Language of document : ECLI:EU:C:2018:672

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

YVES BOT

presentate il 6 settembre 2018 (1)

Causa C514/17

Pubblico ministero

contro

Marin-Simion Sut

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla cour d’appel de Liège (Corte d’appello di Liegi, Belgio)]

«Rinvio pregiudiziale – Cooperazione giudiziaria in materia penale – Principio di riconoscimento reciproco – Decisione quadro 2002/584/GAI – Mandato d’arresto europeo e procedure di consegna tra Stati membri – Articolo 4, punto 6 – Motivo di non esecuzione facoltativa del mandato d’arresto europeo – Applicazione – Reato all’origine della condanna ad una pena privativa della libertà nello Stato membro di emissione punito con una mera sanzione pecuniaria nello Stato membro di esecuzione – Articolo 2, paragrafo 4 – Portata della condizione della doppia incriminazione – Decisione quadro 2008/909/GAI – Articolo 8, paragrafo 3 – Adattamento della pena»






I.      Introduzione

1.        Il motivo di non esecuzione facoltativa di cui all’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584/GAI (2) può essere invocato dal giudice chiamato a decidere sull’esecuzione di un mandato d’arresto europeo qualora il reato per il quale tale mandato è stato emesso sia stato sanzionato nello Stato membro di emissione con una pena privativa della libertà, mentre, ai sensi del diritto dello Stato membro di esecuzione, tale reato è punito con una mera sanzione pecuniaria?

2.        È questa, in sostanza, la domanda posta dalla cour d’appel de Liège (Corte d’appello di Liegi, Belgio) in merito all’esecuzione di un mandato d’arresto europeo emesso più di sette anni fa, il 26 agosto 2011, dalle autorità rumene nei confronti del sig. Marin-Simion Sut, cittadino rumeno residente in Belgio, ai fini dell’esecuzione di una pena privativa della libertà di un anno e due mesi per guida senza patente.

3.        Ai sensi dell’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, l’autorità giudiziaria dello Stato membro di esecuzione può rifiutare di eseguire un mandato d’arresto europeo emesso ai fini dell’esecuzione di una pena privativa della libertà qualora la persona ricercata dimori nello Stato membro di esecuzione, ne sia cittadino o vi risieda, se tale Stato si impegni a eseguire esso stesso tale pena conformemente al suo diritto interno.

4.        Secondo una giurisprudenza constante, tale disposizione deve permettere all’autorità giudiziaria di esecuzione di valutare, nell’ambito del margine di discrezionalità che le è attribuito, in che misura l’esecuzione della pena nello Stato membro di esecuzione consentirebbe di accrescere le opportunità di reinserimento sociale del ricercato una volta scontata la pena cui è stato condannato (3).

5.        Nella presente causa, è pacifico che l’interessato non ha acconsentito alla propria consegna e ha espresso il desiderio di scontare la propria pena in Belgio. Nella sua decisione di rinvio, la cour d’appel de Liège (Corte d’appello di Liegi) rileva che il sig. Sut presenta legami con il Belgio cosicché, tenuto conto della sua situazione concreta, l’esecuzione della pena nel territorio belga potrebbe accrescere le sue opportunità di reinserimento sociale.

6.        La cour d’appel de Liège (Corte d’appello di Liegi), tuttavia, si trova di fronte al fatto che il reato per il quale il sig. Sut è stato condannato in Romania ad un pena privativa della libertà è punito, ai sensi dell’articolo 30, paragrafo 1, della legge relativa alla polizia della circolazione stradale (4), del 16 marzo 1968, nella sua versione applicabile ai fatti di cui al procedimento principale, con una sanzione pecuniaria.

7.        Nella requisitoria presentata dinanzi alla cour d’appel de Liège (Corte d’appello di Liegi), il pubblico ministero (Belgio) ritiene che l’autorità giudiziaria di esecuzione sia quindi privata della possibilità di invocare il motivo di non esecuzione facoltativa di cui all’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, in quanto, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 3, della decisione quadro 2008/909/GAI (5), l’autorità giudiziaria di esecuzione non può convertire una pena detentiva irrogata dall’autorità giudiziaria di emissione in una sanzione pecuniaria. Ciò posto, il pubblico ministero ritiene che l’autorità giudiziaria di esecuzione non possa quindi impegnarsi ad eseguire, conformemente al diritto belga, la pena alla quale il sig. Sut è stato condannato in Romania.

8.        La cour d’appel de Liège (Corte d’appello di Liegi), che chiede lumi sull’interpretazione del diritto dell’Unione sostenuta dal pubblico ministero nella sua requisitoria, ha pertanto deciso di sospendere il procedimento di cui è investita e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 debba essere interpretato nel senso che non può essere applicato a fatti per i quali è stata inflitta una pena privativa della libertà personale dal giudice di uno Stato emittente, qualora questi stessi fatti siano punibili sul territorio dello Stato di esecuzione con una mera sanzione pecuniaria, il che comporta, conformemente al diritto interno dello Stato di esecuzione, l’impossibilità di eseguire la pena privativa della libertà personale nello Stato membro di esecuzione a discapito del reinserimento sociale della persona condannata e dei suoi legami familiari, sociali o economici e di altro tipo».

9.        Nelle osservazioni depositate dinanzi alla Corte, il governo belga caldeggia il punto di vista sostenuto dal pubblico ministero, poiché esso ritiene che l’autorità giudiziaria di esecuzione si trovi effettivamente privata della possibilità di invocare il motivo di non esecuzione facoltativa di cui all’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, in quanto, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 3, della decisione quadro 2008/909, essa non può convertire la pena detentiva inflitta dalla Judecătoria Carei (Tribunale di primo grado di Carei, Romania) in una sanzione pecuniaria.

10.      In realtà, il ragionamento del governo belga, per come lo intendo, si risolve nel considerare che l’applicazione del principio del riconoscimento reciproco richiede che il reato per il quale essa è invocata sia punito con pene, se non identiche, quanto meno simili nel diritto dello Stato membro di emissione e in quello dello Stato membro di esecuzione. Il giudice belga si troverebbe quindi di fronte a due difficoltà, relative, la prima, alla differenza tra le legislazioni nazionali per quanto riguarda le sanzioni applicabili ai reati in materia di circolazione stradale e, la seconda, all’impossibilità di convertire la pena privativa della libertà «rumena» in una sanzione pecuniaria «belga».

11.      La presente domanda consentirà pertanto alla Corte di precisare il significato del principio del riconoscimento reciproco quale concretizzato dalla decisione quadro 2002/584. Essa le offrirà inoltre l’opportunità, nel solco delle sentenze del 17 luglio 2008, Kozłowski (6), del 6 ottobre 2009, Wolzenburg (7), dell’11 gennaio 2017, Grundza (8), e del 29 giugno 2017, Popławski (9), di fornire ulteriori precisazioni sulle condizioni alle quali il giudice chiamato a decidere sull’esecuzione di un mandato d’arresto europeo può invocare il motivo di non esecuzione facoltativa di cui all’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 e sul modo in cui occorre articolare il meccanismo del mandato d’arresto europeo istituito da tale decisione quadro con le norme e i principi stabiliti dalla decisione quadro 2008/909.

12.      Nelle presenti conclusioni, spiegherò le ragioni per le quali non condivido l’opinione espressa dal governo belga nella presente causa.

13.      Proporrò quindi alla Corte di dichiarare che, in una situazione come quella di cui trattasi, in cui il reato per il quale è stato emesso il mandato d’arresto europeo è stato punito nello Stato membro di emissione con una pena privativa della libertà, l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 deve essere interpretato nel senso che esso osta a che l’autorità giudiziaria di esecuzione verifichi e richieda, ai fini dell’applicazione del motivo di non esecuzione facoltativa previsto da tale disposizione, che i fatti sui quali verte la condanna siano puniti con una pena privativa della libertà anche nello Stato membro di esecuzione.

II.    Contesto normativo dell’Unione

A.      Decisione quadro 2002/584

14.      La decisione quadro 2002/584 ha lo scopo di abolire, tra gli Stati membri, la procedura formale di estradizione prevista dalle diverse convenzioni di cui tali Stati membri sono parti e di sostituirla con un sistema di consegna tra autorità giudiziarie (10). Essa si basa sul principio di riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie in materia penale, che costituisce il «fondamento» della cooperazione giudiziaria (11), nonché su un «elevato livello di fiducia» tra gli Stati membri (12).

15.      L’articolo 1 della decisione quadro 2002/584 è intitolato «Definizione del mandato d’arresto europeo ed obbligo di darne esecuzione». Esso dispone quanto segue:

«1.      Il mandato d’arresto europeo è una decisione giudiziaria emessa da uno Stato membro in vista dell’arresto e della consegna da parte di un altro Stato membro di una persona ricercata ai fini dell’esercizio di un’azione penale o dell’esecuzione di una pena o una misura di sicurezza privative della libertà.

2.      Gli Stati membri danno esecuzione ad ogni mandato d’arresto europeo in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alle disposizioni della presente decisione quadro.

(…)».

16.      Qualora un mandato d’arresto europeo sia emesso ai fini dell’esecuzione di una pena o misura privative della libertà, deve trattarsi, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584, di una condanna di durata non inferiore a quattro mesi.

17.      Lo stesso articolo 2 prevede, al paragrafo 2, un elenco di 32 reati per i quali, se nello Stato membro emittente il massimo della pena privativa della libertà per essi è pari o superiore a tre anni, il mandato d’arresto europeo deve essere eseguito anche qualora i fatti in questione non siano punibili nello Stato membro di esecuzione.

18.      Per gli altri reati, la consegna della persona oggetto di un mandato d’arresto europeo può essere subordinata dallo Stato membro di esecuzione alla condizione della doppia incriminazione. Infatti, l’articolo 2, paragrafo 4, di detta decisione quadro così dispone:

«Per quanto riguarda i reati non contemplati dal paragrafo 2, la consegna può essere subordinata alla condizione che i fatti per i quali è stato emesso il mandato d’arresto europeo costituiscano un reato ai sensi della legge dello Stato membro di esecuzione indipendentemente dagli elementi costitutivi o dalla qualifica dello stesso».

19.      Gli articoli 3 e 4 della decisione quadro 2002/584 sono dedicati, rispettivamente, ai motivi di non esecuzione obbligatoria e ai motivi di non esecuzione facoltativa del mandato d’arresto europeo.

20.      L’articolo 4, punto 6, di tale decisione quadro così recita:

«L’autorità giudiziaria dell’esecuzione può rifiutare di eseguire il mandato d’arresto europeo:

(…)

6)      se il mandato d’arresto europeo è stato rilasciato ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà, qualora la persona ricercata dimori nello Stato membro di esecuzione, ne sia cittadino o vi risieda, se tale Stato si impegni a eseguire esso stesso tale pena o misura di sicurezza conformemente al suo diritto interno».

B.      Decisione quadro 2008/909

21.      La decisione quadro 2008/909, adottata successivamente alla decisione quadro 2002/584, mira ad attuare il principio del riconoscimento reciproco delle sentenze e delle decisioni giudiziarie in materia penale, sancito dall’articolo 82, paragrafo 1, TFUE, che ha sostituito l’articolo 31 TUE sulla base del quale detta decisione quadro è stata adottata (13). Essa ha lo scopo, ai sensi del suo articolo 3, di garantire il riconoscimento e l’esecuzione delle sentenze che irrogano una pena privativa della libertà in uno Stato membro diverso dallo Stato membro di emissione, al fine di favorire il reinserimento sociale della persona condannata (14).

22.      L’articolo 7 della decisione quadro 2008/909, intitolato «Doppia incriminabilità», prevede, al paragrafo 1, un elenco di 32 reati per i quali, se punibili nello Stato membro di emissione con una pena privativa della libertà della durata massima non inferiore a tre anni, lo Stato membro di esecuzione riconosce la sentenza ed esegue la pena senza verifica della doppia incriminabilità del fatto.

23.      Per gli altri reati, l’articolo 7, paragrafo 3, di tale decisione quadro così dispone:

«Per quanto riguarda i reati diversi da quelli elencati nel paragrafo 1, lo Stato di esecuzione può subordinare il riconoscimento della sentenza e l’esecuzione della pena alla condizione che essa si riferisca a fatti che costituiscono reato anche ai sensi della legge dello Stato di esecuzione, indipendentemente dai suoi elementi costitutivi o dalla denominazione del reato stesso».

24.      L’articolo 8 della decisione quadro 2008/909, intitolato «Riconoscimento della sentenza ed esecuzione della pena», è così formulato:

«1.      «L’autorità competente dello Stato di esecuzione riconosce una sentenza trasmessa (…) e adotta immediatamente tutti i provvedimenti necessari all’esecuzione della pena, a meno che non decida di invocare uno dei motivi di rifiuto di riconoscimento e di esecuzione previsti dall’articolo 9.

(…)

3.      Se la natura della pena è incompatibile con la legislazione dello Stato di esecuzione, l’autorità competente dello Stato di esecuzione può adattarla alla pena o alla misura prevista dalla propria legislazione per reati simili. Tale pena o misura corrisponde, il più possibile, alla pena irrogata nello Stato di emissione e pertanto la pena non è convertita in una sanzione pecuniaria».

25.      Infine, l’articolo 25 della decisione quadro 2008/909 dispone quanto segue:

«Fatta salva la [decisione quadro 2002/584], le disposizioni della presente decisione quadro si applicano, mutatis mutandis, nella misura in cui sono compatibili con le disposizioni di tale decisione quadro, all’esecuzione delle pene nel caso in cui uno Stato membro s’impegni ad eseguire la pena nei casi rientranti nell’articolo 4, paragrafo 6, della detta [decisione quadro]».

III. Osservazioni preliminari

26.      Prima di esaminare la questione pregiudiziale sollevata dalla cour d’appel de Liège (Corte d’appello di Liegi), è necessario formulare un’osservazione preliminare riguardo alla modifica che il legislatore belga ha recentemente introdotto quanto alle disposizioni che sanzionano le infrazioni al codice della strada.

27.      Infatti, la legge relativa al miglioramento della sicurezza stradale (15), del 6 marzo 2018, ha profondamente modificato le disposizioni della legge sulla circolazione stradale inasprendo le sanzioni applicabili a dette infrazioni. Ai sensi dell’articolo 7 della legge relativa al miglioramento della sicurezza stradale, l’articolo 30, paragrafo 1, della legge sulla circolazione stradale dispone adesso che è punito con una pena detentiva da otto giorni a due anni e con una sanzione pecuniaria da EUR 200 a EUR 2 000, o con una sola di tali pene, chiunque guidi un veicolo a motore senza essere titolare della prescritta patente.

28.      Di conseguenza, sembra che, attualmente, il reato per il quale è stato emesso il mandato d’arresto europeo sia punito, nello Stato membro di emissione così come nello Stato membro di esecuzione, con una pena della medesima natura, vale a dire una pena privativa della libertà, il che significa che l’ostacolo giuridico che le autorità belghe oppongono all’esecuzione, in Belgio, della pena alla quale il sig. Sut è stato condannato in Romania sembra oggi del tutto rimosso.

29.      Ciò detto, poiché la cour d’appel de Liège (Corte d’appello di Liegi) non ha ritirato la propria domanda di pronuncia pregiudiziale a seguito della modifica legislativa in questione, propongo alla Corte di rispondere nondimeno a tale domanda.

IV.    Analisi

30.      Con la sua questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede alla Corte, in sostanza, se, in una situazione come quella di cui trattasi, nella quale l’esecuzione della pena privativa della libertà nello Stato membro di esecuzione consentirebbe di accrescere le opportunità di reinserimento sociale della persona ricercata, l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 debba essere interpretato nel senso che l’autorità giudiziaria di esecuzione non può invocare il motivo di non esecuzione facoltativa previsto da tale disposizione ed è pertanto tenuta ad eseguire il mandato d’arresto europeo qualora i fatti per i quali detta pena è stata irrogata nello Stato membro di emissione siano punibili con una mera sanzione pecuniaria nello Stato membro di esecuzione.

31.      Prima di accingersi ad analizzare tale questione, va richiamato un punto essenziale relativo all’articolazione tra le due decisioni quadro menzionate dalla cour d’appel de Liège (Corte d’appello di Liegi) nella sua decisione di rinvio, vale a dire, da una parte, la decisione quadro 2002/584, che istituisce il meccanismo del mandato d’arresto europeo, e, dall’altra, la decisione quadro 2008/909, che mira a favorire l’esecuzione delle pene privative della libertà nello Stato membro in cui tale esecuzione è idonea ad accrescere le opportunità di reinserimento sociale della persona condannata.

32.      È pur vero che, ai sensi dell’articolo 25 della decisione quadro 2008/909, le disposizioni di quest’ultima si applicano, mutatis mutandis, all’esecuzione delle pene nel caso in cui uno Stato membro s’impegni ad eseguire la pena nei casi rientranti nell’articolo 4, paragrafo 6, della decisione quadro 2002/584, nella misura in cui esse sono compatibili con le disposizioni di quest’ultima.

33.      L’articolazione prevista dal legislatore dell’Unione tra la decisione quadro 2002/584 e la decisione quadro 2008/909 deve contribuire a garantire l’attuazione di un principio fondamentale del diritto in materia di pena, vale a dire il reinserimento sociale della persona condannata attraverso l’individualizzazione della pena, il che costituisce in questo caso un aspetto fondamentale comune ad entrambe le decisioni quadro.

34.      Tuttavia, il governo belga incorre in un errore nell’ambito della sua interpretazione, invocando le disposizioni di cui all’articolo 8, paragrafo 3, della decisione quadro 2008/909 al fine di limitare l’applicazione dell’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584.

35.      Infatti, il governo belga non tiene conto del fatto che, tra i due strumenti, la decisione quadro 2002/584 si applica in modo prevalente rispetto alla decisione quadro 2008/909, secondo gli stessi termini di quest’ultima, che prevede ciò espressamente all’articolo 25.

36.      Il legislatore dell’Unione ha infatti chiaramente manifestato la propria volontà di non sminuire lo spirito e la forza del meccanismo del mandato d’arresto europeo istituito dalla decisione quadro 2002/584 precisando, all’articolo 25 della decisione quadro 2008/909, che, «[f]atta salva la [decisione quadro 2002/584], le disposizioni della [decisione quadro 2008/909] si applicano, mutatis mutandis, nella misura in cui sono compatibili con le disposizioni [della decisione quadro 2002/584]» (16).

37.      Inoltre, il governo belga omette di tenere conto degli ambiti di applicazione molto diversi di questi due strumenti.

38.      La decisione quadro 2002/584 è finalizzata al trasferimento forzato da uno Stato membro all’altro di una persona sottoposta a procedimento penale o condannata in fuga o della quale si ignora l’ubicazione, e che si teme cerchi di sottrarsi alle conseguenze dei propri atti. La decisione quadro 2002/584 mira quindi ad evitare che tale persona rimanga impunita a causa di un allontanamento geografico.

39.      Per contro, la decisione quadro 2008/909 non è fondata sull’idea che il delinquente, o presunto tale, sia in fuga e occorra quindi organizzarne il trasferimento forzato. Essa mira ad istituire un sistema armonizzato di esecuzione delle decisioni giudiziarie all’interno dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, al fine di garantire una modalità di esecuzione ordinaria delle decisioni di condanna, quale si realizza in ciascuno Stato membro, favorendo così il reinserimento sociale della persona condannata. La decisione quadro 2008/909 costituisce, in realtà, l’estensione all’interno di tale spazio unico delle pratiche quotidiane dei giudici nazionali. In ciascuno Stato membro, il giudice incaricato dell’esecuzione della pena tiene conto della personalità del condannato, della sua situazione familiare e professionale e del suo luogo di residenza al fine di determinare il luogo della sua detenzione e di evitare che il semplice fatto di essere detenuto aggravi la sua desocializzazione. In tal modo, la persona condannata dalle autorità giudiziarie della città di Brest (Francia), ma residente nella città di Strasburgo (Francia), sconterà la propria pena in un istituto penitenziario vicino a quest’ultima. Adottando la decisione quadro 2008/909, il legislatore dell’Unione fa in modo che lo stesso possa avvenire se tale persona fosse residente nella città di Francoforte sul Meno (Germania).

40.      La decisione quadro 2008/909 mira infatti a favorire il reinserimento sociale della persona condannata ad una pena privativa della libertà in uno Stato membro consentendole di scontare la propria pena o la parte rimanente di quest’ultima nel proprio ambiente sociale di origine, vale a dire nel territorio di un altro Stato membro. Si tratta quindi, per lo Stato membro di esecuzione, di eseguire una decisione giudiziaria emessa dall’autorità giudiziaria dello Stato membro di emissione nello stesso modo in cui esso esegue ordinariamente le proprie decisioni di condanna, vale a dire, garantendo che tutte le misure relative all’esecuzione e all’adattamento di tale pena siano individualizzate (17).

41.      Ciò premesso, occorre adesso esaminare se, alla luce dei principi fondamentali su cui si basa la cooperazione giudiziaria in materia penale istituita dai trattati, ma anche delle disposizioni pertinenti della decisione quadro 2002/584, l’autorità giudiziaria belga competente possa o meno eseguire la pena privativa della libertà irrogata dalla Judecătoria Carei (Tribunale di primo grado di Carei) nei confronti del sig. Sut.

42.      Per i motivi che mi accingo ad illustrare, ritengo che l’opinione sostenuta dal governo belga sia in contrasto con la decisione quadro 2002/584, in quanto essa non rispetta la definizione della nozione di «riconoscimento reciproco» e si risolve nel reintrodurre un sistema paragonabile a quello dell’estradizione, che il legislatore dell’Unione ha invece giustamente ed espressamente inteso abolire tra gli Stati membri.

A.      Il riconoscimento reciproco

43.      La cooperazione giudiziaria all’interno dello spazio penale europeo si basa, come risulta chiaramente dall’articolo 82, paragrafo 1, TFUE, sul principio del riconoscimento reciproco. Detto principio costituisce il «fondamento» di tale cooperazione (18) e riveste, secondo la Corte, un’«importanza fondamentale» nel diritto dell’Unione, dato che consente la creazione e il mantenimento di uno spazio senza frontiere interne, insieme al principio della fiducia reciproca sul quale esso si fonda (19).

44.      In virtù del principio del riconoscimento reciproco, se una decisione è adottata da un’autorità giudiziaria in conformità del diritto dello Stato membro da cui dipende, essa ha efficacia piena e diretta nell’intera Unione, di modo che le autorità competenti di tutti gli altri Stati membri devono contribuire alla sua esecuzione come se fosse stata emanata da un’autorità giudiziaria del loro stesso Stato (20).

45.      Ne consegue che, quando l’autorità giudiziaria di uno Stato membro si impegna ad assicurare l’esecuzione di una pena irrogata dal giudice di un altro Stato membro, essa deve, conformemente al principio del riconoscimento reciproco, garantire l’esecuzione di tale pena quale è stata irrogata da detto giudice e come se si trattasse di una propria decisione.

46.      Invero, dalla sentenza dell’11 febbraio 2003, Gözütok e Brügge (21), relativa al principio del ne bis in idem, risulta che il principio del riconoscimento reciproco implica necessariamente, a prescindere dalle modalità con le quali è irrogata la sanzione, che esista una fiducia reciproca degli Stati membri nei confronti dei loro rispettivi sistemi di giustizia penale e che ciascuno di essi accetti l’applicazione del diritto penale vigente negli altri Stati membri, anche quando il ricorso al proprio diritto nazionale condurrebbe a soluzioni diverse (22).

47.      L’ambito di applicazione di una decisione giudiziaria non è più, dunque, limitato al territorio dello Stato membro di emissione, bensì si estende ormai all’intera Unione.

48.      Ciò premesso, il principio del riconoscimento reciproco deve di per sé permettere di garantire che la sentenza emessa l’8 giugno 2011 dalla Judecătoria Carei (Tribunale di primo grado di Carei) sia riconosciuta e che la pena privativa della libertà di un anno e due mesi alla quale il sig. Sut è stato condannato sia eseguita dal tribunal de première instance de Liège (Tribunale di primo grado di Liegi, Belgio) come se tale sentenza fosse stata emessa e la pena fosse stata irrogata dal tribunal de première instance d’Arlon (Tribunale di primo grado di Arlon, Belgio)

49.      Ciò posto, occorre adesso chiedersi in che misura le autorità giudiziarie belghe possano, nell’ambito del meccanismo del mandato d’arresto europeo istituito dalla decisione quadro 2002/584 e, in particolare, nell’ambito dell’applicazione del motivo di non esecuzione facoltativa di cui all’articolo 4, punto 6, di quest’ultima, rinunciare a detto principio a causa dell’assenza di identità degli elementi costitutivi del reato e, in particolare, della pena, tra la legislazione dello Stato membro di emissione e quella dello Stato membro di esecuzione.

B.      Testo, impianto sistematico e obiettivi della decisione quadro 2002/584

50.      La decisione quadro 2002/584 si basa sul principio del riconoscimento reciproco nonché su un «elevato livello di fiducia» tra gli Stati membri (23). Come indica il suo considerando 6, essa costituisce la prima concretizzazione, nel settore del diritto penale, del principio di riconoscimento reciproco che il Consiglio europeo tenutosi a Tampere il 15 e 16 ottobre 1999 ha definito come «fondamento» della cooperazione giudiziaria.

51.      La decisione quadro 2002/584 ha lo scopo esplicito, come risulta in particolare dal considerando 5 e dall’articolo 31, di sopprimere, tra gli Stati membri, la procedura dell’estradizione e di sostituirla con un sistema di consegna, nell’ambito del quale l’autorità giudiziaria di esecuzione può opporsi a tale consegna soltanto con una decisione specificamente motivata da uno dei motivi di non esecuzione obbligatoria o facoltativa elencati tassativamente agli articoli 3 e 4 di detta decisione quadro.

52.      Ai sensi dell’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, l’autorità giudiziaria dello Stato membro di esecuzione può quindi rifiutare di eseguire un mandato d’arresto europeo emesso per l’esecuzione di una pena privativa della libertà qualora la persona ricercata dimori nello Stato membro di esecuzione, ne sia cittadino o vi risieda, se tale Stato si impegna a eseguire esso stesso tale pena conformemente al suo diritto interno.

53.      Rammento che tale disposizione deve permettere all’autorità giudiziaria di esecuzione di valutare, nell’ambito del margine di discrezionalità che le è attribuito, in che misura l’esecuzione della pena nello Stato membro di esecuzione consentirebbe di accrescere le opportunità di reinserimento sociale del ricercato una volta scontata la pena cui è stato condannato (24). Detta disposizione illustra quindi perfettamente il modo in cui il giudice deve articolare il principio del riconoscimento reciproco, il quale implica, in linea di principio, la consegna della persona ricercata, e il principio dell’individualizzazione della pena, il quale comporta, invece, che, in talune circostanze, detto giudice applichi un’eccezione al principio della consegna di tale persona al fine di garantirne il reinserimento sociale (25). Occorre chiarire che qui si tratta in effetti di un’eccezione al principio della consegna della persona condannata e non di un’eccezione al principio del riconoscimento reciproco. Infatti, applicando il motivo di non esecuzione facoltativa di cui all’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, l’autorità giudiziaria di esecuzione riconosce perfettamente la decisione pronunciata dall’autorità giudiziaria di emissione, poiché essa propone di assicurarne l’applicazione al posto di quest’ultima.

54.      Ispirato dalla preoccupazione di assicurare la funzione di reinserimento della pena, questo approccio dimostra l’effettività dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia all’interno del quale, anche nell’ambito dell’esecuzione di un mandato d’arresto europeo e una volta evitata l’impunità grazie all’arresto della persona condannata, sono attuati i principi fondamentali del diritto in materia di pena.

55.      Al pari di qualsiasi eccezione al principio della consegna, il motivo di non esecuzione facoltativa di cui all’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 deve essere interpretato restrittivamente (26), il che implica che l’autorità giudiziaria di esecuzione, prima di rifiutare la consegna dell’interessato, sia tenuta a verificare, al fine di eliminare qualsiasi rischio di impunità, di essere in grado di eseguire realmente la pena conformemente al suo diritto interno (27).

56.      Nel procedimento principale, il giudice chiamato a decidere sull’esecuzione del mandato d’arresto europeo si chiede se esso possa assicurare realmente l’esecuzione della pena conformemente al suo diritto interno, in quanto il reato per il quale è stato emesso tale mandato è stato punito, nello Stato membro di emissione, con una pena detentiva, mentre, ai sensi del suo diritto nazionale, detto reato sarebbe punito con una mera sanzione pecuniaria. Tale giudice si domanda se, in questo caso, la mancanza d’identità tra la natura della pena irrogata ai sensi del diritto dello Stato membro di emissione e la natura della pena prevista dal diritto dello Stato membro di esecuzione non costituisca un ostacolo all’applicazione del motivo di non esecuzione facoltativa di cui all’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584.

57.      L’esame del testo di tale disposizione nonché l’analisi dell’impianto sistematico e dell’obiettivo di detta decisione quadro dimostrano che, in una situazione come quella di cui trattasi, in cui il reato per il quale è stato emesso il mandato d’arresto europeo è stato punito, nello Stato membro di emissione, con una pena privativa della libertà, il legislatore dell’Unione non ha inteso sottoporre l’applicazione del motivo di non esecuzione facoltativa di cui all’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 alla condizione che i fatti su cui verte la condanna siano puniti, anche nello Stato membro di esecuzione, con una pena, se non identica, quanto meno simile.

58.      In primo luogo, rammento che, dal testo dell’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, risulta che quest’ultimo prevede un motivo di non esecuzione di un mandato d’arresto europeo emesso ai fini dell’esecuzione di una pena privativa della libertà qualora la persona ricercata dimori nello Stato membro di esecuzione, ne sia cittadino o vi risieda, se tale Stato si impegna a eseguire esso stesso «tale pena» conformemente al suo diritto interno.

59.      Come indica l’uso dell’aggettivo dimostrativo «tale», lo Stato membro di esecuzione è quindi effettivamente tenuto ad eseguire la pena privativa della libertà che è stata irrogata dallo Stato membro di emissione. Diversamente, la menzione della durata della pena privativa della libertà inflitta o la menzione della pena residua da scontare, che deve figurare al punto c) di detto mandato, sarebbe privata di una parte del suo effetto utile (28).

60.      Quanto alla menzione secondo la quale lo Stato membro di esecuzione deve impegnarsi ad eseguire tale pena «conformemente al suo diritto interno», essa si limita a tradurre il principio secondo cui le misure volte all’esecuzione della pena sono disciplinate dal diritto dello Stato membro di esecuzione (29). Si tratta delle misure che devono permettere di garantire l’esecuzione materiale della pena e di assicurare il reinserimento sociale della persona condannata (30). Tale principio si basa sul principio della territorialità della legge penale, che è un principio comune a tutti gli Stati membri, nonché sul principio dell’individualizzazione della pena, che costituisce una delle funzioni della pena.

61.      Detta menzione mira dunque a risolvere i conflitti di leggi e di competenze che possano risultare dall’esecuzione della pena privativa della libertà in uno Stato membro diverso dallo Stato di condanna e non può quindi essere interpretata nel senso che autorizza l’autorità giudiziaria di esecuzione ad adattare o a convertire la pena privativa della libertà irrogata dallo Stato membro di emissione in maniera tale che essa corrisponda alla pena che sarebbe stata irrogata per il medesimo reato ai sensi del diritto dello Stato membro di esecuzione.

62.      In secondo luogo, come ho già osservato, l’opinione sostenuta dal governo belga si risolve nel reintrodurre una procedura ispirata a quella dell’estradizione.

63.      Orbene, la decisione quadro 2002/584 segna chiaramente l’abbandono della procedura di estradizione tra gli Stati membri, la quale consentiva a questi ultimi, a causa della mancanza di fiducia che essi potevano avere nei confronti di un sistema penale straniero, di esigere, ai fini dell’estradizione, non soltanto che i fatti per i quali quest’ultima era richiesta costituissero reato ai sensi del diritto dello Stato membro richiesto, ma anche che gli elementi costitutivi del reato fossero identici.

64.      In virtù del principio del riconoscimento reciproco, sul quale si basa la decisione quadro 2002/584, se una decisione è adottata da un’autorità giudiziaria in conformità al diritto dello Stato da cui dipende, essa ha efficacia piena e diretta nell’intera Unione, di modo che le autorità competenti di tutti gli altri Stati membri devono contribuire alla sua esecuzione come se fosse stata emanata da un’autorità giudiziaria del loro stesso Stato. Come risulta ancora una volta dalla sentenza dell’11 febbraio 2003, Gözütok e Brügge (31), il principio del riconoscimento reciproco implica necessariamente che esista una fiducia reciproca degli Stati membri nei confronti dei loro rispettivi sistemi di giustizia penale e che ciascuno di essi accetti l’applicazione del diritto penale vigente negli altri Stati membri.

65.      Nell’ambito del meccanismo del mandato d’arresto europeo, tale fiducia è stata espressa nella rinuncia, da parte degli Stati membri, a procedere ad un controllo della doppia incriminazione del fatto per quanto riguarda i 32 reati di cui all’articolo 2, paragrafo 2 della decisione quadro 2002/584 (32).

66.      Tale controllo è, inoltre, estremamente limitato per quanto concerne i «reati non contemplati dal paragrafo 2», menzionati dall’articolo 2, paragrafo 4, di tale decisione quadro, tra i quali rientra il reato di cui trattasi nel caso di specie. In tale ipotesi, l’autorità giudiziaria di esecuzione può soltanto verificare che «i fatti per i quali è stato emesso il mandato d’arresto europeo costituiscano un reato ai sensi della legge dello Stato membro di esecuzione indipendentemente dagli elementi costitutivi o dalla qualifica dello stesso».

67.      Orbene, la pena rientra fra gli elementi costitutivi del reato.

68.      Il reato consiste in un atto che la legge definisce e vieta a pena di sanzioni penali. Il reato è costituito pertanto da due elementi. Da una parte, l’incriminazione e, dall’altra, la sanzione. L’incriminazione è la descrizione del comportamento vietato. La sanzione è, dal canto suo, la pena collegata alla commissione dell’atto vietato. È per questa ragione che, ai fini dell’emanazione di norme di diritto penale, e nel rispetto del principio fondamentale della legalità dei reati e delle pene, la legge che punisce deve descrivere con precisione la natura dell’atto vietato, ivi compresa la sua dimensione intellettuale, vale a dire intenzionale, nonché la natura e la gravità della sanzione collegata alla violazione della legge.

69.      La Corte ha interpretato la portata del controllo della doppia incriminazione previsto per detti «reati non contemplati dal paragrafo 2» nel contesto della decisione quadro 2008/909 nella sentenza dell’11 gennaio 2017, Grundza (33), e tale analisi mi sembra perfettamente applicabile nell’ambito del meccanismo del mandato d’arresto europeo.

70.      Infatti, la decisione quadro 2008/909, che è stata adottata successivamente alla decisione quadro 2002/584, recepisce all’articolo 7, paragrafo 3, in termini assolutamente identici, il testo dell’articolo 2, paragrafo 4, della decisione quadro 2002/584, il che dimostra la ferrea volontà del legislatore dell’Unione di limitare, nella misura del possibile e conformemente al principio del riconoscimento reciproco, qualsiasi approccio comparativo che possa adottare l’autorità giudiziaria di esecuzione, vuoi nell’ambito del meccanismo del mandato d’arresto europeo vuoi in quello istituito dalla decisione quadro 2008/909.

71.      Ai punti da 33 a 38 della sentenza dell’11 gennaio 2017, Grundza (34), la Corte ha così dichiarato che la valutazione della doppia incriminazione da parte dell’autorità giudiziaria di esecuzione deve limitarsi a verificare che gli elementi di fatto alla base del reato, quali risultano dalla sentenza pronunciata dall’autorità giudiziaria di emissione, sarebbero di per sé, nell’ipotesi in cui si fossero verificati nel territorio dello Stato membro di esecuzione, penalmente perseguibili anche ai sensi del diritto nazionale di quest’ultimo. Secondo la Corte, si tratta di una «condizione necessaria e sufficiente» per la valutazione della doppia incriminazione, non essendo quindi necessaria una corrispondenza esatta né tra gli elementi costitutivi del reato – di cui fa parte la pena – né nella denominazione o nella classificazione dello stesso secondo le rispettive leggi nazionali.

72.      Ciò posto, la condizione della doppia incriminazione di cui all’articolo 2, paragrafo 4, della decisione quadro 2002/584 non può essere interpretata nel senso che essa consente all’autorità giudiziaria di esecuzione di verificare e di esigere, ai fini dell’applicazione del motivo di non esecuzione facoltativa di cui all’articolo 4, punto 6, di tale decisione quadro, che i fatti sui quali verte la condanna nello Stato membro di emissione siano puniti con una pena, se non identica, quanto meno simile nello Stato membro di esecuzione. L’approccio comparativo che adotta l’autorità giudiziaria di esecuzione è quindi soggetto a limiti e non può estendersi alla natura della pena irrogata nello Stato membro di emissione e nello Stato membro di esecuzione.

73.      In una situazione come quella di cui trattasi, esigere una siffatta identità violerebbe pertanto manifestamente i termini dell’articolo 2, paragrafo 4, della decisione quadro 2002/584, quali interpretati dalla Corte.

74.      Inoltre, consentire ad uno Stato membro di esigere che i fatti sui quali verte la condanna nello Stato membro di emissione siano puniti con una pena, se non identica, quanto meno simile nel proprio ordinamento ridurrebbe manifestamente l’efficacia del principio del riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie emesse nell’ambito del meccanismo del mandato d’arresto europeo, poiché un siffatto approccio porterebbe a ristabilire una procedura ispirata a quella dell’estradizione. Orbene, tale approccio contrasterebbe manifestamente con la volontà, chiaramente affermata dal legislatore dell’Unione, di sostituire la procedura di estradizione che esisteva tra gli Stati membri con una procedura di consegna basata sulla fiducia reciproca tra questi ultimi.

75.      Inoltre, un’interpretazione come quella sostenuta dal governo belga porterebbe a privare di ogni effetto utile il motivo di non esecuzione facoltativa di cui all’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 qualora il mandato d’arresto europeo riguardi un reato punito, nello Stato di esecuzione, con una mera sanzione pecuniaria. Tale situazione può verificarsi frequentemente, in particolare qualora il reato su cui si basa il mandato d’arresto europeo non rientri nell’elenco dei 32 reati gravi di cui all’articolo 2, paragrafo 2, di tale decisione quadro e per i quali le legislazioni nazionali differiscono a causa della mancanza di armonizzazione a livello dell’Unione. Orbene, riducendo in modo significativo il campo di applicazione di tale motivo, detto approccio ha necessariamente un impatto negativo sull’obiettivo di reinserimento sociale perseguito dal legislatore nell’ambito dell’articolo 4, punto 6, di detta decisione quadro.

76.      Infine, consentire ad uno Stato membro di subordinare l’applicazione del motivo di non esecuzione facoltativa di cui all’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 alla condizione che il reato sia punito negli Stati membri di emissione e di esecuzione con una pena, se non identica, quanto meno simile porterebbe a rimettere in discussione l’armonizzazione dei motivi di non esecuzione di un mandato d’arresto europeo, che riflette il consenso raggiunto da tutti gli Stati membri in merito alla portata da attribuire all’obiettivo del reinserimento sociale della persona condannata. Orbene, un siffatto approccio è stato formalmente vietato dalla Corte nella sentenza del 26 febbraio 2013, Melloni (35), con riguardo al motivo di non riconoscimento delle decisioni pronunciate al termine di un processo al quale l’interessato non è comparso personalmente, previsto dall’articolo 4 bis della decisione quadro 2002/584.

77.      In realtà, ci troviamo in questo caso in una situazione che impone di riconoscere alla decisione straniera la medesima efficacia che ha una decisione nazionale, quand’anche il diritto nazionale avrebbe condotto ad una soluzione diversa, e ciò conformemente alla forza del principio del riconoscimento reciproco e alla formulazione che la Corte ne ha sancito attraverso quella che essa ha adottato riguardo al principio del ne bis in idem nella sentenza dell’11 febbraio 2003, Gözütok e Brügge (36).

78.      Alla luce di tutti questi elementi, ritengo, di conseguenza, che, in una situazione come quella di cui trattasi, in cui il reato per il quale è stato emesso il mandato d’arresto europeo è stato punito nello Stato membro di emissione con una pena privativa della libertà, l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 debba essere interpretato nel senso che esso osta a che l’autorità giudiziaria di esecuzione verifichi e richieda, ai fini dell’applicazione del motivo di non esecuzione facoltativa previsto da tale disposizione, che i fatti sui quali verte la condanna siano puniti con una pena privativa della libertà anche nello Stato membro di esecuzione.

79.      In tali circostanze e nei limiti in cui l’esecuzione della pena irrogata dall’autorità giudiziaria rumena riguarda fatti che costituiscono reato ai sensi del diritto belga, nulla osta a che l’autorità giudiziaria belga si impegni ad assicurare l’esecuzione di tale pena invocando il motivo di non esecuzione facoltativa di cui all’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, se essa ritiene che, tenuto conto dei legami che il sig. Sut presenta con il Belgio, l’esecuzione della pena nel territorio di tale Stato possa accrescere le sue opportunità di reinserimento sociale.

C.      Sulla portata e sui limiti dell’applicazione delle disposizioni previste dalla decisione quadro 2008/909

80.      Le disposizioni previste dalla decisione quadro 2008/909 non possono, a mio avviso, modificare tale interpretazione del testo dell’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584.

81.      In primo luogo, rammento che il legislatore dell’Unione ha chiaramente manifestato la propria volontà di non minare lo spirito e non sminuire la forza del meccanismo del mandato d’arresto europeo adottando la decisione quadro 2008/909.

82.      Da una parte, sebbene, ai sensi del suo articolo 25, le disposizioni della decisione quadro 2008/909 si applichino, mutatis mutandis, all’esecuzione delle pene nel caso in cui uno Stato membro s’impegni ad eseguire la pena nei casi rientranti nell’articolo 4, paragrafo 6, della decisione quadro 2002/584, il legislatore dell’Unione ha espressamente previsto che dette disposizioni siano applicabili soltanto «nella misura in cui sono compatibili con le disposizioni [di quest’ultima]».

83.      Di conseguenza, nessuna disposizione della decisione quadro 2008/909 può pregiudicare la portata o le modalità di applicazione del motivo di non esecuzione facoltativa di cui all’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 e nessuna disposizione di detto strumento può essere interpretata in un senso contrario alla decisione quadro 2002/584.

84.      Dall’altra parte, il legislatore dell’Unione ha incluso nella decisione quadro 2008/909 disposizioni simili a quelle contenute nella decisione quadro 2002/584, concretando in tal modo la sua preoccupazione di garantire che il meccanismo del mandato d’arresto europeo non sia né contraddetto né indebolito.

85.      In secondo luogo, e nell’ipotesi in cui la Corte dovesse considerare che l’articolo 8, paragrafo 3, della decisione quadro 2008/909 è una disposizione pertinente nel caso di specie, occorre respingere l’interpretazione proposta dal governo belga quanto alla portata di quest’ultima.

86.      L’articolo 8 della decisione quadro 2008/909 pone, come indica il suo titolo, il principio del riconoscimento della sentenza e dell’esecuzione della pena irrogata dall’autorità giudiziaria di emissione, conformemente al principio del riconoscimento reciproco.

87.      L’articolo 8, paragrafo 1, della decisione quadro 2008/909 esclude quindi, in linea di principio, qualsiasi adattamento della pena irrogata dall’autorità giudiziaria di emissione (37). Nella sentenza dell’8 novembre 2016, Ognyanov (38), la Corte ha interpretato i termini di tale disposizione nel senso che essi enunciano un obbligo di principio, poiché l’autorità giudiziaria di esecuzione è tenuta a riconoscere la sentenza che le è stata trasmessa e ad eseguire la pena la cui durata e la cui natura corrispondono a quelle previste nella sentenza emessa dall’autorità giudiziaria di emissione (39). Il principio del riconoscimento reciproco osta quindi a che l’autorità giudiziaria di esecuzione proceda a un adattamento della pena irrogata dall’autorità giudiziaria di emissione, anche quando l’applicazione del diritto dello Stato membro di esecuzione avrebbe portato all’irrogazione di una pena di una durata o di una natura diversa.

88.      Come ha osservato la Commissione nella sua relazione sull’attuazione della decisione quadro 2008/909, «[p]oiché le decisioni quadro si basano sulla fiducia reciproca nei sistemi giuridici degli altri Stati membri, la decisione del giudice dello Stato di emissione dovrebbe essere rispettata e, di norma, non dovrebbe essere rivista né adattata» (40).

89.      Ciò posto, mi sembra quindi evidente che il ricorso all’articolo 8 della decisione quadro 2008/909 non sia pertinente nel caso di specie.

90.      Se ciò non bastasse, aggiungerei che il governo belga travisa inoltre la portata e il senso del limite che il legislatore dell’Unione ha stabilito al potere di adattamento dell’autorità giudiziaria di esecuzione all’articolo 8, paragrafo 3, della decisione quadro 2008/909.

91.      Rammento che il governo belga si basa sui termini di tale disposizione per sostenere che, tenuto conto delle disposizioni della legge sulla circolazione stradale che puniscono con una sanzione pecuniaria la guida senza patente, l’autorità giudiziaria di esecuzione si trova privata della possibilità di adattare la pena privativa della libertà irrogata dall’autorità giudiziaria di emissione, cosicché essa non può quindi impegnarsi ad eseguire realmente la pena alla quale il sig. Sut è stato condannato.

92.      All’articolo 8, paragrafo 3, della decisione quadro 2008/909, il legislatore vieta espressamente che l’autorità giudiziaria di esecuzione converta una pena detentiva irrogata dall’autorità giudiziaria di emissione in una sanzione pecuniaria, in modo tale da garantire che la pena conservi globalmente la coerenza che presentava al momento della pronuncia della sanzione e, in particolare, che essa rimanga proporzionata e costituisca una soluzione adeguata rispetto alla turbativa arrecata all’ordine pubblico dello Stato membro di emissione, assicurando in tal modo la fiducia reciproca che deve sussistere tra le autorità giudiziarie nazionali.

93.      Tuttavia, le disposizioni previste dall’articolo 8, paragrafo 3, della decisione quadro 2008/909 ai fini dell’adattamento della pena sono applicabili soltanto qualora la pena irrogata dall’autorità giudiziaria di emissione sia, a causa della sua natura, «incompatibile con la legislazione dello Stato di esecuzione». Come ha rilevato la Corte nella sentenza dell’8 novembre 2016, Ognyanov (41), i requisiti stabiliti dal legislatore dell’Unione ai fini dell’adattamento della pena sono quindi particolarmente «rigorosi» (42).

94.      Orbene, si deve constatare che il governo belga confronta nella fattispecie la natura della pena irrogata dalla Judecătoria Carei (Tribunale di primo grado di Carei) non già con riferimento al proprio ordinamento giuridico, considerato nel suo complesso, ma con riferimento all’articolo 30 della legge sulla circolazione stradale, vale a dire alla propria normativa che sanziona specificamente l’infrazione stradale di cui trattasi. Procedendo ad un siffatto confronto e valutando così l’ordine pubblico rumeno alla luce del proprio – il quale, come ho sottolineato, è cambiato avvicinandosi a quello della Romania –, il governo belga ragiona ancora una volta per assimilazione con il diritto dell’estradizione ed esce in tal modo dall’ambito della decisione quadro 2008/909 nonché da quello della decisione quadro 2002/584.

95.      Il diritto belga conosce la pena privativa della libertà – cosicché la natura della pena inflitta dalle autorità rumene al sig. Sut non può essere considerata incompatibile con il diritto belga – e le autorità giudiziarie belghe conoscono il principio di reinserimento sociale, il che ha generato appunto la questione sollevata dal giudice del rinvio.

96.      Ciò posto, e qualora l’autorità giudiziaria chiamata a decidere sull’esecuzione del mandato d’arresto europeo emesso nei confronti del sig. Sut dovesse considerare che quest’ultimo presenta legami sufficienti con il Belgio, cosicché l’esecuzione della pena nel territorio belga possa accrescere le sue opportunità di reinserimento sociale, non vedo ostacoli a che quest’ultima si impegni ad eseguire la pena alla quale l’interessato è stato condannato in Romania.

97.      Alla luce di tutte queste considerazioni, ritengo che, in una situazione come quella di cui trattasi, in cui il reato per il quale è stato emesso il mandato d’arresto europeo è stato punito nello Stato membro di emissione con una pena privativa della libertà, l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 debba essere interpretato nel senso che esso osta a che l’autorità giudiziaria di esecuzione verifichi e richieda, ai fini dell’applicazione del motivo di non esecuzione facoltativa previsto da tale disposizione, che i fatti sui quali verte la condanna siano puniti con una pena privativa della libertà anche nello Stato membro di esecuzione.

V.      Conclusione

98.      Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, propongo alla Corte di rispondere alla questione pregiudiziale sollevata dalla cour d’appel de Liège (Corte d’appello di Liegi, Belgio) nel modo seguente:

In una situazione come quella di cui trattasi, in cui il reato per il quale è stato emesso il mandato d’arresto europeo è stato punito nello Stato membro di emissione con una pena privativa della libertà, l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009, deve essere interpretato nel senso che esso osta a che l’autorità giudiziaria di esecuzione verifichi e richieda, ai fini dell’applicazione del motivo di non esecuzione facoltativa previsto da tale disposizione, che i fatti sui quali verte la condanna siano puniti con una pena privativa della libertà anche nello Stato membro di esecuzione.


1      Lingua originale: il francese.


2      Decisione quadro del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (GU 2002, L 190, pag. 1), come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009 (GU 2009, L 81, pag. 24) (in prosieguo: la «decisione quadro 2002/584»).


3      V. sentenze del 17 luglio 2008, Kozłowski (C‑66/08, EU:C:2008:437, punto 45), del 6 ottobre 2009, Wolzenburg (C‑123/08, EU:C:2009:616, punti 62 e 67), del 21 ottobre 2010, B. (C‑306/09, EU:C:2010:626, punto 52), del 5 settembre 2012, Lopes Da Silva Jorge (C‑42/11, EU:C:2012:517, punto 32), e del 29 giugno 2017, Popławski (C‑579/15, EU:C:2017:503, punto 21).


4      Moniteur belge del 27 marzo 1968, pag. 3146; in prosieguo: la «legge sulla circolazione stradale».


5      Decisione quadro del Consiglio, del 27 novembre 2008, relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell’Unione europea (GU 2008, L 327, pag. 27), come modificata dalla decisione quadro 2009/299 (in prosieguo: la «decisione quadro 2008/909»).


6      C‑66/08, EU:C:2008:437.


7      C‑123/08, EU:C:2009:616.


8      C‑289/15, EU:C:2017:4.


9      C‑579/15, EU:C:2017:503.


10      V. considerando 1 e 5 di tale decisione quadro.


11      V. considerando 6 di detta decisione quadro.


12      V. considerando 10 della decisione quadro 2002/584.


13      V. considerando 1, 2 e 5 della decisione quadro 2008/909.


14      V. considerando 9 e articolo 3, paragrafo 1, di tale decisione quadro.


15      Moniteur belge del 15 marzo 2018, pag. 23236.


16      Il corsivo è mio.


17      Sarebbe un grave errore ritenere che, all’interno di ciascuno di tali Stati membri, l’esecuzione di una pena privativa della libertà irrogata dal giudice di un altro Stato membro richieda l’emissione di un mandato d’arresto nazionale.


18      V. considerando 6 della decisione quadro 2002/584.


19      V. sentenze del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario) (C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586, punto 36), e Generalstaatsanwaltschaft (Condizioni di detenzione in Ungheria) (C‑220/18 PPU, EU:C:2018:589, punto 49).


20      V., a tale riguardo, comunicazione della Commissione europea al Consiglio e al Parlamento europeo, del 26 luglio 2000, sul riconoscimento reciproco delle decisioni definitive in materia penale [COM(2000) 495 definitivo, in particolare pag. 8].


21      C‑187/01 e C‑385/01, EU:C:2003:87. V., inoltre, sentenze del 9 marzo 2006, Van Esbroeck (C‑436/04, EU:C:2006:165), del 28 settembre 2006, Van Straaten (C‑150/05, EU:C:2006:614), del 28 settembre 2006, Gasparini e a. (C‑467/04, EU:C:2006:610), del 18 luglio 2007, Kraaijenbrink (C‑367/05, EU:C:2007:444), e del 16 novembre 2010, Mantello (C‑261/09, EU:C:2010:683).


22      V. punto 33 di tale sentenza.


23      V. considerando 10 di tale decisione quadro.


24      V. sentenze del 17 luglio 2008, Kozłowski (C‑66/08, EU:C:2008:437, punto 45), del 6 ottobre 2009, Wolzenburg (C‑123/08, EU:C:2009:616, punti 62 e 67), del 21 ottobre 2010, B. (C‑306/09, EU:C:2010:626, punto 52), del 5 settembre 2012, Lopes Da Silva Jorge (C‑42/11, EU:C:2012:517, punto 32), e del 29 giugno 2017, Popławski (C‑579/15, EU:C:2017:503, punto 21).


25      La citata giurisprudenza della Corte, al pari di quella della Corte europea dei diritti dell’uomo (v., in particolare, Corte EDU, 30 giugno 2015, Khoroshenko c. Russia, CE:ECHR:2015:0630JUD004141804, § 121), sottolinea l’importanza che dev’essere riconosciuta all’obiettivo del reinserimento sociale del condannato nell’ambito non solo della valutazione individuale del giudice di merito quanto alle condizioni di esecuzione di una pena privativa della libertà, ma anche delle politiche penali degli Stati membri, avendo la Corte recentemente dichiarato, nella sentenza del 17 aprile 2018, B e Vomero (C‑316/16 e C‑424/16, EU:C:2018:256, punto 75 e giurisprudenza ivi citata), che il reinserimento sociale del cittadino dell’Unione nello Stato membro in cui è realmente integrato è nell’interesse non soltanto di quest’ultimo, ma anche dell’Unione in generale.


26      V. sentenze del 25 luglio 2018, AY (Mandato d’arresto – Testimone) (C‑268/17, EU:C:2018:602, punto 52 e giurisprudenza ivi citata), nonché Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario) (C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586, punto 54 e giurisprudenza ivi citata).


27      V. sentenza del 29 giugno 2017, Popławski (C‑579/15, EU:C:2017:503, punto 22).


28      V. modulo standard del mandato d’arresto europeo presente in allegato alla decisione quadro 2002/584.


29      Tale principio è sancito anche dall’articolo 17, paragrafo 1, della decisione quadro 2008/909, che è stato oggetto di una sentenza emessa a titolo pregiudiziale dalla Corte l’8 novembre 2016, Ognyanov (C‑554/14, EU:C:2016:835).


30      Ai paragrafi da 70 a 73 delle mie conclusioni nella causa Ognyanov (C‑554/14, EU:C:2016:319), ho precisato che, in tale ambito, le autorità giudiziarie competenti sono chiamate a stabilire le modalità relative allo svolgimento della pena e all’adattamento di quest’ultima, decidendo, ad esempio, sul collocamento all’esterno, sui permessi di uscita, sulla semilibertà, sul frazionamento e sulla sospensione della pena, sulle misure di liberazione anticipata o condizionale del detenuto o sul collocamento sotto sorveglianza elettronica. Ho affermato altresì che il diritto dell’esecuzione delle pene comprende, inoltre, le misure che possono essere adottate dopo la liberazione della persona condannata, quali la sua sottoposizione a sorveglianza giudiziaria o la sua partecipazione a programmi di riabilitazione, o le misure di indennizzo a favore delle vittime.


31      C‑187/01 e C‑385/01, EU:C:2003:87.


32      Ciò posto, l’autorità giudiziaria di esecuzione deve garantire l’esecuzione della pena alla quale l’interessato è stato condannato, anche qualora i fatti di cui trattasi non siano sanzionati nello Stato membro di esecuzione. La definizione di tali reati e le pene applicabili sono, come ha precisato la Corte, quelle risultanti dal diritto dello Stato membro di emissione, in quanto la decisione quadro 2002/584 non mira ad armonizzare i reati in questione per quanto riguarda i loro elementi costitutivi o le pene di cui sono corredati. V., a tale riguardo, sentenza del 3 maggio 2007, Advocaten voor de Wereld (C‑303/05, EU:C:2007:261, punti 52 e 53).


33      C‑289/15, EU:C:2017:4.


34      C‑289/15, EU:C:2017:4.


35      C‑399/11, EU:C:2013:107.


36      C‑187/01 e C‑385/01, EU:C:2003:87.


37      Il legislatore dell’Unione ha previsto due eccezioni a tale obbligo di principio. Ai sensi dell’articolo 8, paragrafi 2 e 3, della decisione quadro 2008/909, l’autorità giudiziaria di esecuzione ha infatti la possibilità di adattare la durata o la natura della pena irrogata dall’autorità giudiziaria di emissione al fine di garantire l’esecuzione della pena nel rispetto della legislazione dello Stato membro di esecuzione.


38      C‑554/14, EU:C:2016:835.


39      V. punto 36 di tale sentenza.


40      Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio, del 5 febbraio 2014, sull’attuazione da parte degli Stati membri delle decisioni quadro 2008/909/GAI, 2008/947/GAI e 2009/829/GAI relative al reciproco riconoscimento delle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, delle decisioni di sospensione condizionale e delle sanzioni sostitutive e delle misure alternative alla detenzione cautelare [COM(2014) 57 final, in particolare punto 4.2, pagg. 7 e 8].


41      C‑554/14, EU:C:2016:835, punto 36.


42      Le ipotesi in cui la pena irrogata nello Stato membro di emissione sia di natura tale da essere incompatibile con la legislazione dello Stato membro di esecuzione sono, a mio avviso, rare, in quanto il regime delle pene, benché non sia oggetto di armonizzazione nell’Unione, presenta nondimeno grandi similarità tra gli Stati membri.