copiare un’opera per uso privato rientra nella libertà di godere dell’opera stessa, cui l’autore non potrebbe opporsi senza interferire con i diritti dell’utente (10). D’altra parte, controllare l’utilizzo che fa dell’opera un utente nella sua sfera privata sarebbe, nella pratica, un’impresa impossibile, e anche se l’attuale tecnologia permettesse un tale controllo, ciò comporterebbe un’ingerenza inaccettabile nella vita privata, che è tutelata in quanto diritto fondamentale. Questo secondo aspetto suscita peraltro un dubbio sulla natura stessa dell’eccezione per copia privata, e cioè se si tratti effettivamente di una deroga al diritto esclusivo dell’autore o piuttosto di un limite naturale di tale diritto, dal momento che il diritto d’autore riguarda unicamente lo sfruttamento di un’opera nella sfera pubblica (11).

16.      È altresì comunemente ammesso che l’utilizzo di un’opera nell’ambito dell’eccezione per copia privata è gratuito (12). All’inizio, l’eccezione per copia privata non dava luogo ad una remunerazione né ad un compenso per i titolari dei diritti d’autore. Si riteneva infatti che tale eccezione non pregiudicasse in alcun modo i diritti materiali di questi ultimi. La situazione è cambiata con l’avvento dei mezzi tecnici, accessibili al grande pubblico, che permettono di realizzare la riproduzione massiccia e automatizzata di opere protette. Tali mezzi tecnici, ossia fotografici (reprografici), analogici e, di recente, digitali, hanno avuto un impatto sullo sfruttamento economico delle opere da parte dei titolari di diritti d’autore. Sulla scia di tale evoluzione, numerosi paesi hanno introdotto nel loro sistema giuridico un meccanismo di compensazione per l’eccezione relativa alla copia privata (13). Detti meccanismi, per la maggior parte, sono fondati su un canone che viene riscosso sui supporti di registrazione e sui dispositivi elettronici.

17.      È all’interno di tale contesto giuridico che la direttiva 2001/29 tenta di armonizzare le normative degli Stati membri, introducendo, tra le altre misure, un’eccezione (14) facoltativa per copia privata, subordinandola alla garanzia che i titolari dei diritti ricevano un equo compenso.

 Sulla prima questione

18.      La prima questione, letta nel contesto degli argomenti presentati dalle ricorrenti nel procedimento principale dinanzi al giudice del rinvio nonché alla luce delle osservazioni presentate alla Corte, pone un problema di particolare rilevanza con riguardo al finanziamento del compenso a titolo di eccezione per copia privata nel diritto europeo. Si tratta di stabilire se tale compenso, alla luce non solo dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 – tutto sommato alquanto laconico – ma anche della sua logica implicita, come espressa dalla giurisprudenza della Corte (15), possa assumere una forma diversa da un prelievo che grava in ogni caso, potenzialmente e in definitiva, sugli utenti dei dispositivi che permettono di effettuare copie a uso privato.

19.      Le ricorrenti nel procedimento principale e le parti che sono intervenute a sostegno di queste ultime, nonché i governi greco e francese propongono di rispondere a tale questione in senso negativo. Esse si fondano principalmente sulla giurisprudenza della Corte, dalla quale emergerebbe che è l’utente che realizza la copia ad uso privato, in definitiva, il soggetto che deve finanziare, in quanto debitore, l’equo compenso dovuto a titolo di tale eccezione. Tale principio sarebbe quindi incompatibile con ogni sistema di compensazione finanziata attraverso il bilancio dello Stato.

20.      Devo segnalare fin dall’inizio che non condivido tale analisi per tre ragioni, connesse, in primo luogo, al tenore delle disposizioni della direttiva 2001/29, in secondo luogo, all’analisi della giurisprudenza della Corte in materia e, in terzo luogo, alle considerazioni di ordine pratico riguardanti il funzionamento del sistema del prelievo nel contesto tecnologico attuale.

 Sull’interpretazione della direttiva 2001/29

21.      Come ho ricordato supra, la direttiva 2001/29 non è comparsa in una situazione di vuoto giuridico. Al contrario, la disciplina del diritto d’autore ha una lunga e ricca tradizione negli Stati membri. La direttiva 2001/29 mira ad armonizzare la materia. Ma è giocoforza constatare che tale armonizzazione è circoscritta a determinate regole di carattere generale. Infatti, oltre alle disposizioni tecniche, la direttiva 2001/29 contiene principalmente tre disposizioni materiali, che obbligano gli Stati membri a riconoscere tre tipi di diritti di cui beneficiano gli autori: il diritto di riproduzione (articolo 2), il diritto di comunicazione e di messa a disposizione (articolo 3) e il diritto di distribuzione (articolo 4). Tali diritti sono poi accompagnati da una ventina di eccezioni e di limitazioni (articolo 5) che, tralasciando la situazione relativa alla riproduzione transitoria e accessoria nell’ambito di una rete informatica (articolo 5, paragrafo 1), sono facoltative.

22.      La copia privata rientra proprio in tali eccezioni e limitazioni facoltative. La sua istituzione da parte degli Stati membri è subordinata alla previsione di un equo compenso a favore dei titolari dei diritti. La direttiva 2001/29 non si pronuncia sulla forma, sulle modalità di calcolo o di finanziamento di tale compenso (16). Incombe dunque allo Stato membro, qualora decida di introdurre nell’ordinamento nazionale un’eccezione per copia privata (o piuttosto, in pratica, di mantenerla), prevedere una compensazione per il pregiudizio che ne può derivare per i titolari dei diritti in parola. La direttiva 2001/29 non determina il soggetto obbligato al pagamento del compenso, ma si limita a designare i beneficiari. Invero, all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), essa si limita a porre la condizione che «i titolari dei diritti ricevano un equo compenso» (17).

23.      È vero che, nel considerando 35 della direttiva 2001/29, il legislatore ha indicato che nel determinare l’entità del compenso dovuto a titolo di determinate eccezioni si deve tenere conto del pregiudizio subito dai titolari dei diritti. Tuttavia, per quanto riguarda l’eccezione per copia privata, tale pregiudizio si presenta sotto forma di lucro cessante, in quanto la copia per uso privato limita potenzialmente il numero di copie dell’opera che vengono vendute (18). Per di più, si tratta di un pregiudizio che non viene constatato con certezza a livello di ciascun interessato, ma che è stimato globalmente, sulla base del potenziale mancato guadagno dei titolari di diritti nel loro insieme. Come ha giustamente sottolineato la Commissione nelle sue osservazioni, non esiste, né potrebbe esistere, un nesso diretto tra gli atti di riproduzione per copia privata e la compensazione del pregiudizio causato ai titolari di determinati diritti.

24.      Il compenso previsto dalla direttiva 2001/29 non costituisce neppure una remunerazione, poiché l’uso di un’opera nell’ambito dell’eccezione per copia privata è, in linea di principio, a titolo gratuito. A mio parere, il legislatore ha intenzionalmente evitato il termine remunerazione, che compariva nella direttiva 2006/115/CE (19), preferendo usare il termine compenso.

25.      È pur vero che il considerando 31 della direttiva 2001/29 esprime la necessità di garantire un giusto equilibrio tra i diritti e gli interessi delle varie categorie di titolari nonché tra quelli dei vari titolari e quelli degli utenti dei materiali protetti. Tale considerando spiega anzitutto le ragioni che hanno indotto il legislatore dell’Unione a raggiungere un determinato grado di armonizzazione delle eccezioni e delle limitazioni del diritto d’autore che possono essere previste dagli ordinamenti degli Stati membri. Successivamente, nella fase di trasposizione della direttiva 2001/29 negli ordinamenti giuridici interni, spetta ai legislatori nazionali garantire l’equilibrio tra i diversi interessi in gioco. Così, i legislatori hanno la facoltà di determinare l’importo del compenso, che varia in misura considerevole tra i vari Stati membri, nonché le modalità di finanziamento e di ripartizione dello stesso tra i diversi titolari di diritti. Per contro, non si potrebbe sostenere che il considerando 31 della direttiva 2001/29 costituisce una disposizione supplementare della direttiva, dotata di forza giuridica autonoma.

26.      Pertanto, la direttiva 2001/29 non contiene una norma giuridicamente vincolante in virtù della quale l’obiettivo del giusto equilibrio appena ricordato comporta un obbligo di porre il finanziamento dell’equo compenso dovuto a titolo di eccezione per copia privata a carico degli utenti che effettuano o possono effettuare siffatte copie. Del resto, non avrebbe senso, a mio avviso, ritenere che la direttiva, che non sancisce alcun obbligo di prevedere o meno l’eccezione per copia privata, debba disciplinare le modalità di finanziamento del compenso dovuto a titolo di tale eccezione. Infatti, se la direttiva 2001/29 affida al potere discrezionale degli Stati membri la decisione ‑ di carattere più generale e più ampia portata ‑, di introdurre l’eccezione per copia privata, deve a maggior ragione lasciare agli Stati membri la libertà di disciplinare la questione, più specifica e tecnica, delle modalità di finanziamento del compenso. L’unico requisito imposto dalla direttiva 2001/29 è che lo Stato in cui è ammessa l’eccezione per copia privata preveda un compenso per i titolari di diritti d’autore, e ciò in virtù del giusto equilibrio menzionato nel considerando 31 della direttiva medesima.

 Sulla giurisprudenza della Corte

27.      Secondo le ricorrenti e le parti intervenute a loro sostegno nella controversia principale, la cui opinione è condivisa, nel presente procedimento, dai governi greco e francese, la giurisprudenza della Corte in materia di equo compenso per copia privata indicherebbe che un sistema di compensazione finanziato attraverso il bilancio dello Stato è incompatibile con l’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29, giacché tale disposizione, letta alla luce del preambolo di detta direttiva e come interpretata dalla Corte, esigerebbe che sia l’utente che effettua o che può effettuare una copia, e unicamente quest’ultimo, a finanziare detto compenso.

28.      Dette parti fondano le loro argomentazioni principalmente sui passaggi della sentenza Padawan in cui la Corte, dopo aver constatato, sulla base dei considerando 35 e 38 della direttiva 2001/29, che l’obiettivo dell’equo compenso è quello di indennizzare i titolari dei diritti per l’eventuale pregiudizio subito a causa della riproduzione per copia privata, ha concluso, basandosi sul considerando 31 della direttiva stessa, che il principio del giusto equilibrio tra i diversi interessi in gioco esige che debba essere l’utente che può eventualmente effettuare copie private – quindi, in pratica, chiunque acquisti il dispositivo che può servire per effettuare le copie in questione – il soggetto cui incombe l’obbligo di finanziare il compenso (20). Tale ragionamento è stato poi confermato nella sentenza Stichting de Thuiskopie (21), e ricordato dalla Corte nella giurisprudenza successiva.

29.      Mi sembra tuttavia che una siffatta lettura della giurisprudenza non tenga conto né del contesto in cui dette sentenze della Corte sono state pronunciate, né dell’economia del ragionamento della Corte nel suo insieme. Orbene, se, al fine di risolvere una questione di diritto, ci si vuole fondare sulla precedente giurisprudenza della Corte, il punto non è estrapolare dalla suddetta giurisprudenza alcuni passi isolati che possano sostenere l’una o l’altra tesi (22), ma piuttosto individuare una linea giurisprudenziale chiara e coerente, tenuto conto anche della sua evoluzione, e determinare successivamente se tale linea possa fungere da fondamento per risolvere le nuove controversie.

30.      A tal riguardo, è opportuno ricordare che, come sottolineano giustamente la Ametic, i governi spagnolo, finlandese, norvegese e la Commissione, le sentenze pronunciate fino ad ora dalla Corte nelle cause riguardanti il compenso a titolo dell’eccezione per copia privata riguardavano il sistema di finanziamento di detto compenso mediante un prelievo applicato ai dispositivi che potevano servire ad effettuare copie siffatte e avevano lo scopo di risolvere i problemi legati al funzionamento di tale sistema.

31.      Così, nella sentenza Padawan, in cui la Corte ha sviluppato per la prima volta tale ragionamento, si trattava di stabilire se il prelievo di cui trattasi possa essere applicato a un dispositivo che, essendo destinato unicamente ad un uso professionale, non possa servire ai fini di copia privata (23). Per risolvere tale problema, il giudice del rinvio nella causa Padawan ha sollevato una serie di questioni che hanno condotto la Corte a compiere un esercizio di decostruzione della logica del sistema di finanziamento del compenso basato sull’applicazione del prelievo ai dispositivi elettronici. Difatti, nella sentenza Padawan la Corte non si è limitata a designare il potenziale utente come debitore del finanziamento del compenso, assimilato al prelievo, ma ha proseguito il proprio ragionamento ammettendo che, nella pratica, non sono direttamente gli utenti i soggetti cui incombe versare detta prelievo/compenso, ma i fabbricanti o i venditori dell’apparecchiatura elettronica in questione, che, successivamente, ripercuotono l’onere corrispondente sugli acquirenti‑utenti (24).

32.      Si tratta, a mio parere, di un aspetto fondamentale che permette di accertare se il principio «chi usa paga» si applichi in via generale ad ogni sistema di finanziamento dell’equo compenso, oppure soltanto al sistema di prelievo.

33.      A prima vista, l’accettazione, da parte della Corte, di un sistema secondo cui il canone è versato dai soggetti che mettono un’apparecchiatura a disposizione degli utenti, ossia dai fabbricanti, dagli importatori o dai commercianti, può apparire una concessione accordata per ragioni pratiche a detrimento della «purezza» giuridica del sistema. Tuttavia, tale impressione è, a mio avviso, erronea.

34.      Infatti, come ho accennato nei paragrafi 15 e 16 delle presenti conclusioni, nell’ambito del diritto d’autore, l’eccezione per copia privata è assai più antica di qualsiasi idea di compensazione a titolo dell’eccezione stessa e in tale ambito l’utilizzo dell’opera protetta è, in via generale, gratuito. Soltanto con l’avvento dei mezzi tecnici che permettono ai privati di riprodurre massicciamente le opere protette dal diritto d’autore con costi irrisori (si tratta principalmente della reprografia nonché della registrazione del suono, poi anche dell’immagine, su banda magnetica), che è comparso il problema del pregiudizio subito dai titolari dei diritti a causa della riproduzione massiccia per fini privati.

35.      Questo problema non poteva essere risolto riscuotendo il canone direttamente presso gli utenti, a motivo sia dell’impossibilità di controllare efficacemente l’utilizzo delle opere nella sfera privata sia della tutela accordata alla sfera privata in nome dei diritti fondamentali. D’altra parte, tale prelievo priverebbe di contenuto l’eccezione per copia privata. Difatti, qualora il titolare dei diritti d’autore potesse esigere un qualunque pagamento da parte dell’utente, non ci troveremmo più nell’ipotesi di un’eccezione al monopolio di detto titolare, ma in un caso di normale esercizio di tale monopolio.

36.      In tale occasione, molti Stati membri hanno introdotto un sistema basato su un diritto prelevato sui supporti e sugli apparecchi che permettevano di riprodurre le opere protette. Non si tratta semplicemente di una semplificazione, dettata da esigenze di praticità, di un sistema di riscossione del pagamento dovuto dagli utenti per poter beneficiare dell’eccezione per copia privata, ma di un sistema completo, concepito per porre rimedio alle conseguenze, dannose per gli interessi dei titolari dei diritti, dello sviluppo massiccio di tale forma di riproduzione.

37.      La Corte ha statuito che, in linea di principio, tale sistema risulta conforme all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29, purché l’onere economico del prelievo possa ripercuotersi sull’acquirente dell’apparecchio usato per la riproduzione. Tuttavia, se, per giungere a tale conclusione, la Corte ha citato il principio secondo cui è l’utente che può effettuare copie private, ossia una persona fisica che ha acquistato un dispositivo che gli permette di effettuare tali copie, il soggetto debitore del compenso, lo ha fatto unicamente allo scopo di indicare un fondamento teorico del sistema del prelievo sulle apparecchiature in questione.

38.      Siffatta interpretazione è suffragata dal tenore stesso della regola «chi usa paga», come è stata sviluppata e applicata dalla Corte. Secondo tale regola, l’utente deve «in linea di principio» essere considerato il debitore del compenso (25). La riserva «in linea di principio» dimostra chiaramente, secondo me, che si tratta di un principio teorico che «nella pratica» è sempre attuato nell’ambito di un sistema che prevede il prelievo sugli apparecchi elettronici.

39.      Tale fondamento teorico ha successivamente permesso alla Corte di fissare determinate regole per il funzionamento del sistema di prelievo. Così, nella sentenza Padawan, la Corte ha escluso la possibilità di riscuotere tali diritti sugli apparecchi che non possono servire per effettuare copie private. Nella sentenza Stichting de Thuiskopie, la Corte ha dedotto da tale fondamento la regola secondo cui il prelievo deve essere effettuato nello Stato membro di residenza dell’utente finale dell’apparecchiatura in questione. Nella sentenza Copydan Båndkopi, la Corte ha ammesso la possibilità di riscuotere il prelievo per le copie private effettuate da una persona fisica a partire o mediante un dispositivo appartenente a terzi (26).

40.      Per contro, dato che il principio secondo cui l’utente è debitore del compenso non può essere applicato alla lettera per le ragioni indicate nel precedente paragrafo 35, esso non può essere dotato di efficacia giuridica propria. Tale principio può operare unicamente nell’ambito di un sistema di finanziamento del compenso per copie private mediante un prelievo applicato agli apparecchi che possono servire per effettuare tali copie, in virtù dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29, come interpretato dalla Corte. D’altra parte, dalla giurisprudenza della Corte in materia si evince che tale principio è sempre considerato non come un principio giuridico autonomo ma come elemento di un ragionamento che porta alla conferma del sistema di prelievo. Qualsiasi interpretazione di tale giurisprudenza che intenda conferire a tale principio una portata più generale, escludendo altri sistemi di finanziamento del compenso, sarebbe contraria alla logica del ragionamento della Corte e andrebbe oltre l’ambito delle questioni pregiudiziali sottoposte a quest’ultima.

41.      Mi sembra quindi che, dalla giurisprudenza della Corte relativa all’eccezione per copia privata, non si possa legittimamente dedurre l’esistenza, nel diritto dell’Unione e più precisamente sulla base dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29, di un principio generale secondo il quale il compenso dovuto a titolo di tale eccezione debba essere necessariamente finanziato dagli utenti beneficiari, sicché, in pratica, l’unico possibile mezzo di finanziamento di tale compenso sarebbe il sistema del prelievo sull’apparecchio elettronico in questione. D’altra parte, sono del parere che la fissazione di tale prelievo quale unico sistema di finanziamento non sia più auspicabile, per ragioni pratiche legate allo sviluppo tecnologico attuale.

 Il funzionamento del sistema di prelievo e la sua messa in discussione nell’era digitale

42.      Quando è stato istituito, il sistema di prelievo si basava sulla premessa secondo cui gli utenti che avevano acquistato supporti per la registrazione ed apparecchi elettronici se ne servissero effettivamente per la riproduzione di opere per fini privati. Nell’epoca analogica tale premessa era vicina alla realtà (27). Così, il prelievo destinato a finanziare il compenso dovuto a titolo di eccezione per copia privata era di fatto quasi del tutto finanziato dai beneficiari dell’eccezione in parola.

43.      La comparsa della tecnologia digitale ha profondamente ribaltato tale scenario. In primo luogo, il digitale comporta la convergenza dei formati. Ormai, tutti i contenuti – testo, suono e immagini – si presentano con lo stesso formato digitale e possono quindi essere registrati con l’ausilio degli stessi apparecchi e sullo stesso supporto. Così, un computer e un CD-ROM possono servire per registrare sia documenti privati, foto di famiglia o una banca dati personale sia un libro in formato elettronico, una registrazione musicale o un’opera cinematografica. In secondo luogo, la miniaturizzazione e la diminuzione dei prezzi degli apparecchi elettronici, assieme allo sviluppo di Internet, hanno permesso di incrementare in misura molto considerevole la produzione di contenuti a carattere privato, non tutelati dal diritto d’autore, e la loro ampia diffusione.

44.      Così, in un’epoca in cui ogni dispositivo elettronico è in realtà un computer, dotato al contempo di funzioni per la creazione e per la registrazione di contenuti testuali e audiovisivi, nonché di molte altre funzioni, la premessa secondo cui l’acquirente di tale dispositivo effettuerà molto probabilmente copie di opere protette dal diritto d’autore è seriamente messa in questione. È certamente vero che il sistema di prelievo è giustificato dalla finzione giuridica in virtù della quale si suppone che l’acquirente di un dispositivo elettronico sfrutterà pienamente le funzioni associate a tale dispositivo, comprese quelle utilizzate per riprodurre un contenuto che potrebbe essere protetto dal diritto d’autore. La Corte stessa lo ha confermato (28). Tuttavia, chiunque si sia servito di un dispositivo elettronico moderno sa fino a che punto tale presunzione si basi non sulla realtà ma proprio su una fictio iuris.

45.      Infatti, quando acquista un dispositivo gravato dal prelievo per copie private, l’utente potrebbe decidere di effettuare siffatte copie in grande quantità come di non effettuarne alcuna e di utilizzare il dispositivo acquistato per produrre, registrare e diffondere contenuti che non sono tutelati dal diritto d’autore, oppure a fini completamente estranei a qualsiasi creazione intellettuale. È pertanto impossibile prevedere quale utilizzo effettivo farà di un dato dispositivo un utente concreto. Tutt’al più siamo in grado di valutare con quale probabilità una parte dei dispositivi di un certo tipo verrà destinata alla realizzazione di copie private e quindi di ripartire il prelievo all’interno di tale categoria di dispositivi in funzione di detta stima. Così, il sistema di compensazione fondato sul prelievo si avvicina piuttosto ad un sistema «mutualistico» in cui l’insieme degli acquirenti di tali dispositivi paga un canone relativamente esiguo che serve poi a finanziare il compenso da corrispondere per il danno causato da una parte soltanto di detti acquirenti (29). D’altronde, tale meccanismo di «mutualizzazione» opera anche nei confronti dei titolari dei diritti d’autore. Infatti, gli introiti provenienti dalla riscossione complessiva dei prelievi sono centralizzati a livello delle società di gestione collettiva, essendo poi ripartiti tra tutti gli aventi diritto secondo criteri definiti dagli interessati (o, in taluni Stati, dalla legge). Tale sistema è quindi assai distante da un regime che pone l’obbligo di indennizzo a carico dell’autore del danno, tipico del diritto civile.

46.      Il sistema di prelievo non garantisce nemmeno la perfetta coerenza del mercato interno. In primo luogo, in quanto l’eccezione per copia privata ha carattere facoltativo, accade che alcuni ordinamenti degli Stati membri non la prevedano e che altri non abbiano introdotto un sistema di compensazione (30). In secondo luogo, anche negli Stati membri in cui il prelievo è previsto, quest’ultimo non è riscosso in maniera uniforme. Per quanto riguarda il tasso, questo può variare da uno a cinquanta per dispositivi simili (31). Lo stesso si può dire della base imponibile, giacché il canone viene riscosso su categorie diverse di dispositivi nei vari Stati membri.

47.      Lo sviluppo delle tecnologie, sempre più rapido, pone il sistema di prelievo per copia privata dinanzi a nuove problematiche (32). Il canone riscosso sui dispositivi che possono servire per effettuare copie di opere protette e destinato a finanziare il compenso per il pregiudizio subito dai titolari dei diritti d’autore in conseguenza di dette copie è una soluzione specifica che corrisponde ad una determinata fase dell’evoluzione delle tecnologie (33). Oggigiorno, poiché le tecnologie hanno continuato ad evolversi, la legittimità e l’efficacia del sistema basato sui prelievi sono state messe in discussione in molti Stati membri, ed è stata avviata una riflessione finalizzata alla ricerca di soluzioni alternative (34). Non credo che sia auspicabile limitare, se non bloccare, tale riflessione, in nome del principio «chi usa paga» che, ad ogni modo, come ho dimostrato poc’anzi, allo stato attuale dell’evoluzione tecnologia, rientra in una mera finzione giuridica.

 Il finanziamento del compenso a carico del bilancio dello Stato

48.      Tra le varie soluzioni prevedibili, esiste la possibilità di finanziare il compenso a titolo dell’eccezione per copia privata direttamente attraverso il bilancio dello Stato. In base alle informazioni contenute nelle osservazioni della Commissione, tale metodo di finanziamento è stato adottato non soltanto in Spagna, ma anche in Estonia, in Finlandia e in Norvegia.

49.      Nell’esaminare la conformità di tale sistema con l’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29, come interpretato dalla Corte, non è corretto considerarlo una mutazione del sistema di prelievo, in cui quest’ultimo, che grava unicamente sulle persone che possono effettuare copie private, sarebbe semplicemente sostituito da un canone versato da tutti i contribuenti, comprese le persone giuridiche, che non beneficiano dell’eccezione per copia privata e da chi non ha mai acquistato un dispositivo interessato da tale prelievo.

50.      È vero che le entrate del bilancio provengono per la maggior parte dalle imposte dirette e indirette versate dall’insieme dei contribuenti. Tali imposte sono riscosse dallo Stato in forza di un diritto che costituisce da sempre una delle principali prerogative dei pubblici poteri. Successivamente lo Stato, in virtù dello stesso diritto derivante dalla sua sovranità, decide come distribuire i fondi così raccolti. È dunque esatto affermare che tutti i contribuenti partecipano al finanziamento di tutte le spese dello Stato. Tuttavia, non esiste un nesso diretto tra l’imposta pagata da un dato contribuente e l’una o l’altra spesa di bilancio, poiché la mediazione del bilancio statale ha proprio l’effetto di spezzare tale nesso. Vi è soltanto la riscossione delle imposte, da una parte, e le spese di bilancio dall’altra. Le diverse entrate del bilancio non sono assegnate a spese specifiche e, analogamente, un contribuente non può opporsi al fatto che il «suo» denaro sia destinato al finanziamento di una determinata spesa.

51.      Per quanto riguarda, più in particolare, il caso presente, non esiste quindi alcun legame tra, da una parte, le imposte versate dai contribuenti, inclusi quelli che, al pari delle persone giuridiche, non possono beneficiare dell’eccezione per copia privata, e dall’altra, il finanziamento del compenso dovuto a titolo di tale eccezione, attraverso il bilancio generale dello Stato. Il discorso sarebbe diverso qualora un’imposta o una tassa specifica venisse istituita ai fini di tale finanziamento, ma non è questo il caso del sistema spagnolo di cui si discute nel procedimento principale.

52.      Ritengo quindi che il finanziamento del compenso in questione attraverso il bilancio generale dello Stato non sia contrario ai principi elaborati dalla Corte nella sentenza Padawan (35), poiché non si tratta di un meccanismo che estende l’ambito di applicazione del prelievo a tutti i contribuenti, ma di un sistema basato su una logica diversa. Analogamente, non vedo in che modo tale sistema potrebbe risultare contrario al tenore letterale della direttiva 2001/29. Tale direttiva, infatti, non disciplina il metodo di finanziamento del compenso dovuto a titolo dell’eccezione per copia privata, purché tale compenso sia equo. Quest’ultimo punto verrà esaminato nell’ambito dell’analisi della seconda questione pregiudiziale.

 Risposta alla prima questione

53.      Alla luce di quanto precede, propongo di rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 deve essere interpretato nel senso che non osta a che l’equo compenso ivi menzionato sia finanziato dal bilancio generale dello Stato.

 Sulla seconda questione

54.      Con la seconda questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 debba essere interpretato nel senso che osta ad un sistema in virtù del quale l’importo del compenso ivi menzionato sia fissato entro i limiti di bilancio stabiliti ex ante per ogni esercizio, senza che, a tal fine, sia preso in considerazione l’importo stimato del danno subito dai titolari dei diritti. Il contesto giuridico e fattuale nel quale si inserisce la presente questione è il seguente.

55.      In primo luogo, per quanto riguarda il contesto giuridico, il regio decreto legislativo 20/2011 (36) e il regio decreto 1657/2012 (37) prevedono che il compenso dovuto a titolo dell’eccezione per copia privata sia calcolato prendendo come base la valutazione del danno provocato ai titolari di diritti d’autore. Tuttavia, lo stesso regio decreto 1657/2012 (38) stabilisce che l’importo di detto compenso sia determinato con decreto ministeriale «entro i limiti di bilancio fissati per ogni esercizio». Occorre ricordare che è proprio il regio decreto 1657/2012 l’oggetto del ricorso di annullamento discusso nel procedimento principale. Pertanto, non condivido il dubbio che sembra nutrire la Commissione circa la rilevanza della seconda questione pregiudiziale ai fini della soluzione della controversia principale. Difatti, se il giudice del rinvio deve valutare la validità del regio decreto 1657/2012, tale valutazione deve essere effettuata sia rispetto al diritto interno, questione che non ci interessa, sia rispetto al diritto dell’Unione.

56.      In secondo luogo, per quanto riguarda il contesto fattuale, le ricorrenti nel procedimento principale sostengono che, negli anni successivi all’introduzione del compenso a carico del bilancio dello Stato, gli importi destinati a detto compenso ammontavano a poco più di EUR 8,6 milioni per l’esercizio 2013 e a EUR 5 milioni per l’esercizio 2014, mentre il danno stimato subito dai titolari di diritti d’autore, era, rispettivamente, di EUR 18,7 milioni e EUR 15,2 milioni.

57.      Si deve quindi analizzare se, in virtù della direttiva 2001/29, lo Stato membro che decide di introdurre l’eccezione per copia privata e di finanziare il relativo compenso a carico del bilancio dello Stato abbia il diritto di limitare l’importo di detto compenso, con il risultato che quest’ultimo non copre la totalità né la maggior parte del danno stimato, subito dai titolari di diritti d’autore a causa di detta eccezione.

58.      Per rispondere a tale questione non esiterei a citare la giurisprudenza della Corte sull’eccezione per copia privata (39). Certamente, ritengo che, come ho spiegato nell’ambito dell’analisi della prima questione pregiudiziale, in quanto tale giurisprudenza riguarda la modalità di finanziamento del compenso per copia privata, essa rilevi unicamente in presenza di un sistema di prelievo. Per contro, i principi relativi ai risultati, cioè all’effetto del compenso voluto dal legislatore, sono indipendenti dalla modalità di finanziamento del compenso stesso, e possono quindi essere trasposti ad un compenso finanziato con altri mezzi.

59.      Da tale giurisprudenza deriva, in primo luogo, che la nozione di equo compenso ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 costituisce una nozione autonoma del diritto dell’Unione (40). I due termini che compongono detta nozione devono quindi ricevere un’interpretazione uniforme in tutti gli Stati membri. In particolare, con riferimento al termine «equo», uno Stato membro non ha il diritto di considerare equo un compenso che non soddisfa determinati criteri, specificamente stabiliti dalla giurisprudenza della Corte sull’interpretazione della citata disposizione della direttiva 2001/29.

60.      In secondo luogo, è stato affermato che l’eccezione per copia privata deve implicare un sistema per indennizzare i titolari di diritti del pregiudizio subito a causa di tale eccezione (41). Pertanto l’equo compenso deve essere considerato quale contropartita del pregiudizio subito dall’autore e calcolato in funzione di tale pregiudizio (42).

61.      Infine, e in terzo luogo, l’obbligo di risarcire il danno provocato dall’eccezione per copia privata è un obbligo di risultato incombente allo Stato membro che ha introdotto detta eccezione (43).

62.      Di conseguenza, lo Stato membro interessato non adempie il proprio obbligo in forza dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 se non prevede un sistema che garantisca un effettivo compenso del danno subito dai titolari di diritti a seguito della realizzazione di copie private, stimato secondo le disposizioni in materia vigenti in tale Stato membro. Detto compenso deve quindi essere necessariamente calcolato sulla base del pregiudizio stimato e non può essere fissato ex ante ad un livello inferiore.

63.      In un sistema basato su un prelievo applicato ai dispositivi che consentono di realizzare copie private, si può ritenere che il pregiudizio subito dai titolari di diritti d’autore sia, almeno in parte, una funzione del numero dei dispositivi venduti. Le variazioni dell’importo riscosso a titolo di prelievo per copia privata non mettono dunque in discussione l’equità del compenso, ai sensi della direttiva 2001/29, giacché riflettono le variazioni dell’importo del pregiudizio.

64.      In un sistema in cui il compenso è finanziato direttamente attraverso il bilancio dello Stato, tale adattamento automatico non si produce. L’importo del compenso versato ai titolari dei diritti d’autore dovrebbe quindi, in linea di principio, corrispondere all’importo del danno stimato che questi ultimi hanno subito a causa dell’eccezione per copia privata.

65.      A tal riguardo, non trovo convincenti gli argomenti addotti dal governo spagnolo, secondo cui i limiti dei fondi destinati al finanziamento del compenso per copia privata al di sotto dell’importo stimato del pregiudizio subito dai titolari di diritti d’autore sono inerenti al sistema di pianificazione di bilancio.

66.      In primo luogo, in uno Stato moderno le spese di bilancio derivano per la maggior parte dagli obblighi legali, non essendo possibile prevedere con esattezza il loro importo al momento dell’adozione della legge finanziaria. Tuttavia, sarebbe illegale non procedere a tali pagamenti e il sistema di bilancio prevede tecniche che consentono di fare fronte a tali obblighi.

67.      In secondo luogo, se è vero che le spese di bilancio devono essere previste in anticipo, tali previsioni devono essere effettuate sulla base di dati precisi e attendibili. A tal fine, si può prendere come riferimento l’importo di una spesa analoga iscritta nell’esercizio di bilancio precedente (44).

68.      Per quanto riguarda poi l’argomento addotto dallo stesso governo in relazione al principio di una sana politica di bilancio, basta ricordare che questo stesso principio richiede che ogni nuova legislazione sia preceduta da uno studio d’impatto economico e di bilancio. Se tale studio fosse stato effettuato prima di modificare il sistema di finanziamento del compenso per copia privata, le autorità spagnole avrebbero conosciuto l’importo necessario per garantire la corresponsione di un equo compenso.

69.      È quindi perfettamente possibile, secondo me, garantire la corresponsione di un equo compenso, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29, come interpretato dalla Corte, nell’ambito di un sistema che pone il finanziamento di tale compenso a carico del bilancio generale dello Stato. Tuttavia, il compenso in questione non può venire limitato a priori e in maniera rigorosa ad un livello che non tiene sufficientemente conto dell’importo del pregiudizio subito dai titolari di diritti d’autore, come stimato in base alle pertinenti disposizioni di diritto interno dello Stato membro interessato.

70.      Occorre quindi rispondere alla seconda questione pregiudiziale dichiarando che l’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 deve essere interpretato nel senso che osta a che l’importo del compenso ivi menzionato sia fissato entro i limiti di bilancio stabiliti a priori per ciascun esercizio finanziario, senza che, a tal fine, sia preso in considerazione l’importo stimato del danno subito dai titolari di diritti d’autore.

 Conclusione

71.      Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dal Tribunal Supremo (Corte di cassazione) nel seguente modo:

1)         L’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione, deve essere interpretato nel senso che non osta a che l’equo compenso ivi menzionato sia finanziato dal bilancio generale dello Stato.

2)         L’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 deve essere interpretato nel senso che osta a che l’importo dell’equo compenso ivi menzionato sia fissato entro i limiti di bilancio stabiliti a priori per ciascun esercizio finanziario, senza che, a tal fine, sia preso in considerazione l’importo stimato del danno subito dai titolari di diritti d’autore.


1 –      Lingua originale: il francese.


2 –      Dichiarazione adottata a Parigi il 10 dicembre 1948 con la risoluzione 217 A (III) dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite.


3 –      La concordanza tra l’articolo 27 di detta dichiarazione e l’eccezione per copia privata è stata rilevata da Marcinkowska, J., «Dozwolony użytek w prawie autorskim. Podstawowe zagadnienia», Cracovia 2004. V., inoltre, con riguardo al rapporto tra il diritto alla cultura e il diritto d’autore, Matczuk, J., «Prawo do kultury v. prawo autorskie – nieuchronny konflikt czy nadzieja na koncyliację?», in Prace z prawa własności intelektualnej, 2015, n. 127, pagg. da 36 a 51.


4 –      GU L 167, pag. 10.


5 –      In merito alla sostituzione, in Spagna, del prelievo di cui trattasi con un compenso a carico del bilancio generale dello Stato, v., in particolare, Xalabarder, R., «The abolishment of copyright levies in Spain. A consequence of Padawan?», in Tijdschrift voor auteurs-, media- & informatierecht, n. 6/2012, pagg. da 259 a 262.


6 –      Artistas Intérpretes, Sociedad de Gestión (AISGE), Centro Español de Derechos Reprográficos (CEDRO) nonché Sociedad General de Autores y Editores (SGAE), Asociación de Gestión de Derechos Intelectuales (AGEDI) e Entidad de Gestión, Artistas, Intérpretes o Ejecutantes, Sociedad de Gestión de España (AIE).


7 –      Tanto le parti intervenute a sostegno delle ricorrenti quanto quelle che sostengono la convenuta.


8 –      Il Regno di Norvegia è vincolato dalla direttiva 2001/29 in quanto Stato membro dello Spazio economico europeo.


9 –      Prendendo soltanto l’esempio che mi è più vicino, ossia quello del diritto polacco, tale eccezione, attualmente denominata «uso privato autorizzato» («dozwolony użytek prywatny»), era già presente nella legislazione sul diritto d’autore applicabile in diverse parti dello Stato polacco dopo la ricostituzione dell’indipendenza nel 1918: la legge austriaca del 1895, le leggi tedesche del 1901 e del 1907, nonché la legge russa del 1911. Tale eccezione è stata poi ripresa dalle leggi polacche sul diritto d’autore, rispettivamente, del 1926 (articolo 18), del 1952 (articolo 22) e del 1994, attualmente in vigore (articolo 23). V. Sokołowska, D., «Dozwolony użytek prywatny utworów – głos w dyskusji na temat zmiany paradygmatu», Prace z prawa własności intelektualnej, 2013, n. 121, pagg. da 20 a 45.


10 –      È evidente che parliamo unicamente dell’utilizzo lecito di un’opera acquisita con mezzi leciti.


11 –      Sulla genesi e sugli aspetti teorici dell’eccezione per copia privata, v., per esempio, More, K., «Les dérogations au droit d’auteur. L’exception de copie privée», Presses Universitaires de Rennes 2009, pagg. 33 e segg.; Preussner-Zamorska, J., in: Barta, J. (a cura di), «System prawa prywatnego. Prawo autorskie», 2a edizione, Varsavia 2007, pagg. 381 e segg.; Stanisławska-Kloc, S., in: Flisak, D. (a cura di), «Prawo autorskie i prawa pokrewne. Komentarz Lex», Varsavia 2015, pagg. 343 e segg., e Vivant, M., Bruguière, J.-M., «Droit d’auteur et droits voisins», 2a ed., Dalloz 2013, pagg. 486 e segg.


12 –      Il compenso per copie private è generalmente inserito non già nelle disposizioni relative alle limitazioni o alle deroghe ai diritti di autore e agli altri titolari, ma nella disciplina relativa a tali diritti (v., per esempio, gli articoli 25‑31 della legge spagnola sulla proprietà intellettuale, gli articoli L.122-5 e L.311-1 del codice della proprietà intellettuale francese, o gli articoli 20 e 23 della legge polacca sul diritto d’autore e sui diritti connessi). Il beneficio di tale esenzione non è quindi condizionato né dal pagamento da parte dell’utente né dal versamento di un compenso al titolare dei diritti. V., in tal senso, Preussner-Zamorska, J., op.cit., pag. 414.


13 –      V., in particolare, Astier, H., «La copie privée. Deux ou trois choses que l’on sait d’elle», in Revue internationale du droit d’auteur, 1986, n. 128, pagg. Da 113 a 145; Machała, W., «Dozwolony użytek utworów w prawie europejskim i w ustawie o prawie autorskim», in Państwo i prawo, n. 12/2004, pagg. da 16 a 33; Marcinkowska, J., op.cit., pagg. 219 e segg., e Vivant, M., Bruguière, J.-M., op.cit., pag. 416.


14 –      Utilizzo il termine «eccezione» per motivi di comodità, ma la direttiva 2001/29 non chiarisce il dubbio menzionato nel paragrafo 15 delle presenti conclusioni, poiché parla senza distinzioni di «eccezioni e limitazioni».


15 –      La giurisprudenza pertinente della Corte comprende anzitutto due sentenze «fondamentali»: Padawan (C‑467/08, EU:C:2010:620) e Stichting de Thuiskopie (C‑462/09, EU:C:2011:397). Essa è stata poi completata con le sentenze VG Wort e a. (da C‑457/11 a C 460/11, EU:C:2013:426); Amazon.com International Sales e a. (C‑521/11, EU:C:2013:515); ACI Adam e a. (C‑435/12, EU:C:2014:254); Copydan Båndkopi (C‑463/12, EU:C:2015:144) e, da ultimo, Hewlett-Packard Belgium (C‑572/13, EU:C:2015:750).


16 –      Come confermato anche dalla Corte. V., in particolare, sentenza Padawan (C‑467/08, EU:C:2010:620, punto 37).


17 –      V. sentenza Stichting de Thuiskopie (C‑462/09, EU:C:2011:397, punto 23). In tal senso, v., inoltre, Karapapa, S., «Padawan v SGAE: a right to private copy?», in European Intellectual Property Review, 2011, vol. 33, n. 4, pagg. da 252 a 259.


18 –      V., in tal senso, Vivant, M., Bruguière, J.-M., op. cit., pag. 416.


19 –      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, concernente il diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto di autore in materia di proprietà intellettuale (GU L 376, pag. 28).


20 –      Sentenza Padawan (C‑467/08, EU:C:2010:620, punti da 38 a 45).


21 –      C‑462/09, EU:C:2011:397, punti da 23 a 29 e punto 1 del dispositivo.


22 –      Sarebbe infatti altrettanto possibile trovare argomenti a favore della tesi opposta a quella sostenuta dalle ricorrenti nel procedimento principale, come accade al punto 37 della sentenza Padawan, in cui si specifica che, sebbene la nozione di equo compenso debba essere interpretata in modo uniforme, la direttiva 2001/29 riconosce agli Stati membri la «facoltà (...) di determinare (...), la forma, le modalità di finanziamento e di prelievo nonché l’entità di tale equo compenso» o, ancora, al punto 23 della sentenza Stichting de Thuiskopie, secondo cui «è necessario rilevare che le disposizioni della direttiva 2001/29 non indicano espressamente chi sia obbligato al suo pagamento, per cui gli Stati membri dispongono di un ampio potere discrezionale per determinare chi sia tenuto a corrispondere tale equo compenso» (il corsivo è mio).


23 –      Per quanto riguarda la descrizione della controversia di cui al procedimento principale e i dubbi espressi dal giudice del rinvio, v. sentenza Padawan (C‑467/08, EU:C:2010:620, punto 17) e le relative conclusioni dell’avvocato generale Trstenjak (C‑467/08, EU:C:2010:264, paragrafo 21).


24 –      Sentenza Padawan (C‑467/08, EU:C:2010:620, punti da 46 a 49).


25 –      V., segnatamente, sentenze Padawan (C‑467/08, EU:C:2010:620, punto 45) e Stichting de Thuiskopie (C‑462/09, EU:C:2011:397, punto 1 del dispositivo).


26 –      Sentenza Copydan Båndkopi (C‑463/12, EU:C:2015:144, punto 8 del dispositivo).


27 –      A titolo di esempio, si ricorda che alcuni studi realizzati in Francia tra il 1982 e il 1983, prima dell’introduzione del prelievo per copie private, hanno dimostrato che il 90% dei nastri vergini audio e video veniva utilizzato per realizzare copie di opere protette dai diritti d’autore (v. Astier, H., op. cit., pag. 114).


28 –      Sentenza Padawan (C‑467/08, EU:C:2010:620, punto 55).


29 –      V., in tal senso, Marino, L., «La (discutable) logique de la redevance pour copie privée», SJEG, n.  50 (2010), pagg. da 2346 a 2349. Secondo Lucas, A., «Les dits et les non-dits de la copie privée», Propriétés intellectuelles, n. 43 (2012) pagg. da 232 a 239, il principio di mutualizzazione è stato messo in questione dalla Corte nella sentenza Padawan, quando ha escluso la riscossione del prelievo dai dispositivi destinati ad un uso professionale. Tuttavia, nemmeno l’utilizzo privato di tali dispositivi implica automaticamente che ogni utente effettui copie per fini privati. Quindi, sono dell’opinione che si possa sempre parlare di un sistema di mutualizzazione.


30 –      Si tratta, in particolare, secondo le informazioni in mio possesso, della Repubblica di Bulgaria, dell’Irlanda, della Repubblica di Cipro, del Granducato di Lussemburgo e della Repubblica di Malta. Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord ha introdotto un’eccezione per copia privata nel 2014 senza prevedere un compenso [The Copyright and Rights in Performances (Personal Copies for Private Use) Regulations 2014]. Si ritiene infatti che il danno causato ai titolari dei diritti sia minimo e quindi non faccia sorgere un obbligo di risarcimento ai sensi del considerando 35 della direttiva 2001/29. D’altronde, si tratterebbe della legittimazione di una prassi abituale dei consumatori che è stata già integrata dai titolari dei diritti nel prezzo delle opere messe a disposizione del pubblico (v. Cameron, A., «Copyright exceptions for the digital age: new rights of private copying, parody and quotation», Journal of Intellectual Property Law & Practice, 2014, vol. 9, n. 12, pagg. da 1002 a 1007).


31 –      V., tra gli altri, Latreille, A., «La copie privée dans la jurisprudence de la CJUE», Propriétés intellectuelles, n. 55 (2015), pagg. 156‑176, che fa l’esempio dell’importo del compenso per un DVD vergine nei diversi Stati membri.


32 –      Non è mia intenzione criticare il sistema di prelievo, poiché non è questo l’aspetto che ci preoccupa nella presente causa. Non entro quindi nei dettagli di tale argomento. Taluni problemi sono stati segnalati dalla Commissione nelle sue osservazioni. Esiste un’abbondante letteratura sulle svariate questioni sollevate dal sistema di prelievo nell’era digitale. A titolo di esempio, v. Latreille, A., op.cit.; Majdan, J., e Wikariak, S., (a cura di) «Czy można sprawiedliwie obliczyć opłatę za kopiowanie utworów?», Gazeta prawna del 16 settembre 2015; Sikorski, R., «Jeśli nie opłata reprograficzna to co?», Gazeta prawna del 30 settembre 2015; Still, V., «Is the copyright levy system becoming obsolete? The Finnish experience», Tijdschrift voor auteurs-, media- & informatierecht, 2012/6, pagg. da 250 a 258; Troianiello, A., «La rémunération de la copie privée à l’épreuve de la révolution numérique», Revue Lamy Droit de l’immatériel, n. 73 (2011), pagg. da 9 a14, e, dello stesso autore, «“Fluctuat nec mergitur?” Réflexions sur les vicissitudes du dispositif de rémunération de la copie privée», Petites affiches, n. 228 (2011), pag. 5. V., inoltre, la relazione di F. Castex per la commissione giuridica del Parlamento europeo, del 17 febbraio 2014, sui prelievi per copie private [2013/2114(INI)].


33 –      V. supra, paragrafi 16 e 41 delle presenti conclusioni.


34 –      Le riflessioni in materia con riguardo alla Finlandia sono riportate da Still, V., op.cit.


35 –      C‑467/08, EU:C:2010:620.


36 –      Decima disposizione supplementare, punto 3.


37 –      Articolo 3, secondo comma. V. paragrafo 8 delle presenti conclusioni.


38 –      Articolo 3, primo comma. V. paragrafo 8 delle presenti conclusioni.


39 – V. giurisprudenza citata, in particolare, alla nota a piè di pagina 15 delle presenti conclusioni.


40 –      Sentenza Padawan (C‑467/08, EU:C:2010:620, punto 37).


41 –      Ibidem (punto 39).


42 –      Ibidem (punti 40 e 42).


43 –      Sentenza Stichting de Thuiskopie (C‑462/09, EU:C:2011:397, punti 34 e 39).


44 –      Per prendere l’esempio più semplice, se la somma destinata al finanziamento del compenso per copia privata a carico del bilancio dello Stato spagnolo per il 2014 fosse stata calcolata sulla base del danno stimato nel 2013 (lo ricordiamo, pari a EUR 18,7 milioni), tale somma avrebbe non soltanto consentito di coprire il danno stimato nel 2014 (EUR 15,2 milioni), ma avrebbe anche generato un’eccedenza.