Language of document : ECLI:EU:C:2019:203

SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

14 marzo 2019 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Diritto al ricongiungimento familiare – Direttiva 2003/86/CE – Articolo 16, paragrafo 2, lettera a) – Articolo 17 – Revoca del permesso di soggiorno del familiare di un cittadino di un paese terzo – Status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo – Direttiva 2003/109/CE – Articolo 9, paragrafo 1, lettera a) – Perdita di tale status – Frode – Assenza di conoscenza della frode»

Nella causa C‑557/17,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Raad van State (Consiglio di Stato, Paesi Bassi), con decisione del 20 settembre 2017, pervenuta in cancelleria il 22 settembre 2017, nel procedimento

Staatssecretaris van Veiligheid en Justitie

contro

Y.Z.,

Z.Z.,

Y.Y.

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta da T. von Danwitz, presidente della Settima Sezione, facente funzione di presidente della Quarta Sezione, K. Jürimäe, C. Lycourgos (relatore), E. Juhász e C. Vajda, giudici,

avvocato generale: P. Mengozzi

cancelliere: M. Ferreira, amministratrice principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 5 luglio 2018,

considerate le osservazioni presentate:

–        per Y.Z., Z.Z. e Y.Y., da M. Strooij e A.C.M. Nederveen, advocaten;

–        per il governo dei Paesi Bassi, da M.K. Bulterman, M.H.S. Gijzen e J.M. Hoogveld, in qualità di agenti;

–        per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente;

–        per la Commissione europea, da R. Troosters e C. Cattabriga, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 4 ottobre 2018,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 16, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2003/86/CE del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativa al diritto al ricongiungimento familiare (GU 2003, L 251, pag. 12), e dell’articolo 9, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo (GU 2004, L 16, pag. 44).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra lo Staatssecretaris van Veiligheid en Justitie (Segretario di Stato alla sicurezza e alla giustizia, Paesi Bassi; in prosieguo: il «Segretario di Stato») e Y.Z., Z.Z. e Y.Y. (in prosieguo, rispettivamente: il «padre», il «figlio» e la «madre»), in merito a talune decisioni del Segretario di Stato che hanno revocato i permessi di soggiorno concessi a Y.Z., Z.Z. e Y. Y, ingiungendo loro di lasciare immediatamente il territorio Paesi Bassi e vietando loro il reingresso.

 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

 La direttiva 2003/86

3        I considerando 2 e 4 della direttiva 2003/86 così recitano:

«(2)      Le misure in materia di ricongiungimento familiare dovrebbero essere adottate in conformità con l’obbligo di protezione della famiglia e di rispetto della vita familiare che è consacrato in numerosi strumenti di diritto internazionale. La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali ed i principi riconosciuti in particolare nell’articolo 8 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

(…)

(4)      Il ricongiungimento familiare è uno strumento necessario per permettere la vita familiare. Esso contribuisce a creare una stabilità socioculturale che facilita l’integrazione dei cittadini di paesi terzi negli Stati membri, permettendo d’altra parte di promuovere la coesione economica e sociale, obiettivo fondamentale della Comunità, enunciato nel trattato».

4        Ai sensi dell’articolo 1 di tale direttiva:

«Lo scopo della presente direttiva è quello di fissare le condizioni dell’esercizio del diritto al ricongiungimento familiare di cui dispongono i cittadini di paesi terzi che risiedono legalmente nel territorio degli Stati membri».

5        L’articolo 2 della direttiva di cui trattasi così dispone:

«Ai fini della presente direttiva, si intende per:

(…)

c)      “soggiornante”: il cittadino di un paese terzo legalmente soggiornante in uno Stato membro che chiede o i cui familiari chiedono il ricongiungimento familiare;

d)      “ricongiungimento familiare”: l’ingresso e il soggiorno in uno Stato membro dei familiari di un cittadino di un paese terzo che soggiorna legalmente in tale Stato membro, al fine di conservare l’unità familiare, indipendentemente dal fatto che il legame familiare sia anteriore;

(…)».

6        L’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2003/86 così recita:

«In virtù della presente direttiva e subordinatamente alle condizioni stabilite al capo IV e all’articolo 16, gli Stati membri autorizzano l’ingresso e il soggiorno dei seguenti familiari:

a)      il coniuge del soggiornante;

b)      i figli minorenni del soggiornante e del coniuge (…);

(…)».

7        L’articolo 5, paragrafo 2, primo comma, di tale direttiva prevede quanto segue:

«La domanda [di ingresso e di soggiorno] deve essere corredata da documenti che comprovano i vincoli familiari e il rispetto delle condizioni previste dagli articoli 4 e 6 e, nel caso siano applicabili, dagli articoli 7 e 8 (…)».

8        L’articolo 7, paragrafo 1, di detta direttiva dispone quanto segue:

«Al momento della presentazione della domanda di ricongiungimento familiare, lo Stato membro interessato può chiedere alla persona che ha presentato la richiesta di dimostrare che il soggiornante dispone:

(…)

c)      di risorse stabili e regolari sufficienti per mantenere se stesso e i suoi familiari senza ricorrere al sistema di assistenza sociale dello Stato membro interessato (…)».

9        L’articolo 13, paragrafo 3, della direttiva 2003/86 così recita:

«Il periodo di validità dei permessi di soggiorno concessi al familiare o ai familiari non può in linea di principio andare oltre la data di scadenza del permesso di soggiorno del soggiornante».

10      L’articolo 16, paragrafi 2 e 3, di tale direttiva così dispone:

«2.      Gli Stati membri possono inoltre respingere la domanda d’ingresso e di soggiorno ai fini del ricongiungimento familiare, oppure ritirare o rifiutare il rinnovo del permesso di soggiorno dei familiari se è accertato che:

a)      sono state utilizzate informazioni false o ingannevoli, sono stati utilizzati documenti falsi o falsificati, ovvero è stato fatto ricorso alla frode o ad altri mezzi illeciti;

(…)

3.      Gli Stati membri possono ritirare o rifiutare di rinnovare il permesso di soggiorno di un familiare quando sia posto fine al soggiorno del soggiornante e il familiare non sia ancora titolare del diritto al permesso di soggiorno autonomo in virtù dell’articolo 15».

11      L’articolo 17 della citata direttiva recita:

«In caso di rigetto di una domanda, di ritiro o di mancato rinnovo del permesso di soggiorno o di adozione di una misura di allontanamento nei confronti del soggiornante o dei suoi familiari, gli Stati membri prendono nella dovuta considerazione la natura e la solidità dei vincoli familiari della persona e la durata del suo soggiorno nello Stato membro, nonché l’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo paese d’origine».

 La direttiva 2003/109

12      I considerando 2, 4, 6 e 12 della direttiva 2003/109 così recitano:

«(2)      Nella riunione straordinaria di Tampere del 15 e del 16 ottobre 1999, il Consiglio europeo ha affermato che occorre ravvicinare lo status giuridico dei cittadini di paesi terzi a quello dei cittadini degli Stati membri e che, alle persone che soggiornano regolarmente in un determinato Stato membro per un periodo da definirsi e sono in possesso di un permesso di soggiorno di lunga durata, lo Stato membro dovrebbe garantire una serie di diritti uniformi e quanto più simili a quelli di cui beneficiano i cittadini dell’Unione europea.

(…)

(4)      L’integrazione dei cittadini di paesi terzi stabilitisi a titolo duraturo negli Stati membri costituisce un elemento cardine per la promozione della coesione economica e sociale, obiettivo fondamentale della Comunità enunciato nel trattato.

(…)

(6)      La condizione principale per ottenere lo status di soggiornante di lungo periodo dovrebbe essere la durata del soggiorno nel territorio di uno Stato membro. Dovrebbe trattarsi di un soggiorno legale ed ininterrotto, a testimonianza del radicamento del richiedente nel paese in questione (…).

(…)

(12)      Per costituire un autentico strumento di integrazione sociale, lo status di soggiornante di lungo periodo dovrebbe valere al suo titolare la parità di trattamento con i cittadini dello Stato membro in una vasta gamma di settori economici e sociali sulle pertinenti condizioni definite dalla presente direttiva».

13      L’articolo 4, paragrafo 1, di tale direttiva dispone quanto segue:

«Gli Stati membri conferiscono lo status di soggiornante di lungo periodo ai cittadini di paesi terzi che hanno soggiornato legalmente e ininterrottamente per cinque anni nel loro territorio immediatamente prima della presentazione della pertinente domanda».

14      L’articolo 5, paragrafo 1, della citata direttiva prevede quanto segue:

«Gli Stati membri richiedono ai cittadini di paesi terzi di comprovare che dispongono, per sé e per i familiari a carico:

a)      di risorse stabili e regolari, sufficienti al sostentamento loro e dei loro familiari, senza fare ricorso al sistema di assistenza sociale dello Stato membro interessato (…).

(…)».

15      L’articolo 7, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2003/109 è formulato come segue:

«Per ottenere lo status di soggiornante di lungo periodo, il cittadino di paese terzo interessato presenta domanda alle autorità competenti dello Stato membro in cui soggiorna. La domanda è corredata della documentazione comprovante conformemente alla legislazione nazionale la sussistenza delle condizioni di cui agli articoli 4 e 5 (…)».

16      Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, di tale direttiva:

«Lo status di soggiornante di lungo periodo è permanente, fatto salvo l’articolo 9».

17      L’art. 9 della direttiva di cui trattasi così dispone:

«1.      I soggiornanti di lungo periodo non hanno più diritto allo status di soggiornante di lungo periodo nei casi seguenti:

a)      constatazione dell’acquisizione fraudolenta dello status di soggiornante di lungo periodo;

(…)

7.      Quando la revoca o la perdita dello status di soggiornante di lungo periodo non comporta l’allontanamento, lo Stato membro autorizza l’interessato a rimanere nel suo territorio se soddisfa le condizioni previste nel suo diritto interno e/o se questi non costituisce una minaccia per l’ordine pubblico e la pubblica sicurezza».

 La decisione n. 1/80

18      L’articolo 7, primo comma, della decisione n. 1/80 del Consiglio di associazione, del 19 settembre 1980, relativa allo sviluppo dell’associazione e acclusa all’Accordo che crea un’associazione tra la Comunità economica europea e la Turchia, firmato il 12 settembre 1963 ad Ankara dalla Repubblica di Turchia, da un lato, nonché dagli Stati membri della CEE e dalla Comunità, dall’altro, e che è stato concluso, approvato e confermato a nome di quest’ultima dalla decisione 64/732/CEE del Consiglio, del 23 dicembre 1963 (GU 1964, 217, pag. 3685), prevede quanto segue:

«I familiari che sono stati autorizzati a raggiungere un lavoratore turco inserito nel regolare mercato del lavoro di uno Stato membro:

–        hanno il diritto di rispondere – fatta salva la precedenza ai lavoratori degli Stati membri della Comunità – a qualsiasi offerta di impiego, se vi risiedono regolarmente da almeno tre anni;

–        beneficiano del libero accesso a qualsiasi attività dipendente di loro scelta se vi risiedono regolarmente da almeno cinque anni».

 Il diritto dei Paesi Bassi

19      L’articolo 14, paragrafo 1, della wet tot algehele herziening van de Vreemdelingenwet (legge recante completa revisione della legge sugli stranieri), del 23 novembre 2000 (Stb. 2000, n. 495; in prosieguo: la «legge del 2000»), prevede quanto segue:

«Il nostro Ministro è competente:

a)      ad accogliere, respingere o escludere senza esame la domanda volta a ottenere un permesso di soggiorno a durata determinata;

(…)».

20      L’articolo 18, paragrafo 1, di tale legge dispone quanto segue:

«Una domanda diretta a ottenere la proroga della validità di un permesso di soggiorno a durata determinata di cui all’articolo 14 può essere respinta quando:

(…)

c)      lo straniero ha fornito informazioni inesatte o non ha fornito informazioni laddove tali informazioni avrebbero comportato il rigetto della domanda iniziale di ottenimento o di proroga;

(…)».

21      L’articolo 19 di detta legge è formulato come segue:

«Il permesso di soggiorno a durata determinata può essere revocato per i motivi di cui all’articolo 18, paragrafo 1, ad eccezione di quello previsto alla lettera b) (…)».

22      Ai sensi dell’articolo 45a, paragrafo 1, della legge del 2000:

«Il nostro Ministro è competente:

a)      ad accogliere, respingere o escludere senza esame la domanda volta a ottenere un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo;

b)      a revocare un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo».

23      L’articolo 45d, paragrafo 3, di tale legge prevede quanto segue:

«Il permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo – UE è revocato qualora:

(…)

b)      il permesso di soggiorno sia stato ottenuto in maniera fraudolenta».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

24      A decorrere dal 29 marzo 2001 il padre, cittadino cinese, ha ottenuto un permesso di soggiorno ordinario a tempo determinato nei Paesi Bassi, nell’ambito delle sue presunte attività di dirigente di una società, e poi, con decorrenza dal 28 aprile 2006, un permesso di soggiorno ordinario a tempo indeterminato in tale Stato membro. Tali permessi di soggiorno sono stati rilasciati esclusivamente in base al diritto nazionale.

25      Il 31 gennaio 2002, la madre ed il figlio, rispettivamente moglie del padre e figlio minorenne della coppia, nato nel 1991 – anch’essi cittadini cinesi – hanno ottenuto permessi di soggiorno ordinari a tempo determinato nel suddetto Stato membro in forza dell’articolo 14 della legge del 2000. Tali permessi sono stati rilasciati nell’ambito di un ricongiungimento familiare con il padre, ai sensi della direttiva 2003/86. Con decorrenza dal 18 ottobre 2006, alla madre e al figlio sono stati rilasciati permessi di soggiorno ordinari a tempo indeterminato nello stesso Stato membro, recanti l’annotazione «soggiornante CE di lungo periodo», in forza degli articoli 20 e 21 della legge del 2000, sostituiti e riprodotti, sostanzialmente, all’articolo 45a di tale legge, che traspongono nell’ordinamento giuridico dei Paesi Bassi gli articoli 7 e 8 della direttiva 2003/109.

26      Con diverse decisioni del 29 gennaio 2014, il Segretario di Stato ha revocato con efficacia retroattiva, da un lato, i differenti permessi di soggiorno ordinari rilasciati al padre, con la motivazione che la presunta occupazione svolta da quest’ultimo era fittizia in quanto la società da cui dipendeva non esercitava alcuna attività, e che tali permessi erano quindi stati ottenuti in maniera fraudolenta. Dall’altro lato, il Segretario di Stato ha revocato con efficacia retroattiva anche i permessi di soggiorno a tempo determinato rilasciati alla madre e al figlio nell’ambito del ricongiungimento familiare, nonché i permessi di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo rilasciati a questi ultimi. Con tali decisioni il Segretario di Stato ha inoltre ingiunto al padre, alla madre e al figlio di lasciare immediatamente il territorio dei Paesi Bassi e ha adottato un divieto di reingresso nei loro confronti.

27      Per quanto riguarda, più in particolare, i permessi di soggiorno regolari a tempo determinato della madre e del figlio, revocati in applicazione dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera c), e dell’articolo 19 della legge del 2000, che danno attuazione nel diritto interno all’articolo 16, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2003/86, il Segretario di Stato ritiene che essi siano stati acquisiti in maniera fraudolenta, dal momento che sono stati rilasciati in base alle attestazioni fraudolente sull’occupazione del padre. Lo stesso varrebbe anche per i permessi di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo della madre e del figlio. In effetti, da un lato, tali permessi sono stati ottenuti in base all’inesatto presupposto che la madre e il figlio beneficiassero, prima della concessione di detti permessi, di un soggiorno regolare nei Paesi Bassi. Dall’altro lato, le attestazioni fraudolente sull’occupazione del padre sono state anch’esse prodotte ai fini di tale rilascio per far credere che la madre e il figlio disponessero di risorse stabili, regolari e sufficienti, dal momento che in nessun momento questi ultimi avrebbero avuto a disposizione tali risorse in modo autonomo.

28      Secondo il Segretario di Stato, la circostanza che la madre e il figlio fossero o meno a conoscenza della frode commessa dal padre e del carattere fraudolento delle attestazioni sull’occupazione di quest’ultimo è irrilevante.

29      Con una decisione del 4 maggio 2015, il Segretario di Stato ha respinto il reclamo proposto dal padre, dalla madre e dal figlio avverso le decisioni del 29 gennaio 2014.

30      Investito di un ricorso avverso la decisione del 4 maggio 2015, con sentenza del 31 maggio 2016 il rechtbank Den Haag (Tribunale dell’Aia, Paesi Bassi) ha stabilito che il Segretario di Stato aveva revocato giustamente i diversi permessi di soggiorno del padre nonché, da un lato, i permessi di soggiorno ordinari a tempo determinato della madre e del figlio, in applicazione dell’articolo 16, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2003/86, e, dall’altro, i permessi di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo di questi ultimi ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2003/109. Per contro, tale Tribunale ha considerato il ricorso fondato in quanto il Segretario di Stato non aveva debitamente esposto le ragioni per le quali la revoca dei permessi di soggiorno accordati al figlio non violava il diritto alla vita privata garantito dall’articolo 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»).

31      Il Segretario di Stato, da un lato, e il padre, la madre e il figlio, dall’altro, hanno proposto appello avverso tale sentenza dinanzi al giudice del rinvio.

32      Tale giudice ha accolto l’appello proposto dal Segretario di Stato.

33      Detto giudice ha infatti stabilito che quest’ultimo non era incorso in errore nel ritenere, in considerazione dei diversi interessi in gioco, che la revoca dei permessi di soggiorno rilasciati al figlio non violasse l’articolo 8 della CEDU. Egli ha aggiunto che l’articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), cui occorre attribuire lo stesso significato e la stessa portata che sono conferiti all’articolo 8 della CEDU, non conduceva ad una diversa valutazione.

34      Con riguardo all’appello incidentale proposto dal padre, dalla madre e dal figlio, il giudice del rinvio rileva che è pacifico che il padre ha ottenuto i suoi permessi di soggiorno a tempo determinato e a tempo indeterminato in maniera fraudolenta, dal momento che la sua occupazione era fittizia. Pertanto, la controversia verte soltanto sulle conseguenze della frode sul diritto di soggiorno della madre e del figlio.

35      A quest’ultimo riguardo, tale giudice sottolinea, da un lato, che è pacifico che le attestazioni fraudolente sull’occupazione prodotte dal padre per dimostrare che disponeva di risorse stabili, regolari e sufficienti ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2003/86, sono alla base del rilascio e della proroga dei permessi di soggiorno ordinari a tempo determinato della madre e del figlio. Orbene, il padre non avrebbe mai potuto disporre di tali risorse, in quanto la sua occupazione era fittizia. Peraltro, detto giudice rileva che la madre ed il figlio non hanno ottenuto un permesso di soggiorno autonomo ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, di tale direttiva, in quanto nel diritto dei Paesi Bassi un tale permesso di soggiorno è limitato a motivi umanitari non temporanei, e la madre e il figlio non ne hanno mai richiesto il rilascio.

36      Per quanto riguarda, dall’altro lato, i permessi di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo rilasciati alla madre e al figlio, il giudice del rinvio sottolinea che è altresì pacifico che il soggiorno di questi ultimi nel territorio dei Paesi Bassi prima dell’ottenimento di tali permessi era fondato sulla frode del padre. Di conseguenza, si basava su una frode anche il presupposto secondo il quale essi soddisfacevano la condizione di un soggiorno legale di cinque anni sul territorio di uno Stato membro, prevista all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2003/109. Inoltre, detti permessi sono stati ottenuti in base alle attestazioni fraudolente sull’occupazione del padre, che sono state prodotte ai fini di tale ottenimento.

37      Tuttavia, secondo tale giudice, nel caso di specie occorre partire dalla premessa che la madre e il figlio ignoravano le condotte fraudolente del padre, dal momento che il Segretario di Stato non solo non ha affermato che essi ne fossero a conoscenza, ma ha inoltre considerato che tale aspetto era irrilevante.

38      Detto giudice si chiede se, in tali circostanze, il Segretario di Stato potesse validamente revocare, da un lato, i permessi di soggiorno a tempo determinato rilasciati alla madre e al figlio, conformemente all’articolo 16, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2003/86, e, dall’altro, i permessi di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo rilasciati a questi ultimi, in applicazione dell’articolo 9, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2003/109.

39      In tali circostanze, il Raad van State (Consiglio di Stato, Paesi Bassi) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 16, paragrafo 2, parte iniziale e lettera a), della direttiva [2003/86] debba essere interpretato nel senso che esso osta alla revoca di un permesso di soggiorno rilasciato nel contesto del ricongiungimento familiare nel caso in cui il rilascio di detto titolo di soggiorno sia basato su dati fraudolenti, laddove il familiare non era a conoscenza della natura fraudolenta di detti dati.

2)      Se l’articolo 9, paragrafo 1, parte iniziale e lettera a), della direttiva [2003/109] debba essere interpretato nel senso che esso osta alla revoca dello status di soggiornante di lungo periodo nel caso in cui l’acquisizione di tale status sia fondata su dati fraudolenti, laddove il soggiornante di lungo periodo non era a conoscenza della natura fraudolenta di detti dati».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

40      Con la sua prima questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 16, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2003/86 debba essere interpretato nel senso che osta a che uno Stato membro revochi i permessi di soggiorno che sono stati rilasciati ai familiari di un cittadino di un paese terzo in applicazione di tale direttiva, con la motivazione che per ottenere tali permessi di soggiorno sono stati prodotti documenti falsificati, nell’ipotesi in cui i suddetti familiari ignorassero il carattere fraudolento di tali documenti.

41      Per rispondere a tale questione occorre ricordare che, in forza dell’articolo 4, paragrafo 1, lettere a) e b), della direttiva 2003/86, gli Stati membri autorizzano l’ingresso e il soggiorno, in conformità a tale direttiva, del coniuge del soggiornante e dei figli minorenni del soggiornante e del coniuge. Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, di tale direttiva, la domanda di ingresso e di soggiorno è corredata dei documenti che comprovano il rispetto delle condizioni previste in particolare all’articolo 7 della stessa direttiva, il cui paragrafo 1, lettera c), prevede che lo Stato membro interessato può chiedere alla persona che ha presentato la richiesta di dimostrare che il soggiornante dispone di risorse stabili e regolari sufficienti per mantenere se stesso e i suoi familiari senza ricorrere al sistema di assistenza sociale di tale Stato membro.

42      L’articolo 16, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2003/86 prevede che gli Stati membri possono ritirare il permesso di soggiorno di un familiare se è accertato che sono state utilizzate informazioni false o ingannevoli, sono stati utilizzati documenti falsi o falsificati, ovvero è stato fatto ricorso alla frode o ad altri mezzi illeciti.

43      Dalla formulazione di tale disposizione emerge che, in via di principio, gli Stati membri possono ritirare tale permesso qualora per ottenerlo siano stati prodotti documenti falsificati o sia stato fatto ricorso alla frode. La suddetta disposizione non individua la persona che ha fornito o utilizzato tali documenti o che ha commesso tale frode, né esige che il familiare interessato fosse a conoscenza di quest’ultima. Da tale formulazione emerge anche che il semplice utilizzo a questi stessi fini di informazioni false o di documenti falsi, in particolare al fine di far credere che il soggiornante disponesse di risorse stabili, regolari e sufficienti ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), di tale direttiva, è sufficiente per fondare una decisione di revoca del permesso di soggiorno dei familiari, senza che l’articolo 16, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2003/86 esiga la dimostrazione di un intento fraudolento da parte di tali familiari o la conoscenza da parte loro della falsità di tali informazioni o di tali documenti.

44      Tale interpretazione è corroborata da una lettura sistematica dell’articolo 16, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2003/86.

45      I motivi di revoca del permesso di soggiorno previsti da tale disposizione sono infatti identici ai motivi di rigetto di una domanda di ingresso e di soggiorno. Detta disposizione prevede, in tal senso, che l’utilizzo di informazioni false o ingannevoli o di documenti falsi o falsificati nonché il ricorso alla frode o ad altri mezzi illeciti costituiscono motivo non solo di revoca del permesso di soggiorno rilasciato, ma anche di rigetto di tale domanda. Tali motivi devono dunque essere interpretati allo stesso modo in entrambi i casi. Orbene, come ha sottolineato il governo dei Paesi Bassi, l’effetto utile della medesima disposizione impone che uno Stato membro possa respingere la domanda di ingresso e di soggiorno di un familiare qualora a sostegno di tale domanda vengano prodotti documenti falsi o falsificati, quand’anche tale familiare ignorasse il carattere falso o falsificato di tali documenti.

46      Peraltro, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, nella quale il soggiornante ha commesso una frode, data l’importanza centrale del soggiornante nel sistema istituito dalla direttiva 2003/86, risponde agli obiettivi perseguiti da tale direttiva ed alla ratio ad essa sottesa che tale frode abbia ripercussioni sul processo di ricongiungimento familiare e che, in particolare, essa infici i permessi di soggiorno rilasciati ai familiari di tale soggiornante, quand’anche questi ultimi non fossero a conoscenza della frode commessa.

47      Dal considerando 4 della direttiva 2003/86 risulta infatti che essa persegue l’obiettivo generale di facilitare l’integrazione negli Stati membri dei cittadini dei paesi terzi – ossia dei soggiornanti – consentendo la vita familiare grazie al ricongiungimento (sentenza del 21 aprile 2016, Khachab, C‑558/14, EU:C:2016:285, punto 26 e giurisprudenza ivi citata). Da tale obiettivo, nonché da una lettura d’insieme di tale direttiva, in particolare dell’articolo 13, paragrafo 3, e dell’articolo 16, paragrafo 3, deriva che, finché i familiari di cui trattasi non abbiano acquisito un diritto di soggiorno autonomo ai sensi dell’articolo 15 di tale direttiva, il loro diritto di soggiorno è un diritto derivato da quello del soggiornante, finalizzato a favorire l’integrazione di quest’ultimo. Alla luce di quanto precede, uno Stato membro deve poter considerare che la frode commessa dal soggiornante pregiudica il processo di ricongiungimento familiare nel suo complesso, in particolare il diritto di soggiorno derivato dei familiari di tale soggiornante e, su tale base, revocare ai suddetti familiari il loro permesso di soggiorno, quand’anche questi ultimi non fossero a conoscenza della frode commessa. Ciò vale a maggior ragione quando, come nel caso di specie, la frode commessa inficia la regolarità del diritto di soggiorno del soggiornante.

48      A quest’ultimo riguardo, occorre aggiungere che, ai sensi dell’articolo 1 della direttiva 2003/86, lo scopo della medesima è quello di fissare le condizioni dell’esercizio del diritto al ricongiungimento familiare di cui dispongono i cittadini di paesi terzi che risiedono legalmente nel territorio degli Stati membri. Ne consegue che tale diritto è riservato a questi cittadini, il che è confermato dalla definizione della nozione di «ricongiungimento familiare» di cui all’articolo 2, lettera d), di tale direttiva. Orbene, il cittadino di un paese terzo – quale il padre nel procedimento principale – cui siano stati ritirati con effetto retroattivo i permessi di soggiorno, a motivo della loro acquisizione fraudolenta, non può essere considerato come soggiornante legalmente sul territorio di uno Stato membro. Risulta quindi giustificato a priori che un tale cittadino non possa beneficiare del suddetto diritto e che i titoli di soggiorno rilasciati ai suoi familiari sulla base di detta direttiva possano essere revocati.

49      Nella fattispecie, è pacifico, da un lato, che è stata commessa una frode da parte del padre, il quale ha prodotto attestazioni sull’occupazione falsificate per dimostrare che disponeva di risorse stabili e regolari, sufficienti per mantenere se stesso e i suoi familiari e che, dall’altro lato, tali attestazioni sono state fornite al fine di ottenere i titoli di soggiorno dei suoi familiari, vale a dire la madre ed il figlio, sebbene questi ultimi ignorassero il carattere fraudolento delle suddette attestazioni.

50      In tali circostanze, dall’interpretazione delle disposizioni dell’articolo 16, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2003/86 che figura al punto 43 della presente sentenza emerge che la frode commessa dal padre e l’utilizzo di attestazioni sull’occupazione false o falsificate al fine di dimostrare che il padre disponeva di risorse stabili, regolari e sufficienti ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), di tale direttiva sono a priori idonee a giustificare la revoca dei titoli di soggiorno che sono stati ottenuti dalla madre e dal figlio sulla base della suddetta direttiva.

51      Ciò premesso, come ha rilevato l’avvocato generale ai paragrafi 27 e 28 delle sue conclusioni, la revoca di un permesso di soggiorno in applicazione dell’articolo 16, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2003/86 non può avvenire in modo automatico. In effetti, dall’utilizzo dei termini «possono (…) ritirare» contenuti in tale disposizione, risulta che gli Stati membri dispongono di un margine di discrezionalità in merito a tale revoca. A tal proposito, lo Stato membro interessato deve, in conformità con l’articolo 17 di tale direttiva, effettuare preliminarmente un esame individualizzato della situazione del familiare di cui trattasi, procedendo a una valutazione equilibrata e ragionevole di tutti gli interessi in gioco (v., in tal senso, sentenze del 6 dicembre 2012, O e a., C‑356/11 e C‑357/11, EU:C:2012:776, punto 81, nonché del 21 aprile 2016, Khachab, C‑558/14, EU:C:2016:285, punto 43).

52      In forza di quest’ultimo articolo, detto Stato membro deve prendere nella dovuta considerazione la natura e la solidità dei vincoli familiari di tale persona, la durata del soggiorno di quest’ultima nel suo territorio, nonché, soprattutto nel caso di una misura di revoca del permesso di soggiorno, l’esistenza di legami familiari, culturali o sociali di detta persona con il suo paese d’origine.

53      Inoltre, come emerge dal considerando 2 della direttiva 2003/86, le misure in materia di ricongiungimento familiare, quali le misure di revoca del permesso di soggiorno rilasciato ai familiari, devono essere adottate in conformità con i diritti fondamentali, in particolare con il diritto al rispetto della vita privata e familiare, garantito dall’articolo 7 della Carta, che contiene diritti corrispondenti a quelli tutelati dall’articolo 8, paragrafo 1, della CEDU (v., in tal senso, sentenze del 4 marzo 2010, Chakroun, C‑578/08, EU:C:2010:117, punto 44, nonché del 6 dicembre 2012, O e a., C‑356/11 e C‑357/11, EU:C:2012:776, punti 75 e 76). Pertanto, se è vero che lo Stato membro interessato dispone di un certo margine di discrezionalità ai fini dell’esame previsto dall’articolo 17 della direttiva 2003/86, tale esame dev’essere condotto nel rispetto dell’articolo 7 della Carta.

54      Nella fattispecie, quindi, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 32 delle sue conclusioni, le autorità nazionali competenti dovevano prendere in considerazione in particolare la durata del soggiorno della madre e del figlio nei Paesi Bassi, l’età di quest’ultimo al momento del suo arrivo in tale Stato membro e l’eventuale circostanza che ivi egli sia stato cresciuto e abbia ricevuto un’istruzione, nonché l’esistenza di legami familiari, economici, culturali e sociali della madre e del figlio con e nel suddetto Stato membro. Esse dovevano altresì prendere in considerazione l’eventuale esistenza di tali legami della madre e del figlio con e nel loro paese di origine, che si valuta in base a circostanze quali, in particolare, una cerchia familiare presente in tale paese, viaggi o periodi di soggiorno in tale paese, oppure attraverso il livello di conoscenza della lingua di detto paese.

55      Come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 30 delle sue conclusioni, nell’ambito della loro valutazione tali autorità dovevano anche tenere conto della circostanza che nel caso di specie la madre e il figlio non sono essi stessi responsabili della frode commessa dal padre, e che non ne erano a conoscenza.

56      Spetta al giudice del rinvio verificare se le decisioni di cui al procedimento principale, con le quali il Segretario di Stato ha revocato i permessi di soggiorno della madre e del figlio, siano giustificate alla luce delle considerazioni di cui ai punti 51 e 55 della presente sentenza, oppure se, in virtù di tali considerazioni, questi ultimi debbano conservare tali permessi di soggiorno.

57      Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 16, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2003/86 dev’essere interpretato nel senso che, nel caso in cui, ai fini del rilascio di permessi di soggiorno ai familiari di un cittadino di un paese terzo, siano stati prodotti documenti falsificati, la circostanza che tali familiari non fossero a conoscenza del carattere fraudolento di tali documenti non osta a che lo Stato membro interessato proceda, in applicazione di tale disposizione, alla revoca di detti permessi. In conformità all’articolo 17 di tale direttiva, spetta tuttavia alle autorità nazionali competenti effettuare preliminarmente un esame individualizzato della situazione di tali familiari, procedendo ad una valutazione equilibrata e ragionevole di tutti gli interessi in gioco.

 Sulla seconda questione

58      Con la sua seconda questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 9, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2003/109, debba essere interpretato nel senso che osta a che uno Stato membro revochi lo status di soggiornante di lungo periodo che è stato concesso a cittadini di un paese terzo in applicazione di tale direttiva con la motivazione che tale status è stato ottenuto mediante documenti falsificati, nell’ipotesi in cui tali cittadini ignorassero il carattere fraudolento di detti documenti.

59      Per rispondere a tale questione occorre ricordare che, in forza dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2003/109, gli Stati membri conferiscono lo status di soggiornante di lungo periodo ai cittadini di paesi terzi che hanno soggiornato legalmente e ininterrottamente per gli ultimi cinque anni nel loro territorio. L’acquisizione di tale status non è tuttavia automatica. Infatti, conformemente all’articolo 7, paragrafo 1, di tale direttiva, il cittadino di un paese terzo deve, a tal fine, presentare domanda alle autorità competenti dello Stato membro in cui soggiorna, domanda che deve essere corredata della documentazione comprovante la sussistenza delle condizioni di cui agli articoli 4 e 5 della suddetta direttiva. In particolare, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera a), della medesima direttiva, egli deve dimostrare di disporre di risorse stabili e regolari, sufficienti al sostentamento suo e dei suoi familiari senza fare ricorso al sistema di assistenza sociale di tale Stato membro.

60      L’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2003/109 dispone che lo status di soggiornante di lungo periodo è permanente, fatto salvo l’articolo 9 di tale direttiva.

61      A tal proposito, l’articolo 9, paragrafo 1, lettera a) della suddetta direttiva prevede che i soggiornanti di lungo periodo non abbiano più diritto a tale status in caso di constatazione della sua acquisizione fraudolenta. Tale disposizione non individua tuttavia la persona che dev’essere all’origine della frode commessa, né richiede che il soggiornante interessato sia a conoscenza di quest’ultima.

62      Orbene, secondo una giurisprudenza costante della Corte, i soggetti dell’ordinamento non possono avvalersi fraudolentemente delle norme dell’Unione, dato che il principio del divieto della frode costituisce un principio generale del diritto dell’Unione che i soggetti dell’ordinamento sono tenuti a rispettare (v., in tal senso, sentenze del 6 febbraio 2018, Altun e a., C‑359/16, EU:C:2018:63, punti 48 e 49, nonché dell’11 luglio 2018, Commissione/Belgio, C‑356/15, EU:C:2018:555, punto 99). Il diniego o la revoca di un diritto in ragione di fatti fraudolenti non è altro che la mera conseguenza della constatazione secondo la quale, in caso di frode, le condizioni oggettive richieste ai fini dell’ottenimento di tale diritto non sono, in realtà, soddisfatte (v., in tal senso, sentenza del 22 novembre 2017, Cussens e a., C‑251/16, EU:C:2017:881, punto 32).

63      Inoltre, emerge dai considerando 2, 4, 6 e 12 della direttiva 2003/109 che quest’ultima mira a garantire l’integrazione dei cittadini di paesi terzi stabilitisi legalmente e a titolo duraturo negli Stati membri (v., in tal senso, sentenze del 17 luglio 2014, Tahir, C‑469/13, EU:C:2014:2094, punto 32; del 4 giugno 2015, P e S, C‑579/13, EU:C:2015:369, punto 46, nonché del 2 settembre 2015, CGIL e INCA, C‑309/14, EU:C:2015:523, punto 21) e, a tal fine, a ravvicinare i diritti di tali cittadini a quelli di cui godono i cittadini dell’Unione, in particolare assicurando la parità di trattamento con questi ultimi in una vasta gamma di settori economici e sociali. Lo status di soggiornante di lungo periodo permette quindi alla persona cui è attribuito di godere della parità di trattamento nei settori di cui all’articolo 11 della direttiva 2003/109, alle condizioni previste da tale articolo. In forza dell’articolo 14, paragrafo 1, della stessa direttiva, tale status offre altresì al soggiornante di lungo periodo il diritto di soggiornare, per un periodo superiore a tre mesi, nel territorio di qualsiasi Stato membro diverso da quello che gli ha conferito detto status, alle condizioni stabilite dal capo III della suddetta direttiva, e di godere in questo Stato membro, in conformità con l’articolo 21 della medesima direttiva, della parità di trattamento prevista dall’articolo 11.

64      Alla luce degli estesi diritti connessi allo status di soggiornante di lungo periodo, è importante che gli Stati membri possano combattere efficacemente la frode, revocando al beneficiario lo status di soggiornante di lungo periodo che si basi su una frode.

65      Da quanto precede discende che nessuno può pretendere di conservare diritti acquisiti in forza della direttiva 2003/109 mediante una frode, indipendentemente dal fatto che tale frode sia o meno commessa dal beneficiario di tali diritti o nota a quest’ultimo, in quanto l’elemento determinante è che l’acquisizione dei suddetti diritti sia il risultato di una frode.

66      Ne consegue che l’articolo 9, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2003/109 si applica in tutti i casi in cui l’ottenimento dello status di soggiornante di lungo periodo si basa su una frode, vale a dire quando una frode è all’origine di tale ottenimento, chiunque sia la persona che ha commesso tale frode e indipendentemente dal fatto che detto soggiornante ne fosse a conoscenza.

67      In particolare, tale disposizione si applica qualora, come nel procedimento principale, ai fini dell’ottenimento dello status di soggiornante di lungo periodo il soggiornante interessato abbia fornito documenti falsificati per dimostrare che disponeva di risorse stabili e regolari, sufficienti per mantenere se stesso e i suoi familiari, e ciò anche se egli non era all’origine della frode commessa ed ignorava il carattere fraudolento di tali documenti. In un caso del genere, infatti, l’acquisizione di tale status si fonda direttamente su tale frode, di modo che quest’ultima inficia necessariamente detto status.

68      Questa interpretazione non è rimessa in discussione dalla sentenza del 18 dicembre 2008, Altun (C‑337/07, EU:C:2008:744), menzionata dal giudice del rinvio.

69      In tale sentenza, la Corte ha statuito che, a partire dal momento in cui i familiari di un lavoratore turco abbiano acquisito un diritto di soggiorno autonomo in forza dell’articolo 7, primo comma, della decisione n. 1/80, tale diritto non può più essere rimesso in discussione a causa delle irregolarità che, in passato, hanno pregiudicato il diritto di soggiorno di detto lavoratore, irregolarità che nella fattispecie conseguivano al comportamento fraudolento di quest’ultimo (v., in tal senso, sentenza del 18 dicembre 2008, Altun, C‑337/07, EU:C:2008:744, punti 56, 57 e 59). Pertanto, la Corte ha dichiarato, in sostanza, che la frode che viziava il diritto di soggiorno del lavoratore turco non poteva pregiudicare il diritto di soggiorno autonomo dei suoi familiari.

70      Tuttavia, si deve rilevare che le circostanze della causa che ha dato luogo a tale sentenza si distinguono da quelle di cui al procedimento principale. Infatti, conformemente all’articolo 7, primo comma, della decisione n. 1/80, i familiari di un lavoratore turco ottengono un diritto di soggiorno autonomo dopo un periodo di tre anni di residenza nello Stato membro ospitante, senza che sia necessario presentare un’apposita domanda. La Corte non si è perciò pronunciata sulle conseguenze che l’utilizzo di documenti falsificati a sostegno di una tale domanda avrebbe avuto sui diritti delle persone interessate.

71      Orbene, nel caso di specie, emerge dalla decisione di rinvio che le decisioni di cui al procedimento principale, con le quali il Segretario di Stato ha revocato i permessi di soggiornante di lungo periodo della madre e del figlio, si fondano proprio sul fatto che, segnatamente, sono state prodotte attestazioni fraudolente sull’occupazione del padre a sostegno della domanda della madre e del figlio volta ad ottenere lo status di soggiornante di lungo periodo, al fine di far credere che essi disponessero di risorse stabili, regolari e sufficienti, dal momento che, come si è esposto al punto 59 della presente sentenza, l’acquisizione di detto status era possibile solo a seguito di tale domanda.

72      Da quanto precede risulta che, conformemente all’articolo 9, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2003/109, un cittadino di un paese terzo non ha più diritto allo status di soggiornante di lungo periodo previsto da tale direttiva qualora sia accertato che l’acquisizione di detto status era basata su documenti falsificati, quand’anche tale cittadino ignorasse il carattere fraudolento dei documenti.

73      Ciò posto, la perdita dello status di soggiornante di lungo periodo non implica, di per sé, che la persona interessata perda anche il diritto di soggiorno nello Stato membro ospitante, in base al quale essa ha presentato la domanda di concessione di detto status ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/109, e in base al quale essa ha ottenuto tale status in conformità all’articolo 4, paragrafo 1, di tale direttiva, indipendentemente dal fatto che tale diritto di soggiorno sia stato ottenuto in forza del diritto nazionale o del diritto dell’Unione. Tale perdita, pertanto, non ha neanche come conseguenza automatica l’allontanamento dal territorio di tale Stato membro, come risulta dall’articolo 9, paragrafo 7, della direttiva 2003/109. Nel caso in cui, come nel procedimento principale, le persone interessate, ossia la madre ed il figlio, abbiano ottenuto lo status di soggiornante di lungo periodo in base ad un diritto di soggiorno conferito in forza della direttiva 2003/86, spetta al giudice del rinvio, come si è esposto al punto 56 della presente sentenza, verificare se tali persone debbano, conformemente all’articolo 17 di tale direttiva, conservare il permesso di soggiorno che è stato loro rilasciato in forza di quest’ultima.

74      Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 9, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2003/109 dev’essere interpretato nel senso che, nel caso in cui lo status di soggiornante di lungo periodo sia stato concesso a cittadini di paesi terzi in base a documenti falsificati, la circostanza che detti cittadini non fossero a conoscenza del carattere fraudolento di tali documenti non osta a che lo Stato membro interessato proceda, in applicazione di tale disposizione, alla revoca di detto status.

 Sulle spese

75      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 16, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2003/86/CE del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativa al diritto al ricongiungimento familiare, dev’essere interpretato nel senso che, nel caso in cui ai fini del rilascio di permessi di soggiorno ai familiari del cittadino di un paese terzo siano stati prodotti documenti falsificati, la circostanza che detti familiari non fossero a conoscenza del carattere fraudolento di tali documenti non osta a che lo Stato membro interessato proceda, in applicazione di tale disposizione, alla revoca di detti permessi. In conformità all’articolo 17 di tale direttiva, spetta tuttavia alle autorità nazionali competenti effettuare preliminarmente un esame individualizzato della situazione di tali familiari, procedendo a una valutazione equilibrata e ragionevole di tutti gli interessi in gioco.

2)      L’articolo 9, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, dev’essere interpretato nel senso che, nel caso in cui lo status di soggiornante di lungo periodo sia stato concesso a cittadini di paesi terzi in base a documenti falsificati, la circostanza che detti cittadini non fossero a conoscenza del carattere fraudolento di tali documenti non osta a che lo Stato membro interessato proceda, in applicazione di tale disposizione, alla revoca di detto status.

Firme


*      Lingua processuale: il neerlandese.