Language of document : ECLI:EU:C:2018:973

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

NILS WAHL

presentate il 29 novembre 2018 (1)

Causa C‑635/17

E.

contro

Staatssecretaris van Veiligheid en Justitie

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal rechtbank Den Haag, zittingsplaats Haarlem (Tribunale dell’Aia, sede di Haarlem, Paesi Bassi)]

«Rinvio pregiudiziale – Controlli alle frontiere, asilo e immigrazione – Politica di immigrazione – Diritto al ricongiungimento familiare – Direttiva 2003/86/CE – Ricongiungimento familiare per i beneficiari di protezione internazionale – Articolo 11, paragrafo 2 – Onere e livello della prova richiesti ai fini della dimostrazione dei vincoli familiari – Assenza di documenti ufficiali – Norma di procedura nazionale che consente di respingere la domanda di ricongiungimento familiare laddove il soggiornante non spieghi in modo plausibile l’assenza di detti documenti – Ammissibilità»






I.      Introduzione

1.        Ci si chiede se un’autorità nazionale possa respingere una domanda di ricongiungimento familiare presentata dal beneficiario di protezione internazionale qualora quest’ultimo non abbia spiegato in modo plausibile le ragioni per cui non può presentare atti di stato civile che attestino l’esistenza di vincoli familiari.

2.        È questo, in sostanza, l’oggetto della domanda di pronuncia pregiudiziale che il rechtbank Den Haag, zittingsplaats Haarlem (Tribunale dell’Aia, sede di Haarlem, Paesi Bassi) propone alla Corte nell’ambito di un procedimento di ricongiungimento familiare relativo a un minore di nazionalità eritrea, la cui filiazione non può essere dimostrata dalla soggiornante (2) tramite gli atti di stato civile richiesti.

3.        La presente causa offre alla Corte l’opportunità di pronunciarsi sulle disposizioni specifiche di cui sono destinatari i beneficiari di protezione internazionale ai fini dell’esercizio del loro diritto al ricongiungimento familiare e, in particolare, in relazione all’onere e al livello della prova richiesti per dimostrare l’esistenza di vincoli familiari, previsti all’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 2003/86.

4.        La Corte dovrà, in particolare, determinare la portata dell’obbligo di cooperazione che spetta al soggiornante e all’autorità competente per dimostrare tali legami. Essa dovrà, segnatamente, valutare in modo equilibrato tutti gli interessi in gioco, tenendo conto, da un lato, delle difficoltà particolari a cui i beneficiari di protezione internazionale devono fare fronte, a causa del loro status e della loro situazione, con riferimento alla produzione o all’ottenimento di documenti ufficiali presso i loro paesi di origine e, dall’altro, dei rischi connessi ad una strumentalizzazione del procedimento di ricongiungimento familiare nell’intento di legalizzare, abusivamente, l’ingresso o il soggiorno di un cittadino di paesi terzi in uno Stato membro.

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

5.        La direttiva 2003/86 fissa le condizioni dell’esercizio del diritto al ricongiungimento familiare di cui dispongono i cittadini di paesi terzi che risiedono legalmente nel territorio degli Stati membri.

6.        I considerando 2 e 8 di tale direttiva sono redatti come segue:

«(2)      Le misure in materia di ricongiungimento familiare dovrebbero essere adottate in conformità con l’obbligo di protezione della famiglia e di rispetto della vita familiare che è consacrato in numerosi strumenti di diritto internazionale. La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali ed i principi riconosciuti in particolare nell’articolo 8 della [convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950] e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

(…)

(8)      La situazione dei rifugiati richiede un’attenzione particolare, in considerazione delle ragioni che hanno costretto queste persone a fuggire dal loro paese e che impediscono loro di vivere là una normale vita familiare. In considerazione di ciò, occorre prevedere condizioni più favorevoli per l’esercizio del loro diritto al ricongiungimento familiare».

7.        Al capo III di detta direttiva, relativo alla presentazione e all’esame delle domande di ricongiungimento familiare, l’articolo 5, paragrafi 2 e 5, è formulato come segue:

«2.      La domanda è corredata dei documenti che comprovano i vincoli familiari ed il rispetto delle condizioni previste dagli articoli 4 e 6 e, nel caso siano applicabili, dagli articoli 7 e 8, e di copie autenticate dei documenti di viaggio del membro o dei familiari.

Ove opportuno, per ottenere la prova dell’esistenza di vincoli familiari, gli Stati membri possono convocare per colloqui il soggiornante e i suoi familiari e condurre altre indagini che ritengano necessarie.

(…)

5.      Nell’esame della domanda, gli Stati membri tengono nella dovuta considerazione l’interesse superiore dei minori».

8.        Al capo V della direttiva 2003/86, relativo al ricongiungimento familiare dei rifugiati, l’articolo 10, paragrafo 2, prevede quanto segue:

«Gli Stati membri possono autorizzare il ricongiungimento di altri familiari non previsti all’articolo 4, qualora essi siano a carico del rifugiato».

9.        L’articolo 11 di tale direttiva, di cui viene qui richiesta l’interpretazione, dispone quanto segue:

«1.      Per quanto concerne la presentazione e l’esame delle domande si applicano le disposizioni dell’articolo 5, fatto salvo il paragrafo 2 del presente articolo.

2.      Qualora un rifugiato non possa fornire documenti ufficiali che provino i suoi vincoli familiari, gli Stati membri tengono conto anche di altri mezzi idonei a provare l’esistenza di tali vincoli, da valutare conformemente alla legislazione nazionale. Il rigetto della domanda non può essere motivato unicamente dall’assenza di documenti probatori».

10.      Al capo VII di detta direttiva, relativo alle sanzioni e ai mezzi di ricorso, l’articolo 17 è formulato come segue:

«In caso di rigetto di una domanda, di ritiro o di mancato rinnovo del permesso di soggiorno o di adozione di una misura di allontanamento nei confronti del soggiornante o dei suoi familiari, gli Stati membri prendono nella dovuta considerazione la natura e la solidità dei vincoli familiari della persona e la durata del suo soggiorno nello Stato membro, nonché l’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo paese d’origine».

B.      Diritto dei Paesi Bassi

11.      La direttiva 2003/86 è stata recepita nel diritto dei Paesi Bassi dal Wet tot algehele herziening van de Vreemdelingenwet (legge sulla revisione generale della legge sugli stranieri) (3), del 23 novembre 2000.

12.      Ai sensi dell’articolo 29, paragrafo 2, di tale legge, un minore ha diritto al ricongiungimento familiare con un genitore beneficiario di protezione internazionale se la domanda di ricongiungimento familiare è stata presentata entro un termine di tre mesi a decorrere dalla concessione di tale protezione. Tale disposizione è applicabile quando il minore interessato è un minore in affidamento con il quale il soggiornante ha vincoli familiari effettivi.

13.      La prassi legislativa relativa alla prova dei vincoli familiari è specificata nella Vreemdelingencirculaire 2000 (circolare del 2000 relativa agli stranieri) e nella Werkinstructie 2014/9 (istruzione pubblica di servizio n. 2014/9) dell’Immigratie- en Naturalisatiedienst (Servizio dell’immigrazione e naturalizzazione, Paesi Bassi) (4).

14.      In conformità con tale normativa, il soggiornante deve dimostrare che la persona con la quale è chiesto il ricongiungimento abbia realmente fatto parte della sua famiglia prima del suo arrivo nei Paesi Bassi e che tale vincolo familiare non sia stato rotto. A tal fine, egli deve provare, tramite documenti ufficiali, l’identità di tale persona (passaporto, carta d’identità, dichiarazione di nazionalità, libretto militare ecc.) e deve dimostrare la realtà e l’effettività del vincolo familiare che l’unisce a quest’ultimo (ad esempio, tramite un atto di matrimonio, una dichiarazione di nascita, un libretto di famiglia, un certificato di morte ecc.), sia che si tratti di un minore la cui filiazione è biologica o che si tratti di un minore adottato o in affidamento (5). Al soggiornante è altresì chiesto di fornire, fin dalla presentazione della sua domanda, qualsiasi altro documento idoneo a dimostrare l’esistenza di tale vincolo familiare.

15.      Qualora il soggiornante chieda il ricongiungimento familiare con un minore in affidamento, l’effettività di tale legame è valutata tenendo conto in particolare delle ragioni per cui il minore in affidamento è stato accolto nella famiglia. Laddove il soggiornante non possa fornire documenti ufficiali, il legislatore nazionale richiede che quest’ultimo dimostri in modo plausibile che l’assenza di tali documenti non gli è imputabile (6).

16.      Nell’ipotesi in cui l’autorità nazionale ammettesse, tenuto conto delle spiegazioni fornite dal soggiornante, che quest’ultimo si trovi nell’incapacità di disporre di documenti ufficiali che provino l’effettività del vincolo familiare, essa valuta alla luce degli altri elementi di prova forniti da quest’ultimo, quali foto, diplomi, libretti di vaccinazione o anche dichiarazioni da parte di un’autorità religiosa, la necessità di indagini più approfondite, quali colloqui contenenti questioni di identificazione o test di DNA effettuati presso rappresentazioni consolari dei Paesi Bassi.

17.      Tuttavia, qualora l’autorità nazionale competente ritenesse che il soggiornante non sia riuscito a spiegare in modo plausibile le ragioni per cui non dispone di documenti ufficiali che dimostrino l’esistenza di vincoli familiari e, inoltre, dichiarasse insufficienti gli altri elementi di prova forniti da quest’ultimo, essa non è tenuta a condurre tali indagini complementari e può, pertanto, respingere la domanda di ricongiungimento familiare.

III. Fatti, procedimento principale e questioni pregiudiziali

18.      La soggiornante è di nazionalità eritrea e risiede con la propria figlia nei Paesi Bassi. L’11 marzo 2015 le autorità di tale paese le hanno concesso il beneficio dello status conferito dalla protezione sussidiaria e, a tale titolo, un permesso di soggiorno.

A.      L’esame della domanda di ricongiungimento familiare da parte del segretario di Stato

19.      Il 16 aprile 2015 la soggiornante ha presentato una domanda di ricongiungimento familiare a favore del ricorrente, un minore di nazionalità eritrea nato il 1o luglio 2003 in Eritrea (7). Essa sostiene che tale minore è figlio di sua sorella maggiore e che, dalla morte dei suoi genitori avvenuta quando aveva cinque anni, egli è sotto la sua autorità. La soggiornante sarebbe fuggita dall’Eritrea nel 2013 per recarsi, con sua figlia e tale minore, in Sudan. Tuttavia, per insufficienza di denaro, essa si sarebbe trovata costretta ad abbandonare il suddetto minore in Sudan al momento della sua fuga verso i Paesi Bassi. Il minore, che oggi ha quindici anni, si troverebbe in Sudan con una conoscente.

20.      È pacifico che, nella presente causa, la soggiornante non ha fornito alcun documento ufficiale che provi l’identità del minore interessato, della morte dei suoi genitori e della tutela che essa esercita su quest’ultimo. La perizia che è stata svolta in relazione al valore dell’attestazione rilasciata a tal fine dal Fronte di liberazione dell’Eritrea ha fatto emergere che tale documento era stato rilasciato da un’autorità non competente, e il governo dei Paesi Bassi ha precisato, in udienza, che si trattava di un documento falso.

21.      È altresì pacifico che lo Staatssecretaris van Veiligheid en Justitie (segretario di Stato alla sicurezza e alla giustizia, Paesi Bassi) (8) ha indicato nel corso di tutto il procedimento le ragioni per cui il vincolo familiare non era dimostrato, chiedendo quindi alla soggiornante di spiegare in modo dettagliato e circostanziato le ragioni per cui essa non fosse in possesso degli atti ufficiali richiesti.

22.      Il segretario di Stato ha sostenuto che non esisteva alcuna spiegazione plausibile rispetto all’assenza di documenti che provassero l’identità del minore in quanto, secondo le informazioni sulla situazione in Eritrea stabilite dall’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (EASO) (9), l’Eritrea rilascerebbe carte d’identità, tessere scolastiche, tessere studentesche nonché carte di residenza. In risposta agli argomenti fatti valere al riguardo dalla soggiornante, il segretario di Stato non ha più eccepito l’assenza di tali documenti.

23.      Esso ha tuttavia rivolto alla soggiornante una serie di quesiti complementari volti a dimostrare le ragioni e la natura dei legami che la uniscono al minore interessato, ai quali detta soggiornante ha risposto attraverso un’organizzazione che rappresenta i suoi interessi.

24.      Per contro, il segretario di Stato ha mantenuto la propria posizione secondo cui non esisteva alcuna spiegazione plausibile per l’assenza di documenti ufficiali che provassero il decesso dei genitori biologici del minore interessato e la tutela esercitata dalla soggiornante sul minore interessato. Secondo il segretario di Stato, dalle informazioni dell’EASO emergerebbe altresì che l’Eritrea rilascia certificati di morte e certificati di tutela. Conformemente alla normativa nazionale applicabile, esso non ha quindi ritenuto necessario svolgere indagini complementari, come un colloquio nel quale rivolgere questioni di identificazione, e ha respinto la domanda di ricongiungimento familiare con decisione del 12 maggio 2016. Con decisione del 27 ottobre 2016 esso ha inoltre respinto in quanto infondato il reclamo presentato dalla soggiornante contro la decisione del 12 maggio 2016.

25.      La soggiornante ha quindi presentato ricorso dinanzi al giudice del rinvio.

B.      Il ricorso presentato dinanzi al giudice del rinvio

26.      Dinanzi al giudice del rinvio, il segretario di Stato sosterrebbe la conformità della procedura seguita con l’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 2003/86, tenuto conto, in particolare, dei termini utilizzati dal legislatore dell’Unione nella prima parte del periodo di tale disposizione. A suo parere, l’espressione «[q]ualora un rifugiato non possa fornire documenti ufficiali che provino i suoi vincoli familiari» implicherebbe che il soggiornante fornisse una spiegazione plausibile in relazione all’assenza di tali documenti. Il segretario di Stato avrebbe quindi indicato che, «[s]e documenti ufficiali possono essere richiesti e il rifugiato non ne dispone senza fornire al riguardo alcuna spiegazione plausibile, [l’autorità nazionale competente non sarebbe] tenut[a] a prendere in considerazione altre prove o ad avere un colloquio che includa questioni di identificazione».

27.      Tuttavia, secondo il ricorrente, tale procedura non è conforme all’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 2003/86. Anzitutto e tenuto conto, in particolare, del secondo periodo di tale disposizione, uno Stato membro non può respingere una domanda di ricongiungimento familiare per il solo motivo che il soggiornante non ha fornito documenti ufficiali che provino i suoi vincoli familiari. In siffatta ipotesi, lo Stato membro dovrebbe infatti tenere conto anche di altri mezzi idonei a provare l’esistenza di tali vincoli e questo richiederebbe l’organizzazione di un colloquio che includa questioni di identificazione. Il ricorrente contesta poi l’interpretazione del segretario di Stato secondo cui l’utilizzo del termine «possa» comporterebbe che il soggiornante fornisca una spiegazione plausibile del fatto di non disporre, di non aver disposto o di non poter più disporre di tali documenti. Infine, il ricorrente sottolinea che, nell’ipotesi in cui la Corte dovesse adottare una siffatta interpretazione, le spiegazioni che sono state fornite in relazione all’assenza dei certificati di morte dei genitori biologici del minore interessato sarebbero, nella specie, plausibili.

28.      Il giudice del rinvio esprime dubbi sull’interpretazione dell’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 2003/86 e, in particolare, del primo periodo di tale disposizione «[q]ualora un rifugiato non possa fornire documenti ufficiali che provino i suoi vincoli familiari». Esso rileva, al riguardo, che il legislatore dell’Unione non ha previsto espressamente alcun test di plausibilità, né alcun margine di discrezionalità in capo agli Stati membri. Esso si chiede tuttavia se il termine «possa» non presupponga che il rifugiato fornisca una spiegazione plausibile relativa al fatto che non ha trasmesso e continua a non disporre dei documenti ufficiali che provino tali vincoli. Il giuice del rinvio si riferisce, su tale punto, ai principi che disciplinano l’esame di una domanda di protezione internazionale, secondo i quali, nell’ambito di tale esame, si può tenere conto del fatto che il richiedente si sia realmente impegnato a sostenere la propria domanda e abbia fornito una spiegazione soddisfacente riguardo all’assenza di prove che dimostrino l’esistenza di un rischio di persecuzione o di danni gravi nel suo paese di origine.

C.      Le questioni pregiudiziali

29.      Tenuto conto delle considerazioni che precedono, il rechtbank Den Haag, zittingplaats Haarlem (Tribunale dell’Aia, sede di Haarlem) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se, in considerazione dell’articolo 3, paragrafo 2, [lettera] c), della [direttiva 2003/86] e della sentenza [del 18 ottobre 2012,] Nolan (C‑583/10) (ECLI:EU:C:2012:638), la Corte sia competente a rispondere a questioni pregiudiziali presentate dai giudici dei Paesi Bassi sull’interpretazione di disposizioni della menzionata [direttiva 2003/86] in un procedimento vertente sul diritto di soggiorno di un familiare di un avente diritto a protezione sussidiaria, posto che detta direttiva nel diritto dei Paesi Bassi è stata dichiarata direttamente e incondizionatamente applicabile agli aventi diritto alla protezione sussidiaria (…)

2)      Se l’articolo 11, paragrafo 2, della [direttiva 2003/86] debba essere interpretato nel senso che osta al rigetto di una domanda di ricongiungimento familiare di un rifugiato solo per il fatto che quest’ultimo, nella sua domanda, non presenta documenti ufficiali che provino il vincolo familiare,

o

se l’articolo 11, paragrafo 2, della [direttiva 2003/86] debba essere interpretato nel senso che osta al rigetto di una domanda di ricongiungimento familiare di un rifugiato unicamente a causa dell’assenza di documenti ufficiali, che provino il vincolo familiare, solo se il rifugiato in questione ha fornito una spiegazione plausibile del fatto di non aver presentato tali documenti e della sua affermazione di non essere in grado di produrli».

30.      Il ricorrente, con la soggiornante, nonché il governo dei Paesi Bassi e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte e orali.

31.      Occorre tuttavia sottolineare che, in seguito alla presentazione del presente rinvio pregiudiziale; la Corte ha avuto l’occasione di pronunciarsi su di una questione identica alla prima questione nella sentenza del 7 novembre 2018, Ke B (C‑380/17, EU:C:2018:877) e si è dichiarata competente.

IV.    Analisi

32.      Prima di procedere con l’esame della seconda questione che il giudice del rinvio sottopone alla Corte, occorre precisare che il governo dei Paesi Bassi ne contesta la formulazione.

33.      Nell’ambito delle sue osservazioni, il governo dei Paesi Bassi sostiene che il presupposto sul quale si fonda la domanda di pronuncia pregiudiziale è erroneo. In particolare, esso ritiene che la sua formulazione non rifletta la realtà della procedura seguita nel procedimento principale. Diversamente da quanto risulta dalla lettera della questione pregiudiziale, il segretario di Stato non si sarebbe limitato a respingere la domanda presentata dalla soggiornante per il solo motivo che essa non aveva prodotto documenti ufficiali e neppure fornito spiegazioni plausibili relative all’assenza di tali documenti. Prima di procedere ad un siffatto diniego, il segretario di Stato avrebbe infatti adottato diverse misure istruttorie nel corso della procedura di esame prendendo in considerazione altri elementi di prova, quali l’attestazione del Fronte di liberazione dell’Eritrea, e rivolgendo alla soggiornante questioni complementari volte a stabilire le ragioni e la natura dei vincoli che la uniscono al minore interessato.

34.      Dinanzi al giudice del rinvio, così come dinanzi alla Corte, la soggiornante contesta in realtà al segretario di Stato il fatto di aver respinto, ai sensi della normativa nazionale applicabile, la sua domanda di ricongiungimento familiare senza aver prima accolto la sua richiesta volta ad ottenere l’organizzazione di un colloquio nel quale rivolgere questioni di identificazione. Tale colloquio costituisce una misura istruttoria complementare prevista dall’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 2003/86.

35.      Di conseguenza, alla luce di tali elementi, ritengo che la seconda questione che il giudice del rinvio sottopone alla Corte miri, in sostanza, a determinare se, nell’ambito di una domanda di ricongiungimento familiare presentata dal beneficiario di protezione internazionale sprovvista di documenti ufficiali che provino vincoli familiari, l’autorità nazionale competente possa, ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 2003/86, respingere siffatta domanda senza condurre indagini complementari, qualora quest’ultimo non spieghi in modo plausibile le ragioni per cui non può fornire siffatti documenti.

A.      Osservazioni preliminari

36.      Prima di procedere all’interpretazione di detto articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 2003/86, desidero presentare alcune osservazioni preliminari relative alle specifiche difficoltà che la presente causa solleva.

37.      Infatti, nell’ambito della direttiva 2003/86, il legislatore dell’Unione non definisce la nozione di «famiglia».

38.      Dal considerando 9 e dall’articolo 4, paragrafo 1, di tale direttiva emerge che il ricongiungimento familiare deve riguardare, in ogni caso, i membri della famiglia nucleare, vale a dire il coniuge e i figli minorenni, compresi i figli adottati secondo una decisione presa dall’autorità competente dello Stato membro interessato o una decisione automaticamente applicabile in virtù di obblighi internazionali (10).

39.      Con riferimento, in particolare, al ricongiungimento familiare dei beneficiari di protezione internazionale, dall’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva 2003/86, emerge che gli Stati membri possono autorizzare il ricongiungimento di «altri familiari non previsti all’articolo 4, qualora essi siano a carico del rifugiato». In tale contesto, la normativa dei Paesi Bassi autorizza il ricongiungimento familiare dei minori in affidamento con i quali il soggiornante ha vincoli familiari effettivi.

40.      Poiché l’esistenza della famiglia include necessariamente quella del vincolo familiare, che è un vincolo giuridico particolare, il beneficio del diritto al ricongiungimento familiare richiede che venga dimostrata l’esistenza di tale vincolo familiare e, in caso di minore in affidamento, l’effettività di tale vincolo. Quest’ultimo è, in linea di principio, stabilito mediante documenti ufficiali rilasciati dalle autorità competenti del paese d’origine.

41.      È su tale punto che il procedimento principale solleva diverse difficoltà, in quanto la soggiornante non presenta alcun documento ufficiale atto a dimostrare l’esistenza e l’effettività di tale vincolo familiare con il minore interessato, un vincolo necessario ai fini dell’applicazione della direttiva 2003/86. La «tutela» che essa sostiene di esercitare su tale minore pare, in realtà, essere più simile ad un impegno consuetudinario e volontario di farsi carico del mantenimento, dell’educazione e della protezione di un minore che fa parte della famiglia allargata. Orbene, in siffatta situazione e per meglio perseguire gli interessi di tale minore è necessario assicurarsi che i genitori biologici siano effettivamente deceduti e che egli abbia un vincolo familiare effettivo con la soggiornante, al fine di evitare che egli sia esposto ad un rischio di abuso o di sfruttamento.

42.      Una volta evidenziate le particolarità della presente causa, occorre ora esaminare le norme e i principi che disciplinano la prova dei vincoli familiari ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 2003/86.

B.      Le norme e i principi che disciplinano la prova dei vincoli familiari ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 2003/86

43.      Nell’ambito della procedura di ricongiungimento familiare disciplinata dalla direttiva 2003/86, il legislatore dell’Unione distingue due tipi di regimi relativi alla prova dei vincoli familiari.

44.      Il primo è un regime generale riguardante i cittadini di paesi terzi, le cui condizioni materiali sono elencate all’articolo 5, paragrafo 2, di tale direttiva.

45.      Tale disposizione richiede che il soggiornante alleghi alla sua domanda i documenti atti a provare i vincoli familiari. Tuttavia, l’autorità nazionale competente può ritenere che tali documenti non siano sufficienti a dimostrare l’esistenza di tali vincoli e può quindi decidere di effettuare colloqui con il soggiornante e i membri della sua famiglia nonché di condurre le indagini che ritiene necessarie (11). In linea con le disposizioni di cui all’articolo 16 della direttiva 2003/86 (12), il legislatore dell’Unione mira qui a lottare contro le domande di ricongiungimento familiare fraudolente o abusive fondate, ad esempio, su matrimoni di mero interesse o su riconoscimenti fraudolenti o fittizi di paternità, effettuando, oltre alla comunicazione di documenti ufficiali, indagini complementari che consentano di dimostrare o meno la realtà e l’effettività del vincolo familiare.

46.      Il secondo è un regime particolare che riguarda i beneficiari di protezione internazionale, le cui condizioni materiali sono, a loro volta, previste all’articolo 11 della direttiva 2003/86.

47.      Tale regime deve consentire di garantire l’effettività del diritto ad una vita familiare normale riunendo quei familiari che, a causa della situazione nel loro paese d’origine, sono sfuggiti a persecuzioni e danni gravi e sono stati separati al momento di uno sfollamento forzato o di una fuga.

48.      Tenuto conto delle difficoltà particolari a cui questi ultimi devono fare fronte per produrre o ottenere documenti ufficiali nel loro paese d’origine, tale regime prevede, conformemente al considerando 8 della direttiva 2003/86 e in linea con la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, condizioni per dimostrare i vincoli familiari che devono necessariamente essere più «favorevoli» per l’esercizio di tale diritto (13).

49.      Pertanto, quando un beneficiario di protezione internazionale presenta una domanda di ricongiungimento familiare, le disposizioni generali dell’articolo 5 della direttiva 2003/86 si applicano, fatte salve le disposizioni specificatamente previste dall’articolo 11, paragrafo 2, di tale direttiva.

50.      Quest’ultimo articolo prevede norme particolari «[q]ualora un rifugiato non possa fornire documenti ufficiali che provino i suoi vincoli familiari».

51.      In primo luogo, dall’articolo 11, paragrafo 2, primo periodo, della direttiva 2003/86 emerge che gli Stati membri sono tenuti a tenere conto di «altri mezzi idonei a provare» l’esistenza di tali vincoli (14). Questi ultimi devono essere valutati conformemente alla legislazione nazionale (15). Tuttavia, il margine di discrezionalità di cui dispongono gli Stati membri non può essere impiegato in un modo che rischierebbe di pregiudicare l’obiettivo della direttiva 2003/86, che è di adeguare il regime della prova alle difficoltà particolari a cui i beneficiari di protezione internazionale possono dover fare fronte. Tali prove devono quindi essere realistiche e adeguate alla situazione concreta nella quale si trovano le persone interessate (16).

52.      In secondo luogo, dalla lettera dell’articolo 11, paragrafo 2, secondo periodo di tale direttiva emerge che «[i]l rigetto della domanda non può essere motivato unicamente dall’assenza di documenti probatori». A mio parere, è pacifico che il legislatore dell’Unione si riferisca qui ai documenti ufficiali. Tale disposizione si iscrive nella logica del precedente paragrafo delle presenti conclusioni laddove stabilisce un divieto chiaro e incondizionato in forza del quale l’assenza di documenti che provino l’esistenza di vincoli familiari non deve, di per sé, costituire un motivo di diniego della domanda di ricongiungimento familiare. Tale disposizione è inoltre in linea con le raccomandazioni emesse dal Consiglio d’Europa (17) e dall’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (HCR) (18).

53.      Ora, la questione sollevata dalla presente causa è se, nell’ambito di una domanda di ricongiungimento familiare che non è supportata da nessun documento ufficiale che provi l’esistenza di vincoli familiari, uno Stato membro possa subordinare il ricorso alle indagini complementari di cui all’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 2003/86 alla condizione che il soggiornante spieghi in modo plausibile le ragioni per cui non può fornire tali documenti.

C.      L’obbligo incombente al soggiornante di fornire una spiegazione plausibile relativa all’assenza di documenti ufficiali che provino i vincoli familiari

54.      La Corte ha dichiarato che a favore dei familiari non sussiste alcun diritto soggettivo ad essere ammessi nel territorio degli Stati membri e che, in applicazione della direttiva 2003/86, questi ultimi dispongono di un certo margine di manovra nell’esame delle domande di ricongiungimento familiare e possono subordinare l’esercizio di tale diritto a talune condizioni (19).

55.      Tuttavia, la Corte ha anche sostenuto che tale facoltà debba essere interpretata restrittivamente in quanto l’autorizzazione al ricongiungimento familiare resta la regola e detti Stati membri non devono impiegarla in modo da pregiudicare l’obiettivo della direttiva 2003/86 (20).

56.      Nella specie, se è vero che il requisito di cui alla normativa di cui trattasi non risulta espressamente dalla lettera della direttiva 2003/86, è però anche vero che esso si inscrive perfettamente nell’ambito della cooperazione che deve instaurarsi fra il soggiornante e l’autorità nazionale competente per l’esame della domanda di ricongiungimento familiare presentata in assenza di documenti ufficiali e che, se attuato nel rispetto dei requisiti procedurali di cui tale direttiva, consente di ottenere i suoi obiettivi senza comunque violare il regime particolare di cui dispongono i beneficiari di protezione internazionale.

1.      L’obbligo di cui trattasi rientra nel dovere di cooperazione che incombe al soggiornante nell’ambito dell’esame di una domanda di ricongiungimento familiare presentata in assenza di documenti ufficiali

57.      Come emerge dalla lettera dell’articolo 5, paragrafo 2, e dell’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 2003/86, l’onere della prova è, anzitutto, a carico del richiedente. In effetti, è quest’ultimo ad avviare la procedura per beneficiare di un diritto ed è inoltre il solo a disporre di documenti ufficiali a sostegno delle proprie dichiarazioni e idonei a provare l’esistenza dei vincoli familiari rivendicati, dai quali dipende in definitiva l’esito della sua domanda.

58.      Il legislatore dell’Unione pone inoltre a carico degli Stati membri un obbligo di cooperazione. Da tali disposizioni emerge pertanto che, nell’ipotesi in cui il beneficiario di protezione internazionale non possa produrre documenti ufficiali che provino vincoli familiari, lo Stato membro è tenuto, ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 2003/86, a prendere in considerazione altri mezzi idonei a provare l’esistenza di tali vincoli e può, inoltre e ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, di tale direttiva, condurre indagini complementari quali colloqui con il soggiornante e i suoi familiari e qualsiasi altra indagine che ritenga necessaria.

59.      Nell’ambito di tale cooperazione e al fine di assicurarne il buon funzionamento l’autorità nazionale competente può, a mio parere, chiedere al soggiornante di spiegare le ragioni per cui non può fornire alcun documento di stato civile che provi l’esistenza di vincoli familiari e può, a mio avviso, attribuire particolare importanza al carattere plausibile di tale spiegazione.

60.      Infatti, se il regime probatorio di cui all’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 2003/86 si pone effettivamente l’obiettivo di adattare, a favore dei beneficiari di protezione internazionale, il regime probatorio applicabile alla dimostrazione dei vincoli familiari tramite norme più flessibili, esso deve cionondimeno contenere obblighi incombenti su questi ultimi in modo tale da evitare, conformemente alla lettera dell’articolo 16 di tale direttiva, che la procedura di ricongiungimento familiare sia utilizzata in modo fraudolento o abusivo, al fine di sviare le norme relative all’ingresso e al soggiorno dei cittadini di paesi terzi in uno Stato membro, o in modo doloso, esponendo i minori a rischi di abuso, sfruttamento o tratta (21).

61.      In tali condizioni, qualora il beneficiario di protezione internazionale decida di avviare una procedura di ricongiungimento familiare malgrado l’assenza di qualsiasi documento ufficiale che provi l’esistenza di vincoli familiari, l’onere della prova che incombe su di esso comporta, ai fini dell’esame della sua domanda, che egli spieghi le ragioni per cui non può fornire siffatti documenti.

62.      Non si può infatti richiedere che l’autorità nazionale competente effettui l’esame di tale domanda svolgendo indagini complementari anche quando il soggiornante non ha fornito alcun atto di stato civile che provi l’esistenza di un vincolo familiare e non ha formulato, nonostante le iniziative che essa ha intrapreso e i mezzi che essa ha messo a sua disposizione, alcuna spiegazione sufficiente.

63.      Pertanto, se è vero che il soggiornante non è tenuto a provare l’effettività del vincolo familiare tramite documenti ufficiali, esso deve però sforzarsi di spiegare, in modo sufficientemente dettagliato e circostanziato, le ragioni per cui non può disporre di tali documenti. Tale spiegazione deve permettergli di provare che la sua domanda resta legittima, nonostante l’assenza di detti documenti, e che l’esame di tale domanda necessita della cooperazione dell’autorità nazionale competente per consentire di riunire tutti gli elementi atti a dimostrare l’esistenza di tali vincoli (22).

64.      É pertanto alla luce delle spiegazioni fornite dal soggiornante e, se del caso, degli altri elementi di prova comunicati che l’autorità nazionale competente sarà in grado di distinguere la situazione in cui occorre respingere subito tale domanda, in quanto manifestamente infondata o perché fraudolenta o abusiva, da quella in cui occorre assistere il soggiornante effettuando indagini complementari poiché sussistono fondate ragioni di pensare che egli non possa legittimamente disporre di documenti ufficiali.

65.      É evidente che i requisiti necessari ai fini delle spiegazioni fornite dal soggiornante devono essere proporzionati affinché su di esso non gravi un carico eccessivo rispetto a quanto è necessario ai fini della dimostrazione della sua incapacità.

66.      Il livello di tali requisiti deve, di conseguenza, dipendere dalla natura nonché dal grado delle difficoltà che il soggiornante incontra nella produzione di documenti ufficiali. Se è quindi vero che l’autorità nazionale competente può esigere spiegazioni dettagliate e circostanziate nei casi in cui è pacifico che il soggiornante possa ottenere la comunicazione di tali documenti, essa deve tuttavia, a mio parere, diminuire il livello dei suoi requisiti qualora risulti che l’ottenimento di detti documenti è impossibile a causa, ad esempio, dell’inesistenza o di gravi carenze dello stato civile nel paese d’origine del soggiornante.

67.      Occorre ora rilevare che un obbligo come quello stabilito dalla normativa nazionale di cui trattasi è un obbligo previsto nell’ambito dell’esame di una domanda di protezione internazionale.

2.      L’obbligo di cui trattasi rientra negli obblighi che incombono al richiedente nell’ambito dell’esame di una domanda di protezione internazionale

68.      La procedura di esame di una domanda di protezione internazionale e quella relativa ad una domanda di ricongiungimento familiare hanno, certo, oggetti distinti. La prima tende a riconoscere lo status di rifugiato o di beneficiario della protezione sussidiaria a chi è esposto ad atti di persecuzione o a rischi di gravi danni nel suo paese d’origine. La seconda tende a riunire i familiari del beneficiario di protezione internazionale, separati nel corso di uno sfollamento forzato o di una fuga.

69.      Tali procedure presentano tuttavia caratteristiche comuni connesse all’identità del richiedente e alla situazione molto particolare nella quale quest’ultimo si trova, circostanza che senza dubbio spiega perché la Corte europea dei diritti dell’uomo, per determinare l’onere e il livello della prova richiesti ai fini della dimostrazione dei vincoli familiari (domanda di ricongiungimento familiare), si riferisca alla propria giurisprudenza relativa alla prova di un rischio di persecuzioni in caso di ritorno nel paese d’origine (domanda di protezione internazionale) (23).

70.      Pertanto, in entrambe le procedure, la cooperazione che deve instaurarsi tra il richiedente e l’autorità nazionale competente si basa su un postulato identico, vale a dire che il richiedente protezione internazionale o il beneficiario di tale protezione non può, tenuto conto del fatto che è stato costretto a fuggire dal suo paese d’origine, disporre di documenti ufficiali che provino, in particolare, la sua identità, la sua cittadinanza o ancora l’esistenza di vincoli familiari.

71.      Orbene, nell’ambito di una domanda di protezione internazionale, la Corte ha dichiarato che il richiedente ha, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2013/32/UE (24), l’obbligo di collaborare con l’autorità nazionale competente, segnatamente ai fini dell’accertamento dell’identità, della cittadinanza, nonché delle ragioni che giustificano la sua domanda, il che comporta, a suo parere, di dover fornire, per quanto possibile, i documenti richiesti ed, eventualmente, le spiegazioni e informazioni sollecitate (25). Si tratta di elementi essenziali e necessari ai fini dell’esame della domanda.

72.      Tale obbligo è connesso a quello di cui all’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva 2011/95/UE (26), relativo alla valutazione dei fatti e delle circostanze che l’autorità nazionale competente deve effettuare ai fini dell’esame di una siffatta domanda. Tale articolo dispone, in effetti, che, qualora taluni aspetti delle dichiarazioni del richiedente non siano suffragati da prove documentali o di altro tipo, la loro conferma non è comunque necessaria se il richiedente ha compiuto sinceri sforzi per circostanziare la domanda, se quest’ultimo ha prodotto tutti gli elementi pertinenti e ha fornito una spiegazione «soddisfacente» dell’eventuale mancanza di altri elementi significativi (27), se tali dichiarazioni sono ritenute coerenti e plausibili e non sono in contraddizione con le informazioni generali e specifiche pertinenti al suo caso di cui si dispone.

73.      Alla luce degli elementi che precedono, ritengo pertanto che l’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 2003/86 possa essere interpretato nel senso che un’autorità nazionale competente può richiedere che il soggiornante fornisca una spiegazione plausibile quando quest’ultimo non riesce a fornire documenti ufficiali che provino l’esistenza di vincoli familiari.

74.      Occorre tuttavia definire il perimetro del potere discrezionale di cui dispone, a tal fine, detta autorità.

D.      Gli obblighi che incombono all’autorità nazionale competente nell’ambito dell’esame del carattere plausibile delle spiegazioni fornite dal soggiornante

75.      Solo l’autorità nazionale è competente a valutare, sotto il controllo del giudice nazionale, le spiegazioni fornite dal soggiornante. Essa deve tuttavia attuare tale obbligo nel rispetto dei requisiti procedurali della direttiva 2003/86 e, in particolare, di quelli di cui al suo articolo 17.

76.      Pertanto, se è vero che il soggiornante è tenuto a spiegare, in modo plausibile, le ragioni per cui non può provare, con documenti ufficiali, l’esistenza di un vincolo familiare, l’autorità nazionale competente deve però, da parte sua, effettuare un esame adeguato delle spiegazioni fornite da quest’ultimo.

77.      In particolare, e in conformità con l’articolo 17 della direttiva 2003/86 (28), l’autorità nazionale deve effettuare una valutazione individualizzata che tenga conto non soltanto delle informazioni generali e particolari rilevanti rispetto alla situazione nel paese d’origine del soggiornante, ma anche della sua personalità, della sua situazione concreta e delle difficoltà particolari a cui quest’ultimo deve fare fronte (29).

78.      Tale metodo consente di inquadrare una valutazione che, nonostante gli elementi di fatto sui quali deve fondarsi, resti improntata a soggettività.

79.      Da un lato, le spiegazioni relative al fatto che il soggiornante non possa fornire un atto ufficiale che provi il vincolo familiare devono essere valutate in modo obiettivo rispetto alle informazioni sia generali sia particolari riguardanti la situazione nel suo paese d’origine. Occorre che si tratti di informazioni pertinenti, obiettive, attendibili, precise e aggiornate idonee ad essere registrate in rapporti stabiliti dalle amministrazioni nazionali e internazionali, segnatamente dagli organismi del Consiglio d’Europa o che rientrano nel sistema delle Nazioni unite, ma anche da decisioni giurisdizionali, quali sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo (30). Nell’ambito di una domanda di ricongiungimento familiare alla quale non è allegato alcun atto ufficiale che provi l’esistenza di un vincolo familiare, tali informazioni, alle quali le autorità nazionali hanno pieno accesso, devono consentire di valutare le carenze dei servizi di stato civile del paese d’origine e, in particolare, la realtà della disfunzione che interessa talune località di tale paese o taluni gruppi di persone.

80.      Tale metodo è quello adottato dal legislatore dell’Unione nell’ambito dell’esame di una domanda di protezione internazionale.

81.      Pertanto, conformemente all’articolo 4, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2011/95, lo Stato membro deve effettuare una valutazione della domanda su base individuale tenendo conto di tutti i fatti pertinenti che riguardano il paese d’origine, comprese le disposizioni legislative e regolamentari di tale paese e le relative modalità di applicazione. Inoltre, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 5, lettera c), della direttiva 2011/95, il carattere plausibile e coerente delle dichiarazioni del richiedente deve essere valutato alla luce delle informazioni generali e specifiche pertinenti al suo caso di cui si dispone (31).

82.      Per consentire alle autorità nazionali competenti di soddisfare quotidianamente tali requisiti e giungere ad un’armonizzazione delle procedure di esame delle domande di protezione internazionale negli Stati membri, è stato conferito all’EASO il compito di stabilire relazioni sulle informazioni che includano un esame, per tematica, della situazione nel paese o nella regione di origine del richiedente protezione internazionale. Tali relazioni sono realizzate sulla base di una raccolta di informazioni «utili, attendibili, esatte e aggiornate» sui paesi d’origine, avvalendosi di ogni fonte di informazione pertinente, segnatamente quelle raccolte presso organizzazioni governative, non governative e internazionali (32).

83.      Nella presente causa, il segretario di Stato si è quindi riferito, ai fini della valutazione, alla sezione «documenti ufficiali di stato civile» delle informazioni dell’EASO dedicate all’Eritrea (33).

84.      Spetta tuttavia al giudice del rinvio assicurarsi che tale studio possa costituire una fonte di informazioni sufficiente ai fini di tale valutazione e consenta di ottenere informazioni attendibili e precise riguardanti la realtà del funzionamento dello stato civile nelle zone rurali e/o nella località di origine della soggiornante, il rilascio di certificati di morte o di certificati di tutela e fino a che punto essa possa concretamente, e in applicazione della normativa nazionale applicabile, richiedere tali atti di stato civile nel proprio paese di origine o presso rappresentazioni diplomatiche di quest’ultimo.

85.      Dall’altro lato, le spiegazioni relative al fatto che il soggiornante non può fornire un atto ufficiale che provi il vincolo familiare devono essere valutate alla luce del suo status individuale e della sua situazione personale, come prescritto dall’articolo 17 della direttiva 2003/86 e come risulta dalla giurisprudenza della Corte. Le informazioni dell’EASO non si sostituiscono infatti all’esame individuale della domanda che consente di rendersi conto delle capacità di cui dispone la soggiornante.

86.      L’età e, in particolare, la minore età del soggiornante, il genere, il livello di educazione, l’origine e lo status sociale, ma anche le ragioni che hanno giustificato il riconoscimento della protezione internazionale e i traumi vissuti possono quindi costituire fattori da prendere in considerazione al fine di valutare le ragioni per cui esso non dispone di documenti ufficiali e di determinare il livello delle difficoltà a cui egli può dover fare fronte.

87.      Alla luce delle considerazioni che precedono, concludo nel senso che l’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 2003/86 non osta ad una normativa nazionale come quella di cui trattasi se l’autorità nazionale competente effettua un esame adeguato delle spiegazioni fornite dal soggiornante, tenendo conto non soltanto delle informazioni pertinenti, sia generali che specifiche, relative alla situazione nel paese di origine di quest’ultimo, ma anche della particolare situazione nella quale egli si trova.

V.      Conclusione

88.      Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere nei seguenti termini alla seconda questione pregiudiziale sottoposta dal rechtbank Den Haag, zittingsplaats Haarlem (Tribunale dell’Aia, sede di Haarlem, Paesi Bassi):

L’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 2003/86/CE del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativa al diritto al ricongiungimento familiare, deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una normativa nazionale in forza della quale il beneficiario di protezione internazionale è tenuto, ai fini dell’esame della sua domanda di ricongiungimento familiare, a spiegare in modo plausibile le ragioni per cui non può fornire documenti ufficiali che provino l’esistenza di un vincolo familiare, purché l’autorità nazionale competente valuti tali spiegazioni alla luce non soltanto delle informazioni pertinenti, sia generali che specifiche, relative alla situazione nel paese di origine di quest’ultimo, ma anche della particolare situazione nella quale egli si trova.


1      Lingua originale: il francese.


2      L’articolo 2, lettera c), della direttiva 2003/86/CE del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativa al diritto al ricongiungimento familiare (GU 2003, L 251, pag. 12), definisce il «soggiornante» come «il cittadino di un paese terzo legalmente soggiornante in uno Stato membro che chiede o i cui familiari chiedono il ricongiungimento familiare».


3      Stb. 2000, no 495.


4      Sostituita dalla Werkinstructie 2016/17 (istruzione pubblica di servizio n. 2016/17).


5      La circolare del 2000 relativa agli stranieri precisa al punto C2/4 che il minore interessato può anche essere un minore in affidamento con il quale il soggiornante ha vincoli familiari effettivi.


6      V., al riguardo, i chiarimenti del Servizio dell’immigrazione e naturalizzazione «The family reunification procedure for holders of an asylum residence permit», disponibile al seguente indirizzo Internet: https://ind.nl/Documents/GHA_Engels.pdf (p. 6, part 1, step 3).


7      I fatti esposti nell’ambito delle presenti conclusioni tengono anche conto delle indicazioni incluse nel fascicolo nazionale di cui la Corte dispone.


8      In prosieguo: il «segretario di Stato».


9      Informazioni sui paesi di origine, Eritrea, Notizie sul paese, maggio 2015, disponibile al seguente indirizzo Internet: https://coi.easo.europa.eu/administration/easo/PLib/EASO-Eritrea-Country-Focus-IT.pdf e al quale il segretario di Stato fa esplicito riferimento nelle lettere indirizzate alla soggiornante, allegate alle osservazioni presentate dinanzi alla Corte. V., con riferimento alla creazione dell’EASO, regolamento (UE) n. 439/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 2010, che istituisce l’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (GU 2010, L 132, pag. 11).


10      Ai sensi del considerando 10 e dell’articolo 4, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2003/86, gli Stati membri possono autorizzare la riunificazione familiare per parenti in linea diretta ascendente, figli maggiorenni non coniugati, partners non coniugati o la cui relazione sia registrata, nonché, in caso di matrimoni poligami, nel rispetto di talune condizioni, i figli minori di un altro coniuge.


11      Dalla comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo concernente gli orientamenti per l’applicazione della direttiva 2003/86/CE relativa al ricongiungimento familiare [COM(2014) 210 final, in prosieguo: gli «orientamenti»] emerge che, per ciascuna domanda, i documenti che la corredano e la «necessità» di colloqui e altre indagini devono essere valutati caso per caso, nell’ambito di un esame individualizzato della domanda (punto 3.2., pag. 10).


12      Secondo l’articolo 16, paragrafo 1, lettere b) e c), di tale direttiva, gli Stati membri possono respingere la domanda d’ingresso e di soggiorno ai fini del ricongiungimento familiare qualora il soggiornante ed il suo familiare o i suoi familiari non abbiano o non abbiano più un vincolo coniugale o familiare effettivo oppure qualora si constati che il soggiornante o il partner non coniugato è coniugato o ha una relazione stabile durevole con un’altra persona. In conformità con il paragrafo 2 di tale disposizione, essi possono inoltre respingere tale domanda se è accertato che sono state utilizzate informazioni false o ingannevoli, sono stati utilizzati documenti falsi o falsificati, ovvero è stato fatto ricorso alla frode o ad altri mezzi illeciti oppure che il matrimonio, la relazione stabile o l’adozione hanno avuto luogo allo scopo esclusivo di permettere all’interessato di entrare o soggiornare in uno Stato membro.


13      V., al riguardo, libro verde della Commissione sul diritto al ricongiungimento familiare per i cittadini di paesi terzi che vivono nell’Unione europea (direttiva 2003/86) [COM(2011) 735 definitivo], in particolare punto 4.2, «Altre questioni relative all’asilo» (pag. 7), nonché gli orientamenti, in particolare punto 6.1.2. (pagg. 23 e 24). V., inoltre, in tal senso, Corte EDU, sentenza del 10 luglio 2014, Mugenzi c. Francia (CE:ECHR:2014:0710JUD005270109, § 54).


14      Tale obbligo è inoltre in linea con la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, v. Corte EDU, 10 luglio 2014, Tanda-Muzinga c. Francia (CE:ECHR:2014:0710JUD000226010, § 79).


15      V., in tal senso, sentenza del 12 aprile 2018, A e S (C‑550/16, EU:C:2018:248, punti 42 e 45).


16      In conformità con l’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 2003/86, gli Stati membri possono convocare per colloqui il soggiornante e i suoi familiari nonché condurre altre indagini che ritengano necessarie. Al punto 6.1.2. dei suoi orientamenti, la Commissione sottolinea che gli «altri mezzi idonei a provare» l’esistenza di vincoli familiari possono consistere in dichiarazioni scritte o orali del richiedente, in colloqui con familiari o in indagini sulla situazione all’estero. Le dichiarazioni possono essere corroborate da elementi di prova, quali materiale audiovisivo o prove materiali come diplomi o la prova di trasferimento di denaro. La Commissione sottolinea che, qualora, nonostante l’esame di altri tipi di prova, permangano seri dubbi o se esistono forti indizi di intenzioni fraudolente, si può ricorrere all’esame del DNA come ultima ratio, in quanto tale esame non può dimostrare la condizione di familiare a carico o indiretto, in particolare l’adozione (pag. 23).


17      V. al riguardo, la raccomandazione del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa n. R (99) 23 agli Stati membri sul ricongiungimento familiare dei rifugiati e delle altre persone in cerca di protezione internazionale, adottata il 15 settembre 1999.


18      V., al riguardo, la conclusione n. 24 del Comitato esecutivo del programma dell’Alto Commissario adottata in occasione della sua 32a sessione, disponibile al seguente indirizzo Internet: http://www.unhcr.org/publications/legal/41b041534/compilation-conclusions-adopted-executive-committee-international-protection.html (pag. 43).


19      V., in tal senso, sentenze del 27 giugno 2006, Parlamento/Consiglio (C‑540/03, EU:C:2006:429, punto 59), e del 6 dicembre 2012, O e a. (C‑356/11 e C‑357/11, EU:C:2012:776, punto 79).


20      V., in tal senso, sentenza del 6 dicembre 2012, O e a. (C‑356/11 e C‑357/11, EU:C:2012:776, punto 74 e giurisprudenza citata).


21      Ai sensi dei suoi orientamenti, la Commissione ha inoltre precisato che, nell’interesse della società e dei richiedenti onesti, è necessario che gli Stati membri adottino misure energiche contro gli abusi e le frodi relative ai diritti conferiti dalla direttiva 2003/86 (v., in particolare, punto 7.3. «Abusi e frodi», pag. 27).


22      La Corte ha inoltre dichiarato che uno Stato membro riveste una posizione più adeguata del richiedente per l’accesso a determinati tipi di documenti (v., al riguardo, sentenza del 22 novembre 2012, M., C‑277/11, EU:C:2012:744, punto 66).


23      V., al riguardo, Corte EDU, 10 luglio 2014, Tanda-Muzinga c. Francia (CE:ECHR:2014:0710JUD000226010, § 69).


24      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (GU 2013, L 180, pag. 60).


25      V. sentenza del 14 settembre 2017, K. (C‑18/16, EU:C:2017:680, punto 38).


26      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 dicembre 2011 recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (GU 2011, L 337, pag. 9).


27      V. sentenza del 25 gennaio 2018, F (C‑473/16, EU:C:2018:36, punto 41 e giurisprudenza citata).


28      V., al riguardo, punti 6.1.2. e 7.4. degli orientamenti della Commissione.


29      V., al riguardo, sentenza del 4 marzo 2010, Chakroun (C‑578/08, EU:C:2010:117), nella quale la Corte ha dichiarato che l’articolo 17 della direttiva 2003/86 osta quindi ad una normativa nazionale che consente all’autorità nazionale competente di respingere una domanda di ricongiungimento familiare senza effettuare un esame concreto della situazione del richiedente. In tale sentenza, la Corte ha dichiarato contraria a tale direttiva una normativa nazionale che prevedeva un importo di reddito minimo al di sotto del quale qualsiasi ricongiungimento familiare veniva respinto, in quanto la domanda di ricongiungimento familiare sarebbe respinta a prescindere «da un esame concreto della situazione di ciascun richiedente» (punto 48).


30      Mi riferisco qui, per analogia, ai criteri stabiliti dalla Corte nella sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru (C‑404/15 e C‑659/15 PPU, EU:C:2016:198), riguardante le informazioni sulle quali le autorità nazionali devono basarsi per valutare la realtà delle carenze del sistema penitenziario in uno Stato membro. Tali criteri mi sembrano, a fortiori, applicabili nella valutazione del funzionamento dei servizi di stato civile di uno Stato.


31      Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 5, lettera c), della direttiva 2011/95, «[q]uando gli Stati membri applicano il principio in base al quale il richiedente è tenuto a motivare la sua domanda di protezione internazionale e qualora taluni aspetti delle dichiarazioni del richiedente non siano suffragati da prove documentali o di altro tipo, la loro conferma non è comunque necessaria se (…) le dichiarazioni del richiedente sono ritenute coerenti e plausibili e non sono in contraddizione con le informazioni generali e specifiche pertinenti al suo caso di cui si dispone» (il corsivo è mio).


32      V. articolo 4, lettere a) e b), del regolamento n. 439/2010.


33      V. i riferimenti di tali informazioni nella nota 9 delle presenti conclusioni.