Language of document : ECLI:EU:C:2017:347

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

HENRIK SAUGMANDSGAARD ØE

presentate il 4 maggio 2017 (1)

Causa C566/15

Konrad Erzberger

contro

TUI AG

[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Kammergericht Berlin (Tribunale regionale superiore di Berlino, Germania)]

«Rinvio pregiudiziale – Libera circolazione dei lavoratori – Parità di trattamento – Articoli 18 TFUE e 45 TFUE – Elezioni dei rappresentanti dei lavoratori in seno al consiglio di sorveglianza di una società – Normativa nazionale che limita il diritto di elettorato attivo e passivo ai soli lavoratori dipendenti occupati all’interno del territorio nazionale»






I.      Introduzione

1.        La presente causa verte su una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Kammergericht Berlin (Tribunale regionale superiore di Berlino, Germania), in ordine all’interpretazione dell’articolo 18 TFUE, relativo al divieto di discriminazione in base alla cittadinanza, e dell’articolo 45 TFUE, relativo alla libera circolazione dei lavoratori.

2.        Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia tra il sig. Konrad Erzberger, un azionista, e la TUI AG, una società tedesca, in ordine alla costituzione del consiglio di sorveglianza di tale società. L’azionista fa valere, in particolare, l’incompatibilità della legge tedesca in materia di cogestione dei lavoratori dipendenti della società con gli articoli 18 TFUE e 45 TFUE, in quanto essa prevede che solo i lavoratori dipendenti occupati negli stabilimenti di una società o nelle società del gruppo al quale tale società appartiene situati sul territorio tedesco dispongono di un diritto di elettorato attivo e passivo alle elezioni dei rappresentanti dei lavoratori in seno al consiglio di sorveglianza di tale società.

3.        La questione di principio su cui verte la presente controversia consiste nello stabilire se, nel contesto di un regime nazionale di partecipazione dei lavoratori, gli Stati membri possano essere tenuti, in forza degli articoli 18 TFUE e 45 TFUE, a concedere ai lavoratori dipendenti occupati presso società controllate situate in altri Stati membri lo stesso diritto di elettorato attivo e passivo di cui beneficiano i lavoratori nazionali.

4.        Nelle presenti conclusioni spiegherò i motivi per i quali ritengo che tale questione vada risolta in senso negativo e che gli articoli 18 TFUE e 45 TFUE non ostino ad una normativa nazionale quale quella controversa nella procedimento principale.

II.    Contesto normativo tedesco

A.      Legge sulla cogestione

5.        L’articolo 1 del Gesetz über die Mitbestimmung der Arbeitnehmer (MitbestG) (legge sulla cogestione da parte dei lavoratori), del 4 maggio 1976 (2) (in prosieguo: la «legge sulla cogestione»), dal titolo «Imprese interessate», dispone, al paragrafo 1:

«Nelle imprese

1.      costituite sotto forma di società per azioni, di società in accomandita per azioni, di società a responsabilità limitata o di cooperativa, e

2.      alle cui dipendenze si trovano, in generale, oltre 2 000 persone,

la presente legge riconosce ai lavoratori dipendenti un diritto alla cogestione».

6.        L’articolo 3 della legge sulla cogestione, dal titolo «I lavoratori e l’impresa», dispone, al paragrafo 1:

«Sono considerati come lavoratori dipendenti ai sensi della presente legge:

1.      le persone designate all’articolo 5, paragrafo 1 [del Betriebsverfassungsgesetz (BetrVG) (legge relativa all’organizzazione delle imprese)], ad eccezione dei quadri direttivi designati all’articolo 5, paragrafo 3, di detta legge;

2.      i quadri direttivi designati all’articolo 5, paragrafo 3, della legge relativa all’organizzazione delle imprese.

Le persone di cui all’articolo 5, paragrafo 2, della legge relativa all’organizzazione delle imprese non sono lavoratori dipendenti ai sensi della presente legge».

7.        L’articolo 5 della legge sulla cogestione, dal titolo «I gruppi di imprese», dispone, al paragrafo 1:

«Quando un’impresa (…) è la capogruppo [articolo 18, paragrafo 1, dell’Aktiengesetz (legge sulle società per azioni)], i dipendenti delle imprese del gruppo sono equiparati ai dipendenti della capogruppo ai fini dell’applicazione della presente legge (…)».

8.        L’articolo 7 della legge sulla cogestione, dal titolo «Composizione del consiglio di sorveglianza», dispone, al paragrafo 1, punto 3, al paragrafo 2, punto 3, e al paragrafo 4 (3):

«(1) Il consiglio di sorveglianza di un’impresa

(…)

3.      che consti abitualmente di oltre 20 000 dipendenti si compone di dieci membri in rappresentanza degli azionisti e di dieci membri in rappresentanza dei dipendenti.

(…)

(2)      Tra i membri del consiglio di sorveglianza che rappresentano i dipendenti devono figurare

(…)

3.      in un consiglio di sorveglianza che consti di dieci rappresentanti dei dipendenti, sette dipendenti dell’impresa e tre rappresentanti sindacali.

(…)

(4)      I dipendenti dell’impresa di cui al paragrafo 2 devono aver compiuto i 18 anni di età e far parte dell’impresa da un anno. All’anno di appartenenza all’impresa vanno aggiunti i periodi di appartenenza ad un’altra impresa i cui dipendenti prendano parte alle elezioni dei membri del consiglio di sorveglianza di detta impresa in forza della presente legge. Tali periodi devono essere immediatamente precedenti alla data a partire dalla quale i dipendenti acquisiscono il diritto di partecipare alle elezioni dei membri del consiglio di sorveglianza dell’impresa. Devono ricorrere gli altri requisiti di eleggibilità previsti all’articolo 8, paragrafo 1, della legge relativa all’organizzazione delle imprese».

9.        L’articolo 10 della legge sulla cogestione, dal titolo «Elezione dei delegati», prevede, ai paragrafi da 1 a 3:

«(1)      In ogni stabilimento dell’impresa i lavoratori scelgono delegati, con voto segreto e nel rispetto dei principi della rappresentanza proporzionale.

(2)      Il diritto di voto per la scelta dei delegati è riconosciuto ai lavoratori dipendenti dell’impresa che hanno compiuto 18 anni. Si applica, per analogia, l’articolo 7, seconda frase, della legge tedesca relativa all’organizzazione delle imprese.

(3)      Sono eleggibili come delegati i lavoratori indicati nel paragrafo 2, prima frase, che soddisfano le condizioni di eleggibilità indicate nell’articolo 8 della legge tedesca relativa all’organizzazione delle imprese.»

B.      Legge relativa all’organizzazione delle imprese

10.      L’articolo 7 della legge relativa all’organizzazione delle imprese, nella versione risultante dalla pubblicazione del 25 settembre 2001 (4), dal titolo «Diritto di voto», così dispone:

«Hanno diritto di voto tutti i lavoratori dipendenti dello stabilimento che hanno compiuto 18 anni. I lavoratori alle dipendenze di un altro datore di lavoro messi a disposizione a fini lavorativi hanno diritto di voto se impiegati nello stabilimento per un periodo superiore a tre mesi».

11.      L’articolo 8 della legge relativa all’organizzazione delle imprese, dal titolo «Eleggibilità», dispone quanto segue:

«(1)      Sono eleggibili tutti gli aventi diritto al voto che, da più di sei mesi, lavorano presso lo stabilimento o che lavorano in regime di telelavoro prevalentemente per lo stabilimento. Nei suddetti sei mesi di appartenenza allo stabilimento sono computati i periodi immediatamente precedenti in cui il lavoratore è stato alle dipendenze di un altro stabilimento della stessa impresa o dello stesso gruppo di imprese (articolo 18, paragrafo 1, della legge sulle società per azioni). Non è eleggibile chi, in ragione di una condanna penale, non può acquisire diritti a seguito di elezioni pubbliche.

(2)      Se lo stabilimento esiste da meno di sei mesi, in deroga a quanto previsto dalla disposizione di cui al paragrafo 1 sull’appartenenza semestrale allo stabilimento, sono eleggibili quei lavoratori che, all’atto dell’avvio delle elezioni del comitato di impresa, erano impiegati presso lo stabilimento e che soddisfano le altre condizioni di eleggibilità.»

III. Procedimento principale, questione pregiudiziale e procedimento dinanzi alla Corte

12.      Il sig. Erzberger, ricorrente nel procedimento principale, è azionista della convenuta, la TUI, società avente sede a Berlino (Germania) e ad Hannover (Germania). La TUI è a capo di un gruppo di società da essa controllate (in prosieguo: il «gruppo TUI»), che opera nel settore turistico. Il gruppo TUI svolge la sua attività sul piano mondiale e occupa circa 10 103 persone in Germania e circa 39 536 negli altri Stati membri dell’Unione europea. Né la TUI, né alcun’altra società del gruppo TUI dispone di filiali o di stabilimenti in Stati membri diversi da quello in cui esse hanno sede.

13.      Conformemente alla legge sulla cogestione, il consiglio di sorveglianza della TUI (5) consta di 20 membri, di cui dieci in rappresentanza degli azionisti e dieci in rappresentanza dei dipendenti (6).

14.      L’articolo 98 della legge sulle società per azioni prevede, in caso di controversia sulle disposizioni di legge applicabili alla costituzione del consiglio di sorveglianza, la facoltà di adire il giudice. Il sig. Erzbrger si è avvalso di tale facoltà.

15.      Il sig. Erzberger fa valere, in particolare, che il consiglio di sorveglianza della TUI è stato costituito in maniera irrituale. Detto consiglio dovrebbe essere costituito solo da membri designati dagli azionisti della società. La normativa tedesca in materia di cogestione da parte dei lavoratori non avrebbe dovuto essere applicata alla sua costituzione, in quanto essa viola gli articoli 18 TFUE e 45 TFUE. Per contro, la TUI ritiene, essenzialmente, che tale normativa sia conforme al diritto dell’Unione.

16.      Con ordinanza 12 maggio 2015, il Landgericht Berlin (Tribunale regionale di Berlino, Germania), a cui la controversia era stata sottoposta in primo grado, ha dichiarato che la normativa tedesca in materia di cogestione non violava il diritto dell’Unione.

17.      Il sig. Erzberger interponeva appello contro tale decisione dinanzi al giudice del rinvio che esprime dubbi quanto alla conformità della normativa tedesca in materia di cogestione con il diritto dell’Unione.

18.      A questo proposito, il giudice del rinvio rileva che, in base all’opinione prevalente in dottrina e alla giurisprudenza tedesca (7), per «dipendenti» ai fini dell’applicazione della legge sulla cogestione si intendono solo i dipendenti delle imprese situate sul territorio nazionale. Anche se ciò non discende dalla formulazione letterale delle disposizioni di tale legge, si dovrebbe giungere a tale conclusione seguendo un’impostazione basata congiuntamente sul principio di territorialità, secondo il quale l’ordinamento sociale tedesco non può estendersi al territorio di altri Stati, e sulla genesi di detta legge (8).

19.      Il giudice del rinvio rileva altresì che, in forza della giurisprudenza del Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro, Germania) (9), la legge relativa all’organizzazione delle imprese, il cui articolo 5, paragrafo 1, prevede una definizione della nozione di «lavoratore dipendente» a cui rinvia l’articolo 3 della legge sulla cogestione (10), non si applica agli stabilimenti di imprese tedesche situati all’estero.

20.      Secondo il giudice del rinvio, discende da tali elementi che solo i lavoratori dipendenti occupati in Germania possono eleggere i membri del consiglio di sorveglianza che rappresentano i dipendenti, essere eletti come delegati e divenire membri del consiglio di sorveglianza. Inoltre, un dipendente deve abbandonare le funzioni da lui esercitate in seno al consiglio di sorveglianza quando prende servizio in un altro Stato membro, anche se resta alle dipendenze della società tedesca o di un’impresa dello stesso gruppo.

21.      Il giudice del rinvio ritiene possibile che la normativa tedesca in materia di cogestione produca una discriminazione in base alla cittadinanza, ai sensi dell’articolo 18 TFUE, in quanto, contrariamente ai dipendenti occupati in Germania, quelli occupati in un altro Stato membro e che presumibilmente non sono, di norma, tedeschi, non possono eleggere l’organo di vigilanza della convenuta o esservi eletti e, di conseguenza, non sono sufficientemente rappresentati nel suo organo di vigilanza. Il giudice del rinvio ritiene che non sia ravvisabile alcuna giustificazione sufficiente al riguardo.

22.      In ogni caso, il giudice del rinvio considera plausibile che la normativa tedesca in materia di cogestione violi la libera circolazione dei lavoratori, prevista dall’articolo 45 TFUE. Pertanto, a seguito del rischio di perdita dello status di membro di un organo di vigilanza, tale normativa sarebbe eventualmente idonea a dissuadere i lavoratori dal candidarsi per occupare posti concretamente proposti e dal muoversi a tal fine liberamente sul territorio degli Stati membri.

23.      Su tale base, il Kammergericht Berlin (Tribunale regionale superiore di Berlino) ha deciso di sospendere il giudizio e di proporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se sia compatibile con l’articolo 18 TFUE (divieto di discriminazione) e con l’articolo 45 TFUE (libera circolazione dei lavoratori) il fatto che uno Stato membro riconosca il diritto di voto attivo e passivo per i rappresentanti dei lavoratori nell’organo di vigilanza di un’impresa soltanto a quei lavoratori che sono occupati in stabilimenti dell’impresa o in imprese del gruppo site sul territorio nazionale».

24.      Hanno presentato osservazioni scritte il sig. Erzberger, la TUI, il Betriebsrat der TUI AG/TUI Group Services GmbH, Franz Jakobi e a. e la Vereinte Dienstleistungsgewerkschaft ver.di (in prosieguo, congiuntamente: «Betriebsrat der TUI e a.»), mentre la Vereinigung Cockpit eV ha fatto proprie le osservazioni di Betriebsrat der TUI e a., i governi tedesco e austriaco nonché la Commissione europea. All’udienza tenutasi il 24 gennaio 2017, il sig. Erzberger, la TUI, Betriebsrat der TUI e a., i governi tedesco, francese, lussemburghese, olandese e austriaco, l’Autorità di vigilanza AELS nonché la Commissione hanno presentato le loro osservazioni orali.

IV.    Analisi giuridica

A.      Sulla competenza della Corte

25.      In via preliminare, la TUI sostiene che la Corte non è competente a risolvere la questione pregiudiziale, dato che la situazione in esame nel procedimento principale non rientra nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione.

26.      In questo contesto, tale parte rileva, in particolare, che, essendo azionista della società convenuta e non dipendente di quest’ultima, il sig. Erzberger, ricorrente nel procedimento principale, non è pregiudicato dai pretesi effetti discriminatori o restrittivi della normativa tedesca interessata, circostanza evidenziata anche da Betriebsrat der TUI e a. nonché dai governi lussemburghese e austriaco.

27.      Osservo, al riguardo, che, secondo una giurisprudenza costante, la Corte non è competente a pronunciarsi in via pregiudiziale nei confronti di una normativa che non rientra nell’ambito del diritto dell’Unione, e qualora l’oggetto della controversia non presenti alcun elemento di collegamento con una qualunque situazione presa in considerazione dalle disposizioni dei trattati (11).

28.      Tuttavia, il rifiuto della Corte di pronunciarsi su una domanda di decisione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile solo quando risulta manifestamente che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcuna relazione con la realtà o con l’oggetto della procedimento principale, quando il problema è di natura teorica o quando la Corte non dispone degli elementi di fatto e di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le vengono sottoposte (12).

29.      Orbene, ciò non si verifica nel caso di specie.

30.      Infatti, se è vero che, in quanto azionista della TUI, il sig. Erzberger, ricorrente nel procedimento principale, non è interessato dalle disposizioni tedesche in materia di cogestione da parte dei lavoratori, risulta dalla decisione di rinvio che l’interessato si è avvalso del suo diritto, previsto dalla legge nazionale (13), di adire il giudice, in caso di controversia sulle disposizioni di legge chiamate a disciplinare la costituzione del consiglio di sorveglianza, facendo valere, in particolare, l’inapplicabilità di tali disposizioni alla costituzione del consiglio di sorveglianza della TUI in quanto esse contrasterebbero con il diritto dell’Unione. Inoltre il giudice del rinvio ritiene che la sua decisione sul ricorso proposto dal sig. Erzberger dipenda dalla risposta che sarà data dalla Corte alla questione pregiudiziale. Infatti, secondo tale giudice, se la normativa tedesca in materia di cogestione si rivelasse totalmente o parzialmente inapplicabile in quanto viola il diritto dell’Unione, si dovrebbe accogliere parzialmente o integralmente tale ricorso.

31.      Ne consegue che l’interpretazione degli articoli 18 TFUE e 45 TFUE richiesta dal giudice del rinvio presenta un collegamento diretto con l’oggetto della controversia nel procedimento principale.

32.      Di conseguenza, ritengo che la Corte sia competente a rispondere alla questione pregiudiziale.

B.      Nel merito

1.      Sull’oggetto della questione pregiudiziale

33.      Con la sua questione pregiudiziale, il giudice del rinvio si pone il problema della compatibilità della normativa tdesca in materia di cogestione (14) da parte dei lavoratori con gli articoli 18 TFUE e 45 TFUE, e ciò sotto vari profili.

34.      In primo luogo, tale giudice chiede se, nei confronti dei lavoratori dipendenti del gruppo TUI occupati in Stati membri diversi dalla Germania, tale normativa comporti una discriminazione in base alla cittadinanza, dato che, contrariamente ai dipendenti del gruppo occupati in Germania, tali dipendenti non dispongono di un diritto di elettorato attivo e passivo alle elezioni dei rappresentanti dei lavoratori in seno al consiglio di sorveglianza della società capogruppo (TUI).

35.      Al riguardo, occorre constatare che la TUI non dispone di filiali o di stabilimenti in altri Stati membri (15). L’analisi esposta nelle presenti conclusioni non riguarda quindi il caso in cui il dipendente sia occupato in uno stabilimento (o filiale) situato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stabilita la società. Per contro, occorre determinare se una normativa come quella controversa nel procedimento principale comporti una discriminazione nei confronti dei dipendenti del gruppo TUI occupati nelle controllate del gruppo stabilite in altri Stati membri (16).

36.      In secondo luogo, il giudice del rinvio si chiede se, nei confronti dei dipendenti del gruppo TUI occupati in Germania, la normativa tedesca costituisca una restrizione alla libera circolazione dei lavoratori, dato che, a causa del rischio di perdita del diritto di elettorato attivo e passivo, tale normativa può dissuadere tali dipendenti dal chiedere o dall’accettare un posto in un altro Stato membro o rendere meno allettante un trasferimento del genere.

37.      La questione pregiudiziale riguarda quindi due diverse situazioni relative a due categorie di lavoratori dipendenti, che vanno distinte chiaramente nell’interpretazione delle disposizioni pertinenti del diritto dell’Unione.

2.      Sulle disposizioni del diritto dell’Unione da interpretare

38.      Occorre constatare che la questione posta dal giudice del rinvio si riferisce nel contempo all’articolo 18 TFUE, che sancisce il divieto generale di discriminazione in base alla cittadinanza, e all’articolo 45 TFUE, relativo alla libera circolazione dei lavoratori.

39.      In forza di una giurisprudenza costante, l’articolo 18 TFUE è destinato ad applicarsi autonomamente solo nelle situazioni disciplinate dal diritto dell’Unione per le quali il Trattato non stabilisca divieti specifici di discriminazione (17). Orbene, il divieto di discriminazione trova un’espressione specifica, nel settore della libera circolazione dei lavoratori, nell’articolo 45, paragrafo 2, TFUE (18).

40.      Non occorrerebbe pertanto che la Corte si pronunciasse alla luce dell’articolo 18 TFUE se l’articolo 45 TFUE dovesse applicarsi nella presente controversia.

41.      Preciso, fin da ora, che, a mio parere, l’articolo 45 TFUE non si applica ai dipendenti del gruppo TUI occupati al di fuori del territorio tedesco, ma che tale disposizione può applicarsi, secondo me, ai dipendenti del gruppo occupati in Germania.

3.      Sull’applicabilità dell’articolo 45 TFUE

a)      Sulla nozione di «altre condizioni di lavoro»

42.      In via preliminare, occorre ricordare che l’articolo 45, paragrafo 2, TFUE prevede che la libera circolazione dei lavoratori implica l’abolizione di qualsiasi discriminazione, fondata sulla cittadinanza, tra i lavoratori degli Stati membri, per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro (19).

43.      Risulta dalla giurisprudenza della Corte che la nozione di «altre condizioni di lavoro» dev’essere intesa nel senso che presenta una portata estensiva, in quanto tale disposizione prevede la parità di trattamento per tutto quanto si riferisce direttamente o indirettamente all’esercizio di un’attività lavorativa subordinata nello Stato membro ospitante (20).

44.      Di conseguenza, ritengo che il diritto di elettorato attivo e passivo alle elezioni dei rappresentanti dei lavoratori al consiglio di sorveglianza della società, quale previsto dalla normativa tedesca interessata, rientri nella nozione di «altre condizioni di lavoro», ai sensi dell’articolo 45, paragrafo 2, TFUE (21). Infatti, in forza di tale normativa, il diritto di elettorato attivo e passivo dipende appunto dalla questione se una persona rivesta la qualità di «lavoratore subordinato», ai sensi di detta normativa (22). Esso si riferisce quindi direttamente all’esercizio di un’attività lavorativa subordinata in Germania.

b)      Sull’esistenza di un fattore di collegamento col diritto dell’Unione

1)      Osservazioni generali

45.      Perché l’articolo 45 TFUE sia applicabile nel caso di specie, è inoltre necessario che il procedimento principale presenti un nesso con una delle situazioni prese in considerazione da tale disposizione.

46.      La TUI, Betriebsrat der TUI e a. ed il governo tedesco contestano l’applicabilità dell’articolo 45 TFUE nella presente causa, facendo valere, in sostanza, la mancanza di un elemento transfrontaliero. Per contro, il sig. Erzberger, l’Autorità di vigilanza AELS e la Commissione ritengono che un elemento del genere sia effettivamente presente, in particolare in quanto un lavoratore dipendente di una società tedesca che prende servizio in un altro Stato membro perde il suo diritto di elettorato attivo e passivo alle elezioni al consiglio di sorveglianza, pur restando alle dipendenze di tale società.

47.      Osservo che, per quanto riguarda la questione dell’applicabilità dell’articolo 45 TFUE, occorre distinguere le due categorie di dipendenti presi in considerazione dalla questione pregiudiziale, e cioè, da una parte, i dipendenti del gruppo TUI occupati nelle controllate stabilite in Stati membri diversi dalla Germania e, dall’altra, quelli occupati in Germania (23).

2)      Sui dipendenti del gruppoTUI occupati nelle controllate stabilite in altri Stati membri

48.      Per quanto riguarda i dipendenti del gruppo TUI occupati nelle controllate stabilite in Stati membri diversi dalla Germania, si deve constatare che tali dipendenti non sono necessariamente persone che si siano avvalse del loro diritto alla libera circolazione, in forza dell’articolo 45 TFUE. Infatti, è molto probabile che tale categoria di dipendenti includa un gran numero di cittadini o residenti dello Stato membro nel quale è stabilita la controllata o in cui viene svolta la loro attività lavorativa subordinata.

49.      Orbene, riconoscere l’applicabilità dell’articolo 45 TFUE a persone del genere che non si sono mai avvalse del loro diritto alla libera circolazione e che non presentano, del resto, alcuna connessione con il mercato del lavoro dello Stato membro la cui normativa viene contestata, per il solo fatto che la filiale di cui sono dipendenti è controllata da una società stabilita nel detto Stato membro, non troverebbe, per quanto mi risulta, alcun precedente nella giurisprudenza della Corte relativa alla libera circolazione dei lavoratori (24).

50.      Infatti, la Corte ha dichiarato che l’insieme delle disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione delle persone mira a facilitare, ai cittadini dell’Unione europea, l’esercizio di attività lavorative di qualsivoglia natura nel territorio dell’Unione ed osta ai provvedimenti che potrebbero sfavorirli qualora intendano svolgere un’attività economica nel territorio di un Stato membro diverso da quello del loro Stato membro di origine. In tale contesto, i cittadini degli Stati membri dispongono, in particolare, del diritto, conferito loro direttamente dal Trattato, di lasciare il paese d’origine per entrare nel territorio di un altro Stato membro ed ivi soggiornare al fine di esercitarvi un’attività economica (25).

51.      L’articolo 45 TFUE garantisce così, a grandi linee, la libera circolazione sotto un duplice profilo. Da un lato, i cittadini degli Stati membri hanno il diritto, in forza di tale articolo, di beneficiare dello stesso trattamento dei lavoratori nazionali sul mercato del lavoro dello Stato membro ospitante(26). Dall’altro, detto articolo vieta allo Stato membro di origine di restringere indebitamente il diritto dei suoi concittadini di lasciare il suo territorio al fine di esercitare un’attività economica in un altro Stato membro (27).

52.      La situazione dei lavoratori del gruppo TUI alle dipendenze delle controllate stabilite in altri Stati membri non corrisponde ad alcuna di queste fattispecie se essi non hanno mai esercitato il loro diritto alla libera circolazione (28). L’applicazione dell’articolo 45 TFUE a tali dipendenti implicherebbe pertanto un’estensione considerevole dell’ambito di applicazione di tale articolo (29).

53.      Orbene, dal punto di vista teleologico, è difficile comprendere come l’obiettivo dell’articolo 45 TFUE possa giustificare una siffatta estensione dell’ambito di applicazione di tale disposizione. Infatti, ritengo che il carattere transfrontaliero dei rapporti all’interno di un gruppo di società nulla tolga al fatto che la situazione dei detti dipendenti è in realtà puramente interna, dato che tutti gli elementi che determinano la loro situazione lavorativa restano confinati all’interno di un unico Stato membro (30).

54.      A titolo d’esempio, ritengo che la situazione di un dipendente occupato dalla controllata francese del gruppo TUI sia puramente interna alla Repubblica francese. Tale lavoratore è quindi alle dipendenze, in Francia, di una società costituita in forza del diritto francese (31), al quale sono anche soggetti, di norma, il suo contratto di lavoro (32) e, in maniera più generale, le sue condizioni di lavoro (33). A questo proposito, l’ubicazione delle proprietà o del controllo della società da cui dipende detto lavoratore è ininfluente ai fini della sua situazione lavorativa che, di fatto, è pienamente equiparabile a quella di altri dipendenti occupati in Francia.

55.      Di conseguenza, ritengo che il fatto che la società da cui dipende il lavoratore sia detenuta o controllata da una società stabilita in un altro Stato membro non basti, da solo, a costituire un fattore di collegamento con una qualsiasi delle situazioni contemplate dall’articolo 45 TFUE. In altri termini, la libera circolazione dei lavoratori non può essere pregiudicata dal fatto dell’acquisizione del datore di lavoro da parte di una società stabilita in un altro Stato membro. Infatti, dal punto di vista del lavoratore, tale circostanza costituisce un fattore esterno senza alcuna relazione con le azioni del lavoratore (34).

56.      Tale conclusione non può essere rimessa in discussione dagli argomenti fatti valere dal sig. Erzberger secondo i quali, da una parte, i dipendenti occupati in controllate della TUI situate in altri Stati membri sono direttamente interessati dalle decisioni del consiglio di sorveglianza della TUI (35), e, dall’altra, l’esclusione di tali primi dipendenti dal regime tedesco di cogestione comporta una sovrarappresentanza degli interessi dei dipendenti nazionali in seno a tale consiglio, il che sarebbe particolarmente problematico nel caso di decisioni sull’installazione o sulla chiusura di stabilimenti in altri Stati membri (36).

57.      Infatti, senza che ci si pronunci sulla rlevanza di tali considerazioni nel contesto politico nazionale, occorre constatare che esse non sono tali da far rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 45 TFUE situazioni che non presentano alcun fattore di collegamento con la libera circolazione dei lavoratori.

58.      Alla luce di quanto precede, ritengo che l’articolo 45 TFUE non si applichi nei confronti dei dipendenti del gruppo TUI occupati nelle controllate del gruppo situate in altri Stati membri(37).

59.      Per di più, rilevo che, contrariamente a quanto sembrano asserire il sig. Erzberger e la Commissione, neppure l’articolo 18 TFUE può applicarsi a tali dipendenti. Come risulta da una giurisprudenza costante della Corte, il divieto di discriminazione sancito da tale articolo non può essere applicato a situazioni puramente interne ad uno Stato membro che non presentino alcun nesso di collegamento con una qualsiasi delle situazioni contemplate dal diritto dell’Unione (38).

3)      Sui dipendenti del gruppo TUI occupati in Germania

60.      Per quanto riguarda i dipendenti del gruppo TUI occupati in Germania, ritengo invece che, contrariamente a quanto sostengono la TUI e il governo tedesco, l’articolo 45 TFUE possa applicarsi.

61.      A mio parere      quindi ci troviamo effettivamente in presenza di una situazione contemplata all’articolo 45 TFUE nel caso in cui un dipendente del gruppo TUI, occupato in Germania, lasci o intenda lasciare tale Stato membro per prendere servizio in una controllata appartenente allo stesso gruppo stabilita in un altro Stato membro.

62.      A differenza della TUI, ritengo che non si tratti di una prospettiva professionale puramente ipotetica, tale da rendere inapplicabile l’articolo 45 TFUE (39). Al contrario, invece, nel caso di un gruppo di società a carattere transfrontaliero, come quello di cui fa parte la società convenuta (40), la possibilità che un dipendente sia trasferito, vuoi di propria iniziativa, vuoi su richiesta del suo datore di lavoro, tra due società controllate dello stesso gruppo, situate in Stati membri diversi, mi sembra del tutto concepibile.

63.      Non posso neppure condividere l’argomento che sembra far valere il governo tedesco secondo il quale l’articolo 45 TFUE non si applica ai dipendenti del gruppo TUI occupati in Germania, dato che l’articolo 45, paragrafo 3, lettera c), TFUE, accorda unicamente ai lavoratori il diritto di soggiornare in uno Stato membro al fine di svolgervi un’occupazione «conformemente alle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che disciplinano l’occupazione dei lavoratori nazionali».

64.      A questo proposito, occorre rilevare che il paragrafo 3 dell’articolo 45 TFUE mira non a delimitare l’ambito di applicazione di detto articolo, ma a precisare invece il contenuto del diritto alla libera circolazione, nel caso in cui tale articolo debba effettivamente applicarsi (41).

65.      Infine, osservo che, contrariamente a quanto sembrano asserire la TUI e il governo tedesco, la mancata armonizzazione a livello di Unione in materia di cogestione da parte dei lavoratori non può avere alcuna influenza sull’applicabilità dell’articolo 45 TFUE nel procedimento principale.

66.      Anche se, in assenza di tale armonizzazione (42), gli Stati membri sono, in linea di principio, liberi di determinare il grado di coinvolgimento dei lavoratori nella gestione delle società che operano nei loro rispettivi territori, essi devono esercitare tale competenza nel rispetto del diritto dell’Unione e, in particolare, delle disposizioni dell’articolo 45 TFUE relativo alla libera circolazione dei lavoratori (43).

67.      Sulla base di quanto precede, ritengo che l’articolo 45 TFUE debba applicarsi nei confronti dei dipendenti del gruppo TUI occupati in Germania, qualora lascino o intendano lasciare tale Stato membro al fine di prendere servizio in una controllata del gruppo situata in un altro Stato membro.

68.      Alla luce di tale sfondo, ci si deve quindi porre la questione della compatibilità di una normativa come quella controversa nel procedimento principale con l’articolo 45 TFUE. Per contro, non occorre esaminare tale normativa alla luce dell’articolo 18 TFUE (44).

69.      Nell’analisi che segue, esporrò i motivi per i quali ritengo che una siffatta normativa non restringa la libera circolazione dei lavoratori [titolo 4, sub a)]. In subordine, spiegherò le ragioni per le quali ritengo che eventuali effetti restrittivi di tale normativa siano giustificati da motivi imperativi di interesse generale [titolo 4, sub b)].

4.      Sulla compatibilità di una normativa come quella controversa nel procedimento principale con l’articolo 45 TFUE

a)      Sull’assenza di restrizioni

70.      Si deve ricordare che, in forza di una giurisprudenza costante della Corte, anche se, secondo il loro tenore letterale, le disposizioni relative alla libera circolazione dei lavoratori sono dirette, in particolare, a garantire il beneficio del trattamento nazionale nello Stato membro ospitante, esse ostano altresì a che lo Stato membro d’origine ostacoli la libera accettazione e lo svolgimento di un lavoro da parte di uno dei suoi cittadini in un altro Stato membro (45).

71.      In questo contesto, la Corte ha precisato che disposizioni nazionali che ostacolino o dissuadano un lavoratore cittadino di uno Stato membro dall’abbandonare il suo Stato di origine per esercitare il suo diritto alla libera circolazione costituiscono ostacoli a questa libertà, anche qualora esse si applichino indipendentemente dalla cittadinanza dei lavoratori interessati (46). La Corte ha inoltre dichiarato che l’art. 45 TFUE osta a qualsiasi misura che, seppur applicabile senza discriminazioni basate sulla cittadinanza, sia idonea ad ostacolare o a scoraggiare l’esercizio, da parte dei cittadini dell’Unione, delle libertà fondamentali garantite dal Trattato (47).

72.      Basandosi su tale giurisprudenza, il sig. Erzberger, l’autorità di vigilanza AELS e la Commissione sostengono che l’esclusione dei dipendenti del gruppo TUI occupati in altri Stati membri dal regime di cogestione tedesco comporta una restrizione alla libera circolazione dei lavoratori ai sensi dell’articolo 45 TFUE. A loro parere, il fatto che un dipendente occupato in Germania perda il suo diritto di elettorato attivo e passivo alle elezioni dei rappresentanti dei lavoratori in seno al consiglio di sorveglianza della società capogruppo, ove sia trasferito ad una controllata del gruppo stabilita in un altro Stato membro, può dissuaderlo dall’avvalersi del suo diritto alla libera circolazione o, quanto meno, rendere meno allettante l’esercizio di tale diritto. Ciò varrebbe, in particolare, per i dipendenti che siano già stati eletti nel consiglio di sorveglianza, dato che tali lavoratori devono rinunciare al loro mandato in seno a tale consiglio, qualora cambino la loro sede di servizio per essere trasferiti ad una controllata stabilita in un altro Stato membro (48).

73.      Dal canto loro, la TUI, Betriebsrat der TUI e a., i governi tedesco, lussemburghese, olandese e austriaco sostengono che non sussiste alcuna restrizione alla libera circolazione dei lavoratori.

74.      Osservo, innanzi tutto, che, secondo la formulazione dell’articolo 45, paragrafo 3, lettera c), TFUE, il diritto alla libera circolazione dei lavoratori, sancito da tale articolo, comporta, in particolare, il diritto «di prendere dimora in uno degli Stati membri al fine di svolgervi un’attività di lavoro, conformemente alle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che disciplinano l’occupazione dei lavoratori nazionali» (49).

75.      Il lavoratore emigrante beneficia così, in forza dell’articolo 45 TFUE, della parità di trattamento con i lavoratori nazionali nello Stato membro ospitante, di modo che egli possa esercitarvi un’attività economica conformemente alla normativa di tale Stato membro. Per contro, l’articolo 45 TFUE non concede a detto lavoratore il diritto di «esportare» le condizioni di lavoro di cui beneficia nel suo Stato membro d’origine verso un altro Stato membro. Infatti, come ha rilevato l’avvocato generale Fennelly nelle sue conclusioni relative alla causa Graf, «normalmente, il lavoratore migrante deve prendere il mercato del lavoro nazionale così com’è» (50).

76.      Secondo ogni logica, in base ad una giurisprudenza costante, l’articolo 45 TFUE non contempla le eventuali disparità di trattamento che possono derivare, da uno Stato membro all’altro, dalle divergenze esistenti tra le legislazioni dei vari Stati membri purché esse si applichino a chiunque sia ad esse soggetto, secondo criteri oggettivi e indipendentemente dalla cittadinanza (51). Nello stesso senso, la Corte ha altresì dichiarato, per quanto riguarda l’articolo 18 TFUE, che non si può considerare contraria al divieto di discriminazione l’applicazione di una legislazione nazionale solo perché altri Stati membri applicano disposizioni meno rigorose (52).

77.      La Corte ha inoltre dichiarato che il diritto primario dell’Unione non può garantire ad un assicurato che un trasferimento in uno Stato membro diverso dal suo Stato membro d’origine sia neutro in materia di previdenza sociale, dato che un siffatto trasferimento, tenuto conto delle disparità esistenti tra i regimi e le leggi degli Stati membri, può, a seconda dei casi, essere più o meno vantaggioso per l’interessato sul piano della tutela sociale (53). Tale ragionamento è, a mio parere, direttamente applicabile ai regimi degli Stati membri relativi alla partecipazione dei lavoratori. Al riguardo, ricordo che il diritto di elettorato attivo e passivo alle elezioni dei rappresentanti dei lavoratori in seno al consiglio di sorveglianza della società, quale previsto dalla normativa tedesca interessata, costituisce, a mio parere, una condizione di lavoro ai sensi dell’articolo 45, paragrafo 2, TFUE (54).

78.      Ne consegue, a mio modo di vedere, che un lavoratore che lascia la Germania, al fine di esercitare un’attività economica in un altro Stato membro, non può conservare, in forza dell’articolo 45 TFUE, il beneficio dei diritti di partecipazione previsti dalla normativa tedesca. Per contro, egli beneficerà in detto Stato membro di diritti di partecipazione, qualora la normativa di tale Stato membro gli riconosca diritti del genere.

79.      Nella presente causa si pone tuttavia la questione se tali conclusioni valgano anche in caso di trasferimento del dipendente in seno ad un gruppo di società. In altri termini, occorre determinare se un dipendente trasferito da una società all’altra, società queste stabilite in Stati membri diversi ma appartenenti allo stesso gruppo, possa far valere l’articolo 45 TFUE al fine di mantenere, dopo il suo trasferimento, taluni diritti in materia di cogestione in seno alla società capogruppo a lui conferiti dalla legislazione del suo Stato membro d’origine. È sostanzialmente quanto asseriscono il sig. Erzberger, l’Autorità di Vigilanza AELS e la Commissione.

80.      Ritengo che a tale questione debba essere data risposta negativa.

81.      Infatti, non trovo alcun fondamento nei trattati o nella giurisprudenza della Corte per operare una distinzione tra il dipendente che cambia posto di lavoro tra due società non controllate stabilite in Stati membri diversi, e quello che forma oggetto di un trasferimento tra due società appartenenti allo stesso gruppo di società ma stabilite in Stati membri diversi. Dal punto di vista della libera circolazione dei lavoratori, si tratta, in entrambi i casi, di un trasferimento da uno Stato membro ad un altro, con tutte le implicazioni che ne derivano per il dipendente, tra cui in particolare un cambiamento delle condizioni di lavoro applicabili. Come già accennato, il carattere transfrontaliero del gruppo di società nulla toglie al fatto che la situazione di lavoro del dipendente è principalmente determinata secondo la legislazione dello Stato membro nel quale è esercitata l’attività lavorativa subordinata (55).

82.      Anche se provo simpatia per l’idea secondo la quale ogni lavoratore occupato da un gruppo di società dovrebbe beneficiare, in seno all’Unione, degli stessi diritti di partecipazione all’interno di tale gruppo, indipendentemente dall’ubicazione del suo luogo di lavoro, occorre constatare che, allo stato attuale del diritto dell’Unione, il coinvolgimento dei lavoratori nella gestione delle società nazionali degli Stati membri non ha formato oggetto di armonizzazione a livello europeo (56). In mancanza di una siffatta armonizzazione, ritengo che la questione dell’inclusione o meno dei dipendenti del gruppo occupati in altri Stati membri nel regime nazionale di partecipazione rientri nella scelta degli Stati membri (57).

83.      In altri termini, ritengo che, allo Stato attuale del diritto dell’Unione, gli Stati membri non siano tenuti, in forza dell’articolo 45 TFUE, a concedere ai lavoratori che lasciano il loro territorio al fine di esercitare un’attività economica in un altro Stato membro, gli stessi diritti di partecipazione di cui beneficiano i lavoratori occupati nel territorio nazionale, ma che essi restino liberi di farlo sulla base del loro diritto nazionale (58).

84.      Concludo pertanto nel senso che una normativa, come quella controversa nel procedimento principale, che prevede che solo i dipendenti occupati negli stabilimenti di una società o nelle società del gruppo situate sul territorio nazionale dispongono di un diritto di elettorato attivo e passivo alle elezioni dei rappresentanti dei lavoratori in seno al consiglio di sorveglianza della società, non costituisce una restrizione alla libera circolazione dei lavoratori ai sensi dell’articolo 45 TFUE.

85.      Per scrupolo di completezza e nell’ipotesi in cui la Corte decidesse che una normativa nazionale, come quella controversa nel procedimento principale, comporta una restrizione alla libera circolazione dei lavoratori, ai sensi dell’articolo 45 TFUE, esporrò nella sezione seguente i motivi per i quali ritengo che una siffatta restrizione sia, in ogni caso, giustificata (59).

b)      In subordine, sull’eventuale esistenza di una giustificazione

86.      Conformemente alla giurisprudenza della Corte, un provvedimento nazionale in grado di ostacolare la libera circolazione dei lavoratori, il che è in linea di principio vietato all’articolo 45 TFUE, può essere ammesso solo se persegue uno dei legittimi obiettivi enunciati nel Trattato o sia giustificato da motivi imperativi di interesse generale. In tal caso, tuttavia, occorre altresì che la sua applicazione sia idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo di cui trattasi e non ecceda quanto necessario per conseguirlo (60).

87.      Nella presente causa, nessuno dei legittimi obiettivi espressamente enunciati dall’articolo 45, paragrafo 3, TFUE, è stato fatto valere dalle parti e dagli interessati che hanno presentato osservazioni alla Corte (61). Per contro, tali parti e tali interessati fanno valere motivi imperativi di interesse generale, per il caso in cui la Corte dichiarasse che la legislazione tedesca controversa comporta una restrizione alla libera circolazione dei lavoratori ai sensi dell’articolo 45 TFUE.

1)      Sui motivi imperativi di interesse generale fatti valere

88.      La TUI e i governi tedesco ed austriaco si avvalgono, essenzialmente, di giustificazioni fondate sul principio di territorialità, così come riconosciuto dal diritto internazionale e dal diritto dell’Unione (62). Risulterebbe da tale principio che la competenza del legislatore tedesco è limitata al territorio tedesco, il che impedisce l’inclusione dei lavoratori occupati in altri Stati membri nel regime tedesco di cogestione. Il governo francese è invece del parere che la presente causa dia alla Corte l’occasione di formulare un nuovo motivo imperativo di interesse generale, relativo alla necessità di riconoscere la diversità dei modelli sociali negli Stati membri in materia di rappresentanza dei lavoratori. Sulla stessa falsariga, Betriebsrat der TUI e a. fanno riferimento all’articolo 4, paragrafo 2, TUE, in forza del quale l’Unione rispetta l’identità nazionale degli Stati membri. Infine, la Commissione ritiene che il bisogno di garantire il buon funzionamento delle norme in materia di cogestione potrebbe giustificare una restrizione della libera circolazione dei lavoratori, il che spetterebbe al giudice nazionale determinare (63).

89.      Per contro, il sig. Erzberger e l’Autorità di vigilanza AELS sono del parere che i motivi imperativi d’interesse generale fatti valere nella presente causa non possano giustificare la restrizione alla libera circolazione dei lavoratori che risulterebbe dalla normativa controversa. Tale posizione è condivisa, mi sembra, dal giudice del rinvio (64).

2)      Sulla giustificazione fondata sul principio di territorialità

90.      Occorre constatare, innanzi tutto, che, nell’ambito della presente controversia, il principio di territorialità è fatto valere in quanto ostacolo all’applicazione del regime di cogestione tedesco ai dipendenti occupati fuori dal territorio della Germania. Infatti, risulterebbe da detto principio che il legislatore tedesco non possiede la competenza legislativa necessaria per includere tali dipendenti in detto regime.

91.      Come risulta dall’analisi sopra esposta, ritengo che la Repubblica federale di Germania non sia tenuta, in forza dell’articolo 45 TFUE, a concedere, ai dipendenti che lasciano il suo territorio al fine di esercitare un’attività economica in un altro Stato membro, gli stessi diritti di partecipazione di cui beneficiano i dipendenti occupati in Germania ai sensi della normativa tedesca controversa (65). Nel caso in cui la Corte dichiarasse che tale normativa comporta una restrizione alla libera circolazione dei lavoratori, ai sensi dell’articolo 45 TFUE, ritengo tuttavia che il principio di territorialità non impedisca alla Repubblica federale di Germania di includere i primi dipendenti nel suo regime di cogestione.

92.      Il principio di territorialità è stato riconosciuto dalla Corte come obiettivo legittimo tale da giustificare una restrizione alla libera circolazione, in particolare, nel contesto delle normative nazionali in materia di fiscalità che ostano alla libertà di stabilimento sancita dal Trattato (66). A questo proposito, detto principio è stato spesso considerato unitamente ad un altro obiettivo legittimo, e cioè quello della salvaguardia della ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri (67). In questo contesto, la Corte ha dichiarato che il principio di territorialità ha la funzione di introdurre, nell’applicazione del diritto dell’Unione, la necessità di tener conto dei limiti delle competenze fiscali degli Stati membri (68).

93.      Dubito seriamente che la giurisprudenza in materia di fiscalità sia applicabile al presente caso di specie.

94.      In primo luogo, nel settore della fiscalità, il principio di territorialità, quale riconosciuto dalla Corte, è diretto a risolvere problematiche specifiche a tale settore, tra cui, segnatamente, quelle di eliminare le doppie imposizioni (69) e di impedire situazioni tali da compromettere il diritto dello Stato membro di origine di esercitare la sua competenza fiscale in relazione alle attività svolte sul suo territorio (70).

95.      Orbene, nell’ambito di un regime di partecipazione dei lavoratori, siffatte problematiche non si presentano. Ritengo pertanto che nulla osti a che un lavoratore occupato in una controllata stabilita in uno Stato membro diverso da quello in cui si trova la società capogruppo benefici di una «doppia rappresentanza», e cioè, da una parte, in seno alla controllata, in forza della normativa dello Stato membro di occupazione, e, dall’altra, in seno alla società capogruppo, conformemente alla normativa dello Stato membro in cui è stabilita tale società.

96.      In secondo luogo, contrariamente a quanto asseriscono la TUI e i governi tedesco e olandese, ritengo che l’inclusione nel regime di cogestione tedesco dei dipendenti occupati in altri Stati membri non implichi, in quanto tale, un’ingerenza della sovranità o nelle competenze legislative di altri Stati membri. Infatti ritengo, al pari dell’Autorità di vigilanza AELS e della Commissione, che la questione di stabilire quali siano i dipendenti che possono partecipare alle elezioni dei membri del consiglio di sorveglianza di una società tedesca rientri interamente nel potere del legislatore tedesco (71). In altri termini, non vi è conflitto di competenza (72).

97.      Di conseguenza, ritengo che l’esclusione dei lavoratori occupati in altri Stati membri dal regime di cogestione tedesco non possa essere considerata una derivazione del principio di territorialità.

98.      Il governo tedesco è tuttavia del parere che la questione dell’extraterritorialità si ponga nel contesto del regime di cogestione tedesco per il fatto che detto regime impone, nell’ambito del regolamento elettorale (73), taluni obblighi sul piano dell’organizzazione e dello svolgimento delle elezioni, a tutte le società appartenenti al gruppo di società nonché ai dipendenti che partecipano alle elezioni(74). Pertanto, in forza di tale regolamento, le elezioni al consiglio di sorveglianza della società tedesca sarebbero organizzate non in maniera centralizzata dalla direzione di tale società, ma anzi in maniera decentralizzata, direttamente dai dipendenti in seno a ciascuna società del gruppo. Orbene, dato che le controllate stabilite in altri Stati membri e i loro dipendenti non sono assoggettati al diritto tedesco, il legislatore tedesco non sarebbe in grado di imporre loro obblighi conformemente al regolamento elettorale e, di conseguenza, di includerli nel regime di cogestione tedesco.

99.      Osservo pertanto che sono la concezione specifica del regime di cogestione tedesco e, in particolare, gli obblighi che discendono dal regolamento elettorale che ostano, secondo il governo tedesco, a che i dipendenti occupati in altri Stati membri siano inclusi in tale regime. L’esclusione di tali dipendenti è quindi non una necessità assoluta connessa ai limiti del potere legislativo del legislatore tedesco, ma piuttosto la conseguenza di talune scelte compiute da quest’ultimo, per quanto riguarda soprattutto le modalità delle elezioni (75).

100. Occorre pertanto chiedersi se la normativa controversa nel procedimento principale possa essere giustificata dall’obiettivo diretto a garantire la partecipazione dei lavoratori nella società, conformemente alle caratteristiche sociali, economiche e culturali nazionali, come fanno valere, sostanzialmente, il governo francese e Betriebsrat der TUI e a. (76).

3)      Sulla giustificazione fondata sull’obiettivo diretto a garantire la partecipazione dei lavoratori nella società, conformemente alle caratteristiche sociali, economiche e culturali nazionali

101. Si deve constatare che, mentre Betriebsrat der TUI e a. si basano sull’articolo 4, paragrafo 2, TUE (77), in forza del quale l’Unione rispetta l’identità nazionale degli Stati membri insita nella loro struttura fondamentale politica e costituzionale, tale disposizione non è stata fatta valere dal governo tedesco (78).

102. Tale governo asserisce tuttavia che la normativa tedesca relativa alla cogestione dei lavoratori e le disposizioni dei regolamenti elettorali che disciplinano concretamente le elezioni dei membri del consiglio di sorveglianza che rappresentano i lavoratori sono adeguate alle strutture imprenditoriali, societarie e sindacali tedesche e che tale normativa è in funzione non esclusivamente degli interessi dei lavoratori, ma invece dell’interesse generale, in quanto essa è diretta a garantire la cooperazione e l’integrazione prendendo in considerazione anche interessi diversi dai propri interessi diretti (79). In udienza, tale governo ha altresì precisato che la cogestione da parte dei lavoratori è un elemento centrale della cultura di cooperazione in Germania, e che essa costituisce lo sviluppo giuridico della libertà sindacale e permette l’esercizio di tale libertà che è garantita dal Grundgesetz (costituzione tedesca) (80).

103. Di conseguenza, esito a qualificare il regime di cogestione tedesco come elemento dell’identità nazionale, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, TUE. È tuttavia indubbio, a mio modo di vedere, che tale regime costituisce un elemento essenziale del mercato del lavoro tedesco e – più in generale – dell’ordinamento sociale tedesco.

104. Inoltre, occorre constatare che la partecipazione dei lavoratori alla gestione della società costituisce un obiettivo legittimo alla luce del diritto dell’Unione (81). Il diritto dell’Unione riconosce tuttavia la diversità delle norme e delle prassi nazionali nel settore della politica sociale (82) e, più in particolare, per quanto riguarda il modo in cui i rappresentanti dei lavoratori dipendenti sono coinvolti nell’iter di adozione delle decisioni delle società (83). Allo stato attuale del diritto dell’Unione, quest’ultimo lascia quindi agli Stati membri, da un lato, la scelta di adottare o meno una normativa in materia di coinvolgimento dei lavoratori nella società e, dall’altro, la cura di determinare le modalità dei loro rispettivi regimi in materia (84).

105. Per quanto riguarda le caratteristiche del regime di cogestione tedesco, occorre constatare che tale regime è caratterizzato da un grado particolarmente elevato di coinvolgimento dei lavoratori nella gestione della società (85). Nello stesso tempo, detto regime prevede, in forza del regolamento elettorale (86), procedure relativamente complesse, comprendenti varie fasi procedurali, miranti a garantire il corretto svolgimento delle elezioni dei rappresentanti dei lavoratori e a garantire elezioni libere, eque e segrete, dei membri del consiglio di sorveglianza che rappresentano i lavoratori (87). In tale contesto, il governo tedesco asserisce che il regime di cogestione tedesco è concepito sulla base del principio secondo il quale l’organizzazione e lo svolgimento delle elezioni dei rappresentanti dei lavoratori sono affidati ai dipendenti che debbono organizzarsi autonomamente, in seno a ciascuna società del gruppo, e cooperare con i sindacati e con le società del gruppo.

106. Ritengo che, nell’ambito di un siffatto regime nazionale di partecipazione dei lavoratori, tali considerazioni relative alle modalità dell’organizzazione e dello svolgimento delle elezioni costituiscano l’espressione di talune legittime scelte di politica economica e sociale, che rientrano, allo stato attuale del diritto dell’Unione, nella valutazione degli Stati membri (88). Sono pertanto del parere che una normativa come quella controversa nel procedimento principale sia giustificata dall’obiettivo consistente nel garantire la partecipazione dei lavoratori nella società conformemente alle caratteristiche sociali, economiche e culturali nazionali.

107. Considero, inoltre, che tale normativa è proporzionata a tale obiettivo, e cioè che essa è idonea a garantire la realizzazione della partecipazione dei lavoratori nella società, conformemente alle caratteristiche sociali, economiche e culturali nazionali, e che essa non eccede quanto necessario per conseguire tale obiettivo.

108. A questo proposito, ricordo che la Corte ha già precisato che non è indispensabile che un provvedimento restrittivo corrisponda ad una concezione condivisa dall’insieme degli Stati membri per quanto riguarda le modalità di tutela del diritto fondamentale o dell’interesse legittimo controverso e che, al contrario, la necessità e la proporzionalità delle disposizioni adottate in materia non sono escluse per il solo motivo che uno Stato membro ha scelto un sistema di tutela diverso da quello adottato da un altro Stato membro (89).

109. Inoltre, occorre riconoscere che non è possibile includere nell’ambito di applicazione ratione personae del regime di cogestione tedesco i lavoratori occupati fuori dal territorio della Germania senza dover modificare le caratteristiche fondamentali di detto regime. Infatti, una siffatta estensione del regime tedesco presupporrebbe che la responsabilità dell’organizzazione e dello svolgimento delle elezioni dovrebbe essere trasferita dai lavoratori e dalle società del gruppo alla direzione della capogruppo tedesca, il che contrasterebbe con i principi su cui si fonda detto regime.

110. Anche se è effettivamente possibile, come suggerisce la Commissione, obbligare la società capogruppo a conferire, per la composizione del suo consiglio di sorveglianza, un diritto di elettorato attivo e passivo anche ai dipendenti occupati in altri Stati membri, in forza della sua influenza determinante sulle società del gruppo, ritengo che gli Stati membri non siano tenuti, in forza del diritto dell’Unione, ad optare per una siffatta impostazione nell’ambito dei loro regimi di coinvolgimento dei lavoratori nella società.

111. Di conseguenza, ritengo che, nell’ipotesi in cui la Corte dichiari che una normativa nazionale come quella controversa nel procedimento principale comporta una restrizione della libera circolazione dei lavoratori ai sensi dell’articolo 45 TFUE, occorrerebbe considerare come giustificato, allo stato attuale del diritto dell’Unione, il mantenimento di una siffatta normativa, in quanto quest’ultima rispecchia talune legittime scelte di politica economica e sociale appartenenti agli Stati membri.

112. Alla luce di tutti questi elementi, ritengo che l’articolo 45 TFUE non osti ad una normativa, come quella controversa nel procedimento principale, in forza della quale solo i dipendenti occupati negli stabilimenti di una società o nelle società del gruppo situati nel territorio nazionale dispongono di un diritto di elettorato attivo e passivo alle elezioni dei rappresentanti dei lavoratori in seno al consiglio di sorveglianza di tale società.

V.      Conclusione

113. Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere come segue alla questione pregiudiziale sollevata dal Kammergericht Berlin (Tribunale regionale superiore di Berlino, Germania):

Gli articoli 18 TFUE e 45 TFUE devono essere interpretati nel senso che essi non ostano ad una normativa, come quella controversa nel procedimento principale, che prevede che solo i dipendenti occupati negli stabilimenti di una società o nelle società del gruppo situati sul territorio nazionale dispongono di un diritto di elettorato attivo e passivo alle elezioni dei rappresentanti dei lavoratori in seno al consiglio di sorveglianza di tale società.


1      Lingua originale: il francese.


2      BGBl. 1976 I, pag. 1153.


3      Conformemente all’articolo 7, paragrafo 1, punti 1 e 2, e al paragrafo 2, punti 1 e 2, della legge sulla cogestione, il consiglio di sorveglianza si compone, rispettivamente, per imprese che non constino abitualmente di oltre 10 000 dipendenti e per imprese che constino abitualmente di oltre 10 000 ma meno di 20 000 dipendenti, di dodici e di sedici membri, la metà dei quali è formata da rappresentanti dei dipendenti (ripartiti tra dipendenti dell’impresa e rappresentanti sindacali)


4      BGBl. 2001 I, pag. 2518.


5      Il governo tedesco, nelle sue osservazioni scritte, spiega che, in base alla legge tedesca, il consiglio di sorveglianza e il consiglio di amministrazione sono organi della società. Mentre il consiglio di amministrazione è incaricato della gestione della società, il consiglio di sorveglianza ha il compito di vigilare sul consiglio di amministrazione (sistema dualista)


6      V. articolo 7 della legge sulla cogestione, riportato al paragrafo 8 delle presenti conclusioni. Si ricorda che, dei dieci rappresentanti dei dipendenti, sette sono dipendenti dell’impresa e tre sono rappresentanti sindacali.


7      Il giudice del rinvio fa riferimento in particolare alla decisione del 5 giugno 1979 del Landgericht Düsseldorf (Tribunale regionale di Düsseldorf, Germania) (25 AktE 1/78, DB 1979, pag. 1451). Risulta però dalla decisione di rinvio che la giurisprudenza tedesca in materia non è univoca. Il giudice del rinvio precisa, in particolare, che, con ordinanza del 16 febbraio 2015, il Landgericht Frankfurt am Main (Tribunale regionale di Francoforte sul Meno, Germania) (Beschluss Az. 3‑16 O 1/14) ha dichiarato che i dipendenti che lavorano all’estero non erano esclusi dalla cogestione e che essi dovevano quindi partecipare all’elezione dei rappresentanti dei dipendenti in seno al consiglio di sorveglianza. Secondo il governo tedesco, tale decisione non è ancora passata in giudicato e il procedimento è attualmente sospeso in attesa della decisione della Corte nella presente causa.


8      Secondo il giudice del rinvio, la volontà del legislatore tedesco di non includere i lavoratori dipendenti occupati in altri Stati membri nella cogestione (nell’ambito di un gruppo di imprese) discende da una relazione dell’Ausschuss für Arbeit und Sozialordnung des Bundestages (Commissione lavoro e ordinamento sociale del Bundestag tedesco) del 10 marzo 1976 (BT-Drucksache 7/4845, pag. 4).


9      Il giudice del rinvio fa riferimento alla decisione del 22 marzo 2000 del Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro) (7 ABR 34/98, NZA 2000, pag. 1119 [1121]).


10      V. paragrafo 6 delle presenti conclusioni.


11      V., in particolare, ordinanza del 25 gennaio 2007, Koval’ský (C‑302/06, non pubblicata, EU:C:2007:64, punto 20).


12      V. sentenza del 12 ottobre 2016, Ranks e Vasiļevičs (C‑166/15, EU:C:2016:762, punto 22).


13      V. paragrafo 14 delle presenti conclusioni.


14      Osservo che la legge tedesca distingue due tipi di cogestione da parte dei lavoratori dipendenti: e cioè, da una parte, la cogestione esercitata sul piano dello stabilimento, tramite il consiglio di stabilimento (Betriebsrat) e, dall’altra, la cogestione esercitata sul piano societario in seno al consiglio di sorveglianza (Aufsichtsrat). La presente causa riguarda unicamente il secondo tipo di cogestione. V., in particolare, Henssler, M., «Arbeitnehmermitbestimmung im deutschen Gesellschaftsrecht», Unternehmens-Mitbestimmung der Arbeitnehmer im Recht der EU-Mitgliedstaaten, Verlag Recht und Wirtschaft GmbH, Heidelberg, 2004, pag. 133.


15      V. paragrafo 12 delle presenti conclusioni.


16      V. anche nota 37 delle presenti conclusioni.


17      V., in particolare, sentenza del 4 settembre 2014, Schiebel Aircraft (C‑474/12, EU:C:2014:2139, punto 20 e giurisprudenza ivi citata), nonché, in questo senso, sentenza del 29 ottobre 2015, Nagy (C‑583/14, EU:C:2015:737, punto 24).


18      V., in tal senso, sentenze del 1o dicembre 2011, Commissione/Ungheria (C‑253/09, EU:C:2011:795, punto 44 e giurisprudenza ivi citata), nonché del 4 settembre 2014, Schiebel Aircraft (C‑474/12, EU:C:2014:2139, punto 21 e giurisprudenza ivi citata).


19      V. sentenza del 2 marzo 2017, Eschenbrenner (C‑496/15, EU:C:2017:152, punto 32).


20      V. sentenza dell’8 maggio 2003, Wählergruppe Gemeinsam (C‑171/01, EU:C:2003:260, punto 85). In tale contesto, la Corte ha in particolare dichiarato che l’articolo 45, paragrafo 2, TFUE si applica al diritto di elettorato attivo e passivo nell’ambito delle elezioni indette in seno ad organismi quali le camere professionali, cui i lavoratori sono obbligatoriamente iscritti e devono versare contributi e che sono incaricate della tutela nonché della rappresentanza degli interessi di questi ultimi. V. sentenza del 16 settembre 2004, Commissione/Austria (C‑465/01, EU:C:2004:530, punti 28 e 30 e giurisprudenza ivi citata). V., altresì, sentenza del 18 maggio 1994, Commissione/Lussemburgo (C‑118/92, EU:C:1994:198).


21      Questa conclusione non è del resto messa in dubbio dalle parti e dagli interessati che hanno presentato osservazioni alla Corte. Orbene, pur riconoscendo che il diritto di elettorato attivo e passivo alle elezioni al consiglio di sorveglianza costituisce una condizione di lavoro ai sensi dell’articolo 45, paragrafo 2, TFUE, Betriebsrat der TUI e a. ritengono che lo stesso non valga per il mandato in seno al consiglio di sorveglianza. A mio parere non si deve operare una siffatta distinzione tra, da una parte, il diritto di elettorato passivo e, dall’altra, il mandato in seno al consiglio di sorveglianza. Infatti, i due aspetti sono a mio modo di vedere intrinsecamente connessi.


22      V. paragrafi da 5 a 11 delle presenti conclusioni.


23      V. paragrafi da 33 a 37 delle presenti conclusioni.


24      Osservo che, a differenza della presente causa, quella sfociata nella sentenza dell’8 maggio 1994, Commissione/Lussemburgo (C‑118/92, EU:C:1994:198), riguardava una normativa che negava ai cittadini degli altri Stati membri occupati nello Stato membro interessato il diritto di partecipare alle elezioni in seno a camere professionali.


25      V., in particolare, sentenza del 13 luglio 2016, Pöpperl (C‑187/15, EU:C:2016:550, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).


26      V., altresì, articoli 7 e 8 del regolamento (UE) n. 492/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione (GU 2011, L 141, pag. 1), che prevede la parità di trattamento di un lavoratore cittadino di uno Stato membro occupato sul territorio di un altro Stato membro.


27      La Corte ha dichiarato che l’articolo 45 TFUE osta anche ad una legge che svantaggia il lavoratore per il solo fatto che si sia avvalso del suo diritto alla libera circolazione. V., in questo senso, sentenze del 10 marzo 2011, Casteels (C‑379/09, EU:C:2011:131, punti 29 e 30), nonché del 13 luglio 2016, Pöpperl (C‑187/15, EU:C:2016:550, punti da 24 a 26).


28      Rilevo che, qualora un siffatto dipendente abbia effettivamente esercitato il suo diritto alla libera circolazione, essendo stato trasferito all’estero partendo da uno stabilimento (o da una controllata del gruppo) situato in Germania, la sua situazione rientrerebbe nell’altra ipotesi considerata dalla questione pregiudiziale, e cioè quella riguardante i dipendenti del gruppo occupati in Germania. V. paragrafo 36 delle presenti conclusioni.


29      Rilevo, a questo proposito, che il ragionamento formulato dalla Corte nella sentenza del 30 aprile 1996, Boukhalfa (C‑214/94, EU:C:1996:174), fatto valere dalla Commissione, non è assolutamente applicabile alla presente fattispecie. Lo stesso vale per quanto riguarda le sentenze del 6 giugno 2000, Angonese (C‑281/98, EU:C:2000:296), del 16 gennaio 2003, Commissione/Italia (C‑388/01, EU:C:2003:30), e dell’11 gennaio 2007, ITC (C‑208/05, EU:C:2007:16), fatte valere dall’Autorità di vigilanza dell’AELS.


30      Ricordo che, in forza di una giurisprudenza costante della Corte, le disposizioni del Trattato FUE in materia di libera circolazione delle persone non possono essere applicate ad attività che non presentino alcun fattore di collegamento con una qualsiasi delle situazioni contemplate dal diritto dell’Unione, e i cui elementi restino in complesso confinati all’interno di un unico Stato membro. V., in particolare, sentenza del 6 ottobre 2015, Brouillard (C‑298/14, EU:C:2015:652, punto 26 e giurisprudenza ivi citata). V., altresì, per quanto riguarda le disposizioni del Trattato FUE in materia di libertà di stabilimento, di libera prestazione di servizi e di libera circolazione dei capitali, sentenza del 15 novembre 2016, Ullens de Schooten (C‑268/15, EU:C:2016:874, punto 47).


31      V., per quanto riguarda il collegamento di una società con l’ordinamento giuridico di uno Stato membro, sentenze del 9 marzo 1999, Centros (C‑212/97, EU:C:1999:126, punto 20); del 5 novembre 2002, Überseering (C‑208/00, EU:C:2002:632, punto 57); del 30 settembre 2003, Inspire Art (C‑167/01, EU:C:2003:512, punto 97), nonché del 12 dicembre 2006, Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation (C‑374/04, EU:C:2006:773, punto 43).


32      V., a questo proposito, articolo 8, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I) (GU 2008, L 177, pag. 6), in forza del quale, in mancanza di una scelta delle parti, il contratto individuale di lavoro è disciplinato dalla legge del paese nel quale o, in mancanza, a partire dal quale il lavoratore, in esecuzione del contratto, svolge abitualmente il suo lavoro.


33      V., al riguardo, paragrafi 74 e 75 delle presenti conclusioni.


34      Per contro, la struttura e la composizione del capitale della controllata possono rivelarsi rilevanti riguardo all’applicabilità di altre disposizioni del Trattato relative alle libertà fondamentali. Così, secondo la giurisprudenza della Corte, rientrano nell’ambito di applicazione ratione materiae delle disposizioni del Trattato relative alla libertà di stabilimento le disposizioni nazionali che si applicano alla detenzione, da parte di un cittadino dello Stato membro interessato, nel capitale di una società stabilita in un altro Stato membro, di una partecipazione tale da conferirgli una sicura influenza sulle decisioni di tale società e da consentirgli di indirizzarne le attività. V. sentenza del 29 marzo 2007, Rewe Zentralfinanz (C‑347/04, EU:C:2007:194, punto 22 e giurisprudenza ivi citata). Per contro, eventuali disposizioni nazionali che siano applicabili a partecipazioni effettuate al solo scopo di realizzare un investimento finanziario senza intenzione di influire sulla gestione e sul controllo dell’impresa devono essere esaminate esclusivamente alla luce della libera circolazione dei capitali. V. sentenza del 13 novembre 2012, Test Claimants in the FII Group Litigation (C‑35/11, EU:C:2012:707, punto 92).


35      A questo proposito, il sig. Erzberger rileva che la zona d’influenza di detto consiglio non è limitata al territorio tedesco, ma include l’insieme del gruppo di società, ivi compresi gli stabilimenti e le controllate situati in altri Stati membri.


36      V., per quanto riguarda la pretesa «carenza di legittimazione» del regime di cogestione tedesco, a causa dell’esclusione dei dipendenti occupati all’esterno del territorio tedesco, Hellgardt, A., «Unionsrechtswidrigkeit der deutschen Mitbestimmung», e Hellwig, H.‑J., «Vorschlag zur Einbeziehung im Ausland tätiger Arbeitnehmer in die deutsche Unternehmensmitbestimmung: Inpflichtnahme des Vorstands anstelle der Betriebsverfassungsorgane zur Organisation der Wahlen», Deutsche Mitbestimmung unter europäischem Reformzwang, Fachmedien Recht und Wirtschaft, dfv Mediengruppe, Frankfurt am Main, 2016, pagg. 25, 26, 162 e 163, la relazione della Kommission Mitbestimmung, Mitbestimmung und neue Unternehmenskulturen, Bilanz und Perspektiven, Verlag Bertelsmann Stiftung, Gütersloh, 1998, pagg. 106 e 107, e proposta del gruppo di lavoro «Unternehmerische Mitbestimmung» (ZIP 2009, pag. 885), sezione A.II.1.


37      Tengo a segnalare che l’analisi esposta nelle presenti conclusioni non riguarda il caso in cui il dipendente sia occupato in uno stabilimento (o filiale) situato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stabilita la società, dato che tale fattispecie non si presenta nel procedimento principale. V. paragrafi 12 e 35 delle presenti conclusioni. Non può pertanto escludersi che possa essere necessario, per il futuro, fornire precisazioni quanto all’applicabilità dell’articolo 45 TFUE in una situazione del genere. Infatti, qualora il lavoratore fosse alle dirette dipendenze della società, il rapporto di lavoro presenterebbe di per sé un carattere transfrontaliero.


38      V., in questo senso, sentenza del 15 gennaio 1986, Hurd (44/84, EU:C:1986:2, punto 55 e giurisprudenza ivi citata).


39      Rilevo, al riguardo, che il ragionamento formulato dalla Corte nella sentenza del 28 giugno 1984, Moser (180/83, EU:C:1984:233), fatto valere dalla TUI, non è applicabile nelle circostanze della presente causa, dato che riguarda una fattispecie distinta da quella sottoposta all’esame della Corte nell’ambito della presente causa.


40      Ricordo che il gruppo TUI ha alle sue dipendenze circa 10 103 persone in Germania e circa 39 536 persone negli altri Stati membri dell’Unione. V. paragrafo 12 delle presenti conclusioni.


41      Ai sensi dell’articolo 45, paragrafo 3, lettera c), TFUE, «[la libera circolazione dei lavoratori] fatte salve le limitazioni giustificate da motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica (…) importa il diritto: (…) di prendere dimora in uno degli Stati membri al fine di svolgervi un’attività di lavoro, conformemente alle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che disciplinano l’occupazione dei lavoratori nazionali» (il corsivo è mio). Per contro, ritengo che tale disposizione sia effettivamente rilevante quando si tratta di determinare se la normativa contestata comporti una restrizione alla libera circolazione dei lavoratori. V., al riguardo, paragrafi 74 e seguenti delle presenti conclusioni.


42      Fatto salvo quanto riguarda la società europea (SE), la società cooperativa europea (SCE), le imprese di dimensioni comunitarie e i gruppi di imprese di dimensioni comunitarie, nonché le fusioni transfrontaliere delle società di capitali, la questione della partecipazione dei lavoratori nella società non ha formato oggetto, salvo errore da parte mia, di una disciplina sul piano europeo. V., al riguardo, rispettivamente, direttiva 2001/86/CE del Consiglio, dell’8 ottobre 2001, che completa lo statuto della società europea per quanto riguarda il coinvolgimento dei lavoratori (GU 2001, L 294, pag. 22); direttiva 2003/72/CE del Consiglio, del 22 luglio 2003, che completa lo statuto della società cooperativa europea per quanto riguarda il coinvolgimento dei lavoratori (GU 2003, L 207, pag. 25); direttiva 2009/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009, riguardante l’istituzione di un comitato aziendale europeo o di una procedura per l’informazione e la consultazione dei lavoratori nelle imprese e nei gruppi di imprese di dimensioni comunitarie (GU 2009, L 122, pag. 28), e articolo 16 della direttiva 2005/56/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, relativa alle fusioni transfrontaliere delle società di capitali (GU 2005, L 310, pag. 1).


43      V., in questo senso, sentenza del 26 febbraio 2015, Martens (C‑359/13, EU:C:2015:118, punto 23).


44      V. paragrafi 39 e 40 delle presenti conclusioni.


45      V., in particolare, sentenza del 26 maggio 2016, Kohll e Kohll-Schlesser (C‑300/15, EU:C:2016:361, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).


46      V., in particolare, sentenza del 17 marzo 2005, Kranemann (C‑109/04, EU:C:2005:187, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).


47      V., in particolare, sentenza del 10 marzo 2011, Casteels (C‑379/09, EU:C:2011:131, punto 22 e giurisprudenza ivi citata).


48      Oltre alla perdita di influenza e di prestigio, un dipendente membro del consiglio di sorveglianza perderebbe anche, secondo il sig. Erzberger, i diritti pecuniari connessi alla sua partecipazione a tale consiglio, in caso di trasferimento verso un altro Stato membro. Secondo tale parte, i membri del consiglio di sorveglianza della TUI percepiscono, conformemente allo statuto della società convenuta, un’indennità fissa di EUR 50 000 annuali, oltre ad un’indennità in relazione alle prestazioni fornite, alle quali si aggiungerebbero anche i gettoni di presenza. I presidenti e i loro rappresentanti otterrebbero un multiplo di tale indennità.


49      Il corsivo è mio. V., altresì, articolo 2 del regolamento n. 492/2011, in forza del quale «[o]gni cittadino di uno Stato membro e ogni datore di lavoro che esercita un’attività sul territorio di uno Stato membro possono scambiare le loro domande e offerte d’impiego, concludere contratti di lavoro e darvi esecuzione, conformemente alle vigenti disposizioni legislative, regolamentari e amministrative senza che possano risultarne discriminazioni» (il corsivo è mio).


50      Conclusioni dell’avvocato generale Fennelly nella causa Graf (C‑190/98, EU:C:1999:423, paragrafo 32).


51      V., in particolare, sentenza del 28 giugno 1978, Kenny (1/78, EU:C:1978:140, punto 18).


52      V. sentenza del 17 ottobre 1995, Fishermen’s Organisations e a. (C‑44/94, EU:C:1995:325, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).


53      V., in particolare, in questo senso, sentenza del 13 luglio 2016, Pöpperl (C‑187/15, EU:C:2016:550, punto 24). V. altresì, in materia fiscale, sentenze del 26 aprile 2007, Alevizos (C‑392/05, EU:C:2007:251, punto 76 e giurisprudenza ivi citata), e del 2 marzo 2017, Eschenbrenner (C‑496/15, EU:C:2017:152, punto 46).


54      V. paragrafi da 42 a 44 delle presenti conclusioni.


55      V. paragrafi 53 e 54 delle presenti conclusioni.


56      V. nota 42 delle presenti conclusioni. Rilevo che la Commissione aveva proposto, nel 1972, di armonizzare parzialmente le norme degli Stati membri relative alla partecipazione dei lavoratori alla nomina o alla revoca di membri dell’organo di vigilanza delle società per azioni, il che non ha però ottenuto l’appoggio del Consiglio. V., in particolare, ottavo considerando e articolo 4 della proposta, presentata dalla Commissione il 9 ottobre 1972, di una quinta direttiva diretta a coordinare le garanzie richieste negli Stati membri, dalle società, ai sensi dell’articolo 58, paragrafo 2, del Trattato, per tutelare gli interessi, sia dei soci sia dei terzi per quanto riguarda la struttura delle società per azioni nonché i poteri e gli obblighi dei loro organi [COM(1972) 887]. La proposta è stata ritirata con la comunicazione della Commissione del 21 dicembre 2001 [COM(2001) 763 definitivo/2].


57      Rilevo che le legislazioni degli Stati membri in materia di coinvolgimento dei lavoratori formano oggetto di notevoli divergenze. V., a questo proposito, allegato III alla relazione finale del gruppo di esperti, Systèmes européens d’implication des salariés, del maggio 1997 (relazione Davignon) (C4-0455/97), e punto 3.2 della relazione del Reflection Group On the Future of EU Company Law del 5 aprile 2011, entrambe predisposte su iniziativa della Commissione. Le due relazioni fanno espressamente menzione del regime di cogestione tedesco. V., anche, Unternehmens-Mitbestimmung der Arbeitnehmer im Recht der EU-Mitgliedstaaten (già citata, nota 14) e Wansleben, T., «Arbeitnehmermitbestimmung auf Organebene in den Mitgliedstaaten der Europäischen Union im Rechtsvergleich», Deutsche Mitbestimmung unter europäischem Reformzwang (già citata, nota 36), pagg. da 108 a 134.


58      Taluni Stati membri concedono effettivamente ai lavoratori occupati in altri Stati membri il diritto di elettorato attivo e passivo alle elezioni per gli organi di amministrazione o di gestione delle società nazionali. V., per quanto riguarda la Danimarca, articolo 140, paragrafo 1, e articolo 141, paragrafi 1 e 3, del lovbekendtgørelse nr. 1089 om aktie- og anpartsselskaber (selskabsloven) (decreto legge n. 1089 sulle società), del 14 settembre 2015, e articoli 2, 15, 16 e 48 del bekendtgørelse nr. 344 om medarbejderrepræsentation i aktie- og anpartsselskaber (decreto n. 344 sulla rappresentanza dei lavoratori nelle società), del 30 marzo 2012. In forza di dette disposizioni i dipendenti occupati in stabilimenti di una società danese situati in altri Stati membri dell’Unione e dello Spazio economico europeo (SEE) sono inclusi nel regime di partecipazione nell’organo di gestione di tale società. Inoltre, l’assemblea generale della società danese può anche decidere di includere i dipendenti occupati in controllate di tale società situate in altri Stati membri dell’Unione e del SEE nel regime di partecipazione nell’organo di gestione della capogruppo danese. L’autorità di Vigilanza AELS precisa che la legislazione norvegese prevede anche la possibilità di sottoporre i dipendenti del gruppo occupati all’estero al regime di partecipazione nell’organo di vigilanza della capogruppo norvegese.


59      Per essere esauriente, rilevo che, in tale ipotesi, la giurisprudenza Graf (sentenza del 27 gennaio 2000, C‑190/98, EU:C:2000:49, punti 24 e 25 e giurisprudenza ivi citata), fatta valere da più parti e interessati, non può applicarsi ad una normativa come quella controversa nel procedimento principale. Infatti, la perdita del diritto di elettorato attivo e passivo alle elezioni dei rappresentanti dei lavoratori in seno al consiglio di sorveglianza della società e, se del caso, la perdita del mandato in seno a tale consiglio, in caso di trasferimento del dipendente verso un altro Stato membro, non possono essere considerate, a mio parere, come una circostanza troppo aleatoria e indiretta ai sensi di tale giurisprudenza. V., al riguardo, sentenza del 1o aprile 2008, Gouvernement de la Communauté française e gouvernement wallon (C‑212/06, EU:C:2008:178, punto 51). V. altresì, in un senso analogo a proposito della libera circolazione dei capitali, sancita dagli articoli 63 TFUE e seguenti, sentenza del 14 febbraio 2008, Commissione/Spagna (C‑274/06, non pubblicata, EU:C:2008:86, punto 24).


60      V., in questo senso, sentenza del 5 dicembre 2013, Zentralbetriebsrat der gemeinnützigen Salzburger Landeskliniken (C‑514/12, EU:C:2013:799, punti 35 e 36 e giurisprudenza ivi citata).


61      Ricordo che l’articolo 45, paragrafo 3, TFUE ammette restrizioni giustificate da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica.


62      Si fa riferimento, in particolare, alle sentenze del 24 novembre 1992, Poulsen e Diva Navigation (C‑286/90, EU:C:1992:453, punti 9, 28 e 29); del 14 luglio 1994, Peralta (C‑379/92, EU:C:1994:296, punti 46 e 47); del 5 octobre 1994, van Schaik (C‑55/93, EU:C:1994:363, punto 16); del 13 dicembre 2005, Marks & Spencer (C‑446/03, EU:C:2005:763, punti 36 e seg.), nonché del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, EU:C:2011:785, punti 43 e segg.).


63      Al riguardo, tale giudice dovrebbe in particolare verificare, secondo la Commissione, se la cogestione in forza della normativa tedesca possa essere estesa a lavoratori occupati in altri Stati membri da un punto di vista pratico e organizzativo.


64      V. paragrafo 21 delle presenti conclusioni.


65      V. paragrafo 83 delle presenti conclusioni. D’altro canto neppure le direttive relative al coinvolgimento dei lavoratori nella società europea (SE) e nella società cooperativa europea (SCE) prevedono l’applicazione del regime di partecipazione nazionale ai lavoratori occupati in altri Stati membri. V., in particolare, le disposizioni di riferimento previste alla parte 1, lettere a) e b), primo comma, dell’allegato alle direttive 2001/86 e 2003/72. Lo stesso vale per quanto riguarda l’istituzione del comitato d’impresa europeo nelle imprese di dimensione comunitaria e nei gruppi di imprese di dimensione comunitaria, secondo le prescrizioni integrative adottate dagli Stati membri in forza della direttiva 2009/38. V. punto 1, lettera b), dell’allegato I a quest’ultima direttiva.


66      V., in particolare, sentenza del 13 dicembre 2005, Marks & Spencer (C‑446/03, EU:C:2005:763, punto 39). Per scrupolo di completezza, tengo a precisare che il riconoscimento da parte della Corte del principio di territorialità non si limita al settore della fiscalità. Tuttavia, la giurisprudenza relativa al detto principio in altri settori non riguarda le libertà fondamentali del Trattato e non presenta quindi alcun interesse ai fini della presente controversia.


67      V., in particolare, sentenze del 7 settembre 2006, N (C‑470/04, EU:C:2006:525, punti da 41 a 46); del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, EU:C:2011:785, punti da 45 a 48); del 16 aprile 2015, Commissione/Germania (C‑591/13, EU:C:2015:230, punti 64 e 65), nonché dell’8 giugno 2016, Hünnebeck (C‑479/14, EU:C:2016:412, punto 65). V., altresì, sentenza del 21 marzo 2002, Cura Anlagen (C‑451/99, EU:C:2002:195, punto 40), in cui la Corte ha dichiarato che gli Stati membri sono liberi «di ripartire tra loro tale competenza fiscale sulla base di criteri quali il territorio sul quale il veicolo è effettivamente utilizzato, o la residenza del conducente, che sono elementi diversi dal principio di territorialità» (il corsivo è mio).


68      V. sentenza del 29 marzo 2007, Rewe Zentralfinanz (C‑347/04, EU:C:2007:194, punto 69). A questo proposito, la Corte fa riferimento alle conclusioni dell’avvocato generale Poiares Maduro nella causa Rewe Zentralfinanz (C‑347/04, EU:C:2006:350, punto 49).


69      V. in particolare, in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2016, Commissione/Portogallo (C‑503/14, EU:C:2016:979, punti 50 e 51 e giurisprudenza ivi citata).


70      V., segnatamente, sentenza del 16 aprile 2015, Commissione/Germania (C‑591/13, EU:C:2015:230, punto 65 e giurisprudenza ivi citata).


71      Al riguardo, la presente causa si distingue da quella sfociata nella sentenza del 14 luglio 1994, Peralta (C‑379/92, EU:C:1994:296), fatta valere dalla TUI e dal governo tedesco.


72      V., a questo proposito, sentenze del 29 marzo 2007, Rewe Zentralfinanz (C‑347/04, EU:C:2007:194, punto 69), e dell’8 giugno 2016, Hünnebeck (C‑479/14, EU:C:2016:412, punto 66). Ricordo che taluni Stati membri dell’Unione e del SEE concedono effettivamente ai lavoratori occupati in altri Stati membri il diritto di elettorato attivo e passivo alle elezioni concernenti gli organi di amministrazione o di gestione delle società nazionali. V. nota 58 delle presenti conclusioni.


73      Il governo tedesco fa riferimento, in particolare, al Dritte Wahlordnung zum Mitbestimmungsgesetz (3. WOMitbestG) (terzo regolamento elettorale recante applicazione della legge sulla cogestione), del 27 maggio 2002 (BGBl. 2002 I, pag. 1741), quale modificato ultimamente dal Verordnung (regolamento) del 26 agosto 2015 (BGBl. 2015 I, pag. 1443).


74      Il governo menziona, segnatamente, l’obbligo della controllata di sostenere la costituzione di comitati elettorali, di fornire elenchi di dipendenti e altri dati affinché tali comitati possano formare liste elettorali, conformemente alle disposizioni tedesche pertinenti, e di concedere permessi retribuiti ai dipendenti per poter svolgere i compiti del comitato elettorale.


75      In udienza, il governo tedesco ha riconosciuto, in risposta ad una questione posta dalla Corte, che, qualora la cogestione sia organizzata in modo tale che la direzione della capogruppo conceda il diritto di elettorato attivo e passivo ai dipendenti occupati nelle sue controllate all’estero e organizzi direttamente l’elezione, non vi sarebbe ingerenza nelle competenze di altri Stati membri.


76      V. paragrafo 88 delle presenti conclusioni.


77      V. paragrafo 88 delle presenti conclusioni.


78      Ricordo che la salvaguardia dell’identità nazionale degli Stati membri è stata anche riconosciuta nella giurisprudenza della Corte come configurante uno scopo legittimo rispettato dall’ordinamento giuridico dell’Unione. V. sentenza 2 luglio 1996, Commissione/Lussemburgo (C‑473/93, EU:C:1996:263, punto 35). V. altresì, per quanto riguarda l’articolo 4, paragrafo 2, TUE, sentenze 22 dicembre 2010, Sayn-Wittgenstein (C‑208/09, EU:C:2010:806, punto 92); 12 maggio 2011, Runevič-Vardyn e Wardyn (C‑391/09, EU:C:2011:291, punto 86), nonché 2 giugno 2016, Bogendorff von Wolffersdorff (C‑438/14, EU:C:2016:401, punto 73).


79      Basandosi sulla decisione del Bundesverfassungsgericht (Corte costituzionale federale, Germania) del 1o marzo 1979 (1 BvR 532/77, 1 BvL 21/78, 1 BvR 419/78, e 1 BvR 533/77) (NJW 1979, pag. 699), punto 189, il governo tedesco rileva che la normativa in materia di cogestione da parte dei lavoratori ha lo scopo di attenuare, attraverso una partecipazione istituzionalizzata alle decisioni imprenditoriali, il potere decisionale di terzi che, nelle società di determinate dimensioni, è inerente al fatto che i dipendenti sono soggetti al potere di direzione e di organizzazione di persone esterne alla società e quello di sostituire la legittimazione economica della direzione della società con una legittimazione sociale. V., per quanto riguarda lo sviluppo del regime di cogestione tedesco, capitolo 3 della relazione della Kommission Mitbestimmung, Mitbestimmung und neue Unternehmenskulturen, Bilanz und Perspektiven (già citata, nota 36 delle presenti conclusioni).


80      Il governo menziona ancora il fatto che, in una lettera aperta comune, le organizzazioni di vertice delle parti sociali tedesche hanno qualificato detto regime come un pilastro fondamentale del sistema sociale e del mercato del lavoro tedesco. Sempre secondo tale governo, il presidente tedesco ha inoltre affermato che la cogestione rappresentava un elemento di cultura nazionale consolidato, con un elemento fondatore di identità.


81      V., in particolare, punto 17 della Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori alla quale viene fatto riferimento all’articolo 151, primo comma, TFUE. V., inoltre, articolo 153, paragrafo 1, lettera f), TFUE. V., altresì, articolo 27 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea riguardante il diritto all’informazione e alla consultazione dei lavoratori in seno all’impresa.


82      V., in particolare, articolo 151, secondo comma, TFUE e articolo 152, primo comma TFUE.


83      V. considerando 5 e 9 delle direttive 2001/86 e 2003/72. V., per quanto riguarda il principio di sussidiarietà, considerando 20 della direttiva 2009/38. Rilevo che, inversamente a quest’ultima direttiva, le direttive 2001/86 e 2003/72 sono state adottate non sulla base delle disposizioni del Trattato FUE relative alla politica sociale, ma invece sulla base dell’articolo 352 TFUE.


84      V., per quanto riguarda le divergenze tra le legislazioni degli Stati membri in materia, nota 57 delle presenti conclusioni.


85      Ricordo che, in forza della normativa tedesca in materia di cogestione, ai dipendenti inclusi nel regime di cogestione viene concesso, in una situazione come quella controversa nel procedimento principale, il diritto di designare, unitamente ai sindacati, la metà dei membri del consiglio di sorveglianza della società. V. paragrafo 8 delle presenti conclusioni.


86      V. nota 73 delle presenti conclusioni.


87      Secondo il governo tedesco, in un gruppo di una certa importanza, le elezioni di detti membri durano tra i sei e i dodici mesi e i preparativi iniziano, in pratica, già molto prima.


88      V., in questo senso, sentenze del 14 luglio 1981, Oebel (155/80, EU:C:1981:177, punto 12), e del 23 novembre 1989, B & Q (C‑145/88, EU:C:1989:593, punto 14).


89      V. sentenza del 2 giugno 2016, Bogendorff von Wolffersdorff (C‑438/14, EU:C:2016:401, punto 73 e giurisprudenza ivi citata)