Language of document : ECLI:EU:C:2018:616

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

YVES BOT

presentate il 25 luglio 2018 (1)

Causa C247/17

Denis Raugevicius

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Korkein oikeus (Corte suprema, Finlandia)]

«Rinvio pregiudiziale – Cittadinanza dell’Unione – Articoli 18 e 21 TFUE – Richiesta presentata ad uno Stato membro da uno Stato terzo per l’estradizione di un cittadino dell’Unione, avente la cittadinanza di un altro Stato membro, che ha esercitato il proprio diritto alla libera circolazione nel primo Stato membro – Richiesta di estradizione presentata ai fini dell’esecuzione di una pena detentiva e non ai fini dell’esercizio dell’azione penale – Protezione dei cittadini nazionali contro l’estradizione – Restrizione alla libera circolazione – Obiettivo di evitare il rischio di impunità dei soggetti che hanno commesso un reato – Obiettivo di accrescere le opportunità di reinserimento sociale del soggetto condannato»






1.        La presente domanda di pronuncia pregiudiziale porterà la Corte a completare la propria giurisprudenza in materia di estradizione dei cittadini dell’Unione europea che hanno esercitato il loro diritto alla libera circolazione in uno Stato membro diverso da quello di cui hanno la cittadinanza.

2.        Mentre la giurisprudenza elaborata dalla Corte a partire dalla sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin (2), è relativa a richieste di estradizione presentate da Stati terzi ai fini dell’esercizio dell’azione penale, la causa in esame concerne una richiesta di estradizione rivolta dalle autorità russe alle autorità finlandesi, riguardante il sig. Denis Raugevicius, cittadino lituano e russo, ai fini dell’esecuzione di una pena.

3.        Nelle presenti conclusioni, proporrò alla Corte di dichiarare che gli articoli 18 e 21 TFUE devono essere interpretati nel senso che, in circostanze come quelle del procedimento principale, qualora uno Stato membro nel quale si è recato un cittadino dell’Unione, avente la cittadinanza di un altro Stato membro, riceva una richiesta di estradizione da uno Stato terzo ai fini dell’esecuzione di una pena detentiva irrogata in tale Stato, lo Stato membro richiesto è tenuto ad esaminare se, alla luce dei legami con tale Stato del soggetto condannato, l’esecuzione della pena in detto Stato membro sia in grado di favorire il reinserimento sociale del soggetto in questione. In caso affermativo, detto Stato membro deve attuare tutti gli strumenti di cooperazione internazionale in materia penale di cui dispone nei confronti dello Stato terzo richiedente al fine di ottenere il consenso di quest’ultimo a che la pena in questione sia eseguita nel proprio territorio, se del caso dopo essere stata adattata in funzione della pena prevista dalla propria legislazione penale per un reato della medesima natura.

I.      Contesto normativo

A.      Convenzione europea di estradizione

4.        L’articolo 1 della Convenzione europea di estradizione del Consiglio d’Europa, del 13 dicembre 1957 (3), è così formulato:

«Le Parti Contraenti si obbligano a estradarsi reciprocamente, secondo le regole e le condizioni stabilite negli articoli seguenti, gli individui perseguiti per un reato o ricercati per l’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza dalle autorità giudiziarie della Parte richiedente».

5.        L’articolo 6 della Convenzione europea di estradizione, intitolato «Estradizione dei cittadini», prevede quanto segue:

«1.      a)      Ciascuna Parte Contraente avrà la facoltà di rifiutare l’estradizione dei suoi cittadini.

b)      Ciascuna Parte Contraente potrà, mediante una dichiarazione fatta al momento della firma del deposito dello strumento di ratificazione o di adesione, definire, per quanto la concerne, il termine “cittadini” nel senso della presente Convenzione.

c)      La qualità di cittadino sarà valutata al momento della decisione di estradizione. (…)

2.      Se la Parte richiesta non procede all’estradizione di un suo cittadino, essa dovrà, su domanda della Parte richiedente, sottoporre il caso alle autorità competenti, affinché, ove occorra, possano essere esercitati perseguimenti giudiziari. A tale scopo, gli inserti, le informazioni e gli oggetti relativi al reato saranno trasmessi gratuitamente per la via prevista nel paragrafo 1 dell’articolo 12. La Parte richiedente sarà informata del seguito che sarà stato dato alla sua domanda».

6.        Riguardo all’articolo 6 della Convenzione europea di estradizione, la Repubblica di Finlandia ha fatto la seguente dichiarazione:

«Ai sensi della presente Convenzione, il termine “cittadini” designa i cittadini della Finlandia, della Danimarca, dell’Islanda, della Norvegia e della Svezia, nonché gli stranieri domiciliati in tali Stati».

B.      Diritto finlandese

7.        A termini dell’articolo 9, terzo comma, del Suomen perustuslaki (Costituzione finlandese) (1999/731), «[u]n cittadino finlandese non può essere estradato o consegnato in un altro paese contro la propria volontà. La legge può tuttavia prevedere che, per la commissione di un reato o ai fini di un procedimento giudiziario (…), un cittadino finlandese possa essere estradato o consegnato in un paese in cui gli siano garantiti il rispetto dei diritti umani e la tutela giurisdizionale».

8.        La laki rikoksen johdosta tapahtuvasta luovuttamisesta (legge in materia di estradizione per la commissione di un reato) (456/1970) (4), del 7 luglio 1970, dispone, all’articolo 2, che un cittadino finlandese non può essere estradato.

9.        L’articolo 14, primo comma, della legge sull’estradizione prevede quanto segue:

«L’Oikeusministeriö [(Ministero della Giustizia, Finlandia)] decide se accogliere la richiesta di estradizione».

10.      L’articolo 16, primo comma, della legge sull’estradizione così dispone:

«Qualora la persona di cui si chiede l’estradizione abbia comunicato, nel corso delle indagini o in una memoria depositata presso il Ministero della Giustizia prima della decisione sulla richiesta, di ritenere che non sussistano i requisiti legali per l’estradizione, il Ministero, a meno che la richiesta di estradizione non venga immediatamente respinta, può chiedere un parere al Korkein oikeus [(Corte suprema, Finlandia)] prima di decidere sulla richiesta. Il Ministero può chiedere un parere anche in altri casi, ove lo ritenga necessario».

11.      Ai sensi dell’articolo 17 della legge sull’estradizione, «[t]enuto conto delle disposizioni di cui agli articoli da 1 a 10 della presente legge e delle disposizioni equivalenti di una convenzione internazionale vincolante per la Finlandia, il Korkein oikeus [(Corte suprema)] accerta se la richiesta di estradizione possa essere accolta. Qualora il Korkein oikeus [(Corte suprema)] ritenga che sussista un impedimento all’estradizione, la relativa richiesta non può essere accolta».

12.      Peraltro, una pena detentiva inflitta da un giudice di uno Stato che non fa parte dell’Unione può essere eseguita in Finlandia in applicazione della laki kansainvälisestä yhteistoiminnasta eräiden rikosoikeudellisten seuraamusten täytäntöönpanossa (legge relativa alla cooperazione internazionale sull’esecuzione di determinate sanzioni penali) (21/1987), del 16 gennaio 1987. L’articolo 3 di tale legge è così formulato:

«Una pena irrogata da un giudice di uno Stato straniero può essere eseguita in Finlandia quando:

1)      la condanna è definitiva ed eseguibile nello Stato in cui è stata pronunciata;

(…)

3)      lo Stato in cui è stata irrogata la pena lo richieda o vi abbia consentito.

Una pena detentiva può essere eseguita in Finlandia, ai sensi del paragrafo 1, qualora il condannato sia un cittadino finlandese o uno straniero con residenza permanente in Finlandia e vi abbia consentito. (…)».

II.    Fatti del procedimento principale e questioni pregiudiziali

13.      Il 1o febbraio 2011 il sig. Raugevicius, che possiede la cittadinanza lituana e russa, è stato dichiarato colpevole in Russia di un reato in materia di stupefacenti a causa della detenzione, non a fini di vendita, di un miscuglio contenente 3,04 grammi di eroina. Egli è stato condannato ad una pena detentiva con sospensione condizionale.

14.      Il 16 novembre 2011 un giudice del distretto di Leningrado (Russia) ha revocato la sospensione condizionale a causa dell’inosservanza degli obblighi di sorveglianza e ha condannato il sig. Raugevicius ad una pena detentiva di quattro anni.

15.      Il 12 luglio 2016 è stato emesso un mandato d’arresto internazionale nei confronti del sig. Raugevicius.

16.      Il 12 dicembre 2016 il sig. Raugevicius è stato condannato da un käräjäoikeus (tribunale di primo grado, Finlandia) ad un divieto di viaggiare al di fuori del paese.

17.      Il 27 dicembre 2016 la Federazione russa ha inviato alla Repubblica di Finlandia una richiesta di estradizione con la quale chiedeva che il sig. Raugevicius venisse arrestato ed estradato in Russia ai fini dell’esecuzione di una pena detentiva.

18.      Il sig. Raugevicius si è opposto alla propria estradizione invocando segnatamente il fatto che egli viveva in Finlandia già da molto tempo e aveva in tale Stato membro due figli, cittadini finlandesi.

19.      Il 7 febbraio 2017 il Ministero della Giustizia ha chiesto al Korkein oikeus (Corte suprema) un parere sull’eventuale sussistenza di un impedimento giuridico all’estradizione del sig. Raugevicius in Russia.

20.      Il Korkein oikeus (Corte suprema) precisa che, quando esso fornisce un parere nell’ambito di un procedimento di estradizione, il proprio ruolo è diverso da quello svolto in sede giurisdizionale. Ritiene tuttavia, anche in detto ambito, di dover essere qualificato quale «organo giurisdizionale», ai sensi dell’articolo 267 TFUE, alla luce della giurisprudenza della Corte (5), tenuto conto della propria origine legale, del proprio carattere permanente, dell’obbligatorietà della propria giurisdizione, della natura contraddittoria del procedimento, dell’applicazione da parte propria di norme giuridiche e della propria indipendenza. Il Korkein oikeus (Corte suprema) aggiunge di essere effettivamente investito di una controversia, in quanto il sig. Raugevicius ha contestato i requisiti legali della propria estradizione e il ministero della Giustizia ha ritenuto di non respingere immediatamente la richiesta di estradizione. Infine, il parere che esso deve fornire è vincolante, nel senso che la richiesta di estradizione non può essere accolta qualora esso ritenga che sussista un impedimento all’estradizione. Ciò premesso, il Korkein oikeus (Corte suprema) ritiene di essere chiamato a statuire nell’ambito di un procedimento destinato a concludersi con una decisione di carattere giurisdizionale.

21.      Il Korkein oikeus (Corte suprema) rileva che la richiesta di estradizione è fondata sulla Convenzione europea di estradizione e che quest’ultima, al pari di altre convenzioni internazionali, non impone, a uno Stato che rifiuti l’estradizione dei propri cittadini, di adottare misure volte all’esecuzione di una pena irrogata in un altro Stato. Non esistono convenzioni in materia di estradizione tra l’Unione e la Federazione russa, e la Repubblica di Finlandia non ha neppure sottoscritto un accordo bilaterale di estradizione con la Federazione russa.

22.      Secondo il Korkein oikeus (Corte suprema), le convenzioni internazionali sul riconoscimento delle decisioni in materia penale e sul trasferimento dei soggetti condannati possono essere pertinenti, poiché tali convenzioni hanno lo scopo di garantire che il soggetto condannato possa scontare la pena nello Stato di cui ha la cittadinanza o nello Stato in cui risiede, il che può favorirne la riabilitazione e il reinserimento sociale.

23.      Il Korkein oikeus (Corte suprema) rileva che, nella sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin (6), la Corte si è pronunciata per la prima volta gli effetti del diritto dell’Unione sull’estradizione fuori dell’Unione di un cittadino di quest’ultima, effettuata sulla base di un accordo di estradizione internazionale concluso dallo Stato membro interessato. Esso ricorda che tale sentenza verteva su una richiesta di estradizione presentata da uno Stato terzo ai fini del perseguimento di un reato.

24.      Orbene, il Korkein oikeus (Corte suprema) deve adesso occuparsi di una situazione diversa. La questione che deve risolvere è infatti se gli orientamenti forniti dalla Corte nella sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin (7), possano direttamente applicarsi anche nei casi in cui un cittadino dell’Unione sia oggetto di una richiesta di estradizione verso uno Stato terzo ai fini dell’esecuzione di una pena detentiva. Occorre pertanto stabilire se i meccanismi di cooperazione in materia penale del diritto dell’Unione possano essere applicati e, se del caso, in che modo, in un’ipotesi in cui il reato sia già stato oggetto, in uno Stato terzo, di una decisione esecutiva.

25.      Il Korkein oikeus (Corte suprema) rammenta che, ai sensi dell’articolo 21 TFUE, ogni cittadino dell’Unione ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. Il rischio che un tale cittadino possa essere estradato in uno Stato terzo nel caso in cui lasci lo Stato membro di cui ha la cittadinanza per recarsi nel territorio di un altro Stato membro può pregiudicare la sua libertà di circolazione. Il Korkein oikeus (Corte suprema) considera che, per quanto concerne un simile ostacolo alla libertà di circolazione, poco importa che la richiesta di estradizione riguardi l’esercizio di un’azione penale o l’esecuzione di una pena in uno Stato terzo. Peraltro, il fatto che l’interessato possieda anche la cittadinanza dello Stato terzo che ne chiede l’estradizione non sarebbe rilevante per l’esame della sua situazione alla luce del diritto dell’Unione. Il Korkein oikeus (Corte suprema) intende, tuttavia, ottenere dalla Corte una conferma su tali punti.

26.      Tale giudice sottolinea che sussiste una differenza di trattamento tra un cittadino finlandese e un cittadino di un altro Stato membro, poiché soltanto quest’ultimo può essere estradato ai sensi del diritto finlandese. Orbene, il Korkein oikeus (Corte suprema) osserva che, in una situazione che rientra nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, i cittadini nazionali e quelli degli altri Stati membri possono essere posti in una situazione diversa solo qualora sussistano ragioni giustificative riconosciute dalla giurisprudenza dell’Unione. A tale riguardo, il Korkein oikeus (Corte suprema) menziona l’obiettivo di evitare il rischio d’impunità delle persone che hanno commesso un reato, il quale è stato considerato un obiettivo legittimo nella sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin (8). Sia l’estradizione ai fini dell’esercizio dell’azione penale, sia quella ai fini dell’esecuzione di una condanna, rispondono a tale obiettivo. Occorre quindi, secondo tale giudice, accertare se, con riguardo all’esecuzione di una pena, i cittadini finlandesi si trovino in una situazione diversa da quella dei cittadini di altri Stati membri.

27.      A tale proposito, il Korkein oikeus (Corte suprema) rileva che mentre negli accordi internazionali di estradizione esiste, in linea di principio, l’obbligo di perseguire penalmente il cittadino nazionale qualora quest’ultimo non venga estradato, non sussiste l’obbligo di far eseguire la pena sul territorio nazionale in caso di rifiuto di estradare. Ciò risulta, in particolare, dall’articolo 6, paragrafo 2, della Convenzione europea di estradizione. Inoltre, la Repubblica di Finlandia, al pari di molti altri Stati membri, non è parte contraente di una convenzione come quella sulla validità internazionale delle sentenze penali (9), dalla quale derivi un obbligo generale di eseguire le sentenze emesse in altri Stati.

28.      Il Korkein oikeus (Corte suprema) aggiunge che, nel diritto finlandese, l’esecuzione di una condanna straniera pronunciata in uno Stato terzo richiede il consenso non soltanto dello Stato di condanna, ma anche dello Stato di esecuzione, nonché della persona condannata, tranne in circostanze eccezionali che non sussistono nel caso di specie. Sembrerebbe in tal modo che la protezione contro l’estradizione di cui godono soltanto i cittadini nazionali non sia giustificata né da un obbligo dello Stato né da una reale possibilità di eseguire sul territorio finlandese pene irrogate all’estero nei confronti dei propri cittadini.

29.      Il Korkein oikeus (Corte suprema) osserva inoltre che, qualora una richiesta di estradizione sia presentata ai fini dell’esecuzione di una pena detentiva, l’applicazione di un meccanismo di cooperazione basato sull’avvio dell’azione penale implica l’introduzione di un nuovo procedimento per il medesimo reato, che potrebbe contrastare con il principio del ne bis in idem. Infatti, sebbene tale principio, che figura all’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, si applichi tra Stati membri dell’Unione e non sia stato sancito nello stesso modo al di fuori di quest’ultima, taluni Stati membri lo rispettano nondimeno anche in caso di condanna pronunciata in uno Stato terzo.

30.      Peraltro, l’avvio dell’azione penale nello Stato membro richiesto può essere impossibile per altri motivi di diritto. Ad esempio, nel caso di specie, se il sig. Raugevicius fosse un cittadino finlandese, non potrebbe essere perseguito in Finlandia benché, per quanto riguarda i reati commessi all’estero, la Repubblica di Finlandia abbia un diritto di esercitare l’azione penale basato sulla nazionalità. Infatti, tenuto conto del fatto che il reato riguardava soltanto una modica quantità di sostanze stupefacenti destinate al consumo personale, il diritto di esercitare l’azione penale in Finlandia sarebbe prescritto ai sensi del diritto nazionale.

31.      Il Korkein oikeus (Corte suprema) si chiede se sia opportuno attuare il meccanismo di cooperazione indicato dalla Corte nella sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin (10), ai fini dell’esercizio dell’azione penale, nel caso in cui il reato sia già stato oggetto di una condanna pronunciata in uno Stato terzo.

32.      Tale giudice afferma che pare possibile, nella logica della sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin (11), informare lo Stato membro di cui il cittadino dell’Unione ha la cittadinanza e attendere per vedere se esso emetta un mandato d’arresto europeo ai fini dell’esercizio dell’azione penale, se non ai fini dell’esecuzione della decisione penale, secondo il proprio diritto nazionale. Ma, in tal caso, occorre stabilire entro quale termine tale Stato membro debba prendere la propria decisione, nello stesso interesse della persona oggetto della richiesta di estradizione. Inoltre, in un caso come quello di specie, non vi sarebbe certezza del fatto che lo Stato membro di cui l’interessato ha la cittadinanza consideri di essere tenuto ad esercitare l’azione penale, a causa segnatamente della prescrizione del diritto di esercitare tale azione o dell’applicazione nazionale del principio del ne bis in idem. In un caso del genere, occorrerebbe stabilire se lo Stato richiesto sia allora tenuto ad estradare il cittadino di un altro Stato membro o se debba invece rifiutare l’estradizione, e quali fattori concreti occorra prendere in considerazione.

33.      In tali circostanze, il Korkein oikeus (Corte Suprema) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se, in relazione alla libera circolazione di cittadini di un altro Stato membro, debbano essere valutate nello stesso modo le norme nazionali in materia di estradizione per un reato, indipendentemente dal fatto che la domanda di estradizione proveniente da un paese terzo, fondata su una convenzione sull’estradizione, venga presentata ai fini dell’esecuzione di una condanna penale o – come nella causa Petruhhin – ai fini dell’esercizio dell’azione penale. Se sia rilevante il fatto che la persona, di cui si chieda l’estradizione, possieda, oltre alla cittadinanza dell’Unione, anche la cittadinanza dello Stato che abbia presentato la domanda di estradizione.

2)      Se una disciplina nazionale, secondo la quale solo i propri cittadini non vengono estradati al di fuori dell’Unione ai fini dell’esercizio dell’azione penale, ponga ingiustificatamente i cittadini di un altro Stato membro in una situazione più sfavorevole. Se, anche in un caso in cui si tratti di esecuzione, possano essere attuati i meccanismi del diritto dell’Unione, con i quali sia possibile conseguire un obiettivo di per sé legittimo in modo meno pregiudizievole. Come occorra rispondere ad una domanda di estradizione, qualora essa sia stata comunicata all’altro Stato membro in attuazione di tali meccanismi, ma tale ultimo Stato non adotti tuttavia, ad esempio a causa di impedimenti giuridici, alcuna misura nei confronti del proprio cittadino».

III. Analisi

34.      Ricordo che le questioni pregiudiziali sollevate dal Korkein oikeus (Corte suprema) mirano a sapere se sussista un impedimento giuridico all’estradizione del sig. Raugevicius in Russia, nel qual caso le autorità finlandesi non potrebbero accogliere la richiesta di estradizione formulata da tale Stato terzo.

35.      Con le sue questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 18 e 21 TFUE debbano essere interpretati nel senso che, al fine di rispondere ad una richiesta di estradizione rientrante nell’ambito di applicazione della Convenzione europea di estradizione e formulata da uno Stato terzo per l’esecuzione di una pena irrogata in tale Stato, i cittadini di uno Stato membro diverso dallo Stato membro richiesto devono beneficiare della norma che vieta l’estradizione da quest’ultimo Stato membro dei propri cittadini.

36.      In via preliminare, osservo che la pena da eseguire risulta da una decisione pronunciata da un giudice del distretto di Leningrado (Russia), che ha revocato la pena detentiva con sospensione condizionale alla quale il sig. Raugevicius era stato condannato il 1o febbraio 2011, condannando quest’ultimo ad una pena detentiva di quattro anni. Poiché l’irrogazione di questa nuova pena sembra motivata dall’inosservanza, da parte del sig. Raugevicius, degli obblighi di sorveglianza, è probabile che la seconda pena sia stata irrogata in assenza di quest’ultimo. Se tale circostanza dovesse essere confermata dal giudice del rinvio, quest’ultimo dovrebbe accertare se la decisione penale da eseguire sia stata emessa nel rispetto del diritto ad un processo equo.

37.      Ciò precisato, dalla sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin (12), risulta che, in assenza di convenzioni internazionali tra l’Unione e il paese terzo interessato, le norme in materia di estradizione rientrano nella competenza degli Stati membri (13).

38.      Tuttavia, in situazioni ricadenti nell’ambito del diritto dell’Unione, le norme nazionali di cui trattasi devono rispettare quest’ultimo (14).

39.      Pertanto, le situazioni rientranti nell’ambito di applicazione dell’articolo 18 TFUE, in combinato disposto con le norme del Trattato FUE sulla cittadinanza dell’Unione, comprendono quelle rientranti nell’esercizio della libertà di circolare e di soggiornare sul territorio degli Stati membri, quale conferita dall’articolo 21 TFUE (15).

40.      Di conseguenza, occorre considerare che la situazione di un cittadino dell’Unione, quale il sig. Raugevicius, cittadino lituano, che ha esercitato il proprio diritto di circolare liberamente nell’Unione trasferendosi in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza, rientra nell’ambito di applicazione dei Trattati, ai sensi dell’articolo 18 TFUE.

41.      Tale constatazione non è in alcun modo inficiata dalla circostanza, sottolineata dal Korkein oikeus (Corte suprema), che l’interessato abbia altresì la cittadinanza dello Stato terzo che ne chiede l’estradizione. Infatti, la doppia cittadinanza di uno Stato membro e di uno Stato terzo non può privare l’interessato delle libertà che gli derivano dal diritto dell’Unione in quanto cittadino di uno Stato membro (16). È parimenti ininfluente sulla determinazione dell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione il fatto che, a differenza di quanto avveniva nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin (17), la richiesta di estradizione di cui al procedimento principale sia stata presentata ai fini dell’esecuzione di una pena detentiva e non ai fini dell’esercizio dell’azione penale.

42.      Nel campo di applicazione dei Trattati, l’articolo 18 TFUE vieta ogni discriminazione effettuata in base alla nazionalità.

43.      La Convenzione europea di estradizione consente, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera a), agli Stati firmatari di rifiutare l’estradizione dei propri cittadini. Ciò posto, tale facoltà dev’essere esercitata conformemente al diritto primario e, in particolare, alle norme del Trattato FUE in materia di parità di trattamento e di libertà di circolazione dei cittadini dell’Unione (18).

44.      Pertanto, l’applicazione, da parte di uno Stato membro, di una disposizione del proprio diritto nazionale a norma della quale nessun cittadino nazionale è estradato deve essere conforme al Trattato FUE, segnatamente ai suoi articoli 18 e 21 (19).

45.      A tale riguardo, la Corte ha stabilito che norme nazionali di uno Stato membro sull’estradizione, che introducono una differenza di trattamento a seconda che l’interessato sia cittadino di detto Stato membro o cittadino di un altro Stato membro, nei limiti in cui conducono a non accordare ai cittadini di altri Stati membri che si sono recati sul territorio dello Stato membro richiesto la protezione di cui beneficiano i cittadini di tale ultimo Stato membro, sono idonee ad incidere sulla libertà dei primi di circolare nell’Unione (20).

46.      Ne consegue che, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, la disparità di trattamento consistente nel permettere l’estradizione di un cittadino dell’Unione, avente la cittadinanza di uno Stato membro diverso dallo Stato membro richiesto, come il sig. Raugevicius, si traduce in una restrizione della libertà di circolazione, ai sensi dell’articolo 21 TFUE (21).

47.      Una siffatta restrizione può essere giustificata soltanto se si fonda su considerazioni oggettive ed è proporzionata all’obiettivo legittimamente perseguito dalle norme nazionali di estradizione di cui trattasi (22).

48.      La Corte ha riconosciuto che l’obiettivo di evitare il rischio di impunità delle persone che hanno commesso un reato si colloca nel quadro della prevenzione della criminalità e della lotta contro tale fenomeno. Tale obiettivo deve essere considerato legittimo nel diritto dell’Unione, nel contesto dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne, previsto all’articolo 3, paragrafo 2, TUE (23).

49.      Tuttavia, misure restrittive di una libertà fondamentale, come quella di cui all’articolo 21 TFUE, possono essere giustificate da considerazioni oggettive soltanto se necessarie ai fini della tutela degli interessi che esse mirano a garantire e soltanto nella misura in cui tali obiettivi non possano essere raggiunti mediante misure meno restrittive (24).

50.      Alla luce della giurisprudenza della Corte, che ho appena descritto, si pone quindi la questione se la Repubblica di Finlandia possa agire nei confronti del sig. Raugevicius in modo meno pregiudizievole per l’esercizio del suo diritto alla libera circolazione rispetto alla decisione di estradarlo in Russia.

51.      Nel determinare se esista una misura alternativa meno pregiudizievole per l’esercizio dei diritti conferiti dall’articolo 21 TFUE che consenta di raggiungere - con la medesima efficacia di una decisione di estradizione - l’obiettivo di evitare il rischio di impunità di una persona condannata ad una pena detentiva in uno Stato terzo, la Corte, nella sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin (25), a proposito di una richiesta di estradizione ai fini dell’esercizio dell’azione penale, ha dichiarato che occorre privilegiare lo scambio di informazioni con lo Stato membro di cui l’interessato ha la cittadinanza al fine di fornire, all’occorrenza, alle autorità di tale Stato membro l’opportunità di emettere un mandato d’arresto europeo ai fini dell’esercizio dell’azione penale. Pertanto, secondo la Corte, quando a uno Stato membro nel quale si sia recato un cittadino dell’Unione avente la cittadinanza di un altro Stato membro viene presentata una domanda di estradizione da parte di uno Stato terzo con il quale il primo Stato membro ha concluso un accordo di estradizione, esso è tenuto ad informare lo Stato membro del quale il predetto cittadino ha la cittadinanza e, se del caso, su domanda di quest’ultimo Stato membro, a consegnargli tale cittadino, conformemente alle disposizioni della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (26), come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009 (27), purché detto Stato membro sia competente, in forza del suo diritto nazionale, a perseguire tale persona per fatti commessi fuori dal suo territorio nazionale (28).

52.      Nella sentenza del 10 aprile 2018, Pisciotti (29), la Corte ha dichiarato che tale soluzione, delineata in un contesto che si caratterizzava per la mancanza di accordi internazionali in materia di estradizione tra l’Unione e lo Stato terzo interessato, è idonea ad applicarsi in una situazione nella quale un accordo del genere conferisce allo Stato membro richiesto la facoltà di non estradare i propri cittadini.

53.      Le circostanze del caso di specie impediscono tuttavia, a mio avviso, di ritenere che l’attivazione del meccanismo di cooperazione tra lo Stato membro richiesto e lo Stato membro di cui l’interessato ha la cittadinanza, quale evidenziato dalla Corte nella sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin (30), possa essere considerata un’alternativa appropriata all’estradizione.

54.      Infatti, tale meccanismo si basa, come abbiamo visto, su un’informazione da parte dello Stato membro richiesto allo Stato membro di cui l’interessato ha la cittadinanza al fine di fornire alle autorità di quest’ultimo l’opportunità di emettere, all’occorrenza, un mandato d’arresto europeo ai fini dell’esercizio dell’azione penale.

55.      Orbene, ricordo che la richiesta di estradizione di cui al procedimento principale mira all’esecuzione della pena alla quale il sig. Raugevicius è stato condannato in Russia. Occorre pertanto accertare non già se una nuova azione penale possa essere esercitata nei confronti del sig. Raugevicius dalle autorità giudiziarie dello Stato membro di cui egli ha la cittadinanza, vale a dire la Repubblica di Lituania, ma piuttosto se l’esecuzione di detta pena all’interno dell’Unione costituisca o meno una misura alternativa all’estradizione. Sottolineo inoltre che una soluzione volta a fornire alle autorità giudiziarie lituane l’opportunità di emettere un mandato d’arresto europeo ai fini dell’esercizio di una nuova azione penale nei confronti del sig. Raugevicius contrasterebbe con il principio del ne bis in idem.

56.      Non mi sembra ipotizzabile neanche architettare un meccanismo in virtù del quale le autorità giudiziarie lituane avessero la possibilità di emettere un mandato d’arresto europeo ai fini dell’esecuzione della pena sul territorio lituano. Oltre all’impedimento giuridico costituito dal fatto che la pena da eseguire è stata irrogata da un giudice di uno Stato terzo, rilevo che, in una siffatta ipotesi, le autorità finlandesi sarebbero legittimate ad invocare il motivo di non esecuzione facoltativa del mandato d’arresto europeo di cui all’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, in forza del quale l’autorità giudiziaria di esecuzione può rifiutare di eseguire un tale mandato emesso ai fini dell’esecuzione di una pena privativa della libertà qualora la persona ricercata «dimori nello Stato membro di esecuzione, ne sia cittadino o vi risieda», se tale Stato si impegni a eseguire esso stesso tale pena conformemente al suo diritto interno.

57.      La Corte ha già dichiarato che tale motivo di non esecuzione facoltativa ha segnatamente lo scopo di consentire all’autorità giudiziaria di esecuzione di accordare una particolare importanza alla possibilità di accrescere le opportunità di reinserimento sociale del ricercato una volta scontata la pena cui è stato condannato (31).

58.      A tale riguardo, occorre sottolineare che, come espone il Korkein oikeus (Corte suprema) nella sua decisione di rinvio, il sig. Raugevicius si è opposto alla propria estradizione invocando segnatamente il fatto che egli vive in Finlandia già da molto tempo e che ha, in tale Stato membro, due figli che sono cittadini finlandesi.

59.      Tali elementi di fatto non sono stati rimessi in discussione nel corso del presente procedimento. Peraltro, rilevo che la Corte non ha potuto interrogare, all’udienza di discussione che si è tenuta il 14 maggio 2018, né la Repubblica di Finlandia né il rappresentante del sig. Raugevicius al fine di farsi confermare tali elementi e di far precisare i legami esistenti tra il sig. Raugevicius e tale Stato membro, in quanto nessuna delle due suddette parti ha ritenuto utile partecipare a detta udienza. Mi baserò pertanto sui soli elementi di fatto di cui dispongo, vale a dire quelli che risultano dalla decisione di rinvio.

60.      Il fatto che il sig. Raugevicius viva già da molto tempo in Finlandia e abbia in tale Stato membro due figli cittadini finlandesi mi porta a considerare che, al fine di favorirne il reinserimento sociale una volta scontata la sua pena, è sul territorio finlandese che la condanna pronunciata in Russia dovrebbe essere eseguita, se del caso dopo essere stata adattata in funzione della pena prevista dalla legislazione penale finlandese per un reato della medesima natura.

61.      La risposta che la Repubblica di Finlandia dovrà fornire alla richiesta di estradizione presentata dalle autorità russe deve quindi tenere conto della funzione di reinserimento della pena, la quale è strettamente connessa alla nozione di «dignità umana» sancita dall’articolo 1 della Carta dei diritti fondamentali.

62.      L’esecuzione di una pena interviene dopo la pronuncia definitiva della condanna. Si tratta quindi dell’ultima fase del procedimento penale, quella durante la quale si attua la sentenza.

63.      Essa comprende tutte le misure volte, da un lato, a garantire l’esecuzione materiale della pena e, dall’altro, ad assicurare il reinserimento sociale della persona condannata. In tale ambito, le autorità giudiziarie competenti sono chiamate a stabilire le modalità relative allo svolgimento della pena e all’adattamento di quest’ultima, decidendo, ad esempio, sul collocamento all’esterno, sui permessi di uscita, sulla semilibertà, sul frazionamento e sulla sospensione della pena, sulle misure di liberazione anticipata o condizionale del detenuto o sul collocamento sotto sorveglianza elettronica. Il diritto dell’esecuzione delle pene comprende inoltre le misure che possono essere adottate dopo la liberazione della persona condannata, quali la sua sottoposizione a sorveglianza giudiziaria o la sua partecipazione a programmi di riabilitazione, o le misure di indennizzo a favore delle vittime.

64.      In tale ottica, tutte le misure relative all’esecuzione e all’adattamento delle pene sono individualizzate dalle autorità giudiziarie in modo tale da favorire, nel rispetto degli interessi della società e dei diritti delle vittime, oltre alla prevenzione della recidiva, l’inserimento o il reinserimento sociale della persona condannata.

65.      L’esecuzione della pena nello Stato membro in cui l’interessato risiede con la propria famiglia contribuisce a ridurre il divario tra quest’ultimo e la comunità nella quale egli si reinserirà dopo l’esecuzione della pena. La determinazione di tale luogo per l’esecuzione della pena è necessaria al fine di mantenere il legame sociale che l’interessato ha intessuto, che ne ha consentito l’inclusione nella società interessata e che ne favorirà pertanto il reinserimento sociale una volta scontata la pena detentiva.

66.      Il trasferimento costituisce una misura di esecuzione della pena (32). Esso consente l’individualizzazione della pena, con l’obiettivo di favorire il reinserimento sociale della persona condannata.

67.      Come la Corte ha già rilevato, il reinserimento sociale del cittadino dell’Unione nello Stato membro in cui è realmente integrato è nell’interesse non soltanto di quest’ultimo, ma anche dell’Unione europea in generale (33).

68.      L’importanza accordata dal legislatore dell’Unione all’obiettivo di reinserimento sociale è esplicitamente confermata, in particolare, dalla decisione quadro 2008/909/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2008, relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell’Unione europea (34), il cui articolo 3, paragrafo 1, precisa che essa ha lo scopo di «favorire il reinserimento sociale della persona condannata».

69.      Inoltre, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha evidenziato l’obbligo per gli Stati membri di tenere conto dell’obiettivo di reinserimento dei detenuti nell’elaborazione delle loro politiche penali (35).

70.      Alla luce dell’obiettivo di accrescere le opportunità di reinserimento sociale di una persona condannata ad una pena detentiva in uno Stato terzo, i cittadini dello Stato membro richiesto e i cittadini di altri Stati membri che risiedono in tale Stato non dovrebbero, in linea di principio, essere trattati diversamente (36).

71.      Infatti, i cittadini di altri Stati membri che abbiano un legame reale, stabile e duraturo con la società dello Stato membro richiesto si trovano in una situazione paragonabile a quella dei cittadini di quest’ultimo Stato membro. Trattarli diversamente non concedendo loro le stesse opportunità di reinserimento sociale costituirebbe, pertanto, una discriminazione basata sulla nazionalità, contraria all’articolo 18 TFUE. Risulta incompatibile con la nozione stessa di «cittadinanza dell’Unione» sostenere che soltanto le persone in possesso della cittadinanza dello Stato membro richiesto siano in grado di presentare un siffatto legame (37).

72.      La funzione di reinserimento della pena risulta essere quindi una regola livellatrice che, in quanto tale, è inerente allo status di cittadino dell’Unione.

73.      A tale riguardo, sottolineo che una differenza di trattamento tra i cittadini finlandesi e i cittadini di altri Stati membri che risiedono in Finlandia non può essere giustificata, nel caso di specie, dall’obiettivo di evitare l’impunità delle persone che hanno commesso un reato, quale evidenziato dalla Corte nella sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin (38).

74.      Infatti, l’esecuzione nel territorio finlandese della pena irrogata in Russia nei confronti del sig. Raugevicius sembra possibile per due ragioni.

75.      In primo luogo, una siffatta possibilità mi sembra derivare dalle disposizioni della Convenzione sul trasferimento delle persone condannate del Consiglio d’Europa, del 21 marzo 1983 (39).

76.      Conformemente a quanto indicato nel suo preambolo, tale Convenzione istituisce una cooperazione internazionale in materia penale che «deve essere nell’interesse di una buona amministrazione della giustizia e deve favorire il reinserimento sociale dei condannati».

77.      Tra le condizioni del trasferimento, l’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), della Convenzione sul trasferimento delle persone condannate prevede quella secondo cui «il condannato deve essere cittadino dello Stato d’esecuzione». Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 4, della medesima Convenzione, «[o]gni Stato può in qualsiasi momento, con una dichiarazione indirizzata al Segretario [g]enerale del Consiglio d’Europa, definire, per quanto lo riguarda, il termine “cittadino” ai fini della presente Convenzione» (40). Orbene, con dichiarazione depositata il 29 gennaio 1987, la Repubblica di Finlandia ha affermato che, «[c]onformemente all’articolo 3, paragrafo 4, [essa] intende, con il termine “cittadino”, un cittadino dello Stato di esecuzione e gli stranieri che hanno il loro domicilio nello Stato di esecuzione» (41).

78.      La Repubblica di Finlandia ha quindi scelto di estendere il beneficio delle disposizioni della Convenzione sul trasferimento delle persone condannate agli «stranieri che hanno il loro domicilio» sul suo territorio.

79.      Nell’ambito dell’esame della possibilità di eseguire la pena in Finlandia, si dovrebbe altresì tenere conto, se del caso, del protocollo addizionale alla convenzione sul trasferimento delle persone condannate, del 18 dicembre 1997 (42), il cui articolo 2 riguarda le persone evase dallo Stato di condanna.

80.      In secondo luogo e in ogni caso, la possibilità di eseguire sul territorio finlandese la pena irrogata in Russia nei confronti del sig. Raugevicius deriva dalla legge relativa alla cooperazione internazionale sull’esecuzione di determinate sanzioni penali, il cui articolo 3 prevede che una pena irrogata da un giudice di uno Stato estero possa essere eseguita in Finlandia qualora la condanna sia definitiva ed eseguibile nello Stato nel quale essa è stata pronunciata e qualora lo Stato nel quale la pena è stata irrogata lo richieda o vi abbia consentito. Ai sensi del medesimo articolo, una pena detentiva può essere eseguita in Finlandia qualora il condannato sia un cittadino finlandese o uno straniero che abbia la residenza in Finlandia e vi abbia consentito.

81.      Da quanto precede risulta che, al fine di garantire l’obiettivo di evitare il rischio di impunità delle persone che hanno commesso un reato e quello di accrescere le opportunità di reinserimento sociale della persona ricercata una volta scontata la pena a cui quest’ultima è stata condannata, non occorre, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, sollecitare un meccanismo di cooperazione, ispirato a quello delineato dalla Corte nella sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin (43), tra lo Stato membro richiesto e lo Stato membro di cui l’interessato ha la cittadinanza, la cui attuazione pratica è complessa e le cui conseguenze sono incerte. Infatti, tenuto conto dei legami che il sig. Raugevicius pare avere con la Finlandia, non vi sarebbe alcun interesse, né dal punto di vista della lotta contro l’impunità, né da quello del reinserimento sociale, a favorire l’esecuzione in Lituania della pena inflitta a quest’ultimo. È per questa ragione che, a mio avviso, in tale contesto, non appare necessario informare lo Stato membro di cui l’interessato ha la cittadinanza per offrirgli l’opportunità di emettere un mandato d’arresto europeo ai fini dell’esercizio di un’azione penale o dell’esecuzione di una pena.

82.      Per contro, lo Stato membro che deve rispondere ad una richiesta di estradizione in tali circostanze è tenuto, ai sensi degli articoli 18 e 21 TFUE, ad utilizzare tutti gli strumenti di cooperazione internazionale in materia penale di cui dispone nei confronti dello Stato terzo richiedente, al fine di ottenere il consenso di quest’ultimo perché la pena detentiva inflitta all’interessato sia eseguita sul proprio territorio, se del caso dopo essere stata adattata in funzione della pena prevista dalla propria legislazione penale per un reato della medesima natura. Cooperando in tal modo con lo Stato terzo che chiede l’estradizione al fine di far eseguire la pena sul proprio territorio, lo Stato membro richiesto agisce in maniera meno pregiudizievole per l’esercizio del diritto alla libera circolazione, pur evitando, nella misura del possibile, il rischio che, in mancanza di esecuzione della pena, il reato che ha dato luogo alla condanna rimanga impunito. Così facendo, lo Stato membro richiesto favorisce il reinserimento sociale della persona condannata, una volta che questa abbia scontato la sua pena. Mi sembra pertanto essenziale tenere conto dell’obiettivo di favorire il reinserimento sociale contemporaneamente a quello di lottare contro l’impunità, privilegiando la soluzione idonea a raggiungere entrambi tali obiettivi.

83.      In definitiva, nel verificare se misure alternative meno lesive della libera circolazione di un cittadino dell’Unione rispetto all’estradizione di quest’ultimo consentano di raggiungere in modo altrettanto efficace l’obiettivo di evitare il rischio di impunità delle persone che hanno commesso un reato, il giudice del rinvio deve tenere conto di un altro obiettivo, altrettanto fondamentale nel diritto dell’Unione, vale a dire quello di facilitare il reinserimento sociale delle persone condannate. In tale prospettiva, occorre, come la Commissione europea ha giustamente rilevato, esaminare non soltanto le forme di cooperazione interna in materia penale in vigore all’interno dell’Unione, ma anche le forme di cooperazione in materia penale tra gli Stati membri e gli Stati terzi derivanti da convenzioni internazionali, in particolare quelle concluse nell’ambito delle organizzazioni internazionali con le quali l’Unione coopera.

84.      Per concludere, aggiungo che una decisione delle autorità finlandesi che rifiutasse di accogliere la richiesta di estradizione presentata dalla Federazione russa non potrebbe essere considerata contrastante con le disposizioni della Convenzione europea di estradizione.

85.      Infatti, come ho già rilevato in precedenza, l’articolo 6, paragrafo 1, lettera a), della Convenzione europea di estradizione consente alla Repubblica di Finlandia di rifiutare l’estradizione dei propri cittadini. Occorre sottolineare che, avvalendosi della facoltà offerta dall’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), della medesima Convenzione, la Repubblica di Finlandia ha scelto di definire, in una dichiarazione, il termine «cittadini», ai sensi di detta Convenzione, come designante «i cittadini della Finlandia, della Danimarca, dell’Islanda, della Norvegia e della Svezia, nonché gli stranieri domiciliati in tali Stati» (44).

86.      Nel caso di specie, tale volontà livellatrice rispetto alla protezione contro l’estradizione espressa dalla Repubblica di Finlandia nella citata dichiarazione non può, con riguardo ad un cittadino dell’Unione come il sig. Raugevicius, restare lettera morta. Gli articoli 18 e 21 TFUE impongono alla Repubblica di Finlandia di darle pieno effetto.

87.      Di conseguenza, ritengo che gli articoli 18 e 21 TFUE debbano essere interpretati nel senso che, in circostanze come quelle del procedimento principale, qualora uno Stato membro nel quale si è recato un cittadino dell’Unione, avente la cittadinanza di un altro Stato membro, riceva una richiesta di estradizione da uno Stato terzo ai fini dell’esecuzione di una pena detentiva irrogata in tale Stato, lo Stato membro richiesto è tenuto ad esaminare se, alla luce dei legami del soggetto condannato con tale Stato, l’esecuzione della pena in detto Stato membro sia in grado di favorire il reinserimento sociale del soggetto in questione (45). In caso affermativo, detto Stato membro deve attuare tutti gli strumenti di cooperazione internazionale in materia penale di cui dispone nei confronti dello Stato terzo richiedente al fine di ottenere il consenso di quest’ultimo a che la pena in questione sia eseguita nel proprio territorio, se del caso dopo essere stata adattata in funzione della pena prevista dalla propria legislazione penale per un reato della medesima natura.

IV.    Conclusione

88.      Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dal Korkein oikeus (Corte suprema, Finlandia) nel modo seguente:

Gli articoli 18 e 21 TFUE debbano essere interpretati nel senso che, in circostanze come quelle del procedimento principale, qualora uno Stato membro nel quale si è recato un cittadino dell’Unione, avente la cittadinanza di un altro Stato membro, riceva una richiesta di estradizione da uno Stato terzo ai fini dell’esecuzione di una pena detentiva irrogata in tale Stato, lo Stato membro richiesto è tenuto ad esaminare se, alla luce dei legami del soggetto condannato con tale Stato, l’esecuzione della pena in detto Stato membro sia in grado di favorire il reinserimento sociale del soggetto in questione. In caso affermativo, detto Stato membro deve attuare tutti gli strumenti di cooperazione internazionale in materia penale di cui dispone nei confronti dello Stato terzo richiedente al fine di ottenere il consenso di quest’ultimo a che la pena in questione sia eseguita nel proprio territorio, se del caso dopo essere stata adattata in funzione della pena prevista dalla propria legislazione penale per un reato della medesima natura.


1      Lingua originale: il francese.


2      C‑182/15, EU:C:2016:630.


3      In prosieguo: la «Convenzione europea di estradizione».


4      In prosieguo: la «legge sull’estradizione».


5      Il Korkein oikeus (Corte suprema) cita segnatamente, a tale riguardo, la sentenza del 19 dicembre 2012, Epitropos tou Elegktikou Synedriou (C‑363/11, EU:C:2012:825, punto 18).


6      C‑182/15, EU:C:2016:630.


7      C‑182/15, EU:C:2016:630.


8      C‑182/15, EU:C:2016:630, punto 37.


9      Convenzione europea sulla validità internazionale delle sentenze penali del Consiglio d’Europa, firmata all’Aia il 28 maggio 1970.


10      C‑182/15, EU:C:2016:630.


11      C‑182/15, EU:C:2016:630.


12      C‑182/15, EU:C:2016:630.


13      V. sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin (C‑182/15, EU:C:2016:630, punto 26).


14      V. sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin (C‑182/15, EU:C:2016:630, punto 27).


15      V. sentenza del 10 aprile 2018, Pisciotti (C‑191/16, EU:C:2018:222, punto 33).


16      V. sentenza del 7 luglio 1992, Micheletti e a. (C‑369/90, EU:C:1992:295, punto 15).


17      C‑182/15, EU:C:2016:630.


18      V. sentenza del 10 aprile 2018, Pisciotti (C‑191/16, EU:C:2018:222, punto 42).


19      V. sentenza del 10 aprile 2018, Pisciotti (C‑191/16, EU:C:2018:222, punto 43).


20      V. sentenza del 10 aprile 2018, Pisciotti (C‑191/16, EU:C:2018:222, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).


21      V., per analogia, sentenza del 10 aprile 2018, Pisciotti (C‑191/16, EU:C:2018:222, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).


22      V. sentenza del 10 aprile 2018, Pisciotti (C‑191/16, EU:C:2018:222, punto 46 e giurisprudenza ivi citata).


23      V. sentenza del 10 aprile 2018, Pisciotti (C‑191/16, EU:C:2018:222, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).


24      V. sentenza del 10 aprile 2018, Pisciotti (C‑191/16, EU:C:2018:222, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).


25      C‑182/15, EU:C:2016:630.


26      GU 2002, L 190, pag. 1.


27      GU 2009, L 81, pag. 24; in prosieguo: la «decisione quadro 2002/584».


28      V. sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin (C‑182/15, EU:C:2016:630, punti 48 e 50).


29      C‑191/16, EU:C:2018:222.


30      C‑182/15, EU:C:2016:630.


31      V., in particolare, sentenza del 29 giugno 2017, Popławski (C‑579/15, EU:C:2017:503, punto 21 e giurisprudenza ivi citata).


32      V., a tale riguardo, Corte EDU, 27 giugno 2006, Szabó c. Svezia, CE:ECHR:2006:0627DEC002857803, pag. 12.


33      V., in particolare, sentenza del 17 aprile 2018, B e Vomero (C‑316/16 e C‑424/16, EU:C:2018:256, punto 75 e giurisprudenza ivi citata).


34      GU 2008, L 327, pag. 27.


35      V., in particolare, Corte EDU, 30 giugno 2015, Khoroshenko c. Russia, CE:ECHR:2015:0630JUD004141804 (§ 121).


36      V., per analogia, con riguardo all’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, sentenza del 5 settembre 2012, Lopes Da Silva Jorge (C‑42/11, EU:C:2012:517, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).


37      V., nello stesso senso, conclusioni dell’avvocato generale Mengozzi nella causa Lopes Da Silva Jorge (C‑42/11, EU:C:2012:151, paragrafi 50 e 51), il quale rileva, inoltre, che «[l]a libertà di circolazione e di soggiorno sancita dal diritto dell’Unione ha per corollario anche che al giorno d’oggi non sempre è possibile presumere inconfutabilmente che le possibilità di reinserimento sociale di una persona condannata siano massime solo nello Stato di cui detta persona ha la cittadinanza» (paragrafo 51).


38      C‑182/15, EU:C:2016:630, punto 37.


39      V., per analogia, per una presa in considerazione di tale Convenzione al fine di stabilire la possibilità, per uno Stato membro, di eseguire una pena irrogata in un altro Stato membro, sentenza del 5 settembre 2012, Lopes Da Silva Jorge (C‑42/11, EU:C:2012:517, punti da 44 a 49).


40      La relazione esplicativa della Convenzione sul trasferimento delle persone condannate indica, a questo proposito, che «[t]ale possibilità, corrispondente a quella prevista dall’articolo 6[, paragrafo 1, lettera b),] della Convenzione europea di estradizione, deve essere interpretata in senso ampio: si tratta di consentire agli Stati contraenti di estendere l’applicazione della Convenzione a persone diverse dai “cittadini” intesi in senso stretto a norma della legislazione in materia di cittadinanza dello Stato interessato, ad esempio ad apolidi o a cittadini di altri Stati i quali abbiano radici nel Paese in quanto vi risiedono permanentemente» (pag. 4, § 20).


41      Il corsivo è mio. La sussistenza di una siffatta dichiarazione è rilevata dalla Corte nella sentenza del 5 settembre 2012, Lopes Da Silva Jorge (C‑42/11, EU:C:2012:517, punto 48).


42      Quanto al Protocollo di emendamento al Protocollo addizionale alla Convenzione sul trasferimento delle persone condannate, del 22 novembre 2017, esso non è ancora entrato in vigore.


43      C‑182/15, EU:C:2016:630.


44      Il corsivo è mio.


45      A questo proposito, lo Stato membro richiesto può basarsi, per analogia, sui criteri elencati al considerando 9 della decisione quadro 2008/909. V., a tale riguardo, Martufi, A., «Assessing the resilience of “social rehabilitation” as a rationale for transfer: A commentary on the aims of Framework Decision 2008/909/JHA», New Journal of European Criminal Law, Sage Publishing, New York, 2018, vol. 9, issue 1, pagg. da 43 a 61.