Language of document : ECLI:EU:C:2017:1020

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

NILS WAHL

presentate il 20 dicembre 2017 (1)

Causa C525/16

MEO – Serviçosde Comunicações e Multimédia SA

contro

Autoridade da Concorrência

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal da Concorrência, Regulação e Supervisão (Tribunale per la concorrenza, la regolamentazione e la vigilanza, Portogallo)]

«Rinvio pregiudiziale – Posizione dominante – Concorrenza – Abuso di posizione dominante – Articolo 102, secondo comma, lettera c), TFUE – Nozione di “svantaggio per la concorrenza” – Prezzi discriminatori sul mercato a valle – Gestione di diritti connessi ai diritti d’autore – Televisione a pagamento»






1.        Le autorità preposte alla concorrenza possono valutare, sotto il profilo dell’articolo 102 TFUE, l’applicazione da parte di un dato ente di prezzi differenziati e, in caso di risposta affermativa, a quali condizioni? La constatazione in un simile contesto di un abuso di posizione dominante ai sensi di quest’articolo comporta una soglia minima?

2.        Tali sono, essenzialmente, le questioni sollevate dalla domanda di pronuncia pregiudiziale in esame, che verte più precisamente sull’interpretazione dell’articolo 102, secondo comma, lettera c), TFUE, a norma del quale possono costituire pratiche di abuso di posizione dominante in particolare comportamenti volti ad «applicare nei rapporti commerciali con gli altri contraenti condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, determinando così per questi ultimi uno svantaggio per la concorrenza».

3.        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la MEO – Serviços de Comunicações e Multimédia SA (in prosieguo: la «MEO») e l’Autoridade da Concorrência (Autorità garante della concorrenza, Portogallo) (in prosieguo: l’«AdC»), relativa a una decisione di archiviazione adottata da quest’ultima in risposta a una denuncia della MEO contro la GDA – Cooperativa de Gestão dos Direitos dos Artistas Intérpretes Ou Executantes (Cooperativa di gestione dei diritti degli artisti interpreti o esecutori, Portogallo) (in prosieguo: la «GDA») per un asserito abuso di posizione dominante nel settore dei diritti connessi al diritto d’autore degli artisti interpreti o esecutori.

4.        A mio avviso, la causa offre l’occasione per precisare che, indipendentemente dall’esistenza di una pratica di differenziazione dei prezzi, che, considerata isolatamente, non è problematica dal punto di vista della concorrenza, costituisce un vero e proprio abuso di posizione dominante il fatto che un tale comportamento falsi la concorrenza o incida sulla posizione concorrenziale delle controparti commerciali. Non si può dunque presumere che pratiche di differenziazione di prezzi producano uno «svantaggio per la concorrenza» in assenza di un esame di tutte le circostanze della fattispecie, in particolare quando si tratta di una cosiddetta discriminazione di «secondo grado».

 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

5.        L’articolo 3, paragrafo 1, ultimo periodo, del regolamento (CE) n. 1/2003 (2) prevede che, «[q]uando le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri o le giurisdizioni nazionali applicano la legislazione nazionale in materia di concorrenza agli sfruttamenti abusivi vietati dall’articolo [102 TFUE], esse applicano anche l’articolo [102 TFUE]».

 Diritto portoghese

6.        L’articolo 11, paragrafi 1 e 2, lettera c), del Novo Regime Juridíco da Concorrência (legge sul nuovo regime giuridico della concorrenza) (3) ha lo stesso tenore dell’articolo 102, secondo comma, lettera c), TFUE.

 Procedimento principale, questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte

7.        La GDA è una società cooperativa di gestione collettiva di diritti degli artisti e interpreti, senza scopo di lucro, che gestisce i diritti connessi ai diritti d’autore dei propri membri e di quelli di società omologhe straniere con le quali ha concluso un contratto di rappresentanza e/o reciprocità.

8.        In tale contesto, la GDA ha come attività principale la riscossione di canoni provenienti dall’esercizio dei diritti connessi e dalla distribuzione di tali importi ai titolari. Benché non disponga di un monopolio legale, essa è ormai il solo organismo incaricato della gestione collettiva dei diritti connessi degli artisti attivo in Portogallo.

9.        Tra le imprese che utilizzano il repertorio dei membri della GDA, come pure dei membri degli omologhi organismi stranieri con i quali la GDA ha concluso contratti di rappresentanza o reciprocità, vi sono i fornitori di offerte al consumatore del servizio di trasmissione del segnale televisivo con il rispettivo contenuto, dietro versamento di un determinato importo.

10.      La MEO, ricorrente nel procedimento principale, è uno di tali fornitori, cliente della GDA.

11.      Tra il 2008 e il 2014 la GDA ha applicato tre tariffe diverse a detti fornitori nell’ambito del servizio all’ingrosso. Tra il 2010 e il 2013 la GDA ha applicato tali tariffe simultaneamente.

12.      Dal fascicolo presentato alla Corte risulta che la tariffa applicata alla MEO è stata il risultato di una decisione, datata 10 aprile 2012, adottata, conformemente al diritto applicabile, da un collegio arbitrale (4).

13.      Il 24 giugno e il 22 ottobre 2014 la PT Comunicações SA, dante causa della MEO, ha depositato dinanzi all’AdC una denuncia contro la GDA per un possibile abuso di posizione dominante. La MEO sosteneva che tale abuso derivava dalla circostanza che la GDA praticava prezzi eccessivi relativamente all’applicazione dei diritti connessi degli artisti interpreti ed esecutori e che, inoltre, quest’ultima applicava condizioni dissimili per essa e per un altro cliente, la NOS Comunicações SA (in prosieguo: la «NOS»).

14.      Il 19 marzo 2015 l’AdC ha avviato un’indagine, sfociata nell’archiviazione del caso con decisione del 3 marzo 2016, per il motivo che i fatti relativi all’oggetto del procedimento non contenevano indizi sufficienti di un abuso di posizione dominante.

15.      L’AdC ha dichiarato in particolare che, anche supponendo che la GDA detenesse effettivamente una posizione dominante sul mercato di cui trattasi e che il comportamento in esame fosse considerato un trattamento diseguale per prestazioni equivalenti, la differenziazione delle tariffe applicate ai diversi fornitori di servizi al dettaglio relativi all’accesso al servizio televisivo, e dei costi medi sostenuti dalla MEO e dalla NOS nel contesto del servizio all’ingrosso in esame, non consentiva di concludere nel senso dell’esistenza di un effetto restrittivo della concorrenza derivante, in particolare, da un indebolimento della posizione concorrenziale della MEO.

16.      Secondo l’AdC, non è possibile ritenere che un fornitore di servizi al dettaglio relativi all’accesso al segnale televisivo abbia subito uno svantaggio competitivo rispetto agli altri. L’interpretazione secondo la quale un mero comportamento discriminatorio da parte di un’impresa in posizione dominante comporti ipso facto una violazione dell’articolo 102, secondo comma, lettera c), TFUE sarebbe in contrasto, in particolare, con la giurisprudenza della Corte.

17.      La MEO ha presentato ricorso avverso la decisione di archiviazione dell’AdC sostenendo in particolare che quest’ultima ha interpretato l’articolo 102, secondo comma, lettera c), TFUE in maniera errata, in quanto, anziché valutare il criterio dello svantaggio per la concorrenza, come interpretato nella giurisprudenza della Corte, essa ha verificato se si trattasse di una distorsione significativa e quantificabile della concorrenza.

18.      Secondo il giudice del rinvio, la decisione di archiviazione dell’AdC si fonderebbe sul fatto che la differenza delle tariffe rispetto al costo medio era modesta, cosicché dette tariffe non erano tali da compromettere la posizione concorrenziale della MEO e quest’ultima era capace di assimilare la differenza. La MEO del resto avrebbe visto accrescersi la propria quota di mercato relativa all’offerta al dettaglio dell’accesso al segnale televisivo con abbonamento durante il medesimo periodo (5).

19.      Il giudice del rinvio osserva che, nel contesto del procedimento principale, la MEO ha fornito cifre relative ai costi sostenuti rispettivamente dalla MEO e dalla NOS. Tali tabelle hanno ad oggetto, da un lato, il costo totale nonché il costo medio per consumatore sostenuto, rispettivamente, dalla MEO e dalla NOS, e, d’altro lato, gli introiti e la redditività della MEO durante il periodo interessato, ossia dal 2010 al 2013 (6).

20.      Secondo il giudice del rinvio, non è escluso che la capacità concorrenziale della MEO sia stata lesa a causa di tale differenziazione dei prezzi. Dalla giurisprudenza della Corte risulterebbe che determinati comportamenti discriminatori nei confronti delle controparti commerciali possono comportare intrinsecamente uno svantaggio per la concorrenza. Il giudice del rinvio ritiene nondimeno che la Corte non si sia pronunciata definitivamente sulla nozione di «svantaggio per la concorrenza» ai fini dell’applicazione dell’articolo 102, secondo comma, lettera c), TFUE.

21.      In tale contesto il Tribunal da Concorrência, Regulação e Supervisão (Tribunale per la concorrenza, la regolamentazione e la vigilanza, Portogallo) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Qualora nel quadro di un procedimento sanzionatorio emergano prove o indizi di fatti relativi agli effetti di un’eventuale pratica tariffaria discriminatoria attuata da un’impresa in posizione dominante su una delle imprese al dettaglio, che vede porsi in una situazione di svantaggio rispetto ai suoi concorrenti, se la qualificazione di tale comportamento come pratica che determina uno svantaggio per laconcorrenza, ai sensi dell’articolo 102, [secondo comma,] lettera c), TFUE, dipenda da un’ulteriore valutazione della gravità, rilevanza o importanza di tali effetti sulla posizione o la capacità concorrenziale dell’impresa interessata, in particolare per quanto concerne la capacità di assimilare la differenza dei costi sostenuti nell’ambito del servizio all’ingrosso.

2)      Qualora nel quadro di un procedimento sanzionatorio emergano prove o indizi dell’importanza notevolmente ridotta assunta dalla pratica tariffaria discriminatoria, attuata da un’impresa in posizione dominante relativamente ai costi sostenuti, ai proventi ottenuti e alla redditività raggiunta dall’impresa al dettaglio interessata, se l’interpretazione conforme dell’articolo 102, [secondo comma,] lettera c), TFUE e della giurisprudenza risultante dalle sentenze [del 15 marzo 2007, British Airways/Commissione (C‑95/04 P, EU:C:2007:166, punti da 146 a 148, e del 9 settembre 2009, Clearstream/Commissione (T‑301/04, EU:T:2009:317)] risulti compatibile con la valutazione dell’assenza di indizi di abuso di posizione dominante e di pratiche vietate.

3)      O, al contrario, se tale circostanza non basti a escludere che il comportamento in questione possa integrare un abuso di posizione dominante e una pratica vietata, ai sensi dell’articolo 102, [secondo comma,] lettera c), TFUE, e rilevi solo all’atto di stabilire la responsabilità o sanzione dell’impresa che ha commesso l’infrazione.

4)      Se l’espressione “determinando così per questi ultimi uno svantaggio per la concorrenza”, di cui all’articolo 102, [secondo comma,] lettera c), TFUE debba essere interpretata nel senso che risponde al criterio per cui il vantaggio derivante dalla discriminazione coincida, a sua volta, con una percentuale minima della struttura dei costi dell’impresa interessata.

5)      Se l’espressione “determinando così per questi ultimi uno svantaggio per la concorrenza”, di cui all’articolo 102, [secondo comma,] lettera c), TFUE, debba essere interpretata nel senso che risponde al criterio per cui il vantaggio derivante dalla discriminazione coincida, a sua volta, con una differenza minima tra i costi medi sostenuti dalle imprese concorrenti nell’ambito del servizio all’ingrosso di cui trattasi.

6)      Se l’espressione “determinando così per questi ultimi uno svantaggio per la concorrenza”, di cui all’articolo 102, [secondo comma,] lettera c), TFUE, possa essere interpretata nel senso che risponde al criterio per cui il vantaggio derivante dalla discriminazione coincida, nell’ambito del mercato e del servizio in questione, con valori superiori alle differenze riportate nelle (…) tabelle 5, 6 e 7, ai fini della considerazione del comportamento controverso come pratica vietata.

7)      In caso di risposta affermativa a una delle questioni dalla quarta alla sesta, come debba essere stabilita la menzionata soglia minima di rilevanza dello svantaggio in relazione alla struttura dei costi o ai costi medi sostenuti dalle imprese concorrenti nell’ambito del servizio al dettaglio in questione.

8)      Nel caso in cui si stabilisca detta soglia minima, se la sua inosservanza, per ciascun anno, consenta di confutare la presunzione scaturente dalla sentenza [del 9 settembre 2009, Clearstream/Commissione (T‑301/04, EU:T:2009:317),] secondo cui occorre considerare che l’applicazione, nei confronti di una controparte commerciale, di prezzi differenti per servizi equivalenti, e ciò senza soluzione di continuità per 5 anni e da parte di un’impresa detenente un monopolio di fatto sul mercato situato a monte, [produce] necessariamente uno svantaggio concorrenziale per la controparte commerciale medesima».

22.      Hanno presentato osservazioni scritte la MEO, la GDA, i governi portoghese e spagnolo nonché la Commissione europea.

23.      Il 5 ottobre 2017 si è svolta un’udienza alla quale hanno partecipato la MEO, la GDA, il Regno di Spagna nonché la Commissione.

 Sintesi delle osservazioni presentate alla Corte

24.      In generale, le parti interessate hanno ritenuto che occorresse trattare le questioni pregiudiziali congiuntamente. Dette parti si sono concentrate sulla questione se, per constatare la sussistenza di uno «svantaggio per la concorrenza», ai sensi dell’articolo 102, secondo comma, lettera c), TFUE, si possa presumere che una differenziazione di prezzi sia idonea a falsare la concorrenza o se, invece, competa all’autorità garante della concorrenza dimostrare che la capacità concorrenziale dell’impresa svantaggiata è stata ridotta a seguito del comportamento incriminato. Nell’ambito di tale analisi, sono oggetto di discussione, da un lato, gli elementi di cui occorre tener conto e, d’altro lato, la necessità che l’effetto (potenziale o reale, a seconda dei rispettivi punti di vista delle parti) sulla concorrenza sia significativo.

25.      Per quanto attiene alla nozione di «svantaggio per la concorrenza», le parti interessate concordano sul fatto che, conformemente alla giurisprudenza della Corte, l’esistenza di un’eventuale incidenza sulla concorrenza, in generale, dev’essere valutata caso per caso e che non vi sono soglie o regole fisse al fine di accertare una tale incidenza.

26.      Nondimeno, le opinioni divergono sulla questione se, e in quale misura, debba essere dimostrato un effetto anticoncorrenziale concreto o se, invece, l’esistenza di un tale svantaggio debba essere probabile nel caso in cui un’impresa in posizione dominante applichi tariffe differenziate alle proprie controparti commerciali sul mercato a valle.

27.      Da un lato, la GDA e il governo portoghese ritengono che occorra tener conto dell’effetto concreto dei prezzi differenziati sulla capacità concorrenziale della MEO.

28.      Tanto dall’approccio raccomandato dalla Commissione, quale espresso in molteplici relazioni e comunicazioni di quest’ultima a partire dal 2003, quanto dalla giurisprudenza della Corte e del Tribunale dell’Unione europea risulterebbe che occorre tener conto degli effetti anticoncorrenziali sul mercato di comportamenti asseritamente abusivi. Perché una pratica tariffaria sia qualificata come abusiva è necessario che sussista, effettivamente, una distorsione della concorrenza tra i fornitori di servizi di cui trattasi e che, a causa di tale distorsione, taluni fornitori di servizi subiscano uno svantaggio concorrenziale. Quindi, una «semplice» pratica di prezzi discriminatori non basterebbe di per sé ad integrare un abuso ai sensi dell’articolo 102, secondo comma, lettera c), TFUE.

29.      D’altro lato, il governo spagnolo (7) e la MEO propendono per un’interpretazione dell’articolo 102, secondo comma, lettera c), TFUE secondo la quale, sia pure con sfumature diverse, il fatto che una società di gestione in una posizione di monopolio, come la GDA, favorisca, applicando condizioni più vantaggiose, un utente rispetto ai suoi concorrenti sullo stesso mercato situato a valle rischia di produrre uno svantaggio o una distorsione della concorrenza.

30.      Per quanto riguarda gli elementi da prendere in considerazione al fine di stabilire se un comportamento come quello della GDA nel procedimento principale sia idoneo a produrre un effetto anticoncorrenziale, la MEO sostiene che la GDA detiene una posizione monopolistica e che i fornitori di servizi televisivi sono costretti a servirsi dell’intermediazione della GDA per ottenere licenze che consentono la distribuzione di opere protette. Perciò, la posizione negoziale della GDA è forte. Secondo la MEO, un’impresa in posizione monopolistica di fatto ha la specifica responsabilità di vigilare affinché alle sue controparti commerciali siano applicate uguali condizioni. Tale responsabilità, secondo la MEO, comporta l’obbligo in capo alla GDA di giustificare il proprio comportamento, cosa che la GDA non avrebbe fatto. Infine, secondo la MEO, è necessario prendere in considerazione la durata della discriminazione.

31.      A tal proposito, il governo spagnolo sottolinea che, in casi come quello oggetto del procedimento principale, lo svantaggio deriverebbe segnatamente dal fatto che le licenze concesse dalle società di gestione costituiscono un elemento essenziale per la fornitura dei servizi finali da parte degli utenti interessati.

 Analisi

32.      Le questioni pregiudiziali, come formulate dal giudice del rinvio, richiedono, a mio avviso, una risposta globale in quanto si riferiscono principalmente all’interrogativo se la nozione di «svantaggio per la concorrenza», di cui all’articolo 102, secondo comma, lettera c), TFUE, implichi un esame degli effetti di un comportamento e/o della gravità di un’applicazione differenziata dei prezzi rispetto alla posizione concorrenziale dell’impresa interessata.

33.      Prima di affrontare tale problematica vorrei, anzitutto, condividere taluni interrogativi che, pur riguardando aspetti non specificamente affrontati dal giudice del rinvio, hanno ad oggetto l’applicabilità nel caso di specie delle disposizioni dell’articolo 102 TFUE.

34.      Procederò, successivamente, a un’esposizione preliminare delle considerazioni essenziali che, a mio avviso, devono guidare l’analisi di una pratica di differenziazione dei prezzi che si afferma costitutiva di un abuso di posizione dominante. In tale contesto, indicherò se e a quali condizioni una pratica di discriminazione tariffaria di «secondo grado» possa ricadere nell’ambito di applicazione dell’articolo 102, secondo comma, lettera c), TFUE. Preciserò le ragioni per le quali non è possibile presumere che una tale pratica costituisca, per sua natura, un abuso di posizione o, al contrario, occorre dimostrare concretamente gli effetti concorrenziali di un siffatto comportamento.

35.      Alla luce dell’insieme di tali considerazioni mi chiederò, infine, in che misura l’applicazione di condizioni dissimili per prestazioni equivalenti da parte di un’impresa che si asserisce detenga una posizione dominante sia atta a produrre uno svantaggio per la concorrenza.

 Osservazioni generali sull’applicabilità dell’articolo 102 TFUE nel caso oggetto del procedimento principale

36.      Si deve sottolineare che la presente causa è relativa a un particolare insieme di fatti, che può essere descritto nel modo seguente.

37.      La MEO, un fornitore di servizi televisivi sul mercato portoghese, ha impugnato dinanzi al giudice del rinvio la decisione dell’AdC recante archiviazione della sua denuncia. Quest’ultima era diretta contro il comportamento asseritamente abusivo della GDA, società cooperativa di gestione dei diritti connessi ai diritti d’autore, che sarebbe consistito nell’applicazione, tra il 2010 e il 2013, di tariffe differenziate per il conseguimento di licenze.

38.      A detta della MEO, la NOS, impresa diretta concorrente della MEO, avrebbe beneficiato di tariffe più vantaggiose durante tale periodo. La denuncia depositata dalla MEO presso l’AdC aveva quindi ad oggetto un presunto abuso di posizione dominante, derivante dalle tariffe discriminatorie praticate dalla GDA sul mercato a valle collegato ai servizi di commercializzazione collettiva dei diritti connessi degli artisti interpreti ed esecutori.

39.      Ciò premesso e come rilevato dal giudice del rinvio, con il supporto di dati numerici, risulta che lo svantaggio asseritamente subito dalla MEO in relazione agli importi pagati per l’utilizzazione delle opere protette dal diritto d’autore e dai diritti connessi non ha condotto a una diminuzione della sua quota di mercato. Al contrario, la quota detenuta dalla MEO sarebbe aumentata passando, tra il 2010 e il 2013, da circa il 25% a un livello superiore al 40%. Riguardo alla quota detenuta dalla NOS, nel corso dello stesso periodo essa sarebbe diminuita, passando da un livello superiore al 60% a un livello inferiore al 45%.

40.      È inoltre importante rilevare che tale fissazione dei prezzi è stata effettuata, conformemente al diritto nazionale applicabile, con lodo arbitrale in quanto la GDA non era pervenuta ad un accordo con la MEO.

41.      Nel caso di specie, il giudice del rinvio sembra aver preso le mosse dal postulato secondo cui si poneva unicamente la questione se, per concludere nel senso dell’esistenza di un abuso di posizione dominante derivante dall’applicazione di prezzi diversi per servizi equivalenti, occorresse pronunciarsi in concreto sugli effetti concorrenziali della pratica controversa o se, invece, si potesse presumere che una tale pratica contrastasse con l’articolo 102, secondo comma, lettera c), TFUE.

42.      In tal senso, il giudice del rinvio sembra aver ritenuto che ricorressero le altre condizioni per l’applicazione dell’articolo 102 TFUE. In particolare, esso considera come dato acquisito la circostanza che, in primo luogo, la GDA sia un’impresa in posizione dominante e che, in secondo luogo, essa abbia applicato nei confronti di controparti commerciali condizioni dissimili «per prestazioni equivalenti».

43.      Orbene, sulla base della lettura del fascicolo presentato alla Corte, mi sembra che tanto l’esistenza nel caso di specie di una posizione dominante della GDA sul mercato realmente rilevante quanto il fatto effettivo di un’imposizione di prezzi diseguali per «prestazioni equivalenti» siano da prendere con beneficio d’inventario.

44.      I dubbi nutriti a tal proposito potrebbero rendere teoriche le questioni pregiudiziali sollevate, che vertono unicamente sull’identificazione di uno «svantaggio per la concorrenza», ai sensi dell’articolo 102, secondo comma, lettera c), TFUE.

45.      In primo luogo, ritengo che sia lecito porsi l’interrogativo se la GDA si trovi effettivamente in posizione dominante sul mercato rilevante del servizio all’ingrosso di cui trattasi nel caso di specie.

46.      In proposito, si osserva che la GDA ha appunto contestato la premessa secondo la quale essa deterrebbe una posizione dominante sul mercato rilevante, benché sia de facto l’unica società in Portogallo a gestire i diritti connessi al diritto d’autore.

47.      A tal proposito, la GDA ha sostenuto di non essere in grado di esercitare una pressione commerciale sulle proprie principali controparti, la MEO e la NOS. Anzitutto, tali imprese costituirebbero un potente «duopolio». Inoltre, la fissazione delle tariffe sarebbe condizionata dalla legge nazionale, che obbliga le parti ad avvalersi dell’arbitrato in assenza di un accordo. Infine, non essendo integrata verticalmente, la GDA non avrebbe alcun interesse sui mercati a monte o a valle. Al contrario, l’esclusione dal mercato della MEO o un indebolimento della sua posizione concorrenziale rispetto alla NOS sarebbero svantaggiosi per essa. In tali circostanze, non sussisterebbe una posizione dominante né tantomeno un abuso di quest’ultima.

48.      Ricordo che la GDA è un ente di gestione di diritti collettivi degli artisti senza scopo di lucro, avente ad oggetto l’esercizio e la gestione dei diritti connessi ai diritti d’autore dei soggetti da essa rappresentati e dei membri di enti stranieri omologhi. Tra i suoi principali clienti vi sono i fornitori di servizi al dettaglio di accesso al segnale televisivo con abbonamento in Portogallo, tra cui la MEO e la NOS che, durante il periodo di riferimento, insieme costituivano un duopolio.

49.      In tale contesto, risulta che la GDA dipenda in gran parte dai compensi per i servizi da essa forniti alle due suddette imprese.

50.      Peraltro, come emerge dagli atti di causa e come rilevato dall’AdC nella sua decisione, esisterebbero indizi secondo i quali i fornitori dell’accesso al segnale televisivo con abbonamento dispongono di un certo potere negoziale che può controbilanciare quello della GDA. Tale indizi – che, in base alla mia lettura degli atti, non sono stati contestati dalla MEO (8) – consistono in particolare in comunicazioni tra la GDA e i fornitori del servizio al dettaglio, concernente l’accesso al segnale televisivo con abbonamento volte a stabilire la tariffa che la GDA avrebbe applicato loro a decorrere dal 1o gennaio 2014 nel contesto del servizio all’ingrosso di cui trattasi.

51.      Quindi, benché la GDA sia, per ora, l’unica società in Portogallo che gestisce i diritti collettivi degli artisti interpreti o esecutori, tale circostanza non significa che essa si trovi effettivamente in posizione dominante, in quanto non detiene un potere di mercato che le consenta di agire indipendentemente dalle sue controparti commerciali.

52.      Orbene, è pacifico che l’articolo 102 TFUE mira a controllare il potere di mercato detenuto da un’impresa. Affinché la posizione di quest’ultima sia qualificata come dominante, non è sufficiente fare riferimento alla quota da essa detenuta su un mercato ben definito: occorre riferirsi altresì al potere economico che detiene in forza della sua posizione.

53.      La posizione dominante è quindi definita come la posizione di potenza economica che fornisce a una o più imprese la possibilità di comportamenti notevolmente indipendenti nei confronti dei propri concorrenti, dei clienti e, da ultimo, dei consumatori (9). Normalmente si ha una posizione dominante quando un’impresa o un gruppo di imprese controllano una larga quota dell’offerta su un determinato mercato e gli altri fattori analizzati in sede di valutazione del caso (quali gli ostacoli all’entrata, la capacità di reazione dei consumatori ecc.) inducono anch’essi a concludere in questo senso (10).

54.      Inoltre, è possibile chiedersi che interesse abbia dal punto di vista concorrenziale la GDA ad imporre prezzi discriminatori allo scopo di escludere uno dei suoi clienti o di indebolirne la posizione concorrenziale. Dal momento che essa non ha alcun interesse a difendersi sul mercato a valle nel quale erano attive la MEO e la NOS, il suo unico interesse sembra risiedere nel rendere i propri introiti dinamici mediante la fissazione di prezzi negoziati individualmente e bilateralmente con tali fornitori di servizi.

55.      Se, nel caso di specie, deve esservi un ente che trae vantaggio dal punto di vista concorrenziale da una possibile discriminazione realizzata sul mercato a valle, sarà eventualmente l’operatore che ha beneficiato di prezzi che si suppone siano inferiori, nel caso di specie la NOS. Fatico, invece, a comprendere come una tale differenziazione possa essere idonea a procurare un beneficio diretto o indiretto alla GDA. Affronterò più precisamente quest’ultimo aspetto in prosieguo.

56.      In secondo luogo, proseguendo le precedenti considerazioni, mi chiedo se nel caso di specie venga realmente in rilievo la fornitura di «prestazioni equivalenti» in «condizioni dissimili», ai sensi dell’articolo 102, secondo comma, lettera c), TFUE – e, pertanto, una «discriminazione» anziché una «differenziazione» obiettiva – nel contesto della fornitura dei diritti connessi alla MEO e alla NOS.

57.      Come risulta dalla giurisprudenza, l’equivalenza delle operazioni dev’essere determinata tenendo conto dell’insieme delle condizioni prevalenti sul mercato (11). Tali condizioni includono segnatamente un aspetto di ordine temporale in quanto il prezzo fissato per la prestazione di un certo servizio può variare nel corso del tempo, in considerazione delle condizioni del mercato e dei criteri utilizzati per la sua determinazione. In altre parole, il fatto che determinate prestazioni siano effettuate in momenti diversi può rendere le operazioni non equivalenti (12).

58.      Inoltre, dagli elementi presentati alla Corte emerge che la determinazione dei prezzi e delle altre condizioni contrattuali relative ai diritti connessi che la GDA commercializza è influenzata dalla legge che obbliga le parti, in assenza di un accordo, a far ricorso all’arbitrato. In una simile ipotesi, verificatasi nel caso dei prezzi fatturati alla MEO, la GDA si limita ad applicare i prezzi fissati dal lodo arbitrale. A mio avviso, i prezzi applicati dalla GDA rispettivamente alla MEO e alla NOS, dunque, sono stati fissati in condizioni a priori differenti.

59.      In definitiva, il procedimento principale appare caratterizzato da un certo numero di incertezze in ordine all’applicabilità dell’articolo 102 TFUE, incertezze che vanno al di là della mera questione dell’individuazione di uno «svantaggio per la concorrenza». In particolare, sembra assai delicato sanzionare un’impresa per aver abusato della sua presunta posizione dominante in considerazione di una differenziazione dei prezzi applicati alle sue controparti che si collocano sul mercato a valle, allorché essa stessa non opera su tale mercato e beneficia direttamente della concorrenza esistente fra dette controparti. Tali incertezze giustificano a fortiori la prudenza in sede di esame delle controverse pratiche di differenziazione dei prezzi.

 Une pratica di differenziazione dei prezzi costituisce un abuso di posizione soltanto qualora determini uno svantaggio per la concorrenza, il che implica un esame concreto degli effetti della pratica alla luce di tutte le circostanze rilevanti

60.      Anche supponendo – il che compete al giudice del rinvio verificare – che si deduca dai fatti del caso di specie, da un lato, che la GDA detiene una posizione dominante sul mercato all’ingrosso di cui trattasi e, d’altro lato, che il comportamento controverso dev’essere considerato un trattamento diseguale di prestazioni equivalenti, sembra indispensabile che l’autorità preposta alla concorrenza accerti che determinate controparti commerciali subiscono per via di tale distorsione uno svantaggio per la concorrenza. L’esistenza di un tale svantaggio non può in nessun caso essere presunta, ma implica sempre, in particolare in presenza di una discriminazione tariffaria di «secondo grado», un esame degli effetti delle pratiche controverse alla luce di tutte le circostanze della fattispecie.

 Una pratica di discriminazione tariffaria non è di per se stessa problematica dal punto di vista del diritto della concorrenza

61.      In generale, si deve ricordare che la discriminazione, inclusa la discriminazione nell’imposizione di prezzi, non è, di per se stessa, problematica dal punto di vista del diritto della concorrenza. La ragione è che la discriminazione relativa ai prezzi non è sempre nociva per la concorrenza. Al contrario, come testimoniano in particolare i (vani) tentativi ufficiali negli Stati Uniti di riconsiderare la disposizione volta a proibire una simile discriminazione contenuta nel Robinson-Patman Act del 1936 (13), il divieto puro e semplice delle discriminazioni tariffarie può risultare nefasto dal punto di vista dell’efficienza economica e del benessere del consumatore.

62.      È infatti un dato ben acquisito che una pratica di discriminazione, in particolare di differenziazione dei prezzi, produce effetti ambivalenti dal punto di vista della concorrenza. Una simile pratica può avere come conseguenza il rafforzamento dell’efficienza economica e quindi del benessere dei consumatori, obiettivi che, a mio avviso, non devono essere persi di vista quando si tratta di applicare le regole in materia di concorrenza e che si distinguono, in ogni caso, da considerazioni legate all’equità. Come più volte dichiarato dalla Corte, le regole in materia di concorrenza mirano a tutelare la concorrenza e non i concorrenti (14).

63.      Le discriminazioni tariffarie dovrebbero poter essere sanzionate, a prescindere che ciò avvenga sulla base del diritto delle intese o dell’abuso di posizione dominante, soltanto a condizione che esse producano un effetto anticoncorrenziale attuale o potenziale. L’identificazione di un tale effetto non si confonde con lo svantaggio immediato risentito, o addirittura subito, dagli operatori cui sono stati applicati i prezzi più elevati per l’acquisto di un bene o di un servizio. Quindi, il fatto che per l’acquisto di un bene o di un servizio a un’impresa sia stato imposto un prezzo superiore a quello applicato a una o più imprese concorrenti può essere qualificato come svantaggio, ma ciò non comporta necessariamente uno «svantaggio per la concorrenza».

64.      Pertanto, anche supponendo che a un’impresa sia stato imposto tariffe superiori a quelle applicate ad altre imprese e che, di conseguenza, essa sia (o si ritenga) discriminata, tale comportamento può rientrare nell’ambito di applicazione della disposizione in parola soltanto qualora sia dimostrato che esso è idoneo a restringere la concorrenza e a recare danno al benessere dei consumatori.

65.      Nel diritto degli abusi di posizione dominante, una pratica di discriminazione tariffaria consente in particolare a un’impresa che detenga una simile posizione di offrire i propri prodotti e servizi a un maggior numero di consumatori, come coloro che dispongano di un minore potere di acquisto. Nello stesso senso, il cliente di un’impresa, anche dominante, sarà, di regola, incitato a vendere di più per beneficiare di uno sconto «di fedeltà» e, per fare ciò, sarà, a sua volta, incoraggiato a diminuire i propri prezzi e dunque a ridurre il proprio margine, il che, in definitiva, si ripercuote positivamente sul consumatore. In tale contesto, va sottolineato che la capacità degli operatori di avvalersi del proprio potere negoziale per ottenere le migliori condizioni tariffarie e ridurre i propri costi è un importante parametro di concorrenza (15). In definitiva, la differenziazione dei prezzi può essere un importante fattore di stimolo della concorrenza.

66.      Per quanto attiene più specificamente alla questione se una pratica di discriminazione dei prezzi applicati da un’impresa alle proprie «controparti commerciali» – le quali sono per lo più i suoi clienti che si collocano sul mercato a valle – sia idonea a costituire un abuso di posizione dominante, ricordo che l’articolo 102, secondo comma, lettera c), TFUE vieta espressamente alle imprese in posizione dominante di applicare condizioni dissimili per prestazioni equivalenti nei confronti di tali controparti «determinando (…) per quest[e] ultim[e] uno svantaggio per la concorrenza».

67.      Contrariamente a ciò che potrebbe suggerire un’analisi superficiale, l’articolo 102, secondo comma, lettera c), TFUE non impone ai detentori di un monopolio o di una posizione dominante di applicare alle loro controparti commerciali tariffe uniformi.

68.      Dalla stessa formulazione di tale disposizione risulta quindi che la discriminazione tariffaria imposta da un’impresa dominante nei confronti delle sue controparti commerciali può rientrare nell’ambito di applicazione del divieto di abusi di posizione dominante se e soltanto se la concorrenza in essere fra tali controparti è falsata da detta discriminazione.

69.      In definitiva, un’applicazione rigorosa della disposizione in parola impone, da un lato, di constatare l’esistenza di un rapporto di concorrenza fra le controparti commerciali dell’impresa dominante e, d’altro lato, di esporre che il comportamento della suddetta impresa è concretamente atto a falsare la concorrenza tra le imprese interessate (16). Approfondirò tale aspetto nel prosieguo.

 Una pratica di discriminazione tariffaria di secondo grado può ricadere nell’ambito di applicazione dell’articolo 102, secondo comma, lettera c), TFUE soltanto a seguito di un suo esame alla luce di tutte le circostanze della fattispecie

70.      Si è progressivamente imposto, tanto nella prassi decisionale delle autorità preposte alla concorrenza quanto nella giurisprudenza più recente della Corte (17), il principio secondo cui, quando si tratta di esaminare un comportamento imprenditoriale sotto il profilo dell’articolo 102 TFUE, la presenza di una restrizione della concorrenza non può essere presunta. Per concludere nel senso dell’esistenza di una tale restrizione, occorre, in ogni caso, procedere a un esame degli effetti reali o potenziali della misura incriminata alla luce di tutte le circostanze della fattispecie.

71.      Quando viene in rilievo una pratica di discriminazione tariffaria, l’analisi che dev’essere effettuata differisce sostanzialmente a seconda che si tratti di una discriminazione di «primo grado» o di «secondo grado».

72.      La discriminazione di primo grado è intesa schematicamente come quella realizzata nei confronti dei concorrenti dell’impresa dominante. Per lo più essa ha ad oggetto pratiche di discriminazione tariffaria destinate ad attirare alcuni clienti di operatori concorrenti, come prezzi predatori, sconti differenziati o ancora comportamenti di compressione dei margini. Essa riguarda più in generale tutte le pratiche relative ai prezzi volte ad estromettere operatori presenti sullo stesso mercato e allo stesso livello (sul piano verticale) in cui è attiva l’impresa dominante o a indebolire la loro posizione concorrenziale.

73.      Dette pratiche di discriminazione tariffaria di primo grado, per via degli effetti immediati di esclusione che possono produrre, sono quelle su cui le autorità preposte alla concorrenza e i giudici sono generalmente chiamati a pronunciarsi.

74.      La discriminazione di secondo grado, presa in considerazione principalmente all’articolo 102, secondo comma, lettera c), TFUE, è quella che colpisce le «controparti commerciali» sul mercato a valle o a monte di tale impresa. Essa riguarda in particolare il caso in cui un’impresa dominante decida di applicare prezzi differenti ai propri clienti, vale a dire ad enti che non si trovano in un rapporto di diretta concorrenza con l’impresa stessa. Tale disposizione mira a proibire che il comportamento commerciale dell’impresa in posizione dominante falsi la concorrenza sul mercato situato a monte o a valle, cioè la concorrenza tra fornitori o tra clienti di detta impresa. Le controparti commerciali di tale impresa non devono essere favorite o sfavorite sul terreno della concorrenza che praticano reciprocamente (18).

75.      Per quanto attiene a quest’ultimo tipo di discriminazione, l’effetto di esclusione e di restrizione del processo concorrenziale non è sempre evidente. Al contrario, un’impresa che opera a monte in via di principio profitta pienamente della concorrenza praticata sul mercato a valle.

76.      A mio avviso, come è stato rilevato da un considerevole numero di studi dottrinali, in sede di esame di una discriminazione tariffaria ai fini dell’applicazione dell’articolo 102, secondo comma, lettera c), TFUE, come quella di cui è causa nel procedimento principale, occorre distinguere preliminarmente tra le imprese integrate verticalmente, che hanno dunque interesse a soppiantare i concorrenti sul mercato a valle, e quelle che non hanno un tale interesse.

77.      Nel caso in cui l’impresa sia integrata verticalmente, l’applicazione da parte dell’impresa dominante di prezzi discriminatori sul mercato a monte o a valle è simile, in realtà, a una discriminazione di primo grado che colpisca indirettamente i concorrenti di tale impresa. Una simile discriminazione può avere l’effetto di indebolire i concorrenti dell’impresa dominante sul mercato a valle.

78.      La causa che ha dato luogo alla sentenza Deutsche Bahn/Commissione (19) offre una valida illustrazione dell’effetto restrittivo della concorrenza che può determinare una discriminazione tariffaria, al tempo stesso di primo e di secondo grado, effettuata da un’impresa integrata verticalmente. Applicando tariffe differenti ai trasportatori di container operanti sui cosiddetti percorsi occidentali per prestazioni equivalenti relative all’uso delle infrastrutture ferroviarie, la Deutsche Bahn AG aveva così immancabilmente inflitto alle proprie controparti commerciali in attività uno svantaggio nella concorrenza nei suoi confronti e nei confronti della sua controllata (20).

79.      Invece, se l’impresa in posizione dominante non è integrata verticalmente e fatta salva l’ipotesi in cui siano in esame i comportamenti di enti pubblici che producono in maniera più o meno diretta un effetto di compartimentazione geografica o di discriminazione fondata sulla cittadinanza (21), è lecito interrogarsi sul beneficio che detta impresa intenda trarre da una discriminazione volta a sfavorire una delle sue controparti commerciali sul mercato a valle. Una tale impresa ha infatti tutto l’interesse a che quest’ultimo mercato sia assai concorrenziale al fine di conservare il proprio potere negoziale in qualità di venditore dei prodotti o servizi di cui trattasi. Nel caso in cui, come nel procedimento principale, un’impresa in posizione dominante non si trovi in rapporto di concorrenza con i propri clienti sul mercato a valle, non è agevole individuare ragioni che inducano tale impresa ad applicare prezzi discriminatori che siano diverse dallo sfruttamento diretto dei suoi clienti. Sembra dunque poco logico dal suo punto di vista ridurre la pressione concorrenziale esistente tra le sue controparti commerciali sul mercato a valle.

80.      Ciò spiega senza dubbio il fatto che le cause aventi ad oggetto le discriminazioni di secondo grado «pure», ossia situazioni in cui l’impresa dominante (non integrata verticalmente) non ha, a prima vista, alcun interesse ad estromettere le proprie controparti, sul mercato a valle, come il procedimento principale, siano estremamente rare (22).

81.      Inoltre, è giocoforza rilevare che, per quanto attiene all’esame delle cause su cui la Corte è stata chiamata a pronunciarsi, le considerazioni relative all’applicabilità dell’articolo 102, secondo comma, lettera c), TFUE sono particolarmente laconiche e non consentono, in ogni caso, di rivelare linee interpretative chiare riguardo all’identificazione di uno «svantaggio per la concorrenza», ai sensi di tale disposizione.

82.      La sentenza Kanal 5 e TV 4 (23), che prende in considerazione un’ipotesi tutto sommato simile al presente caso, merita di essere menzionata in proposito. Tale causa riguardava una controversia che opponeva la Kanal 5 Ltd e la TV 4 AB alla Föreningen Svenska Tonsättares Internationella Musikbyrå (STIM) upa (Ente di gestione collettiva del diritto d’autore per la musica, Svezia), avente ad oggetto il tariffario dei canoni relativi alla diffusione televisiva di opere musicali protette dal diritto d’autore applicato da quest’ultima.

83.      Invitata a stabilire se la circostanza che un ente di gestione collettiva del diritto d’autore calcoli canoni, percepiti a titolo di remunerazione dovuta per la diffusione televisiva di opere musicali protette dal diritto d’autore, in maniera differente a seconda che si tratti di società di telediffusione private ovvero di società di servizio pubblico costituisca una violazione dell’articolo 82, secondo comma, lettera c), CE [divenuto articolo 102, secondo comma, lettera c), TFUE], la Corte non si è pronunciata, a essere pecisi, sul legame tra tale discriminazione tariffaria e lo svantaggio per la concorrenza eventualmente osservato sul mercato a valle. Essa, del resto, ha ricordato che spettava al giudice del rinvio effettuare un certo numero di verifiche al fine di applicare detta disposizione.

84.      In proposito, si deve altresì rilevare che l’approccio adottato dalla Commissione e dai giudici dell’Unione europea consiste spesso nell’applicare la disposizione in parola a una situazione di discriminazione di primo grado, ossia a una situazione in cui non è dimostrata l’esistenza di uno «svantaggio per la concorrenza», il che non ha mancato di suscitare alcune critiche dottrinali in vista di un’applicazione più rigorosa delle condizioni che risultano espressamente dalla formulazione di tale disposizione (24). Alcuni commentatori auspicano di conseguenza un approccio più restrittivo con riferimento alle discriminazioni tariffarie contemplate all’articolo 102, secondo comma, lettera c), TFUE o raccomandano, in tale contesto, un esame caso per caso di tutte le circostanze rilevanti (25).

85.      Peraltro, chiamata a precisare la portata dei requisiti relativi alle constatazioni di uno svantaggio concorrenziale ai sensi della disposizione in parola, la Corte, nella causa British Airways/Commissione (26), che costituisce la sentenza di riferimento ai fini dell’esame delle pratiche di discriminazione tariffaria dal punto di vista dell’articolo 102, secondo comma, lettera c), TFUE, ha sottolineato quanto segue, ossia che «è (…) importante, perché ricorrano le condizioni di applicazione dell’art. [102], secondo comma, lett. c), [TFUE], constatare che il comportamento dell’impresa in posizione dominante su un mercato non soltanto sia discriminatorio, ma anche che esso tenda a falsare tale relazione concorrenziale, cioè ad ostacolare la posizione concorrenziale di una parte delle controparti commerciali di tale impresa rispetto alle altre».

86.      Se è vero che, come precisato dalla Corte, nulla osta dunque a che la discriminazione delle controparti commerciali che non si trovano in una relazione concorrenziale possa essere considerata abusiva, occorre inoltre accertare che il comportamento dell’impresa in posizione dominante tende a condurre, «alla luce dell’insieme delle circostanze della fattispecie», ad una distorsione della concorrenza fra tali controparti commerciali (27).

87.      In altre parole, l’articolo 102, secondo comma, lettera c), TFUE non può essere interpretato nel senso che imponga a un’impresa che si trovi in posizione dominante su un dato mercato di applicare, in ogni circostanza e indipendentemente da un’analisi degli effetti del comportamento incriminato sulla concorrenza, prezzi uniformi nei confronti delle sue controparti commerciali.

88.      La necessità di tener conto dell’«insieme delle circostanze della fattispecie» appare dunque fondamentale in sede di valutazione di una pratica tariffaria discriminatoria. Non è possibile, in nessun caso, dedurre dall’articolo 102, secondo comma, lettera c), TFUE che una tale pratica sfoci in tutti i casi in una situazione di «svantaggio per la concorrenza».

89.      Riguardo alla sentenza Clearstream/Commissione (28), alla quale il giudice del rinvio fa esplicito riferimento nella formulazione delle sue questioni pregiudiziali, rilevo che, in tale sentenza, il Tribunale ha inteso limitare il proprio esame al caso asseritamente sottopostogli. Come risulta dal punto 192 di tale sentenza, il Tribunale ha ricordato il principio secondo il quale, «perché ricorrano le condizioni di applicazione dell’art. [102], secondo comma, lett. c), [TFUE], occorre la constatazione che il comportamento dell’impresa in posizione dominante su un mercato non soltanto sia discriminatorio, ma anche che esso tenda a falsare tale relazione concorrenziale» (il corsivo è mio).

90.      In ogni caso, anche supponendo che sia possibile dedurre dalla citata sentenza del Tribunale che quest’ultimo ha sancito una presunzione secondo la quale una discriminazione tariffaria è in grado di determinare un tale svantaggio, si deve osservare che detta sentenza del Tribunale, che, del resto, non è stata confermata dalla Corte in assenza di impugnazione, è in una certa misura superata.

91.      A mio avviso, la stessa sentenza è relativa a un periodo nel quale la natura dell’approccio – ossia in base all’oggetto (formale) o agli effetti – da seguire in sede di esame dei comportamenti delle imprese asseritamente costitutivi di un abuso di posizione dominante poteva ancora dare luogo a discussioni.

92.      Infine, mi sembra importante precisare che la dimostrazione dell’esistenza di uno svantaggio per la concorrenza è distinta dall’attività di valutazione della probabilità che un comportamento imprenditoriale, intrinsecamente idoneo a produrre effetti di esclusione, determini una restrizione della concorrenza e, in particolare, produca gli effetti di esclusione contestati (29). Tale condizione è volta ad assicurarsi in concreto, ai fini dell’applicazione dell’articolo 102, secondo comma, lettera c), TFUE, che una pratica di discriminazione tariffaria seguita da un’impresa nei confronti delle sue controparti commerciali, che di per se stessa non può essere problematica dal punto di vista della concorrenza, pervenga a creare uno svantaggio per la concorrenza.

93.      Come ho già avuto occasione di sottolineare (30), in generale, l’esame delle pratiche di discriminazione tariffaria dal punto di vista dell’articolo 102 TFUE si presta difficilmente al formalismo e alla sistematizzazione. In particolare, l’analisi della questione, se una discriminazione tariffaria da parte di un’impresa in posizione dominante su un dato mercato sia idonea ad incidere concretamente sulla concorrenza praticata su un mercato situato a monte o a valle, è e deve rimanere un’attività eminentemente casistica.

 La constatazione dell’esistenza di uno svantaggio concorrenziale richiede che, oltre alla discriminazione eventualmente subita, sia accertata in concreto l’esistenza di uno svantaggio per la concorrenza

94.      Contrariamente a ciò che lascia intendere la posizione difesa dalla MEO nel contesto del presente procedimento, ritengo che una discriminazione tariffaria non si accompagni necessariamente a uno «svantaggio per la concorrenza», ai sensi dell’articolo 102, secondo comma, lettera c), TFUE.

95.      A mio avviso, una tale considerazione deriva da una confusione tra la valutazione relativa alla sussistenza di uno «svantaggio per la concorrenza» e l’esistenza di «svantaggi tra i concorrenti», o anche di uno svantaggio tout court.

96.      Perché sia constatato uno «svantaggio per la concorrenza», ai sensi dell’articolo 102, secondo comma, lettera c), TFUE, la pratica in questione, in aggiunta allo svantaggio determinato dalla discriminazione tariffaria singolarmente considerato, deve avere un effetto specifico sulla posizione concorrenziale dell’impresa asseritamente discriminata.

97.      In altre parole, occorre che lo svantaggio subito sia abbastanza significativo da avere conseguenze sulla posizione concorrenziale dell’impresa discriminata. È dunque necessario dimostrare che i prezzi discriminatori tendono a falsare la relazione di concorrenza tra le controparti commerciali nel mercato a valle.

98.      Una siffatta analisi richiede che l’autorità preposta alla concorrenza prenda in considerazione tutte le circostanze del caso sottopostole. Una pratica di prezzi discriminatori pone i clienti di una società in posizione dominante in una situazione di svantaggio per la concorrenza quando è in concreto idonea ad incidere negativamente sulla concorrenza sul mercato nel quale i suoi clienti operano. Al fine di identificare una distorsione della concorrenza in tale contesto, non è dunque possibile limitarsi a valutare l’impatto della pratica discriminatoria con riferimento a una specifica controparte commerciale.

99.      In particolare, occorre verificare se la discriminazione tariffaria controversa sia idonea ad incidere negativamente sulla capacità delle controparti commerciali svantaggiate di esercitare una pressione concorrenziale effettiva sulle controparti commerciali favorite.

100. Vero è che, secondo la giurisprudenza della Corte, non si può esigere che sia fornita la prova che la condotta dell’impresa dominante ha comportato un deterioramento effettivo, esattamente valutabile, della posizione concorrenziale di una o più controparti commerciali (31), o ancora che sia dimostrato che l’effetto anticoncorrenziale sul mercato nel quale le controparti commerciali sono in concorrenza è «percettibile» – non trovando giustificazione la fissazione di una soglia di percettibilità (de minimis) allo scopo di stabilire uno sfruttamento abusivo di posizione dominante (32).

101. Resta nondimeno il fatto che, salvo ignorare le condizioni chiaramente enunciate all’articolo 102, secondo comma, lettera c), TFUE, il mero «svantaggio» derivante dalla discriminazione stessa non può essere confuso con lo «svantaggio per la concorrenza», che deve concretizzarsi sul mercato nel quale le controparti commerciali dell’impresa dominante operano, nel caso di specie il mercato a valle dei diritti connessi al diritto d’autore.

102. A tal proposito, ritengo che si debba distinguere tra i comportamenti anticoncorrenziali, che, data la loro intrinseca nocività implicano una restrizione della concorrenza, e quelli, come le pratiche di differenziazione tariffaria di secondo grado seguite da un’impresa dominante non integrata verticalmente, che richiedono un esame più approfondito delle loro ripercussioni concrete per poter concludere nel senso dell’esistenza di una tale restrizione.

103. Non si tratta di mediare tra le restrizioni della concorrenza a seconda che siano o meno di secondaria importanza – il che giustificherebbe la fissazione di una soglia de minimis in linea di principio esclusa nel contesto dell’articolo 102 TFUE. Si tratta piuttosto di individuare la presenza di un’effettiva restrizione della concorrenza che è ben distinta dalla discriminazione tariffaria e che deve aggiungersi a quest’ultima.

104. Pertanto, il fatto che a una delle suddette controparti commerciali venga imposto un prezzo superiore può, tutt’al più, incidere sui costi sostenuti da tale impresa e, in via del tutto ipotetica, sulla redditività e sugli utili da essa previsti. Ciò non implica tuttavia che il livello di concorrenza sul mercato a valle sia modificato dalla discriminazione tariffaria controversa. Come è stato assai correttamente sottolineato dalla GDA nelle sue osservazioni scritte, la redditività e la competitività sono due elementi ben differenti.

105. Ne deriva a mio avviso che eventuali differenze di trattamento che non abbiano un impatto sulla concorrenza, o che abbiano effetti d’importanza del tutto secondaria, non possono costituire un abuso di posizione dominante ai sensi dell’articolo 102, secondo comma, lettera c), TFUE (33).

106. L’esistenza di uno svantaggio per la concorrenza dev’essere accertata esaminando gli effetti reali o potenziali della pratica incriminata alla luce di tutte le circostanze rilevanti con riferimento sia alle operazioni interessate sia alle caratteristiche del mercato nel quale sono attive le controparti commerciali dell’impresa dominante.

107. Ai fini dell’esame dell’effetto distorsivo o di estromissione di pratiche di discriminazione tariffaria, una sicura attenzione dev’essere rivolta, anzitutto, all’effettiva realtà e all’importanza relativa della differenziazione tariffaria controversa.

108. Inoltre, dev’essere data importanza anche all’esame dell’entità dei costi dei prodotti o servizi forniti dall’impresa dominante rispetto ai costi totali sostenuti dalla(e) controparte(i) asseritamente svantaggiata(e).

109. Nel caso in cui il prezzo imposto dall’impresa dominante rappresenti una quota significativa dei costi totali sostenuti dal cliente svantaggiato, la discriminazione relativa ai prezzi potrebbe avere un impatto non soltanto sulla redditività dell’attività di tale cliente, ma anche sulla sua posizione concorrenziale (34).

110. Invece, nell’ipotesi in cui il peso relativo dei prezzi imposti dall’impresa dominante sia irrisorio, essi non sono in grado di incidere sulla posizione concorrenziale del cliente svantaggiato.

111. Per tornare al caso di specie, l’AdC ha constatato che tali costi non erano significativi. Il punto 67 della decisione di detta autorità spiega infatti che, sulla base delle informazioni fornite dalla MEO il 23 giugno 2015, si deve concludere che, tra il 1o gennaio 2010 e il 31 dicembre 2013, gli importi che la MEO ha corrisposto annualmente alla GDA nel contesto del servizio all’ingrosso di cui trattasi hanno rappresentato una modesta percentuale dei costi sostenuti dalla MEO nel contesto della messa a disposizione del servizio al dettaglio di accesso al segnale televisivo con abbonamento e una piccolissima parte dei profitti della MEO, nel contesto della messa a disposizione di tale servizio al dettaglio. Dato che, secondo l’AdC, il peso relativo del prezzo dei diritti connessi applicato dalla GDA è insignificante, sembra difficile comprendere in che modo la differenziazione delle tariffe applicate dalla GDA fosse, a causa della sua rilevanza, tale da incidere sulla posizione concorrenziale della MEO e, dunque, da produrre uno svantaggio per la concorrenza.

 Osservazioni finali sul ruolo dell’autorità garante della concorrenza allorché è investita di una denuncia

112. Nel caso oggetto del procedimento principale, benché in definitiva competa soltanto al giudice del rinvio verificare, alla luce di tutte le circostanze della fattispecie, in che modo la differenziazione tariffaria controversa abbia prodotto uno svantaggio per la concorrenza, ritengo dunque che l’AdC non sia incorsa in errore esaminando se, dal punto di vista economico, la differenziazione delle tariffe applicate alla MEO e alla NOS fosse in grado di influire sulla capacità concorrenziale della MEO rispetto alla NOS.

113. Peraltro, come osservazione finale, mi sembra importante ricordare che, quando l’autorità preposta alla concorrenza è investita di una denuncia che afferma l’esistenza di un abuso di posizione dominante derivante in particolare da una discriminazione tariffaria di secondo grado, come quella di cui al procedimento principale, il suo ruolo consiste nell’esaminare attentamente gli elementi di fatto e di diritto portati a sua conoscenza dal denunciante al fine di decidere, in linea di principio entro un termine ragionevole, se essa debba avviare il procedimento di accertamento d’infrazione o respingere la denuncia senza avviare il procedimento o procedere all’archiviazione della stessa (35).

114. Ciò premesso, la decisione di archiviare una denuncia dev’essere motivata con il rigetto degli elementi specificamente presentati all’autorità. Non è invece possibile contestare a quest’ultima di individuare in assoluto, e in assenza di elementi concreti attestanti in particolare l’esistenza di una restrizione della concorrenza, le ragioni per le quali il comportamento incriminato possa eventualmente costituire un abuso.

 Conclusione

115. Alla luce dell’insieme delle suesposte considerazioni, propongo di rispondere alle questioni pregiudiziali sottoposte dal Tribunal da Concorrência, Regulação e Supervisão (Tribunale per la concorrenza, la regolamentazione e la vigilanza, Portogallo) nel modo seguente:

In assenza di qualsiasi giustificazione oggettiva, l’applicazione da parte di un’impresa in posizione dominante a taluni dei suoi titolari di licenza di prezzi superiori in confronto ai prezzi applicati agli altri titolari costituisce un abuso ai sensi dell’articolo 102, secondo comma, lettera c), TFUE se e soltanto se tale pratica determina a carico dei primi uno svantaggio per la concorrenza rispetto agli altri titolari con i quali detti primi titolari sono in rapporto di concorrenza.

Alle controparti commerciali di un’impresa dominante viene inflitto uno svantaggio per la concorrenza ai sensi dell’articolo 102, secondo comma, lettera c), TFUE se l’applicazione di condizioni dissimili per prestazioni equivalenti danneggia la posizione concorrenziale di alcune di tali controparti commerciali rispetto alle altre e se, di conseguenza, essa falsa la concorrenza tra le controparti commerciali avvantaggiate e le controparti commerciali svantaggiate.

La constatazione della sussistenza di uno svantaggio per la concorrenza implica la constatazione di una distorsione della concorrenza tra le parti interessate sul mercato rilevante distinta dalla mera differenza di trattamento eventualmente accertata. L’analisi prospettata non deve riassumersi in un semplice esercizio formale di deduzione automatica, fondato su presunzioni di fatto o di diritto, ma implica un esame concreto di tutte le circostanze del caso di specie. Possono essere prese in considerazione, in particolare ma non solo, la natura e l’entità della differenziazione tariffaria controversa nonché la struttura dei costi delle imprese interessate.


1      Lingua originale: il francese.


2      Regolamento del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (GU 2003, L 1, pag. 1).


3      Approvato con Lei n. 19/2012 (legge n. 19/2012), dell’8 maggio 2012.


4      Conformemente all’articolo 7, paragrafi 3 e 9, del Decreto-Lei n. 333/97 (decreto‑legge n. 33/97), del 27 novembre 1997, in assenza di un accordo in occasione della negoziazione dei diritti, le parti sono tenute a far ricorso all’arbitrato.


5      Secondo l’Autoridade Nacional de Comunicações (Anacom) [Autorità nazionale di vigilanza sulle comunicazioni (Anacom), Portogallo], la quota di mercato della MEO è passata, nel periodo di riferimento, ossia tra il 1o gennaio 2010 e il 31 marzo 2015, da un livello inferiore al 25% a un livello superiore al 40%, mentre la quota di mercato del gruppo NOS si è ridotta, durante lo stesso periodo, passando da un livello superiore al 60% a un livello inferiore al 45%.


6      Tali cifre non sono riportate nella decisione di rinvio in quanto costituiscono dati riservati.


7      Il governo spagnolo afferma che la Comisión Nacional de los Mercados y la Competencia (Commissione nazionale per i mercati e la concorrenza, Spagna) ha sistematicamente considerato l’applicazione di tariffe discriminatorie un illecito, nel caso in cui l’organismo di gestione dei diritti d’autore e dei diritti connessi non fosse in grado di giustificarle.


8      V. elementi documentali versati nel fascicolo nazionale e menzionati nella decisione dell’AdC.


9      Tale definizione è stata assai presto adottata dalla Corte (v. sentenze del 14 febbraio 1978, United Brands e United Brands Continentaal/Commissione, 27/76, EU:C:1978:22, punto 65, e del 13 febbraio 1979, Hoffmann-La Roche/Commissione, 85/76, EU:C:1979:36, punto 38). Essa è stata costantemente richiamata in giurisprudenza, segnatamente nella giurisprudenza più recente (v., in particolare, sentenze del 14 ottobre 2010, Deutsche Telekom/Commissione, C‑280/08 P, EU:C:2010:603, punto 170, e del 17 febbraio 2011, TeliaSonera Sverige, C‑52/09, EU:C:2011:83, punti 23 e 79).


10      V. comunicazione 97/C 372/03 della Commissione, sulla definizione del mercato rilevante ai fini dell’applicazione del diritto comunitario in materia di concorrenza (GU 1997, C 372, pag. 5).


11      V., segnatamente, sentenze del 9 settembre 2009, Clearstream/Commissione (T‑301/04, EU:T:2009:317, punti da 169 a 190), e del 7 ottobre 1999, Irish Sugar/Commissione (T‑228/97, EU:T:1999:246, punto 64).


12      V. segnatamente, in tal senso, O’Donoghue, R., e Padilla, J., The Law and Economics of article 102 TFEU, 2a ed., Hart Publishing, Oxford, 2013, pag. 795; Geradin, D., e Petit, N., «Price discrimination under EC competition law», The Pros and Cons of Price Discrimination, Konkurrensverket, 2005, pag. 23 (www.konkurrensverket.se/en/research/seminars/the-pros-and-cons/price-discrimination).


13      V., in particolare, US Antitrust Modernization Commission, Report and Recommendations, 2007, capitolo IV.a: «The Robinson-Patman Act», disponibile su http://govinfo.library.unt.edu/amc/report_recommendation/toc.htm. Nel 2007 la US Antitrust Modernization Commission (Commissione americana di modernizzazione dell’antitrust, Stati Uniti) ha altresì proposto, senza successo, di tornare su tale disposizione. Per un’analisi più recente, v., parimenti, Kirkwood, J.B., «Reforming the Robinson-Patman Act to Serve Consumers and Control Powerful Buyers», The Antitrust Bulletin, vol. 60, n. 4, 2015, pagg. da 358 a 383.


14      V., in tal senso, riguardo alle pratiche relative a sconti, le conclusioni che ho presentato nella causa Intel Corporation/Commissione (C‑413/14 P, EU:C:2016:788, paragrafo 41).


15      Pertanto, l’obbligo che sia imposto ad un ente di trattare tutte le proprie controparti commerciali in maniera uguale è idoneo a condurre a risultati anticoncorrenziali (v. Bulmash, H., «An Empirical Analysis of secondary line price discrimination motivations», Journal of Competition Law & Economics, vol. 8, n. 2, 2012, pagg. da 361 a 397).


16      V., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa British Airways/Commissione (C‑95/04 P, EU:C:2006:133, paragrafi 104 e 105).


17      V., segnatamente, sentenza del 6 settembre 2017, Intel/Commissione (C‑413/14 P, EU:C:2017:632, punti da 133 a 147).


18      V. sentenza del 15 marzo 2007, British Airways/Commissione (C‑95/04 P, EU:C:2007:166, punto 143).


19      Sentenza del 21 ottobre 1997 (T‑229/94, EU:T:1997:155), confermata con ordinanza del 27 aprile 1999, Deutsche Bahn/Commissione (C‑436/97 P, EU:C:1999:205).


20      Sentenza del 21 ottobre 1997, Deutsche Bahn/Commissione (T‑229/94, EU:T:1997:155, punto 93).


21      V., in tal senso, sentenze del 29 marzo 2001, Portogallo/Commissione (C‑163/99, EU:C:2001:189, punti 46 e 66), e del 17 maggio 1994, Corsica Ferries (C‑18/93, EU:C:1994:195, punti da 43 a 45).


22      V. cause citate alla nota 21. V., altresì, sentenza dell’11 dicembre 2008, Kanal 5 e TV 4 (C‑52/07, EU:C:2008:703).


23      Sentenza dell’11 dicembre 2008 (C‑52/07, EU:C:2008:703).


24      V., in particolare, Perrot, A., «Towards an effects-based approach of price discrimination», The Pros and Cons of Price Discrimination, op. cit., segnatamente pagg. 166 e segg.


25      V. articolo citato alla nota precedente. V., altresì, Geradin, D., e Petit, N., «Price Discrimination under EC competition law: The Need for a case-by-case approach», Global Competition Law Centre Working Paper 07/05, pagg. 45 e 46.


26      Sentenza del 15 marzo 2007, British Airways/Commissione (C‑95/04 P, EU:C:2007:166, punto 144).


27      Sentenza del 15 marzo 2007, British Airways/Commissione (C‑95/04 P, EU:C:2007:166, punto 145).


28      Sentenza del 9 settembre 2009 (T‑301/04, EU:T:2009:317, punto 194). Il Tribunale ha dichiarato che «[n]ella specie, l’applicazione, nei confronti di una controparte commerciale, di prezzi differenti per servizi equivalenti, e ciò senza soluzione di continuità per 5 anni e da parte di un’impresa detenente un monopolio di fatto sul mercato situato a monte, ha necessariamente prodotto uno svantaggio concorrenziale per la controparte commerciale medesima».


29      V., a tal proposito, sentenza del 6 settembre 2017, Intel/Commissione (C‑413/14 P, EU:C:2017:632, punti da 138 a 141).


30      V., segnatamente, le conclusioni che ho presentato nella causa Intel Corporation/Commissione (C‑413/14 P, EU:C:2016:788, paragrafi 73 e segg.).


31      V. sentenza del 15 marzo 2007, British Airways/Commissione (C‑95/04 P, EU:C:2007:166, punto 145).


32      V. sentenza del 6 ottobre 2015, Post Danmark (C‑23/14, EU:C:2015:651, punto 73).


33      V., in tal senso e in vista della conciliazione dei differenti approcci che si contrappongono in materia, O’Donoghue, R., e Padilla, J., The Law and Economics of Article 102 TFEU, op. cit., pagg. 802 e 803.


34      V., in particolare, l’analisi svolta dalla Commissione nella sua decisione Soda‑Ash/Solvay [decisione 91/299/CEE della Commissione, del 19 dicembre 1990, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 86 del trattato CEE (IV/33.133-C: Carbonato di sodio – Solvay, GU 1991, L 152, pag. 21, punto 64), nella quale era stato accertato che la controversa discriminazione in materia di prezzi aveva avuto un effetto importante sulla posizione concorrenziale delle imprese colpite, dal momento che il prodotto interessato poteva rappresentare fino al 70% del costo della combinazione di materie prime necessarie per la fabbricazione del vetro. Il prezzo sostenuto per l’acquisto di tale materia incideva dunque sulla redditività e competitività dei fabbricanti di vetro.


35      V., per analogia, trattandosi del ruolo spettante alla Commissione, sentenza del 19 maggio 2011, Ryanair/Commissione (T‑423/07, EU:T:2011:226, punto 53).