Language of document : ECLI:EU:C:2018:159

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

6 marzo 2018 (*)

«Impugnazione – Aiuti di Stato – Nozione di “aiuto” – Nozione di “vantaggio economico” – Principio dell’operatore privato in economia di mercato – Condizioni di applicabilità e di applicazione – Crisi finanziaria – Interventi successivi di salvataggio di una banca – Considerazione o meno, in sede di valutazione del secondo intervento, dei rischi derivanti dagli impegni assunti dallo Stato membro al momento del primo intervento»

Nella causa C‑579/16 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 16 novembre 2016,

Commissione europea, rappresentata da A. Bouchagiar, L. Flynn e K. Blanck‑Putz, in qualità di agenti,

ricorrente,

procedimento in cui le altre parti sono:

FIH Holding A/S, con sede in Copenaghen (Danimarca),

FIH Erhvervsbank A/S, con sede in Copenaghen,

rappresentate da O. Koktvedgaard, advokat,

ricorrenti in primo grado,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, A. Tizzano, vicepresidente, L. Bay Larsen, T. von Danwitz, J. L. da Cruz Vilaça, C. G. Fernlund e C. Vajda, presidenti di sezione, J.-C. Bonichot, A. Arabadjiev (relatore), C. Toader, M. Safjan, D. Šváby, E. Jarašiūnas, S. Rodin e F. Biltgen, giudici,

avvocato generale: M. Szpunar

cancelliere: L. Hewlett, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 19 settembre 2017,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 28 novembre 2017,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con la sua impugnazione, la Commissione europea chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 15 settembre 2016, FIH Holding e FIH Erhvervsbank/Commissione (T‑386/14, EU:T:2016:474; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con cui è stata annullata la decisione 2014/884/UE della Commissione, dell’11 marzo 2014, relativa all’aiuto di Stato SA.34445 (12/C) al quale la Danimarca ha dato esecuzione per il trasferimento di attività patrimoniali da FIH a FSC (GU 2014, L 357, pag. 89; in prosieguo: la «decisione controversa»).

 Fatti

2        La FIH Erhvervsbank A/S (in prosieguo: la «FIH») è una società di capitali costituita ai sensi della legislazione danese in materia bancaria e sottoposta al controllo delle autorità bancarie danesi. La FIH e le sue controllate sono interamente detenute dalla FIH Holding A/S.

3        Interessata dalla crisi finanziaria mondiale scoppiata nel 2007, la FIH ha beneficiato, nel corso del 2009, di due tipi di misure. Da un lato, nel mese di giugno 2009, la stessa ha ricevuto un apporto di capitale ibrido di classe 1 pari a 1,9 miliardi di corone danesi (DKK) (circa EUR 255 milioni), ai sensi della lov om statstligt indskud i kreditinstitutter (legge sugli aumenti di capitale finanziati dallo Stato), del 3 febbraio 2009, e del regolamento adottato in forza di tale legge. Dall’altro lato, nel mese di luglio 2009, il Regno di Danimarca ha fornito alla FIH una garanzia statale per un importo pari a DKK 50 miliardi (circa EUR 6,71 miliardi) in forza della lov om finansiel stabilitet (legge sulla stabilità finanziaria), del 10 ottobre 2008, come modificata dalla legge n. 68 del 3 febbraio 2009 (in prosieguo, congiuntamente: le «misure del 2009»). La FIH ha utilizzato la totalità di tale garanzia per emettere obbligazioni.

4        Le due suddette leggi erano state approvate dalla Commissione mediante la decisione C(2009) 776 definitivo, del 3 febbraio 2009, relativa al regime d’aiuto di Stato N31a/2009 – Danimarca, come regime di aiuti compatibile con il mercato interno.

5        Al 31 dicembre 2011 l’importo delle obbligazioni emesse dalla FIH e garantite dallo Stato danese ammontava a DKK 41,7 miliardi (circa EUR 5,59 miliardi), ossia il 49,94% del bilancio della FIH. Tali obbligazioni dovevano scadere nel 2012 e nel 2013.

6        Tra il 2009 e il 2011 l’agenzia di rating Moody’s ha declassato la FIH, che è passata da A2 a B1, con outlook negativo.

7        A causa, in particolare, di tale declassamento, nonché dell’avvicinarsi della data di scadenza delle obbligazioni emesse dalla FIH, garantite dallo Stato danese, nel 2011 è emerso chiaramente che negli anni 2012 e 2013 la FIH avrebbe avuto problemi di liquidità che rischiavano di comportare la perdita della sua licenza bancaria e, pertanto, la sua messa in liquidazione.

8        In tali circostanze, il 6 marzo 2012 il regno di Danimarca ha notificato alla Commissione una serie di misure (in prosieguo: le «misure di cui trattasi») che prevedevano anzitutto la costituzione di una nuova controllata della FIH Holding, la NewCo, nella quale gli attivi più problematici della FIH – sostanzialmente i prestiti immobiliari e i prodotti derivati di un valore nominale di circa DKK 17,1 miliardi (circa EUR 2,3 miliardi) – dovevano essere trasferiti al fine di sgravare il bilancio della FIH.

9        In seguito, la Financial Stability Company (in prosieguo: la «FSC»), un ente pubblico creato dalle autorità danesi nell’ambito della crisi finanziaria mondiale, doveva procedere all’acquisto delle azioni della NewCo per un importo di DKK 2 miliardi (circa EUR 268 milioni) ai fini della liquidazione di quest’ultima entro quattro anni. La FSC doveva finanziare e ricapitalizzare la NewCo durante la sua liquidazione, se ciò si fosse rivelato necessario.

10      Infine, come contropartita di tali misure, la FIH doveva rimborsare l’apporto di capitale di DKK 1,9 miliardi (circa EUR 255 milioni) effettuato nel 2009 dalle autorità danesi, operazione che doveva consentire alla FSC di riacquistare la NewCo senza investire fondi propri.

11      La FIH era parimenti tenuta a concedere un primo prestito alla NewCo, per un importo pari a DKK 1,65 miliardi (circa EUR 221 milioni), destinato ad assorbire le perdite prevedibili della NewCo e che sarebbe stato rimborsabile solo se la liquidazione dei prestiti immobiliari e dei prodotti derivati trasferiti alla NewCo avesse prodotto un risultato superiore a DKK 2 miliardi (circa EUR 268 milioni).

12      Inoltre, la FIH doveva accordare un secondo prestito alla NewCo, di circa DKK 13,45 miliardi (circa EUR 1,8 miliardi), la cui scadenza era prevista nel momento in cui le obbligazioni della FIH garantite nel 2009 dallo Stato danese sarebbero scadute, e gli importi del prestito recuperati dalla FIH erano destinati al rimborso delle obbligazioni garantite dallo Stato danese.

13      Quanto alla FIH Holding, era previsto che la stessa fornisse alla FSC una garanzia illimitata su qualsiasi perdita, in modo tale che, al momento dello scioglimento della NewCo, previsto inizialmente per il 2016, la FSC avrebbe potuto recuperare la totalità delle perdite eventualmente subìte in conseguenza dell’acquisto e della liquidazione della NewCo.

14      Con la sua decisione C(2012) 4427 final, del 29 giugno 2012, relativa all’aiuto di Stato SA.34445 (12/C) (ex 2012/N) – Danimarca, la Commissione ha avviato un procedimento di indagine formale avente a oggetto le misure di cui trattasi, per il motivo che esse, a suo avviso, costituivano un aiuto di Stato a favore della FIH e della FIH Holding (in prosieguo: il «gruppo FIH») nonché della NewCo. Tuttavia, per ragioni di stabilità finanziaria, la Commissione ha approvato le suddette misure per un periodo di sei mesi o, in caso di presentazione di un piano di ristrutturazione da parte del Regno di Danimarca durante tale periodo, fino all’adozione di una decisione finale su quest’ultimo.

15      Il 2 luglio 2012 la FIH ha rimborsato al Regno di Danimarca l’apporto di capitale ibrido di classe 1 proveniente da fondi pubblici effettuato nel 2009.

16      Il 4 gennaio 2013 il Regno di Danimarca ha presentato un piano di ristrutturazione della FIH. La versione finale dello stesso è stata presentata il 24 giugno 2013.

17      Durante il procedimento amministrativo, il Regno di Danimarca ha sostenuto, in particolare, che le misure di cui trattasi non costituivano aiuti di Stato, dal momento che le transazioni tra la FSC e il gruppo FIH erano conformi alle condizioni di mercato e che tale gruppo era tenuto a pagare tutti i costi di transazione e di liquidazione della NewCo. Esso ha inoltre affermato che tale piano riduceva notevolmente il rischio al quale esso era esposto a causa delle misure del 2009.

18      Il 3 ottobre 2013 il Regno di Danimarca ha trasmesso un insieme di proposte di impegni, la cui versione finale risale al 3 febbraio 2014, per rispondere alle preoccupazioni espresse dalla Commissione nell’ambito del procedimento d’indagine.

19      Il 12 marzo 2014 la Commissione ha notificato al Regno di Danimarca la decisione controversa. Mediante quest’ultima, la Commissione, da un lato, ha qualificato le misure di cui trattasi come aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE e, dall’altro lato, ha dichiarato dette misure compatibili con il mercato interno in forza del paragrafo 3, lettera b), della medesima disposizione, tenuto conto del piano di ristrutturazione e degli impegni presentati dal Regno di Danimarca.

20      Nella prima parte della sua valutazione, relativa all’esistenza di un aiuto, la Commissione ha esaminato se le misure di cui trattasi procurassero un vantaggio economico al gruppo FIH. A tal fine, la Commissione ha analizzato le suddette misure alla luce del principio dell’operatore privato in economia di mercato (in prosieguo: il «principio dell’operatore privato»), che consiste, nel caso di specie, secondo la decisione controversa, nel determinare in sostanza se un investitore privato in un’economia di mercato avrebbe partecipato a una determinata operazione alle stesse condizioni e negli stessi termini dell’investitore pubblico alla data alla quale è stata adottata la decisione di rendere disponibili risorse statali (in prosieguo: il «criterio dell’investitore privato»).

21      Al termine della sua valutazione, condotta ai punti da 84 a 98 della decisione controversa, la Commissione ha ritenuto che, principalmente a causa del livello insufficiente di remunerazione previsto come contropartita delle risorse finanziarie che dovevano essere fornite dallo Stato danese, le misure di cui trattasi non erano conformi al principio dell’operatore privato e avevano pertanto procurato al gruppo FIH un vantaggio. Secondo i suoi calcoli, l’importo dell’aiuto era pari a circa DKK 2,25 miliardi (circa EUR 300 milioni).

22      Da tali punti emerge che, sebbene la Commissione si sia riferita alle misure del 2009, in particolare ai punti 88 e 98 di tale decisione, essa ha nondimeno effettuato la valutazione della razionalità economica delle misure di cui trattasi senza tener conto del costo eventuale che lo Stato danese avrebbe dovuto sostenere, in assenza di queste ultime misure, in ragione dei rischi che gli sarebbero derivati dalle misure del 2009.

23      Per quanto riguarda la compatibilità dell’aiuto con il mercato interno, la Commissione ha esaminato le misure di cui trattasi alla luce della sua comunicazione sul trattamento delle attività che hanno subito una riduzione di valore nel settore bancario comunitario (GU 2009, C 72, pag. 1) nonché della sua comunicazione relativa all’applicazione, dal 1o gennaio 2012, delle norme in materia di aiuti di Stato alle misure di sostegno alle banche nel contesto della crisi finanziaria (GU 2011, C 356, pag. 7).

24      Tenuto conto del piano di ristrutturazione presentato e degli impegni assunti dal Regno di Danimarca, esposti ai punti da 56 a 62 della decisione controversa e ripresi nell’allegato della stessa, la Commissione ha concluso per la compatibilità dell’aiuto per cui è causa. Tali impegni prevedono, in particolare, pagamenti ulteriori da parte della FIH alla FSC nonché l’impegno della FIH ad abbandonare alcune attività, tra cui i finanziamenti immobiliari, la gestione di private equity e di patrimoni privati.

 Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

25      Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 24 maggio 2014 il gruppo FIH ha proposto un ricorso diretto all’annullamento della decisione controversa.

26      A sostegno del suo ricorso, il gruppo FIH ha dedotto tre motivi, vertenti, il primo, sulla violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, per l’erronea applicazione del principio dell’operatore privato, il secondo, sugli errori nel calcolo dell’importo dell’aiuto e, il terzo, sulla violazione da parte della Commissione dell’obbligo di motivazione.

27      Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha accolto il primo motivo di ricorso e ha ritenuto, conseguentemente, che non si dovesse esaminare il secondo motivo. Esso ha inoltre respinto il terzo motivo di ricorso. Pertanto, ha annullato integralmente la decisione controversa e ha condannato la Commissione alle spese.

 Conclusioni delle parti

28      La Commissione chiede che la Corte voglia:

–        annullare la sentenza impugnata, e

–        in via principale, statuire sul ricorso in primo grado respingendolo e condannando il gruppo FIH alle spese dei due gradi di giudizio o

–        in subordine, rinviare la causa dinanzi al Tribunale affinché si pronunci sul secondo motivo di ricorso e riservare le spese.

29      Il gruppo FIH chiede che la Corte voglia:

–        in via principale, respingere l’impugnazione e condannare la Commissione alle spese dei due gradi di giudizio o

–        in subordine, rinviare la causa dinanzi al Tribunale affinché si pronunci sul secondo motivo di ricorso e riservare le spese.

 Sull’impugnazione

30      A sostegno della sua impugnazione, la Commissione deduce un motivo unico vertente sull’errore di diritto che il Tribunale avrebbe commesso nella sua interpretazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, in sede di esame del primo motivo di ricorso.

 Argomenti delle parti

31      Con il suo motivo unico, la Commissione ritiene che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto nell’applicazione del principio dell’operatore privato, avendo dichiarato che essa era tenuta, al fine di valutare se le misure di cui trattasi costituissero un aiuto di Stato, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, a paragonare il comportamento dello Stato danese al momento dell’adozione delle suddette misure non al comportamento dell’investitore privato ma a quello del creditore privato in economia di mercato (in prosieguo: il «criterio del creditore privato»), tenendo conto dei rischi finanziari ai quali tale Stato membro era esposto a causa delle misure del 2009.

32      Secondo la Commissione, il principio dell’operatore privato trova origine nella neutralità dell’ordinamento giuridico dell’Unione per quanto riguarda il regime della proprietà. Ne discenderebbe che, conformemente alla giurisprudenza, le transazioni economiche effettuate da enti pubblici non conferiscono un vantaggio ai loro destinatari e, pertanto, non costituiscono aiuti di Stato se sono effettuate in condizioni normali di mercato. Al contrario, se l’ente pubblico non si è comportato come avrebbe fatto un operatore privato in una situazione comparabile, si ritiene che l’impresa beneficiaria abbia ricevuto un vantaggio economico.

33      La Commissione aggiunge che il principio dell’operatore privato si applica astraendo da tutte le considerazioni che riguardano esclusivamente il ruolo dello Stato in quanto autorità pubblica. Ne conseguirebbe che, nell’applicare tale principio, non si può tenere conto di obblighi derivanti dal ruolo dello Stato in quanto potere pubblico.

34      Pertanto, il principio dell’operatore privato non sarebbe semplicemente un «criterio di razionalità economica», come statuito dal Tribunale nella sentenza impugnata, ma sarebbe volto a stabilire se una determinata transazione sia economicamente razionale dal punto di vista di un operatore privato.

35      Orbene, nel caso di specie, la Commissione sostiene che i costi che avrebbero dovuto essere sostenuti dallo Stato danese nel 2012, derivanti dalle misure del 2009, non facevano che riflettere gli obblighi incombenti a tale Stato membro in quanto potere pubblico, poiché erano conseguenza diretta dell’aiuto di Stato che dette misure comportavano a favore della FIH. Il Tribunale avrebbe quindi commesso un errore di diritto quando ha considerato, ai punti da 62 a 69 della sentenza impugnata, che la Commissione non aveva tenuto conto, erroneamente, nell’applicare il principio dell’operatore privato nella decisione controversa, del costo che avrebbe dovuto essere sopportato dallo Stato danese se quest’ultimo non avesse adottato le misure di cui trattasi, derivante dai rischi ai quali le misure del 2009 lo esponevano.

36      Il gruppo FIH ritiene, in primo luogo, che l’analisi della Commissione sia estrema laddove implica che l’esposizione economica di uno Stato membro risultante dalla precedente concessione di un aiuto di Stato non potrebbe mai essere tenuta in considerazione nell’ambito dell’esame della questione se lo Stato membro abbia agito come avrebbe fatto un operatore privato.

37      La questione principale sollevata dalle misure di cui trattasi sarebbe piuttosto quella di stabilire se, mediante tali misure, lo Stato danese perseguisse finalità di interesse generale, e abbia quindi agito in qualità di potere pubblico, o un obiettivo economico, che avrebbe potuto perseguire un creditore privato razionale posto in una situazione comparabile.

38      Orbene, secondo il gruppo FIH, è chiaro che lo Stato danese ha agito per proteggere i suoi interessi economici e che un creditore privato in una situazione identica sarebbe stato esposto al rischio di subire perdite gravi se non avesse cercato di evitare una situazione di mancato pagamento. Infatti, poiché le misure di cui trattasi hanno ridotto notevolmente l’esposizione precedente dello Stato danese, nessun motivo giustificherebbe che le disposizioni relative agli aiuti di Stato impediscano una ristrutturazione razionale dell’esposizione dello Stato membro e, pertanto, una buona gestione dei fondi pubblici.

39      Come indicato dal Tribunale al punto 67 della sentenza impugnata, tale risultato sarebbe illogico alla luce dell’obiettivo delle norme sul controllo degli aiuti di Stato e comporterebbe una discriminazione a sfavore dei creditori pubblici, contraria al principio di neutralità sancito all’articolo 345 TFUE.

40      In secondo luogo, il gruppo FIH sostiene che dalla sentenza del 3 aprile 2014, Commissione/Paesi Bassi e ING Groep (C‑224/12 P, EU:C:2014:213) risulta che la modifica delle condizioni di rimborso di un aiuto di Stato deve essere valutata alla luce del comportamento che avrebbe adottato un creditore privato tenendo conto del rischio di assenza totale o parziale del rimborso. Secondo il gruppo FIH, la Commissione deve verificare se una simile modifica procuri o meno un vantaggio aggiuntivo al beneficiario dell’aiuto iniziale. Pertanto, non sarebbe possibile per la Commissione, solo perché la precedente misura dello Stato membro costituiva un aiuto di Stato, sottrarsi al suo obbligo di esaminare la razionalità economica delle misure di cui trattasi tenendo conto della riduzione dell’esposizione precedente dello Stato danese.

41      In terzo luogo, il gruppo FIH ritiene che la sentenza del 24 ottobre 2013, Land Burgenland e a./Commissione (C‑214/12 P, C‑215/12 P e C‑223/12 P, EU:C:2013:682), non sia rilevante, dal momento che la Corte stessa ha sottolineato, al punto 62 di tale sentenza, che le circostanze di fatto e di diritto della causa che ha dato origine alla suddetta sentenza si distinguono sostanzialmente da quelle che hanno dato luogo alla sentenza del Tribunale del 2 marzo 2012, Paesi Bassi/Commissione (T‑29/10 e T‑33/10, EU:T:2012:98), confermata dalla sentenza del 3 aprile 2014, Commissione/Paesi Bassi e ING Groep (C‑224/12 P, EU:C:2014:213).

42      Secondo il gruppo FIH, ciò vale anche per le sentenze del 14 settembre 1994, Spagna/Commissione (da C‑278/92 a C‑280/92, EU:C:1994:325), e del 28 gennaio 2003, Germania/Commissione (C‑334/99, EU:C:2003:55), dal momento che le circostanze presenti in tali cause erano, tanto in fatto quanto in diritto, molto diverse da quelle della presente causa.

 Giudizio della Corte

43      Occorre rammentare, in via preliminare, che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, la qualificazione di una misura come «aiuto di Stato», ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, richiede che tutte le seguenti condizioni siano soddisfatte. In primo luogo, deve trattarsi di un intervento dello Stato o effettuato mediante risorse statali. In secondo luogo, tale intervento deve essere idoneo a incidere sugli scambi tra gli Stati membri. In terzo luogo, esso deve concedere un vantaggio selettivo al suo beneficiario. In quarto luogo, deve falsare o minacciare di falsare la concorrenza (v., in particolare, sentenze del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a., C‑20/15 P e C‑21/15 P, EU:C:2016:981, punto 53 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 18 maggio 2017, Fondul Proprietatea, C‑150/16, EU:C:2017:388, punto 13).

44      Siccome il motivo unico di ricorso concerne esclusivamente la terza di tali condizioni, si deve rilevare che, secondo una giurisprudenza parimenti costante, vengono considerati aiuti di Stato gli interventi che, sotto qualsiasi forma, sono atti a favorire direttamente o indirettamente determinate imprese, o che devono essere considerati un vantaggio economico che l’impresa beneficiaria non avrebbe potuto ottenere in condizioni di mercato normali (sentenze del 2 settembre 2010, Commissione/Deutsche Post, C‑399/08 P, EU:C:2010:481, punto 40 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 27 giugno 2017, Congregación de Escuelas Pías Provincia Betania, C‑74/16, EU:C:2017:496, punto 65 e giurisprudenza ivi citata).

45      Pertanto, tenuto conto dell’obiettivo dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, di assicurare una concorrenza non falsata (v., in tal senso, sentenza dell’11 settembre 2008, Germania e a./Kronofrance, C‑75/05 P e C‑80/05 P, EU:C:2008:482, punto 66), anche tra le imprese pubbliche e private, la nozione di «aiuto», ai sensi di tale disposizione, non può riguardare una misura concessa in favore di un’impresa mediante risorse statali qualora la medesima avrebbe potuto ottenere lo stesso vantaggio in circostanze corrispondenti alle condizioni normali del mercato. La valutazione delle condizioni nelle quali un simile vantaggio è stato concesso dev’essere effettuata, quindi, in linea di principio, applicando il principio dell’operatore privato (v., in tal senso, sentenze del 5 giugno 2012, Commissione/EDF, C‑124/10 P, EU:C:2012:318, punto 78, e del 20 settembre 2017, Commissione/Frucona Košice, C‑300/16 P, EU:C:2017:706, punti 21 e 22).

46      Inoltre, il principio dell’operatore privato figura tra gli elementi che la Commissione è tenuta a prendere in considerazione al fine di accertare l’esistenza di un aiuto, e non costituisce quindi un’eccezione applicabile unicamente su richiesta di uno Stato membro, qualora sia stato constatato che ricorrono gli elementi costitutivi della nozione di «aiuto di Stato», di cui all’articolo 107, paragrafo 1, TFUE (sentenze del 5 giugno 2012 Commissione/EDF, C‑124/10 P, EU:C:2012:318, punto 103; del 3 aprile 2014, Commissione/Paesi Bassi e ING Groep, C‑224/12 P, EU:C:2014:213, punto 32, e del 20 settembre 2017, Commissione/Frucona Košice, C‑300/16 P, EU:C:2017:706, punto 23).

47      Di conseguenza, qualora il principio dell’operatore privato risulti applicabile, spetta alla Commissione chiedere allo Stato membro interessato di fornirle tutte le informazioni pertinenti che le consentano di verificare se le condizioni di applicazione del principio medesimo siano soddisfatte (v., in tal senso, sentenze del 5 giugno 2012, Commissione/EDF, C‑124/10 P, EU:C:2012:318, punto 104; del 3 aprile 2014, Commissione/Paesi Bassi e ING Groep, C‑224/12 P, EU:C:2014:213, punto 33, e del 20 settembre 2017, Commissione/Frucona Košice, C‑300/16 P, EU:C:2017:706, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).

48      A tale riguardo, la Corte ha precisato che, qualora uno Stato membro conceda, nella sua qualità di azionista e non nella sua qualità di potere pubblico, un vantaggio economico a un’impresa, l’applicabilità del principio dell’operatore privato non dipende dalla forma nella quale tale vantaggio è stato messo a disposizione di tale impresa né dalla natura degli strumenti impiegati, che possono rientrare nei poteri pubblici dello Stato (v., in tal senso, sentenza del 5 giugno 2012, Commissione/EDF, C‑124/10 P, EU:C:2012:318, punti 81 e da 91 a 93).

49      Inoltre, la Corte ha dichiarato che l’applicabilità del principio dell’operatore privato a una modifica delle condizioni di riacquisto dei titoli di un’impresa non è compromessa dal fatto che l’acquisizione dei titoli che conferiscono allo Stato lo status di investitore in tale impresa sia stata finanziata mediante un aiuto di Stato in favore di quest’ultima (v., in tal senso, sentenza del 3 aprile 2014, Commissione/Paesi Bassi e ING Groep, C‑224/12 P, EU:C:2014:213, punto 34).

50      Nel caso di specie, nella decisione controversa la Commissione ha applicato il principio dell’operatore privato nell’esaminare le misure di cui trattasi. Inoltre, nessuna delle parti rimette in discussione l’applicabilità di tale principio al fine di valutare se le suddette misure abbiano conferito al gruppo FIH un vantaggio, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

51      La presente impugnazione riguarda, al contrario, la questione se la Commissione dovesse o meno prendere in considerazione, facendo ricorso al criterio del creditore privato piuttosto che a quello dell’investitore privato, i rischi ai quali lo Stato danese era esposto a causa delle misure del 2009.

52      A tale riguardo, da un lato, occorre rilevare che, qualora si debba applicare il principio dell’operatore privato, il criterio che deve concretamente essere impiegato in un caso specifico deve essere determinato in funzione, segnatamente, della natura dell’operazione prevista dallo Stato membro interessato. Fra i criteri che possono essere applicati rientrano quelli dell’investitore privato e del creditore privato.

53      È pacifico che le misure di cui trattasi implicavano investimenti nella NewCo da parte della FSC e che il Regno di Danimarca ha sostenuto, durante il procedimento amministrativo, che tali investimenti erano conformi alle condizioni di mercato. Tale Stato membro ha parimenti affermato che le misure di cui trattasi riducevano il rischio al quale era esposto a causa delle misure del 2009 e rientravano, pertanto, nella gestione dei crediti di cui era titolare nei confronti della FIH.

54      In tale contesto, occorre constatare che sia il criterio dell’investitore privato, utilizzato dalla Commissione, sia quello del creditore privato, il cui impiego è rivendicato dal gruppo FIH e che il Tribunale ha considerato pertinente per valutare le misure di cui trattasi nella sentenza impugnata, potevano essere tenuti in considerazione.

55      Dall’altro lato, per giurisprudenza costante, ai fini della valutazione della questione se la stessa misura sarebbe stata adottata, in condizioni normali di mercato, da un operatore privato posto in una situazione la più analoga possibile a quella dello Stato, devono essere presi in considerazione unicamente i benefici e gli obblighi connessi alla posizione di quest’ultimo nella sua qualità di operatore privato, ad esclusione di quelli connessi alla sua qualità di potere pubblico (v., in tal senso, sentenze del 5 giugno 2012, Commissione/EDF, C‑124/10 P, EU:C:2012:318, punto 79 e giurisprudenza ivi citata, e del 24 ottobre 2013, Land Burgenland e a./Commissione, C‑214/12 P, C‑215/12 P e C‑223/12 P, EU:C:2013:682, punto 52).

56      Pertanto, al momento della valutazione della razionalità economica di una misura statale, richiesta dal principio dell’operatore privato, la Corte ha ritenuto di dover escludere gli oneri derivanti, per lo Stato, dal licenziamento dei lavoratori, dal pagamento dei sussidi di disoccupazione e dagli aiuti alla ricostruzione del tessuto industriale (v., in tal senso, sentenza del 14 settembre 1994, Spagna/Commissione, da C‑278/92 a C‑280/92, EU:C:1994:325, punto 22) e anche dalle garanzie concesse e dai crediti detenuti dallo Stato, poiché essi stessi costituiscono aiuti di Stato (v., in tal senso, sentenze del 28 gennaio 2003, Germania/Commissione, C‑334/99, EU:C:2003:55, punti 138 e 140, nonché del 24 ottobre 2013, Land Burgenland e a./Commissione, C‑214/12 P, C‑215/12 P e C‑223/12 P, EU:C:2013:682, punti 55, 56 e 61).

57      In particolare, per quanto riguarda tale ultima ipotesi, la Corte ha precisato che, dal momento che, con la concessione di un aiuto, uno Stato membro persegue, per definizione, obiettivi diversi dalla redditività dei mezzi messi a disposizione delle imprese, si deve ritenere che tali mezzi siano, in linea di principio, concessi dallo Stato nell’esercizio delle sue prerogative di potere pubblico (v., in tal senso, sentenza del 24 ottobre 2013, Land Burgenland e a./Commissione, C‑214/12 P, C‑215/12 P e C‑223/12 P, EU:C:2013:682, punto 56).

58      Ne consegue che i rischi ai quali è esposto lo Stato e che derivano da aiuti di Stato che ha precedentemente concesso sono connessi alla sua qualità di potere pubblico e, quindi, non rientrano tra gli elementi che, in condizioni normali di mercato, un operatore privato avrebbe preso in considerazione nei suoi calcoli economici (v., in tal senso, sentenza del 28 gennaio 2003, Germania/Commissione, C‑334/99, EU:C:2003:55, punti 138 e 140).

59      Una simile considerazione vale in particolare per gli obblighi che derivano per lo Stato da prestiti e garanzie concessi in precedenza a un’impresa e che costituiscono aiuti di Stato. Infatti, la loro presa in considerazione al momento della valutazione delle misure statali adottate a favore della medesima impresa potrebbe sottrarre queste ultime misure alla qualificazione come aiuti di Stato, anche qualora esse non soddisfino le condizioni normali di mercato, per il solo motivo che adottarle risulta per lo Stato più vantaggioso sul piano economico che non adottarle. Orbene, una simile conseguenza comprometterebbe l’obiettivo consistente nell’assicurare una concorrenza non falsata, esposto al punto 45 della presente sentenza.

60      Nel caso di specie, come accertato dal Tribunale ai punti 2 e 3 della sentenza impugnata, le due leggi adottate nel 2009, in forza delle quali lo Stato danese ha adottato le misure del 2009, sono state approvate dalla Commissione in quanto regime di aiuti di Stato compatibile con il mercato interno mediante la decisione C(2009) 776 definitivo. Dai punti 47, 53 e 55 della suddetta decisione risulta che, al pari dello stesso governo danese, la Commissione ha ritenuto che le misure previste da queste due leggi costituissero aiuti di Stato, dal momento che un investitore privato non avrebbe deciso di procedere, in misura comparabile e in condizioni simili, agli aumenti di capitale e alle concessioni delle garanzie interessate.

61      Del resto, non emerge da nessun elemento della sentenza impugnata o della decisione controversa che lo Stato danese, mediante le misure del 2009, avesse quantomeno parzialmente perseguito un obiettivo di redditività. Inoltre, non risulta che durante i procedimenti amministrativi o giurisdizionali della presente causa sia stato dedotto un simile obiettivo, a sostegno del quale siano stati presentati elementi oggettivi e verificabili. Stanti tali premesse, occorre constatare che nessun elemento del fascicolo è diretto a dimostrare che le misure del 2009 non erano, almeno in parte, aiuti di Stato.

62      Ne consegue che, nel caso di specie, giustamente la Commissione non ha preso in considerazione, al momento dell’applicazione del principio dell’operatore privato, i rischi connessi agli aiuti di Stato concessi alla FIH con le misure del 2009. Conseguentemente, il Tribunale ha commesso un errore di diritto quando ha considerato in sostanza, ai punti 69 e 71 della sentenza impugnata, che in tal modo la Commissione aveva effettuato un’applicazione erronea del principio dell’operatore privato nella decisione controversa.

63      Infatti, così facendo, il Tribunale ha erroneamente imposto alla Commissione di valutare la razionalità economica delle misure di cui trattasi non dal punto di vista di un operatore privato in una situazione comparabile ma di quello dello Stato nella sua qualità di potere pubblico che aveva precedentemente concesso alla FIH, mediante le misure del 2009, gli aiuti di Stato dei quali intendeva limitare le conseguenze finanziarie.

64      Tali constatazioni non sono confutate dall’argomento del gruppo FIH, vertente, in primo luogo, sui punti da 34 a 37 della sentenza del 3 aprile 2014, Commissione/Paesi Bassi e ING Groep (C‑224/12 P, EU:C:2014:213), in secondo luogo, sulle sentenze del 5 giugno 2012, Commissione/EDF (C‑124/10 P, EU:C:2012:318), nonché del 24 gennaio 2013, Frucona Košice/Commissione (C‑73/11 P, EU:C:2013:32), e, in terzo luogo, sulla corretta gestione dei fondi pubblici.

65      Infatti, in primo luogo, circa l’argomento riguardante le similitudini esistenti, secondo il gruppo FIH, tra le circostanze di fatto e di diritto della presente causa e quelle che hanno dato luogo alla sentenza del 3 aprile 2014, Commissione/Paesi Bassi e ING Groep (C‑224/12 P, EU:C:2014:213), si deve rilevare che il motivo di impugnazione al quale fanno riferimento i punti di quella sentenza citati dal gruppo FIH riguardava la questione dell’applicabilità del principio dell’operatore privato, che la Commissione aveva escluso, e non, come nella presente causa, quella della sua applicazione alle misure interessate. In particolare, la Corte ha considerato, in sostanza, ai punti 34 e 37 di tale sentenza, che l’applicabilità del predetto criterio a una misura statale non può, in via di principio, essere esclusa immediatamente a causa dei soli legami che possono esistere tra l’intervento controverso dello Stato e l’esercizio del potere pubblico sotto forma di una precedente concessione di un aiuto di Stato.

66      Certamente, dai punti 35 e 36 della sentenza del 3 aprile 2014, Commissione/Paesi Bassi e ING Groep (C‑224/12 P, EU:C:2014:213), emerge che in tale causa spettava alla Commissione esaminare la razionalità economica delle modifiche previste dallo Stato olandese alle condizioni di rimborso dell’apporto di capitale che era stato effettuato in precedenza mediante un aiuto di Stato, con riferimento al comportamento che avrebbe potuto adottare un investitore privato.

67      Tuttavia, come ha rilevato l’avvocato generale ai paragrafi 63 e da 65 a 68 delle sue conclusioni, non vi sono elementi che consentano di ritenere che la Corte avrebbe imposto a tale istituzione un esame che andasse oltre la verifica della razionalità economica intrinseca delle modifiche previste e che implicasse pertanto una presa in considerazione dei rischi derivanti per lo Stato olandese dall’aiuto di Stato che esso aveva precedentemente concesso all’impresa beneficiaria.

68      Allo stesso modo, la Corte ha certamente indicato, al punto 36 della sentenza del 3 aprile 2014, Commissione/Paesi Bassi e ING Groep (C‑224/12 P, EU:C:2014:213), che un investitore privato potrebbe accettare una modifica delle condizioni di rimborso dell’apporto di capitale anteriore al fine, segnatamente, di aumentare le prospettive di ottenimento del rimborso di tale apporto. Tale precisazione non implica tuttavia che possano essere presi in considerazione, al momento dell’analisi della razionalità economica intrinseca di una misura allo scopo di determinare se il comportamento dello Stato interessato avrebbe potuto essere adottato da un investitore privato, i rischi derivanti per tale Stato membro dalla concessione di un precedente aiuto di Stato.

69      A tale riguardo si deve rilevare che, nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 3 aprile 2014, Commissione/Paesi Bassi e ING Groep (C‑224/12 P, EU:C:2014:213) e contrariamente alla presente causa, il beneficiario dell’aiuto precedente non si trovava, alla data alla quale tali modifiche erano previste, in difficoltà finanziarie che compromettevano la continuità della sua attività e tali modifiche non implicavano il suo salvataggio mediante investimenti pubblici considerevoli.

70      Infatti, tali modifiche erano dirette, in particolare, a incentivare l’impresa beneficiaria dell’aiuto a procedere a un rimborso anticipato del capitale apportato e ad aumentare le possibilità per lo Stato olandese di essere remunerato in modo soddisfacente, circostanza che le condizioni iniziali non garantivano in ogni ipotesi.

71      In secondo luogo, il gruppo FIH trae dalle sentenze del 5 giugno 2012, Commissione/EDF (C‑124/10 P, EU:C:2012:318), e del 24 gennaio 2013, Frucona Košice/Commissione (C‑73/11 P, EU:C:2013:32), l’argomento secondo il quale, in sostanza, la natura fiscale di un credito dello Stato verso un’impresa, anche se è connesso all’esercizio delle prerogative di potere pubblico, non osta all’applicazione del principio dell’operatore privato in sede di valutazione, rispetto all’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, di una misura mediante la quale lo Stato concede alla medesima impresa una ristrutturazione di tale credito.

72      A tale riguardo si deve sottolineare che la giurisprudenza citata al punto precedente è rilevante per l’applicabilità del principio dell’operatore privato, ma non per l’applicazione di tale principio in un caso specifico (v., in tal senso, sentenze del 5 giugno 2012, Commissione/EDF, C‑124/10 P, EU:C:2012:318, punto 100, e del 24 ottobre 2013, Land Burgenland e a./Commissione, C‑214/12 P, C‑215/12 P e C‑223/12 P, EU:C:2013:682, punto 51).

73      Ne consegue che tale giurisprudenza non è assolutamente atta a rimettere in discussione la constatazione, operata ai punti da 57 a 59 della presente sentenza, secondo cui i rischi ai quali uno Stato membro è esposto a causa di un credito che trae origine dalla concessione di un aiuto di Stato a un’impresa, dato che essi sono indissociabili dalla sua qualità di potere pubblico, non possono essere presi in considerazione al momento dell’applicazione del principio dell’operatore privato a una misura successiva adottata da tale medesimo Stato membro in favore della suddetta impresa.

74      In terzo e ultimo luogo, quanto alla buona gestione dei fondi pubblici, non è condivisibile l’argomento del gruppo FIH secondo il quale, in sostanza, l’applicazione del principio dell’operatore privato nella decisione controversa ha per conseguenza che l’esposizione economica di uno Stato membro risultante dalla precedente concessione di un aiuto di Stato e il desiderio di tale Stato membro di proteggere i suoi interessi economici non potrebbero essere presi in considerazione nell’ambito dell’esame ai sensi dell’articolo 107 TFUE.

75      Infatti, se è vero che di tali considerazioni non si tiene conto al momento dell’esame, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, dell’esistenza di un aiuto di Stato, resta il fatto che, come rilevato dalla Commissione all’udienza dinanzi alla Corte e come osservato dall’avvocato generale ai paragrafi 81 e 83 delle sue conclusioni, di tali considerazioni la predetta istituzione può tenere conto in sede di valutazione, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, TFUE, della compatibilità di una misura di aiuto successiva con il mercato interno, e sono quindi idonee a indurre tale istituzione a constatare, come nel caso di specie, la compatibilità della suddetta misura.

76      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre accogliere il motivo unico d’impugnazione e, pertanto, annullare la sentenza impugnata.

 Sulla controversia in primo grado

77      Ai termini dell’articolo 61, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, quest’ultima, in caso di annullamento della decisione del Tribunale, può statuire definitivamente sulla controversia, qualora lo stato degli atti lo consenta.

78      Nel caso di specie, la Corte dispone degli elementi necessari per statuire definitivamente sul primo motivo di ricorso in primo grado, relativo alla violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, a causa dell’erronea applicazione del principio dell’operatore privato.

79      Infatti, come risulta dai punti da 51 a 63 della presente sentenza, l’argomento del gruppo FIH volto a far constatare che la Commissione avrebbe dovuto applicare, nel caso di specie, il criterio del creditore privato e non quello dell’investitore privato non può essere accolto.

80      Di conseguenza, si deve respingere il primo motivo di ricorso.

81      Invece, contrariamente a quanto asserisce, in via principale, la Commissione, lo stato degli atti non consente di statuire sulla controversia per quanto riguarda il secondo motivo di ricorso in primo grado.

82      Infatti, come risulta dal punto 85 della sentenza impugnata, il Tribunale ha ritenuto che, dal momento che il primo motivo di ricorso era stato accolto, non si dovesse esaminare il secondo motivo, vertente su errori di calcolo dell’importo dell’aiuto.

83      Di conseguenza, occorre rinviare la causa dinanzi al Tribunale affinché statuisca sul secondo motivo dinanzi ad esso dedotto e sul quale non si è pronunciato.

 Sulle spese

84      Poiché la causa è stata rinviata dinanzi al Tribunale, occorre riservare le spese.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

1)      La sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 15 settembre 2016, FIH Holding e FIH Erhvervsbank/Commissione (T386/14, EU:T:2016:474), è annullata.

2)      Il primo motivo di ricorso dinanzi al Tribunale dell’Unione europea è respinto.

3)      La causa è rinviata dinanzi al Tribunale dell’Unione europea affinché statuisca sul secondo motivo.

4)      Le spese sono riservate.

Firme


*      Lingua processuale: l’inglese.