Language of document : ECLI:EU:C:2018:783

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

NILS WAHL

presentate il 27 settembre 2018 (1)

Causa C477/17

Raad van bestuur van de Sociale Verzekeringsbank

contro

D. Balandin

I. Lukashenko

Holiday on Ice Services BV

[Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Centrale Raad van Beroep (Corte d’appello in materia di previdenza sociale e di funzione pubblica, Paesi Bassi)]

«Rinvio pregiudiziale – Sicurezza sociale – Regolamento n. 1231/2010 – Estensione del coordinamento dei regimi di sicurezza sociale a cittadini di paesi terzi che risiedano legalmente nel territorio di uno Stato membro – Diritto di circolare e di soggiornare nel territorio dell’Unione europea – Abuso»






1.        Sono trascorsi alcuni anni, ma ricordo bene quando ho assistito, da giovane, a uno spettacolo della Holiday on Ice. All’epoca rimasi affascinato dalla fantastica esibizione risultante dall’incontro di vari differenti protagonisti: pattinatori su ghiaccio, tecnici delle luci, musicisti e molti altri. Ciò che molti spettatori della Holiday on Ice non considerano, tuttavia, è che, dietro le quinte, altrettanti elementi, se non di più, devono combinarsi per dare vita a un simile spettacolo. La presente domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Centrale Raad van Beroep (Corte d’appello in materia di previdenza sociale e di funzione pubblica, Paesi Bassi) mostra precisamente quante questioni giuridiche sono sottese all’offrire alle persone, in tutta Europa, tale spettacolo.

2.        In particolare, oggetto di discussione è la questione se i pattinatori su ghiaccio che lavorano per la Holiday on Ice, che sono cittadini di paesi terzi, abbiano diritto a una copertura previdenziale coordinata mentre si spostano nei vari Stati membri dell’Unione europea.

3.        Mentre i regolamenti nn. 1231/2010 (2) e 883/2004 (3) sono i solisti in tale produzione del diritto dell’Unione, vi è altresì un imponente ensemble di altri strumenti legislativi, come il codice dei visti Schengen (4), il regolamento sul permesso di soggiorno (5) e la direttiva sul permesso unico (6), tutti rilevanti ai fini della soluzione della questione sollevata dal Centrale Raad van Beroep (Corte d’appello in materia di previdenza sociale e di funzione pubblica, Paesi Bassi).

I.      Contesto giuridico

A.      Diritto dell’Unione

1.      Regolamento n. 1231/2010

4.        Il regolamento n. 1231/2010 ha sostituito il regolamento n. 859/2003 (7) e la sua formulazione è quasi identica a quella del precedente regolamento. Entrambi i regolamenti mirano a garantire che le norme per il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale applicate ai cittadini di paesi terzi siano le stesse che si applicano ai cittadini europei, estendendo le disposizioni dei regolamenti n. 883/2004 e n. 987/2009 (8) e, rispettivamente, dei regolamenti n. 1408/71 (9) e n. 574/72 (10) ai cittadini di paesi terzi.

5.        Il preambolo del regolamento n. 1231/2010 prevede, fra l’altro, quanto segue:

«1)      Il Parlamento europeo, il Consiglio e il Comitato economico e sociale europeo si sono espressi a favore di una migliore integrazione dei cittadini dei paesi terzi che risiedono legalmente nel territorio degli Stati membri concedendo loro una serie di diritti uniformi che corrisponde il più possibile a quelli di cui godono i cittadini dell’Unione.

(…)

8)      Per evitare che i datori di lavoro e gli organismi nazionali di sicurezza sociale debbano gestire situazioni giuridiche e amministrative complesse riguardanti solo un gruppo limitato di persone, è importante trarre pieno vantaggio dall’ammodernamento e dalla semplificazione nel settore della sicurezza sociale avvalendosi di un unico strumento giuridico di coordinamento che unisca il regolamento (CE) n. 883/2004 e il regolamento (CE) n. 987/2009.

(…)

10)      L’applicazione del regolamento (CE) n. 883/2004 e del regolamento (CE) n. 987/2009 ai cittadini di paesi terzi cui tali regolamenti non siano già applicabili unicamente a causa della nazionalità non deve conferire loro il diritto all’ingresso, al soggiorno o alla residenza in uno Stato membro, né il diritto all’accesso al mercato del lavoro di detto Stato (…).

11)      Il regolamento (CE) n. 883/2004 e il regolamento (CE) n. 987/2009 dovrebbero essere applicabili, in virtù del presente regolamento, solo a condizione che l’interessato risieda già legalmente nel territorio di uno Stato membro. La residenza legale dovrebbe pertanto costituire un presupposto per l’applicazione di tali regolamenti».

6.        L’articolo 1 del regolamento n. 1231/2010 stabilisce quanto segue:

«Il regolamento (CE) n. 883/2004 e il regolamento (CE) n. 987/2009 si applicano ai cittadini di paesi terzi cui tali regolamenti non siano già applicabili unicamente a causa della nazionalità, nonché ai loro familiari e superstiti, purché risiedano legalmente nel territorio di uno Stato membro e si trovino in una situazione che non sia confinata, in tutti i suoi aspetti, all’interno di un solo Stato membro».

2.      Regolamento n. 883/2004

7.        L’articolo 1 del regolamento n. 883/2004 («Definizioni») definisce, fra l’altro, i seguenti termini:

«j)      “residenza”, il luogo in cui una persona risiede abitualmente;

k)      “dimora”, la residenza temporanea».

8.        L’articolo 13, paragrafo 1, di tale regolamento, come modificato dal regolamento (UE) n. 465/2012 (11), così dispone:

«La persona che esercita abitualmente un’attività subordinata in due o più Stati membri è soggetta:

a)      se esercita una parte sostanziale della sua attività in tale Stato membro, alla legislazione dello Stato membro di residenza; oppure

b)      se non esercita una parte sostanziale della sua attività nello Stato membro di residenza:

i)      alla legislazione dello Stato membro in cui ha la propria sede legale o il proprio domicilio l’impresa o il datore di lavoro, se è alle dipendenze di un’impresa o di un datore di lavoro; (…)».

9.        Le disposizioni del regolamento n. 883/2004 sono completate dal regolamento (CE) n. 987/2009, il suo regolamento di applicazione.

B.      Diritto nazionale

10.      Facendo riferimento al regolamento n. 1231/2010, le linee guida del Raad van bestuur van de Sociale Verzekeringsbank (consiglio d’amministrazione della banca delle assicurazioni sociali; in prosieguo: la «SvB»), prevedono, con riferimento ai cittadini di paesi al di fuori dell’Unione europea, che il regolamento n. 883/2004 si applichi ai cittadini di paesi terzi che non rientrano nel campo di applicazione di tale regolamento unicamente a causa della loro nazionalità, qualora tali soggetti risiedano legalmente nel territorio di uno Stato membro e circolino legalmente all’interno dell’Unione europea.

11.      Per quanto concerne la nozione di «residenza legale», che non è definita nel regolamento n. 1231/2010, tali linee guida stabiliscono che si presume la legalità della residenza qualora essa sia regolare ai sensi dell’articolo 8 del Vreemdelingenwet 2000 (legge del 2000 sugli stranieri; in prosieguo: la «Vw 2000»), fermo restando che la SvB non presume la legalità della residenza se lo straniero soggiorna nei Paesi Bassi in attesa dell’esito di una domanda di primo ingresso.

12.      Inoltre, i cittadini di paesi terzi devono soddisfare il criterio di spostamento di cui al regolamento n. 883/2004, esattamente come i cittadini dell’Unione.

13.      Per quanto concerne l’ambito di applicazione territoriale del regolamento n. 883/2004, le linee guida della SvB stabiliscono che il regolamento n. 883/2004 si applica «in linea di principio soltanto se una persona risiede e lavora nel territorio dell’Unione europea», fatte salve alcune eccezioni rinvenibili nella giurisprudenza della Corte.

II.    Fatti, procedimento e questione pregiudiziale

14.      D. Balandin, cittadino russo, e I. Lukashenko, cittadino ucraino, sono impiegati dalla Holiday on Ice Services BV (in prosieguo: «HOI»), una società con sede legale ad Amsterdam e sede principale di attività a Utrecht. Nel corso della stagione invernale, la HOI organizza spettacoli di pattinaggio su ghiaccio in vari Stati membri.

15.      I dipendenti della HOI trascorrono un paio di settimane ogni anno nei Paesi Bassi al fine di preparare gli eventi successivi. Taluni dipendenti si esibiscono, in seguito, nei Paesi Bassi, mentre altri si esibiscono in altri Stati membri, soprattutto Francia e Germania.

16.      Durante il periodo di allenamento e degli eventuali spettacoli, tutti i cittadini di paesi terzi risultano legalmente soggiornanti nei Paesi Bassi. Successivamente, alcuni cittadini di paesi terzi rimangono nei Paesi Bassi durante l’intera stagione, con i necessari permessi loro rilasciati sulla base del diritto nazionale. Alcuni cittadini di paesi terzi, tuttavia, soggiornano in altri Stati membri, in cui si esibiscono in spettacoli, spesso sulla base di un «visto Schengen».

17.      Per un certo numero di anni, la SvB ha rilasciato ai cittadini di paesi terzi impiegati dalla HOI «attestati A1» per la durata della stagione degli spettacoli, più di recente sulla base dell’articolo 19, paragrafo 2, del regolamento n. 987/2009. Tali documenti attestavano che la normativa dei Paesi Bassi in materia di sicurezza sociale si sarebbe applicata ai dipendenti e che i relativi contributi previdenziali avrebbero dovuto essere versati nei Paesi Bassi. Tuttavia, a partire dalla stagione 2015/16, la SvB ha negato il rilascio di attestati A1 a favore dei cittadini di paesi terzi impiegati dalla HOI, affermando di aver erroneamente rilasciato tali attestati in passato.

18.      A seguito di consultazioni, anche sulla base di un provvedimento provvisorio emesso dal giudice cautelare del Rechtbank Amsterdam (Tribunale di Amsterdam, Paesi Bassi), la SvB ha infine rilasciato attestati A1 con validità fino al 1o maggio 2016. Tuttavia, la stagione si è conclusa soltanto il 22 maggio 2016, sicché sussiste ancora una controversia con riferimento a tali ultime settimane.

19.      Con sentenza del 28 aprile 2016, il Rechtbank Amsterdam ha stabilito che la SvB avrebbe dovuto rilasciare attestati A1 validi per l’intera stagione, cioè fino al 22 maggio 2016.

20.      La SvB ha successivamente impugnato tale sentenza dinanzi al giudice del rinvio.

21.      Secondo il giudice del rinvio, Balandin e Lukashenko non rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 2 del regolamento n. 883/2004, in quanto non sono né cittadini di uno Stato membro, né apolidi o rifugiati. Essi potrebbero beneficiare delle disposizioni di tale regolamento solo se rientrassero nell’ambito di applicazione del regolamento n. 1231/2010, il cui scopo è di estendere, a determinate condizioni, l’ambito di applicazione del regolamento n. 883/2004 e del suo regolamento d’applicazione ai cittadini di paesi terzi.

22.      Secondo il giudice del rinvio, è pacifico che Balandin e Lukashenko non hanno risieduto nei Paesi Bassi o in un altro Stato membro, ma hanno soggiornato e lavorato temporaneamente nell’Unione, ai sensi dell’articolo 1, lettera k), del regolamento n. 883/2004. In tale contesto, secondo il giudice del rinvio, vi sono alcune incertezze relativamente alla questione se soltanto cittadini di paesi terzi residenti nell’Unione europea ai sensi dell’articolo 1, lettera j), del regolamento n. 883/2004, possano avvalersi dell’articolo 1 del regolamento n. 1231/2010, o anche cittadini di paesi terzi che si trovino nella situazione di Balandin e Lukashenko.

23.      Nutrendo dubbi in merito alla corretta interpretazione del diritto dell’Unione, il Centrale Raad van Beroep ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 1 del regolamento n. 1231/2010 debba essere interpretato nel senso che cittadini di paesi terzi, che risiedono al di fuori dell’Unione europea ma lavorano temporaneamente in diversi Stati membri alle dipendenze di un datore di lavoro stabilito nei Paesi Bassi, possano invocare il (titolo II del) regolamento n. 883/2004 e il regolamento n. 987/2009».

24.      Balandin, Lukashenko e la HOI (in prosieguo: «Balandin e a.»), la SvB, i governi dei Paesi Bassi, ceco e francese, nonché la Commissione, hanno presentato osservazioni scritte nel presente procedimento. Balandin e a., la SvB, il governo dei Paesi Bassi e la Commissione hanno altresì presentato le proprie osservazioni oralmente, nel corso dell’udienza del 4 luglio 2018.

III. Analisi

25.      Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se cittadini di paesi terzi nella situazione di Balandin e Lukashenko rientrino nel campo di applicazione dell’articolo 1 del regolamento n. 1231/2010, e, per estensione, del regolamento n. 883/2004 e del suo regolamento d’applicazione.

26.      Il procedimento dinanzi al giudice del rinvio è scaturito dalla tesi sostenuta dalla SvB nel procedimento nazionale, secondo cui Balandin e Lukashenko non rientravano nell’ambito di applicazione del regolamento n. 1231/2010. Tuttavia, la SvB ha, di fatto, mutato la sua posizione nel corso della fase orale dinanzi alla Corte. Considerate le circostanze, ci si potrebbe chiedere se continui a sussistere una controversia effettiva, come richiesto dall’articolo 267 TFUE.

27.      Le questioni relative al diritto dell’Unione godono di una presunzione di rilevanza e la possibilità di rifiutare di pronunciarsi su una questione sollevata da un giudice è limitata: un tale rifiuto è possibile solo qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione richiesta non ha alcuna relazione con la realtà effettiva o l’oggetto della causa principale, qualora il problema sia di natura ipotetica o la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per rispondere utilmente alle questioni che le vengono sottoposte (12). A mio avviso, pertanto, salvo che la domanda di pronuncia pregiudiziale sia ritirata, questa Corte è tenuta a rispondere alla questione sollevata.

28.      L’articolo 1 del regolamento n. 1231/2010 prevede due condizioni per la sua applicazione. In primo luogo, i cittadini di paesi terzi che desiderano beneficiare di tale regolamento devono essere legalmente residenti nel territorio di uno Stato membro; e, in secondo luogo, devono trovarsi in una situazione che non sia confinata, in tutti i suoi aspetti, all’interno di un unico Stato membro.

29.      Nella presente causa, è pacifico che Balandin e Lukashenko soddisfino la seconda condizione. La questione controversa nel procedimento principale è se si possa effettivamente ritenere che Balandin e Lukashenko «risiedano legalmente nel territorio di uno Stato membro» ai fini del regolamento n. 1231/2010.

30.      Il regolamento n. 1231/2010 non fornisce una definizione dell’espressione: «risiedano legalmente nel territorio di uno Stato membro», né tale definizione si rinviene in altri strumenti di diritto dell’Unione. Per quanto a mia conoscenza, la Corte non ha mai fornito una siffatta definizione ai fini dell’applicazione di tale regolamento (o del suo predecessore in materia, formulato in modo pressoché identico).

31.      Sino ad oggi, la Corte si è occupata solo indirettamente del criterio secondo cui cittadini di paesi terzi devono risiedere legalmente in uno Stato membro previsto all’articolo 1 del regolamento n. 1231/2010, nella sua giurisprudenza relativa alla seconda condizione di cui al medesimo articolo. Da tale giurisprudenza risulta chiaramente che i cittadini di paesi terzi titolari di un permesso di soggiorno in uno Stato membro soddisfano il criterio(13).

32.      Tuttavia, Balandin e Lukashenko non sono titolari di un permesso di soggiorno. Essi entrano nell’Unione europea in virtù di un visto Schengen, che permette loro di permanere legalmente nello spazio Schengen per un periodo massimo di 90 giorni nell’arco di un periodo di 180 giorni (14). Anche se ciò non è stato definitivamente confermato in udienza, sembra che tali visti Schengen siano affiancati da visti nazionali, in modo da coprire l’intera stagione degli spettacoli, da ottobre fino alla fine di maggio.

33.      Di conseguenza, occorre stabilire se si possa ritenere che i cittadini di paesi terzi che esercitino un’attività professionale retribuita «risiedano legalmente nel territorio di uno Stato membro» qualora non siano in possesso di un permesso di soggiorno, ma soggiornino nell’Unione europea sulla base di un visto per soggiorno di breve durata.

34.      Secondo una giurisprudenza costante, la necessità di un’applicazione uniforme del diritto dell’Unione e il principio di uguaglianza esigono che i termini di una disposizione di diritto dell’Unione che non contenga alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri ai fini della determinazione del suo significato e della sua portata devono, di norma, essere oggetto nell’intera Unione europea di un’interpretazione autonoma e uniforme (15).

35.      Il regolamento n. 1231/2010 non contiene alcun riferimento a normative nazionali per quanto riguarda il significato dell’espressione «risiedano legalmente nel territorio di uno Stato membro». Ne risulta che tali termini devono essere considerati, ai fini dell’applicazione del regolamento n. 1231/2010, come recanti una nozione autonoma di diritto dell’Unione, da interpretarsi in modo uniforme in tutti gli Stati membri (16).

36.      Lo stesso vale, mutatis mutandis, per le nozioni di «residenza», di cui all’articolo 1, lettera j), del regolamento n. 883/2004, e «dimora» di cui all’articolo 1, lettera k), del medesimo regolamento.

37.      Anche per questo motivo, il fatto che le varie versioni linguistiche del regolamento n. 1231/2010 siano formulate in modo leggermente diverso, come osservato dal giudice del rinvio, è irrilevante ai fini della presente valutazione. La necessità di un’interpretazione autonoma e uniforme non permette di tener conto di una sola versione del testo singolarmente, ma esige, piuttosto, che il testo sia interpretato sulla base delle finalità della misura in questione (17).

38.      Dato che il diritto dell’Unione non ha integralmente armonizzato le condizioni di ingresso, soggiorno e residenza dei cittadini di paesi terzi, i criteri stabiliti ai sensi del diritto nazionale in materia di immigrazione sono comunque rilevanti ai fini di stabilire se le condizioni per risiedere legalmente in uno Stato membro siano o meno soddisfatte. Va sottolineato, tuttavia, che la qualificazione giuridica del soggiorno di un cittadino di un paese terzo ai sensi del diritto nazionale non è rilevante ai fini di una valutazione nell’ambito del regolamento n. 1231/2010.

39.      Ne consegue che, da un lato, la situazione di Balandin e Lukashenko e, dall’altro, quella dei cittadini di paesi terzi che permangono nei Paesi Bassi per l’intera stagione invernale e che rientrano nel sistema di sicurezza sociale dei Paesi Bassi, non sono comparabili ai fini della presente valutazione. Come la Corte ha costantemente affermato, in circostanze in cui vengono in considerazione un solo Stato membro dell’Unione e uno Stato terzo, non si applica il diritto dell’Unione e i cittadini di paesi terzi non rientrano nell’ambito di applicazione del regolamento n. 1231/2010 (18). La situazione di tali cittadini di paesi terzi costituisce, pertanto, unicamente una questione di diritto nazionale.

40.      In mancanza di una definizione nel pertinente strumento normativo, risulta da una costante giurisprudenza della Corte che, ai fini dell’interpretazione di una disposizione di diritto dell’Unione, si deve tener conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del contesto in cui si colloca e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte (19).

41.      Nel prosieguo, saranno considerati, in primo luogo, il contesto del regolamento n. 1231/2010 e gli obiettivi perseguiti dal corpus normativo di cui fa parte. Sulla base di tale analisi, in un secondo momento, sarà elaborata un’interpretazione dell’espressione «risiedano legalmente nel territorio di uno Stato membro», al fine di determinare se Balandin e Lukashenko soddisfino le condizioni per risiedere legalmente in uno Stato membro.

A.      Contesto del regolamento n. 1231/2010 e obiettivi perseguiti dal corpus normativo di cui fa parte

42.      Il regolamento n. 1231/2010 è stato adottato come parte di un pacchetto completo di misure normative volte a semplificare e razionalizzare il quadro normativo per il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale nell’Unione europea, sia per i cittadini dell’Unione, sia per i cittadini di paesi terzi.

43.      Il regolamento è formulato in termini quasi identici al suo predecessore, il regolamento n. 859/2003. Tuttavia, mentre il precedente regolamento permetteva agli Stati membri di adottare disposizioni speciali per limitare l’ambito di applicazione del regolamento in una certa misura utilizzando specifici criteri nazionali come condizioni (20), il regolamento n. 1231/2010 non ha ripreso tali eccezioni.

44.      Il regolamento n. 1231/2010, come specificato dal suo titolo, estende le disposizioni sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale negli Stati membri, vale a dire il regolamento n. 883/2004 e il suo regolamento di applicazione, ai cittadini di paesi terzi che non rientrano già in tali previsioni unicamente a causa della loro nazionalità.

45.      Al fine di intendere correttamente il contesto e gli obiettivi del regolamento n. 1231/2010, pertanto, il regolamento deve essere considerato alla luce del regolamento n. 883/2004.

46.      Estendendo l’applicazione del regolamento n. 883/2004 e del suo regolamento d’applicazione a determinati cittadini di paesi terzi, il regolamento n. 1231/2010 intende conferire a tali cittadini di paesi terzi, per quanto possibile, i medesimi diritti di cui godono i cittadini dell’Unione in materia di coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale ai sensi del regolamento n. 883/2004 (21).

47.      Entrambi i regolamenti, pertanto, garantiscono che le persone che esercitano il loro diritto di circolare liberamente all’interno dell’Unione europea non subiscano pregiudizi ai loro diritti in materia di sicurezza sociale. Va osservato, tuttavia, che i regolamenti non mirano ad armonizzare i sistemi nazionali di sicurezza sociale. Piuttosto, i regolamenti prevedono norme di conflitto che determinano il regime applicabile per la copertura previdenziale (22). Non si tratta solo di garantire che le persone che si spostano all’interno dell’Unione europea non restino prive di tutela in materia di sicurezza sociale a causa dell’assenza di una normativa ad essi applicabile, ma anche di garantire che, in qualsiasi momento, siano soggetti al regime previdenziale di un solo Stato membro (23).

48.      Pertanto, i regolamenti non creano un diritto alla tutela previdenziale in quanto tale, bensì determinano il regime applicabile. Le norme di coordinamento entrano in gioco soltanto quando una persona è già iscritta a un regime di sicurezza sociale di uno Stato membro. Tuttavia, è il diritto nazionale che determina le condizioni per tale iscrizione.

49.      Pur presentando, in sostanza, le stesse norme sostanziali, i due regolamenti, tuttavia, differiscono in modo significativo per quanto concerne il loro campo d’applicazione ratione personae. Il regolamento n. 883/2004 si applica a tutti i cittadini dell’Unione, agli apolidi e ai rifugiati, nonché ai loro familiari e superstiti residenti in uno Stato membro (24). Il regolamento n. 1231/2010, invece, si applica ai cittadini di paesi terzi, nonché ai loro familiari e superstiti (25).

50.      Ci si chiede perché esistano due distinti strumenti giuridici che perseguono il medesimo obiettivo.

51.      Una prima proposta di regolamento n. 883/2004 prevedeva l’applicabilità del regolamento anche ai cittadini di paesi terzi, purché residenti in uno Stato membro (26). L’applicazione ai cittadini di paesi terzi delle stesse regole previste per i cittadini dell’Unione mirava ad evitare alle autorità degli Stati membri di dover gestire situazioni giuridiche e amministrative complesse riguardanti solo un gruppo limitato di persone (27). Inoltre, è stato ritenuto «fondamentalmente ingiusto» il fatto che cittadini di paesi terzi legalmente occupati e assicurati in uno degli Stati membri fossero trattati in modo diverso rispetto ai cittadini dell’Unione, a partire dal momento in cui attraversassero una delle frontiere all’interno dell’Unione europea (28).

52.      Tuttavia, il regolamento n. 883/2004 si fonda sul diritto alla libera circolazione dei cittadini dell’Unione. Già negli anni ’50, il legislatore dell’Unione si è reso conto che la libera circolazione dei lavoratori nell’Unione europea sarebbe stata ostacolata in maniera significativa qualora tali lavoratori non avessero potuto beneficiare dei propri diritti in materia di sicurezza sociale (29). Poiché i cittadini di paesi terzi non godono dello stesso diritto alla libera circolazione, si è dovuta utilizzare una diversa base giuridica per estendere il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale ai cittadini di paesi terzi (30). A differenza del regolamento n. 883/2004, il regolamento n. 1231/2010 è stato pertanto fondato sull’articolo 79, paragrafo 2, lettera b), TFUE.

53.      L’articolo 79, paragrafo 2, TFUE abilita l’Unione ad adottare misure che definiscano i diritti dei cittadini di paesi terzi legalmente soggiornanti in uno Stato membro, comprese le condizioni che disciplinano la libertà di circolazione e soggiorno negli altri Stati membri. Tuttavia, come precisato all’articolo 79, paragrafo 2, TFUE, tali misure possono essere adottate ai fini dell’articolo 79, paragrafo 1, TFUE, vale a dire ai fini della politica comune dell’immigrazione, intesa ad assicurare la gestione efficace dei flussi migratori, l’equo trattamento dei cittadini dei paesi terzi regolarmente soggiornanti negli Stati membri e la prevenzione e il contrasto rafforzato dell’immigrazione illegale e della tratta degli esseri umani (31).

54.      La politica migratoria dell’Unione europea, in cui si inserisce il regolamento n. 1231/2010, si basa anche sull’articolo 79 TFUE. Tale politica ha l’obiettivo di attrarre e integrare lavoratori di paesi terzi nella forza lavoro degli Stati membri dell’Unione, per rispondere alle esigenze attuali e future del mercato del lavoro dell’Unione e per garantire lo sviluppo sostenibile di tutti i paesi. Al tempo stesso, la politica dell’Unione in materia di migrazione mira a garantire che i cittadini dei paesi terzi che lavorano legalmente nell’Unione europea lo facciano a condizioni eque e con un livello di protezione sociale elevato. Tale politica, tuttavia, non mira ad operare un’armonizzazione generale delle condizioni di ingresso, soggiorno e residenza dei cittadini di paesi terzi (32).

55.      Nel contesto del regolamento n. 1231/2010, ciò significa che, sebbene i cittadini di paesi terzi abbiano lo stesso diritto al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, l’applicazione della legislazione in materia di coordinamento non conferisce loro il diritto all’ingresso, al soggiorno o alla residenza in uno Stato membro, né all’accesso al mercato del lavoro (33). La persona in questione deve già risiedere legalmente nel territorio di uno Stato membro (34).

56.      Tuttavia, tale criterio deve essere soddisfatto soltanto nel primo Stato membro. Al fine di godere del coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale in un secondo Stato membro, le condizioni per risiedere legalmente non devono essere nuovamente soddisfatte in caso di soggiorni temporanei. Una volta che i cittadini di paesi terzi abbiano ottenuto lo status di residenti legali in un primo Stato membro, possono semplicemente spostarsi in un secondo paese, nel rispetto della legislazione nazionale di tale paese relativa all’ingresso e al soggiorno (35). Lo status di residente legale, in un certo senso, è dunque «esportata» nel secondo Stato membro.

57.      Va osservato, tuttavia, che tale status può essere esportata soltanto nella misura in cui persiste nel primo Stato membro.

58.      È alla luce delle considerazioni che precedono che si deve interpretare l’espressione «risiedano legalmente nel territorio di uno Stato membro», di cui al regolamento n. 1231/2010.

B.      Significato di «residente legale nel territorio degli Stati membri» nel regolamento n. 1231/2010

59.      Nelle loro osservazioni scritte, i partecipanti al presente procedimento hanno incentrato le loro discussioni sulla questione se, ai fini del regolamento n. 1231/2010, la «residente legale» debba o meno essere interpretata alla luce della nozione di «residenza» di cui al regolamento n. 883/2004. Tutti i partecipanti e il giudice del rinvio hanno ritenuto che la presenza dei cittadini di paesi terzi in questione negli Stati membri fosse, in ogni caso, legale.

60.      Ai sensi dell’articolo 1, lettera j), del regolamento n. 883/2004, per «residenza» si intende «il luogo in cui una persona risiede abitualmente».

61.      L’articolo 11 del regolamento di applicazione del regolamento n. 883/2004, che ha codificato la precedente giurisprudenza della Corte, prevede inoltre che, ai fini del regolamento n. 883/2004, la residenza si determina con riferimento al «centro degli interessi» della persona interessata. La determinazione di tale centro degli interessi include una valutazione circostanziata che tiene conto di fattori quali la durata della presenza, qualsiasi attività esercitata, la situazione familiare e i legami familiari, qualsiasi attività non retribuita, alloggio e domicilio fiscale (36). Inoltre, se l’esame di tali criteri non conduce a un risultato definitivo, la volontà della persona, quale risulta dai fatti e dalle circostanze pertinenti, è determinante per stabilire la residenza di tale persona.

62.      La «residenza» nel regolamento n. 883/2004, costituisce, dunque, un concetto di fatto.

63.      Ciò in quanto i cittadini dell’Unione godono, ai sensi del diritto dell’Unione, di un diritto generale di circolare e soggiornare liberamente nel territorio di tutti gli Stati membri. Da un punto di vista legale non è possibile operare una distinzione nel rapporto tra un cittadino dell’Unione e un determinato Stato membro senza tenere in considerazione la nazionalità di tale persona. Un cittadino dell’Unione, in generale, ha il diritto di soggiornare legalmente in qualsiasi Stato membro dell’Unione. L’obiettivo del regolamento n. 883/2004, dunque, non è stabilire se i cittadini dell’Unione abbiano o meno diritto al coordinamento dei loro diritti in materia sicurezza sociale, bensì, piuttosto, determinare lo Stato membro al quale sono, di fatto, più strettamente connessi. Analogamente, gli apolidi e i profughi godono di un siffatto diritto sulla base di obblighi internazionali degli Stati membri e, pertanto, sono stati inclusi nel campo di applicazione del regolamento n. 883/2004 (37).

64.      Per contro, i cittadini di paesi terzi non godono di un generale diritto di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. Di conseguenza, essi non hanno diritto a una tutela previdenziale «esportabile».

65.      Il regolamento n. 1231/2010 mira, dunque, a stabilire in via preliminare se un cittadino di un paese terzo abbia o meno diritto, ai sensi del diritto dell’Unione, al coordinamento dei suoi diritti in materia di sicurezza sociale. Come l’espressione suggerisce, la «residente legale in uno Stato membro» è un concetto giuridico. La definizione del concetto di fatto di «residenza» di cui al regolamento n. 883/2004, pertanto, non può in alcun modo incidere sull’interpretazione della nozione di «residente legale in uno Stato membro» ai fini del regolamento n. 1231/2010. Ciò che deve essere accertato è la qualificazione giuridica della presenza di cittadini di paesi terzi negli Stati membri sotto il profilo del diritto dell’Unione.

66.      Ne consegue altresì che le nozioni di «residente legale in uno Stato membro» ai fini dell’articolo 1 del regolamento n. 1231/2010, di «residenza» come definita all’articolo 1, lettera j), del regolamento n. 883/2004, e di «dimora», definita all’articolo 1, lettera k), del regolamento n. 883/2004 come «residenza temporanea», costituiscono, nel diritto dell’Unione, tre concetti giuridici distinti (38).

67.      In assenza di una definizione di «residente legale» nel regolamento n. 1231/2010, risulta dalla consolidata giurisprudenza della Corte che, ai fini dell’interpretazione di una norma di diritto dell’Unione, si deve tener conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte (39).

68.      Come accennato al paragrafo 52 supra, il regolamento n. 883/2004 mira a coordinare i diritti di sicurezza sociale per le persone che esercitano il loro diritto di libera circolazione nel territorio dell’Unione europea; i cittadini di paesi terzi non beneficiano, in via generale, della libertà di circolare e risiedere nell’Unione europea. Piuttosto, il loro diritto di circolare e risiedere nell’Unione europea è sempre basato su disposizioni giuridiche espresse, che attribuiscono tale diritto. In assenza di un’armonizzazione completa, tali disposizioni possono essere tratte tanto dal diritto dell’Unione, quanto dal diritto nazionale.

69.      Nel diritto dell’Unione, vi è una serie di strumenti su cui può fondarsi il diritto di circolare e risiedere dei cittadini di paesi terzi. Ai fini della presente causa è sufficiente concentrarsi sugli strumenti che si occupano dei lavoratori di paesi terzi, in quanto Balandin e Lukashenko esercitano un’attività lavorativa retribuita (40).

70.      Sia la direttiva sulla Carta blu (41), sia la direttiva sui trasferimenti intrasocietari (42) conferiscono espressamente il diritto di circolare e di risiedere nell’Unione europea a lavoratori di paesi terzi sulla base del diritto dell’Unione. Qualsiasi cittadino di un paese terzo che soggiorna nell’Unione europea sulla base di strumenti di diritto dell’Unione dovrebbe pertanto essere considerato «residente legale» ai fini del regolamento n. 1231/2010. Lo stesso vale per qualsiasi accordo di associazione che contenga disposizioni in materia di diritto di circolare e risiedere nell’Unione europea. La direttiva sui lavoratori stagionali, pur consentendo a cittadini di paesi terzi di lavorare all’interno dell’Unione europea su base temporanea, non conferisce un tale diritto e esclude espressamente che i cittadini di paesi terzi interessati risiedano nell’Unione europea (43). Pertanto, cittadini di paesi terzi che si trovino nell’Unione europea sulla base di tale strumento giuridico dell’Unione non potranno certamente essere considerati «residenti legali» ai fini del regolamento n. 1231/2010 (44).

71.      D’altra parte, il diritto di circolare e risiedere può derivare anche da uno status giuridico basato sul diritto nazionale. Tuttavia, dal momento che gli Stati membri sono gli unici competenti a disciplinare l’ammissione, incluse le quote di ammissione, di cittadini di paesi terzi a fini lavorativi, e poiché le condizioni di ingresso, soggiorno e residenza di cittadini di paesi terzi non sono pienamente armonizzate, i criteri per tale status possono variare notevolmente tra gli Stati membri (45). Pertanto, a mio avviso, discende necessariamente dalla struttura complessiva e dal contesto della normativa in questione, nonché dall’obiettivo di facilitare il controllo dello status giuridico di cittadini di paesi terzi, che tale status debba essere attestato da un permesso di soggiorno. A norma del regolamento sul permesso di soggiorno, un «permesso di soggiorno» è, ai sensi del diritto dell’Unione, «un’autorizzazione rilasciata dalle autorità di uno Stato membro che consente ad un cittadino di un paese terzo di soggiornare legalmente sul proprio territorio, fatta eccezione per [fra l’altro,] visti» (46).

72.      Al di là delle situazioni descritte supra, ai paragrafi da 69 a 71, non riesco ad immaginare situazioni in cui un lavoratore di un paese terzo potrebbe essere considerato legalmente residente nel territorio di uno Stato membro ai fini del regolamento n. 1231/2010, considerato che i cittadini di paesi terzi non godono di un diritto generale di circolare e di soggiornare nel territorio dell’Unione europea.

73.      Balandin e Lukashenko sono stati ammessi nei Paesi Bassi in conformità con il codice dei visti Schengen e, per quanto si può dedurre dal fascicolo nazionale messo a disposizione della Corte, con le norme nazionali in materia di visti. Inoltre, essi hanno concluso un contratto di lavoro con la HOI la cui durata si estende da ottobre fino a maggio.

74.      Ci si chiede se si possa ritenere che essi «risiedano legalmente nel territorio di uno Stato membro» ai fini del regolamento n. 1231/2010.

75.      Ritengo che così non sia.

76.      In primo luogo, Balandin e Lukashenko non sono titolari di alcuno dei permessi di soggiorno rilasciati sulla base degli specifici strumenti di diritto dell’Unione di cui al paragrafo 70 o alla nota 40 delle presenti conclusioni.

77.      In secondo luogo, non si può ritenere che essi possiedano un permesso di soggiorno rilasciato sulla base delle condizioni previste dal diritto nazionale, in quanto i visti non sono considerati «permessi di soggiorno» ai sensi del diritto dell’Unione (47).

78.      In terzo luogo, la presenza di Balandin e Lukashenko nei Paesi Bassi può, in ogni caso, essere legittima solo per il periodo durante il quale essi sono autorizzati a rimanere in tale paese. Poiché uno dei principi di base del regolamento n. 1231/2010 (48) risiede nella circostanza che la residenza legale è «esportata» dal primo Stato membro verso altri Stati membri, i cittadini di paesi terzi devono essere considerati residenti legali nel primo Stato membro per l’intero periodo in riferimento al quale è richiesta la copertura. Anche se si adottasse un’interpretazione più liberale del concetto di «residente legale», quest’ultima potrebbe durare, sulla base del loro visto Schengen, per un massimo di 90 giorni. Non è sufficiente, a tal proposito, che Balandin e Lukashenko possano dimorare legalmente in altri Stati membri. In circostanze in cui la residenza legale non può essere esportata, i presupposti per una residenza legale devono essere soddisfatti nel successivo Stato membro.

79.      Ne consegue che Balandin e Lukashenko non possono essere considerati legalmente residenti nel territorio di uno Stato membro e, pertanto, non rientrano nell’ambito di applicazione del regolamento n. 1231/2010.

80.      Contrariamente a quanto sostenuto dalla SvB e dal governo dei Paesi Bassi in udienza, non si può ritenere che Balandin e Lukashenko siano «residenti legali» nei Paesi Bassi, ai fini del regolamento n. 1231/2010, nemmeno sulla base del fatto che la HOI ha sede nei Paesi Bassi. Mentre ciò sarebbe sufficiente ad accertare la residenza ai sensi del regolamento n. 883/2004, i due pattinatori su ghiaccio devono preliminarmente soddisfare i presupposti di cui al regolamento n. 1231/2010, affinché le disposizioni del primo regolamento possano essere ad essi estese.

81.      Vorrei aggiungere, inoltre, che, per utilizzare il luogo di lavoro, ai sensi del regolamento n. 883/2004, al fine di determinare lo status giuridico di un cittadino di un paese terzo, sarebbe necessario che il soggetto interessato fosse effettivamente autorizzato a lavorare nello Stato membro interessato. Per quanto si è potuto constatare in udienza, Balandin e Lukashenko lavorano nei Paesi Bassi senza un permesso di lavoro, avvalendosi di un’eccezione che consente agli artisti di esercitare un’attività lavorativa nei Paesi Bassi per un massimo di 6 settimane nell’arco di un periodo di 13 settimane. Tralasciando, per il momento, la questione se tale eccezione possa effettivamente applicarsi agli artisti lavoratori dipendenti, anche nel caso in cui Balandin e Lukashenko potessero avvalersi del luogo di lavoro al fine di stabilire la propria residenza legale in uno Stato membro, si potrebbe ritenere che essi esercitino un’attività lavorativa nei Paesi Bassi per un massimo di 6 settimane.

82.      Contrariamente a quanto sostenuto dal governo francese, non si può ritenere che Balandin e Lukashenko rientrino nell’ambito di applicazione del regolamento n. 1231/2010 tracciando un parallelo con la direttiva sui lavoratori stagionali. Non soltanto tale direttiva esclude espressamente la residenza nell’Unione europea, ma esclude altresì i cittadini di paesi terzi che svolgono attività per conto di imprese stabilite in un altro Stato membro, nel quadro di una prestazione di servizi (49).

83.      Infine, la constatazione che Balandin e Lukashenko non rientrano nell’ambito di applicazione del regolamento n. 1231/2010 è suffragata dalle condizioni e procedure applicabili al rilascio dei visti Schengen. L’articolo 15 del codice dei visti Schengen esige che i richiedenti un visto Schengen per ingressi multipli dimostrino di possedere un’adeguata e valida assicurazione sanitaria di viaggio (50). In linea di principio, i richiedenti devono sottoscrivere tale assicurazione nel paese di residenza (51). Inoltre, i richiedenti dichiarano, nell’ambito della procedura di domanda del visto, che non intendono stabilire la loro residenza nell’Unione europea e che sono sufficientemente radicati nel loro paese di origine, al fine di garantire che vi faranno ritorno.

84.      Pertanto, ritengo che l’articolo 1 del regolamento n. 1231/2010 debba essere interpretato nel senso che i cittadini di paesi terzi che esercitino un’attività lavorativa in diversi Stati membri dell’Unione europea per conto di un datore di lavoro stabilito nei Paesi Bassi, ma che non sono in possesso di un permesso di soggiorno sulla base del diritto dell’Unione o del diritto nazionale, non possono invocare il (titolo II) del regolamento n. 883/2004, né il regolamento n. 987/2009.

85.      Balandin e a. sostengono che l’applicazione del regolamento n. 1231/2010 alla situazione di Balandin e Lukashenko è essenziale affinché la HOI sia in grado di prestare i propri servizi in altri Stati membri. Pertanto, in ultima analisi, valuterò se la libera prestazione di servizi da parte della HOI incida sull’interpretazione dell’articolo 1 del regolamento n. 1231/2010.

C.      Se la libera prestazione di servizi da parte della HOI incida sull’interpretazione dell’articolo 1 del regolamento n. 1231/2010

86.      Nel corso dell’udienza, la SvB ha sostenuto la tesi di Balandin e a. secondo cui si deve ritenere che Balandin e Lukashenko rientrino nell’ambito di applicazione del regolamento n. 1231/2010 in quanto, diversamente, la libera prestazione di servizi all’interno dell’Unione europea da parte della HOI sarebbe ostacolata. A tal proposito, la SvB ha fatto specificamente riferimento alla giurisprudenza della Corte nella sentenza Vander Elst.

87.      In tale sentenza la Corte ha dichiarato che la libera prestazione di servizi, garantita dall’attuale articolo 56 TFUE esige la soppressione di qualsiasi restrizione tale da proibire o altrimenti ostacolare le attività di un prestatore di servizi stabilito in un altro Stato membro in cui fornisce legittimamente servizi analoghi (52).

88.      Si rendono necessarie alcune osservazioni.

89.      In primo luogo, la giurisprudenza Vander Elst è irrilevante nel caso di specie. La sentenza della Corte nella causa Vander Elst e il filone giurisprudenziale che si è sviluppato da tale causa riguarda i lavoratori distaccati in un altro Stato membro. In primo luogo, tutti i lavoratori interessati soddisfacevano i requisiti giuridici per la residenza e l’esercizio di attività lavorativa nello Stato d’origine (53). La questione giuridica dinanzi alla Corte consisteva, piuttosto nell’accertare se, con il distacco dei lavoratori nello Stato ricevente, questi avessero ottenuto accesso al mercato del lavoro di detto Stato e, in tal caso, se lo Stato ricevente potesse, su tale base, imporre obblighi aggiuntivi (54).

90.      In secondo luogo, la HOI può scegliere di ottenere permessi di soggiorno per Balandin e Lukashenko sulla base della direttiva sul permesso unico (55). Con il possesso di un permesso di soggiorno, Balandin Lukashenko rientrerebbero immediatamente nell’ambito di applicazione del regolamento n. 1231/2010. Sulla base di tale permesso, essi potrebbero successivamente essere distaccati dai Paesi Bassi verso altri Stati membri in cui si esibiscono e potrebbero pertanto beneficiare delle disposizioni del regolamento n. 883/2004 e del suo regolamento di applicazione.

91.      In terzo luogo, una conseguenza del fatto che la HOI utilizzi una combinazione di eccezioni previste dal diritto dell’Unione e dai diritti nazionali è che Balandin e Lukashenko non possono godere di taluni diritti di cui avrebbero altrimenti beneficiato in virtù del diritto dell’Unione (ad esempio, la direttiva sul permesso unico), in particolare del diritto alla parità di trattamento in materia di condizioni di lavoro, tra cui la retribuzione e il licenziamento nonché del diritto alla salute e alla sicurezza sul posto di lavoro (56). Sarebbe assurdo che il ricorso di una delle libertà fondamentali del diritto dell’Unione potesse essere utilizzato per eludere uno dei principali obiettivi della politica dell’Unione in materia di migrazione della forza lavoro, nonché del regolamento n. 1231/2010, vale a dire concedere ai cittadini di paesi terzi diritti e obblighi analoghi a quelli dei cittadini dell’Unione (57). Inoltre, uno strumento del diritto dell’Unione non dovrebbe essere interpretato in modo tale da consentire che i diritti garantiti dal diritto dell’Unione siano oggetto di abuso (58).

92.      Pertanto si deve concludere che la libera prestazione di servizi all’interno dell’Unione europea da parte della HOI non incide sull’interpretazione dell’articolo 1 del regolamento n. 1231/2010.

IV.    Conclusione

93.      Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alla questione pregiudiziale sollevata dal Centrale Raad van Beroep (Corte d’appello in materia di previdenza sociale e di funzione pubblica, Paesi Bassi) nel modo seguente:

L’articolo 1 del regolamento (UE) n. 1231/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010 che estende il regolamento (CE) n. 883/2004 e il regolamento (CE) n. 987/2009 ai cittadini di paesi terzi cui tali regolamenti non siano già applicabili unicamente a causa della nazionalità, deve essere interpretato nel senso che i cittadini di paesi terzi che esercitano un’attività lavorativa in diversi Stati membri dell’Unione europea per conto di un datore di lavoro stabilito nei Paesi Bassi, ma che non sono in possesso di un permesso di soggiorno sulla base del diritto dell’Unione o del diritto nazionale, non possono invocare né il (titolo II del) regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, né il regolamento (CE) n. 987/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale.


1      Lingua originale: l’inglese.


2      Regolamento (UE) n. 1231/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010 che estende il regolamento (CE) n. 883/2004 e il regolamento (CE) n. 987/2009 ai cittadini di paesi terzi cui tali regolamenti non siano già applicabili unicamente a causa della nazionalità (GU 2010, L 344, pag. 1).


3      Regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU 2004, L 166, pag. 1).


4      Regolamento (CE) n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti) (GU 2009, L 243, pag. 1).


5      Regolamento (CE) n. 1030/2002 del Consiglio, del 13 giugno 2002, che istituisce un modello uniforme per i permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di paesi terzi (GU 2002, L 157, pag. 1).


6      Direttiva 2011/98/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativa a una procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico che consente ai cittadini di paesi terzi di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro e a un insieme comune di diritti per i lavoratori di paesi terzi che soggiornano regolarmente in uno Stato membro (GU 2011, L 343, pag. 1).


7      Regolamento (CE) n. 859/2003 del Consiglio, del 14 maggio 2003, che estende le disposizioni del regolamento (CEE) n. 1408/71 e del regolamento (CEE) n. 574/72 ai cittadini di paesi terzi cui tali disposizioni non siano già applicabili unicamente a causa della nazionalità (GU 2003, L 124, pag. 1).


8      Regolamento (CE) n. 987/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU 2009, L 284, pag. 1).


9      Regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio, del 14 giugno 1971, relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità (GU 1971, L 149, pag. 2).


10      Regolamento (CEE) n. 574/72 del Consiglio, del 21 marzo 1972, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CEE) n. 1408/71 relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità (GU 1972, L 74, pag. 1).


11      Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 maggio 2012, che modifica il regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale e il regolamento (CE) n. 987/2009 che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 883/2004 (GU 2012, L 149, pag. 4).


12      V. sentenza del 16 giugno 2015, Gauweiler e a. (C‑62/14, EU:C:2015:400, punto 25 e la giurisprudenza ivi citata). V. anche, relativamente a cause di natura artificiosa, sentenza dell’11 marzo 1980, Foglia (104/79, EU:C:1980:73), e sentenza del 16 dicembre 1981, Foglia (244/80, EU:C:1981:302). Inoltre, v. sentenza del 9 febbraio 1995, Leclerc-Siplec (C‑412/93, EU:C:1995:26, punto 14), in cui la Corte ha stabilito che il fatto che le parti del procedimento principale concordassero sul risultato da ottenere non era sufficiente per rendere la controversia non effettiva.


13      V. sentenze del 21 giugno 2017, Martinez Silva (C‑449/16, EU:C:2017:485, punto 27); del 13 giugno 2013, Hadj Ahmed (C‑45/12, EU:C:2013:390, punti 12 e 31), e del 18 novembre 2010, Xhymshiti (C‑247/09, EU:C:2010:698, punto 29).


14      V. articolo 1, paragrafo 1, del codice dei visti Schengen.


15      V. sentenza del 19 settembre 2013, Brey (C‑140/12, EU:C:2013:565, punto 49 e giurisprudenza ivi citata).


16      V. sentenza del 21 dicembre 2011, Ziolkowski e Szeja (C‑424/10 e C‑425/10, EU:C:2011:866, punti 32 e 33 e giurisprudenza ivi citata).


17      V. anche, in tal senso, sentenza del 12 dicembre 2013, X (C‑486/12, EU:C:2013:836, punto 19 e giurisprudenza ivi citata).


18      V., ad esempio, sentenze del 13 giugno 2013, Hadj Ahmed (C‑45/12, EU:C:2013:390, punto 32), e del 18 novembre 2010, Xhymshiti (C‑247/09, EU:C:2010:698, punto 37).


19      V., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 1982, Cilfit e a. (283/81, EU:C:1982:335, punto 20). V. anche sentenze del 2 settembre 2010, Kirin Amgen (C‑66/09, EU:C:2010:484, punto 41 e la giurisprudenza ivi citata), nonché del 21 dicembre 2011, Ziolkowski e Szeja (C‑424/10 e C‑425/10, EU:C:2011:866, punto 34 e la giurisprudenza ivi citata).


20      V. l’allegato al regolamento n. 859/2003.


21      V. proposta di regolamento del Consiglio che estende le disposizioni del regolamento (CE) n. 883/2004 e del regolamento (CE) n. (…) ai cittadini di paesi terzi cui tali disposizioni non siano già applicabili unicamente a causa della nazionalità [COM(2007) 439 definitivo], pag. 2 della Relazione – Contesto della proposta). V. anche il documento del Consiglio n. 14762/01 (2392a sessione del Consiglio – occupazione e politica sociale – Bruxelles, 3 dicembre 2001), pagg. 7 e 8, nonché le conclusioni della Presidenza del Consiglio europeo di Tampere, del 15 e 16 ottobre 1999, conclusione 21.


22      V. proposta di regolamento (CE) del Consiglio relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale [COM(1998) 779 def.], pag. 1.


23      V. sentenze dell’11 settembre 2014, B. (C‑394/13, EU:C:2014:2199, punto 23 e la giurisprudenza ivi citata), e del 5 giugno 2014, I (C‑255/13, EU:C:2014:1291, punto 40 e la giurisprudenza ivi citata).


24      V. articolo 2 del regolamento n. 883/2004.


25      V. articolo 1 del regolamento n. 1231/2010.


26      V. proposta di regolamento del Consiglio (CE) relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale [COM(1998) 779 def.], pag. 2.


27      V., in tal senso, considerando 8 del regolamento n. 1231/2010.


28      V. documento del Consiglio n. 12296/01, addendum 2 [proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale – Alcuni parametri per attualizzare il regolamento (CEE) n. 1408/71 = Nota esplicativa], pag. 11.


29      V. regolamento n. 3 del 1958 per la sicurezza sociale dei lavoratori migranti (GU 1958, 30, pag. 561), e documento del Consiglio n. 12296/01, addendum 1 [proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale – Alcuni parametri per attualizzare il regolamento (CEE) n. 1408/71 = Testo dei parametri], pag. 3.


30      V. documento del Consiglio n. 12296/01 (proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale – Alcuni parametri per attualizzare il regolamento (CEE) n. 1408/71), pag. 4, che richiama la sentenza dell’11 ottobre 2001, Khalil e a. (da C‑95/99 a C‑98/99 e C‑180/99, EU:C:2001:532).


31      V. sentenza del 18 dicembre 2014, Regno Unito/Consiglio (C‑81/13, EU:C:2014:2449, punti 41 e 42).


32      V., in tal senso, documento del Consiglio n. 16879/1/06 (Consiglio europeo di Bruxelles, 14/15 dicembre 2006 – Conclusioni della Presidenza), pagg. da 6 a 12 e i documenti ivi menzionati, nonché la proposta di regolamento del Consiglio che estende le disposizioni del regolamento (CE) n. 883/2004 e del regolamento (CE) n. (…) ai cittadini di paesi terzi cui tali disposizioni non siano già applicabili unicamente a causa della nazionalità [COM(2007) 439 def.].


33      V. considerando 10 del regolamento n 1231/2010.


34      V. considerando 11 del regolamento n 1231/2010.


35      V. proposta di regolamento del Consiglio che estende le disposizioni del regolamento (CE) n. 883/2004 e del regolamento (CE) n. (…) ai cittadini di paesi terzi cui tali disposizioni non siano già applicabili unicamente a causa della nazionalità [COM(2007) 439 def.], pag. 6 della relazione – Informazioni supplementari.


36      V. regolamento n. 987/2009, articolo 11, paragrafo 1.


37      V., in tal senso, sentenza dell’11 ottobre 2001, Khalil e a. (da C‑95/99 a C 98/99 e C‑180/99, EU:C:2001:532, punti da 39 a 58).


38      Ciò sebbene in alcune lingue, quali l’olandese, sia utilizzata la medesima terminologia o una terminologia apparentemente analoga per i tre concetti.


39      Sentenza del 2 settembre 2010, Kirin Amgen (C 66/09, EU:C:2010:484, punto 41 e la giurisprudenza ivi citata).


40      Altri esempi sono la direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU 2004, L 158, pag. 77), la direttiva del Consiglio 2003/109/CE, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo (GU 2004, L 16, pag. 44), o la direttiva (UE) 2016/801 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2016, relativa alle condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini di paesi terzi per motivi di ricerca, studio, tirocinio, volontariato, programmi di scambio di alunni o progetti educativi, e collocamento alla pari (GU 2016, L 132, pag. 21).


41      Direttiva 2009/50/CE del Consiglio, del 25 maggio 2009, sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente qualificati (GU 2009, L 155, pag. 17), articolo 18.


42      Direttiva 2014/66/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di paesi terzi nell’ambito di trasferimenti intra‑societari (GU 2014, L 157, pag. 1), articolo 20.


43      V. direttiva 2014/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sulle condizioni di ingresso e di soggiorno dei cittadini di paesi terzi per motivi di impiego in qualità di lavoratori stagionali (GU 2014, L 95, pag. 375), articolo 2.


44      Sebbene non possano essere considerati residenti legali, i lavoratori stagionali possono, ciò nonostante, beneficiare di una copertura previdenziale. Tuttavia, il loro diritto alla sicurezza sociale si fonda specificamente, in via di eccezione, sull’articolo 5, paragrafo 1, lettera b) della direttiva sui lavoratori stagionali. Analogamente, vi sono altri strumenti di diritto dell’Unione, e persino disposizioni nazionali, che si occupano specificamente della copertura previdenziale, nel caso in cui non si possa ritenere che i cittadini di paesi terzi in questione «risiedano legalmente nel territorio di uno Stato membro» ai fini del regolamento n. 1231/2010.


45      V., in tal senso, considerando 3 e 6 della direttiva sul permesso unico.


46      V. articolo 1, paragrafo 2, lettera a), del regolamento sul permesso di soggiorno. Sono inclusi anche i permessi rilasciati ai sensi della direttiva sul permesso unico.


47      V. articolo 1, paragrafo 2, lettera a), punto i), del regolamento sul permesso di soggiorno.


48      V. supra, paragrafi 56 e 57.


49      V. articolo 2, paragrafi 1 e 3, lettera a), della direttiva sui lavoratori stagionali.


50      V. articolo 15, paragrafo 2, del codice dei visti Schengen.


51      V. articolo 15, paragrafo 4, del codice dei visti Schengen.


52      V. sentenza del 9 agosto 1994, Vander Elst (C‑43/93, EU:C:1994:310, punto 14 e la giurisprudenza ivi citata).


53      V., ad esempio, sentenza del 9 agosto 1994, Vander Elst (C‑43/93, EU:C:1994:310, punto 3).


54      Sentenza del 9 agosto 1994, Vander Elst (C‑43/93, EU:C:1994:310, punto 11). V. anche sentenza dell’11 settembre 2014, Essent Energie Productie (C‑91/13, EU:C:2014:2206, punti da 51 a 57 e la giurisprudenza ivi citata). V. anche, in tal senso, le mie conclusioni in Danieli & C. Officine Meccaniche e a. (C‑18/17, EU:C:2018:288, paragrafi da 85 a 95).


55      V. articolo 3, paragrafo 1, della direttiva sul permesso unico.


56      V. articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva sul permesso unico.


57      V. considerando 2 del regolamento n. 1231/2010.


58      V., in tal senso, le conclusioni dell’avvocato generale Poiares Maduro in Halifax e a. (C‑255/02, EU:C:2005:200, paragrafo 69).