Language of document : ECLI:EU:C:2016:170

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MACIEJ SZPUNAR

presentate il 16 marzo 2016 (1)

Causa C‑484/14

Tobias Mc Fadden

contro

Sony Music Entertainment Germany GmbH

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Landgericht München I (Tribunale di Monaco di Baviera I, Germania)]

«Rinvio pregiudiziale – Libera circolazione dei servizi della società dell’informazione – Direttiva 2000/31/CE – Articolo 2, lettere a) e b) – Nozione di “servizio della società dell’informazione” – Nozione di “prestatore” – Servizio di natura economica – Articolo 12 – Limitazione della responsabilità di un prestatore di servizi di semplice trasporto (“mere conduit”) – Articolo 15 – Esclusione di un obbligo generale in materia di sorveglianza – Professionista che mette una rete locale senza fili con accesso ad Internet gratuitamente a disposizione del pubblico – Violazione di un diritto d’autore e dei diritti connessi commessa da un utente terzo – Ingiunzione che implica l’obbligo di proteggere la connessione Internet mediante password»





I –    Introduzione

1.        Un professionista che, nell’ambito delle proprie attività, gestisce una rete locale senza fili con accesso ad Internet (in prosieguo: la «rete Wi‑Fi») (2), aperta al pubblico e gratuita, fornisce un servizio della società dell’informazione ai sensi della direttiva 2000/31/CE (3)? Quali sono i limiti della sua responsabilità in relazione alle violazioni del diritto d’autore realizzate da utenti terzi? Un simile gestore di una rete Wi‑Fi pubblica può essere costretto, in forza di un’ingiunzione, a proteggere l’accesso alla propria rete mediante password?

2.        Tali quesiti delineano la problematica sollevata dalla controversia che vede opposti il sig. Mc Fadden e la Sony Music Entertainment Germany GmbH (in prosieguo: la «Sony Music»), riguardo alle azioni risarcitorie e inibitorie concernenti la messa a disposizione per lo scaricamento di un’opera musicale tutelata dal diritto d’autore, mediante la rete Wi‑Fi pubblica gestita dal sig. Mc Fadden.

II – Contesto normativo

A –    Diritto dell’Unione

1.            Normativa concernente i servizi della società dell’informazione

3.        La direttiva 2000/31, secondo il suo considerando 40, è volta tra l’altro ad armonizzare le disposizioni nazionali che riguardano la responsabilità dei prestatori di servizi intermediari, al fine di consentire il buon funzionamento di un mercato unico per i servizi della società dell’informazione.

4.        L’articolo 2 della direttiva 2000/31, rubricato «Definizioni», dispone quanto segue:

«Ai fini della presente direttiva valgono le seguenti definizioni:

a)      “servizi della società dell’informazione”: i servizi ai sensi dell’articolo 1, punto 2, della direttiva 98/34/CE [(4)], come modificata dalla direttiva 98/48/CE [(5)];

b)      “prestatore”: la persona fisica o giuridica che presta un servizio della società dell’informazione;

(...)».

5.        Gli articoli 12, 13 e 14 della direttiva 2000/31 contemplano tre categorie di servizi intermediari, ossia, rispettivamente, il semplice trasporto («mere conduit»), la memorizzazione temporanea («caching») e l’hosting («hosting»).

6.        L’articolo 12 della direttiva 2000/31, rubricato «Semplice trasporto (“mere conduit”)», dispone quanto segue:

«1.      Gli Stati membri provvedono affinché, nella prestazione di un servizio della società dell’informazione consistente nel trasmettere, su una rete di comunicazione, informazioni fornite da un destinatario del servizio, o nel fornire un accesso alla rete di comunicazione, il prestatore non sia responsabile delle informazioni trasmesse a condizione che egli:

a)      non dia origine alla trasmissione;

b)      non selezioni il destinatario della trasmissione;

e

c)      non selezioni né modifichi le informazioni trasmesse.

(...)

3.      Il presente articolo lascia impregiudicata la possibilità, secondo gli ordinamenti degli Stati membri, che un organo giurisdizionale o un’autorità amministrativa esiga che il prestatore impedisca o ponga fine ad una violazione».

7.        L’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2000/31, rubricato «Assenza dell’obbligo generale di sorveglianza», così recita:

«Nella prestazione dei servizi di cui agli articoli 12, 13 e 14, gli Stati membri non impongono ai prestatori un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni che trasmettono o memorizzano né un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza di attività illecite».

2.            Normativa concernente la tutela della proprietà intellettuale

8.        L’articolo 8 della direttiva 2001/29/CE (6), rubricato «Sanzioni e mezzi di ricorso», al paragrafo 3 dispone quanto segue:

«Gli Stati membri si assicurano che i titolari dei diritti possano chiedere un provvedimento inibitorio nei confronti degli intermediari i cui servizi siano utilizzati da terzi per violare un diritto d’autore o diritti connessi».

9.        Una disposizione sostanzialmente identica, per quanto riguarda, in generale, le violazioni di un diritto di proprietà intellettuale, è prevista all’articolo 11, terza frase, della direttiva 2004/48/CE (7), rubricato «Ingiunzioni». Conformemente al suo considerando 23, tale direttiva non pregiudica l’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29, il quale prevede già un ampio livello di armonizzazione per quanto riguarda le violazioni del diritto d’autore e dei diritti connessi.

10.      L’articolo 3 della direttiva 2004/48, rubricato «Obbligo generale», dispone quanto segue:

«1.      Gli Stati membri definiscono le misure, le procedure e i mezzi di ricorso necessari ad assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale di cui alla presente direttiva. Tali misure, procedure e mezzi di ricorso sono leali ed equi, non inutilmente complessi o costosi e non comportano termini irragionevoli né ritardi ingiustificati.

2.      Le misure, le procedure e i mezzi [di] ricorso sono effettivi, proporzionati e dissuasivi e sono applicati in modo da evitare la creazione di ostacoli al commercio legittimo e da prevedere salvaguardie contro gli abusi».

B –          Diritto tedesco

1.            Disposizioni legislative di trasposizione della direttiva 2000/31

11.      Gli articoli da 12 a 15 della direttiva 2000/31 sono stati trasposti nel diritto tedesco dagli articoli da 7 a 10 della legge sui media elettronici (Telemediengesetz) (8).

2.            Disposizioni legislative sulla tutela del diritto d’autore e dei diritti connessi

12.      L’articolo 97 della legge sul diritto d’autore e sui diritti connessi (Gesetz über Urheberrecht und verwandte Schutzrechte – Urheberrechtsgesetz) (9) dispone quanto segue:

«1)      Chiunque illegittimamente leda il diritto d’autore o un altro diritto tutelato in base alla presente legge può essere chiamato dal danneggiato a rimuovere il danno o, in caso di pericolo di reiterazione, può essere assoggettato ad azione inibitoria. Il diritto di ottenere un provvedimento inibitorio può essere rivendicato anche quando per la prima volta sorga il pericolo che si verifichi un’infrazione.

2)      Chiunque agisca dolosamente o colposamente è tenuto a risarcire al danneggiato il danno che ne deriva. (...)».

13.      L’articolo 97a di detta legge, nella versione applicabile all’epoca del ricevimento della diffida nel 2010, così recitava:

«1)      Prima di agire giudizialmente, il danneggiato deve intimare al danneggiante di cessare la condotta e deve dargli la possibilità di definire la controversia assumendosi un impegno di non fare garantito da un’adeguata clausola penale. Se la diffida è fondata può essere richiesto il rimborso delle relative spese sostenute.

2)      Il rimborso delle spese sostenute per il ricorso ai servizi di un avvocato per la prima diffida è limitato all’importo di EUR 100, se si tratta di una violazione del diritto di minore rilevanza al di fuori del settore commerciale».

14.      L’articolo 97a della legge in parola, nella versione vigente, così recita:

«1)      Prima di agire giudizialmente, il danneggiato deve intimare al danneggiante di cessare la condotta e deve dargli la possibilità di definire la controversia assumendosi un impegno di non fare garantito da un’adeguata clausola penale.

(...)

3)      Se la diffida è fondata, (...) può essere richiesto il rimborso delle relative spese sostenute. (...)

(...)».

3.            Giurisprudenza

15.      Dalla decisione di rinvio risulta che, nell’ordinamento tedesco, la responsabilità in caso di violazione di un diritto d’autore o di diritti connessi può ricorrere tanto in forma diretta («Täterhaftung») che indiretta («Störerhaftung»).

16.      L’articolo 97 della legge sul diritto d’autore e sui diritti connessi è interpretato dai giudici tedeschi nel senso che, in caso di violazione, può essere riconosciuto responsabile un soggetto che, pur senza essere autore o complice della violazione stessa, vi contribuisca in qualsiasi modo, deliberatamente e con un sufficiente nesso di causalità («Störer»).

17.      In proposito, il Bundesgerichtshof (Corte federale di cassazione), in una sentenza del 12 maggio 2010, Sommer unseres Lebens (I ZR 121/08), ha dichiarato che il soggetto privato che gestisce una rete Wi‑Fi con accesso ad Internet può essere qualificato come «Störer» qualora non abbia protetto la propria rete con una password, in modo da consentire ad un terzo di violare un diritto d’autore o diritti connessi. Secondo la citata sentenza, è ragionevole che tale gestore della rete adotti misure di protezione come un sistema di identificazione mediante password.

III – La controversia di cui al procedimento principale

18.      Il ricorrente nel procedimento principale gestisce un’impresa nell’ambito della quale vende e noleggia attrezzatura luce e audio per varie manifestazioni.

19.      Egli è proprietario di una connessione Internet che gestisce mediante una rete Wi‑Fi. Attraverso detta connessione, il 4 settembre 2010 un’opera musicale veniva illecitamente messa a disposizione per lo scaricamento.

20.      La Sony Music è un produttore di fonogrammi ed è titolare dei diritti sull’opera menzionata. Con lettera del 29 ottobre 2010, la Sony Music intimava al sig. Mc Fadden di porre fine alla violazione dei suoi diritti.

21.      Come risulta dalla decisione di rinvio, il sig. Mc Fadden afferma in proposito che, nell’ambito della propria impresa, gestiva una rete Wi‑Fi, accessibile ad ogni utente e sulla quale non esercitava alcun controllo. Egli ha consapevolmente omesso di proteggerla mediante password al fine di consentire al pubblico l’accesso a Internet. Il sig. Mc Fadden afferma di non aver commesso l’asserita violazione, ma di non poter escludere che essa sia stata commessa da uno degli utenti della sua rete.

22.      Successivamente alla citata diffida, il sig. Mc Fadden proponeva dinanzi al giudice del rinvio un’azione di accertamento negativo («negative Feststellungsklage»). La Sony Music presentava una domanda riconvenzionale volta ad ottenere l’inibitoria e il risarcimento del danno.

23.      Con sentenza contumaciale del 16 gennaio 2014, il giudice del rinvio respingeva la domanda del sig. Mc Fadden e accoglieva la domanda riconvenzionale, pronunciando un’ingiunzione nei confronti del sig. Mc Fadden quale diretto responsabile della violazione di cui trattasi e condannandolo al pagamento del risarcimento del danno nonché delle spese di diffida e delle spese processuali.

24.      Il sig. Mc Fadden proponeva opposizione avverso detta sentenza contumaciale. Egli sosteneva in particolare che la sua responsabilità era esclusa ai sensi delle disposizioni del diritto tedesco che traspongono l’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2000/31.

25.      Nell’ambito del procedimento di opposizione, la Sony Music chiedeva la conferma della sentenza contumaciale e, in subordine, la pronuncia dell’ingiunzione e la condanna del sig. Mc Fadden al risarcimento del danno e al pagamento delle spese di diffida, sulla base della sua responsabilità indiretta («Störerhaftung»).

26.      Il giudice del rinvio afferma che, nella fase attuale, non ritiene che il sig. Mc Fadden sia direttamente responsabile, ma prende in considerazione la dichiarazione della sua responsabilità indiretta («Störerhaftung») sulla base del rilievo che la sua rete Wi‑Fi non è stata protetta.

27.      In proposito, il giudice del rinvio afferma di essere propenso ad applicare per analogia la sentenza del Bundesgerichtshof del 12 maggio 2010, Sommer unseres Lebens (I ZR 121/08), ritenendo che tale sentenza, benché riguardi soggetti privati, valga a fortiori nel caso di un professionista che gestisce una rete Wi‑Fi aperta al pubblico. Secondo il giudice del rinvio, la dichiarazione di responsabilità a tale titolo sarebbe nondimeno esclusa se i fatti della controversia di cui al procedimento principale ricadessero nell’ambito di applicazione dell’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2000/31, trasposto nel diritto tedesco dall’articolo 8, paragrafo 1, della legge sui media elettronici del 26 febbraio 2007, come modificata dalla legge del 31 marzo 2010.

IV – Le questioni pregiudiziali e il procedimento dinanzi alla Corte

28.      In tale contesto il Landgericht München I (Tribunale di Monaco di Baviera I) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 12, paragrafo 1, (...) della direttiva [2000/31], in combinato disposto con l’articolo 2, lettera a), della [medesima direttiva] e con l’articolo 1, punto 2, della direttiva [98/34], come modificata dalla direttiva [98/48], debba essere interpretato nel senso che l’espressione “normalmente dietro retribuzione” significa che il giudice nazionale deve accertare se:

a)      la persona concretamente interessata, che si avvale della qualifica di prestatore, offra tali specifici servizi di norma dietro retribuzione, oppure

b)      esistano sul mercato prestatori che offrono il servizio in parola o servizi analoghi dietro retribuzione, oppure

c)      la maggior parte di tali servizi o dei servizi analoghi sia offerta dietro retribuzione.

2)      Se l’articolo 12, paragrafo 1, (...) della direttiva [2000/31] debba essere interpretato nel senso che l’espressione “fornire un accesso alla rete di comunicazione” significa che, perché una fornitura sia conforme alla direttiva, rileva soltanto che si pervenga all’obiettivo, nel senso che sia fornito l’accesso alla rete di comunicazione (ad esempio a Internet).

3)      Se l’articolo 12, paragrafo 1, (...) della direttiva [2000/31], in combinato disposto con l’articolo 2, lettera b), della [medesima direttiva], debba essere interpretato nel senso che per “prestare” ai sensi [di detto articolo 2, lettera b),] è sufficiente che sia effettivamente messo a disposizione il servizio della società dell’informazione, nel caso di specie quindi che sia messa a disposizione una rete WLAN aperta, o se sia invece necessaria anche, ad esempio, un’attività di “promozione pubblicitaria”.

4)      Se l’articolo 12, paragrafo 1, (...) della direttiva [2000/31] debba essere interpretato nel senso che l’espressione “non sia responsabile delle informazioni trasmesse” indica che eventuali richieste di inibitoria, risarcimento del danno, pagamento di spese di diffida o di spese legali da parte del soggetto leso dalla violazione dei diritti d’autore contro il fornitore dei servizi di accesso sono escluse, in linea di principio o in ogni caso, quando si tratta di una prima violazione accertata del diritto d’autore.

5)      Se l’articolo 12, paragrafo 1, [della direttiva 2000/31], in combinato disposto con l’articolo 12, paragrafo 3, della medesima direttiva, debba essere interpretato nel senso che gli Stati membri non possono autorizzare i giudici nazionali a emanare, nell’ambito di un procedimento principale contro un fornitore dei servizi di accesso, una diffida con cui intimano a quest’ultimo di astenersi in futuro dal permettere a terzi di rendere disponibile, attraverso una determinata connessione Internet, su una piattaforma Internet di condivisione una specifica opera protetta dal diritto d’autore per una consultazione in linea.

6)      Se l’articolo 12, paragrafo 1, (...) della direttiva [2000/31] debba essere interpretato nel senso che, nelle circostanze di cui al procedimento principale, la disciplina di cui all’articolo 14, paragrafo 1, lettera b), della [medesima direttiva] deve essere applicata per analogia a una domanda inibitoria.

7)      Se l’articolo 12, paragrafo 1, (...) della direttiva [2000/31], in combinato disposto con l’articolo 2, lettera b), della [medesima direttiva], debba essere interpretato nel senso che i requisiti previsti nei confronti di un prestatore si esauriscono nel fatto che prestatore è qualsiasi persona fisica o giuridica che offra un servizio della società dell’informazione.

8)      In caso di risposta negativa alla [settima] questione, quali requisiti aggiuntivi debbano essere posti al prestatore nel quadro dell’interpretazione dell’articolo 2, lettera b), della direttiva [2000/31].

9)      a)     Se l’articolo 12, paragrafo 1, (...) della direttiva [2000/31], tenuto conto della tutela riconosciuta alla proprietà intellettuale quale diritto fondamentale e che si ricava dal diritto di proprietà (articolo 17, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea [in prosieguo: la “Carta”]), tenuto conto altresì delle disposizioni contenute [nelle direttive 2001/29 e 2004/48], e considerata la libertà di informazione e il diritto fondamentale della libertà d’impresa sancito dal diritto dell’Unione (articolo 16 della [Carta]), debba essere interpretato nel senso che non osta a una decisione del giudice nazionale in un procedimento principale con cui il fornitore dei servizi di accesso è condannato, a pena del pagamento di una penalità di mora, ad astenersi dal permettere in futuro a terzi di rendere disponibile, attraverso una determinata connessione Internet, su una piattaforma Internet di condivisione una specifica opera protetta dal diritto d’autore o parti di essa per una consultazione in linea e lascia così libero il fornitore dei servizi di accesso di individuare le concrete misure tecniche da adottare per adempiere a tale ingiunzione.

b)      Se ciò valga anche quando il fornitore dei servizi di accesso può di fatto adeguarsi al divieto giudiziale soltanto chiudendo la connessione Internet o proteggendola mediante password o controllando tutte le comunicazioni trasmesse attraverso tale connessione, per verificare se la specifica opera protetta dal diritto d’autore sia nuovamente trasmessa illegalmente, quando ciò sia chiaro fin dall’inizio e non emerga soltanto nell’ambito del procedimento esecutivo o di irrogazione delle sanzioni».

29.      La decisione di rinvio, datata 18 settembre 2014, è pervenuta alla cancelleria della Corte il 3 novembre 2014. Osservazioni scritte sono state presentate dalle parti nel procedimento principale, dal governo polacco e dalla Commissione europea.

30.      Le parti nel procedimento principale e la Commissione hanno altresì partecipato all’udienza, tenutasi il 9 dicembre 2015.

V –    Analisi

31.      Le questioni pregiudiziali possono essere raggruppate in funzione delle due problematiche da esse sollevate.

32.      Da un lato, con le questioni dalla prima alla terza, il giudice del rinvio chiede se un professionista, come quello parte nel procedimento principale, che, nell’ambito delle proprie attività, gestisce una rete Wi‑Fi pubblica e gratuita, rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 12 della direttiva 2000/31.

33.      Dall’altro lato, nell’eventualità in cui l’articolo 12 della direttiva 2000/31 trovi applicazione, il giudice del rinvio, con le questioni dalla quarta alla nona, chiede alla Corte di interpretare la limitazione di responsabilità del prestatore intermediario prevista in tale disposizione.

A –    Sull’ambito di applicazione dell’articolo 12 della direttiva 2000/31

34.      Con le prime tre questioni il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se un professionista che, nell’ambito delle proprie attività, gestisce una rete Wi‑Fi pubblica e gratuita debba essere considerato alla stessa stregua del prestatore di un servizio consistente nel fornire un accesso alla rete di comunicazione, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2000/31.

35.      Il giudice del rinvio solleva due interrogativi a tal proposito inerenti, da un lato, alla natura economica del servizio di cui trattasi e, dall’altro, alla circostanza che il gestore di una rete Wi‑Fi possa semplicemente mettere quest’ultima a disposizione del pubblico, senza presentarsi esplicitamente ai potenziali utenti come un prestatore di servizi.

1.            Il servizio «di natura economica» (prima questione)

36.      Per quanto concerne la nozione di «servizio», l’articolo 2, lettera a), della direttiva 2000/31 rinvia all’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 98/34 (10), il quale prende in considerazione «qualsiasi servizio della società dell’informazione, vale a dire qualsiasi servizio prestato normalmente dietro retribuzione, a distanza, per via elettronica e a richiesta individuale di un destinatario».

37.      La condizione che il servizio di cui trattasi sia fornito «normalmente dietro retribuzione» è ripresa dall’articolo 57 TFUE e rispecchia la considerazione, ben consolidata nella giurisprudenza, secondo la quale soltanto i servizi di natura economica rientrano nell’ambito di applicazione delle disposizioni del Trattato FUE relative al mercato interno (11).

38.      Secondo una giurisprudenza costante, le nozioni di attività economica e di prestazione di servizi nel contesto del mercato interno devono essere interpretate estensivamente (12).

39.      In proposito, il giudice del rinvio si interroga sulla natura economica della prestazione di cui trattasi, pur dichiarando che, a suo avviso, la messa a disposizione di un accesso a Internet, anche con modalità non a pagamento, è un’attività economica, poiché la fornitura di un siffatto accesso normalmente costituisce una prestazione fornita dietro retribuzione.

40.      Osservo, come rilevato dal giudice del rinvio e, ad eccezione della Sony Music, dalla maggioranza delle parti e degli interessati, che la fornitura di un accesso a Internet costituisce normalmente un’attività economica. Tale rilievo vale altresì per la fornitura di un simile accesso mediante una rete Wi‑Fi.

41.      A mio avviso, se un operatore economico propone un siffatto accesso al pubblico nell’ambito delle proprie attività, anche con modalità non a pagamento, egli fornisce, seppure a titolo accessorio rispetto alla propria attività principale, un servizio di natura economica.

42.      Il fatto stesso di gestire una rete Wi‑Fi aperta al pubblico, in relazione ad un’altra attività economica, si inscrive necessariamente in un contesto economico.

43.      A tal proposito, l’accesso a Internet può costituire una forma di marketing che consente di attirare e fidelizzare i clienti. Dal momento che esso contribuisce all’esercizio dell’attività principale, la circostanza che il prestatore di servizi non sia direttamente retribuito dai destinatari non è decisiva. Conformemente a una costante giurisprudenza, la condizione della contropartita economica di cui all’articolo 57 TFUE non impone che il servizio sia pagato direttamente da coloro che ne fruiscono (13).

44.      L’argomento della Sony Music, con il quale essa contesta che si tratti di un servizio proposto «normalmente» dietro retribuzione, non mi convince.

45.      È vero che un accesso a Internet è spesso proposto, da un hotel o da un bar, con modalità non a pagamento. Tale circostanza, tuttavia, non impedisce affatto di rilevare che la prestazione di cui trattasi è accompagnata da una contropartita economica incorporata nel prezzo degli altri servizi.

46.      Orbene, non comprendo per quale ragione la fornitura dell’accesso a Internet dovrebbe essere percepita diversamente in relazione ad altre attività economiche.

47.      Nel caso di specie, infatti, il sig. Mc Fadden dichiara di aver gestito la rete Wi‑Fi, inizialmente con il nome «mcfadden.de», al fine di attirare l’attenzione dei clienti degli esercizi commerciali adiacenti e dei passanti sulla sua impresa specializzata in attrezzatura luce e audio e di incitarli a visitare il suo negozio o il suo sito Internet.

48.      A mio avviso, la fornitura di un accesso a Internet in siffatte circostanze si inscrive in un contesto economico, sebbene esso sia proposto con modalità non a pagamento.

49.      Sebbene, inoltre, dalla decisione di rinvio risulti che, all’incirca nel periodo dei fatti di cui alla controversia principale, il sig. Mc Fadden ha probabilmente modificato il nome della propria rete Wi‑Fi in «Freiheitstattangst.de» («libertà anziché paura») al fine di manifestare il proprio sostegno alla lotta contro la sorveglianza statale su Internet, tale circostanza di per se stessa non influisce sulla qualificazione dell’attività in esame come «economica». Il cambiamento di nome della rete Wi‑Fi non mi sembra decisivo trattandosi, in ogni caso, di una rete gestita nell’esercizio commerciale del sig. Mc Fadden.

50.      Atteso peraltro che il sig. Mc Fadden ha gestito la rete Wi‑Fi aperta al pubblico nel contesto della propria impresa, non è necessario valutare se l’ambito di applicazione della direttiva 2000/31 possa includere anche una simile attività di gestione di una rete qualora essa esuli da ogni altro contesto economico (14).

2.      Il servizio consistente nel «fornire» un accesso alla rete (questioni seconda e terza)

51.      La nozione di «servizio della società dell’informazione» comprende, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2000/31, ogni attività economica consistente nella messa a disposizione di un accesso a una rete di comunicazione, il che include la gestione di una rete Wi‑Fi pubblica con accesso a Internet (15).

52.      Ritengo che il verbo «fornire» implichi soltanto che l’attività di cui trattasi consente l’accesso del pubblico a una rete, inscrivendosi al contempo in un contesto economico.

53.      La qualificazione di una data attività come «servizio», infatti, ha carattere oggettivo. Non è dunque necessario, a mio avviso, che la persona interessata si presenti nei confronti del pubblico in qualità di prestatore o, ancora, che promuova esplicitamente la propria attività presso potenziali clienti.

54.      Conformemente alla giurisprudenza relativa all’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29, peraltro, il fatto di fornire un servizio intermediario dev’essere inteso in senso estensivo e non richiede l’esistenza di un rapporto contrattuale tra il prestatore di servizi e gli utenti (16). Rilevo che la questione dell’esistenza di rapporti contrattuali dipende esclusivamente dal diritto nazionale.

55.      Dalla settima questione pregiudiziale risulta, tuttavia, che il giudice del rinvio nutre dubbi riguardo a quest’ultimo punto, per il fatto che la versione tedesca dell’articolo 2, lettera b), della direttiva 2000/31, che definisce la nozione di «prestatore» («Diensteanbieter»), fa riferimento a una persona che «presta» («anbietet») un servizio, utilizzando un termine che potrebbe essere inteso nel senso che implica una promozione attiva di un servizio nei confronti dei clienti.

56.      Orbene, una simile lettura del termine «prestare [un servizio]», oltre a non essere supportata da altre versioni linguistiche (17), non mi sembra essere giustificata dalla giurisprudenza relativa all’articolo 56 TFUE, che si basa su un’interpretazione estensiva della nozione di servizio e non include tale condizione di promozione attiva (18).

3.            Conclusione intermedia

57.      Alla luce delle precedenti considerazioni, ritengo che gli articoli 2, lettere a) e b), e 12, paragrafo 1, della direttiva 2000/31 debbano essere interpretati nel senso che essi si applicano alla persona che, in via accessoria rispetto alla propria attività economica principale, gestisce una rete Wi‑Fi con una connessione a Internet, aperta al pubblico e gratuita.

B –          Interpretazione dell’articolo 12 della direttiva 2000/31

1.            Osservazioni preliminari

58.      Intendo schematizzare la problematica, relativamente complessa, sollevata dalle questioni dalla quarta alla nona.

59.      Le questioni quarta e quinta, che suggerisco di esaminare congiuntamente, riguardano i limiti della responsabilità di un prestatore di servizi di semplice trasporto, come risultano dall’articolo 12, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2000/31.

60.      Il giudice del rinvio si interroga in particolare sulla possibilità di condannare il prestatore intermediario in base alle domande inibitoria e di risarcimento del danno nonché a titolo di assegnazione delle spese stragiudiziali e delle spese processuali, nell’ipotesi di una violazione del diritto d’autore commessa da un terzo. Inoltre, egli chiede se un giudice nazionale possa intimare al prestatore intermediario di astenersi da condotte che consentano a terzi di commettere la violazione in esame.

61.      Qualora non possa essere prevista alcuna azione effettiva nei confronti del prestatore intermediario, il giudice del rinvio si interroga sulla possibilità di restringere la portata dell’articolo 12 della direttiva 2000/31 mediante l’applicazione in via analogica della condizione prevista all’articolo 14, paragrafo 1, lettera b), della medesima direttiva (sesta questione) o mediante altre condizioni non scritte (questioni settima e ottava).

62.      Per quanto attiene alla nona questione, essa verte sui limiti dell’ingiunzione che può essere pronunciata nei confronti di un prestatore intermediario. Al fine di fornire una risposta utile, occorrerà fare riferimento non soltanto agli articoli 12 e 15 della direttiva 2000/31, ma altresì alle disposizioni relative alle ingiunzioni contenute nelle direttive 2001/29 e 2004/48 in materia di tutela della proprietà intellettuale, nonché ai diritti fondamentali che sono alla base dell’equilibrio instaurato dal complesso di dette disposizioni.

2.            Portata della responsabilità del prestatore intermediario (questioni quarta e quinta)

63.      L’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2000/31 limita la responsabilità di un prestatore di servizio di semplice trasporto per un’attività illecita iniziata da un terzo in forza delle informazioni trasmesse.

64.      Come risulta dai lavori preparatori del citato atto normativo, la limitazione in esame copre, in modo orizzontale, ogni forma di responsabilità per attività illecite di ogni natura. Si tratta dunque della responsabilità tanto penale o amministrativa quanto civile e della responsabilità tanto diretta quanto secondaria, per gli atti commessi da terzi (19).

65.      Conformemente all’articolo 12, paragrafo 1, lettere da a) a c), della direttiva 2000/31, detta limitazione si applica ove ricorrano tre condizioni cumulative, ossia a condizione che il prestatore di servizio di semplice trasporto non dia origine alla trasmissione, che non selezioni il destinatario della trasmissione e che non selezioni né modifichi le informazioni trasmesse.

66.      Così, secondo il considerando 42 della direttiva 2000/31, le deroghe alla responsabilità riguardano esclusivamente l’attività meramente tecnica, automatica e passiva, il che significa che il prestatore di servizi non conosce né controlla le informazioni trasmesse o memorizzate.

67.      Le questioni sollevate dal giudice del rinvio si basano sull’ipotesi che le menzionate condizioni siano soddisfatte nel caso di specie.

68.      Rilevo che dalla lettura combinata dei paragrafi 1 e 3 dell’articolo 12 della direttiva 2000/31 si evince che le disposizioni di cui trattasi limitano la responsabilità di un prestatore intermediario per le informazioni trasmesse, ma non lo proteggono dalle ingiunzioni giudiziarie.

69.      Analogamente, secondo il considerando 45 della direttiva 2000/31, le limitazioni alla responsabilità dei prestatori intermedi lasciano impregiudicata la possibilità di azioni inibitorie, che possono, in particolare, essere ordinanze di organi giurisdizionali o autorità amministrative che obbligano a porre fine a una violazione o impedirla.

70.      L’articolo 12 della direttiva 2000/31, letto nel suo insieme, opera dunque una distinzione tra le azioni di responsabilità e quelle volte ad ottenere un’ingiunzione, distinzione di cui occorre tenere conto al momento di individuare i limiti della responsabilità tracciati da tale articolo.

71.      Nel caso di specie, il giudice del rinvio si interroga sulla possibilità di condannare il prestatore intermediario, per responsabilità indiretta («Störerhaftung»), sulla base delle seguenti domande:

–        il divieto giudiziale, che possa comportare una penalità di mora, di consentire a terzi di arrecare pregiudizio alla specifica opera protetta;

–        la condanna al risarcimento del danno;

–        il rimborso delle spese di diffida, ossia delle spese stragiudiziali relative alla diffida che costituisce un presupposto obbligatorio dell’azione giudiziaria volta ad ottenere un’inibitoria, e

–        la condanna al pagamento delle spese sostenute dinanzi a un’autorità giurisdizionale nel contesto dell’azione volta ad ottenere l’inibitoria e la condanna al risarcimento del danno.

72.      Lo stesso giudice del rinvio ritiene che, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2000/31, il sig. Mc Fadden non possa essere considerato responsabile nei confronti della Sony Music, per quanto riguarda il complesso di dette domande, in ragione del fatto che egli non è responsabile delle informazioni trasmesse da terzi. In proposito, prenderò in esame, in primo luogo, la possibilità di chiedere condanne pecuniarie – nel caso di specie il pagamento del risarcimento del danno, delle spese stragiudiziali e delle spese processuali – e, in secondo luogo, la possibilità di chiedere un’ingiunzione che possa comportare una penalità di mora.

a)            Domanda di risarcimento e altre domande pecuniarie

73.      Ricordo che l’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2000/31 limita la responsabilità civile di un prestatore intermediario, escludendo qualunque azione per il risarcimento del danno basata su ogni forma di responsabilità civile (20).

74.      A mio avviso, tale limitazione include non soltanto la domanda di risarcimento, ma altresì qualsiasi altra domanda pecuniaria che implichi una dichiarazione di responsabilità per una violazione del diritto d’autore sulla base delle informazioni trasmesse, quali le domande aventi ad oggetto il rimborso delle spese stragiudiziali o giudiziarie.

75.      In proposito, non sono convinto della pertinenza dell’argomento della Sony Music, secondo il quale sarebbe equo far sostenere le spese derivanti dalla violazione «a colui che l’ha commessa».

76.      Ai sensi dell’articolo 12 della direttiva 2000/31, il prestatore di servizi di semplice trasporto non può essere considerato responsabile di una violazione del diritto d’autore commessa in ragione delle informazioni trasmesse. Pertanto, egli non può essere condannato al pagamento delle spese stragiudiziali né delle spese sostenute dinanzi a un’autorità giurisdizionale in relazione a una siffatta violazione, che non può essergli addebitata.

77.      Rilevo inoltre che la condanna al pagamento delle spese stragiudiziali e delle spese processuali relative a una simile violazione sarebbe in grado di mettere in discussione l’obiettivo perseguito dall’articolo 12 della direttiva 2000/31 di non limitare indebitamente l’esercizio dell’attività di cui trattasi. La condanna al pagamento delle spese di diffida e delle spese processuali ha potenzialmente il medesimo effetto penalizzante della condanna al risarcimento del danno e, allo stesso modo, può ostacolare lo sviluppo dei servizi intermediari interessati.

78.      È vero che l’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva 2000/31 prevede la possibilità che un organo giurisdizionale o un’autorità amministrativa assoggetti il prestatore intermediario a taluni obblighi a seguito della commissione di una violazione, in particolare mediante un’ingiunzione.

79.      Nell’ottica dell’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva in parola, tuttavia, una decisione giudiziaria o amministrativa che sottoponga il prestatore a taluni obblighi non può essere fondata sulla dichiarazione di responsabilità di quest’ultimo. Il prestatore intermediario non può essere considerato responsabile di non aver prevenuto di propria iniziativa un’eventuale violazione o di aver violato un obbligo del bonus pater familias. Egli non può incorrere in responsabilità prima di essere assoggettato a uno specifico obbligo di cui all’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva 2000/31.

80.      Nel caso di specie, a mio avviso, l’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2000/31 osta dunque alla condanna del prestatore intermediario non soltanto al risarcimento del danno, ma altresì al pagamento delle spese di diffida e delle spese processuali relative alla violazione del diritto d’autore commessa da un terzo, in ragione delle informazioni trasmesse.

b)            Ingiunzione

81.      L’obbligo a carico degli Stati membri di prevedere un’ingiunzione nei confronti di un prestatore intermediario discende dall’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29, nonché da una disposizione essenzialmente identica dell’articolo 11, terza frase, della direttiva 2004/48.

82.      La possibilità di adottare un’ingiunzione nei confronti di un intermediario, fornitore di un accesso a Internet, i cui servizi siano utilizzati da un terzo per violare un diritto d’autore o diritti connessi, risulta altresì dalla giurisprudenza relativa alle due direttive summenzionate (21).

83.      La direttiva 2001/29, conformemente al suo considerando 16, lascia impregiudicate le disposizioni della direttiva 2000/31. Ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva 2000/31, nondimeno, la limitazione di responsabilità del prestatore intermediario lascia impregiudicata, a sua volta, la possibilità di azioni inibitorie volte a far sì che detto intermediario impedisca o ponga fine ad una violazione (22).

84.      Ne deriva che l’articolo 12, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2000/31 non osta alla pronuncia di un’ingiunzione nei confronti di un prestatore di servizi di semplice trasporto.

85.      Le condizioni e le modalità relative a simili ingiunzioni, inoltre, sono stabilite dal diritto nazionale (23).

86.      Ricordo nondimeno che, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2000/31, l’adozione di un’ingiunzione non può implicare una dichiarazione di responsabilità civile del prestatore intermediario, in qualsivoglia forma, per violazione del diritto d’autore commessa in ragione delle informazioni trasmesse.

87.      Inoltre, l’articolo 12, della direttiva 2000/31, in combinato disposto con altre pertinenti disposizioni del diritto dell’Unione, delinea taluni aspetti delle ingiunzioni di cui trattasi, che esaminerò nell’ambito dell’analisi della nona questione pregiudiziale.

c)            Sanzione correlata a un’ingiunzione

88.      Al fine di fornire una risposta utile alle questioni sollevate, occorre inoltre appurare se l’articolo 12 della direttiva 2000/31 limiti la responsabilità del prestatore intermediario per quanto concerne una sanzione per la violazione di un’ingiunzione.

89.      Dalla decisione di rinvio risulta che il mancato rispetto del divieto giudiziale preso in considerazione nel procedimento principale potrebbe essere passibile di una penalità di mora fino a un massimo di EUR 250 000, convertibile in una pena privativa della libertà. Una condanna a tale titolo è possibile unicamente nell’ipotesi di una violazione di detto divieto.

90.      In proposito ritengo che, sebbene l’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2000/31 escluda ogni condanna di un prestatore intermediario correlata alla violazione del diritto d’autore commessa in ragione delle informazioni trasmesse, tale disposizione tuttavia non ne limita la responsabilità per la violazione di un’ingiunzione pronunciata con riferimento a detta violazione.

91.      Poiché si tratta di una responsabilità accessoria rispetto all’azione inibitoria e la cui ratio è unicamente di garantire l’efficacia dell’ingiunzione, essa rientra nella previsione di cui all’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva 2000/31, secondo il quale un organo giurisdizionale è legittimato ad obbligare il prestatore intermediario a impedire o porre fine ad una violazione.

d)            Conclusione intermedia

92.      Alla luce delle suesposte considerazioni, ritengo che l’articolo 12, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2000/31 osti alla condanna di un prestatore di servizi di semplice trasporto per ogni domanda che implichi la dichiarazione della responsabilità civile di quest’ultimo. Tale articolo osta dunque alla condanna del prestatore intermediario non soltanto al risarcimento del danno, ma altresì al pagamento delle spese di diffida e delle spese processuali relative alla violazione del diritto d’autore commessa da un terzo, in ragione delle informazioni trasmesse. Il medesimo articolo non osta all’adozione di un’ingiunzione, il cui mancato rispetto sia passibile di una penalità di mora.

3.            Eventuali condizioni aggiuntive relative alla limitazione di responsabilità (questioni dalla sesta all’ottava)

93.      Rilevo che, con le sue questioni sesta, settima e ottava, il giudice del rinvio sembra muovere dalla premessa secondo la quale l’articolo 12 della direttiva 2000/31 esclude ogni azione nei confronti di un prestatore intermediario. Detto giudice si interroga di conseguenza sulla compatibilità di una simile situazione con un giusto equilibrio tra i vari interessi in gioco, enunciato al considerando 41 della direttiva 2000/31.

94.      Sembra quindi che si tratti della ragione per la quale il giudice del rinvio interroga la Corte sulla possibilità di limitare la portata dell’articolo 12 della direttiva 2000/31 mediante l’applicazione in via analogica della condizione di cui all’articolo 14, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2000/31 (sesta questione) o con l’aggiunta di un’altra condizione non prevista dalla direttiva stessa (questioni settima e ottava).

95.      Mi domando se le menzionate questioni pregiudiziali rimarrebbero pertinenti qualora la Corte decidesse, come propongo, che l’articolo 12 della direttiva 2000/31 consente in linea di principio l’adozione di un’ingiunzione nei confronti di un prestatore intermediario.

96.      In ogni caso, ritengo che le questioni in esame richiedano fin d’ora una risposta negativa, in quanto prendono in considerazione la possibilità di limitare l’applicazione dell’articolo 12 della direttiva 2000/31 mediante talune condizioni aggiuntive.

97.      L’articolo 12, paragrafo 1, lettere da a) a c), della direttiva 2000/31 subordina la limitazione di responsabilità di un prestatore di servizi di semplice trasporto a talune condizioni cumulative ma previste in via tassativa (24). L’aggiunta di altre condizioni ai fini dell’applicazione di tale disposizione mi sembra essere esclusa dal suo esplicito tenore letterale.

98.      Così, per quanto concerne la sesta questione, che menziona la possibilità dell’applicazione per analogia della condizione di cui all’articolo 14, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2000/31, rilevo che tale disposizione prevede che un prestatore di un servizio di «hosting» non sia responsabile delle informazioni memorizzate a condizione che agisca immediatamente per rimuoverle o per disabilitarne l’accesso, non appena venga al corrente dell’attività illecita.

99.      Ricordo in proposito che gli articoli da 12 a 14 della direttiva 2000/31 riguardano tre distinte categorie di attività e subordinano la limitazione di responsabilità del prestatore a differenti condizioni, tenendo conto della natura di ogni attività interessata. Dal momento che un’applicazione per analogia avrebbe l’effetto di assimilare le condizioni di responsabilità relative a tali attività, distinte in modo chiaro dal legislatore, essa si pone in contrasto con il sistema delle citate disposizioni.

100. Ciò vale a fortiori nel procedimento principale atteso che, come osserva la Commissione, l’attività di semplice trasporto di cui all’articolo 12 della direttiva 2000/31, che si limita alla trasmissione di informazioni, si distingue, per sua natura, da quella di cui all’articolo 14 della medesima direttiva, consistente nella memorizzazione di informazioni fornite da un destinatario del servizio. Quest’ultima attività implica un certo grado di coinvolgimento nella memorizzazione delle informazioni e, quindi, un certo grado di controllo, il che spiega l’ipotesi contemplata all’articolo 14, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2000/31, secondo la quale non è escluso che il prestatore del servizio di memorizzazione venga a conoscenza di circostanze indicative dell’attività illecita e che debba agire al riguardo di propria iniziativa.

101. Per quanto attiene alle questioni settima e ottava, il giudice del rinvio si pone la questione se le condizioni previste all’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2000/31, così come quelle che discendono dalle definizioni contenute all’articolo 2, lettere a), b) e d), della medesima direttiva, possano essere integrate da altre condizioni non scritte.

102. Dalla decisione di rinvio risulta che una condizione aggiuntiva potrebbe consistere, per esempio, nella necessità di uno stretto legame tra l’attività economica principale e la fornitura di un accesso gratuito ad Internet nell’ambito di tale attività.

103. Ricordo che dalla formulazione dell’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2000/31 si evince che le tre condizioni concernenti la sua applicazione sono previste in via tassativa. Nella misura in cui le questioni in esame riguardano l’interpretazione delle nozioni di servizio e di attività economica, mi permetto di rinviare alla mia analisi relativa alle prime tre questioni (25).

104. Alla luce di tali osservazioni, ritengo che le condizioni di cui all’articolo 12, paragrafo 1, lettere da a) a c), della direttiva 2000/31 siano previste in via tassativa e che non lascino spazio all’applicazione, per analogia, della condizione contemplata dall’articolo 14, paragrafo 1, lettera b), della direttiva in parola né ad altre condizioni aggiuntive.

4.            Portata dell’ingiunzione (nona questione)

105. Con la sua nona questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte se l’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2000/31, tenuto conto di altre disposizioni del diritto dell’Unione che accompagnano la sua applicazione, osti a un divieto giudiziale con cui si ingiunge al prestatore intermediario di astenersi dal permettere in futuro a terzi di violare una specifica opera protetta, mediante la sua connessione Internet, ove detto divieto lasci libero il prestatore di individuare le misure tecniche da adottare [nona questione, lettera a)]. Tale giudice si chiede inoltre se una siffatta ingiunzione sia conforme alla disposizione di cui trattasi, ove sia chiaro fin dall’inizio che in pratica il destinatario potrà rispettare il divieto giudiziale soltanto chiudendo la connessione Internet, proteggendola mediante password o esaminando tutte le comunicazioni trasmesse attraverso tale connessione [nona questione, lettera b)].

a)            Limiti dell’ingiunzione

106. Come risulta dalla mia analisi delle questioni quarta e quinta, l’articolo 12 della direttiva 2000/31 non osta, in via di principio, all’adozione di ingiunzioni, quali quelle di cui all’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29 e all’articolo 11, terza frase, della direttiva 2004/48, nei confronti di un prestatore di servizi di semplice trasporto.

107. In sede di adozione di un simile provvedimento, un giudice nazionale deve nondimeno tener conto dei limiti che discendono dalle citate disposizioni.

108. A tal proposito, le misure previste a norma dell’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29 e dell’articolo 11, terza frase, della direttiva 2004/48, conformemente all’articolo 3 di quest’ultima direttiva, sono leali ed eque, non inutilmente complesse o costose e non comportano termini irragionevoli né ritardi ingiustificati. Esse sono inoltre effettive, proporzionate e dissuasive e sono applicate in modo da evitare la creazione di ostacoli al commercio legittimo e da prevedere salvaguardie contro gli abusi (26). L’adozione di un’ingiunzione giudiziaria richiede altresì il bilanciamento degli interessi delle parti interessate (27).

109. Atteso che, inoltre, l’applicazione della direttiva 2001/29 non deve pregiudicare l’applicazione della direttiva 2000/31, il giudice nazionale, in sede di adozione di un’ingiunzione nei confronti di un prestatore di servizi di semplice trasporto, deve tener conto dei limiti che discendono da quest’ultima direttiva (28).

110. A tal proposito, dagli articoli 12, paragrafo 3, e 15, paragrafo 1, della direttiva 2000/31 risulta che gli obblighi imposti al prestatore nel contesto dell’azione inibitoria devono essere volti a porre fine ad una violazione o ad impedire una specifica violazione e non possono includere un obbligo generale in materia di sorveglianza.

111. In sede di applicazione delle citate disposizioni, occorre inoltre tener conto dei principi e dei diritti fondamentali tutelati nel diritto dell’Unione, in particolare della libertà di espressione e d’informazione nonché della libertà d’impresa, sancite rispettivamente agli articoli 11 e 16 della Carta (29).

112. Nella misura in cui le limitazioni di detti diritti fondamentali sono imposte allo scopo di dare attuazione al diritto alla protezione della proprietà intellettuale, sancito all’articolo 17, paragrafo 2, della Carta, la loro valutazione implica la ricerca di un giusto equilibrio tra i diritti fondamentali in gioco (30).

113. I meccanismi che consentono di trovare tale equilibrio, da un lato, sono inscritti nelle stesse direttive 2001/29 e 2000/31, in quanto esse prevedono taluni limiti per le misure rivolte all’intermediario. Dall’altro, detti meccanismi devono risultare dall’applicazione del diritto nazionale (31), in particolare poiché quest’ultimo individua specifiche modalità relative alle azioni inibitorie.

114. In proposito, le autorità e i giudici degli Stati membri devono non solo interpretare il loro diritto nazionale in modo conforme alle direttive di cui trattasi, ma anche provvedere a non fondarsi su un’interpretazione di esse che entri in conflitto con i diritti fondamentali applicabili (32).

115. Date le precedenti considerazioni, in sede di adozione di un’ingiunzione nei confronti di un prestatore intermediario, il giudice nazionale è tenuto ad assicurarsi:

–        che le misure di cui trattasi siano conformi all’articolo 3 della direttiva 2004/48 e in particolare che siano effettive, proporzionate e dissuasive,

–        che esse siano volte a porre fine ad una specifica violazione o ad impedirla e non implichino un obbligo generale in materia di sorveglianza, conformemente agli articoli 12, paragrafo 3, e 15, paragrafo 1, della direttiva 2000/31,

–        che l’applicazione di tali disposizioni, nonché di altre modalità previste in forza del diritto nazionale, sia rispettosa di un giusto equilibrio tra i diritti fondamentali applicabili, in particolare quelli tutelati, da un lato, dagli articoli 11 e 16 nonché, dall’altro, dall’articolo 17, paragrafo 2, della Carta.

b)            Compatibilità di un’ingiunzione formulata in termini generali

116. Il giudice del rinvio chiede se l’articolo 12 della direttiva 2000/31 non osti a un’ingiunzione che include un divieto formulato in termini generali, lasciando al destinatario la scelta delle misure concrete da adottare.

117. Così, la misura presa in considerazione nel procedimento principale consisterebbe nell’ingiungere al prestatore intermediario di astenersi in futuro dal permettere a terzi di rendere disponibile, attraverso una determinata connessione Internet, su una piattaforma Internet di condivisione una specifica opera protetta per una consultazione in linea. Rimarrebbe aperta la questione della scelta delle misure tecniche.

118. Rilevo che un divieto formulato in termini generali, in assenza della prescrizione di misure concrete, costituisce potenzialmente una fonte di notevole incertezza giuridica per il suo destinatario. La possibilità per il destinatario di dimostrare, in un procedimento relativo alla dedotta violazione dell’ingiunzione, di aver adottato tutte le misure ragionevoli non può rimediare del tutto a detta incertezza.

119. Considerato, inoltre, che la scelta delle appropriate misure da adottare implica la ricerca di un giusto equilibrio tra i differenti diritti fondamentali, tale compito dovrebbe essere assunto da un giudice e non può essere devoluto interamente al destinatario dell’ingiunzione (33).

120. Vero è che la Corte ha già dichiarato che un’ingiunzione rivolta ad un fornitore di accesso ad Internet che lasci al suo destinatario il compito di individuare le concrete misure da adottare è, in via di principio, compatibile con il diritto dell’Unione (34).

121. Tale soluzione si fonda in particolare sulla motivazione secondo la quale l’ingiunzione formulata in modo generale presenta il vantaggio di consentire al proprio destinatario di scegliere le misure che più si adattino alle risorse e alle capacità di cui dispone e che siano compatibili con i suoi altri obblighi di legge (35).

122. Non mi sembra, tuttavia, che tale ragionamento possa essere applicato nel caso in cui, come nel procedimento principale, sia oggetto di discussione l’esistenza stessa delle appropriate misure da adottare.

123. In talune situazioni la possibilità di scegliere le misure più adatte può essere compatibile con l’interesse del destinatario dell’ingiunzione, ma ciò non si verifica qualora detta possibilità di scelta sia la fonte dell’incertezza del diritto. In siffatte circostanze, lasciare interamente al destinatario la responsabilità della scelta delle appropriate misure da adottare rimetterebbe in discussione l’equilibrio tra i diritti e gli interessi che vengono in rilievo.

124. Ritengo dunque che, sebbene l’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva 2000/31 e l’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29 non ostino, in via di principio, all’adozione di un’ingiunzione che lasci al destinatario di quest’ultima la scelta delle concrete misure da adottare, il giudice nazionale investito di una domanda di ingiunzione è tenuto nondimeno ad assicurarsi dell’esistenza di misure appropriate, conformi ai limiti che discendono dal diritto dell’Unione.

c)            Compatibilità con il diritto dell’Unione delle misure di cui trattasi nel caso di specie

125. Il giudice del rinvio si chiede, poi, se le tre misure menzionate nella nona questione, lettera b), ossia la chiusura della connessione Internet, la sua protezione mediante una password o il controllo di tutte le comunicazioni trasmesse attraverso detta connessione, possano essere ritenute compatibili con la direttiva 2000/31.

126. In proposito, sebbene nel caso concreto l’applicazione dei limiti che discendono dalle direttive 2001/29 e 2000/31, nonché dalla necessità di un giusto equilibrio tra i diritti fondamentali, rientri nella competenza del giudice nazionale, la Corte può tuttavia fornire indicazioni utili.

127. Nella sentenza Scarlet Extended (36), la Corte ha così dichiarato che le pertinenti disposizioni delle direttive 2001/29 e 2000/31, considerati i diritti fondamentali applicabili, ostano a un’ingiunzione rivolta ad un fornitore di accesso ad Internet di predisporre un sistema di filtraggio, che si applichi indistintamente a tutte le comunicazioni elettroniche, nei confronti di tutta la sua clientela, a titolo preventivo, a sue spese esclusive e senza limiti nel tempo.

128. Nella sentenza SABAM (37), la Corte ha dichiarato che dette disposizioni del diritto dell’Unione ostano a un’analoga ingiunzione, rivolta ad un prestatore di servizi di hosting.

129. Nella sentenza UPC Telekabel Wien (38), la Corte ha dichiarato che le citate disposizioni non ostano, a talune condizioni, ad una misura che ingiunga ad un fornitore di accesso ad Internet di bloccare l’accesso degli utenti ad uno specifico sito Internet.

130. Ritengo che, nel caso di specie, l’incompatibilità con il diritto dell’Unione della prima e della terza ipotesi menzionate dal giudice del rinvio si imponga ictu oculi.

131. Un provvedimento che ordini di chiudere la connessione Internet, infatti, è manifestamente incompatibile con l’esigenza di un giusto equilibrio tra i diritti fondamentali, dal momento che arreca pregiudizio al contenuto essenziale del diritto alla libertà d’impresa della persona che, anche se soltanto a titolo accessorio, porti avanti un’attività economica consistente nel fornire un accesso a Internet (39). Una simile misura sarebbe del resto in contrasto con l’articolo 3 della direttiva 2004/48, ai sensi del quale l’organo giurisdizionale che emana il provvedimento ingiuntivo deve far sì che le misure disposte non creino ostacoli al commercio legittimo (40).

132. Per quanto attiene al provvedimento che ingiunga al proprietario della connessione Internet di esaminare tutte le comunicazioni trasmesse attraverso la connessione stessa, esso sarebbe in evidente contrasto con il divieto di un obbligo generale di sorveglianza, di cui all’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2000/31. Per costituire un obbligo generale di sorveglianza «in casi specifici» (41), accettabile ai sensi di tale disposizione, infatti, la misura di cui trattasi dev’essere delimitata per quanto concerne l’oggetto e la durata della sorveglianza, ipotesi che non ricorre nel caso di una misura consistente nell’esaminare l’insieme delle comunicazioni che attraversano la rete (42).

133. Il presente dibattito si incentra quindi sulla seconda ipotesi, che attiene all’interrogativo se il gestore di una rete Wi‑Fi pubblica possa essere obbligato, in base ad un’ingiunzione, a proteggere l’accesso alla propria rete.

d)            Compatibilità dell’obbligo di protezione della rete Wi‑Fi

134. La questione in esame si inscrive nel dibattito, in corso in vari Stati membri, sull’appropriatezza dell’obbligo di protezione della rete Wi‑Fi alla luce dell’obiettivo di tutela della proprietà intellettuale (43). La discussione riguarda in particolare gli abbonati ad un accesso a Internet che pongono tale accesso a disposizione dei terzi, proponendo al pubblico l’accesso a Internet attraverso la loro rete Wi‑Fi.

135. Si tratta del resto di un aspetto discusso nell’ambito di un processo legislativo in corso in Germania, avviato nel contesto della «Digital Agenda» del governo (44), che mira a chiarire il regime della responsabilità dei gestori delle reti Wi‑Fi pubbliche, con l’obiettivo di rendere tale attività più attraente (45).

136. Sebbene la discussione fluttui intorno al concetto di responsabilità indiretta nel diritto tedesco (Störerhaftung), le questioni sollevate hanno potenzialmente una portata più ampia, dato che anche il diritto nazionale di taluni altri Stati membri prevede strumenti che possono far sorgere la responsabilità del titolare di una connessione Internet, a causa della mancata adozione delle appropriate misure di protezione, al fine di impedire eventuali violazioni da parte di soggetti terzi (46).

137. Rilevo che possono essere mosse varie obiezioni di ordine giuridico rispetto all’obbligo di proteggere l’accesso a una siffatta rete.

138. In primo luogo, la previsione di un obbligo di protezione potrebbe astrattamente porre in discussione il modello commerciale delle imprese che propongono l’accesso a Internet in via complementare rispetto ai loro altri servizi.

139. Da un lato, infatti, talune di dette imprese non sarebbero più inclini a proporre tale servizio supplementare se esso comportasse investimenti e vincoli normativi connessi alla protezione della rete e alla gestione degli utenti. Dall’altro, taluni destinatari del servizio, per esempio i clienti di un fast-food o di un esercizio commerciale, rinuncerebbero a servirsene se ciò implicasse l’obbligo sistematico di identificarsi e di introdurre una password.

140. In secondo luogo, rilevo che imporre l’obbligo di proteggere la rete Wi‑Fi implica, per i soggetti che gestiscono la rete al fine di proporre l’accesso a Internet ai propri clienti e al pubblico, la necessità di identificare gli utenti e di conservare i loro dati.

141. In proposito, nelle proprie osservazioni scritte la Sony Music afferma che, per poter imputare una violazione a un «utente registrato», il gestore della rete Wi‑Fi dovrebbe registrare gli indirizzi IP e le porte esterne attraverso cui un utente registrato ha stabilito connessioni a Internet. L’identificazione di un utente di una rete Wi‑Fi corrisponderebbe essenzialmente all’assegnazione di indirizzi IP da parte di un fornitore di accesso. Il gestore di una rete Wi‑Fi potrebbe quindi ricorrere a un sistema informatico – non particolarmente costoso secondo la Sony Music – che consenta di registrare e di identificare gli utenti.

142. Orbene, rilevo che gli obblighi di registrazione degli utenti e di conservazione dei dati privati sono propri della normativa sull’attività degli operatori delle telecomunicazioni e degli altri fornitori di accesso ad Internet. L’imposizione di simili vincoli amministrativi mi sembra invece chiaramente sproporzionata quando si tratta di persone che propongono, ai propri clienti o a clienti potenziali, mediante una rete Wi‑Fi, l’accesso a Internet in via complementare rispetto alla loro attività principale.

143. In terzo luogo, se è vero che di per se stesso l’obbligo di protezione di una rete Wi‑Fi, nell’ambito di un’ingiunzione specifica, non equivale a un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni o di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza di attività illecite, obbligo vietato dall’articolo 15 della direttiva 2000/31, la generalizzazione dell’obbligo di identificare e di registrare gli utenti rischia tuttavia di condurre ad un regime di responsabilità dei prestatori intermediari che non sia più conforme alla citata disposizione.

144. Nel contesto del perseguimento delle violazioni del diritto d’autore, infatti, la protezione della rete non è un fine di per sé, ma costituisce soltanto una misura preliminare che consentirà al gestore di esercitare un certo controllo sull’attività nella rete. Orbene, l’attribuzione di un ruolo attivo e preventivo ai prestatori intermediari sarebbe in contrasto con il loro particolare status, tutelato dalla direttiva 2000/31 (47).

145. Infine, in quarto luogo, rilevo che la misura di cui trattasi da sola non è efficace, cosicché la sua appropriatezza e, di conseguenza, la sua proporzionalità rimangono dubbie.

146. Occorre rilevare che, data la facilità con cui possono essere aggirate, le misure di protezione sono inefficaci per quanto concerne la prevenzione della specifica violazione di un’opera protetta. Come afferma la Commissione, l’introduzione di una password potenzialmente restringe la cerchia degli utenti ma non esclude necessariamente le violazioni di un’opera protetta. Peraltro, come osserva il governo polacco, i fornitori di servizi di semplice trasporto dispongono di mezzi limitati per seguire gli scambi del traffico peer‑to‑peer, il cui controllo richiederebbe l’applicazione di soluzioni tecnologiche avanzate e costose che possono far sorgere serie riserve per quanto concerne la tutela della vita privata e della confidenzialità delle comunicazioni.

147. Alla luce del complesso di tali considerazioni, sono del parere che imporre l’obbligo di proteggere l’accesso alla rete Wi‑Fi, quale metodo di tutela del diritto d’autore in Internet, non rispetterebbe l’esigenza di garantire un giusto equilibrio tra, da un lato, la tutela del diritto di proprietà intellettuale, di cui godono i titolari dei diritti d’autore, e, dall’altro, quella della libertà d’impresa, appannaggio dei prestatori dei servizi interessati (48). Restringendo l’accesso a comunicazioni lecite, la misura in esame implicherebbe inoltre una limitazione della libertà d’espressione e di informazione (49).

148. In senso più ampio, osservo che l’eventuale generalizzazione dell’obbligo di proteggere le reti Wi‑Fi, quale metodo di tutela del diritto d’autore in Internet, potrebbe comportare uno svantaggio per la società nel suo complesso che rischierebbe di essere superiore al potenziale beneficio per i titolari di detti diritti.

149. Da un lato, le reti Wi‑Fi pubbliche utilizzate da un gran numero di persone hanno una larghezza di banda relativamente limitata e, pertanto, non sono particolarmente esposte a violazioni delle opere e degli oggetti protetti dal diritto d’autore (50). Dall’altro, i punti di accesso Wi‑Fi offrono innegabilmente un importante potenziale per l’innovazione. Ogni misura che rischi di frenare lo sviluppo dell’attività di cui trattasi, dunque, dev’essere esaminata accuratamente in relazione al suo potenziale beneficio.

150. Tenuto conto del complesso delle precedenti considerazioni, ritengo che gli articoli 12, paragrafo 3, e 15, paragrafo 1, della direttiva 2000/31, interpretati in base alle esigenze che discendono dalla tutela dei diritti fondamentali applicabili, ostino all’ingiunzione che consiste nell’imporre ad una persona che gestisce una rete Wi‑Fi pubblica, in via accessoria rispetto alla propria attività economica principale, l’obbligo di proteggere l’accesso a tale rete.

VI – Conclusione

151. Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dal Landgericht München I (Tribunale di Monaco di Baviera I) nei termini seguenti:

1)      Gli articoli 2, lettere a) e b), e 12, paragrafo 1, della direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2000, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno («Direttiva sul commercio elettronico»), devono essere interpretati nel senso che essi si applicano alla persona che, in via accessoria rispetto alla propria attività economica principale, gestisce una rete locale senza fili con accesso a Internet, aperta al pubblico e gratuita.

2)      L’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2000/31 osta alla condanna di un prestatore di servizi di semplice trasporto per ogni domanda che implichi la dichiarazione della responsabilità civile di quest’ultimo. Tale articolo osta dunque alla condanna del prestatore di simili servizi non soltanto al risarcimento del danno, ma altresì al pagamento delle spese di diffida e delle spese processuali relative a una violazione di un diritto d’autore o di diritti connessi commessa da un terzo, in ragione delle informazioni trasmesse.

3)      L’articolo 12, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2000/31 non osta all’adozione di un’ingiunzione giudiziaria, il cui mancato rispetto sia passibile di una penalità di mora.

In sede di adozione di una siffatta ingiunzione, un giudice nazionale è tenuto ad assicurarsi:

–        che le misure di cui trattasi siano conformi all’articolo 3 della direttiva 2004/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, e in particolare che siano effettive, proporzionate e dissuasive;

–        che esse siano volte a porre fine ad una specifica violazione o ad impedirla e non implichino un obbligo generale in materia di sorveglianza, conformemente agli articoli 12, paragrafo 3, e 15, paragrafo 1, della direttiva 2000/31, e

–        che l’applicazione di tali disposizioni, nonché di altre modalità previste in forza del diritto nazionale, sia rispettosa di un giusto equilibrio tra i diritti fondamentali applicabili, in particolare quelli tutelati, da un lato, dagli articoli 11 e 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea nonché, dall’altro, dall’articolo 17, paragrafo 2, di quest’ultima.

4)      Gli articoli 12, paragrafo 3, e 15, paragrafo 1, della direttiva 2000/31, interpretati in base alle esigenze che discendono dalla tutela dei diritti fondamentali applicabili, non ostano, in via di principio, all’adozione di un’ingiunzione che lasci al destinatario di quest’ultima la scelta delle concrete misure da adottare. Il giudice nazionale investito di una domanda di ingiunzione è tenuto nondimeno ad assicurarsi dell’esistenza di misure appropriate, conformi ai limiti che discendono dal diritto dell’Unione.

Le citate disposizioni ostano all’ingiunzione rivolta a una persona che gestisce una rete locale senza fili con accesso ad Internet, aperta al pubblico, in via accessoria rispetto alla sua attività economica principale, qualora il destinatario dell’ingiunzione possa conformarvisi soltanto:

–        chiudendo la connessione Internet, o

–        proteggendola mediante password, o

–        esaminando tutte le comunicazioni trasmesse attraverso tale connessione per verificare se l’opera protetta dal diritto d’autore di cui trattasi sia nuovamente trasmessa illegalmente.


1 –      Lingua originale: il francese.


2 –      La parola «Wi-Fi», divenuta una parola di uso corrente per indicare una rete senza fili, è un marchio (Wi‑Fi) che si riferisce allo standard di rete senza fili più diffuso. La parola che indica genericamente ogni tipo di rete senza fili è «WLAN» (Wireless local area network).


3 –      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2000, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno («Direttiva sul commercio elettronico») (GU L 178, pag. 1).


4 –      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche (GU L 204, pag. 37).


5 –      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 luglio 1998, che modifica la direttiva 98/34 (GU L 217, pag. 18).


6 –      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione (GU L 167, pag. 10).


7 –      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale (GU L 157, pag. 45).


8 –      Legge del 26 febbraio 2007 (BGBl. I, pag. 179), come modificata dalla legge del 31 marzo 2010 (BGBl. I, pag. 692).


9 –      Legge del 9 settembre 1965 (BGBl. I, pag. 1273), come modificata dalla legge del 1° ottobre 2013 (BGBl. I, pag. 3728).


10 –      Come modificata dalla direttiva 98/48. Tale definizione è ripresa all’articolo 1, paragrafo 1, lettera b), della direttiva (UE) 2015/1535 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 settembre 2015, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione (GU L 241, pag. 1), la quale ha abrogato la direttiva 98/34.


11 –      Sentenze Smits e Peerbooms (C‑157/99, EU:C:2001:404, punto 58), nonché Humbel e Edel (263/86, EU:C:1988:451, punto 17).


12 –      V. sentenza Deliège (C‑51/96 e C‑191/97, EU:C:2000:199, punto 52 e giurisprudenza ivi citata).


13 –      V., in tal senso, riguardo al caso di un servizio di fornitura di informazioni in linea, non a pagamento ma finanziato mediante introiti prodotti da pubblicità diffuse su un sito Internet, sentenza Papasavvas (C‑291/13, EU:C:2014:2209, punti 29 e 30 nonché giurisprudenza ivi citata). Dai lavori preparatori della direttiva 2000/31 risulta che sono presi in considerazione anche i servizi non remunerati dai destinatari, ove siano forniti nel contesto di un’attività economica (v. proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a taluni aspetti giuridici del commercio elettronico nel mercato interno [COM(1998) 586 def., GU C 30, pag. 4, e in particolare pag. 15]).


14 –      La nozione di «attività economica» ai sensi delle disposizioni del Trattato FUE relative al mercato interno implica una valutazione caso per caso che tenga conto del contesto dell’esercizio dell’attività di cui trattasi. V., in tal senso, sentenze Factortame e a. (C‑221/89, EU:C:1991:320, punti da 20 a 22), nonché International Transport Workers’ Federation e Finnish Seamen’s Union (C‑438/05, EU:C:2007:772, punto 70).


15 –      Come osserva la Commissione, la rete Wi‑Fi con una connessione a Internet costituisce una «rete di comunicazione elettronica» ai sensi dell’articolo 2, primo comma, lettera a), della direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro) (GU L 108, pag. 33), come modificata dalla direttiva 2009/140/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009 (GU L 337, pag. 37).


16 –      V., in tal senso, sentenza UPC Telekabel Wien (C‑314/12, EU:C:2014:192, punti 34 e 35).


17 –      V., in particolare, versioni nelle lingue spagnola («suministre [un servicio]»), inglese («providing [service]»), lituana («teikiantis [paslaugą]») e polacca («świadczy [usługę]»).


18 –      V. supra, paragrafo 38.


19 –            V. proposta di direttiva COM(1998) 586 def., pag. 27.


20 –      V. proposta di direttiva COM(1998) 586 def., pag. 28.


21 –      Sentenze Scarlet Extended (C‑70/10, EU:C:2011:771, punto 31); Sabam (C‑360/10, EU:C:2012:85, punto 29), e UPC Telekabel Wien (C‑314/12, EU:C:2014:192, punto 26).


22 –      V., altresì, proposta di direttiva COM(1998) 586 def., pag. 28.


23 –      V. considerando 46 della direttiva 2000/31 e considerando 59 della direttiva 2001/29, nonché sentenza UPC Telekabel Wien (C‑314/12, EU:C:2014:192, punti 43 e 44).


24 –      V. proposta di direttiva COM(1998) 586 def., pag. 28.


25 –      V. supra, paragrafo 55.


26 –      V., in tal senso, sentenze L’Oréal e a. (C‑324/09, EU:C:2011:474, punto 139), nonché Scarlet Extended (C‑70/10, EU:C:2011:771, punto 36).


27 –      V., riguardo a tale principio, Jakubecki, A., «Dochodzenie roszczeń z zakresu prawa własności przemysłowej», in System prawa prywatnego (Il sistema del diritto privato), t. 14b, Prawo własności przemysłowej [Il diritto della proprietà industriale], Varsavia, CH Beck, Instytut Nauk Prawnych PAN, 2012, pag. 1651.


28 –      Sentenza Scarlet Extended (C‑70/10, EU:C:2011:771, punto 34).


29 –      V., a tal proposito, considerando 1 e 9 della direttiva 2000/31.


30 –      Sentenza UPC Telekabel Wien (C‑314/12, EU:C:2014:192, punto 47).


31 –      V., in tal senso, sentenza Promusicae (C‑275/06, EU:C:2008:54, punto 66).


32 –      Sentenze Promusicae (C‑275/06, EU:C:2008:54, punto 68), e UPC Telekabel Wien (C‑314/12, EU:C:2014:192, punto 46).


33 –      V., in proposito, conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nella causa UPC Telekabel Wien (C‑314/12, EU:C:2013:781, paragrafi da 87 a 90).


34 –      Sentenza UPC Telekabel Wien (C‑314/12, EU:C:2014:192, punto 64).


35 –      Sentenza UPC Telekabel Wien (C‑314/12, EU:C:2014:192, punto 52).


36 – C‑70/10, EU:C:2011:771.


37 – C‑360/10, EU:C:2012:85.


38 – C‑314/12, EU:C:2014:192.


39 –      V., a contrario, sentenza UPC Telekabel Wien (C‑314/12, EU:C:2014:192, punti 50 e 51).


40 –      V., in tal senso, sentenza L’Oréal e a. (C‑324/09, EU:C:2011:474, punto 140).


41 –      V. considerando 47 della direttiva 2000/31.


42 –      Nei lavori preparatori, la Commissione cita quale esempio di un obbligo specifico una misura consistente nel sorvegliare uno specifico sito Internet, per una durata specificata, al fine di impedire una specifica attività illecita o di porvi fine [proposta di direttiva COM(1998) 586 def., pag. 30]. V. altresì, a tal proposito, conclusioni dell’avvocato generale Jääskinen nella causa L’Oréal e a. (C‑324/09, EU:C:2010:757, paragrafo 182).


43 –      A prescindere dal processo legislativo in corso in Germania, menzionato qui di seguito, rinvio al dibattito che accompagna l’adozione del Digital Economy Act nel Regno Unito, nonché la consultazione pubblica avviata dall’Ofcom (l’autorità regolatrice delle telecomunicazioni) nel 2012 riguardo agli obblighi imposti ai fornitori di servizi Internet e, potenzialmente, ai gestori delle reti Wi‑Fi pubbliche (v. «Consultation related to the draft Online Infringement of Copyright Order», punto «5.52», http://stakeholders.ofcom.org.uk/consultations/infringement-notice/). In Francia, dopo l’adozione delle leggi – ampiamente discusse – n. 2009‑669, del 12 giugno 2009, che favorisce la diffusione e la protezione della creazione in Internet (JORF del 13 giugno 2009, pag. 9666) e n. 2009‑1311, del 28 ottobre 2009, relativa alla tutela penale della proprietà letteraria e artistica in Internet (JORF del 29 ottobre 2009, pag. 18290), abbonati a Internet, inclusi i gestori delle reti Wi‑Fi, sono tenuti a proteggere la propria connessione Wi‑Fi, al fine di evitare di incorrere in responsabilità per i pregiudizi arrecati da terzi alle opere e agli oggetti protetti.


44 –      Uno degli obiettivi della «Digital Agenda» del governo tedesco è il miglioramento della disponibilità dell’accesso a Internet attraverso le reti Wi‑Fi (v. http://www.bmwi.de/EN/Topics/Technology/digital-agenda.html).


45 –      Entwurf eines Zweiten Gesetzes zur Änderung des Telemediengesetzes (Progetto di una seconda legge di modifica della legge sui telemedia) (BT‑Drs 18/6745). Nel proprio parere su tale progetto (BR‑Drs 440/15), il Bundesrat ha proposto il ritiro della disposizione che impone ai gestori delle reti Wi‑Fi l’obbligo di adottare misure di protezione.


46 –      V., nel diritto francese, articolo L. 336‑3 del codice della proprietà intellettuale, che prevede l’obbligo del titolare dell’accesso a Internet di garantire che tale accesso non comporti una violazione delle opere e degli oggetti protetti.


47 –      V. Van Eecke, P., «Online service providers and liability: A plea for a balanced approach», Common Market Law Review, 2011, vol. 48, pagg. 1455‑1502, e, in particolare, pag. 1501.


48 –      V., in tal senso, sentenze Scarlet Extended (C‑70/10, EU:C:2011:771, punto 49), e SABAM (C‑360/10, EU:C:2012:85, punto 47).


49 –      V., in tal senso, sentenze Scarlet Extended (C‑70/10, EU:C:2011:771, punto 52), e SABAM (C‑360/10, EU:C:2012:85, punto 50).


50 –      V., in proposito, parere del Bundesrat (BR‑Drs 440/15, pag. 18) nonché consulenza dell’Ofcom, punti 3.94-3.97 (v. supra, note 43 e 45).