Language of document : ECLI:EU:C:2013:871

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PEDRO CRUZ VILLALÓN

presentate il 19 dicembre 2013 (1)

Causa C‑427/12

Commissione europea

contro

Parlamento europeo

e

Consiglio dell’Unione europea

(ricorso di annullamento proposto dalla Commissione)

«Ricorso di annullamento – Interpretazione degli articoli 290 TFUE e 291 TFUE – Atto delegato – Atto di esecuzione – “Profondità del controllo” – Regolamento (UE) n. 528/2012 – Prodotti biocidi – Fissazione di tariffe e oneri – Agenzia europea per le sostanze chimiche»





1.        Il ricorso di annullamento che, nel caso di specie, la Commissione propone contro il Parlamento europeo e il Consiglio a motivo dell’asserita scorretta applicazione da parte degli stessi dell’articolo 291, paragrafo 2, TFUE – per avere previsto, all’articolo 80, paragrafo 1, del regolamento n. 528/2012 (2), che la Commissione adotta un «regolamento di esecuzione» – offre alla Corte l’occasione di pronunciarsi, per la prima volta, sul significato e sulla portata degli atti «delegati» previsti dall’articolo 290 TFUE (3). Si deve tenere presente che l’unico motivo di impugnazione dedotto dalla Commissione si basa su ciò che essa considera un’interpretazione errata, da parte del Parlamento e del Consiglio, dei rispettivi ambiti di applicazione degli articoli 290 TFUE e 291, paragrafo 2, TFUE.

2.        Si può tralasciare la questione se, come sostenuto dal Consiglio, il problema sollevato nella presente controversia «riguardi la sostanza stessa di alcune questioni fondamentali poste dall’integrazione europea» (4). È chiaro, ad ogni modo, che il Trattato di Lisbona apre le porte a ciò che si potrebbe definire un nuovo modo di legiferare, fondato sulla collaborazione tra il Parlamento e il Consiglio, da un lato, e la Commissione, dall’altro, il che è sufficiente per indurre a considerare molto delicato il problema che quest’ultima sottopone alla Corte.

3.        Ovviamente, questa prima opportunità offerta alla Corte pronunciarsi su tale importante materia riguardo all’assetto degli atti dell’Unione non sarà né potrà essere l’ultima. Per quanto rilevante possa risultare quest’occasione, letteralmente inaugurale, per la giurisprudenza della Corte sull’articolo 290 TFUE, è facile comprendere che quest’ultima non potrà esprimersi su tutti i profili della questione nell’ambito della presente causa. E ciò per una ragione elementare, ossia che le circostanze della controversia in esame non richiedono che la Corte fornisca una risposta a tutte le problematiche che possono scaturire dalla suddetta disposizione. Ciò premesso, hanno ragione le parti nel presente procedimento ad affermare che alla Corte si offre qui l’occasione per iniziare a far luce sul significato di questa disposizione del Trattato, contribuendo così anche a prevenire una parte delle situazioni di conflitto tra le istituzioni.

4.        Anticipando il senso delle presenti conclusioni, ritengo che, in questo primo periodo della vigenza, in particolare, degli atti «delegati», la sfida principale sia assicurare un certo livello di giustiziabilità rispetto alle scelte operate dal legislatore dell’Unione di fronte all’alternativa tra assegnare alla Commissione il compito di integrare o modificare il contenuto di un atto legislativo, o affidarle l’adozione di atti «di esecuzione».

5.        Dopo avere respinto l’eccezione di irricevibilità, articolerò la mia risposta in due parti. Nella prima proporrò un’interpretazione sia degli atti «delegati» che degli atti «di esecuzione», suggerendo poi un possibile criterio di distinzione tra gli stessi. Nella seconda concentrerò l’attenzione sull’oggetto specifico della controversia, ossia la validità dell’articolo 80, paragrafo 1, del regolamento n. 528/2012, nella parte in cui autorizza la Commissione, ai sensi dell’articolo 291, paragrafo 2, TFUE, ad adottare un regolamento di esecuzione.

I –    Contesto normativo

6.        Le poche disposizioni pertinenti nel presente procedimento, in definitiva gli articoli 290 TFUE e 291 TFUE e l’articolo 80 del regolamento n. 528/2012, saranno riprodotte più avanti nel corso della mia argomentazione.

II – Il ricorso di annullamento

7.        La Commissione propone un ricorso di annullamento contro l’articolo 80, paragrafo 1, del regolamento n. 528/2012. A suo parere, la disposizione impugnata sarebbe invalida nella parte in cui prevede che i provvedimenti ivi menzionati sono adottati mediante un atto di esecuzione (articolo 291 TFUE), laddove i medesimi andrebbero adottati con atto delegato (articolo 290 TFUE).

8.        Fermo restando che i vari argomenti della Commissione saranno illustrati nel corso della mia esposizione dei diversi problemi sollevati dalla presente controversia, si può già affermare che detta istituzione ritiene che la giurisprudenza relativa alla scelta della base giuridica di un atto dell’Unione debba essere applicata mutatis mutandis alla scelta tra l’articolo 291 TFUE (che attribuisce una competenza puramente esecutiva) e l’articolo 290 TFUE (che conferisce alla Commissione una competenza di natura «quasi legislativa»). A suo parere, gli ambiti di applicazione delle due disposizioni sono nettamente separati e non esistono «zone grigie» nelle quali il legislatore possa operare una scelta discrezionale.

9.        La Commissione afferma che è decisivo il significato attribuito al concetto di «integrare o modificare determinati elementi non essenziali dell’atto legislativo». A suo avviso, non si potrebbe adottare un’interpretazione restrittiva, in quanto è necessario che gli atti che perfezionano il contenuto di un atto legislativo godano del grado di legittimazione democratica che può essere assicurato solo dal procedimento legislativo e che l’articolo 290 TFUE garantisce agli «atti delegati» attraverso i controlli ivi previsti.

10.      Quanto alla disposizione impugnata, la Commissione sostiene che l’istituzione di un sistema di tariffe coerente e completo per il finanziamento dell’Agenzia implica un’integrazione di elementi non essenziali del regolamento n. 528/2012, motivo per cui dovrebbe formare oggetto di una delega ex articolo 290 TFUE.

11.      Sulla base di siffatte considerazioni la Commissione chiede l’annullamento dell’articolo 80, paragrafo 1, del regolamento n. 528/2012, con mantenimento dei suoi effetti fino all’entrata in vigore della norma destinata a sostituirlo, e la condanna alle spese del Parlamento europeo e del Consiglio. In subordine, qualora la Corte considerasse irricevibile la sua domanda di annullamento parziale, la Commissione chiede l’annullamento in toto del regolamento n. 528/2012 con mantenimento dei relativi effetti.

III – Procedimento dinanzi alla Corte

12.      Sono intervenuti nel procedimento, oltre al Parlamento europeo e al Consiglio, il Regno di Danimarca, la Repubblica di Finlandia, la Repubblica francese, il Regno dei Paesi Bassi, il Regno Unito e la Repubblica ceca.

13.      Il Consiglio, sostenuto dal Regno dei Paesi Bassi e dal Regno Unito, ritiene che il ricorso sia irricevibile in quanto l’articolo 80, paragrafo 1, del regolamento n. 528/2012 non presenterebbe, a suo parere, il necessario grado di autonomia rispetto alle altre disposizioni del regolamento per poter formare oggetto di un giudizio separato, dato che l’intervento dell’Agenzia nel procedimento di approvazione dei prodotti biocidi è subordinato al pagamento delle tariffe e degli oneri. Per contro, il Parlamento europeo, la Commissione e la Repubblica di Finlandia considerano che l’annullamento della disposizione impugnata non inciderebbe sulla sostanza del regolamento n. 528/2012, sicché la domanda sarebbe ricevibile.

14.      Nel merito, e per quanto attiene alle considerazioni generali della Commissione, buona parte degli intervenienti contesta che tra l’articolo 290 TFUE e l’articolo 291 TFUE intercorra un rapporto gerarchico, sostenendo che il legislatore possa optare per l’una o per l’altra via e che entrambe conducono all’emanazione di atti regolamentari. Esisterebbe inoltre una «zona grigia» che rende difficile delimitare in astratto i rispettivi ambiti di applicazione delle due disposizioni, dovendosi fare riferimento in ciascun caso al livello di dettaglio dell’atto legislativo sul quale deve intervenire la Commissione (per «integrarlo» o per «eseguirlo», a seconda che tale livello sia, rispettivamente, minore o maggiore). Infine, detti intervenienti contestano anche l’interpretazione estensiva della nozione di «integrare o modificare determinati elementi non essenziali dell’atto legislativo», in quanto essa svuoterebbe di contenuto l’articolo 291 TFUE.

15.      Già in relazione al contenuto della disposizione impugnata, sia il Parlamento che il Consiglio e tutti gli Stati membri intervenuti sostengono che il sistema istituito dall’articolo 80 del regolamento n. 528/2012 sia sufficientemente dettagliato per escludere la necessità di un atto di delega, bastando un atto puramente esecutivo ex articolo 291 TFUE.

16.      Il Parlamento europeo e il Consiglio chiedono il rigetto del ricorso e la condanna della Commissione alle spese. In subordine, il Parlamento europeo chiede che, in caso di accoglimento del ricorso, vengano mantenuti gli effetti della disposizione annullata e di tutti gli atti adottati in applicazione della stessa fino all’entrata in vigore della disposizione sostitutiva.

IV – Analisi

A –    Sulla ricevibilità del ricorso

17.      Il Consiglio, sostenuto dai Paesi Bassi e dal Regno Unito, ha sollevato dubbi sulla ricevibilità del ricorso, in quanto, a suo parere, la disposizione impugnata non sarebbe dotata di autonomia sufficiente nel contesto del regolamento n. 528/2012 per costituire di per sé l’oggetto di un ricorso.

18.      A mio avviso, il ricorso non è irricevibile. Conformemente a una giurisprudenza costante della Corte, «l’annullamento parziale di un atto dell’Unione è possibile solo se gli elementi di cui l’annullamento è chiesto sono separabili dal resto dell’atto» (5), essendo altrettanto costante l’affermazione secondo cui «tale requisito della separabilità non è soddisfatto quando l’annullamento parziale di un atto avrebbe l’effetto di modificare la sostanza dell’atto medesimo» (6).

19.      Nel caso in esame, la disposizione impugnata può senz’altro essere separata dal resto del regolamento n. 528/2012. Infatti, l’articolo 80, paragrafo 1, di tale regolamento si limita a conferire specificamente alla Commissione la necessaria competenza ad adottare un regolamento di esecuzione che fissi le tariffe esigibili dall’Agenzia, nonché le relative condizioni di pagamento. Detto regolamento di esecuzione costituisce senza dubbio un elemento importante nel complesso del regolamento n. 528/2012, il cui scopo è quello di stabilire norme di armonizzazione per la messa a disposizione sul mercato e l’uso dei biocidi, ma non è determinante per l’integrità del suo oggetto.

20.      Mi sembra opportuno formulare un’osservazione preliminare, di carattere generale. Sebbene la presente causa verta direttamente sulla questione se il legislatore dell’Unione abbia rispettato o meno la disposizione di cui all’articolo 291, paragrafo 2, TFUE, dal dibattito tra le parti è emerso uno «spostamento» dell’attenzione verso l’articolo 290 TFUE, in quanto base giuridica corretta, nell’ipotesi, beninteso, in cui il legislatore scegliesse di non adottare esso stesso la normativa oggetto di controversia. Ciò detto, non deve sorprendere un certo «spostamento» anche da parte mia del baricentro dell’analisi del problema.

B –    Nel merito

1.      Sugli atti delegati, gli atti di esecuzione e la possibilità di operare una distinzione tra gli stessi

a)      Gli atti «delegati»

i)      Il testo dell’articolo 290 TFUE

21.      In alcune situazioni la necessità di concentrare l’attenzione principalmente sull’interpretazione letterale o testuale si impone con particolare evidenza. In altri termini, esistono casi in cui occorre attenersi in primo luogo a ciò che «dice» la disposizione, cercando di dimenticare per un momento quanto si sa della sua storia. Ritengo che ciò valga in special modo quando l’interprete si trova di fronte alla nuova figura degli atti delegati prevista dall’articolo 290 TFUE, finora senza equivalenti, al di là delle apparenze, nell’architettura degli atti dell’Unione. Ed è effettivamente troppo il «rumore» causato da tutto ciò che ne ha accompagnato la genesi. Occorrerà prestare attenzione anche a tali «interferenze», ma deve esservi almeno un momento in cui «si lascia parlare» la disposizione in tutta la sua semplicità.

22.      L’articolo 290 TFUE è così formulato:

«1. Un atto legislativo può delegare alla Commissione il potere di adottare atti non legislativi di portata generale che integrano o modificano determinati elementi non essenziali dell’atto legislativo.

Gli atti legislativi delimitano esplicitamente gli obiettivi, il contenuto, la portata e la durata della delega di potere. Gli elementi essenziali di un settore sono riservati all’atto legislativo e non possono pertanto essere oggetto di delega di potere.

2. Gli atti legislativi fissano esplicitamente le condizioni cui è soggetta la delega, che possono essere le seguenti:

a) il Parlamento europeo o il Consiglio possono decidere di revocare la delega;

b) l’atto delegato può entrare in vigore soltanto se, entro il termine fissato dall’atto legislativo, il Parlamento europeo o il Consiglio non sollevano obiezioni.

Ai fini delle lettere a) e b), il Parlamento europeo delibera a maggioranza dei membri che lo compongono e il Consiglio delibera a maggioranza qualificata.

3. L’aggettivo “delegato” o “delegata” è inserito nel titolo degli atti delegati».

23.      In base alla lettura di tale disposizione, e ai fini qui rilevanti, si può affermare sinteticamente che l’atto «delegato», poiché tale è la sua denominazione, è un «atto non legislativo» di portata generale della Commissione, e solo di questa, con cui essa concreta la previsione contenuta in un «atto legislativo» che le ha delegato il «potere» di «regolamentare», integrando o modificando, «elementi non essenziali» di tale atto, con «riserva» quindi allo stesso degli «elementi essenziali del settore» interessato e previa espressa delimitazione degli obiettivi, del contenuto, della portata e della durata della menzionata «delega di potere». Tralascio scientemente tutto ciò che riguarda le «condizioni» previste all’articolo 290, paragrafo 2, TFUE in quanto non necessario ai fini della soluzione della presente controversia. Partendo da questo presupposto, occorre evidenziare molto semplicemente gli elementi che seguono, con l’avvertenza di non attribuire troppa importanza all’ordine in cui li presenterò.

24.      In primo luogo, si tratta di un tipo di atto dell’Unione formalmente diverso da tutti gli altri atti che costituiscono il sistema normativo dell’Unione. La sua denominazione è atto «delegato» (7). Al riguardo, ritengo che tale qualificazione dell’atto dell’Unione, in quanto espressione di un insieme di caratteristiche sue proprie, abbia di per sé un rilievo sufficiente perché si possa parlare di un atto dell’Unione formalmente diverso dagli altri. Come afferma il Parlamento nel controricorso (8), gli articoli 290 TFUE e 291 TFUE «rientrano tra le principali novità introdotte dal Trattato di Lisbona nell’architettura normativa dell’Unione».

25.      In secondo luogo, è un atto «della» Commissione, in senso esclusivo ed escludente, a prescindere dalle «condizioni» e precauzioni previste dal secondo paragrafo dell’articolo. In definitiva è la Commissione, e solo la Commissione, ad assumere tale compito e tale responsabilità.

26.      In terzo luogo, è un atto avente contenuto normativo («di portata generale»), inteso a «regolamentare» un determinato «settore». L’articolo 290 TFUE si colloca, pertanto, nell’ambito di un’attività essenzialmente normativa, che riguarda quindi la regolamentazione, ancora scollegata dal successivo momento dell’esecuzione, a prescindere dall’identità del soggetto agente.

27.      In quarto luogo, è un atto «non legislativo», il che può alludere a una mera evidenza, ossia che non è un atto approvato secondo la procedura legislativa ordinaria, o può voler dire che si tratta di un atto di portata generale che si colloca – gerarchicamente – in posizione subordinata rispetto all’atto legislativo.

28.      In quinto luogo, se l’atto viene qualificato come «delegato» è perché deriva necessariamente da una «delega (di potere)», essenzialmente facoltativa, contenuta in un atto legislativo, in quanto atto di delega, ponendosi eventualmente, un’altra volta, la questione della natura di tale «potere». Si «delega» in quanto si rinuncia a «legiferare», ma è già assai più dubbio che il compito che si delega sia quello di «legiferare». È molto più prudente parlare genericamente di «regolamentare», per riprendere il verbo della stessa norma [stando alla formulazione letterale della versione in spagnolo della medesima norma].

29.      In sesto luogo, la delega consente sia di «integrare» che di «modificare» «determinati» elementi dell’atto legislativo. Integrare e modificare sono due modi presumibilmente distinti di incidere su un determinato atto normativo (9), tra i quali, nel caso di specie, rileva quasi esclusivamente il primo. In ogni caso, la delega non è generica; anzi, sia ciò che l’atto delegato può ampliare, sia ciò che esso può modificare dev’essere «determinato» nell’atto legislativo. L’atto legislativo dovrà quindi specificare ciò che, con riferimento ad esso stesso, necessita di «integrazione» e ciò che la Commissione, se del caso, potrà modificare.

30.      In settimo luogo, gli «elementi essenziali di un settore» sono «riservati» all’atto legislativo, dal che consegue necessariamente che l’atto delegato può disciplinare – integrandoli o modificandoli – solo «elementi non essenziali» dell’atto legislativo (10). «L’essenziale» configura, pertanto, una riserva materiale assoluta. Ciò non significa, tuttavia, che la riserva di atto legislativo si riduca a quanto enunciato dall’articolo 290 TFUE, questione sulla quale occorrerà tornare. La disposizione individua solo la riserva di atto legislativo «non delegabile» («l’essenziale»), in contrapposizione ad un’altra riserva che può essere revocata dallo stesso legislatore («il non essenziale»). Questione diversa, sollevata proprio in questa occasione, è se tale interpretazione del «non delegabile», limitata all’«essenziale», valga o meno per qualsiasi ambito normativo, al di là della lettera della disposizione.

31.      Infine, l’atto legislativo di delega delimita «esplicitamente gli obiettivi, il contenuto, la portata e la durata della delega di potere». Da tale mandato risulta che l’attività normativa della Commissione è un’attività intensamente regolamentata, il che consente all’atto legislativo, vale a dire ai suoi autori, di ridurre in misura considerevole la discrezionalità della Commissione. Tutto ciò che concerne «essenzialmente» il legislatore nella disciplina di un settore può essere veicolato attraverso l’espressa previsione degli obiettivi, del contenuto e della portata che l’atto delegato deve avere.

32.      Tutto ciò premesso, si può passare ad esaminare la storia, sostanzialmente per valutare il grado di innovazione introdotto in tale materia dal Trattato di Lisbona (11). È del tutto pacifico che il precedente dell’articolo 290 TFUE si ritrova nell’articolo I‑36 del Trattato costituzionale naufragato, con la fondamentale differenza che quelli ivi denominati «regolamenti delegati» traevano origine da «leggi» di delega (12). Il problema è che, trattandosi di un precedente naufragato, non se ne possono trarre conseguenze di rilievo.

33.      Nella prospettiva dello stato di fatto anteriore a «Lisbona», occorre attenersi alla tesi sostenuta dal Consiglio (13), il quale rileva che «il potere istituito dall’articolo 290 TFUE non è nuovo nell’ordinamento giuridico dell’Unione», di modo che «la novità dell’articolo 290 TFUE non risiede nella sua natura, bensì nelle modalità di esercizio ivi contemplate», e precisa subito dopo che «quanto previsto dagli articoli 290 [TFUE] e 291 [TFUE] nel loro complesso non è altro che quanto precedentemente incluso nell’articolo 202 del Trattato CE».

34.      Ritengo che un argomento di questo tipo, il quale induce ad interpretare una disposizione del Trattato di Lisbona – che, in quanto tale, non trova corrispondenza nel diritto primario dell’Unione – con l’ottica di talune prassi applicate in precedenza, con maggiore o minor fondamento nell’articolo 202 CE, conduca inevitabilmente ad un’analisi erronea. Ciò vale anche per la transitoria «procedura di regolamentazione con controllo» in quanto possibile chiave interpretativa degli atti «delegati» (14). A tale proposito è sufficiente rilevare che il contenuto dell’articolo 290 TFUE – lo si comprenderà meglio dopo l’esame degli atti «di esecuzione» – non è stato inserito nell’articolo 291 TFUE in conseguenza di una necessità di stabilire condizioni uniformi di esecuzione, bensì come un continuum dell’attività legislativa in senso materiale.

ii)    Una proposta di interpretazione degli atti delegati

35.      Nei paragrafi successivi proporrò in primo luogo un chiarimento del significato degli atti «delegati» e in secondo luogo una classificazione degli stessi, ispirandomi al diritto pubblico degli Stati membri.

36.      Gli atti «delegati» costituiscono un’opportunità di collaborazione tra il legislatore dell’Unione e la Commissione ai fini dell’espletamento della funzione legislativa, nel senso sostanziale del termine, in virtù della quale il legislatore può limitarsi, in linea di principio, a disciplinare gli elementi essenziali di un settore, affidando alla Commissione il resto dell’attività normativa e limitandone strettamente il margine di discrezionalità tramite le nozioni di cui si è detto in precedenza.

37.      È questo, a mio parere, il significato essenziale degli atti «delegati», un significato o una ragion d’essere sufficientemente definiti per evitare che il loro ambito possa essere facilmente confuso con altre forme di attività normativa della Commissione, segnatamente quella prevista dal successivo articolo 291, paragrafo 2, TFUE, di cui mi occuperò più avanti.

38.      Passando ora al tentativo di classificare tali atti «delegati», che non sono «atti legislativi», ma nemmeno «atti di esecuzione», e che consentono sia di integrare sia di modificare un «atto legislativo», mi sembra opportuno fare ricorso al diritto comparato, e più in particolare al diritto pubblico degli Stati membri, segnatamente tenendo presente che si tratta di comprendere una figura la cui funzione trova un’innegabile corrispondenza e una tradizione consolidata nel loro ordinamento costituzionale. Infatti, per quanto unico possa risultare il sistema di atti dell’Unione, per la sua natura e la sua storia (15), in fasi, come indubbiamente sono state quelle in esame, nelle quali l’Unione si è ispirata alle categorie normative degli Stati membri (16), appare quasi naturale gettare uno sguardo intorno, sebbene il risultato non sia garantito.

39.      È evidente, peraltro, che non può portare molto lontano la qualificazione di tali atti come «poteri di natura “quasi legislativa”» (17), o anche come «tertium genus», collocandoli tra gli atti legislativi e gli atti di esecuzione di portata generale, anch’essi affidati alla Commissione, che non è ancora il momento di esaminare.

40.      D’altro canto, posto che ci troviamo di fronte ad «atti non legislativi», se la delega legislativa fosse tale solo nel senso materiale dell’espressione, se non vi fosse un trasferimento di potere legislativo nel senso pieno del termine, sarebbe legittimo domandarsi se tale cosiddetta «delega» non abbia di nuovo, in fondo, il carattere di un’«autorizzazione». Se dobbiamo parlare di «delega», perché lo impone l’articolo 290 TFUE, si potrebbe forse convenire che si tratta di una delega «impropria».

41.      Alla luce di tale riflessione si potrebbe considerare la delega di potere prevista dall’articolo 290 TFUE come un’ipotesi di «delegificazione». Non mancano, infatti, Stati membri nei quali si parla di «delegificazione» laddove il legislatore, con svariati strumenti giuridici, scelga di «cedere» al potere esecutivo – a determinate condizioni e riservandosi specifiche materie – parte della disciplina di una materia. La materia in tal modo «espulsa» temporaneamente dall’ambito della legge cessa di essere legge, benché materialmente dovesse essere tale (18).

42.      È senz’altro vero che questa nozione nasce nel contesto di un ordinamento in cui il principio di gerarchia regna incontrastato. Nel nostro caso, al contrario e come si è rilevato, si potrebbe sostenere che l’espressione «atto non legislativo» si limiti ad esprimere un’ovvietà, ossia che nella fattispecie non è stata e non verrà seguita la procedura legislativa ordinaria. Ancorché entro tali limiti, ritengo che la nozione mantenga sufficiente forza esplicativa per essere riferita, mutatis mutandis, a quanto accade allorché si attiva la disposizione dell’articolo 290 TFUE.

43.      In particolare, l’atto legislativo, nei casi in cui consenta la propria modifica mediante l’«atto delegato», dovrà riferirsi ad elementi che, in primo luogo, non siano essenziali e, in secondo luogo, siano contenuti in disposizioni identificate verbatim. In tali circostanze, dette disposizioni vengono private, in via eccezionale, della cosiddetta «forza passiva» inerente al rango dell’atto legislativo stesso; in altre parole, esse sono suscettibili di essere derogate da una disposizione contenuta in un «atto non legislativo», come l’articolo 290 TFUE definisce l’«atto delegato».

2.      Gli atti di esecuzione

44.      Anche per gli atti di esecuzione di portata generale, ai sensi dell’articolo 291, paragrafo 2, TFUE, occorre iniziare con una lettura del suo enunciato il più obiettiva possibile.

i)      Il testo dell’articolo 291, paragrafo 2, TFUE

45.      L’articolo 291 TFUE è così formulato:

«1.      Gli Stati membri adottano tutte le misure di diritto interno necessarie per l’attuazione degli atti giuridicamente vincolanti dell’Unione.

2.      Allorché sono necessarie condizioni uniformi di esecuzione degli atti giuridicamente vincolanti dell’Unione, questi conferiscono competenze di esecuzione alla Commissione o, in casi specifici debitamente motivati e nelle circostanze previste agli articoli 24 e 26 del trattato sull’Unione europea, al Consiglio.

3.      Ai fini del paragrafo 2, il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando mediante regolamenti secondo la procedura legislativa ordinaria, stabiliscono preventivamente le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione.

4.      I termini “di esecuzione” sono inseriti nel titolo degli atti di esecuzione».

46.      In primo luogo, e cominciando dalla fine, la dicitura «di esecuzione» consente di separare formalmente gli atti della Commissione adottati sul fondamento di tale disposizione dagli atti delegati, anch’essi della Commissione, adottati sulla base della delega di potere prevista dall’articolo 290 TFUE.

47.      In secondo luogo, con l’articolo 291 TFUE si esce dalla fase della «regolamentazione» ai sensi dell’articolo 290 TFUE e si entra in un diverso ambito funzionale, quello dell’esecuzione e, più specificamente, quello dell’esecuzione degli atti giuridicamente vincolanti dell’Unione. In altri termini, nell’economia del Trattato, l’esecuzione comincia ora, nell’articolo 291 TFUE.

48.      In terzo luogo, così come nell’articolo 290 TFUE si delegano alla Commissione poteri di regolamentazione che prima facie rientrano nell’ambito degli atti legislativi, in questo caso si conferisce alla Commissione il potere di adottare atti di esecuzione in conseguenza della necessità di stabilire «condizioni uniformi di esecuzione» per l’intero territorio dell’Unione. In effetti, le competenze di esecuzione spettano naturalmente e principalmente agli Stati membri. Solo in via sussidiaria (ex articolo 5, paragrafo 1, TUE) possono essere esercitate dall’Unione e, nell’ambito della stessa, dalla Commissione in quanto istituzione alla quale spettano «funzioni di coordinamento, di esecuzione e di gestione, alle condizioni stabilite dai trattati» (articolo 17, paragrafo 1, TUE) (19).

49.      L’articolo 291, paragrafo 2, TFUE è quindi, innanzitutto, una norma che conferisce un potere all’Unione ai fini dell’esercizio (in via sussidiaria) da parte della Commissione di una competenza propria degli Stati membri.

50.      Contrariamente a quanto avviene nel caso dell’articolo 290 TFUE, siffatto conferimento di potere non trae origine dalla mera volontà del legislatore, bensì dall’esistenza di una causa oggettiva: la necessità che gli atti giuridicamente vincolanti dell’Unione vengano eseguiti in condizioni uniformi. Tale necessità configura la possibilità, in via sussidiaria, che le istituzioni possano assumere i provvedimenti di attuazione la cui adozione spetterebbe, in linea di principio, agli Stati membri.

51.      Infine, gli atti di esecuzione ex articolo 291, paragrafo 2, TFUE sono soggetti al controllo degli Stati membri attraverso la procedura istituita dal regolamento n. 182/2011 (20), che semplifica il sistema tradizionale denominato «comitatologia». Diversamente dal sistema di controllo previsto dall’articolo 290 TFUE, i controlli di cui all’articolo 291 TFUE non vengono stabiliti liberamente nell’«atto giuridicamente vincolante» (atto di base) che conferisce la competenza di esecuzione, laddove il paragrafo 3 del medesimo articolo 291 TFUE impone al Parlamento europeo e al Consiglio di stabilire «le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri» (21). Ogni concreto atto di base deve indicare, dal suo canto, quale delle procedure di controllo previamente disposte dal Parlamento europeo e dal Consiglio debba essere applicata nel suo caso (22).

ii)    Significato e portata degli atti di esecuzione

52.      Gli atti «di esecuzione» ai sensi dell’articolo 291 TFUE consentono alla Commissione, qualora siano necessarie condizioni uniformi di esecuzione, e in deroga al principio secondo cui l’esecuzione spetta agli Stati membri, di procedere essa stessa all’attuazione del diritto dell’Unione.

53.      In questi termini, difficilmente il significato di tali atti «di esecuzione» può essere confuso con quello degli atti «delegati», anch’essi della Commissione, esaminato in precedenza e imperniato sull’idea della collaborazione tra il legislatore dell’Unione e la Commissione ai fini dell’espletamento della funzione legislativa, nel senso materiale del termine.

54.      La classificazione degli atti in parola solleva meno problemi. Vi è sempre stato, per forza di cose, un margine residuale di normazione immediatamente precedente all’esecuzione in senso stretto, che, a seconda delle tradizioni costituzionali degli Stati membri, in alcuni casi può essere considerato incluso nello stesso potere esecutivo e viene talora qualificato come potere regolamentare proprio, e in altri richiede l’autorizzazione espressa del legislatore. Nel contesto dell’Unione, caratterizzato dal principio di competenza, ricorre la seconda ipotesi.

3.      Atti delegati e atti di esecuzione

55.      Dopo avere considerato il rispettivo significato delle categorie normative contenute negli articoli 290 TFUE e 291 TFUE, occorre analizzare l’interazione tra le stesse. A questo punto esaminerò anzitutto alcuni elementi del rapporto intercorrente tra gli atti «delegati» e gli atti «di esecuzione» e successivamente le possibilità di effettuare una distinzione tra gli stessi.

i)      Sul rapporto tra gli atti delegati e gli atti di esecuzione

56.      Ritengo necessario svolgere un’osservazione preliminare prima di addentrarmi nella materia. Le parti nel presente procedimento hanno situato il principio di gerarchia nel terreno di scontro della controversia in esame (23), dibattendo, in definitiva, sulla questione se esista un rapporto gerarchico tra gli atti legislativi e gli atti delegati o tra questi ultimi e gli atti di esecuzione. Vi sarebbe certamente molto da dire al riguardo, ma risulta tuttavia più discutibile se sia strettamente necessario entrare in tale dibattito al fine di rispondere, con la dovuta astrattezza, al ricorso della Commissione. Questione diversa è se dall’interpretazione degli uni e degli altri atti da me proposta possano ricavarsi indicazioni a favore di una determinata tesi. Condivido, in definitiva, il parere della Finlandia secondo cui, ai presenti fini, si tratta di una discussione non necessaria.

57.      D’altro canto, ritengo che non si possa dimenticare che, in ultima analisi, la distinzione tra gli atti delegati e gli atti di esecuzione non attiene solo alla differenza tra la legislazione (ancorché delegata) e l’esecuzione, ma anche al fatto che gli atti delegati sono il risultato dell’esercizio di una competenza normativa propria dell’Unione, mentre gli atti di esecuzione conseguono all’esercizio (in via sussidiaria) da parte della Commissione (o del Consiglio) di una competenza che spetta principalmente agli Stati membri (24).

58.      In altre parole, la ragione profonda della separazione tra gli articoli 290 TFUE e 291 TFUE risiede non tanto (o non solo) nella necessità di delimitare il confine tra la legislazione e l’esecuzione in quanto fasi successive del procedimento di produzione di norme dell’Unione, quanto, ancor prima, nella volontà di far valere i limiti delle rispettive competenze dell’Unione e degli Stati membri.

59.      Nell’ambito dell’Unione, la questione dell’intensità normativa si pone chiaramente nel caso dell’articolo 290 TFUE, in quanto si tratta di delegare ad un’istituzione l’esercizio di poteri spettanti ad altre istituzioni della medesima Unione. Anche nel caso dell’articolo 291 TFUE occorre applicare il criterio dell’intensità normativa per stabilire se la Commissione (o il Consiglio) si siano limitati ad «eseguire» atti giuridici vincolanti dell’Unione, ma si pone sempre una questione preliminare, vale a dire se l’esecuzione spetti all’Unione o agli Stati membri, il che dipende sempre da una circostanza oggettiva, sulla quale le istituzioni dell’Unione non possono incidere: che l’esecuzione richieda condizioni uniformi. Al problema della distinzione tra generalità e specificità tipico della delega e dell’autorizzazione legislative si aggiunge quello della delimitazione delle competenze tra l’Unione e gli Stati membri.

60.      Orbene, gli effetti della delega di cui all’articolo 290 TFUE si esauriscono nel mandato alla Commissione ad adottare atti non legislativi in una materia originariamente accessibile solo agli atti legislativi. Tuttavia, ciò non incide minimamente sulla competenza dell’Unione di fronte agli Stati membri. Intendo dire che con la delega non si consente il venire in essere di qualsiasi potere regolamentare, ma solo di «quello della Commissione». In altre parole, la delega si risolve sempre nell’ambito delle competenze dell’Unione e non incide sulla ripartizione delle competenze tra l’Unione e gli Stati membri.

61.      D’altro canto, l’articolo 290 TFUE non configura una norma che permette già l’attuazione di un mandato, bensì una norma con la quale si perfeziona e termina la procedura legislativa, sebbene alcuni elementi della materia sottoposta a tale procedura siano stati oggetto di una delegificazione. La disposizione in esame non autorizza ad eseguire, bensì a concludere l’attività legislativa avvalendosi del potere regolamentare. Non è ancora possibile, pertanto, l’esecuzione di cui all’articolo 291 TFUE, che può avere luogo solo dopo che si sia «legiferato» nella piena accezione del termine.

62.      L’intervento della Commissione deve incidere su una materia che, in mancanza di delega, sarebbe disciplinata per via legislativa e, quindi, oggetto di un trattamento normativo contraddistinto dalla generalità e dall’astrattezza proprie e caratteristiche del potere legislativo. Con la delega si conferisce alla Commissione il potere di adottare disposizioni di questo tipo e, pertanto, di usufruire di un margine di discrezionalità invece non concessi nell’esercizio della funzione esecutiva. Per tale motivo la differenza di principio tra il potere esercitato dalla Commissione nel caso della delega legislativa (articolo 290 TFUE) e quello conferitole nel caso dell’esecuzione di cui all’articolo 291, paragrafo 2, TFUE è basata, in ultima analisi, sul fatto che la delega consente un margine di discrezionalità che non trova corrispondenza nel caso dell’esecuzione. Il legislatore, in definitiva, delega alla Commissione il potere di adottare decisioni su elementi che, in linea di principio, avrebbe dovuto determinare esso stesso, mentre l’esecuzione di cui all’articolo 291 TFUE riguarda disposizioni normative il cui contenuto è stato definito nei suoi elementi essenziali dal legislatore.

63.      Infine, a motivo di tale differenza, l’articolo 291, paragrafo 2, TFUE fa riferimento solo all’esercizio del potere esecutivo, la cui nozione esclude indubbiamente ciò che non sia necessario per l’applicazione concreta di una norma già definita e completa. L’articolo 290 TFUE, dal canto suo, prevede che siano delimitati gli obiettivi che la delega deve perseguire, così come il contenuto e la portata della stessa, appalesando che si attende dalla Commissione qualcosa in più della mera esecuzione di una disposizione nella quale sono già stati stabiliti tutti i suddetti elementi. Tale «qualcosa in più» comporta, a mio avviso, un margine di «creatività» o di «incisività» normativa che non può esistere nel caso della mera esecuzione.

ii)    La delimitazione dei rispettivi ambiti dell’attività normativa di cui agli articoli 290 TFUE e 291 TFUE

64.      Alla luce di quanto precede, occorre elaborare un’interpretazione che fornisca un criterio per stabilire se una concreta attività normativa possa essere svolta solo in conseguenza di una delega o, al contrario, collimi maggiormente con la categoria dell’esecuzione.

65.      La Commissione ha attribuito particolare importanza alla «natura del potere che il legislatore intende attribuire», considerando inadeguati i criteri del «livello di dettaglio», la creazione di diritti e obblighi e il «margine di discrezionalità» (25) e qualificando i loro rispettivi ambiti come «mutuamente esclusivi» (26).

66.      Il Consiglio, al contrario, ha concentrato l’attenzione sull’esistenza di nuove regole sostanziali, nuovi diritti e obblighi, e ha sottolineato la necessità di esaminare il «contenuto normativo». A suo parere esiste una zona grigia difficile da definire. Il Parlamento, infine, fa riferimento al livello di dettaglio, ai diritti e agli obblighi nonché al margine di discrezionalità (27).

67.      Una precisazione di principio: nel presente procedimento si è discusso molto anche della questione se si possa parlare di una «zona grigia» al confine tra il contenuto degli atti delegati e quello degli atti di esecuzione o se, al contrario, una separazione netta mantenga tali atti in ambiti chiaramente distinti, con contenuti mutuamente esclusivi. Secondo la tesi della Commissione, già dal punto di vista concettuale, in modo mutuamente esclusivo, ciò che può essere rimesso all’atto delegato non può formare oggetto dell’atto di esecuzione, e viceversa. Secondo la tesi opposta, il mandato alla Commissione può perseguire sia lo scopo di esimere il legislatore dal lavoro normativo non essenziale, sia quello di affidare alla Commissione gli atti di applicazione generale imprescindibili per l’esecuzione in senso stretto.

68.      Ancora una volta, ritengo che non sia necessario prendere una posizione a tale riguardo, soprattutto se si considera che entrambe le tesi potrebbero, in linea di principio, avere qualche fondamento. Molto dipende, in definitiva, dalla comprensione preliminare dei due istituti.

69.      D’altro canto, lo stereotipo della «zona grigia» è apparso talora accompagnato da considerazioni sulla «profondità del controllo» che la Corte può legittimamente esercitare in tale materia (28). Sono dell’avviso che sia effettivamente questo l’approccio corretto. Infatti, la questione non dev’essere se, «ontologicamente», una determinata norma possa essere senz’altro ascritta all’ambito dell’articolo 290 TFUE o a quello dell’articolo 291 TFUE, bensì se la Corte possa o meno sindacare fin nei minimi dettagli tutte le scelte operate dal legislatore (29).

70.      In ogni caso, prima di proseguire, ritengo importante rilevare che la Commissione ha ragione nel chiedere alla Corte un certo grado di giustiziabilità delle scelte del legislatore di fronte all’alternativa in esame. Ciò vale segnatamente in situazioni, come quella di cui alla presente fattispecie, caratterizzate da un mutamento del diritto primario, nelle quali non è escluso che si continui a funzionare «come prima», in questo caso da parte del legislatore. Ma una cosa è l’affermazione di principio, un’altra la sua applicazione.

71.      Infatti, si può facilmente concordare sul fatto che la «presenza» della Corte al momento di tutelare il confine tra l’«essenziale» (la legislazione non delegabile) e il «non essenziale» (la legislazione delegabile) è per forza di cose limitata: la valutazione della Corte non può in nessun caso sostituire quella del legislatore. Orbene, altrettanto limitata dev’essere la «presenza» della Corte al momento di tutelare l’altro confine tra ciò che, per utilizzare l’espressione impiegata dall’agente del governo francese, si potrebbe qualificare come «sostanziale» (in ogni caso, non essenziale), vale a dire ciò che rientrerebbe specificamente nell’ambito dell’articolo 290 TFUE, e ciò che, per contrapposizione e cosciente della dubbia adeguatezza del termine, mi permetto di qualificare come «accidentale», vale a dire ciò che rientrerebbe nell’ambito dell’articolo 291, paragrafo 2, TFUE. Certamente quest’altro confine non si colloca in un continuum analogo al precedente, dato che in questo caso ci troviamo dinanzi a funzioni diverse. Tuttavia, anche in questa ipotesi le possibilità di controllare le scelte operate dal legislatore di fronte a tale alternativa sono limitate.

72.      Orbene, analogamente a quanto osservato dall’avvocato generale Jääskinen (30), l’esistenza di una zona in qualche modo vietata al giudice dell’Unione non esclude affatto che la Corte eserciti un effettivo controllo giurisdizionale, adeguato alle sue caratteristiche, del «modo di amministrare» l’alternativa tra atti delegati e atti di esecuzione da parte del legislatore.

73.      In tale contesto, è d’uopo anzitutto rilevare che il significato delle due disposizioni, come si è visto, è sufficientemente diverso per potersi basare su un’interpretazione teleologica al momento di tracciare la distinzione tra i rispettivi ambiti. A mio parere, una distinzione fondata sulla ragion d’essere e sulla finalità di ciascuna di tali posizioni istituzionali appare di gran lunga più adeguata, in quanto consentirebbe di offrire soluzioni conformi allo spirito del sistema configurato dagli articoli 290 TFUEe 291 TFUE.

74.      Occorre aggiungere che, prima di limitarsi all’analisi di una disposizione isolata dall’atto legislativo di delega, è importante anche esaminare l’atto legislativo nel suo complesso, per sapere come si collochi, nell’economia di tale atto legislativo, una determinata scelta a favore della figura dell’«atto di esecuzione» in detto complesso, in particolare rispetto all’eventuale ricorso agli atti delegati.

75.      Si è molto insistito anche sul criterio del «politico» come possibile categoria generale idonea ad orientare la valutazione in ordine alle scelte operate dal legislatore in tale materia. Ed effettivamente la Corte ha fatto ricorso all’idea degli «orientamenti fondamentali della politica comunitaria» come criterio per definire i limiti delle competenze esecutive (31). Credo tuttavia che si debba relativizzare l’idoneità della contrapposizione tra il «politico» ed, eventualmente, il «tecnico» per distinguere i due tipi di atti. E questo perché, nel caso dell’articolo 290 TFUE, la somma delle condizioni relative alla precisazione degli «obiettivi», della «portata» e del «contenuto» che, in relazione all’atto delegato, devono essere specificati dall’atto legislativo fa sì che l’elemento del «politico» si ritrovi contenuto quasi completamente in tale atto. In altre parole, l’articolo 290 TFUE inquadra la delega con sufficiente intensità perché si possa affermare che non rimane praticamente spazio per l’assunzione di una vera e propria responsabilità. Gli «elementi non essenziali» ai quali deve limitarsi l’atto delegato sono quelli rispetto ai quali non vi è margine per tornare sulle scelte fondamentali operate responsabilmente dal legislatore. In sintesi, nell’ambito del «non essenziale», il margine per adottare decisioni che implichino una vera e propria responsabilità legislativa può risultare notevolmente ridotto per effetto delle condizioni nelle quali viene autorizzata la delega.

76.      Detto questo, ciò che non si può negare è l’ampio «margine di discrezionalità» lasciato alla Commissione per integrare la regolamentazione del settore interessato sulla base dell’articolo 290 TFUE. Tuttavia, esigere una certa «dimensione politica» per ciascuna delle determinazioni normative riservate all’atto delegato potrebbe squilibrare, secondo me, il rapporto tra atti delegati e atti di esecuzione, a svantaggio dei primi.

77.      In tale contesto, si deve porre in evidenza che nell’attuale scenario post‑Lisbona occorre dimenticare la nozione di una riserva di legge limitata all’«essenziale», come veniva interpretata dalla giurisprudenza della Corte (32). Considerata la presenza dell’articolo 290 TFUE non è immaginabile che il legislatore, una volta conclusa la regolamentazione dell’essenziale, possa optare con piena discrezionalità tra l’atto delegato e l’atto di esecuzione. Questa tesi potrebbe compromettere l’effetto utile dell’inclusione degli atti delegati nel diritto primario, in quanto, come rileva la Commissione (33), si correrebbe il rischio che gli «atti delegati» rimangano in una categorianaufragata, in disuso, fin dalla loro creazione.

78.      Infine, dal momento che esiste inevitabilmente un elemento di soggettività in tutto ciò che riguarda gli obiettivi, i termini utilizzati nel preambolo dell’atto legislativo di delega possono e devono essere particolarmente utili. Essi costituiscono, infatti, il mezzo migliore per far sapere quale fosse l’intento del legislatore, e cioè se si proponesse di interrompere l’attività normativa, una volta raggiunto o messo in sicurezza il confine dell’«essenziale», oppure di conferire alla Commissione, o eventualmente al Consiglio, il potere di adottare atti di applicazione generale direttamente connessi alle esigenze della fase dell’esecuzione.

79.      Una volta formulate tutte queste considerazioni, certamente generali e in buona misura astratte, ritengo che si possa esaminare la specifica disposizione che ha dato origine alla presente controversia, l’articolo 80, paragrafo 1, del regolamento n. 528/2012, nella parte in cui, concretamente, affida alla Commissione l’adozione di un «regolamento di esecuzione» concernente determinati elementi specifici del suddetto regolamento.

4.      Sulla questione se la disposizione impugnata abbia potuto affidare alla Commissione l’adozione di un regolamento di esecuzione

80.      Ancora una volta, è opportuno iniziare citando il testo della disposizione di cui trattasi. L’articolo 80, paragrafo 1, del regolamento n. 528/2012 impone alla Commissione di adottare un regolamento di esecuzione che precisi i seguenti elementi:

«a)      le tariffe spettanti all’Agenzia, compresa una tariffa annuale per i prodotti cui è stata rilasciata un’autorizzazione dell’Unione conformemente al capo VIII e una tariffa per le domande di reciproco riconoscimento conformemente al capo VII;

b)      le norme che definiscono le condizioni per le tariffe ridotte, gli esoneri dal pagamento della tariffa e il rimborso a favore del membro del comitato dei biocidi che funge da relatore; e

c)      le condizioni di pagamento».

81.      Il medesimo paragrafo precisa che il regolamento si applica solo alle tariffe pagate all’Agenzia e che le stesse «sono fissate a un livello che permette di assicurare che gli introiti che ne derivano, cumulati con le altre fonti di entrate dell’Agenzia in conformità del presente regolamento, siano sufficienti a coprire i costi dei servizi prestati. Le tariffe da pagare sono pubblicate dall’Agenzia».

82.      A tali indicazioni si aggiungono quelle sotto forma di principi contenute nel paragrafo 3 del medesimo articolo 80, vale a dire:

«a)      le tariffe sono fissate a un livello che permette di assicurare che gli introiti che ne derivano sono, in linea di massima, sufficienti a coprire i costi dei servizi prestati e non sono superiori a quanto necessario per coprire tali costi;

b)      se il richiedente non invia le informazioni richieste entro il termine stabilito si procede al rimborso parziale delle tariffe versate;

c)      se del caso, si tiene conto delle esigenze specifiche delle PMI, fra cui la possibilità di dilazionare i pagamenti in più rate e in più periodi;

d)      la struttura e l’ammontare delle tariffe tengono conto del fatto che le informazioni sono state inviate insieme o separatamente;

e)      in circostanze debitamente giustificate e previo accordo dell’Agenzia o dell’autorità competente, è possibile derogare, in tutto o in parte, all’obbligo di pagare la tariffa; infine

f)      i termini per il pagamento delle tariffe sono fissati tenendo debitamente conto dei termini per le procedure di cui al presente regolamento».

83.      La Commissione sostiene (34) che ciò che viene affidato al regolamento di esecuzione è l’istituzione di un sistema completo e coerente delle tariffe da versare all’Agenzia, un insieme coerente di norme e criteri, un sistema globale e coerente, il che richiede di integrare, sulla base dei principi stabiliti dal legislatore, «elementi non essenziali» del regolamento n. 528/2012, e dovrebbe quindi formare oggetto di una delega ex articolo 290 TFUE.

84.      Il Parlamento e il Consiglio, dal canto loro, relativizzando l’importanza dei principi invocati dalla Commissione, affermano che il sistema istituito dall’articolo 80 del regolamento n. 528/2012 è sufficientemente dettagliato per escludere la necessità di un atto di delega, bastando un atto puramente esecutivo ex articolo 291 TFUE.

85.      Prima di proseguire, occorre prendere in considerazione ciò cui ho precedentemente attribuito una certa importanza, ossia l’opportunità di non limitarsi alla problematica di una disposizione isolata dell’atto legislativo in questione e di attribuire rilevanza anche all’[atto] nel suo complesso, per quanto attiene specificamente alle opzioni ivi contemplate con riguardo alla scelta tra gli atti delegati e gli atti di esecuzione di portata generale. A tale proposito si può osservare che nell’articolo 83, paragrafo 5, del regolamento si fa un uso sufficientemente ampio dell’atto delegato per escludere il rischio da me segnalato che il legislatore ignori la presenza di questo nuovo modo di disciplinare un determinato settore (35). Ovviamente, tale valutazione non mi esime dal proseguire l’analisi della specifica disposizione in esame, fermo restando che, a mio avviso, la menzionata presenza degli atti delegati nel regolamento non può essere ignorata.

86.      Partendo da tale presupposto, la questione da esaminare è se l’articolo 80, paragrafo 1, del regolamento n. 528/2012 possa essere ragionevolmente considerato espressione di una volontà del legislatore di adottare una disciplina che deve essere ulteriormente sviluppata o se, al contrario, si possa ragionevolmente ammettere che ci troviamo già nella fase dell’esecuzione, con l’inevitabile necessità di assumere atti di portata generale preliminari all’esecuzione propriamente detta. A tal riguardo, non è fuori luogo osservare che una materia così soggetta a necessità di revisione come quella delle tariffe, a prescindere dalle precisazioni che seguiranno, ha una certa vocazione a rientrare in questa fase.

87.      Ciò premesso, sarà sufficiente esaminare se si possa legittimamente affermare che nel caso di specie siamo già nell’ambito dell’esecuzione, con gli inevitabili elementi di specificazione o determinazione finale, o se, al contrario, ci troviamo ancora in una fase nella quale l’attività normativa in corso si sviluppa attraverso margini di discrezionalità che la Commissione non può sostituire con il mero esercizio della propria competenza esecutiva.

88.      È alla luce dei principi fissati dal legislatore all’articolo 80, paragrafo 3, del regolamento n. 528/2012 che occorre definire la portata del potere normativo conferito alla Commissione, poiché la risposta alla questione se si tratti di un mero potere esecutivo oppure dell’esercizio, ancora, di un potere legislativo dipenderà infatti dalla loro maggiore o minore capacità di ridurre il margine di discrezionalità della Commissione, dotando di contenuto la disposizione risultante dall’esercizio di detto potere.

89.      A mio parere, le condizioni imposte dall’articolo 80, paragrafi 1 e 3, del regolamento n. 528/2012, non consentono né agli Stati membri né alla Commissione l’esercizio di una funzione normativa in cui si ecceda quanto può legittimamente considerarsi rinviabile al momento dell’esecuzione.

90.      La disposizione enuncia per due volte che occorre assicurare la copertura dei costi dei servizi prestati dall’Agenzia, e in un’occasione [paragrafo 3, lettera a)], precisa che le tariffe «non sono superiori a quanto necessario per coprire tali costi». In tali circostanze è chiaro, a mio parere, che la determinazione del livello delle tariffe non è lasciato all’alea di una decisione politica, ma si riduce ad una questione tecnica. E questo perché la dimensione politica dell’istituzione di un sistema di tariffe si è già esaurita nella decisione del legislatore stesso secondo cui, primo, vi saranno tariffe da versare e, secondo, esse saranno destinate solo a coprire i costi del servizio e non potranno essere utilizzate per altri scopi né fissate ad un livello tale da risultare superiori ai costi del servizio prestato dall’Agenzia.

91.      Ciò detto, è d’uopo soffermarsi sul «principio» stabilito dall’articolo 80, paragrafo 3, lettera e), il quale, secondo la Commissione, implica una decisione di natura politica, ciò che equivarrebbe a dire che attribuisce alla Commissione un margine di discrezionalità eccessivo. Certamente, affidare alla Commissione la scelta dei casi in cui sarà possibile l’esenzione totale o parziale dal pagamento della tariffa significa affidarle la definizione di un elemento particolarmente sensibile in qualsiasi sistema di finanziamento. La delimitazione della cerchia degli obbligati al pagamento di una tassa, infatti, viene storicamente ascritta all’ambito del «politico», con uno stretto rapporto tra rappresentanza e contribuzione, sicché, in linea di principio, dev’essere riservata al legislatore.

92.      Orbene, nel contesto della disposizione in esame non si può parlare di un mandato alla Commissione affinché stabilisca liberamente la cerchia degli eventuali beneficiari di un’esenzione. L’articolo 80, paragrafo 3, lettera e), consente di derogare, in tutto o in parte, all’obbligo di pagare la tariffa solo «in circostanze debitamente giustificate», esigendo altresì che la deroga abbia il previo accordo «dell’Agenzia o dell’autorità competente». In siffatto contesto, ancora una volta, la dimensione politica fondamentale della decisione in ordine alla possibilità di prevedere deroghe è stata adottata direttamente dal legislatore. Non è la Commissione a poter decidere se vi saranno o meno esenzioni o se le stesse possano essere totali o parziali. Poiché il legislatore ha deciso che sono possibili deroghe, la Commissione dovrà solo indicare nel regolamento di esecuzione che coloro che intendono beneficiare di una deroga devono giustificare la loro richiesta e che sarà l’Agenzia o l’autorità competente a decidere se concederla o negarla. Il compito della Commissione si riduce, pertanto, a definire nel successivo regolamento di esecuzione le condizioni della deroga che, in realtà, sono già state stabilite dal legislatore nel medesimo regolamento n. 528/2012: giustificazione della domanda e consenso dell’Agenzia o dell’autorità competente. In tali circostanze, ritengo che la disposizione in esame non comporti un’applicazione del disposto dell’articolo 291, paragrafo 2, TFUE che possa essere dichiarata illegittima.

93.      Quanto agli altri principi enunciati all’articolo 80, paragrafo 3, mi sembra che essi limitino in misura sufficiente il margine di discrezionalità della Commissione, dato che si arriva al punto di prescrivere che «se il richiedente non invia le informazioni richieste entro il termine stabilito si procede al rimborso parziale delle tariffe versate» [lettera b)]; che, «se del caso, si tiene conto delle esigenze specifiche delle [piccole e medie imprese], fra cui la possibilità di dilazionare i pagamenti in più rate e in più periodi» [lettera c)], e che «i termini per il pagamento delle tariffe sono fissati tenendo debitamente conto dei termini per le procedure di cui al presente regolamento» [lettera f)]. In definitiva, a mio parere, non rimane spazio per l’esercizio di un potere decisionale i cui elementi di discrezionalità non consentano di inquadrarlo nel contesto dell’articolo 291, paragrafo 2, TFUE.

94.      Peraltro, il paragrafo 2 del medesimo articolo 80 del regolamento n. 582/2012 impone agli Stati membri di riscuotere le tariffe per i servizi che «forniscono per quanto riguarda le procedure di cui al presente regolamento». A tale scopo, il secondo comma di detto paragrafo 2 stabilisce che, «[i]n base ai principi di cui al paragrafo 3, la Commissione adotta orientamenti riguardanti una struttura tariffaria armonizzata». Se ne potrebbe dedurre che si attende dalla Commissione che definisca e specifichi per gli Stati membri le condizioni che, per l’Unione, sono previste dal paragrafo 3. Se così fosse, si ammetterebbe che in tale paragrafo 3 vi sia ancora spazio per l’adozione di decisioni non del tutto prive di un certo margine di discrezionalità. Non penso sia così.

95.      A mio parere, il paragrafo 2, secondo comma, non conferisce alla Commissione il potere di concretizzare principi che, secondo me, sono già sufficientemente specifici per escludere qualsiasi possibilità di decisione politica da parte sua. Da quanto indicato in tale secondo comma risulta che la Commissione, «[i]n base ai principi di cui al paragrafo 3», orienta l’azione degli Stati membri affinché le tariffe da loro stabilite abbiano una «struttura armonizzata». Non si tratta, quindi, di delineare un margine decisionale che, considerato quanto sopra, è stato definito dal legislatore attraverso i principi di cui al paragrafo 3, bensì di assicurare che le tariffe imposte dagli Stati membri presentino una struttura armonizzata, restando inteso che il criterio cui tale struttura dev’essere ispirata è il rispetto dei suddetti principi.

96.      Infine, il fatto che i principi di cui all’articolo 80, paragrafo 3, siano vincolanti allo stesso modo per la Commissione e per gli Stati membri conferma che il legislatore ha considerato concluso ed esaurito il «momento» della regolamentazione. Non è convincente l’argomento della Commissione (36) secondo cui gli Stati membri possono a loro volta, per così dire, «tornare» al momento della legiferazione in senso formale sulla base del loro ordinamento nella fase di adozione della pertinente disciplina. Ciò che conta, come osserva giustamente il Parlamento (37), è che, per l’Unione, la fase normativa si è già chiusa.

97.      In base a tutte le considerazioni sin qui svolte, ritengo che l’articolo 80, paragrafo 1, del regolamento n. 528/2012 abbia potuto legittimamente affidare alla Commissione l’adozione di un regolamento di esecuzione con il contenuto e le condizioni previsti da detta disposizione, sul fondamento dell’articolo 291, paragrafo 2, TFUE, e che, pertanto, il ricorso della Commissione debba essere respinto.

V –    Conclusione

98.      Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di statuire come segue:

«1) Il ricorso è respinto.

2) La Commissione è condannata alle spese».


1 –      Lingua originale: lo spagnolo.


2 –      Regolamento (UE) n. 528/2012 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, relativo alla messa a disposizione sul mercato e all’uso dei biocidi (GU L 167, pag. 1).


3 –      V., tuttavia, conclusioni dell’avvocato generale Jääskinen nella causa Regno Unito/Consiglio e Parlamento europeo (C‑270/12, paragrafi da 60 a 88).


4 –      Punto 1 del controricorso.


5 –      Sentenza del 29 marzo 2012, Commissione/Polonia (C‑504/09 P, punto 98 e giurisprudenza ivi citata).


6 –      Ibidem, con altri riferimenti giurisprudenziali.


7 –      L’atto con cui si esercita il potere conferito mediante la delega dovrebbe assumere la medesima forma dell’atto legislativo di delega che esso integra o modifica, vale a dire la forma di regolamento, direttiva o decisione (di portata generale), sempre con l’aggiunta di «delegato o delegata» (articolo 290, paragrafo 3, TFUE).


8 –      Punto 1.


9 –      V. Craig, P., The Lisbon Treaty, OUP, New York, 2010, pag. 276.


10 –      Il rinvio agli elementi essenziali compare già nella sentenza del 17 settembre 1970, Einfuhr- und Vorratsstelle Getreide/Köster (25/70, Racc. pag. 1161), e continua con la sentenza del 27 ottobre 1992, Germania/Commissione (C‑240/90, Racc. pag. I‑5383).


11 –      Sulla genesi dei «regolamenti delegati» nella Convenzione europea, Garzón Clariana, G., «Les actes délégués dans le système du droit de l’Union Européenne», ERA-Forum, vol. 12 (2011), supplemento 1, pagg. da 105 a 134 (in particolare da 106 a 112).


12 –      Sul percorso intrapreso dopo il fallimento del Trattato costituzionale fino al Trattato di Lisbona, v. conclusioni dell’avvocato generale Jääskinen nella causa Regno Unito/Consiglio e Parlamento europeo, cit., paragrafo 75 e bibliografia ivi citata.


13 –      Punto 28 del controricorso.      


14 –      Procedura istituita dall’articolo 5 bis della decisione del Consiglio 2006/512/CE, del 17 luglio 2006 (GU L 200, pag. 11), che modifica la decisione 1999/468/CE, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (GU L 184, pag. 23) («decisione comitatologia»).


15 –      Al riguardo v., ad esempio, Bast, J., «Legal Instruments and Judicial Protection», in A. von Bogdandy y J. Bast (ed.), Principles of European Constitutional Law, 2ª ed., Hart-CH Beck-Nomos, Monaco-Portland, 2010, pagg. da 345 a 397.


16 –      V. la relazione finale del Gruppo di lavoro IX, Semplificazione, del 29 novembre 2002, CONV 424/02, WG IX 13.


17 –      Espressione utilizzata dalla Commissione al punto 63 del ricorso, cui il Consiglio replica al punto 42 del controricorso.


18 –      Sulla «delegificazione» in un ordinamento costituzionale nazionale v., ad esempio, De Otto, I., Derecho Constitucional. Sistema de fuentes, Ariel, Barcellona, 1987, pagg. da 226 a 228.


19 –      Sulle difficoltà di identificare la funzione esecutiva nell’Unione, Reitling, D., «L’identification de la fonction exécutive dans l’Union», in J. Duthiel de la Rochère (dir.), L’exécution du Droit de l’Union, entre mécanismes communitaires et Droits nationaux, Bruylant, Bruxelles, 2009, pagg. da 27 a 51. Sulla ripartizione delle competenze esecutive nell’Unione, Fuentetaja Pastor, J.Á., «Actos delegados, actos de ejecución y distribución de competencias ejecutivas en la Unión Europea», in Revista Española de Derecho Administrativo, n. 149, 2011, pagg. da 55 a 89 (in pèarticolare da 57 a 63).


20 –      Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55, pag. 13). Detto regolamento è stato adottato in forza del mandato di cui all’articolo 291, paragrafo 3, TFUE, in virtù del quale, ai fini dell’attribuzione delle competenze di esecuzione prevista dal paragrafo 2 del medesimo articolo, «il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando mediante regolamenti secondo la procedura legislativa ordinaria, stabiliscono preventivamente le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione».


21 –      Tali regole e principi sono stati fissati dal succitato regolamento n. 182/2011.


22 –      Il regolamento n. 182/2011 prevede due procedure di controllo: la procedura consultiva (articolo 4) e la procedura d’esame (articolo 5), molto più esaustiva. Conformemente all’articolo 80, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 528/2012, nel caso del regolamento impugnato la procedura applicabile è quella d’esame.


23 –      Punti 4, 57, 63, 64, 71, 75 e 91 del ricorso della Commissione, punto 41 del controricorso del Consiglio, punti 27 e 28 della memoria di intervento dei Paesi Bassi e punti da 20 a 22 della memoria di intervento della Francia.


24 –      Conformemente ad un principio non contestato, l’esecuzione materiale delle norme dell’Unione spetta di regola agli Stati membri (v., per tutti, Jacqué, J.P., Droit institutionnel de l’Union européenne, 6ª ed., Dalloz, Parigi, 2010, paragrafi da 581 a 584). La titolarità nazionale del potere esecutivo trova la propria espressione normativa fondamentale nell’articolo 4, paragrafo 3, TUE, ai sensi del quale «[g]li Stati membri adottano ogni misura di carattere generale o particolare atta ad assicurare l’esecuzione degli obblighi derivanti dai trattati o conseguenti agli atti delle istituzioni dell’Unione».


25 –      Punti 15 della replica.


26 –      Punti 65 e segg. del ricorso.


27 –      Punto 26 della replica.


28 –      Il Regno Unito fa riferimento, ai punti da 41 a 45 della sua memoria di intervento, alla necessità di tenere conto di valutazioni multifattoriali, mentre la Danimarca (punti 15 e 28 della sua memoria di intervento) menziona criteri oggettivi suscettibili di controllo giurisdizionale ma caratterizzati da un margine di discrezionalità. Tale valutazione è contestata dalla Commissione al punto 36 delle sue osservazioni sugli interventi.


29  In proposito, v. Ritleng, D., Le contrôle de la légalité des actes communautaires par la Cour de Justice et le Tribunal de Première Instance des Communautés Européennes, Tesi di dottorato inedita, Strasburgo, 1998, pagg. da 376 a 382.


30 –      Paragrafo 78 delle sue conclusioni nella citata causa Regno Unito/Consiglio e Parlamento.


31 –      Fin dall’inizio la Corte ha richiamato l’attenzione sulla rilevanza della responsabilità in quanto criterio per valutare la legittimità di una delega di poteri in funzione della natura e della portata del potere delegato. Infatti, nella sentenza del 13 giugno 1958, Meroni (9/56, Racc. pag. 11), si legge che «le conseguenze di una delega di poteri sono molto diverse a seconda che essa riguardi dei poteri d’esecuzione nettamente circoscritti». Per una sintesi della pertinente giurisprudenza, v. paragrafi da 26 a 29 delle conclusioni dell’avvocato generale Mengozzi nella causa Parlamento/Consiglio (sentenza del 5 settembre 2012, C‑355/10).


32 –      V. nota precedente.


33 –      Punto 12 della replica.


34 –      Punti 46, 83 e 85 del ricorso.


35 –      L’articolo 83, paragrafo 5, elenca le disposizioni del regolamento n. 582/2012 nelle quali viene conferita una delega: articolo 3, paragrafo 4; articolo 5, paragrafo 3; articolo 6, paragrafo 4; articolo 21, paragrafo 3; articolo 23, paragrafo 5; articolo 28, paragrafi 1 e 3; articolo 40; articolo 56, paragrafo 4; articolo 71, paragrafo 9; articolo 85 e articolo 89, paragrafo 1.


36 –      Punto 39 della replica.


37 –      Punti 22 e 23 della controreplica.