Language of document : ECLI:EU:C:2018:671

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

YVES BOT

presentate il 6 settembre 2018 (1)

Cause riunite C412/17 e C474/17

Bundesrepublik Deutschland

contro

Touring Tours und Travel GmbH (C‑412/17),

Sociedad de Transportes SA (C‑474/17)

[domande di pronuncia pregiudiziale proposte dal Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale, Germania)]

«Rinvio pregiudiziale – Spazio di libertà, sicurezza e giustizia – Regolamento (CE) n. 562/2006 – Codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen) – Articoli 20 e 21 – Soppressione del controllo di frontiera alle frontiere interne dello spazio Schengen – Normativa di uno Stato membro che impone a un operatore di viaggi in autobus che attraversa frontiere interne dello spazio Schengen di controllare i passaporti e i titoli di soggiorno dei passeggeri – Direttiva 2002/90/CE – Decisione quadro 2002/946/GAI – Favoreggiamento dell’ingresso illegale»






I.      Introduzione

1.        I collegamenti stradali internazionali mediante autobus, sebbene consentano ai cittadini dell’Unione europea e ai cittadini di paesi terzi in situazione regolare di spostarsi liberamente all’interno dell’Unione, sono altresì l’occasione per i cittadini di paesi terzi in situazione irregolare di beneficiare delle opportunità offerte da tale spazio di libera circolazione e costituiscono perciò un veicolo di immigrazione clandestina.

2.        Al di là della temporanea reintroduzione dei controlli alle frontiere interne, come contrastare tale immigrazione irregolare, all’interno dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia nel contesto del quale si inserisce lo spazio Schengen, senza compromettere la libertà di circolazione promessa ai cittadini dell’Unione e ai cittadini di paesi terzi legalmente residenti in essa?

3.        Uno Stato membro può esigere dalle imprese di trasporto (2) mediante autobus che offrono un servizio di linea transfrontaliero all’interno dello spazio Schengen che verifichino, prima dell’attraversamento della frontiera interna, che i passeggeri siano in possesso dei documenti di viaggio necessari ai fini dell’ingresso nel territorio nazionale e può sanzionare qualsiasi inadempimento di tale obbligo senza ristabilire frontiere laddove in linea di principio sono state eliminate?

4.        Tali questioni sono state sollevate nell’ambito di controversie che vedono opposte la Touring Tours und Travel GmbH e la Sociedad de Transportes SA, due imprese di trasporto mediante autobus aventi sede rispettivamente in Germania e in Spagna, alla Bundesrepublik Deutschland (Repubblica federale di Germania), riguardo a provvedimenti che vietano loro di trasportare nel territorio tedesco gli stranieri privi del passaporto o del titolo di soggiorno richiesti dall’articolo 13, paragrafo 1, del Gesetz über den Aufenthalt, die Erwerbstätigkeit und die Integration von Ausländern im Bundesgebiet (legge relativa al soggiorno, al lavoro e all’integrazione degli stranieri nel territorio federale) (3), del 30 luglio 2004, e prospettano loro una penalità dell’importo di EUR 1 000 per ogni straniero in caso di violazione di tale divieto.

5.        Al fine di garantire che gli stranieri soddisfino i requisiti imposti dalla disposizione in parola per varcare la frontiera, il legislatore tedesco esige infatti dalle imprese di trasporto per via aerea, marittima e terrestre, ad eccezione del traffico ferroviario transfrontaliero, che verifichino che essi siano effettivamente in possesso dei necessari documenti di viaggio.

6.        Così, l’articolo 63 dell’AufenthG, rubricato «Obblighi delle imprese di trasporto» (4), la cui legittimità alla luce del diritto dell’Unione è qui oggetto di valutazione, dispone quanto segue:

«1.      Un vettore può trasportare stranieri nel territorio federale tedesco soltanto se questi siano in possesso del passaporto e del titolo di soggiorno necessari.

2.      Il Bundesministerium des Innern [Ministero federale dell’Interno, Germania] o l’autorità da esso individuata può, in accordo con il Bundesministerium für Verkehr und digitale Infrastruktur [Ministero federale dei Trasporti e delle Infrastrutture digitali, Germania], vietare a un vettore di trasportare stranieri nel territorio della Repubblica federale di Germania in violazione del paragrafo 1 e prospettare all’impresa interessata una penalità in caso di violazione. (…)

3.      L’importo delle penalità inflitte al vettore è compreso tra un minimo di EUR 1 000 e un massimo di EUR 5 000 per straniero trasportato da detta impresa in violazione di un provvedimento adottato conformemente al paragrafo 2. (…)

4.      Il Ministero federale dell’Interno o l’autorità da esso individuata possono concordare con alcuni vettori regole volte a dare attuazione all’obbligo di cui al paragrafo 1».

7.        La summenzionata normativa traspone, sia con l’obbligo da essa sancito sia con la sanzione in essa fissata, gli obblighi stabiliti all’articolo 26 della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen (5), come integrati dalla direttiva 2001/51/CE (6). Non si tratta dunque di una normativa isolata (7). Conformemente all’articolo 26 della CAAS, tale normativa dev’essere applicata nei confronti dei vettori provenienti da uno Stato con il quale non si applica l’acquis di Schengen.

8.        L’articolo 63 dell’AufenthG non è dunque censurabile se applicato nei confronti dei vettori che conducono uno straniero attraverso la frontiera esterna di uno Stato membro.

9.        Invece, l’aspetto più criticabile – o che, in ogni caso, genera difficoltà in questa sede – è l’applicazione di tale disposizione alle imprese di trasporto mediante autobus che offrono un servizio di linea transfrontaliero all’interno dello spazio Schengen e che dunque conducono uno straniero alla frontiera interna di uno Stato membro (8). Infatti, l’assenza di controlli alle frontiere interne costituisce l’essenza stessa dello spazio Schengen (9).

10.      In tale contesto il Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale, Germania) ha deciso di sospendere i procedimenti relativi alle controversie di cui è investito al fine di interrogare la Corte in via pregiudiziale.

11.      Con due questioni pregiudiziali, tale giudice chiede alla Corte se l’articolo 67, paragrafo 2, TFUE nonché gli articoli 20 e 21 del codice frontiere Schengen ostino a che uno Stato membro applichi a imprese di trasporto mediante autobus, che offrono un servizio di linea transfrontaliero all’interno dello spazio Schengen, una normativa nazionale la quale, da un lato, esige dai vettori che, prima dell’attraversamento della frontiera, controllino che i loro passeggeri siano in possesso del passaporto e del titolo di soggiorno necessari ai fini del regolare ingresso nel territorio nazionale e, d’altro lato, sanziona qualsiasi inadempimento di tale obbligo di controllo.

12.      Le questioni che ci sono sottoposte dal Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale) sono inedite.

13.      Infatti, nelle cause che hanno dato luogo alle sentenze del 22 giugno 2010, Melki e Abdeli (10), del 19 luglio 2012, Adil (11), e del 21 giugno 2017, A (12), la Corte ha preso in esame la conformità alle disposizioni del codice frontiere Schengen di controlli svolti da autorità detentrici del potere pubblico e realizzati all’interno del territorio di uno Stato membro, o alla frontiera o nella zona di frontiera di quest’ultimo. Orbene, nel caso in esame i controlli attuati ai sensi dell’articolo 63 dell’AufenthG sono svolti dal personale di vettori privati, i quali non dispongono di poteri di polizia, e devono essere effettuati prima dell’attraversamento della frontiera interna, dunque all’esterno del territorio dello Stato membro.

14.      La rilevanza delle risposte alle questioni pregiudiziali sollevate dal giudice del rinvio è chiara.

15.      Si tratta di stabilire in che misura una normativa come quella in esame – volta a privare i cittadini di paesi terzi in situazione irregolare della possibilità di spostarsi da uno Stato membro verso un altro utilizzando un mezzo di trasporto, nel caso di specie i servizi di linea mediante autobus – costituisca, ai sensi dell’articolo 3 TUE, una «misura appropriata» in materia di immigrazione in uno spazio che vuole essere uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne, ma in un’epoca in cui il terrorismo, la criminalità transfrontaliera e i rischi di movimenti secondari di persone che hanno varcato irregolarmente le frontiere esterne minacciano l’ordine pubblico e la sicurezza interna degli Stati membri.

16.      Attualmente sono numerosi quelli che chiedono il ripristino delle frontiere interne – adducendo le lacune e le carenze che contrassegnano i controlli alle frontiere esterne dello spazio Schengen – e che procedono ad alcuni adeguamenti delle proprie normative (13). Nella sua decisione di rinvio, il Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale) evidenzia quindi che la normativa di cui trattasi può costituire una «contromisura efficace» per detti movimenti secondari, permettendo così di rimediare alla permeabilità o porosità delle frontiere esterne dello spazio Schengen laddove non vi sia stata una reintroduzione temporanea dei controlli alle frontiere interne.

17.      In un primo momento, prenderò in esame i controlli in questione alla luce delle disposizioni del codice frontiere Schengen sulle quali il giudice del rinvio basa la propria domanda di pronuncia pregiudiziale.

18.      In proposito, illustrerò le ragioni per le quali tali controlli, a mio avviso, devono essere assimilati a «una verifica di frontiera» vietata ai sensi dell’articolo 20 del codice frontiere Schengen. Considererò, infatti, che, istituendo un siffatto obbligo di controllo, lo Stato membro si avvale di una normativa originariamente destinata ai controlli delle frontiere esterne, ripristina in via dissimulata frontiere laddove di regola sono state eliminate ed elude il divieto di principio enunciato agli articoli 1 e 20 del codice frontiere Schengen.

19.      Sebbene gli Stati membri abbiano un interesse del tutto legittimo a controllare l’immigrazione clandestina, ritengo che non si debba contrastare quest’ultima mediante la predisposizione di un meccanismo istituito al di fuori del contesto e dei limiti del codice frontiere Schengen e che esige che le imprese di trasporto effettuino controlli nel territorio di un altro Stato membro e si dedichino a valutazioni normalmente di competenza delle sole autorità di polizia.

20.      Un simile meccanismo è inefficace e passibile di critica sotto il profilo della tutela di alcuni diritti fondamentali quali il diritto di asilo sancito all’articolo 18 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (14).

21.      Legittimarlo, a mio avviso, andrebbe a scapito non soltanto dei principi sui quali si fonda lo spazio Schengen, ma altresì dell’effettività di quest’ultimo, in quanto attualmente esso consente ai cittadini dell’Unione e ai cittadini di paesi terzi in situazione regolare di beneficiare pienamente della libera circolazione che garantisce. Ciò equivarrebbe inoltre a non tener conto delle competenze di polizia che gli Stati membri conservano al fine di garantire l’ordine pubblico e la sicurezza interna nel proprio territorio e degli strumenti di cooperazione altresì messi a loro disposizione. Infine, significherebbe trascurare i numerosi strumenti normativi adottati all’interno dell’Unione al fine di controllare meglio i flussi migratori, in particolare, le misure adottate nel settore della gestione e del controllo delle frontiere esterne e della lotta contro il traffico illecito di migranti.

22.      In un secondo momento, al fine di fornire al giudice del rinvio una risposta utile che gli consenta di dirimere le controversie di cui è investito, proporrò alla Corte di esaminare la normativa di cui trattasi alla luce delle disposizioni del diritto dell’Unione che hanno specificamente ad oggetto la lotta contro l’immigrazione clandestina e, in particolare, di quelle enunciate nel contesto della direttiva 2002/90/CE (15) e della decisione quadro 2002/946/GAI (16), per reprimere il favoreggiamento dell’ingresso, del transito e del soggiorno illegali.

23.      Spiegherò al riguardo che, nell’ipotesi in cui le autorità nazionali competenti dovessero constatare che imprese di trasporto, come quelle che sono parti delle controversie di cui ai procedimenti principali, in realtà si avvalgono della loro attività al fine di aiutare, deliberatamente, cittadini di paesi terzi ad entrare illegalmente nel territorio nazionale e dovessero statuire che ricorrono gli elementi tanto oggettivi quanto soggettivi del reato di favoreggiamento dell’ingresso illegale, allora spetterebbe a loro adottare le misure necessarie per garantire che tale reato sia passibile di una sanzione penale effettiva, proporzionata e dissuasiva, conformemente ai principi enunciati dalla direttiva 2002/90 e dalla decisione quadro 2002/946.

II.    Fatti oggetto dei procedimenti principali

24.      Le imprese di trasporto interessate propongono viaggi in autobus e gestiscono in particolare servizi di linea con destinazione la Germania che attraversano le frontiere germano-olandese e germano-belga.

25.      Ritenendo che tali imprese avessero trasportato in Germania, in violazione dell’articolo 63, paragrafo 1, dell’AufenthG, un numero considerevole di stranieri sprovvisti dei necessari documenti di viaggio, il Bundespolizeipräsidium (Direzione della polizia federale, Germania) ha loro trasmesso, rispettivamente nel mese di novembre del 2013 e nel mese di marzo del 2014, un «avvertimento» nel quale elenca i casi di trasporto non autorizzato e annuncia, sulla base dell’articolo 63, paragrafo 2, dell’AufenthG, che, in caso di prosecuzione dell’illecito, sarà loro vietato di trasportare stranieri nel territorio nazionale qualora questi ultimi non siano in possesso dei necessari documenti di viaggio.

26.      Successivamente, avendo constatato la prosecuzione dell’illecito, la Direzione della polizia federale ha adottato tali provvedimenti di divieto, rispettivamente in data 26 settembre 2014 e 18 novembre 2014, i quali erano accompagnati dalla minaccia di penalità dell’importo di EUR 1 000 per ogni ulteriore violazione.

27.      I summenzionati provvedimenti enunciavano, a titolo di motivazione, che le imprese di trasporto interessate erano obbligate, ai sensi dell’articolo 63, paragrafo 1, dell’AufenthG, a compiere sforzi sufficienti per impedire il trasporto nel territorio tedesco di qualsiasi straniero privo dei necessari documenti di viaggio, obblighi che sarebbero in condizione di soddisfare sia di fatto sia giuridicamente. A tal fine, dette imprese sarebbero tenute a verificare tali documenti in occasione del controllo dei biglietti al momento della salita a bordo dell’autobus e potrebbero negare agli stranieri sprovvisti dei necessari documenti di viaggio l’autorizzazione a salire sull’autobus.

28.      Adito dalle imprese di trasporto interessate con ricorsi avverso i citati provvedimenti, il Verwaltungsgericht (Tribunale amministrativo, Germania) ha annullato questi ultimi, considerando, in sostanza, che, tenuto conto del primato del diritto dell’Unione, l’articolo 63, paragrafo 2, dell’AufenthG doveva restare disapplicato dal momento che la sua applicazione nei confronti delle imprese che trasportano stranieri verso la Germania attraversando una frontiera interna allo spazio Schengen sarebbe in contrasto con l’articolo 67, paragrafo 2, TFUE nonché con gli articoli 20 e 21 del codice frontiere Schengen. Infatti, i controlli imposti a dette imprese dovevano essere qualificati come misure aventi «effetto equivalente alle verifiche di frontiera», ai sensi dell’articolo 21 di tale codice, tenuto conto, in particolare, della loro sistematicità e del fatto che sono effettuati prima ancora che la frontiera sia attraversata.

29.      La Repubblica federale di Germania ha proposto un ricorso per «Revision» avverso tale sentenza dinanzi al giudice del rinvio, sostenendo, segnatamente, che il diritto dell’Unione e, in particolare, la direttiva 2002/90 nonché la decisione quadro 2002/946, che sarebbero disposizioni speciali rispetto a quelle previste nel codice frontiere Schengen, impongono di sanzionare violazioni di divieti di trasporto, come quelli previsti all’articolo 63 dell’AufenthG.

30.      In ogni caso, il controllo di documenti di viaggio imposto dalla disposizione di diritto nazionale in parola non potrebbe essere qualificato come una misura di «effetto equivalente alle verifiche di frontiera», ai sensi dell’articolo 21, lettera a), del codice frontiere Schengen. Infatti, l’obiettivo perseguito non sarebbe il controllo dell’attraversamento della frontiera, ma il rispetto delle disposizioni relative all’ingresso nel territorio. Peraltro, atteso che tali controlli non sono effettuati da agenti pubblici, ma da personale privato, la loro estensione e la loro intensità sarebbero inferiori a quelle di una verifica di frontiera. Pertanto, sarebbe impossibile fare ricorso a misure coercitive o di ricerca in caso di rifiuto di sottoporsi al controllo.

III. Questioni pregiudiziali

31.      Ciò premesso, il Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 67, paragrafo 2, TFUE e gli articoli [20 e 21] del [codice frontiere Schengen] ostino alla normativa nazionale di uno Stato membro la quale, in definitiva, obblighi le imprese di trasporto di passeggeri a mezzo autobus, che prestino servizio di linea transfrontaliero all’interno dello spazio Schengen, a procedere nei confronti dei propri passeggeri, prima di varcare una frontiera interna, al controllo dei documenti necessari per l’attraversamento della frontiera medesima, al fine di impedire il trasporto di stranieri privi di passaporto e di titolo di soggiorno nel territorio della Repubblica federale di Germania.

In particolare:

a)      Se l’obbligo generale imposto ex lege o l’obbligo amministrativo rivolto a singoli vettori di negare il trasporto verso il territorio federale tedesco a stranieri privi del passaporto o del titolo di soggiorno necessari, obbligo che può essere adempiuto dai vettori unicamente procedendo, prima di varcare la frontiera interna, al controllo, presso tutti i passeggeri, dei documenti necessari per l’attraversamento della frontiera medesima, costituisca una verifica sulle persone alle frontiere interne ai sensi dell’articolo [20] del [codice frontiere Schengen] ovvero a questa equivalente.

b)      Se l’imposizione degli obblighi di cui al punto 1) debba essere valutata in base all’articolo [21], lettera a), del [codice frontiere Schengen], benché i vettori non esercitino “competenze di polizia” ai sensi della disposizione di cui trattasi e benché l’imposizione, da parte dello Stato, di procedere ai controlli in questione non implichi, neppure formalmente, una delega all’esercizio di poteri pubblici.

c)      In caso di risposta affermativa alla prima questione, lettera b): se, tenuto conto dei criteri di cui all’articolo [21], lettera a), secondo periodo, del [codice frontiere Schengen], i controlli imposti ai vettori integrino un’inammissibile misura di effetto equivalente alle verifiche di frontiera.

d)      Se l’imposizione degli obblighi di cui al punto 1), laddove riguardino imprese di trasporto di passeggeri a mezzo autobus che prestino servizio di linea, debba essere valutata in base all’articolo [21], lettera b), del [codice frontiere Schengen], secondo cui il potere attribuito ai vettori di effettuare controlli di sicurezza sulle persone nei porti o aeroporti non pregiudica il divieto di controlli di frontiera alle frontiere interne. Se ciò implichi l’inammissibilità dei controlli ai sensi della prima questione anche al di fuori di porti e aeroporti ove non costituiscano controlli di sicurezza e non vengano effettuati anche sulle persone che viaggiano all’interno dello Stato membro.

2)      Se gli articoli [20] e [21] del [codice frontiere Schengen] consentano la sussistenza di disposizioni nazionali che, ai fini del rispetto degli obblighi [di controllo di cui al punto 1)], permettano di emanare nei confronti di un’impresa di trasporto di passeggeri a mezzo autobus provvedimenti di divieto corredati della minaccia di penalità nel caso in cui, per effetto di omesso controllo, siano stati trasportati verso il territorio della Repubblica federale di Germania anche stranieri privi di passaporto e di titolo di soggiorno».

32.      La Repubblica federale di Germania, rappresentata dal Bundespolizeipräsidium (Direzione della polizia federale), il governo tedesco e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte e orali.

IV.    Osservazioni preliminari

33.      Prima di esaminare le questioni pregiudiziali sollevate dal giudice del rinvio, ritengo importante fare una prima puntualizzazione riguardo agli obblighi gravanti sugli Stati membri in una situazione come quella di cui trattasi.

34.      Conformemente all’articolo 3, paragrafo 2, TUE, «[l]’Unione offre ai suoi cittadini uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne, in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone insieme a misure appropriate per quanto concerne i controlli alle frontiere esterne, l’asilo, l’immigrazione, la prevenzione della criminalità e la lotta contro quest’ultima».

35.      Nello spazio privo di frontiere interne costituito dallo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, gli Stati membri devono garantire, da un lato, la libera circolazione delle persone e, dall’altro, il controllo dei flussi migratori, che implica la lotta contro l’immigrazione clandestina.

36.      In primo luogo, gli Stati membri sono dunque tenuti a non ostacolare con controlli alle proprie frontiere interne la libera circolazione dei cittadini dell’Unione e di paesi terzi entrati o residenti legalmente in quest’ultima, a prescindere dalla loro nazionalità.

37.      Ciò dipende, da un lato, dalle «[d]isposizioni generali» di cui all’articolo 67, paragrafo 2, TFUE, il quale prevede che l’Unione garantisce che non vi siano controlli sulle persone alle frontiere interne, nonché, d’altro lato, dall’articolo 77, paragrafo 1, lettera a), TFUE, il quale, sotto l’intitolazione «[p]olitiche relative ai controlli alle frontiere, all’asilo e all’immigrazione», enuncia che l’Unione sviluppa una politica volta a garantire l’assenza di qualsiasi controllo sulle persone, a prescindere dalla nazionalità, all’atto dell’attraversamento di tali frontiere.

38.      Per i cittadini dell’Unione, il diritto di circolare liberamente e senza restrizioni nel territorio degli Stati membri costituisce un diritto fondamentale conformemente all’articolo 3, paragrafo 2, TUE nonché agli articoli 20, paragrafo 2, e 21 TFUE.

39.      Per quanto riguarda i cittadini di paesi terzi in situazione regolare, l’eliminazione della clausola della nazionalità realizzata dall’articolo 20 del codice frontiere Schengen e dall’articolo 67 TFUE li rende parimenti beneficiari della libera circolazione in assenza di controlli alle frontiere interne, durante il lasso di tempo che la normativa assegna loro.

40.      Gli Stati membri sono pertanto tenuti a sopprimere le verifiche di frontiera alle frontiere interne ai sensi dell’articolo 20 del codice frontiere Schengen e qualsiasi altra misura di effetto equivalente all’esercizio di tali verifiche, ai sensi dell’articolo 21 del medesimo codice.

41.      Nondimeno, conformemente all’articolo 72 TFUE, la soppressione del controllo di frontiera alle frontiere interne non osta all’esercizio delle responsabilità incombenti agli Stati membri per il mantenimento dell’ordine pubblico e la salvaguardia della sicurezza interna.

42.      Il legislatore dell’Unione, ai sensi dell’articolo 21, lettera a), del codice frontiere Schengen, autorizza pertanto le autorità nazionali competenti ad esercitare la propria competenza di polizia in forza della legislazione nazionale, nella misura in cui l’esercizio di queste competenze non abbia effetto equivalente alle verifiche di frontiera, ciò valendo anche nelle zone di frontiera. Ai sensi della disposizione in parola, l’esercizio di tali competenze «può non essere considerato equivalente (…) all’esercizio delle verifiche di frontiera quando le misure di polizia:

i)      non hanno come obiettivo il controllo di frontiera;

ii)      si basano su informazioni e l’esperienza generali di polizia quanto a possibili minacce per la sicurezza pubblica e sono volte, in particolare, alla lotta contro la criminalità transfrontaliera;

iii)      sono ideate ed eseguite in maniera chiaramente distinta dalle verifiche sistematiche sulle persone alle frontiere esterne;

iv)      sono effettuate sulla base di verifiche a campione (…)».

43.      Ai sensi dell’articolo 21, lettera b), del codice frontiere Schengen, il legislatore dell’Unione autorizza peraltro le autorità nazionali competenti a effettuare il controllo di sicurezza sulle persone nei porti e aeroporti.

44.      In secondo luogo, gli Stati membri sono altresì tenuti ad adottare le misure appropriate al fine di lottare contro l’immigrazione clandestina nella misura in cui i cittadini di paesi terzi entrati o soggiornanti irregolarmente all’interno dell’Unione non possono beneficiare dei diritti conferiti dai Trattati (17).

45.      Il legislatore dell’Unione ha pertanto predisposto varie misure.

46.      Le prime misure istituiscono, analogamente al meccanismo previsto dalla normativa nazionale in esame, obblighi di controllo in capo a vettori che conducano alla frontiera esterna dello spazio Schengen cittadini di Stati terzi, ciò al fine di prevenire l’immigrazione clandestina.

47.      Tali misure sono state adottate nell’ambito della CAAS. Si tratta di «[m]isure di accompagnamento» che l’articolo 26 di quest’ultima definisce nei seguenti termini:

«1.      Fatti salvi gli obblighi derivanti dalla loro adesione alla [c]onvenzione di Ginevra[,] del 28 luglio 1951[,] relativa allo status dei rifugiati, quale emendata dal [p]rotocollo di New York[,] del 31 gennaio 1967[,] le Parti contraenti si impegnano ad introdurre nelle rispettive legislazioni nazionali le seguenti regole:

a)      Se ad uno straniero viene rifiutato l’ingresso nel territorio di una Parte contraente, il vettore che lo ha condotto alla frontiera esterna per via aerea, marittima o terrestre è tenuto a prenderlo immediatamente a proprio carico. (…);

b)      Il vettore è tenuto ad adottare ogni misura necessaria per accertarsi che lo straniero trasportato per via aerea o marittima sia in possesso dei documenti di viaggio richiesti per l’ingresso nei territori delle Parti contraenti.

2.      Fatti salvi gli obblighi derivanti dalla loro adesione alla [c]onvenzione di Ginevra[,] del 28 luglio 1951[,] relativa allo status dei rifugiati quale emendata dal [p]rotocollo di New York[,] del 31 gennaio 1967[,] e nel rispetto del proprio diritto costituzionale, le Parti contraenti si impegnano ad istituire sanzioni nei confronti dei vettori che trasportano per via aerea o marittima, da un paese terzo verso il loro territorio, stranieri che non sono in possesso dei documenti di viaggio richiesti.

3.      Le disposizioni del paragrafo 1, lettera b) e del paragrafo 2 si applicano ai vettori di gruppi che effettuano collegamenti stradali internazionali con autopullmann, ad eccezione del traffico frontaliero».

48.      Tali disposizioni sono state integrate dalla direttiva 2001/51.

49.      I considerando 1, 2 e 4 della direttiva in parola enunciano quanto segue:

«(1)      Per lottare efficacemente contro l’immigrazione clandestina è fondamentale che tutti gli Stati membri adottino un dispositivo che fissi gli obblighi per i vettori che trasportano cittadini stranieri nel territorio degli Stati membri. Ai fini di una maggiore efficacia di tale obiettivo, occorrerebbe altresì armonizzare, per quanto possibile, le sanzioni pecuniarie attualmente previste dagli Stati membri in caso di violazione degli obblighi di controllo cui sono soggetti i vettori (…).

(2)      La presente misura rientra in un dispositivo globale di controllo dei flussi migratori e di lotta contro l’immigrazione clandestina.

(…)

(4)      È necessario non pregiudicare la libertà degli Stati membri di mantenere o introdurre misure o sanzioni supplementari per i vettori, che siano interessati o meno dalla presente direttiva».

50.      Tale direttiva, ai suoi articoli 2 e 3, precisa le condizioni di applicazione dell’obbligo di riconducimento e, ai suoi articoli 4 e 5, la natura e l’importo delle sanzioni applicabili in caso di violazione da parte dei vettori dei loro obblighi di controllo.

51.      Gli Stati membri devono quindi garantire, ai sensi dell’articolo 4 della direttiva 2001/51, che le sanzioni applicabili ai vettori ai sensi delle disposizioni di cui all’articolo 26, paragrafi 2 e 3, della CAAS siano dissuasive, efficaci e proporzionate, posto che il legislatore dell’Unione definisce l’importo massimo e minimo di dette sanzioni. Inoltre, in forza dell’articolo 5 della medesima direttiva, gli Stati membri possono adottare o mantenere sanzioni di altra natura, quali la sospensione temporanea o il ritiro della licenza di esercizio.

52.      Le seconde misure di lotta contro l’immigrazione clandestina sono state adottate nel contesto della direttiva 2002/90 e della decisione quadro 2002/946 e mirano a sanzionare l’attività di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare (18).

53.      Conformemente all’articolo 5 della direttiva 2002/90 e all’articolo 10 della decisione quadro 2002/946, esse abrogano il meccanismo originariamente istituito all’articolo 27 della CAAS (19).

54.      In forza del considerando 2 della direttiva 2002/90 e della decisione quadro 2002/946, esse si applicano in occasione dell’attraversamento illegale delle frontiere interne di uno Stato membro (20).

55.      Mentre la direttiva 2002/90 definisce gli illeciti relativi al favoreggiamento dell’ingresso, del transito e del soggiorno illegali, la decisione quadro 2002/946 stabilisce le regole minime per quanto attiene alla natura delle sanzioni che possono essere inflitte, alla responsabilità delle persone giuridiche e alla competenza degli Stati membri.

56.      L’articolo 1 della direttiva 2002/90, rubricato «Comportamenti illeciti», al suo paragrafo 1 prevede quanto segue:

«Ciascuno Stato membro adotta sanzioni appropriate:

a)      nei confronti di chiunque intenzionalmente aiuti una persona che non sia cittadino di uno Stato membro ad entrare o a transitare nel territorio di uno Stato membro in violazione della legislazione di detto Stato relativa all’ingresso o al transito degli stranieri;

(…)».

57.      Ai sensi dell’articolo 2 della citata direttiva, dette sanzioni devono essere applicate nei confronti di chiunque sia l’istigatore di, o si renda complice di, o tenti di perpetrare tale illecito.

58.      L’articolo 1 della decisione quadro 2002/946 impone che l’illecito di favoreggiamento dell’ingresso illegale nel territorio sia passibile di sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive. Il reato commesso può quindi comportare l’«estradizione», la confisca del mezzo di trasporto utilizzato per commetterlo, il divieto di esercitare l’attività professionale esercitata in occasione della sua commissione nonché una pena privativa della libertà se è stato realizzato da un’organizzazione criminale o la sua commissione ha messo in pericolo la vita delle persone che ne sono vittime.

59.      Tali misure possono rilevare nell’ambito dell’esame della normativa nazionale di cui trattasi, in quanto si applicano agli attraversamenti delle frontiere interne di uno Stato membro.

V.      Analisi

60.      Con la sua prima questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede in sostanza alla Corte se l’articolo 67, paragrafo 2, TFUE nonché gli articoli 20 e 21 del codice frontiere Schengen ostino a che uno Stato membro applichi a imprese di trasporto mediante autobus, che offrono un servizio di linea transfrontaliero all’interno dello spazio Schengen, una normativa nazionale la quale esige dai vettori che, prima dell’attraversamento della frontiera, controllino che i loro passeggeri siano in possesso del passaporto e del titolo di soggiorno necessari ai fini del regolare ingresso nel territorio nazionale.

61.      In particolare, il giudice del rinvio si pone l’interrogativo se i controlli attuati ai sensi della normativa in esame costituiscano o siano assimilabili a una «verifica di frontiera» ai sensi dell’articolo 20 del codice frontiere Schengen oppure se costituiscano «verifiche all’interno del territorio», ai sensi dell’articolo 21, lettera a), di tale codice. In quest’ultima ipotesi, il giudice del rinvio chiede alla Corte se, tenuto conto dei criteri contemplati in detta disposizione, tali controlli possano avere un effetto equivalente a verifiche di frontiera.

62.      Con la sua seconda questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede peraltro alla Corte se gli articoli 20 e 21 del codice frontiere Schengen debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale come quella in esame che consente di adottare nei confronti delle imprese di trasporto mediante autobus che offrono un servizio di linea transfrontaliero all’interno dello spazio Schengen un provvedimento che vieta loro di trasportare nel territorio nazionale cittadini di paesi terzi in situazione irregolare e permette, inoltre, di prospettare loro una penalità in caso di prosecuzione dell’illecito.

63.      Nella sua decisione di rinvio il Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale) concentra la propria analisi sulle disposizioni di cui agli articoli 20 e 21 del codice frontiere Schengen, i quali attuano la soppressione dei controlli di frontiera alle frontiere interne dello spazio Schengen.

64.      Le questioni che esso sottopone alla Corte, come si è detto, sono inedite.

65.      Nell’ambito del contenzioso di cui è stata investita, la Corte ha esaminato, infatti, la conformità alle disposizioni del codice frontiere Schengen di controlli svolti da autorità detentrici di pubblici poteri e realizzati all’interno del territorio di uno Stato membro, alla frontiera o nella zona di frontiera di quest’ultimo.

66.      Anzitutto, nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 22 giugno 2010, Melki e Abdeli (21), gli interessati erano stati infatti controllati dalla polizia francese, in applicazione dell’articolo 78-2, quarto comma, del codice di procedura penale, nella zona compresa tra la frontiera terrestre della Francia con il Belgio ed una linea tracciata a 20 chilometri da questa frontiera. Tale controllo aveva l’obiettivo di verificare il rispetto degli obblighi di legge riguardo al possesso, al porto e all’esibizione di titoli e documenti.

67.      In seguito, nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 19 luglio 2012, Adil (22), l’interessato era stato fermato nell’ambito di un controllo effettuato dalla Koninklijke Marechaussee (gendarmeria reale, Paesi Bassi) ai sensi dell’articolo 4.17 a) del Vreemdelingenbesluit 2000 (decreto sugli stranieri del 2000), nella sua qualità di passeggero di un autobus della società Eurolines. Il fermo aveva avuto luogo sull’autostrada in provenienza dalla Germania, nel territorio di un comune frontaliero con tale Stato membro. Conformemente alla normativa nazionale che veniva in rilievo in tale causa, detto fermo doveva permettere di determinare l’identità, la cittadinanza e lo status con riferimento al diritto di soggiorno della persona, al fine di contrastare il soggiorno irregolare dopo un attraversamento di frontiera e, riguardo al trasporto terrestre, era effettuato esclusivamente nell’ambito del controllo degli stranieri sulle strade, in una zona di venti chilometri dalla frontiera comune con il Belgio e la Germania.

68.      Infine, nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 21 giugno 2017, A (23), l’interessato era stato sottoposto ad un controllo d’identità effettuato da una pattuglia del Bundespolizei (polizia federale, Germania) allorché aveva appena attraversato a piedi il Pont de l’Europe, da Strasburgo (Francia) a Kehl (Germania), e si era recato alla stazione ferroviaria distante circa 500 metri. L’articolo 23, paragrafo 1, punto 3, del Gesetz über die Bundespolizei (legge sulla polizia federale) (24), del 19 ottobre 1994, autorizza infatti quest’ultima a controllare l’identità di una persona in una zona che si estende fino a 30 chilometri al di là della frontiera al fine di prevenire o impedire qualunque ingresso irregolare nel territorio federale o di prevenire reati.

69.      I controlli attuati ai sensi dell’articolo 63 dell’AufenthG si distinguono dunque con tutta evidenza da quelli su cui la Corte è stata chiamata a pronunciarsi finora e il cui perimetro era limitato alle zone di frontiera comprese all’interno di uno Stato membro. Infatti, i controlli di cui trattasi sono condotti dal personale di vettori privati, i quali non dispongono di poteri di polizia, e devono essere svolti prima dell’attraversamento della frontiera interna, dunque all’esterno del territorio dello Stato membro.

70.      La Repubblica federale di Germania sostiene fermamente, per parte sua, che la normativa nazionale in esame, lungi dall’istituire una verifica di frontiera vietata dall’articolo 20 del codice frontiere Schengen, mira, in realtà, ad attuare le misure di contrasto dell’immigrazione clandestina adottate a livello internazionale ed europeo.

71.      Essa dedica quindi le proprie osservazioni a dimostrare che la normativa di cui trattasi è imposta dall’articolo 11 del protocollo per combattere il traffico di migranti per via terrestre, aerea e marittima, allegato alla convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale (25), che, inoltre, tale legislazione è ammessa tenuto conto della formulazione della direttiva 2001/51, la quale precisa gli obblighi di controllo posti a carico dei vettori dall’articolo 26 della CAAS, e, infine, che è stata adottata «in conformità e in applicazione» delle prescrizioni della direttiva 2002/90 e della decisione quadro 2002/946, le quali reprimono il favoreggiamento dell’ingresso illegale nel territorio di uno Stato membro.

72.      Nell’ambito delle presenti conclusioni, prenderò in esame i controlli di cui trattasi alla luce delle disposizioni del codice frontiere Schengen sulle quali il giudice del rinvio fonda la propria domanda di pronuncia pregiudiziale, prima di procedere all’analisi delle disposizioni del diritto dell’Unione aventi specificamente ad oggetto la lotta contro l’immigrazione clandestina e, in particolare, la repressione del favoreggiamento dell’ingresso, del transito e del soggiorno illegali su cui si concentra la Repubblica federale di Germania.

A.      Sull’interpretazione delle disposizioni del codice frontiere Schengen

73.      Per le ragioni che mi accingo ad illustrare, considererò che i controlli di cui trattasi debbano essere assimilati a «verifiche di frontiera» vietate ai sensi dell’articolo 20 del codice frontiere Schengen.

74.      Conformemente al suo articolo 1, il codice frontiere Schengen «prevede l’assenza del controllo di frontiera sulle persone che attraversano le frontiere interne tra gli Stati membri dell’Unione (…)».

75.      Ai sensi dell’articolo 2, punto 9, di tale codice, i controlli di frontiera riguardano «l’attività svolta alla frontiera (…) in risposta esclusivamente all’intenzione di attraversare la frontiera o al suo effettivo attraversamento e indipendentemente da qualunque altra ragione, e che consiste in verifiche di frontiera e nella sorveglianza di frontiera».

76.      Le verifiche di frontiera riguardano, ai sensi dell’articolo 2, punto 10, di detto codice, «le verifiche effettuate ai valichi di frontiera[(26)] al fine di accertare che le persone, compresi i loro mezzi di trasporto e gli oggetti in loro possesso, possano essere autorizzati ad entrare nel territorio degli Stati membri o autorizzati a lasciarlo».

77.      L’articolo 20 del codice frontiere Schengen concretizza il principio enunciato al suo articolo 1 disponendo che «[l]e frontiere interne possono essere attraversate in qualunque punto senza che sia effettuata una verifica di frontiera sulle persone, indipendentemente dalla loro nazionalità».

78.      Tale disposizione ha dunque l’obiettivo di vietare le verifiche di frontiera allorché esse sono effettuate «alle frontiere» o al momento dell’attraversamento della frontiera (27).

79.      L’articolo 21 del codice frontiere Schengen, rubricato «Verifiche all’interno del territorio», per parte sua vieta le verifiche che hanno luogo sull’insieme del territorio di uno Stato membro o nelle zone di frontiera di quest’ultimo e che, sotto la copertura dell’esercizio di competenze di polizia, avrebbero un effetto equivalente alle verifiche di frontiera (28).

80.      In che ottica considerare i controlli svolti ai sensi dell’articolo 63 dell’AufenthG?

81.      Prima facie, tali controlli mi sembrano esclusi dall’ambito di applicazione dell’articolo 21 del codice frontiere Schengen. Infatti, non sono condotti all’interno del territorio dello Stato membro, ma al suo esterno, atteso che i vettori devono controllare i passeggeri in occasione del controllo dei biglietti al momento della loro salita sugli autobus.

82.      Invece, detti controlli possono essere presi in considerazione sotto il profilo dell’articolo 20 del codice frontiere Schengen, in quanto, a mio avviso, sono assimilabili a «verifiche di frontiera».

83.      Vero è che i controlli attuati ai sensi dell’articolo 63 dell’AufenthG non si svolgono in occasione dell’attraversamento della frontiera, ma prima di esso. Ai sensi della giurisprudenza della Corte relativa alla direttiva 2008/115/CE (29), non sussiste dunque «uno stretto legame temporale e spaziale» con l’attraversamento della frontiera (30).

84.      Tuttavia, tali controlli, per loro stessa natura, sono assimilabili a verifiche di frontiera.

85.      Ciò emerge molto chiaramente dalla formulazione del punto 63.1.1 della disposizione amministrativa generale relativa all’AufenthG, nel quale si afferma che «[l]’obbligo di controllo [previsto all’articolo 63 dell’AufenthG] mira a garantire che lo straniero soddisfi i requisiti sanciti all’articolo 13, paragrafo 1[, dell’AufenthG], per attraversare la frontiera» (31). In udienza, la Repubblica federale di Germania ha peraltro pienamente riconosciuto che tali controlli scaturiscono dall’attraversamento della frontiera interna. Essi hanno dunque l’unico obiettivo di garantire che le persone a bordo dell’autobus, che hanno intenzione di attraversare la frontiera dello Stato membro di destinazione, possano effettivamente essere autorizzate ad entrare nel territorio di quest’ultimo. Detti controlli, inoltre, hanno l’effetto di impedire ai passeggeri di raggiungere il territorio di tale Stato qualora non dispongano dei necessari documenti di viaggio, analogamente ai controlli svolti dalle guardie di frontiera in occasione dell’attraversamento delle frontiere interne. In tale contesto, il rifiuto di trasportare uno straniero in situazione irregolare è simile a un respingimento.

86.      In realtà, il meccanismo in esame ha l’effetto di rompere lo stretto legame temporale e spaziale con l’attraversamento della frontiera, spostando così indietro le frontiere territoriali e instaurando ciò che i commentatori qualificano come «controllo a distanza» o controllo «delocalizzato» (32). Il respingimento non ha luogo alle frontiere, ma ben prima del loro attraversamento.

87.      Inoltre, a partire dal momento in cui la legge vieta ai vettori di condurre nel territorio nazionale cittadini di paesi terzi privi dei documenti di viaggio necessari ai fini di un regolare ingresso e prospetta a tali vettori una penalità in caso di violazione di detto divieto, è possibile ritenere che si tratti di un obbligo di controllo sistematico il cui rispetto è incondizionato e la cui violazione comporta una condanna. Del resto, dalla formulazione del punto 63.2.0 della disposizione amministrativa generale relativa all’AufenthG risulta chiaramente che i controlli in parola sono concepiti e devono essere eseguiti «in tutti i casi».

88.      La circostanza che tali controlli siano effettuati dal personale delle imprese di trasporto non basta, a mio avviso, ad escluderli dall’ambito di applicazione dell’articolo 20 del codice frontiere Schengen. Se così fosse, sarebbe allora agevole eludere i divieti enunciati.

89.      Da un lato, tale delega, salvo incidere sull’efficacia dei controlli effettuati, non ne modifica né l’oggetto né le caratteristiche essenziali.

90.      D’altro lato, tenuto conto della portata degli obblighi su di loro gravanti e del rischio sanzionatorio in cui incorrono, i vettori oggi rivestono un ruolo di controllori o di polizia delle frontiere che è innegabile (33) e che attualmente solleva ancora questioni di principio regolarmente discusse dalla dottrina giuridica.

91.      La responsabilizzazione e il sanzionamento dei vettori sono strumenti di politica migratoria non nuovi (34).

92.      L’articolo 26 della CAAS, la quale è stata integrata dalla direttiva 2001/51, pone a carico dei vettori aerei, marittimi e terrestri, che conducono cittadini di Stati terzi attraverso le frontiere esterne dello spazio Schengen, obblighi di controllo e di riconducimento, la cui violazione espone tali vettori a sanzioni.

93.      La direttiva 2004/82/CE (35) aggiunge agli obblighi di questi ultimi quello di comunicare, su richiesta delle autorità incaricate del controllo delle persone alle frontiere esterne, i dati relativi ai passeggeri, obbligo la cui violazione espone altresì i vettori a sanzioni. Conformemente all’articolo 1 di tale direttiva, si tratta di migliorare i controlli alle frontiere e combattere l’immigrazione illegale attraverso la trasmissione anticipata, da parte dei vettori, dei dati relativi alle persone trasportate alle competenti autorità nazionali. La direttiva in parola risulta complementare alla direttiva 2001/51 in quanto persegue i medesimi obiettivi pur utilizzando altri mezzi.

94.      Più recentemente, i vettori si sono visti imporre obblighi aggiuntivi.

95.      L’articolo 13, paragrafo 3, del regolamento (UE) 2017/2226 (36) completa gli obblighi di controllo di cui all’articolo 26, paragrafo 1, lettera b), della CAAS. Nel contesto di tale controllo, i vettori sono ormai tenuti a comunicare, attraverso il servizio web predisposto nell’ambito della gestione integrata delle frontiere esterne, il cognome, i nomi, la data di nascita, la cittadinanza nonché il sesso dei cittadini di paesi terzi titolari di un visto per soggiorno di breve durata, ma altresì il tipo, il numero, la data di scadenza del documento di viaggio e il codice a tre lettere del paese di rilascio del documento al fine di verificare se essi hanno già utilizzato il numero di ingressi autorizzati dal loro visto (37). Eccettuata l’immagine del volto, si tratta dei dati sulla base dei quali le autorità di frontiera formano il fascicolo individuale dei cittadini interessati.

96.      Inoltre, a livello nazionale, numerosi Stati membri, come la Repubblica francese, hanno imposto che i vettori verifichino l’autenticità e la validità dei documenti di viaggio, il che doveva includere la valutazione di irregolarità quali l’usurpazione, la falsificazione, la contraffazione o la scadenza (38). Alcuni Stati membri, come il Regno di Spagna, hanno del resto espressamente previsto l’obbligo per le compagnie di trasporto di formare il personale all’individuazione dei documenti falsificati, il che pone la questione del ruolo di tali compagnie allorché effettuano le verifiche (39).

97.      Secondo il Conseil constitutionnel (Consiglio costituzionale, Francia), le disposizioni relative alle sanzioni dei vettori «non possono essere intese nel senso che attribuiscono al vettore un potere di polizia in sostituzione dell’autorità pubblica» dato che, all’atto della verifica della regolarità dei documenti di viaggio di un passeggero, il vettore deve limitarsi a «considerare la situazione dell’interessato senza dover procedere ad alcuna ricerca» (40). Secondo il giudice del rinvio, non si verificherebbe neppure un trasferimento alle imprese di trasporto di prerogative dell’autorità pubblica. La verifica dei documenti di viaggio dei passeggeri sarebbe integrata nel processo di trasporto che si svolge nel contesto del contratto di trasporto, cui si applica il diritto privato. Il legislatore lascerebbe, inoltre, al vettore la possibilità di scelta sui i modi e sui mezzi con cui conformarsi ai propri obblighi.

98.      Nondimeno, resta il fatto che i vettori devono svolgere valutazioni e adottare misure che, per loro natura, sono di competenza delle autorità doganali o di polizia, anche se non sono inclini a farlo e non ne hanno necessariamente i mezzi (41).

99.      Ciò pregiudica l’efficacia del sistema. Infatti, i vettori possono soltanto negare l’autorizzazione a salire a bordo alle persone in situazione irregolare, le quali rimangono nel territorio dello Stato membro di partenza, senza che possa essere adottato, conformemente all’articolo 13 del codice frontiere Schengen (42), un provvedimento di «respingimento» dal territorio, con le garanzie che l’accompagnano, e senza che possano trovare applicazione le disposizioni complementari relative al diritto di asilo e alla protezione internazionale.

100. Istituendo un siffatto obbligo di controllo, lo Stato membro si avvale, in realtà, di una normativa originariamente destinata ai controlli delle frontiere esterne, ripristina – in forma dissimulata e con un’efficacia evidentemente inferiore – frontiere laddove, di regola, sono state eliminate ed elude il divieto di principio enunciato agli articoli 1 e 20 del codice frontiere Schengen. Lo Stato membro esige quindi da operatori privati che procedano a controlli che le autorità nazionali competenti non sono più autorizzate a svolgere alle frontiere interne, conformemente a tali disposizioni, e non sono neppure autorizzate ad effettuare nel territorio di un altro Stato membro.

101. In considerazione di ciò e al fine di non pregiudicare la realizzazione dell’obiettivo della soppressione dei controlli di frontiera alle frontiere interne enunciato all’articolo 3, paragrafo 2, TUE, nonché agli articoli 26, paragrafo 2, e 67, paragrafo 2, TFUE, e previsto agli articoli 1 e 20 del codice frontiere Schengen, mi sembra essenziale che i controlli svolti ai sensi dell’articolo 63 dell’AufenthG siano assimilati a «verifiche di frontiera» ai sensi dell’articolo 20 del codice frontiere Schengen.

102. Alla luce di tali elementi, ritengo che i controlli che devono essere effettuati da imprese di trasporto mediante autobus che offrono un servizio di linea transfrontaliero all’interno dello spazio Schengen e attraverso i quali queste ultime sono tenute a verificare, prima dell’attraversamento della frontiera interna, che i passeggeri siano in possesso dei documenti di viaggio necessari ai fini dell’ingresso nel territorio nazionale siano assimilabili a «verifiche di frontiera» vietate ai sensi dell’articolo 20 del codice frontiere Schengen (43).

103. Atteso che ritengo gli obblighi di controllo di cui trattasi contrari al diritto dell’Unione, le penalità adottate sulla base della violazione di tali obblighi, le quali, tenuto conto della loro funzione (dissuasione e sanzione), sono simili a sanzioni pecuniarie, non possono essere giustificate.

104. Alla luce dell’insieme delle precedenti considerazioni, ritengo che l’articolo 67, paragrafo 2, TFUE e l’articolo 20 del codice frontiere Schengen ostino a una normativa nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, la quale esige dai vettori che, prima dell’attraversamento della frontiera, verifichino che i passeggeri siano in possesso del passaporto e del titolo di soggiorno necessari ai fini del regolare ingresso nel territorio nazionale e che prospetta a detti vettori una penalità in caso di inadempimento di tale obbligo, allorché la normativa di cui trattasi si applica a imprese di trasporto mediante autobus che offrono un servizio di linea transfrontaliero all’interno dello spazio Schengen.

105. Sono necessarie due osservazioni in ordine a tale conclusione.

106. In primo luogo, tale interpretazione delle norme del codice frontiere Schengen non implica tuttavia che gli Stati membri siano privati dei mezzi che consentono loro di contrastare legittimamente l’immigrazione clandestina nel proprio territorio.

107. Sotto un primo profilo, infatti, in circostanze come quelle di specie in cui, come affermato dalla Repubblica federale di Germania nelle sue osservazioni scritte e orali, le autorità nazionali competenti dispongono di precisi elementi che consentono di individuare le linee stradali più esposte al rischio di immigrazione clandestina, nulla impedisce che lo Stato membro di partenza e lo Stato membro di destinazione si avvalgano degli strumenti di cooperazione operativa esistenti al fine di contrastare congiuntamente l’immigrazione irregolare, esercitando la propria competenza di polizia sul loro rispettivo territorio, segnatamente nel perimetro delle stazioni degli autobus e nei dintorni di esse.

108. La cooperazione operativa si basa, conformemente alle conclusioni del Consiglio europeo di Tampere, del 15 e 16 ottobre 1999, sulla solidarietà tra gli Stati membri e sulla condivisione delle responsabilità. Si tratta di un obbligo sancito all’articolo 16 del codice frontiere Schengen, in quanto gli Stati membri sono tenuti a scambiarsi tutte le informazioni utili, a prestarsi assistenza e ad assicurare tra loro una cooperazione stretta ai fini di un’esecuzione efficace del controllo alle frontiere esterne. In un contesto come quello di specie, in cui gli Stati membri sottolineano le carenze dei controlli alle frontiere esterne, nulla osta, a mio avviso, a che essi si avvalgano di tali strumenti per coordinare congiuntamente le misure di lotta contro l’immigrazione clandestina anche all’interno dello spazio Schengen.

109. Ciò permetterebbe di garantire un controllo ben più efficace di quello istituito nell’ambito della normativa in esame, che inoltre si inserirebbe perfettamente nel contesto delle competenze riservate agli Stati membri dall’articolo 21, lettera a), del codice frontiere Schengen.

110. Ricordo che tale disposizione consente agli Stati membri di procedere a controlli d’identità e dei permessi di soggiorno all’interno del loro territorio e nelle zone di frontiera di quest’ultimo, al fine di prevenire o di far cessare un ingresso illegale nel territorio o di prevenire la commissione di illeciti, a condizione tuttavia che la realizzazione pratica di detti controlli non abbia effetto equivalente alle verifiche di frontiera.

111. Come già illustrato supra, nella sentenza del 21 giugno 2017, A (44), la Corte è stata quindi chiamata a pronunciarsi sulle misure di controllo previste a tal fine dalla Repubblica federale di Germania nella legge sulla polizia federale, in quanto l’interessato era stato sottoposto a un controllo d’identità effettuato da una pattuglia della polizia federale tedesca allorché aveva appena attraversato a piedi il Pont de l’Europe, da Strasburgo a Kehl e si era recato alla stazione ferroviaria distante circa 500 metri.

112. Ricordo, altresì, che gli Stati membri sono attualmente autorizzati a intensificare il loro controllo di polizia sull’insieme del proprio territorio. La Commissione ha, infatti, preso atto non soltanto delle pressioni esercitate sull’ordine pubblico e sulla sicurezza interna degli Stati membri dal massiccio afflusso di migranti in situazione irregolare e dal moltiplicarsi degli attacchi terroristici, ma altresì delle lacune che minano l’efficacia dell’architettura di Schengen.

113. Pertanto, nella sua raccomandazione emessa il 12 maggio 2017 (45), la Commissione ha posto l’accento sulla maniera in cui gli Stati membri devono esercitare le loro competenze di polizia nel loro intero territorio così come nelle zone di frontiera. Dichiarando che il «corretto funzionamento [di tale area] si basa non solo sull’applicazione uniforme dell’acquis dell’Unione, ma anche sull’uso delle competenze nazionali relativamente al mantenimento dell’ordine pubblico e [al]la salvaguardia della sicurezza interna in linea con gli obiettivi dell’acquis di Schengen» (46), la Commissione ha insistito sul fatto che l’intensificazione dei controlli di polizia sull’intero territorio degli Stati membri può essere considerata necessaria e giustificata, in quanto questi ultimi sono più efficaci dei controlli alle frontiere interne e più adattati all’evoluzione dei rischi (47).

114. Sotto un secondo profilo, le autorità nazionali competenti, qualora dovessero peraltro constatare che alcune imprese di trasporto mediante autobus non ottemperano al proprio dovere di controllo allo scopo di partecipare a un traffico illecito di migranti, potrebbero allora condannarle sulla base delle norme previste dalla direttiva 2002/90 e dalla decisione quadro 2002/946, in quanto il favoreggiamento dell’ingresso illegale costituisce un reato di cui illustrerò gli elementi costitutivi di seguito. La Repubblica federale di Germania del resto ha trasposto tali disposizioni negli articoli da 95 a 97 dell’AufenthG.

115. Sotto un terzo profilo, le autorità nazionali possono ripristinare temporaneamente controlli di frontiera alle loro frontiere interne, ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 1, del codice frontiere Schengen, se ritengono che sussista una minaccia grave per l’ordine pubblico o la sicurezza interna (48). Interessa sottolineare che, tenuto conto dell’amplificarsi dei movimenti secondari di migranti in situazione irregolare e dell’aumento delle minacce terroristiche transfrontaliere, la Commissione propone di riformulare il quadro giuridico esistente per meglio fronteggiare tali fenomeni (49).

116. In secondo luogo, tale interpretazione delle norme del codice frontiere Schengen deve richiamare gli Stati membri alle proprie responsabilità affinché sia attuato l’insieme delle misure volte al rafforzamento dei controlli e della gestione delle frontiere esterne (50). Rilevo che, ai sensi dell’articolo 14 del codice frontiere Schengen (51), gli Stati membri sono tenuti a predisporre personale e risorse appropriati e sufficienti per effettuare il controllo di frontiera alle frontiere esterne, in modo da garantire un livello efficace, elevato ed uniforme di controllo alle frontiere esterne.

B.      Sull’interpretazione delle disposizioni del diritto dell’Unione volte a contrastare l’immigrazione clandestina

117. Occorre ora esaminare la questione se, come sostiene fermamente la Repubblica federale di Germania nelle proprie osservazioni, si possa ritenere che tali controlli siano imposti ai sensi delle disposizioni di diritto internazionale ed europeo che sono state adottate al fine di contrastare l’immigrazione clandestina.

1.      Repressione del favoreggiamento dell’ingresso illegale in forza della direttiva 2002/90 e della decisione quadro 2002/946

118. In primo luogo, la Repubblica federale di Germania dedica le proprie osservazioni a dimostrare che la normativa in esame è stata adottata «in conformità e in applicazione» (52) delle prescrizioni della direttiva 2002/90 e della decisione quadro 2002/946, le quali reprimono il favoreggiamento dell’ingresso illegale nel territorio di uno Stato membro.

119. «[I]n conformità», da un lato, in quanto una normativa come quella di cui trattasi costituirebbe un’importante misura di contrasto dell’immigrazione irregolare all’interno dello spazio Schengen e permetterebbe alle imprese di trasporto di non essere condannate per favoreggiamento dell’ingresso illegale.

120. «[I]n applicazione», d’altro lato, in quanto la direttiva 2002/90 e la decisione quadro 2002/946 autorizzerebbero e obbligherebbero gli Stati membri a infliggere sanzioni nei confronti di chiunque fornisca un aiuto all’ingresso illegale attraverso le frontiere interne, incluse sanzioni penali contro i responsabili a titolo individuale e sanzioni amministrative contro le persone giuridiche.

121. Orbene, la Repubblica federale di Germania sostiene che qualsiasi impresa di trasporto che prenda in carico uno straniero privo dei necessari documenti di viaggio e lo trasporti nel territorio di uno Stato membro in violazione della normativa di quest’ultimo fornisce necessariamente all’interessato un aiuto all’ingresso illegale ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2002/90. Si dovrebbe ritenere che una simile impresa, la quale sia stata informata dalle autorità competenti che il suo servizio è già stato sfruttato per ingressi irregolari e che sia dunque pienamente consapevole delle proprie irregolarità, ma che si astenga nondimeno dal procedere ai necessari controlli, allorché questi ultimi sono realizzabili e tollerabili, abbia acconsentito, almeno parzialmente, a permettere ulteriori ingressi irregolari e abbia agito in modo parzialmente deliberato (dolus eventualis).

122. Non condivido l’opinione espressa dalla Repubblica federale di Germania nelle sue osservazioni.

123. In primo luogo, la Repubblica federale di Germania omette di segnalare che l’illecito di favoreggiamento dell’ingresso illegale definito e condannato all’articolo 1 della direttiva 2002/90 è stato trasposto nell’ordinamento giuridico tedesco agli articoli da 95 a 97 dell’AufenthG, relativi al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina (53).

124. In secondo luogo, sebbene la normativa in esame contribuisca effettivamente a contrastare l’immigrazione clandestina – nella misura in cui è volta a porre in capo ai vettori un obbligo di controllo sulle persone al fine di prevenire l’ingresso irregolare nel territorio nazionale –,nondimeno ciò non è sufficiente per ritenere che sia stata adottata «in conformità e in applicazione» delle prescrizioni della direttiva 2002/90 e della decisione quadro 2002/946.

125. Ciò equivale, infatti, ad ignorare l’oggetto e l’ambito di applicazione della direttiva 2002/90 e della decisione quadro 2002/946.

126. Questo corrisponde inoltre a trascurare la natura penale delle disposizioni adottate nel contesto di tale pacchetto di misure, la quale impone, conformemente al principio di legalità dei reati e delle pene, di interpretare in maniera restrittiva gli elementi tanto oggettivi quanto soggettivi costitutivi dell’illecito in parola.

127. La direttiva 2002/90 e la decisione quadro 2002/946 formano un complesso di misure indissociabili, destinate a completare l’arsenale di lotta contro l’immigrazione clandestina (54). Qualificate come «pacchetto dei favoreggiatori» (55), esse prendono di mira le filiere dell’immigrazione clandestina e, in particolare, le filiere del trasporto clandestino.

128. Ciò risulta molto chiaramente dal considerando 2 della direttiva 2002/90 e della decisione quadro 2002/946, nel quale il legislatore dell’Unione, mediante tali misure, intende «combattere l’attività di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, tanto se correlata all’attraversamento illegale della frontiera in senso stretto quanto se perpetrata allo scopo di alimentare le reti di sfruttamento di esseri umani» (56). In realtà, il citato considerando mostra in maniera chiara e inequivoca l’origine di tale pacchetto di misure, adottato a seguito della macabra scoperta a Dover (Gran Bretagna), nel 2000, dei corpi senza vita di 58 Cinesi, candidati all’immigrazione clandestina, in un container di un camion immatricolato nei Paesi Bassi, gli Stati membri avendo incaricato la Repubblica francese, allora presidente in carica dell’Unione, di proporre misure al fine di contrastare tali crimini e il rapido sviluppo delle filiere dell’immigrazione clandestina nell’Unione.

129. Per evitare che le reti criminali approfittino dell’assenza di incriminazioni e di sanzioni in alcuni Stati membri per sviluppare le loro attività e selezionare la propria via d’ingresso mediante un forum shopping (57), tale pacchetto di misure mira al ravvicinamento delle legislazioni nazionali stabilendo, da un lato, nella direttiva 2002/90, una definizione comune dell’illecito di favoreggiamento dell’ingresso, del transito e del soggiorno illegali e, d’altro lato, nella decisione quadro 2002/946, regole minime relative alla natura delle sanzioni che possono essere inflitte, nonché le norme applicabili riguardo alla responsabilità delle persone giuridiche e le norme sulla competenza degli Stati membri (58).

130. Il favoreggiamento dell’ingresso illegale è definito nei suoi elementi tanto oggettivi quanto soggettivi, all’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2002/90 nei seguenti termini:

«Ciascuno Stato membro adotta sanzioni appropriate:

a)      nei confronti di chiunque intenzionalmente aiuti una persona che non sia cittadino di uno Stato membro ad entrare (…) nel territorio di uno Stato membro in violazione della legislazione di detto Stato relativa all’ingresso o al transito degli stranieri» (59).

131. L’illecito di favoreggiamento dell’ingresso illegale è introdotto nel diritto dell’Unione quale «comportamento illecito», come risulta dalla rubrica dell’articolo 1 della direttiva 2002/90, ma altresì dalla genericità dei termini utilizzati dal legislatore dell’Unione. L’ambito di applicazione di tale illecito è dunque particolarmente ampio e ciò si spiega con l’imperativo della lotta contro le filiere dell’immigrazione clandestina. La nozione di «favoreggiamento», che pure è uno degli elementi costitutivi dell’illecito, non è definita rigorosamente in questa sede, il che consente di ricomprendere le varie forme che può assumere il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, e dunque il modus operandi dei passatori, dal trasporto stricto sensu, alla gestione di tale trasporto, alla fabbricazione o alla fornitura di documenti falsificati, all’organizzazione di matrimoni di convenienza, o qualsiasi altro mezzo volto a facilitare l’ingresso, il transito o la residenza (60).

132. Inoltre, sanzionando l’aiuto prestato da «chiunque», il legislatore dell’Unione ha tenuto conto del numero e della diversità dei profili delle persone che possono essere coinvolte, a scopo di lucro o meno (61), in modo da includere tutti i membri di una rete di passatori, come trafficanti, organizzatori, reclutatori o ancora autisti o scafisti, messaggeri, spalleggiatori, falsari di passaporti, fornitori (proprietari di imbarcazioni, automobili, autoveicoli), funzionari e prestatori di servizi corrotti (62).

133. Peraltro, l’illecito si configura a prescindere dalla circostanza che l’aiuto fornito all’immigrazione clandestina riguardi l’attraversamento illegale di una frontiera interna o esterna allo spazio Schengen. Il legislatore dell’Unione incrimina, infatti, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina qualora riguardi l’ingresso «nel territorio di uno Stato membro»; lo stesso legislatore aveva precedentemente dichiarato al considerando 2 della direttiva 2002/90 che occorreva combatterlo allorché è correlato all’attraversamento illegale della frontiera «in senso stretto».

134. Infine, la qualifica di «penalità» utilizzata per definire la misura effettivamente applicata al vettore non mi sembra corrispondere alla sua realtà giuridica.

135. Come espressamente affermato in udienza, la penalità contemplata all’articolo 63, paragrafo 3, dell’AufenthG consiste in una sanzione pecuniaria di un importo non trascurabile (un minimo di EUR 1 000 e un massimo di EUR 5 000) inflitta al vettore per un numero di volte pari al numero di passeggeri presenti in violazione delle norme che disciplinano le condizioni relative all’ingresso degli stranieri nel territorio tedesco. Lo scopo, espresso in modo altrettanto chiaro, di tale normativa consiste nel dissuadere il vettore dal non effettuare il necessario controllo e nel sanzionarlo ogniqualvolta sia stato constatato che il controllo non è stato realizzato.

136. La funzione di tale sanzione, ossia prevenire e al contempo sanzionare, è esattamente quella della pena che sanziona un illecito. Pertanto, si pone la questione inevitabile della volontà in forza del principio di legalità dei reati e delle pene, il quale impone che la legge definisca tutti gli elementi costitutivi del reato e, in particolare, i suoi elementi oggettivi e psicologici.

137. Orbene, sono convinto che, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2002/90, il legislatore ha inteso condannare non già colui che assume il rischio di aiutare una persona in situazione irregolare ad entrare nel territorio (dolo eventuale), bensì colui che è mosso dalla volontà criminosa di commettere l’atto precisamente vietato dalla legge (dolo speciale).

138. Nelle proprie osservazioni, la Repubblica federale di Germania fa effettivamente riferimento a una forma di dolo da essa denominato «dolus eventualis», che definisce come una «volontà parzialmente deliberata». Tale forma di dolo è propria di colui che non ha voluto realizzare il reato nella sua integralità. Si è qui in presenza di una situazione in cui l’interessato non è mosso dall’accertata volontà delittuosa di commettere un grave illecito, consistente nel collaborare con una rete di passatori, ma agisce con leggerezza, imprudenza o negligenza. Vero è che il legislatore dell’Unione può incriminare la negligenza rispetto alla normativa, ma occorre altresì che ciò sia chiaramente espresso e definito nonché sanzionato in maniera non sproporzionata nella norma incriminatrice.

139. Si deve rilevare che tale definizione del «dolus eventualis» e il sistema repressivo che ne consegue sono incompatibili con la formulazione dell’articolo 1 della direttiva 2002/90, che costituisce il fondamento legale del sistema repressivo e che non lascia sussistere alcun dubbio sia riguardo ai suoi termini sia per quanto attiene al suo obiettivo e al suo impianto sistematico.

140. Nella versione in lingua francese il legislatore dell’Unione esige che la persona fisica o giuridica abbia agito «sciemment», la versione in lingua tedesca impiega il termine «vorsätzlich», quella in lingua inglese «intentionally», quella in lingua italiana «intenzionalmente», quella in lingua neerlandese «opzettelijk», quella in lingua rumena «în mod conștient» e, infine, quella in lingua slovacca «úmyselne».

141. Tali termini devono ricevere un’interpretazione autonoma e uniforme in tutta l’Unione e il loro significato deve, prima di tutto, essere ricercato tenendo conto in questa sede del principio dell’autonomia del diritto penale e dei principi generali di quest’ultimo.

142. Orbene, il termine «intenzionalmente», tradotto indistintamente nelle altre versioni linguistiche della direttiva con i termini «sciemment», «deliberatamente» o ancora «volontariamente», esclude di per se stesso la nozione di «dolo eventuale». Si deve convenire che la persona che aiuta «scientemente» o «intenzionalmente» un cittadino di un paese terzo ad entrare nel territorio in maniera irregolare non è mosso dalla stessa volontà criminosa di colui che ne assume soltanto il rischio con la propria negligenza.

143. Inoltre, l’impianto sistematico nel quale si inserisce l’articolo 1 della direttiva 2002/90 testimonia in maniera abbastanza evidente che il legislatore dell’Unione intende colpire coloro che agiscono consapevolmente e deliberatamente al fine di realizzare l’atto vietato. Infatti, si tratta di sanzionare penalmente non soltanto coloro che commettono l’illecito, ma altresì, ai sensi dell’articolo 2 della direttiva in parola, coloro che tentano di perpetrarlo, coloro che ne sono gli istigatori o i complici. Per quanto attiene alle sanzioni applicabili, definite all’articolo 1 della decisione quadro 2002/946, esse devono essere dissuasive. Orbene, è possibile dissuadere soltanto coloro che hanno la volontà di commettere l’atto represso dalla legge o di recidivare. Peraltro, la severità delle sanzioni, le quali possono concretarsi in una misura di «estradizione» o in pene privative della libertà, esclude, a mio avviso, che queste ultime siano inflitte a coloro che assumono unicamente il rischio di commettere l’illecito.

144. Infine, l’obiettivo chiaramente espresso della direttiva 2002/90 è proprio contrastare coloro che aderiscono a reti di passatori e si mantengono grazie all’immigrazione clandestina.

145. Alla luce delle suesposte considerazioni, non pervengo dunque a condividere il punto di vista della Repubblica federale di Germania secondo il quale qualsiasi impresa di trasporto mediante autobus che offre un servizio di linea transfrontaliero all’interno dello spazio Schengen che autorizzi la salita a bordo di stranieri sprovvisti dei necessari documenti di viaggio fornisce necessariamente a questi ultimi un aiuto all’ingresso illegale ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2002/90. Non si può dunque, estendendo il significato della nozione di «dolo eventuale», pervenire ad assimilare coloro che hanno agito in maniera «parzialmente deliberata» a complici o a coautori.

146. Se è vero che il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina include effettivamente attività di trasporto e può coinvolgere fornitori di servizi quali compagnie di trasporto che esercitano la propria attività nel territorio dell’Unione, è nondimeno necessario provare che sussistano gli elementi sia oggettivi sia soggettivi del reato. Ciò rientra tra i poteri del giudice nazionale che deve allora valutare caso per caso se, conducendo lo straniero nel territorio nazionale, il vettore abbia deliberatamente partecipato a un’attività criminosa volta a far entrare nel territorio nazionale persone in situazione irregolare avendo avuto il compito di facilitarne lo spostamento secondario all’interno dello spazio Schengen.

147. Ciò premesso, ritengo che, nell’ipotesi in cui le autorità nazionali competenti constatino che un’impresa di trasporto mediante autobus che offre un servizio di linea transfrontaliero all’interno dello spazio Schengen si avvale della propria attività al fine di aiutare, deliberatamente, cittadini di paesi terzi ad entrare illegalmente nel territorio dello Stato membro di destinazione e decidano che ricorrono gli elementi tanto oggettivi quanto soggettivi del reato di favoreggiamento dell’ingresso illegale, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2002/90, competa loro adottare le misure necessarie per garantire che tale reato sia passibile di una sanzione penale effettiva, proporzionata e dissuasiva, conformemente ai principi enunciati dalla decisione quadro 2002/946.

2.      Repressione del traffico illecito di migranti in forza del protocollo allegato delle Nazioni unite

148. In secondo luogo, la Repubblica federale di Germania sostiene che la normativa nazionale in esame è conforme alle disposizioni previste nel contesto del protocollo allegato delle Nazioni unite al cui rispetto sono tenuti tanto l’Unione quanto gli Stati membri.

149. Vero è che, conformemente all’articolo 11 di tale protocollo, gli Stati parti devono rafforzare i controlli alle frontiere necessari per prevenire e individuare il traffico illecito di migranti e, in tale contesto, devono adottare alle frontiere le misure appropriate per prevenire l’utilizzo dei mezzi di trasporto gestiti da vettori commerciali per la commissione del reato di cui trattasi (63). Se del caso, gli Stati parti sono pertanto tenuti in particolare a prevedere l’obbligo per i vettori commerciali, ivi inclusi qualsiasi società di trasporto o qualsiasi gestore di un qualsivoglia mezzo di trasporto, di verificare, a pena di sanzioni, che tutti i passeggeri siano in possesso dei documenti di viaggio necessari per l’ingresso nello Stato di destinazione.

150. Va tuttavia tenuto conto della riserva formulata all’articolo 11, paragrafo 1, del protocollo allegato delle Nazioni unite e richiamata al paragrafo 3 di tale disposizione, secondo la quale i summenzionati obblighi si applicano «fatti salvi gli impegni internazionali relativi alla libera circolazione delle persone» di cui gli Stati membri sono parti.

151. Occorre inoltre prendere in considerazione la dichiarazione formulata dall’Unione in sede di adesione al protocollo allegato delle Nazioni unite il 6 settembre 2006, nella quale essa ha sottolineato «che è competente in materia di attraversamento delle frontiere esterne degli Stati membri, di elaborazione delle norme e delle procedure per il controllo delle persone a dette frontiere (…) [nonché in materia di] misure nel settore della politica d’immigrazione relative alle condizioni di ingresso e soggiorno e [di] misure di lotta contro l’immigrazione illegale e il soggiorno illegale (…)».

152. Atteso che la Repubblica federale di Germania è uno Stato parte della CAAS e uno Stato membro dell’Unione, essa può dare attuazione agli obblighi sanciti all’articolo 11, paragrafi da 2 a 4, di tale protocollo soltanto a condizione che siano compatibili con le pertinenti disposizioni del diritto dell’Unione e, in particolare, con le disposizioni adottate nel contesto della CAAS, della direttiva 2002/90 e della decisione quadro 2002/946.

153. Ciò premesso, non ritengo che allo stato attuale la Repubblica federale di Germania possa fare riferimento alla formulazione del protocollo allegato delle Nazioni unite al fine di fondare la legittimità di tali controlli.

3.      Obblighi imposti ai vettori ai sensi della direttiva 2001/51

154. In terzo e ultimo luogo, la Repubblica federale di Germania sostiene che la formulazione della direttiva 2001/51 e, in particolare, il suo considerando 4, autorizzano gli Stati membri a mantenere o a introdurre controlli come quelli attuati sulla base dell’articolo 63 dell’AufenthG.

155. La Repubblica federale di Germania incorre qui in errore riguardo alla portata di detta direttiva e, in particolare, del suo considerando 4.

156. Conformemente alla sua intitolazione, la direttiva 2001/51 «integra le disposizioni dell’articolo 26 della [CAAS]».

157. Ai sensi del citato articolo 26, le Parti contraenti devono porre a carico dei vettori di gruppi che effettuano collegamenti stradali internazionali con autobus e che, nel contesto di tale servizio, conducono uno straniero alla «frontiera esterna» (64), un obbligo di controllo dei documenti di viaggio nonché un obbligo di riconducimento, la cui violazione dev’essere sanzionata (65). Tali obblighi costituiscono, come risulta dall’intitolazione del capitolo 6 nel quale si inseriscono, «[m]isure di accompagnamento» alla soppressione del controllo delle persone alle frontiere interne il cui principio è enunciato all’articolo 2 della CAAS.

158. Al considerando 4 della direttiva 2001/51 – sul quale si basa la Repubblica federale di Germania – il legislatore dell’Unione precisa che tale direttiva non pregiudica la libertà degli Stati membri di mantenere o introdurre misure o sanzioni supplementari «per i vettori, che siano interessati o meno dalla presente direttiva». Secondo la Repubblica federale di Germania, un siffatto considerando autorizzerebbe dunque gli Stati membri a mantenere o a introdurre obblighi di controllo nei confronti dei vettori che conducono mediante autobus cittadini di paesi terzi alle frontiere interne di uno Stato membro.

159. L’espressione «che siano interessati o meno dalla presente direttiva» impiegata dal legislatore dell’Unione al considerando 4 della direttiva 2001/51 è infelice, dato che, con la propria genericità, introduce un elemento di incertezza in un testo destinato a imporre sanzioni di natura penale o amministrativa ai vettori. Essa deve dunque essere interpretata restrittivamente, tenendo conto dell’obiettivo e dell’impianto sistematico della direttiva in parola in cui il citato considerando si inserisce.

160. Per quanto attiene all’obiettivo di detta direttiva, è evidente che essa non mira a modificare o estendere la portata degli obblighi di controllo imposti ai vettori al di là del loro ambito di applicazione definito all’articolo 26 della CAAS. L’obiettivo della direttiva 2001/51, quale espressamente enunciato nella sua intitolazione e nel suo articolo 1, consiste nell’integrare tali disposizioni. Mentre gli articoli 2 e 3 della direttiva in esame precisano le condizioni di applicazione dell’obbligo di riconducimento, gli articoli 4 e 5 della medesima direttiva si limitano a precisare la natura e l’importo delle sanzioni applicabili in caso di violazione da parte dei vettori del loro obbligo di controllo.

161. Il considerando 4 della direttiva 2001/51 non può dunque essere interpretato come se avesse di per se stesso un tale effetto, salvo disconoscere chiaramente il significato e la portata del testo nel quale esso si inserisce e privare di ogni effetto utile il principio della soppressione dei controlli di frontiera alle frontiere interne enunciato all’articolo 3, paragrafo 2, TUE nonché agli articoli 26, paragrafo 2, e 67, paragrafo 2, TFUE e previsto all’articolo 20 del codice frontiere Schengen sul quale tale direttiva si fonda.

162. Per quanto attiene, poi, all’impianto sistematico della direttiva 2001/51, si deve rilevare che il principio sancito al suo considerando 4, secondo il quale gli Stati membri dispongono di un margine di discrezionalità in ordine all’introduzione o al mantenimento di misure o sanzioni supplementari nei confronti dei vettori, è concretizzato, soltanto in parte, all’articolo 5 della medesima direttiva, in quanto il legislatore si limita a menzionare i «vettori», non utilizzando affatto l’espressione «che siano interessati o meno dalla presente direttiva».

163. Tenuto conto di tali elementi, ritengo che la formulazione della direttiva 2001/51 e, in particolare, del suo considerando 4, non possa essere interpretata nel senso che autorizza gli Stati membri a mantenere o a introdurre obblighi di controllo nei confronti dei vettori di gruppi che, assicurando collegamenti stradali internazionali mediante autobus, conducono cittadini di paesi terzi alle frontiere interne di uno Stato membro, salvo disconoscere chiaramente lo scopo dell’articolo 26 della CAAS e i principi sui quali quest’ultima si basa.

164. Le misure adottate nel contesto dell’articolo 26 della CAAS, le cui modalità di attuazione sono precisate dalla direttiva 2001/51, trovano applicazione unicamente in occasione dell’attraversamento delle frontiere esterne.

VI.    Conclusione

165. Alla luce delle precedenti considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dal Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale, Germania) nel modo seguente:

1)      I controlli che devono essere effettuati da imprese di trasporto mediante autobus che offrono un servizio di linea transfrontaliero all’interno dello spazio Schengen e mediante i quali queste ultime sono tenute a verificare, prima dell’attraversamento della frontiera interna, che i passeggeri siano in possesso dei documenti di viaggio necessari ai fini dell’ingresso nel territorio nazionale sono assimilabili a «verifiche di frontiera» ai sensi dell’articolo 20 del regolamento (CE) n. 562/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone, come modificato dal regolamento (UE) n. 610/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013.

2)      L’articolo 67, paragrafo 2, TFUE e l’articolo 20 del regolamento n. 562/2006 ostano a una normativa nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, la quale esige dai vettori che, prima dell’attraversamento della frontiera, verifichino che i passeggeri siano in possesso del passaporto e del titolo di soggiorno necessari ai fini del regolare ingresso nel territorio nazionale e che prospetta a detti vettori una penalità in caso di inadempimento di tale obbligo allorché la normativa di cui trattasi si applica a imprese di trasporto mediante autobus che offrono un servizio di linea transfrontaliero all’interno dello spazio Schengen.

3)      Nell’ipotesi in cui le autorità nazionali competenti constatino che un’impresa di trasporto mediante autobus che offre un servizio di linea transfrontaliero all’interno dello spazio Schengen si avvale della propria attività al fine di aiutare, deliberatamente, cittadini di paesi terzi ad entrare illegalmente nel territorio dello Stato membro di destinazione e decidano che ricorrono gli elementi tanto oggettivi quanto soggettivi del reato di favoreggiamento dell’ingresso illegale, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2002/90/CE del Consiglio, del 28 novembre 2002, volta a definire il favoreggiamento dell’ingresso, del transito e del soggiorno illegali, compete loro adottare le misure necessarie per garantire che tale reato sia passibile di una sanzione penale effettiva, proporzionata e dissuasiva, conformemente ai principi enunciati dalla decisione quadro 2002/946/GAI del Consiglio, del 28 novembre 2002, relativa al rafforzamento del quadro penale per la repressione del favoreggiamento dell’ingresso, del transito e del soggiorno illegali.


1      Lingua originale: il francese.


2      Il «vettore» dev’essere inteso in questa sede come «ogni persona fisica o giuridica che trasporta persone a titolo professionale», secondo la definizione del legislatore dell’Unione di cui all’articolo 2, punto 14, del regolamento (CE) n. 562/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (GU 2006, L 105, pag. 1), come modificato dal regolamento (UE) n. 610/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013 (GU 2013, L 182, pag. 1) (in prosieguo: il «codice frontiere Schengen»). Il regolamento n. 562/2006 è stato abrogato e sostituito dal regolamento (UE) 2016/399 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, che istituisce un codice unionale relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen) (GU 2016, L 77, pag. 1). Il regolamento n. 562/2006 era applicabile alla data dei fatti di cui ai procedimenti principali.


3      BGBl. 2004 I, pag. 1950, nella sua versione applicabile ai fatti di cui ai procedimenti principali (in prosieguo: l’«AufenthG»).


4      L’attuazione di tale articolo è precisata ai punti 63.1 e 63.2 dell’Allgemeine Verwaltungsvorschrift zum Aufenthaltsgesetz (disposizione amministrativa generale relativa alla legge sul soggiorno degli stranieri), del 26 ottobre 2009 (GMBl. 2009, pag. 878; in prosieguo: la «disposizione amministrativa generale relativa all’AufenthG»).


5      Convenzione [di applicazione dell’Accordo di Schengen] del 14 giugno 1985 tra i governi degli Stati dell’Unione economica Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni, firmata a Schengen (Lussemburgo) il 19 giugno 1990 (GU 2000, L 239, pag. 19; in prosieguo: la «CAAS»).


6      Direttiva del Consiglio, del 28 giugno 2001, che integra le disposizioni dell’articolo 26 della convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen (GU 2001, L 187, pag. 45).


7      V., in proposito, l’analisi comparata di de Bruycker, P., «Rapport de synthèse concernant la transposition de la directive visant à compléter les dispositions de l’article 26 de la Convention d’Application de l’Accord de Schengen du 14 juin 1985», Actualité du droit européen de l’immigration et de l’asile, Bruylant, Bruxelles, 2005, pagg. da 417 a 424, nonché quella della Rete europea delle migrazioni intitolata «Ad-Hoc Query on implementing Council Directive 2001/51/EC», del 13 dicembre 2012, disponibile al seguente indirizzo Internet: https://ec.europa.eu/home-affairs/sites/homeaffairs/files/what-we-do/networks/european_migration_network/reports/docs/ad-hoc-queries/eu-acquis/436_emn_ad-hoc_query_on_implementing_council_directive_200151ec_5november2012_wider_dissemination_en.pdf.


8      Come emerge dallo studio della Rete europea delle migrazioni, citato alla nota a piè di pagina 7 delle presenti conclusioni la normativa nazionale di cui trattasi, come, sembra, molte altre, non distingue a seconda che i vettori trasportino i passeggeri da uno Stato membro dello spazio Schengen o da uno Stato terzo.


9      V. Labayle, H., «La suppression des contrôles aux frontières intérieures de l’Union», Les frontières de l’Union européenne, Bruylant, Bruxelles, 2013, pagg. da 19 a 53. L’autore rileva che «tale processo di eliminazione è alla base di una delle realizzazioni più significative dell’Unione (…), quella di uno “spazio” aperto alla libera circolazione delle persone» (pag. 19).


10      C‑188/10 e C‑189/10, EU:C:2010:363.


11      C‑278/12 PPU, EU:C:2012:508.


12      C‑9/16, EU:C:2017:483.


13      Taluni Stati membri esonerano quindi le imprese di trasporto mediante autobus dall’ammenda prevista in caso di violazione del loro obbligo di controllo al momento dell’attraversamento delle frontiere esterne qualora dimostrino un controllo all’ingresso nel territorio di uno degli Stati con i quali si applica l’acquis di Schengen, oppure un controllo all’ingresso nel territorio nazionale ad opera dei servizi competenti.


14      Ritengo che un siffatto meccanismo sia passibile di critica in quanto non distingue affatto a seconda che il cittadino di un paese terzo sprovvisto dei necessari documenti di viaggio sia un clandestino o un richiedente asilo. Orbene, i movimenti migratori secondari includono persone idonee a beneficiare di una protezione internazionale. Sebbene, allo stato attuale del diritto dell’Unione, sia previsto che i richiedenti asilo depositino la propria domanda nel primo Stato membro d’ingresso, sono numerosi coloro che si spostano in maniera irregolare all’interno dello spazio Schengen, ritenendo di avere maggiori opportunità di accedere allo status di rifugiato in un dato Stato membro anziché in un altro, in quanto, nonostante la realizzata armonizzazione, si è ancora in presenza di un sistema di asili nazionali.


15      Direttiva del Consiglio, del 28 novembre 2002, volta a definire il favoreggiamento dell’ingresso, del transito e del soggiorno illegali (GU 2002, L 328, pag. 17).


16      Decisione quadro del Consiglio, del 28 novembre 2002, relativa al rafforzamento del quadro penale per la repressione del favoreggiamento dell’ingresso, del transito e del soggiorno illegali (GU 2002, L 328, pag. 1).


17      Tali misure sono applicabili facendo salva la tutela riconosciuta ai rifugiati e ai richiedenti asilo.


18      Conformemente all’articolo 6 della decisione quadro 2002/946, l’applicazione di tale meccanismo non pregiudica la protezione concessa ai rifugiati e ai richiedenti asilo.


19      Al capitolo 6, intitolato «Misure di accompagnamento», l’articolo 27, paragrafo 1, della CAAS prevedeva che «[l]e Parti contraenti si impegnano a stabilire sanzioni appropriate nei confronti di chiunque aiuti o tenti di aiutare, a scopo di lucro, uno straniero ad entrare o a soggiornare nel territorio di una Parte contraente in violazione della legislazione di detta Parte contraente relativa all’ingresso ed al soggiorno degli stranieri».


20      Al considerando 2 della direttiva 2002/90 e della decisione quadro 2002/946, il legislatore dell’Unione ha infatti dichiarato che occorre «adottare misure volte a combattere l’attività di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, tanto se correlata all’attraversamento illegale della frontiera in senso stretto quanto se perpetrata allo scopo di alimentare le reti di sfruttamento di esseri umani»; il corsivo è mio.


21      C‑188/10 e C‑189/10, EU:C:2010:363.


22      C‑278/12 PPU, EU:C:2012:508.


23      C‑9/16, EU:C:2017:483.


24      BGBl. 1994 I, pag. 2978.


25      Tale protocollo è stato approvato, a nome della Comunità europea, con la decisione 2006/616/CE del Consiglio, del 24 luglio 2006, relativa alla conclusione, a nome della Comunità europea, del protocollo per combattere il traffico di migranti per via terrestre, aerea e marittima, allegato alla convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale relativamente alle disposizioni del protocollo nella misura in cui rientrano nell’ambito di applicazione degli articoli 179 e 181 A del trattato che istituisce la Comunità europea (GU 2006, L 262, pag. 24), e con la decisione 2006/617/CE del Consiglio, del 24 luglio 2006, relativa alla conclusione, a nome della Comunità europea, del protocollo per combattere il traffico di migranti per via terrestre, aerea e marittima, allegato alla convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale relativamente alle disposizioni del protocollo nella misura in cui rientrano nell’ambito di applicazione della parte terza, titolo IV, del trattato che istituisce la Comunità europea (GU 2006, L 262, pag. 34) (in prosieguo: il «protocollo allegato delle Nazioni unite»).


26      L’articolo 2, punto 8, di tale codice definisce i valichi di frontiera come i valichi autorizzati dalle autorità competenti per il passaggio delle frontiere esterne.


27      V., a tal proposito, sentenze del 19 luglio 2012, Adil (C‑278/12 PPU, EU:C:2012:508, punto 56 nonché giurisprudenza ivi citata), e del 21 giugno 2017, A (C‑9/16, EU:C:2017:483, punto 42).


28      V., a tal proposito, considerando 5 e raccomandazione 1 della raccomandazione della Commissione, del 12 maggio 2017, relativa a controlli di polizia proporzionati e alla cooperazione di polizia nello spazio Schengen [C(2017) 3349 final].


29      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (GU 2008, L 348, pag. 98).


30      Il summenzionato criterio è stato impiegato dalla Corte al punto 72 della sentenza del 7 giugno 2016, Affum (C‑47/15, EU:C:2016:408), riguardo all’interpretazione dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2008/115. Tale disposizione precisa che il fermo o la scoperta di cittadini interessati di paesi terzi deve avvenire «in occasione dell’attraversamento irregolare» di una frontiera esterna. Secondo la Corte, tali termini implicherebbero uno stretto legame temporale e spaziale con l’attraversamento della frontiera, il che riguarderebbe i cittadini di paesi terzi fermati o scoperti dalle competenti autorità nel momento stesso dell’irregolare attraversamento della frontiera esterna o, successivamente all’attraversamento, in prossimità della frontiera stessa.


31      Il corsivo è mio.


32      V., a tal proposito, Lantero, C., «La politique de sanction des transporteurs», Les flux migratoires au sein de l’Union européenne, Bruylant, Bruxelles, 2017, pagg. da 265 a 281, che menziona «sistemi di non ingresso» (pag. 265); Cuttitta, P., «Le monde frontière. Le contrôle de l’immigration dans l’espace globalisé», Cultures et conflits, OpenEdition, Marsiglia, 2007, n. 68, pagg. da 61 a 84, che, per parte sua, parla di una «flessibilizzazione (…) della frontiera attraverso la delocalizzazione dei controlli» (pag. 69); Guiraudon, V., «Logiques et pratiques de l’État délégateur: les compagnies de transport dans le contrôle migratoire à distance, parties 1 et 2», Cultures et conflits, OpenEdition, Marsiglia, 2002, n. 45, pagg. da 51 a 79; Rossetto, J., «Le contrôle de l’immigration», Les frontières de l’Union européenne, Bruylant, Bruxelles, 2013, pagg. da 111 a 129, in particolare, pag. 121.


33      V. Cruz, A., Nouveaux contrôleurs d’immigration: transporteurs menacés de sanctions, L’Harmattan, Parigi, 1995.


34      V., in proposito, oltre alle opere e agli articoli già citati, Carlier, J.‑Y., «Les transporteurs, nouveaux contrôleurs des migrations internationales? À propos des sanctions à charge des transporteurs qui prennent à leur bord des personnes non munies des documents requis pour leur entrée dans le pays de destination», Liber amicorum Jacques Putzeys, études de droit des transports, Bruylant, Bruxelles, 1996, pagg. da 15 a 35; Dumas, P., L’accès des ressortissants de pays tiers au territoire des États membres de l’Union européenne, tesi di dottorato pubblico discussa nel 2010, Bruylant, Bruxelles, 2013, pagg. 220 e segg.; Le Bourhis, K., Les transporteurs et le contrôle des flux migratoires, L’Harmattan, Parigi, 2001, pag. 61.


35      Direttiva del Consiglio, del 29 aprile 2004, concernente l’obbligo dei vettori di comunicare i dati relativi alle persone trasportate (GU 2004, L 261, pag. 24).


36      Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2017, che istituisce un sistema di ingressi/uscite per la registrazione dei dati di ingresso e di uscita e dei dati relativi al respingimento dei cittadini di paesi terzi che attraversano le frontiere esterne degli Stati membri e che determina le condizioni di accesso al sistema di ingressi/uscite a fini di contrasto e che modifica la Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen e i regolamenti (CE) n. 767/2008 e (UE) n. 1077/2011 (GU 2017, L 327, pag. 20).


37      Sulla base di tali dati, il servizio web trasmette loro una risposta «OK/NON OK». I vettori possono conservare le informazioni trasmesse nonché la risposta e devono istituire un sistema di autentificazione per garantire che solo il personale autorizzato possa accedere al servizio.


38      Ministère de l’Intérieur (Ministero dell’Interno, Francia), «Rapport au Parlement: responsabilité des transporteurs. L’application de la loi no 92-190 du 26 février 1992 du 1er mars 1993 au 31 décembre 1995», Direction des Libertés publiques et de l’action judiciaire, Parigi, 1996.


39      Garcia Coso, E., «Spain – Report on the transposition of the Directive supplementing Article 26 of the Schengen Convention», Actualité du droit européen de l’immigration et de l’asile, Bruylant, Bruxelles, 2005, pagg. da 481 a 485, in particolare pag. 484.


40      V. decisione n. 92-307 del Conseil constitutionnel (Consiglio costituzionale), del 25 febbraio 1992, sulla legge recante modifica dell’ordonnance (ordinanza) n. 45‑2658, del 2 novembre 1945, e successive modifiche relativa alle condizioni di ingresso e di soggiorno degli stranieri in Francia (considerando 32).


41      V., a tal proposito, Lochak, D., «Commentaire de la décision du Conseil constitutionnel du 25 février 1992 (Entrée et séjour des étrangers)», Journal du droit international (Clunet), LexisNexis, Parigi, luglio 1992, pagg. da 669 a 692, in particolare pag. 690, e Dumas, P., op. cit., in particolare pag. 224.


42      Volendolo applicare per analogia in questa sede alle frontiere interne.


43      Tenuto conto dell’interpretazione che propongo alla Corte di adottare, non risponderò alle sotto‑questioni sollevate dal giudice del rinvio riguardo all’interpretazione dell’articolo 21, lettere a) e b), del codice frontiere Schengen.


44      C‑9/16, EU:C:2017:483.


45      Raccomandazione citata alla nota a piè di pagina 28 delle presenti conclusioni.


46      V. considerando 1 di tale raccomandazione.


47      V. considerando 6 di detta raccomandazione.


48      Nella sua proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2016/399 per quanto riguarda le norme applicabili al ripristino temporaneo del controllo di frontiera alle frontiere interne [COM(2017) 571 final], la Commissione al punto 1 ricorda che, per via della crisi migratoria e degli attentati terroristici, i controlli alle frontiere interne, i cui principi e le cui modalità sono stati sanciti dal codice frontiere Schengen, sono stati ripristinati e prorogati una cinquantina di volte dal mese di settembre del 2015, a causa di minaccia grave per l’ordine pubblico o la sicurezza interna (articolo 25 di tale codice), oppure a causa di circostanze eccezionali che mettono a rischio il funzionamento globale dello spazio Schengen (articolo 26 di detto codice).


49      V. proposta citata alla precedente nota a piè di pagina.


50      Fra tali misure, che la Commissione elenca nella propria comunicazione al Parlamento europeo e al Consiglio intitolata «Preservare e rafforzare Schengen» [COM(2017) 570 final], vi sono, in particolare, il nuovo regolamento sulla guardia di frontiera e costiera europea (Frontex), la creazione di punti di crisi e l’introduzione, in risposta alle minacce terroristiche, di verifiche sistematiche delle banche dati pertinenti alle frontiere esterne per tutti i viaggiatori, inclusi i cittadini dell’Unione (pagg. da 5 a 7).


51      Tale disposizione compare con un’identica formulazione all’articolo 15 del regolamento 2016/399, il quale ha sostituito il codice frontiere Schengen applicabile ai fatti di cui ai procedimenti principali.


52      Nella lingua processuale: «in Übereinstimmung und in Umsetzung».


53      Tali disposizioni sono state esaminate dalla Corte nell’ambito della sentenza del 10 aprile 2012, Vo (C‑83/12 PPU, EU:C:2012:202).


54      V. il loro considerando 5.


55      V. nota informativa del Parlamento europeo intitolata «Lottare contro il traffico di migranti verso l’Unione europea, principali strumenti», aprile 2016, disponibile al seguente indirizzo Internet: http://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/BRIE/2016/581391/EPRS_BRI%282016%29581391_FR.pdf (pagg. 2, 6 e 14).


56      Il corsivo è mio.


57      Il mercato del traffico illecito è estremamente flessibile, in quanto gli operatori adeguano le loro strategie al rafforzamento delle normative nazionali e dei controlli alla frontiera.


58      V. considerando 3 di tale direttiva e di tale decisione quadro.


59      Ai sensi dell’articolo 3 di detta direttiva, tale illecito dev’essere oggetto di sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive, la cui natura e il cui importo sono determinati all’articolo 1 della decisione quadro 2002/946.


60      «Il traffico dei migranti è un problema complesso e il modus operandi dei passatori è spesso assai elastico e mutevole. Occorre dunque colpire tale fenomeno adottando un approccio globale», nota informativa del Parlamento europeo citata alla nota a piè di pagina 55 delle presenti conclusioni (pag. 14).


61      L’illecito definito all’articolo 1, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2002/90 mira a reprimere le reti di passatori a scopo di lucro, come in precedenza faceva l’articolo 27 della CAAS.


62      La Rete europea delle migrazioni ha sottolineato che tali soggetti si trovano sia in paesi terzi sia in Stati membri dell’Unione ove facilitano gli spostamenti secondari. All’interno dell’Unione, i facilitatori sono per lo più cittadini del paese di transito o di destinazione, v. l’«Étude sur le trafic illicite de migrants, caractéristiques, réponses et coopération avec les pays tiers, synthèse générale, septembre 2015», disponibile al seguente indirizzo Internet: https://emnbelgium.be/sites/default/files/publications/study_on_smuggling_of_migrants_executive_summary_french_091115_pdf.pdf (punto 1.3.2).


63      Il traffico illecito di migranti costituisce un reato ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera a), del protocollo allegato delle Nazioni unite. Ai sensi dell’articolo 3, lettera a), di tale protocollo, detto reato è definito nei suoi elementi sia oggettivi sia psicologici come il fatto di assicurare volontariamente e per trarne, direttamente o indirettamente, un vantaggio finanziario o un altro vantaggio materiale, l’ingresso illegale in uno Stato parte di una persona che non sia né un cittadino né un residente permanente di tale Stato.


64      V. paragrafo 1, lettera a), di tale articolo; il corsivo è mio.


65      V. nuove disposizioni previste nel contesto del regolamento 2017/2226, in particolare il suo considerando 16 e il suo articolo 13, paragrafo 3.