Language of document : ECLI:EU:T:2005:139

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione)

21 aprile 2005 (*)

«Art. 85 del Trattato CE (divenuto art. 81 CE) – Esecuzione di una sentenza del Tribunale – Rimborso di spese di garanzia bancaria – Responsabilità extracontrattuale della Comunità»

Nella causa T-28/03,

Holcim (Deutschland) AG, ex Alsen AG, con sede in Amburgo (Germania), rappresentata inizialmente dagli avv.ti F. Wiemer e K. Moosecker, e successivamente dagli avv.ti Wiemer, P. Niggemann e B. Menkhaus,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. R. Lyal e W. Mölls, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

avente ad oggetto un ricorso per risarcimento danni diretto ad ottenere il rimborso delle spese di garanzia bancaria sostenute dalla ricorrente a seguito di una ammenda imposta con decisione della Commissione 30 novembre 1994, n. 94/815/CE, relativa ad una procedura di applicazione dell’art. 85 del Trattato CE (caso IV/33.126 e 33.322 – Cemento) (GU L 343, pag. 1), annullata con sentenza del Tribunale 15 marzo 2000, cause riunite T‑25/95, T‑26/95, da T‑30/95 a T‑32/95, da T‑34/95 a T‑39/95, da T‑42/95 a T‑46/95, T‑48/95, da T‑50/95 a T‑65/95, da T‑68/95 a T‑71/95, T‑87/95, T‑88/95, T‑103/95 e T‑104/95, Cimenteries CBR e a./Commissione, detta «Cemento» (Racc. pag. II‑491),

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Terza Sezione),

composto dai sigg J. Azizi, presidente, M. Jaeger e F. Dehousse, giudici,

cancelliere: sig. H. Jung

vista la fase scritta del procedimento e a seguito della trattazione orale del 10 giugno 2004,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti all’origine della controversia

1        La ricorrente, la società Alsen AG, divenuta Holcim (Deutschland) AG, con sede in Amburgo (Germania), opera nella fabbricazione di materiale da costruzione. La Alsen AG proviene dalla fusione realizzata nel 1997 tra la Alsen Breitenburg Zement- und Kalkwerke GmbH (in prosieguo: la «Alsen Breitenburg») e la Nordcement AG (in prosieguo la «Nordcement»).

2        Con decisione 30 novembre 1994, 94/815/CE, relativa ad una procedura di applicazione dell’art. 85 del Trattato CE (caso IV/33.126 e 33.322 – Cemento) (GU L 343, pag. 1; in prosieguo: la «decisione Cemento»), la Commissione condannava la Alsen Breitenburg e la Nordcement ad ammende di EUR 3,841 milioni e, rispettivamente, EUR 1,85 milioni, per violazioni dell’art. 85 del Trattato CE (divenuto art. 81 CE).

3        La Alsen Breitenburg e la Nordcement introducevano ricorsi di annullamento avverso tale decisione. Tali ricorsi venivano registrati sotto i numeri T‑45/95 e T‑46/95 e successivamente uniti ai ricorsi promossi dalle altre società considerate nella decisione Cemento.

4        Avvalendosi della facoltà offerta dalla Commissione, la Alsen Breitenburg e la Nordcement decidevano di costituire una garanzia bancaria, evitando così di dover pagare immediatamente le ammende di cui trattasi. La garanzia bancaria della Alsen Breitenburg veniva costituita dal 3 maggio 1995 al 2 maggio 2000 presso la Berenberg Bank, dietro commissione annua dello 0,45%. La Nordcement costituiva presso la Deutsche Bank una garanzia bancaria dal 18 aprile 1995 al 3 maggio 2000, dietro commissione annua dello 0,375% e una commissione unica di emissione di EUR 15,34. Complessivamente la ricorrente pagava alle banche, per la costituzione delle garanzie bancarie, un importo di EUR 139 002,21.

5        Con sentenza 15 marzo 2000, cause riunite T‑25/95, T‑26/95, da T‑30/95 a T‑32/95, da T‑34/95 a T‑39/95, da T‑42/95 a T‑46/95, T‑48/95, da T‑50/95 a T‑65/95, da T‑68/95 a T‑71/95, T‑87/95, T‑88/95, T‑103/95 e T‑104/95 Cimenteries CBR e a./Commissione detta «Cemento» (Racc. pag. II‑491), il Tribunale annullava la decisione Cemento per quanto riguarda la ricorrente e condannava la Commissione alle spese.

6        Ai sensi dell’art. 91 del regolamento di procedura del Tribunale e con lettera 28 settembre 2001, la ricorrente chiedeva pertanto alla convenuta il rimborso, da un lato, delle spese processuali (in particolare delle spese legali, pari a EUR 545 000) e, dall’altro, delle spese derivanti dalla costituzione delle garanzie bancarie.

7        Con lettera 24 gennaio 2002, la convenuta proponeva alla ricorrente il rimborso di una parte delle spese legali (ammontanti a EUR 130 000), ma rifiutava il rimborso delle spese di garanzia bancaria, avvalendosi della giurisprudenza relativa alle spese ai sensi dell’art. 91 del regolamento di procedura.

8        Con lettera 5 aprile 2002, la ricorrente invitava nuovamente la convenuta a versarle la totalità delle spese legali e di garanzia bancaria. Per il rimborso delle spese di garanzia bancaria, la ricorrente si basava, questa volta, sull’art. 288, secondo comma, CE e sull’art. 233 CE, nonché sulla sentenza del Tribunale 10 ottobre 2001, causa T‑171/99, Corus UK/Commissione (Racc. pag. II‑2967), nel frattempo intervenuta.

9        Con messaggio di posta elettronica 30 maggio 2002, la convenuta proponeva il pagamento delle spese legali per l’ammontare di EUR 200 000. Per quanto riguarda le spese di garanzia bancaria, rifiutava nuovamente di procedere al loro rimborso, considerando che la possibilità di soprassedere al pagamento dell’ammenda con la costituzione di una garanzia bancaria costituiva una semplice opzione e che pertanto la convenuta non poteva essere responsabile delle spese conseguenti alle decisioni delle imprese di fare ricorso a tale possibilità.

 Procedimento e conclusioni delle parti

10      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 31 gennaio 2003, la ricorrente ha proposto il seguente ricorso.

11      Il 10 aprile 2003 la convenuta ha sollevato un’eccezione d’irricevibilità ai sensi dell’art. 114 del regolamento di procedura nella misura in cui il ricorso è fondato sull’art. 233 CE, e ha depositato un controricorso.

12      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Terza Sezione) ha deciso di aprire la fase orale. Le difese svolte dalle parti e le risposte ai quesiti loro rivolti dal Tribunale sono state sentite nel corso della pubblica udienza del 10 giugno 2004.

13      La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        condannare la Commissione a versarle l’importo di EUR 139 002,21, maggiorato dagli interessi di ritardo al tasso del 5,75% annuo a partire dal 15 aprile 2000;

–        condannare la Commissione alle spese.

14      La convenuta conclude che il Tribunale voglia:

–        dichiarare il ricorso irricevibile nella misura in cui è fondato sull’art. 233 CE;

–        respingere totalmente il ricorso nella misura in cui è fondato sull’art. 288 CE:

–        in quanto irricevibile o, in subordine, in quanto infondato nella parte in cui ha ad oggetto le spese di garanzia bancaria incorse prima del 31 gennaio 1998;

–        in quanto infondato per il resto;

–        condannare la ricorrente alle spese.

15      Nelle sue osservazioni, la ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        dichiarare il ricorso ricevibile nella misura in cui è fondato sull’art. 233 CE;

–        in subordine, interpretare il ricorso, nella misura in cui è fondato sull’art. 233 CE, come ricorso di annullamento o per carenza;

–        condannare la convenuta alle spese.

 Sulla ricevibilità

 Sulla ricevibilità del ricorso nella misura in cui è fondato sull’art. 233 CE

 Argomenti delle parti

16      La convenuta sostiene che, se la ricorrente ritiene che l’art. 233 CE non sia stato rispettato, le sono aperte due possibilità di ricorso, e cioè il ricorso di annullamento (art. 230 CE) e il ricorso per carenza (art. 232 CE).

17      Orbene, il presente ricorso, che è inteso a farla condannare al pagamento di una certa somma, non costituirebbe né un ricorso di annullamento né un ricorso per carenza.

18      Secondo la convenuta, dando luogo al presente procedimento, la ricorrente spererebbe di ottenere una sentenza che produca direttamente il risultato al quale, a suo parere, la Commissione sarebbe tenuta nei suoi confronti in esecuzione della sentenza Cemento. Il Trattato CE non conterrebbe tuttavia alcuna base legale che autorizzi una siffatta soluzione.

19      La giurisprudenza della Corte relativa alle azioni dette «per pagamento» confermerebbe che non sarebbe previsto alcun tipo di ricorso al di fuori di quelli previsti dall’art. 230 CE e dall’art. 232 CE.

20      La convenuta deduce da ciò che la domanda fondata sull’art. 233, primo comma, CE e intesa a sentirla condannare al rimborso delle spese di garanzia bancaria è manifestamente irricevibile. Aggiunge che una siffatta domanda non può essere interpretata come un ricorso introdotto ai sensi dell’art. 230 CE o dell’art. 232 CE, che del resto nella specie sarebbe pure irricevibile.

21      La ricorrente rileva, in primo luogo, che chiede il rimborso del danno da essa subito. Considera pertanto che il richiamo all’art. 233 CE rientra nell’ambito di una «azione di risarcimento» e che la convenuta non disponeva, nella specie, di margini di manovra. Basandosi, da un lato, sull’effetto retroattivo di una sentenza di annullamento e, dall’altro, sulla giurisprudenza del Tribunale (in particolare la sentenza Corus UK/Commissione, punto 8 supra, punto 50), la ricorrente ritiene che sulla convenuta gravi un obbligo di rimborso delle spese di garanzia bancaria. Indica del resto che il Tribunale, nella sentenza Cemento (punti 5116 e segg.), ha giustamente dichiarato che le spese di garanzia bancaria dovevano essere rimborsate.

22      In secondo luogo, la ricorrente rileva che l’art. 233, primo comma, CE crea altresì un diritto al risarcimento, con la conseguenza che essa può invocare tale disposizione.

23      La ricorrente si oppone alla conclusione della convenuta secondo la quale i diritti derivanti dall’art. 233, primo comma, CE potrebbero essere invocati esclusivamente nell’ambito di un ricorso di annullamento o di un ricorso per carenza. Tale conclusione non troverebbero alcun sostegno nella formulazione dell’art. 233 CE e non risulterebbe neppure dalla giurisprudenza citata dalla convenuta.

24      La ricorrente ritiene ancora che la tesi sostenuta dalla convenuta sia incompatibile con il principio di economia processuale, poiché porterebbe a comprendere sotto di sé due voci di ricorso (un ricorso per risarcimento ai sensi dell’art. 288 CE ed un ricorso di annullamento o per carenza ai sensi dell’art. 233 CE).

25      In subordine, la ricorrente chiede al Tribunale di interpretare il ricorso, nella misura in cui esso è fondato sull’art. 233, primo comma, CE, come un ricorso di annullamento o per carenza.

26      A questo proposito, la ricorrente considera che sarebbe incompatibile con il principio di economia processuale obbligarla a chiedere nuovamente alla Commissione il rimborso delle spese bancarie, per proporre in seguito un ricorso di annullamento o per carenza, mentre la convenuta ha già fatto sapere in modo definitivo che rifiutava l’importo di cui trattasi. La ricorrente rileva infine che avrebbe ancora la possibilità di proporre un ricorso di annullamento, dal momento che la convenuta non avrebbe ancora adottato una decisione impugnabile.

 Giudizio del Tribunale

–       Sulla ricevibilità del ricorso nella misura in cui è fondato sull’art. 233 CE

27      In limine, si deve rilevare che la ricorrente ha in parte fondato il suo ricorso, in modo autonomo, sull’art. 233 CE, al fine di ottenere il rimborso delle spese di garanzia bancaria.

28      Pertanto, per spiegare il fondamento giuridico del suo diritto, la ricorrente distingue chiaramente nel suo ricorso «il diritto al rimborso ai sensi dell’art. 233 CE» [titolo II, punto 1, lett. a), del ricorso] e «il diritto al risarcimento basato sul combinato disposto di cui all’art. 288, secondo comma, e all’art. 235 CE» [titolo II, punto 1, lett. b), del ricorso].

29      Inoltre, la ricorrente precisa che «parallelamente al diritto tratto dall’art. 233 CE, la Commissione è altresì tenuta, sulla base del combinato disposto di cui all’art. 288, secondo comma, e all’art. 235 CE, a rimborsare le spese di garanzia» (punto 22 del ricorso).

30      Infine, la ricorrente ha fatto presente, nel corso dell’udienza, che il suo ricorso era effettivamente basato su due fondamenti giuridici distinti e autonomi, e cioè l’art. 233 CE, da un lato, e il combinato disposto di cui all’art. 288 CE e all’art. 235 CE, dall’altro.

31      Si deve a questo proposito ricordare che il Trattato CE prevede in modo limitativo gli strumenti di ricorso che sono messi a disposizione degli interessati per far valere i loro diritti (v., in tal senso, ordinanza della Corte 21 ottobre 1982, causa 233/82, K./Germania e Parlamento, Racc. pag. 3637).

32      L’art. 233 CE, dal momento che non istituisce strumenti di ricorso, non può stare a fondamento, in modo autonomo, di una domanda come quella di specie, intesa al rimborso delle spese di garanzia bancaria.

33      Ciò non vuol dire, pertanto, che l’interessato sia privo di strumenti di ricorso quando ritiene che le misure che l’esecuzione di una sentenza implica non siano state adottate. La Corte ha già avuto occasione di giudicare, a questo proposito, che l’obbligo che risulta dall’art. 233 CE poteva essere messo in atto tramite i rimedi giuridici previsti dall’art. 230 CE e dall’art. 232 CE (sentenza della Corte 26 aprile 1988, cause riunite 97/86, 99/86, 193/86 e 215/86, Asteris e a./Commissione, Racc. pag. 2181, punti 24, 32 e 33).

34      In tale contesto, non spetta al giudice comunitario sostituirsi al potere costitutivo comunitario al fine di procedere ad una modifica del sistema degli strumenti di ricorso e delle procedure fissate dal Trattato (sentenza della Corte 25 luglio 2002, causa C‑50/00 P, Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, Racc. pag. I‑6677, punto 45; sentenza del Tribunale 27 giugno 2000, cause riunite T‑172/98 e da T‑175/98 a T‑177/98, Salamander e a./Parlamento e Consiglio, Racc. pag. II‑2487, punto 75; e 15 gennaio 2003, cause riunite T-377/00, T-379/00, T‑380/00, T‑260/01 e T‑272/01, Philip Morris International e a./Commissione, Racc. pag. II‑1, punto 124).

35      Il fatto che, come sostenuto dalla ricorrente, la convenuta non disporrebbe nella specie di margini di manovra o che il Tribunale avrebbe dichiarato nella sentenza Cemento che le spese di garanzia bancaria dovevano essere rimborsate non modifica tale conclusione. Altrettanto vale per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo il quale l’art. 233 CE crea «diritti a risarcimento» o secondo il quale altri strumenti di ricorso, al di fuori del ricorso di annullamento o per carenza, possono essere utilizzati per far valere tali diritti ovvero ancora per l’argomento secondo il quale dovrebbe trovare applicazione il principio di economia processuale.

36      Infatti, la sola questione sollevata nell’ambito dell’eccezione di irricevibilità è se l’art. 233 CE, in quanto tale, costituisca uno strumento giuridico specifico. Alla luce degli strumenti di ricorso limitativi previsti dal Trattato e dalla sopraccitata giurisprudenza, la risposta dev’essere negativa.

37      Ad abundantiam, si deve rilevare che il Tribunale, nella sentenza Cemento, non ha indicato, contrariamente a quanto asserito dalla ricorrente, che le spese di garanzia bancaria dovevano essere rimborsate. Ha soltanto precisato, nel contesto d’altronde delle cause T‑50/95 e T‑51/95, nelle quali la ricorrente non era parte che «tali domande riguarda[va]no in realtà l’esecuzione della presente sentenza e che compete[va] alla Commissione adottare le misure che tale esecuzione comporta, ai sensi dell’art. 176 del Trattato CE (divenuto art. 233 CE)» (sentenza Cemento, punto 5118). Da questo punto risulta che il Tribunale non ha giudicato che la Commissione aveva l’obbligo di rimborsare le spese di garanzia bancaria ai sensi dell’art. 233 CE. Il Tribunale ha soltanto fatto presente che compete alla Commissione adottare le misure che l’esecuzione della sentenza comporta. Si deve a questo proposito ricordare che non compete al Tribunale sostituirsi alla Commissione per stabilire le misure che avrebbe dovuto adottare nell’ambito dell’art. 233 CE (sentenza del Tribunale 8 ottobre 1992, causa T‑84/91, Meskens/Parlamento, Racc. pag. II‑2335, punti 78 e 79).

38      Si deve altresì rilevare che la presente causa non è comparabile a quella che ha dato luogo alla sentenza Corus UK/Commissione, punto 8 supra. In detta sentenza il Tribunale ha considerato (al punto 39) che l’art. 34 CA (corrispondente, per il Trattato CECA, all’art. 233 CE) istituiva uno strumento giuridico specifico, distinto da quello previsto dal regime comune in materia di responsabilità della Comunità che dava attuazione all’art. 40 CA (corrispondente, per il Trattato CECA, all’art. 288 CE), allorché il danno invocato derivava da una decisione della Commissione annullata dal giudice comunitario.

39      Tuttavia, l’art. 233 CE, invocato nella presente causa, è redatto in termini diversi da quelli di cui all’art. 34 CA. Secondo quest’ultima disposizione, non solo la Commissione doveva adottare le misure idonee ad assicurare un equo risarcimento del danno derivante direttamente dalla decisione o dalla raccomandazione annullata, ma la sua astensione consentiva di dare luogo ad un ricorso per risarcimento dinanzi alla Corte. Ciò considerato, la soluzione accolta dal Tribunale nella sentenza Corus UK/Commissione, punto 8 supra, non può essere trasposta nella specie.

40      Per tutti questi motivi, il ricorso della ricorrente va respinto nella misura in cui è fondato sull’art. 233 CE.

–       Sulla domanda della ricorrente intesa a veder interpretare il ricorso come un ricorso di annullamento o per carenza

41      Si deve innanzitutto ricordare che, nella parte introduttiva del ricorso, la ricorrente precisa che il presente ricorso ha per oggetto una «domanda di risarcimento». Del resto, le conclusioni del ricorso sono intese a «condannare la Commissione a versare alla ricorrente la somma di EUR 139 002,21 maggiorata degli interessi di mora al tasso del 5,75% annuo a partire dal 15 aprile 2000». Da tali elementi risulta che la presente controversia ha chiaramente come oggetto quello di ottenere un risarcimento e non quello di ottenere l’annullamento di un atto né di far constare la carenza della convenuta.

42      L’art. 21, primo comma, dello Statuto della Corte, applicabile ai procedimenti dinanzi al Tribunale conformemente all’art 53, primo comma, dello stesso Statuto, dispone che «[l]a Corte è adita mediante istanza trasmessa al cancelliere» e che «l’istanza deve contenere l’indicazione del nome e del domicilio dell’istante e della qualità del firmatario, l’indicazione della parte o delle parti avverso le quali è proposto, l’oggetto della controversia, le conclusioni ed un’esposizione sommaria dei motivi invocati».

43      Parimenti, l’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura prevede che il ricorso di cui all’art. 21 dello Statuto della Corte deve contenere l’oggetto della controversia e l’esposizione sommaria dei motivi dedotti.

44      Secondo la costante giurisprudenza, tali indicazioni devono essere sufficientemente chiare e precise, onde consentire alla parte convenuta di predisporre le proprie difese e al Tribunale di decidere sul ricorso, se del caso, senza altre informazioni a sostegno. Per garantire la certezza del diritto e una buona amministrazione della giustizia occorre, affinché un ricorso sia ricevibile, che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali esso si fonda emergano, perlomeno sommariamente, ma in modo coerente e comprensibile, dal testo dell’istanza stessa (sentenza del Tribunale 14 maggio 1998 causa T‑348/94, Enso Española/Commissione, Racc. pag. II‑1875, punto 143).

45      Orbene, secondo la costante giurisprudenza, dal combinato disposto degli artt. 44, n. 1, e 48, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, risulta che l’oggetto della domanda deve essere determinato nel ricorso e che una domanda formulata per la prima volta nella replica modifica l’oggetto iniziale del ricorso e dev’essere pertanto considerata come una domanda nuova e, di conseguenza, dichiarata irricevibile (v. sentenza del Tribunale 11 gennaio 2002, causa T‑210/00, Biret e Cie/Consiglio, Racc. pag. II‑47, punto 49 e giurisprudenza ivi citata). Questo stesso ragionamento vale allorquando l’oggetto iniziale del ricorso è modificato nell’ambito delle osservazioni su una eccezione di irricevibilità.

46      Tenuto conto di tali elementi e pertanto del fatto che il ricorso aveva come oggetto soltanto quello di ottenere un «risarcimento», la domanda della ricorrente intesa a sentire interpretare il ricorso nel senso che esso è fondato sull’art. 233, primo comma, CE come un ricorso di annullamento o per carenza dev’essere dichiarata irricevibile.

 Sulla prescrizione dell’azione per risarcimento fondata sull’art. 235 CE e sull’art. 288, secondo comma, CE

 Argomenti delle parti

47      La convenuta contesta altresì, per una parte delle spese bancarie sostenute dalla ricorrente, la ricevibilità del ricorso fondato sull’art. 235 CE e sull’art. 288, secondo comma, CE.

48      Per quanto riguarda l’art. 46 dello Statuto della Corte, la convenuta considera che l’asserito diritto rivendicato è prescritto e il ricorso irricevibile in quanto verte su spese per garanzia bancaria incorse prima del 31 gennaio 1998.

49      Nella specie, l’atto che farebbe eventualmente sorgere un obbligo di risarcimento per la ricorrente, e cioè la decisione Cemento, è stato adottato il 30 novembre 1994 ed è stato notificato alla ricorrente il 3 febbraio 1995. Le garanzie bancarie sono state costituite il 18 e il 21 aprile 1995 e quindi trasmesse alla Commissione. Il periodo coperto dalla garanzia iniziava a decorrere alla fine del termine per il pagamento, e cioè il 3 maggio 1995. Dato che, secondo la convenuta, le condizioni di un obbligo di risarcimento potevano, se del caso, essere soddisfatte a partire da tale giorno, il 3 maggio 1995 dovrebbe essere considerato come data di inizio del termine di prescrizione.

50      La convenuta riconosce che, nella specie, il danno non sarebbe stato provocato in modo istantaneo, ma continuo, fino al termine delle garanzie bancarie. In un siffatto caso, la prescrizione contemplata dall’art. 46 dello Statuto della Corte si applicherebbe al periodo che precede di oltre cinque anni la data dell’atto interruttivo, senza ledere i diritti sorti durante i periodi successivi.

51      Nella specie, la convenuta considera che la ricorrente, nella lettera 5 aprile 2002, l’ha senz’altro invitata a rimborsarle le spese di garanzia bancaria invocando l’art. 288, secondo comma, CE, ma non ha tuttavia successivamente proposto, come richiesto all’art. 46, terzo comma, dello Statuto della Corte, un ricorso entro il termine previsto dall’art. 230 CE.

52      La convenuta da ciò conclude che la prescrizione è stata interrotta solo con il deposito del ricorso, il 31 gennaio 2003, e che i diritti relativi alle spese di garanzia bancaria sostenute prima del 31 gennaio 1998 sono pertanto prescritti.

53      La ricorrente al contrario sostiene che la prescrizione della domanda di rimborso delle spese di garanzia bancaria ha cominciato a decorrere solo a partire dalla pronuncia della sentenza Cemento. Facendo in particolare riferimento alla sentenza della Corte 27 gennaio 1982, cause riunite 256/80, 257/80, 265/80, 267/80 e 5/81, Birra Wührer e a./Consiglio e Commissione (Racc. pag. 85, punti 10‑12), ritiene che solo a partire dalla data di pronuncia della sentenza erano integrate le condizioni cui è subordinato l’obbligo di risarcimento.

54      Secondo la ricorrente, l’elemento decisivo per far sorgere il diritto al risarcimento non è, nella specie, la semplice illegittimità della decisione con la quale viene inflitta l’ammenda, ma il suo annullamento da parte del giudice, poiché, fintanto che la decisione era in vigore, vi era una base giuridica per la costituzione delle garanzie bancarie. Poiché il ricorso di annullamento avverso la decisione che infligge l’ammenda non ha effetto sospensivo, l’obbligo imposto dal dispositivo della decisione Cemento si protrarrebbe per tutta la durata del procedimento.

55      Un diverso approccio, secondo la ricorrente, non sarebbe compatibile con il principio di economia processuale, poiché imporrebbe di introdurre anche, in concomitanza con l’azione di annullamento avverso la decisione che infligge l’ammenda, un ricorso per risarcimento inteso ad ottenere il rimborso delle spese di garanzia bancaria. Per evitare sentenze divergenti sulla legittimità della decisione di cui trattasi, il Tribunale dovrebbe pertanto statuire sul ricorso per risarcimento solo dopo la sentenza di annullamento, e il ricorso per risarcimento dev’essere sospeso fino a quel momento.

56      Del resto, la ricorrente ritiene che la portata del danno è stata determinata dalla durata del ricorso di annullamento. A tal titolo nel caso di specie non si avrebbe pregiudizio successivo.

57      Considera infine che l’approccio fatto proprio dalla convenuta porterebbe al risultato che il termine di prescrizione del diritto al rimborso delle spese di garanzia bancaria continuerebbe a decorrere fintanto che perdura il procedimento di annullamento. In tal modo la convenuta potrebbe sottrarsi a domande di risarcimento facendo in modo che, con l’introduzione di un ricorso, la sentenza di annullamento diventi esecutiva il più tardi possibile.

58      La ricorrente da ciò conclude che la prescrizione ha iniziato a decorrere nel marzo 2000 e che è stata interrotta con l’introduzione del ricorso il 31 gennaio 2003, ovvero prima della scadenza del termine di prescrizione conformemente all’art. 46 dello Statuto della Corte.

 Giudizio del Tribunale

59      Secondo la giurisprudenza, il termine di prescrizione dell’azione per responsabilità extracontrattuale della Comunità non può iniziare a decorrere prima che siano integrate tutte le condizioni cui è subordinato l’obbligo di risarcimento (sentenza del Tribunale 11 gennaio 2002, causa T‑174/00, Biret International/Consiglio, Racc. pag. II‑17, punto 38).

60      Nella specie, il danno assertivamente prodotto alla ricorrente si è manifestato dal momento della costituzione delle garanzie bancarie. Gli allegati 2 e 3 del ricorso dimostrano a questo proposito che la garanzia bancaria della Alsen Breitenburg è stata costituita dal 3 maggio 1995 al 2 maggio 2000 presso la Berenberg Bank e quella della Nordcement dal 18 aprile 1995 al 3 maggio 2000 presso la Deutsche Bank. Queste banche hanno pertanto applicato delle spese calcolate sulla base di una commissione annua espressa in percentuale delle somme garantite (0,45% per la Berenberg Bank e 0,375% per la Deutsche Bank).

61      Ciò considerato, le somme da corrispondere alle banche erano proporzionali al numero dei giorni durante i quali le garanzie bancarie erano in vigore. Tale calcolo delle spese bancarie risulta dall’allegato 2 del ricorso poiché la Berenberg Bank ha calcolato le spese al pro rata del numero dei giorni trascorsi. La ricorrente ha confermato nel corso dell’udienza che le spese di garanzia bancaria si accumulavano a seconda del numero dei giorni.

62      Inoltre, si deve rilevare che le spese già sostenute avrebbero dovuto essere state pagate alle banche, quale che sia l’esito finale del ricorso di annullamento.

63      La ricorrente, ritenendo illegittima la decisione Cemento (come confermato dal fatto che ha depositato un ricorso di annullamento), era in grado di mettere in causa la responsabilità extracontrattuale della Comunità dal momento della costituzione delle garanzie bancarie. In tale contesto avrebbe potuto sostenere l’esistenza di un danno futuro ma certo e determinabile (cioè le spese di garanzia bancaria in vigore), dal momento che tale danno era sufficientemente prevedibile (v., per quanto riguarda la possibilità di invocare un danno futuro, in particolare, la sentenza della Corte 2 giugno 1976, cause riunite da 56/74 a 60/74, Kampffmeyer e a./Consiglio e Commissione, Racc. pag. 711, punto 6, e sentenza del Tribunale 8 giugno 2000, cause riunite T‑79/96, T‑260/97 e T‑117/98, Camar et Tico/Commissione e Consiglio, Racc. pag. II‑2193, punti 192 e 207).

64      Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, l’annullamento della decisione Cemento non si imponeva per far decorrere il termine di prescrizione dell’azione di risarcimento. Il Tribunale ha già avuto occasione di precisare che il fatto che un ricorrente abbia ritenuto di non disporre ancora di tutti gli elementi che gli consentissero di dimostrare in modo adeguato la responsabilità della Comunità nell’ambito di un procedimento giudiziario non può impedire il decorso del termine di prescrizione. Se così fosse, infatti, si verrebbe a determinare una confusione tra il criterio processuale relativo all’inizio del termine di prescrizione e la verifica della sussistenza delle condizioni per la responsabilità, la quale, in definitiva, spetta soltanto al giudice investito della valutazione definitiva del merito della causa (ordinanza del Tribunale 17 gennaio 2001, causa T‑124/99, Autosalone Ispra dei Fratelli Rossi/Commissione, Racc pag. II‑53, punto 24).

65      Nella specie, l’eventuale violazione del diritto comunitario esisteva già fin dall’adozione della decisione Cemento. Al momento in cui la ricorrente ha ricevuto la notifica di tale decisione, questa ne ha ufficialmente preso conoscenza in fatto e in diritto. In questo esatto momento anche la decisione Cemento ha cominciato a produrre effetti giuridici nei confronti della ricorrente. A partire da tale data, questa aveva pertanto la possibilità di dedurre una violazione del diritto comunitario.

66      Adottare un diverso approccio si risolverebbe del resto nel rimettere in discussione l’autonomia del ricorso per risarcimento rispetto agli altri strumenti di ricorso, in particolare rispetto al ricorso di annullamento (v., per quanto riguarda l’autonomia del ricorso per risarcimento, sentenza del Tribunale 10 aprile 2002, causa T-209/00, Lamberts/Mediatore, Racc. pag. II‑2203, punto 58 e giurisprudenza ivi citata).

67      Gli argomenti dedotti dalla ricorrente in merito al principio dell’economia processuale sono a questo proposito inoperanti. Infatti, anche se tale principio può consentire di evitare che un interessato sia obbligato a proporre un nuovo ricorso allorché una nuova decisione sostituisce la decisione impugnata [sentenza del Tribunale 10 ottobre 2001, causa T‑111/00, British American Tobacco International (Investments)/Commissione, Racc. pag. II‑2997, punto 22], non può consentire di rimettere in discussione le regole che disciplinano il principio della prescrizione dell’azione di risarcimento. Orbene tale sarebbe il caso se fosse seguita la posizione della ricorrente.

68      Tenuto conto dell’insieme di tali elementi, si deve giudicare che il termine di prescrizione dell’azione di responsabilità extracontrattuale è iniziato a decorre, nella specie, a partire dal momento della costituzione delle garanzie bancarie dalle società interessate, e cioè il 3 maggio 1995 per la Alsen Breitenburg e il 18 aprile 1995 per la Nordcement.

69      Si deve tuttavia altresì tenere conto del fatto che il danno invocato nella presente causa non è stato istantaneo ma continuo. Infatti, come in precedenza indicato, le spese sono state calcolate pro rata per il numero di giorni durante i quali le garanzie bancarie erano in vigore. Questo punto è del resto stato confermato dalla ricorrente nel corso dell’udienza. Pertanto il danno invocato si è evoluto giorno per giorno e presentava carattere continuo.

70      In un siffatto caso, la prescrizione contemplata all’art. 46 dello Statuto della Corte si applica, in relazione alla data dell’atto interruttivo, al periodo che precede di oltre cinque anni questa data, senza ledere i diritti sorti durante i periodi successivi (sentenze del Tribunale 16 aprile 1997, causa T‑20/94, Hartmann/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II‑595, punto 132; Biret International/Consiglio, punto 59 supra, punto 41; e ordinanza del Tribunale 19 settembre 2001, causa T‑332/99, Jestädt/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II‑2561, punti 44 e 45).

71      A questo proposito, l’art. 46 dello Statuto della Corte contempla come atto interruttivo sia il ricorso proposto dinanzi alla Corte sia la previa domanda che il danneggiato può rivolgere all’istituzione competente. In quest’ultimo caso, il ricorso deve essere proposto entro il termine di due mesi previsto dall’art. 230 CE, restando se del caso applicabili le disposizioni di cui all’art. 232, secondo comma, CE.

72      Nella specie, con una prima lettera 28 settembre 2001, ai sensi dell’art. 91 del regolamento di procedura, la ricorrente ha chiesto alla convenuta il rimborso delle spese derivanti dalla costituzione delle garanzie bancarie. Ha ripetuto la sua domanda con lettera 5 aprile 2002, invocando allora l’art. 288, secondo comma, CE.

73      Tuttavia, in seguito a queste due domande, la ricorrente non ha proposto, come richiesto dall’art. 46, terza frase, dello Statuto della Corte, un ricorso entro il termine previsto dall’art. 230 CE. Dette lettere non costituiscono pertanto atti interruttivi di prescrizione ai sensi dell’art. 46 dello Statuto della Corte.

74      Per tutti questi motivi, il presente ricorso, tenuto conto del fatto che è stato proposto il 31 gennaio 2003, è irricevibile nella misura in cui ha ad oggetto le spese di garanzia bancaria sostenute dalla ricorrente nei cinque anni che precedono tale data, cioè prima del 31 gennaio 1998.

 Nel merito

75      Poiché il ricorso è irricevibile nella misura in cui è fondato sull’art. 233 CE, l’esame del Tribunale nel merito si limita agli argomenti che la ricorrente ha presentato ai sensi dell’art. 288, secondo comma, CE e dell’art. 235 CE. Del resto, siccome anche il ricorso per risarcimento è irricevibile per quanto riguarda le spese per garanzia bancaria sostenute prima del 31 gennaio 1998, l’esame nel merito riguarda soltanto le spese sostenute dopo tale data.

 Argomenti delle parti

76      Per quanto riguarda l’illegittimità della decisione Cemento annullata dal Tribunale, la ricorrente sostiene che questa decisione contiene un vizio che implica la responsabilità della Comunità. Sottolinea che questa decisione è stata parzialmente annullata perché la convenuta non ha potuto dimostrare la violazione, da parte della ricorrente, dell’art. 85 del Trattato CE o la sua partecipazione ad accordi di restrizione della concorrenza. La ricorrente considera pertanto che nella specie la Commissione è incorsa in colpa grave.

77      La ricorrente precisa che la convenuta non disponeva di un potere discrezionale all’atto dell’adozione della decisione Cemento. Facendo riferimento alla sentenza della Corte 10 luglio 2003, causa C‑472/00 P, Commissione/Fresh Marine (Racc. pag. I‑7541), considera che una semplice violazione del diritto comunitario è pertanto sufficiente a dimostrare l’esistenza di una «violazione sufficientemente grave e manifesta». Secondo la sentenza Cemento, la convenuta non avrebbe, nel caso di specie, dovuto infliggere ammende, il che ridurrebbe totalmente il suo potere di valutazione. La presente causa sarebbe pertanto diversa dalla causa che ha dato luogo alla sentenza Corus UK/Commissione, punto 8 supra, dove si trattava di analizzare se la Commissione aveva esercitato male il suo potere di valutazione nella determinazione dell’importo dell’ammenda. La ricorrente da ciò conclude che, nel caso di specie, l’illegittimità della decisione con la quale viene inflitta l’ammenda è sufficiente per far sorgere la responsabilità della Comunità.

78      Ciò considerato, la determinazione del carattere complesso della fattispecie sarebbe priva di pertinenza. In ogni caso, occorrerebbe analizzare la situazione particolare della ricorrente. Dal momento che il Tribunale ha considerato che non esistevano nella specie prove sufficienti, la situazione della ricorrente non poteva essere considerata complessa. Vi sarebbe comunque una violazione grave dell’obbligo di diligenza della Commissione.

79      Infine, la ricorrente fa presente che la cooperazione o meno delle altre imprese durante la fase amministrativa del procedimento non può, in alcun caso, esserle di pregiudizio. Del resto, le spese di garanzia bancaria dovrebbero essere rimborsate in virtù del principio di lealtà.

80      Per quanto riguarda il nesso di causalità, la ricorrente precisa che la decisione Cemento le ha prodotto un danno diretto, e cioè le spese per garanzia bancaria. Fa presente che tale danno non riposa su una libera decisione da parte sua e sottolinea che, in caso di rigetto del suo ricorso di annullamento, essa avrebbe subito un danno o in ragione degli interessi versati, o in ragione delle spese di garanzia bancaria fatturate. La ricorrente precisa altresì che, se la costituzione di una garanzia bancaria non avesse le stesse conseguenze giuridiche del pagamento immediato dell’ammenda, non costituirebbe più una valida alternativa per le imprese.

81      Per quanto riguarda il danno, la ricorrente fornisce in allegato al suo ricorso due estratti conto bancari per un importo complessivo di EUR 139 002,21. Chiede altresì che la Commissione sia condannata al pagamento di interessi di ritardo (pari al 5,75%), a partire dal mese successivo a quello della pronuncia della sentenza Cemento, ovvero il 15 aprile 2000.

82      Dal canto suo la convenuta considera che la ricorrente fa un’errata lettura della sentenza Commissione/Fresh Marine, punto 77 supra. La Corte avrebbe soltanto rilevato in tale sentenza che la semplice infrazione del diritto comunitario «può» essere sufficiente a dimostrare l’esistenza di una violazione sufficientemente grave e manifesta. Il carattere decisivo sarebbe il carattere manifestamente grave dell’illecito commesso e occorrerebbe esaminare altresì, secondo la convenuta, tutti i fattori che possono fornire un’indicazione circa la gravità dell’illecito commesso dalla Commissione.

83      Nella specie la convenuta ritiene che il caso che ha dato luogo alla sentenza Cemento fosse estremamente complesso. L’infrazione si caratterizzava per numerose ramificazioni, l’implicazione di una gran parte dell’industria europea e di un numero estremamente elevato di partecipanti e quindi di destinatari della decisione. Del resto, l’intesa sarebbe stata tenuta segreta e, nel corso dell’inchiesta, nessuna delle imprese avrebbe cooperato oltre quanto sarebbe previsto dalle regole sui poteri investigativi.

84      Per quanto riguarda il nesso di causalità, la convenuta ritiene che, a differenza del pagamento di un’ammenda, la costituzione di una garanzia bancaria non è un obbligo. Da ciò conclude che non vi è alcun nesso di causalità diretto, ai sensi della giurisprudenza, tra l’eventuale illecito della Commissione e il danno asserito.

85      A proposito del danno, la convenuta precisa che, per quanto riguarda gli interessi reclamati alla data del 15 aprile 2000 (proposta dalla ricorrente per far decorrere gli interessi di mora), non aveva conoscenza delle esigenze della ricorrente né dell’importo richiesto. Per quanto riguarda la lettera 5 aprile 2002 della ricorrente, questa non sarebbe stata seguita da un ricorso entro i termini indicati dall’art. 46, seconda frase, dello Statuto della Corte. La convenuta considera pertanto che un diritto al pagamento degli interessi di mora può essere preso in considerazione comunque solo a partire dalla proposizione del presente ricorso, cioè il 31 gennaio 2003. Infine, per quanto riguarda i tassi d’interesse reclamati, la convenuta sottolinea che il tasso applicato dalla Banca centrale europea alle sue principali operazioni di rifinanziamento si situava, al 31 gennaio 2003, sul 2,75%. La maggiorazione di due punti percentuali fissato nella sentenza Corus UK/Commissione, punto 8 supra, porterebbe ad un tasso d’interesse del 4,75% e non del 5,75% come sostenuto dalla ricorrente.

 Giudizio del Tribunale

86      Secondo la costante giurisprudenza della Corte, la responsabilità extracontrattuale della Comunità, ai sensi dell’art. 288, secondo comma, CE, dipende da un complesso di presupposti, cioè l’illegittimità del comportamento contestato alle istituzioni, l’effettività del danno e l’esistenza di un nesso di causalità tra il comportamento e il danno asserito (sentenza della Corte 29 settembre 1982, causa 26/81, Oleifici Mediterranei/CEE, Racc. pag. 3057, punto 16; e sentenza del Tribunale 16 ottobre 1996, causa T‑336/94, Efisol/Commissione, Racc. pag. II‑1343, punto 30).

 Sulla condizione relativa all’illegittimità del comportamento censurato

87      Per quanto riguarda la condizione relativa all’illegittimità del comportamento censurato, la giurisprudenza richiede che sia accertata una violazione sufficientemente grave e manifesta di una norma di diritto intesa a conferire diritti ai singoli. A tale riguardo, si deve ricordare che il regime enunciato dalla Corte in materia di responsabilità extracontrattuale della Comunità tiene segnatamente conto della complessità delle situazioni da disciplinare, delle difficoltà di applicazione o interpretazione dei testi e, in particolare, del margine di valutazione discrezionale di cui dispone l’autore dell’atto controverso. Il criterio decisivo per considerare sufficientemente caratterizzata una violazione del diritto comunitario è quello della violazione manifesta e grave da parte dell’istituzione comunitaria dei limiti posti al suo potere discrezionale. Nell’ipotesi in cui l’istituzione in questione disponga solamente di un margine di discrezionalità considerevolmente ridotto, se non addirittura inesistente, la semplice trasgressione del diritto comunitario può essere sufficiente per accertare l’esistenza di una violazione grave e manifesta (sentenze della Corte 4 luglio 2000, causa C‑352/98 P, Bergaderm e Goupil/Commissione, Racc. pag. I‑5291, punti 40 e 42‑44; 10 dicembre 2002, causa C-312/00 P, Commissione/Camar et Tico, Racc. pag. I‑11355, punti 52‑55; e Commissione/Fresh Marine, punto 77 supra, punti 26‑26).

–       Per quanto riguarda il contesto di merito e di diritto della decisione Cemento

88      In limine, si deve ricordare, in primo luogo, che la decisione Cemento disponeva, all’art. 1, che talune associazioni, federazioni e imprese (inclusa la ricorrente) avevano violato le disposizioni dell’art. 85, n. 1, del Trattato CE, partecipando ad un accordo (denominato «accordo Cembureau» dal nome dell’associazione europea del Cemento) avente per oggetto l’osservanza dei limiti dei mercati nazionali e la regolamentazione dei trasferimenti di cemento da un paese all’altro. Dell’associazione Cembureau facevano parte membri diretti e membri indiretti. Le imprese la cui fusione ha dato luogo alla nascita della ricorrente facevano parte di questa seconda categoria (v., in particolare, punto 1440 della sentenza Cemento). In tale contesto, e trattandosi di membri indiretti del Cembureau, l’art. 1 della decisione Cemento contemplava le imprese (ivi compresa quindi la ricorrente), che avevano manifestato la loro adesione all’accordo Cembureau partecipando ad una misura di attuazione del medesimo (punto 4076 della sentenza Cemento).

89      A questo proposito, l’art. 5 della decisione Cemento concludeva che talune associazioni, federazioni ed imprese (compresa la ricorrente) avevano violato le disposizioni dell’art. 85, n. 1, del Trattato CE partecipando nel quadro dell’European Cement Export Committee (in prosieguo: l’«ECEC»), a pratiche concordate allo scopo di prevenire eventuali incursioni dei concorrenti nei rispettivi mercati nazionali della Comunità.

90      Per queste ragioni, a tenore dell’art. 9 della decisione Cemento, venivano inflitte ammende di EUR 3,841 milioni e EUR 1,85 milioni, rispettivamente, alla Alsen Breitenburg e alla Nordcement (la cui fusione ha dato luogo alla nascita della ricorrente).

91      Il Tribunale ha tuttavia giudicato che gli elementi di prova dedotti nella decisione Cemento, anche valutati nel loro complesso, non dimostravano che i membri dell’ECEC mirassero, nella cornice della loro collaborazione in seno a questo comitato per le esportazioni, a canalizzare le eccedenze produttive al fine di rafforzare la regola dell’osservanza dei limiti dei mercati interni (punto 3849 della sentenza Cemento).

92      Nella misura in cui le attività in seno all’ECEC sono state considerate, all’art. 5 della decisione Cemento, come costitutive di una violazione dell’art. 85, n. 1, del Trattato CE, per il motivo che erano intese ad evitare le incursioni dei concorrenti sui rispettivi mercati nazionali della Comunità, il Tribunale ha deciso di annullare l’art. 5 della decisione Cemento (punto 3850 della motivazione e punti 16 e 17 del dispositivo della sentenza Cemento).

93      Del resto, dal momento che non era stato dimostrato che i comportamenti considerati all’art. 5 della decisione Cemento avessero perseguito lo stesso obiettivo dell’accordo Cembureau, il Tribunale ha giudicato che tali comportamenti non potevano essere considerati elementi costitutivi dell’infrazione contemplata all’art. 1 della decisione Cemento (punto 4058 della sentenza Cemento). Il Tribunale ha pertanto deciso di annullare anche, per quanto riguarda la ricorrente, l’art. 1 della decisione Cemento (punti 4074‑4079 della motivazione e punti 16 e 17 del dispositivo della sentenza Cemento).

94      Di conseguenza, l’art. 9 della decisione Cemento, che fissa le ammende per la Alsen Breitenburg e la Nordcement (punto 4718 della motivazione e punti 16 e 17 del dispositivo della sentenza Cemento), è stato annullato.

–       Per quanto riguarda il potere di valutazione discrezionale della Commissione

95      Si deve ricordare che il giudice comunitario esercita in generale un controllo completo relativamente al se siano soddisfatte le condizioni di applicazione dell’art. 85, n. 1, del Trattato CE. Solo nel caso in cui esercita un controllo sulle valutazioni economiche complesse operate dalla Commissione, il giudice comunitario deve limitarsi alla verifica del rispetto delle norme procedurali del carattere sufficiente della motivazione, dell’esattezza materiale dei fatti, dell’assenza di manifesto errore di valutazione e di sviamento di potere (sentenze della Corte 11 luglio 1985, causa 42/84, Remia e a./Commissione, Racc. pag. 2545, punto 34; e 28 maggio 1998, causa C‑7/95 P, Deere/Commissione, Racc. pag. I‑3111, punto 34).

96      Nella specie si deve innanzitutto ricordare che il controllo operato dal Tribunale, che ha dato luogo all’annullamento della decisione Cemento per quanto riguarda la ricorrente, ha avuto ad oggetto l’esistenza di un comportamento costitutivo di un’infrazione dell’art. 85, n. 1 del Trattato CE. Tale controllo non ha avuto ad oggetto la fissazione, da parte della Commissione dell’importo delle ammende di cui trattasi inflitte alla ricorrente.

97      Del resto, dai punti 3771‑3850 della sentenza Cemento, che hanno motivato l’annullamento dell’art. 5 della decisione Cemento e quindi, di conseguenza, l’annullamento degli artt. 1 e 9 della stessa decisione, per quanto riguarda la ricorrente, risulta che il Tribunale ha esercitato un controllo integrale circa l’applicazione da parte della convenuta dell’art. 85, n. 1, del Trattato CE.

98      I punti della sentenza Cemento che qui rilevano non fanno riferimento a valutazioni economiche operate dalla Commissione o a un qualsiasi potere di valutazione di questa, che avrebbero potuto limitare la portata del controllo operata dal Tribunale.

99      Si deve infine sottolineare che la qualifica del comportamento delle imprese di cui trattasi come costituivo o no di un’infrazione ai sensi dell’art. 85, n. 1, del Trattato CE rientrava nella specie nella semplice applicazione del diritto sulla base degli elementi di merito a disposizione della Commissione.

100    Da tali elementi risulta che il potere discrezionale della Commissione, nella specie, veniva ad essere ridotto. Ciò considerato, la violazione dell’art. 85, n. 1, del Trattato CE, riscontrata dal Tribunale nella sentenza Cemento, e cioè l’insufficienza delle prove dedotte dalla convenuta a sostegno delle pratiche incriminate della ricorrente, potrebbe essere sufficiente per dimostrare l’esistenza di una violazione sufficientemente grave e manifesta.

101    Tuttavia, come sopra ricordato, al punto 87, il regime sviluppato dalla Corte in materia di responsabilità extracontrattuale della Comunità deve altresì indurre il giudice comunitario a tener conto oltre che del potere discrezionale dell’istituzione interessata, in particolare, della complessità delle situazioni da regolare nonché delle difficoltà di applicazione o di interpretazione dei testi normativi.

–       Per quanto riguarda la complessità delle situazioni da regolare e le difficoltà di applicazione o di interpretazione dei testi normativi

102    Nella specie si deve in primo luogo ricordare che la causa che ha dato luogo alla decisione e, successivamente, alla sentenza Cemento era particolarmente complessa. A questo proposito, l’argomento dedotto dalla ricorrente secondo il quale la complessità del contesto della causa è privo di pertinenza dev’essere disatteso. Infatti, tale contesto, al contrario, consente di valutare la complessità delle situazioni da regolare conformemente alla giurisprudenza.

103    Il procedimento, che è durato più di tre anni, contemplava associazioni sia internazionali sia nazionali e numerose imprese stabilite in paesi terzi nonché la quali totalità delle imprese comunitarie nel settore di cui trattasi. L’inchiesta condotta dalla convenuta ha richiesto la riunione di un gran numero di elementi.

104    Il Tribunale ha del resto rilevato la complessità di tale causa precisando, al punto 654 della sentenza Cemento, che «nella causa conclusasi con la sentenza Suiker Unie e a./Commissione (…) anch’essa una causa complessa, la Corte ha dichiarato (…) che un termine di due mesi doveva essere giudicato ragionevole [per preparare una risposta a una comunicazione degli addebiti]».

105    Del resto, trattandosi di termini d’inchiesta, al punto 709 della sentenza Cemento il Tribunale ha rilevato «che un periodo di 31 mesi tra le indagini dell’aprile 1989 e la notificazione della [comunicazione degli addebiti] nel novembre 1991 era ragionevole, se si tiene conto dell’ampiezza e della difficoltà di un’indagine avente ad oggetto la quasi totalità dell’industria cementiera europea» e che «la circostanza che la Commissione abbia avuto bisogno di 20 mesi dopo la fine delle audizioni per adottare, il 30 novembre 1994, la decisione impugnata non costituiva una violazione del principio del rispetto di un termine ragionevole nell’ambito di un procedimento amministrativo in materia di politica della concorrenza, dal momento che la decisione impugnata doveva essere invita a 42 imprese e associazioni di imprese differenti, che accertava 24 diverse infrazioni e che era stato necessario redigerla nelle nove lingue ufficiali della Comunità».

106    La ricorrente ha del resto essa stesa riconosciuto, nella lettera 28 settembre 2001 indirizzata alla convenuta, che tale caso si caratterizzava per un’estrema complessità. La ricorrente faceva tra l’altro riferimento all’oggetto e alla natura della controversia, alla sua importanza nell’ottica del diritto comunitario nonché alle difficoltà della causa e al numero delle imprese riguardate.

107    Si deve in secondo luogo rilevare che le situazioni erano tanto più complesse da disciplinare nella specie dal momento che le imprese interessate dall’inchiesta della Commissione erano membri diretti o indiretti della Cembureau. In quest’ultimo caso, nel quale rientra la situazione della ricorrente, le imprese interessate erano rappresentate, in seno alla Cembureau dalle loro rispettive associazioni.

108    Si deve rilevare in terzo luogo che, per quanto riguarda la parte della decisione Cemento che riguardava specificamente la ricorrente, la convenuta si trovava a doversi misurare con un insieme di documenti probatori la cui interpretazione non era evidente.

109    Pertanto, per quanto riguarda i motivi che hanno portato all’annullamento della decisione Cemento, per quanto riguarda la ricorrente, il Tribunale, ai punti 3790 e 3792 della sentenza Cemento, ha in primo luogo affermato:

«Non si evince [dall’art. 1 dell’atto costitutivo dell’ECEC del 6 dicembre 1979, dall’art. 1 di quello del 26 settembre 1986, dal resoconto della riunione di Parigi del 23 gennaio 1979 e da una nota interna della Ciments français del 7 marzo 1989] che il vero scopo perseguito dai membri dell’ECEC sia stato quello di rafforzare la regola dell’osservanza dei limiti dei mercati interni europei (…) [b]enché [la nota della Blue Circle del 1° dicembre 1983] parli di un nesso tra l’osservanza dei limiti dei mercati interni e la canalizzazione delle eccedenze produttive, non è corretto desumere, in base alla mera esistenza di un comitato per le esportazioni, che i membri del medesimo avessero lo scopo, con le attività condotte in seno ad esso, “di prevenire eventuali incursioni dei concorrenti nei rispettivi mercati nazionali all’interno della Comunità”».

110    Per quanto riguarda l’affiliazione diretta o indiretta dei membri dell’ECEC al Cembureau, il Tribunale (ai punti 3799 e 3800 della sentenza Cemento) ha rilevato:

«Indubbiamente, per i partecipanti all’accordo Cembureau che hanno preso parte alle attività dell’ECEC dopo la conclusione del detto accordo, le informazioni scambiate durante le riunioni di questo comitato per le esportazioni riguardo ai mercati terzi sono state utili al fine di permettere loro di canalizzare le eccedenze produttive di ciascuno verso destinazioni extraeuropee ed hanno quindi agevolato, in capo a loro, l’esecuzione dell’accordo Cembureau. Ora, tra i membri dell’ECEC compaiono diversi membri diretti della Cembureau (le ricorrenti FIC, SFIC, Aalborg, Oficemen, Irish Cement, ATIC, Italcementi, Cementir e AGCI), la cui partecipazione all’accordo Cembureau è del tutto certa a causa della loro partecipazione alle riunioni degli Head Delegates nel corso delle quali l’accordo Cembureau è stato concluso e/o confermato (…) Tuttavia, questa constatazione non implica che la cooperazione instaurata nella cornice dell’ECEC tra tutti i membri di questo comitato abbia avuto lo scopo di rafforzare la regola dell’osservanza dei limiti dei mercati interni».

111    Per quanto riguarda i rapporti tra la ECEC e l’European Export Policy Committee (in prosieguo: l’«EPC»), il Tribunale (ai punti 3806 e 3821 della sentenza Cemento) ha rilevato:

«A tal riguardo, alla luce degli elementi di prova cui la Commissione fa riferimento nella decisione impugnata [e cioè i documenti menzionati al punto 2 della decisione Cemento], è giocoforza constatare che i membri dell’ECEC hanno sempre ritenuto che il loro comitato per le esportazioni avesse caratteristiche ed identità specifiche in confronto [a] quelle dell’EPC (…). Anche ammettendo che l’osservanza dei limiti dei mercati interni fosse la regola sottostante alla collaborazione in seno all’EPC, i documenti menzionati nel paragrafo 32 della decisione impugnata non consentono quindi di concludere che i legami esistenti tra l’ECEC e l’EPC avessero influenzato le attività dell’ECEC al punto da far adottare ai membri di quest’ultimo comitato la regola dell’osservanza dei limiti dei mercati interni per le attività nell’ambito dell’ECEC».

112    Per quanto riguarda infine l’assenza di limitazione delle attività dell’ECEC alla grande esportazione, il Tribunale, ai punti 3825, 3827 e 3828 della sentenza Cemento, ha considerato:

«La Commissione non può però basarsi [sul] resoconto [dell’ECEC 22 marzo 1985] per provare che la collaborazione in seno all’ECEC mirava a rafforzare la regola dell’osservanza dei limiti dei mercati interni mediante la canalizzazione delle eccedenze produttive (…) È giocoforza constatare che nessuno dei resoconti citati nel punto [3826] pone in connessione le importazioni provenienti dai paesi terzi con il principio dell’osservanza dei limiti dei mercati interni (…) Ad ogni modo la semplice circostanza di avere esaminato, in alcune occasioni, la situazione delle importazioni provenienti dai paesi terzi non dimostra “che lo scopo e l’effetto della cooperazione nell’ambito [dell’]ECEC era quello di rafforzare la regola del rispetto dei mercati nazionali” (…) Per quanto concerne i documenti menzionati nel paragrafo 33, punto 5, della decisione impugnata, è esatto, come sostenuto dalla Commissione, che alcuni resoconti riferiscono certe informazioni riguardanti la situazione dei paesi membri. Tuttavia, la semplice menzione di un dato riguardante un mercato interno della Comunità durante una riunione dell’ECEC o dello Steering Committee dell’ECEC non dimostra necessariamente che le attività dell’ECEC avessero lo scopo di “rafforzare la regola del rispetto dei mercati nazionali”».

113    Da ciò consegue che, senza rimettere fondamentalmente in discussione l’analisi operata dalla Commissione circa l’applicazione dell’art. 85, n. 1, del Trattato CE agli accordi in considerazione, nella sentenza Cemento il Tribunale si è limitato a contestare la valutazione operata dalla Commissione del carattere probatorio di taluni documenti considerati ai fini della constatazione dell’infrazione nei confronti di talune ricorrenti. In particolare, risulta che la divergenza d’interpretazione tra il Tribunale e la Commissione su questo punto ha avuto ad oggetto soltanto un’attività marginale dell’intesa, e cioè quella svolta nell’ambito della cooperazione delle parti in seno all’ECEC, al fine di canalizzare le loro eccedenze di produzione, allo scopo di rafforzare così la regola del rispetto dei mercati nazionali, e cioè la ripartizione dei mercati che costituivano il vero «nucleo» dell’intesa. Del resto, se il Tribunale ha annullato la decisione Cemento per quanto riguarda la ricorrente, ha cionondimeno constatato che la Commissione disponeva di un certo numero di indizi idonei ad accreditare la sua tesi secondo la quale la cooperazione in seno all’ECEC aveva come scopo ed effetto quello di rafforzare la regola del rispetto dei mercati nazionali e solo dopo aver proceduto ad una dettagliata valutazione del contenuto dei documenti di cui trattasi il Tribunale è giunto alla conclusione che, considerati nel loro insieme e tenuto conto tra l’altro, delle spiegazioni fornite dalle imprese interessate, tali documenti non dimostravano a sufficienza che l’attività in seno all’ECEC rafforzasse la regola del rispetto dei mercati nazionali.

114    Per tutte queste ragioni, tenuto conto del fatto che la causa Cemento era una causa particolarmente complessa, che implicava un gran numero di imprese e in particolare la quasi totalità dell’industria europea del cemento, che la struttura della Cembureau rendeva l’inchiesta difficile in ragione dell’esistenza di membri diretti e indiretti e del fatto che è stato necessario analizzare un numero considerevole di documenti comprendendo in tale analisi il fatto che si trattava della situazione specifica della ricorrente, si deve considerare che la convenuta si trovava di fronte ad una situazione molto difficile da regolare.

115    Si deve infine tener conto delle difficoltà di applicazione delle disposizioni del Trattato CE in materia di intese (v., per analogia, sentenza Corus UK/Commissione, punto 8 supra, punto 46). Tali difficoltà di applicazione erano tanto più gravi dal momento che gli elementi di fatto della causa di cui trattasi, compresi quelli relativi alla parte della decisione avente ad oggetto la ricorrente, erano numerosi.

116    Per tutti questi motivi, si deve considerare che la violazione del diritto comunitario constatata nella sentenza Cemento per quanto riguarda la parte della decisione che riguarda la ricorrente, non è sufficientemente grave e manifesta.

117    Per quanto riguarda il principio di lealtà, che renderebbe obbligatorio il rimborso delle spese di garanzia bancaria, la ricorrente non spiega sotto quale aspetto esso avrebbe per oggetto il conferimento dei diritti ai singoli né sotto quale aspetto nella specie vi sarebbe una violazione sufficientemente grave e manifesta di tale principio. Altrettanto vale per quanto riguarda il principio di diligenza che graverebbe sulla convenuta. Pertanto, tali argomenti sono inoperanti.

118    Tenuto conto di quanto sopra, la prima condizione sviluppata dalla giurisprudenza per far sorgere la responsabilità extracontrattuale della Comunità non è nella specie integrata.

 Sulla condizione relativa all’esistenza di un nesso di causalità tra il comportamento e il danno invocato

119    Ad ogni modo, la Comunità può essere ritenuta responsabile unicamente del danno che deriva in modo sufficientemente diretto dal comportamento irregolare dell’istituzione considerata (v., tra l’altro, sentenza della Corte 4 ottobre 1979, cause riunite 64/76 e 113/76, 167/78 e 239/78, 27/79, 28/79 e 45/79, Dumortier e a./Consiglio, Racc. pag. 3091, punto 21; sentenze del Tribunale 18 settembre 1995, causa T‑168/94, Blackspur e a./Consiglio e Commissione, Racc. pag. II‑2627, punto 52; 24 ottobre 2000, causa T‑178/98, Fresh Marine/Commissione, Racc. pag. II‑3331, punto 118, e 13 febbraio 2003, causa T‑333/01, Meyer/Commissione, Racc. pag. II‑117, punto 32).

120    Nella specie si deve innanzitutto ricordare che, a tenore dell’art. 9 della decisione Cemento, sono state inflitte ammende di EUR 3,841 milioni e di EUR 1,85 milioni, rispettivamente, alla Alsen Breitenburg e alla Nordcement. In virtù dell’art. 11, primo comma, di questa stessa decisione, le ammende erano pagabili entro tre mesi dalla notificazione della decisione. Inoltre, a tenore del secondo comma della medesima disposizione, l’importo dell’ammenda produceva interessi di pieno diritto a decorrere dalla scadenza del termine innanzi detto.

121    Si deve inoltre ricordare che, in forza dell’art. 192, primo comma, del Trattato CE (divenuto art. 256 CE), la decisione Cemento era su tale punto titolo esecutivo in quanto comportava un obbligo pecuniario a carico dei soggetti diversi dagli Stati, e ciò nonostante l’introduzione del ricorso di annullamento avverso tale decisione ai sensi dell’art. 173 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 230 CE). Infatti, in forza dell’art. 185, prima frase, del Trattato CE (divenuto art. 242 CE), i ricorsi proposti dinanzi al giudice comunitario non hanno effetto sospensivo (sentenza del Tribunale 14 luglio 1995, causa T‑275/94, CB/Commissione, Racc. pag. II‑2169, punti 50‑52).

122    Orbene, è pacifico che la ricorrente, in deroga a tali disposizioni, non ha pagato l’ammenda inflittale dall’art. 9 della decisione Cemento, poiché la Commissione le aveva offerto la possibilità, nella lettera di notificazione della detta decisione, di costituire una garanzia bancaria destinata a garantire il pagamento dell’ammenda fino al giorno della pronuncia della sentenza Cemento. Infatti, l’impresa che propone un ricorso avverso la decisione con la quale Commissione le infligge un’ammenda ha la scelta o di pagare l’ammenda al momento della sua esigibilità, versando eventualmente interessi di mora al tasso fissato dalla Commissione nella sua decisione, ovvero di chiedere la sospensione dell’esecuzione della decisione a norma dell’art. 185, seconda frase, del Trattato ovvero, infine, qualora la Commissione gliene dia la possibilità, di costituire una garanzia bancaria destinata a garantire il pagamento dell’ammenda e degli interessi di mora, alle condizioni stabilite dalla Commissione (sentenza CB/Commissione, punto 121 supra, punto 54).

123    Ciò considerato, la ricorrente non può validamente affermare che le spese di costituzione di garanzia bancaria da essa sostenute nella specie derivino direttamente dalla illegittimità della decisione Cemento. Infatti, il danno che asserisce aver subito a tal proposito deriva dalla sua stessa scelta di non dare esecuzione all’obbligo di pagare l’ammenda, e di derogare alle regole previste dall’art. 192, primo comma, del Trattato CE e dall’art. 185, prima frase, del Trattato CE nel termine stabilito dalla decisione Cemento, con la costituzione di una garanzia bancaria.

124    Si deve del resto sottolineare che le due opzioni a disposizione della ricorrente, e cioè la proposizione di un ricorso contro la decisione Cemento come pure la domanda di sospensione dell’esecuzione della detta decisione (per quanto riguarda quantomeno il pagamento dell’ammenda), e la costituzione di una garanzia bancaria facente seguito alla facoltà offerta dalla Commissione, costituivano alternative effettive al pagamento immediato dell’ammenda. Esse erano pertanto rimesse alla libera scelta delle imprese (v., in questa senso, sentenza CB/Commissione, punto 121 supra, punti 54 e 55). Tali opzioni non rivestivano dunque carattere obbligatorio derivante della decisione Cemento. Si deve pertanto rilevare che talune imprese (come la ricorrente) hanno optato per la costituzione di garanzie bancarie mentre altre hanno preferito adempiere l’obbligazione finanziaria derivante dalla decisione Cemento e pagare l’ammenda di cui trattasi (v., a questo proposito, sentenza Cemento, punto 5116). Se la ricorrente avesse deciso di pagare l’ammenda, essa avrebbe pertanto evitato di dover pagare spese di garanzia bancaria (v., per quanto riguarda gli interessi di ritardo, sentenza CB/Commissione, punto 121 supra, punto 83).

125    Nessuno degli argomenti dedotti dalla ricorrente è idoneo a rimettere in discussione tale conclusione.

126    In particolare, per quanto riguarda l’affermazione secondo la quale le considerazioni formulate al punto 57 della sentenza Corus UK/Commissione, punto 8 supra, sarebbero trasponibili nella specie, va constatato che, a tale punto della sopraccitata sentenza, il Tribunale non ha giudicato, come suggerito dalla ricorrente, che le imprese destinatarie di una decisione che infligge loro ammende non avevano la scelta tra il pagamento immediato dell’ammenda e la costituzione di una garanzia bancaria, ma che, da un lato, pagando l’ammenda, l’impresa si limitava ad adeguarsi al dispositivo di una decisione esecutiva nonostante il ricorso da essa proposto dinanzi al Tribunale e che, dall’altro, la costituzione di una garanzia bancaria piuttosto che il pagamento immediato dell’ammenda costituiva una semplice facoltà che la Commissione rimetteva alla scelta dell’impresa interessata.

127    Ad ogni modo, e senza entrare qui nell’esame di un possibile pregiudizio o in una dettagliata analisi delle differenze tra l’art. 34 CA e l’art. 233 CE, si deve sottolineare che le considerazioni contenute nella sentenza Corus UK/Commissione, punto 8 supra, che hanno indotto il Tribunale a giudicare che, nel caso di una sentenza che annulla o riduce l’ammenda imposta ad un’impresa per infrazione delle norme di concorrenza, non solo la Commissione ha l’obbligo di restituire l’importo principale dell’ammenda indebitamente pagata, ma anche gli interessi di mora prodotti da tale importo non sono applicabili in caso di costituzione di una garanzia bancaria. Infatti, si deve ricordare che nella sentenza Corus UK/Commissione, punto 8 supra, il Tribunale ai punti 54–56 ha fondato tale obbligo sulla circostanza, da un lato, che l’obbligo di restituzione integrale dell’ammenda indebitamente pagata non può prescindere dal decorso del tempo idoneo a ridurne il valore e, dall’altro, che il mancato pagamento di interessi di mora comporterebbe un arricchimento senza causa della Comunità, che è in contrasto con i principi generali del diritto comunitario.

128    Orbene, nessuna di queste considerazioni può essere invocata dalla ricorrente nella specie.

129    Infatti, da un lato, per quanto riguarda la prima considerazione, si deve rilevare che, quando una garanzia bancaria è stata costituita, la Commissione non deve restituire un’ammenda indebitamente percepita, poiché, per ipotesi, tale ammenda non è stata pagata. L’impresa non ha pertanto subito alcuna perdita di valore per quanto riguarda l’importo dell’ammenda che era pertanto tenuta a pagare immediatamente alla Commissione, tenuto conto del carattere esecutivo della decisione impugnata (art. 192, primo comma, del Trattato CE) e dell’assenza di effetto sospensivo dei ricorso dinanzi al Tribunale (v. art. 185, prima frase, del Trattato CE). Come è stato sopraindicato, il solo pregiudizio finanziario eventualmente subito dall’impresa interessata proveniva dalla sua propria decisione di costituire una garanzia bancaria al fine di essere in grado, in deroga alle regole qui sopra ricordate, di non pagare immediatamente l’ammenda, e questo nonostante che non benefici di una sospensione dell’esecuzione della decisione con la quale viene inflitta l’ammenda.

130    Dall’altro, per quanto riguarda la seconda considerazione, si deve constatare, contrariamente alla situazione di cui alla causa che ha dato luogo alla sentenza Corus UK/Commissione, punto 8 supra, che il fatto che la Commissione non abbia preso a carico le spese inerenti alla costituzione di una garanzia bancaria non comporta alcun arricchimento senza causa alla Comunità dal momento che le spese di costituzione della detta garanzia bancaria sono state pagate non già alla Comunità ma a un terzo. Il rispetto del principio generale che vieta l’arricchimento senza causa non giustifica pertanto in alcun modo una siffatta restituzione. Al contrario, se la Commissione dovesse prendere a carico le spese inerenti alla costituzione di una garanzia bancaria, ciò consentirebbe di rimettere l’impresa interessata nella situazione che era la sua prima dell’adozione della decisione controversa, ma la Commissione sarebbe, per contro, penalizzata, poiché dovrebbe restituire alla detta impresa importi di cui essa non ha avuto il godimento.

131    Tenuto conto di tutti questi elementi, il nesso di causalità tra il comportamento ascritto alla convenuta e il danno asserito non può nella specie essere qualificato come sufficientemente diretto.

132    Alla luce di tutto quanto sopra precede, e senza che si renda necessario pronunciarsi sul danno assertivamente subito, il ricorso fondato sull’art. 235 CE e sull’art. 288, secondo comma, CE, per quanto riguarda le spese di garanzia bancaria successive al 31 gennaio 1998 è infondato e va respinto.

 Sulle spese

133    A tenore dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente è rimasta soccombente, va condannata a tutte le spese, conformemente alle conclusioni della convenuta.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è irricevibile nella misura in cui è fondato sull’art. 233 CE.

2)      La domanda subordinata intesa a interpretare il ricorso, in quanto fondato sull’art. 233 CE, come ricorso di annullamento o per carenza è irricevibile.

3)      La demanda di risarcimento per quanto riguarda le spese di garanzia bancaria sostenute dalla ricorrente prima del 31 gennaio 1998 è irricevibile.

4)      Per il resto, il ricorso è infondato.

5)      La ricorrente è condannata alle spese.

Azizi

Jaeger

Dehousse

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 21 aprile 2005.

Il cancelliere

 

      Il presidente

H. Jung

 

       J. Azizi


* Lingua processuale: il tedesco.