Language of document : ECLI:EU:C:2017:985

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

20 dicembre 2017 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Libera prestazione dei servizi, libertà di stabilimento, libera circolazione dei capitali e libertà d’impresa – Restrizioni – Attribuzione di nuove concessioni per la gestione a distanza dei giochi – Principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento – Sentenza della Corte costituzionale – Esistenza o no di un obbligo per il giudice nazionale di adire la Corte»

Nella causa C‑322/16,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Consiglio di Stato (Italia), con ordinanza del 4 febbraio 2016, pervenuta in cancelleria il 7 giugno 2016, nel procedimento

Global Starnet Ltd

contro

Ministero dell’Economia e delle Finanze,

Amministrazione Autonoma Monopoli di Stato,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da R. Silva de Lapuerta, presidente di sezione, J.‑C. Bonichot, A. Arabadjiev, S. Rodin (relatore) ed E. Regan, giudici,

avvocato generale: N. Wahl

cancelliere: R. Schiano, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 6 aprile 2017,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Global Starnet Ltd, da B. Carbone, C. Barreca, S. Vinti e A. Scuderi, avvocati;

–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da S. Fiorentino e P.G. Marrone, avvocati dello Stato;

–        per il governo belga, da M. Jacobs e L. Van den Broeck, in qualità di agenti, assistite da P. Vlaemminck e R. Verbeke, advocaten;

–        per il governo ceco, da M. Smolek e J. Vláčil, in qualità di agenti;

–        per il governo portoghese, da L. Inez Fernandes, M. Figueiredo, A. Silva Coelho e P. de Sousa Inês, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da L. Malferrari e H. Tserepa‑Lacombe, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 8 giugno 2017,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 26, 49, 56, 63 e 267 TFUE, dell’articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nonché del principio generale della tutela del legittimo affidamento.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone la Global Starnet Ltd al Ministero dell’Economia e delle Finanze (Italia) e all’Amministrazione Autonoma Monopoli di Stato (Italia) (in prosieguo: l’«AAMS»), in merito alla determinazione dei requisiti per la gestione telematica del gioco lecito mediante apparecchi da divertimento ed intrattenimento, nonché al bando di gara per l’affidamento in concessione della realizzazione e conduzione della rete per la gestione telematica del gioco lecito mediante detti apparecchi.

 Contesto normativo

3        L’articolo 1 della legge del 13 dicembre 2010, n. 220, intitolata «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2011)» (supplemento ordinario alla GURI del 21 dicembre 2010, n. 297; in prosieguo: la «legge n. 220/2010»), prevede, al paragrafo 78, lettera b), il rispetto dei seguenti obblighi:

«(…)

4)      mantenimento, per l’intera durata della concessione, del rapporto di indebitamento entro un valore non superiore a quello stabilito con decreto interdirigenziale del Ministero dell’economia e delle finanze;

(…)

8)      sottoposizione ad autorizzazione preventiva dell’AAMS, a pena di decadenza dalla concessione, delle operazioni che implicano mutamenti soggettivi del concessionario, intendendosi per modifiche soggettive riguardanti il concessionario ogni operazione, posta in essere dal concessionario, di fusione, scissione, trasferimento dell’azienda, mutamento di sede sociale o di oggetto sociale, scioglimento della società, escluse tuttavia quelle di vendita o di collocamento delle azioni del concessionario presso un mercato finanziario regolamentato;

9)      sottoposizione ad autorizzazione preventiva dell’AAMS delle operazioni di trasferimento delle partecipazioni, anche di controllo, detenute dal concessionario suscettibili di comportare, nell’esercizio in cui si perfeziona l’operazione, una riduzione dell’indice di solidità patrimoniale determinato con decreto interdirigenziale del Ministero dell’economia e delle finanze, fermo l’obbligo del concessionario, in tali casi, di riequilibrare, a pena di decadenza, il predetto indice, mediante aumenti di capitale ovvero altri strumenti od operazioni volti al ripristino dell’indice medesimo entro sei mesi dalla data di approvazione del bilancio;

(…)

17)      destinazione a scopi diversi da investimenti legati alle attività oggetto di concessione della extraprofittabilità generata in virtù dell’esercizio delle attività di cui al numero 6) solo previa autorizzazione dell’AAMS;

(…)

23)      definizione di sanzioni, a titolo di penali, a fronte di casi di inadempimento delle clausole della convenzione accessiva alla concessione imputabili al concessionario, anche a titolo di colpa; graduazione delle penali in funzione della gravità dell’inadempimento e nel rispetto dei principi di proporzionalità ed effettività della sanzione;

(…)

25)      previsione per il concessionario uscente, alla scadenza del periodo di durata della concessione, di proseguire nell’ordinaria amministrazione delle attività di gestione ed esercizio delle attività di raccolta del gioco oggetto di concessione fino al trasferimento della gestione e dell’esercizio al nuovo concessionario;

(…)».

4        In ottemperanza dell’articolo 1, paragrafo 79, della legge suddetta, i soggetti concessionari ai quali sono già consentiti l’esercizio e la raccolta non a distanza dei giochi pubblici hanno l’obbligo di sottoscrivere un atto di integrazione della convenzione accessiva alla concessione occorrente al fine di adeguare tale convenzione alle disposizioni della legge di cui sopra menzionate al punto precedente.

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

5        L’AAMS ha attribuito alla Global Starnet la concessione per l’attivazione e la conduzione operativa della rete per la gestione telematica del gioco lecito mediante apparecchi da divertimento ed intrattenimento nonché delle attività connesse, sulla base di una disposizione che prevedeva l’affidamento di questo tipo di concessioni ai concessionari esistenti, tra cui la Global Starnet, al di fuori delle procedure di selezione previste per gli altri operatori esercenti attività di gioco.

6        Mediante la legge n. 220/2010, le condizioni fissate per beneficiare delle concessioni per l’organizzazione e la gestione dei giochi pubblici sono state modificate in maniera tale per cui esse sono divenute meno favorevoli per la Global Starnet. In virtù di tale legge, l’AAMS ha adottato il decreto relativo alla determinazione dei requisiti applicabili per la gestione telematica del gioco tramite apparecchi da divertimento e intrattenimento, nonché il bando di gara per l’affidamento in concessione della realizzazione e della conduzione della rete per la gestione telematica del gioco tramite apparecchi del tipo suddetto.

7        La Global Starnet ha proposto ricorso contro questi due atti amministrativi dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Italia).

8        Avendo tale Tribunale respinto il suo ricorso, la Global Starnet ha interposto appello dinanzi al Consiglio di Stato (Italia) facendo valere, anzitutto, che il principio della tutela del legittimo affidamento è stato violato a motivo del fatto che la legge n. 220/2010 ha autorizzato l’inserimento di requisiti di esercizio dell’attività di concessionario per l’organizzazione e la gestione dei giochi pubblici che modificano in sostanza la convenzione di concessione esistente. Poi, detta ricorrente ha sostenuto che il principio di parità di trattamento è stato violato in quanto essa si ritrova in una situazione sfavorevole rispetto ai nuovi concorrenti che non si sono indebitati, e che tale legge è incompatibile con i principi del diritto dell’Unione che impongono la soppressione di qualsiasi ostacolo allo sviluppo della libera circolazione dei beni e della libera prestazione dei servizi. Infine, la Global Starnet ha fatto valere che le disposizioni controverse della legge n. 220/2010 sono incostituzionali in quanto contrastano con la libertà di impresa, e che il bando di gara relativo all’attribuzione della concessione relativa alla realizzazione e all’esercizio della rete di gestione telematica dei giochi mediante apparecchi da divertimento e intrattenimento è illegale in quanto potrebbe portare alla sua esclusione dalla procedura di affidamento.

9        Il 2 settembre 2013, mediante sentenza non definitiva, il Consiglio di Stato ha parzialmente accolto il ricorso della Global Starnet. Esso ha dichiarato, in particolare, che tale società era stata costretta a partecipare alla nuova procedura di selezione sebbene, in virtù della legislazione in vigore alla data della convenzione di concessione di cui essa è beneficiaria, non fosse necessaria una procedura di selezione per i concessionari esistenti, e che le è stata illegittimamente imposta una convenzione meno favorevole, malgrado essa avesse realizzato un investimento confidando nel fatto che la concessione iniziale sarebbe proseguita senza soluzione di continuità, pur permettendo l’accesso a nuovi concorrenti.

10      Su iniziativa del giudice del rinvio che ha sollevato la questione di costituzionalità dell’articolo 1, paragrafo 79, della legge n. 220/2010, la Corte costituzionale (Italia), con la sua sentenza del 31 marzo 2015, n. 56/2015, ha dichiarato che il principio del legittimo affidamento e la certezza del diritto sono valori tutelati dalla Costituzione italiana, ma non in termini assoluti e inderogabili. Quanto alle concessioni di servizio pubblico, tale Corte ha constatato che la possibilità di un intervento pubblico modificativo delle condizioni originarie è da considerarsi in qualche modo connaturata al rapporto concessorio fin dal suo instaurarsi, il che deve essere tanto più vero in un ambito così delicato come quello dei giochi pubblici, nel quale i valori e gli interessi coinvolti appaiono meritevoli di speciale e continua attenzione da parte del legislatore nazionale. Pertanto, né i suddetti valori né la libertà di impresa sono stati violati. Inoltre, i vincoli imposti dalle disposizioni in questione costituiscono anche, nel caso di specie, una misura minima di ripristino della par condicio dei gestori, del tutto giustificata dalla situazione di vantaggio del concessionario «preesistente» che non ha dovuto sottoporsi alla gara per il nuovo affidamento. Le disposizioni in questione non sono pertanto né palesemente incongrue rispetto alle finalità individuate dal legislatore nazionale, né eccedenti il contenuto e la natura del rapporto di concessione o apportatrici di intollerabili oneri aggiuntivi. Infine, la Corte costituzionale ha statuito che la presunta perdita totale o parziale del capitale investito rappresenterebbe tutt’al più una conseguenza soltanto indiretta dei vincoli di gestione imposti dalle disposizioni contestate e si collocherebbe come tale al di fuori dell’ambito di protezione del diritto a un indennizzo.

11      A seguito di tale sentenza della Corte costituzionale, che ha esaminato l’articolo 1, paragrafo 79, della legge n. 220/2010 alla luce di disposizioni della Costituzione italiana il cui contenuto è, secondo il giudice del rinvio, equivalente in sostanza a quello delle corrispondenti disposizioni del Trattato, tale giudice ha ritenuto necessario presentare una domanda di pronuncia pregiudiziale alla Corte.

12      Sulla scorta di tali circostanze, il Consiglio di Stato ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      In via principale: se l’articolo 267, paragrafo 3, TFUE possa essere interpretato nel senso che non sussiste l’obbligo incondizionato del giudice di ultima istanza di rinvio pregiudiziale di una questione di interpretazione del diritto europeo qualora, nel corso del medesimo giudizio, la Corte costituzionale abbia valutato la legittimità costituzionale della disciplina nazionale, nella sostanza, utilizzando gli stessi parametri normativi di cui si chiede l’interpretazione alla Corte di giustizia, ancorché formalmente diversi perché rivenienti in norme della Costituzione e non dei Trattati europei.

2)      In via subordinata rispetto al primo quesito, per il caso in cui la Corte risolva la questione di interpretazione dell’articolo 267, paragrafo 3, TFUE nel senso che sia obbligatorio il rinvio pregiudiziale: se le disposizioni ed i principi di cui agli articoli [26, 49, 56 e 63 TFUE] e all’articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali UE, nonché il generale principio del legittimo affidamento [che rientra tra i principi fondamentali dell’Unione, come affermato dalla Corte con sentenza del 14 marzo 2013, Agrargenossenschaft Neuzelle (C‑545/11, EU:C:2013:169)], ostino alla adozione ed applicazione di una normativa nazionale [articolo 1, paragrafo 78, lettera b), punti 4, 8, 9, 17, 23 e 25, della legge n. 220/2010] che sancisce, anche a carico di soggetti già concessionari nel settore della gestione telematica del gioco lecito, nuovi requisiti ed obblighi per il tramite di un atto integrativo della convenzione già in essere (e senza alcun termine per il progressivo adeguamento)».      

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

13      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 267, paragrafo 3, TFUE debba essere interpretato nel senso che il giudice nazionale le cui decisioni non sono impugnabili con un ricorso giurisdizionale non è tenuto a procedere al rinvio pregiudiziale di una questione di interpretazione del diritto dell’Unione nel caso in cui, nell’ambito del medesimo procedimento nazionale, la Corte costituzionale dello Stato membro di cui trattasi abbia valutato la costituzionalità delle norme nazionali alla luce delle norme di riferimento aventi un contenuto analogo a quello delle norme del diritto dell’Unione.

14      In via preliminare, occorre rilevare che il giudice del rinvio, prima di adire la Corte, ha sollevato dinanzi alla Corte costituzionale una questione di costituzionalità delle disposizioni di diritto nazionale che costituiscono altresì l’oggetto della seconda questione pregiudiziale. La Corte costituzionale si è pronunciata, in risposta a tale questione, sulla conformità di dette disposizioni non al diritto dell’Unione, bensì alle disposizioni della Costituzione italiana che il giudice del rinvio considera, in sostanza, come le norme di riferimento corrispondenti e identiche agli articoli 26, 49, 56 e 63 TFUE e all’articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali, nonché sulla loro conformità ai principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento.

 Sulla ricevibilità

15      Il governo italiano contesta la ricevibilità della prima questione facendo valere gli argomenti che seguono.

16      In primo luogo, il giudice nazionale statuente in ultimo grado avrebbe un obbligo di valutare preliminarmente la questione al fine di evitare che le parti ne facciano un uso abusivo. In secondo luogo, non vi sarebbe alcuna ragione di chiedersi se detto giudice sia tenuto a conformarsi all’interpretazione della Corte costituzionale, in quanto le sentenze di quest’ultima che rigettano questioni di costituzionalità non vincolano il giudice nazionale. In terzo luogo, il giudice del rinvio, avendo ritenuto che la questione di costituzionalità del diritto nazionale fosse pertinente al fine di risolvere la controversia ed avendo dunque sottoposto le questioni alla Corte costituzionale, avrebbe statuito che le norme nazionali contestate erano conformi al diritto dell’Unione. In quarto luogo, la prima questione sarebbe puramente ipotetica e dunque irricevibile, in quanto il giudice del rinvio avrebbe dovuto sottoporre alla Corte costituzionale una questione in merito all’eventuale contrasto delle norme in discussione nel procedimento principale con il diritto dell’Unione prima di sottoporre tale questione alla Corte.

17      A questo proposito occorre ricordare che, nell’ambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se la questione sollevata verte sull’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire. Il rifiuto di statuire su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile solo qualora risulti manifestamente che l’interpretazione richiesta del diritto dell’Unione non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale, qualora il problema sia di natura ipotetica, o anche quando la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le sono sottoposte (sentenza del 7 luglio 2016, Muladi, C‑447/15, EU:C:2016:533, punto 33).

18      Nel caso di specie, non risulta che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non abbia alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto della controversia nel procedimento principale o che il problema sia di natura ipotetica.

19      Inoltre, alla luce della giurisprudenza sopra citata, la questione se il giudice del rinvio sia vincolato o meno dall’interpretazione della normativa nazionale in discussione operata dalla Corte costituzionale, od anche se detto giudice avrebbe dovuto sottoporre a quest’ultima una questione relativa all’interpretazione del diritto dell’Unione, è priva di rilevanza al fine di valutare la ricevibilità della prima questione pregiudiziale.

20      Di conseguenza, la prima questione è ricevibile.

 Nel merito

21      Occorre ricordare che un giudice nazionale investito di una controversia concernente il diritto dell’Unione, il quale ritenga che una norma nazionale sia non soltanto contraria a tale diritto, ma anche inficiata da vizi di costituzionalità, non è privato della facoltà o dispensato dall’obbligo, previsti dall’articolo 267 TFUE, di sottoporre alla Corte questioni relative all’interpretazione o alla validità del diritto dell’Unione per il fatto che la constatazione dell’incostituzionalità di una norma di diritto nazionale è subordinata ad un ricorso obbligatorio dinanzi ad una corte costituzionale. Infatti, l’efficacia del diritto dell’Unione rischierebbe di essere compromessa se l’esistenza di un ricorso obbligatorio dinanzi ad una corte costituzionale potesse impedire al giudice nazionale, investito di una controversia disciplinata dal suddetto diritto, di esercitare la facoltà, attribuitagli dall’articolo 267 TFUE, di sottoporre alla Corte le questioni vertenti sull’interpretazione o sulla validità del diritto dell’Unione, al fine di permettergli di stabilire se una norma nazionale sia compatibile o no con quest’ultimo (sentenza del 4 giugno 2015, Kernkraftwerke Lippe‑Ems, C‑5/14, EU:C:2015:354, punto 34 e la giurisprudenza ivi citata).

22      Dall’insieme di tali considerazioni la Corte ha tratto la conclusione che il funzionamento del sistema di cooperazione tra essa e i giudici nazionali, istituito dall’articolo 267 TFUE, e il principio del primato del diritto dell’Unione esigono che il giudice nazionale sia libero di sottoporre alla Corte, in qualsiasi fase del procedimento che reputi appropriata, ed anche al termine di un procedimento incidentale di controllo di costituzionalità, qualsiasi questione pregiudiziale che esso consideri necessaria (sentenza del 4 giugno 2015, Kernkraftwerke Lippe‑Ems, C‑5/14, EU:C:2015:354, punto 35 e la giurisprudenza ivi citata).

23      Orbene, risulta dalle considerazioni di cui sopra che l’efficacia del diritto dell’Unione rischierebbe di essere compromessa e l’effetto utile dell’articolo 267 TFUE risulterebbe sminuito se, a motivo dell’esistenza di un procedimento di controllo di costituzionalità, al giudice nazionale fosse impedito di sottoporre questioni pregiudiziali alla Corte e di dare immediatamente al diritto dell’Unione un’applicazione conforme alla decisione o alla giurisprudenza della Corte (v., in tal senso, sentenza del 4 giugno 2015, Kernkraftwerke Lippe‑Ems, C‑5/14, EU:C:2015:354, punto 36 e la giurisprudenza ivi citata).

24      Inoltre, se è vero che il procedimento istituito dall’articolo 267 TFUE costituisce uno strumento di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, grazie al quale la prima fornisce ai secondi gli elementi di interpretazione del diritto dell’Unione necessari a questi ultimi per risolvere la controversia che sono chiamati a dirimere, ciò non toglie che, quando non sia esperibile alcun ricorso giurisdizionale di diritto interno avverso la decisione di un giudice nazionale, quest’ultimo è, in linea di principio, tenuto a rivolgersi alla Corte ai sensi dell’articolo 267, terzo comma, TFUE, qualora venga sollevata dinanzi ad esso una questione di interpretazione del diritto dell’Unione (v. sentenza del 9 settembre 2015, Ferreira da Silva e Brito e a., C‑160/14, EU:C:2015:565, punto 37).

25      Il fatto che la Corte costituzionale italiana si sia pronunciata sulla conformità delle disposizioni del diritto nazionale, costituenti anche l’oggetto della seconda questione pregiudiziale, alle disposizioni della Costituzione italiana che il giudice del rinvio considera, in sostanza, come le norme di riferimento corrispondenti e identiche agli articoli 26, 49, 56 e 63 TFUE e all’articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali, non ha alcuna incidenza sull’obbligo, previsto dall’articolo 267 TFUE, di sottoporre alla Corte eventuali questioni riguardanti l’interpretazione del diritto dell’Unione.

26      Alla luce dell’insieme delle considerazioni sopra esposte, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 267, paragrafo 3, TFUE deve essere interpretato nel senso che il giudice nazionale le cui decisioni non sono impugnabili con un ricorso giurisdizionale è tenuto, in linea di principio, a procedere al rinvio pregiudiziale di una questione di interpretazione del diritto dell’Unione anche nel caso in cui, nell’ambito del medesimo procedimento nazionale, la Corte costituzionale dello Stato membro di cui trattasi abbia valutato la costituzionalità delle norme nazionali alla luce delle norme di riferimento aventi un contenuto analogo a quello delle norme del diritto dell’Unione.

 Sulla seconda questione

27      Mediante la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 26, 49, 56 e 63 TFUE, l’articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali, nonché il principio della tutela del legittimo affidamento, debbano essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa nazionale, come quella in discussione nel procedimento principale, la quale imponga a soggetti già concessionari nel settore della gestione telematica del gioco lecito nuove condizioni di esercizio della loro attività mediante un atto di integrazione della convenzione accessiva alla concessione esistente.

28      Nel caso di specie, all’articolo 1, paragrafo 78, lettera b), punti 4, 8, 9, 17, 23 e 25, della legge n. 220/2010, sono state imposte ai concessionari esistenti sei nuove condizioni per l’esercizio della loro attività. Esse determinano, rispettivamente: l’obbligo di mantenere il rapporto di indebitamento entro un valore non superiore a quello stabilito mediante decreto; la sottoposizione ad autorizzazione preventiva dell’AAMS, a pena di decadenza dalla concessione, delle operazioni che implicano mutamenti soggettivi del concessionario; la sottoposizione ad autorizzazione preventiva dell’AAMS delle operazioni di trasferimento delle partecipazioni detenute dal concessionario suscettibili di comportare una riduzione dell’indice di solidità patrimoniale determinato con decreto, fermo l’obbligo del concessionario, in tali casi, di riequilibrare, a pena di decadenza, il predetto indice; la destinazione a scopi diversi da investimenti legati alle attività oggetto di concessione del surplus di profitti generato in virtù dell’esercizio di talune attività solo previa autorizzazione dell’AAMS; la previsione di sanzioni, a titolo di penali di entità graduata in funzione della gravità della violazione, nel rispetto dei principi di proporzionalità e di effettività, nei casi di inadempimento delle clausole della convenzione accessiva alla concessione imputabili al concessionario, anche a titolo di colpa; nonché l’obbligo per il concessionario uscente, alla scadenza del periodo di durata della concessione, di proseguire nell’ordinaria amministrazione delle attività di gestione ed esercizio delle attività di raccolta del gioco oggetto di concessione fino al trasferimento della gestione e dell’esercizio al nuovo concessionario.

 Osservazioni preliminari

29      Occorre ricordare che, se una misura nazionale incide simultaneamente su più libertà fondamentali, la Corte, in linea di principio, esamina tale misura alla luce di una sola di dette libertà qualora risulti che, nelle circostanze del caso di specie, le altre sono assolutamente secondarie rispetto alla prima e possono essere ricondotte a questa (v. ordinanza del 28 settembre 2016, Durante, C‑438/15, non pubblicata, EU:C:2016:728, punto 14 e la giurisprudenza ivi citata).

30      Ciò premesso, la Corte ha statuito che una normativa di uno Stato membro, la quale subordini l’esercizio di un’attività economica all’ottenimento di una concessione e preveda varie ipotesi di decadenza della concessione, costituisce un ostacolo alle libertà garantite dagli articoli 49 e 56 TFUE (sentenza del 28 gennaio 2016, Laezza, C‑375/14, EU:C:2016:60, punto 22 e la giurisprudenza ivi citata).

31      Inoltre, per quanto riguarda l’applicabilità degli articoli 34 e 35 TFUE, occorre ricordare che l’attività di gestione di apparecchi per il gioco d’azzardo o per i giochi a soldi, indipendentemente dalla sua scindibilità o meno dalle attività relative alla produzione, all’importazione e alla distribuzione di tali apparecchi, non può ricadere sotto i suddetti articoli riguardanti la libera circolazione delle merci (v., in tal senso, sentenza dell’11 settembre 2003, Anomar e a., C‑6/01, EU:C:2003:446, punto 56).

32      Poi, per quanto riguarda l’applicabilità dell’articolo 63 TFUE, in assenza di elementi contrari sottoposti dal giudice del rinvio, gli eventuali effetti restrittivi della normativa nazionale in questione nel procedimento principale sulla libera circolazione dei capitali e sulla libertà dei pagamenti non sarebbero altro che l’inevitabile conseguenza di eventuali restrizioni imposte alle libertà garantite dagli articoli 49 e 56 TFUE.

33      Infine, per quanto riguarda l’articolo 26 TFUE, occorre osservare come risulti dal fascicolo in possesso della Corte che il procedimento principale non riguarda la competenza dell’Unione o delle sue istituzioni ad adottare le misure previste da questo articolo.

34      Ne consegue che occorre rispondere alla seconda questione unicamente in riferimento agli articoli 49 e 56 TFUE, all’articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali, nonché al principio della tutela del legittimo affidamento.

 Sulle restrizioni alle libertà garantite dagli articoli 49 e 56 TFUE

35      Occorre ricordare che devono considerarsi quali restrizioni alla libertà di stabilimento e/o alla libera prestazione dei servizi tutte le misure che vietino, ostacolino o rendano meno attraente l’esercizio delle libertà garantite dagli articoli 49 e 56 TFUE (v. sentenza del 22 gennaio 2015, Stanley International Betting e Stanleybet Malta, C‑463/13, EU:C:2015:25, punto 45 e la giurisprudenza ivi citata).

36      Nel caso di specie, le nuove condizioni imposte ai concessionari esistenti, per l’esercizio della loro attività, dall’articolo 1, paragrafo 78, lettera b), punti 4, 8, 9, 17, 23 e 25, della legge n. 220/2010, quali indicate al punto 28 della presente sentenza, possono rendere meno attraente o addirittura impossibile l’esercizio delle libertà garantite dagli articoli 49 e 56 TFUE, nella misura in cui dette condizioni sono idonee ad impedire a tali concessionari di far fruttare il loro investimento.

37      Di conseguenza, le misure sopra indicate costituiscono restrizioni alle libertà garantite dagli articoli 49 e 56 TFUE.

38      Occorre nondimeno esaminare se tali restrizioni possano essere giustificate.

 Sulla giustificazione delle restrizioni alle libertà garantite dagli articoli 49 TFUE e 56 TFUE

–       Sull’esistenza di motivi imperativi di interesse generale

39      Occorre ricordare che la disciplina dei giochi d’azzardo rientra nei settori in cui sussistono tra gli Stati membri divergenze considerevoli di ordine morale, religioso e culturale. In assenza di un’armonizzazione in materia a livello dell’Unione, gli Stati membri godono di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda la scelta del livello di tutela dei consumatori e dell’ordine sociale che essi considerano più appropriato (sentenza dell’8 settembre 2016, Politanò, C‑225/15, EU:C:2016:645, punto 39 e la giurisprudenza ivi citata).

40      Gli Stati membri sono conseguentemente liberi di fissare gli obiettivi della loro politica in materia di giochi d’azzardo e, eventualmente, di definire con precisione il livello di tutela perseguito. Tuttavia, le restrizioni che gli Stati membri impongono devono soddisfare le condizioni che risultano dalla giurisprudenza della Corte per quanto riguarda segnatamente la loro giustificazione sulla base di motivi imperativi di interesse generale e la loro proporzionalità (sentenza dell’8 settembre 2016, Politanò, C‑225/15, EU:C:2016:645, punto 40 e la giurisprudenza ivi citata).

41      Nel caso di specie, risulta dal tenore delle disposizioni nazionali in discussione nel procedimento principale che, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 43 delle sue conclusioni, l’obiettivo di tali disposizioni è di migliorare la solidità economica e finanziaria dei concessionari, di accrescere la loro onorabilità e la loro affidabilità, nonché di lottare contro la criminalità.

42      Tenuto conto della particolarità della situazione correlata ai giochi d’azzardo, simili obiettivi sono idonei a costituire motivi imperativi di interesse generale atti a giustificare eventuali restrizioni alle libertà fondamentali, quali quelle controverse nel procedimento principale (v., in tal senso, sentenza dell’8 settembre 2016, Politanò, C‑225/15, EU:C:2016:645, punti 42 e 43).

43      L’identificazione degli obiettivi effettivamente perseguiti dalle disposizioni nazionali in esame nel procedimento principale rientra, in ogni caso, nella competenza del giudice del rinvio (v., in tal senso, sentenza del 28 gennaio 2016, Laezza, C‑375/14, EU:C:2016:60, punto 35).

44      Inoltre, occorre ricordare che, qualora uno Stato membro invochi motivi imperativi di interesse generale per giustificare una normativa suscettibile di ostacolare l’esercizio della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi, questa giustificazione dev’essere interpretata anche alla luce dei principi generali del diritto dell’Unione e, segnatamente, dei diritti fondamentali ormai garantiti dalla Carta dei diritti fondamentali. Pertanto, la normativa nazionale in questione potrà beneficiare di una giustificazione prevista soltanto qualora essa sia conforme ai principi e ai diritti sopra menzionati (v., in tal senso, sentenza dell’11 giugno 2015, Berlington Hungary e a., C‑98/14, EU:C:2015:386, punto 74 e la giurisprudenza ivi citata).

45      Nel caso di specie, il giudice del rinvio chiede se i principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento, nonché la libertà d’impresa prevista dall’articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali ostino a una normativa nazionale, come quella in discussione nel procedimento principale menzionata al punto 28 della presente sentenza, la quale imponga a soggetti già concessionari nel settore della gestione telematica del gioco lecito nuove condizioni per l’esercizio della loro attività mediante un atto di integrazione della convenzione accessiva alla concessione esistente.

–       Sul principio della tutela del legittimo affidamento

46      Occorre sottolineare che il principio della certezza del diritto, il quale ha come corollario quello della tutela del legittimo affidamento, impone, segnatamente, che le norme giuridiche siano chiare, precise e prevedibili nei loro effetti, in particolare qualora esse possano avere conseguenze sfavorevoli sugli individui e sulle imprese (v., in tal senso, sentenza dell’11 giugno 2015, Berlington Hungary e a., C‑98/14, EU:C:2015:386, punto 77 e la giurisprudenza ivi citata).

47      Tuttavia, un operatore economico non può riporre affidamento nel fatto che non interverrà assolutamente alcuna modifica legislativa, bensì può unicamente mettere in discussione le modalità di applicazione di una modifica siffatta (v., in tal senso, sentenza dell’11 giugno 2015, Berlington Hungary e a., C‑98/14, EU:C:2015:386, punto 78 e la giurisprudenza ivi citata).

48      A questo proposito, occorre osservare che incombe al legislatore nazionale prevedere un periodo transitorio di durata sufficiente per permettere agli operatori economici di adeguarsi ovvero un sistema di compensazioni adeguate (v., in tal senso, sentenza dell’11 giugno 2015, Berlington Hungary e a., C‑98/14, EU:C:2015:386, punto 85 e la giurisprudenza ivi citata).

49      Se invero spetta al giudice del rinvio verificare, alla luce della giurisprudenza citata ai punti precedenti, e procedendo ad una valutazione globale di tutte le circostanze pertinenti, se la normativa nazionale in discussione nel procedimento principale sia conforme al principio della tutela del legittimo affidamento, occorre però notare come risulti dall’ordinanza di rinvio che la legge n. 220/2010 prevedeva un termine di 180 giorni a partire dalla sua entrata in vigore per introdurre le nuove condizioni che essa fissava, mediante la firma di un atto di integrazione della convenzione accessiva alla concessione. Tale termine appare in linea di principio sufficiente per permettere ai concessionari di adeguarsi a dette condizioni.

–       Sulla libertà d’impresa

50      Come la Corte ha già statuito, un esame della restrizione rappresentata da una normativa nazionale sulla scorta degli articoli 49 e 56 TFUE comprende anche le eventuali restrizioni dell’esercizio dei diritti e delle libertà previsti dagli articoli da 15 a 17 della Carta dei diritti fondamentali, di modo che un esame separato della libertà di impresa non è necessario (v., in tal senso, sentenze del 30 aprile 2014, Pfleger e a., C‑390/12, EU:C:2014:281, punto 60, nonché dell’11 giugno 2015, Berlington Hungary e a., C‑98/14, EU:C:2015:386, punto 91).

 Sulla proporzionalità della restrizione alle libertà garantite dagli articoli 49 e 56 TFUE nonché alla libertà d’impresa

51      Quanto alla proporzionalità delle misure previste dall’articolo 1, paragrafo 78, lettera b), punti 4, 8, 9, 17, 23 e 25, della legge n. 220/2010, occorre verificare se tali misure siano idonee a garantire la realizzazione degli obiettivi perseguiti e non eccedano quanto è necessario per raggiungerli, segnatamente assicurandosi che la normativa nazionale in discussione nel procedimento principale risponda effettivamente all’intento di raggiungerli in modo coerente e sistematico (sentenza dell’8 settembre 2016, Politanò, C‑225/15, EU:C:2016:645, punto 44).

52      A questo proposito, occorre ricordare che spetta al giudice del rinvio, sempre tenendo conto delle indicazioni fornite dalla Corte, verificare, nell’ambito di una valutazione globale di tutte le circostanze, se le restrizioni in discussione nel procedimento principale soddisfino i requisiti risultanti dalla giurisprudenza della Corte per quanto riguarda la loro proporzionalità (sentenza dell’8 settembre 2016, Politanò, C‑225/15, EU:C:2016:645, punto 49 e la giurisprudenza ivi citata).

53      Merita rammentare che le misure previste dall’articolo 1, paragrafo 78, lettera b), punti 8, 9 e 17, della legge n. 220/2010 subordinano a previa autorizzazione dell’AAMS, rispettivamente, le operazioni che possono determinare mutamenti soggettivi del concessionario, le operazioni di trasferimento delle partecipazioni detenute dal concessionario suscettibili di comportare una riduzione dell’indice di solidità patrimoniale fissato con decreto, nonché la destinazione a scopi diversi da investimenti legati alle attività oggetto di concessione del surplus di profitti generato da talune attività.

54      Spetta al giudice nazionale verificare se i criteri cui sottostanno i poteri di previa autorizzazione dell’AAMS siano idonei a garantire la realizzazione degli obiettivi perseguiti e non eccedano quanto è necessario per raggiungerli.

55      Inoltre, le misure previste dall’articolo 1, paragrafo 78, lettera b), punti 4 e 9, della legge n. 220/2010, vale a dire, rispettivamente, l’obbligo di mantenere il rapporto di indebitamento entro un valore non superiore a quello stabilito mediante decreto e la sottoposizione ad autorizzazione preventiva dell’AAMS delle operazioni di trasferimento delle partecipazioni detenute dal concessionario suscettibili di comportare una riduzione dell’indice di solidità patrimoniale determinato tramite decreto, appaiono utili per assicurare una certa capacità finanziaria dell’operatore e per garantire che questi sia in grado di soddisfare gli obblighi derivanti dall’attività di messa in servizio e di esercizio operativo della rete di gestione telematica dei giochi d’azzardo.

56      Il giudice del rinvio è tenuto ad assicurarsi che, per la prima di tali misure, il rapporto di indebitamento e, per la seconda, l’indice di solidità patrimoniale non eccedano quanto è necessario per raggiungere il suddetto obiettivo.

57      Inoltre, per quanto riguarda le misure previste dall’articolo 1, paragrafo 78, lettera b), punti 8 e 17, della legge n. 220/2010, vale a dire, rispettivamente, la sottoposizione ad autorizzazione preventiva dell’AAMS, a pena di decadenza, delle operazioni che implicano mutamenti soggettivi del concessionario e la sottoposizione ad autorizzazione preventiva dell’AAMS della destinazione a scopi diversi da quelli collegati all’oggetto della concessione del surplus di profitti generato da talune attività, occorre osservare che dette misure, potendo prevenire l’influenza delle organizzazioni criminali sulle attività in questione nel procedimento principale nonché il riciclaggio di denaro, possono essere utili nella lotta contro la criminalità e non eccedono quanto è necessario per raggiungere tale obiettivo.

58      Quanto alla misura prevista dall’articolo 1, paragrafo 78, lettera b), punto 25, della legge n. 220/2010, vale a dire l’obbligo per il concessionario, alla scadenza del periodo di durata della concessione, di proseguire nell’ordinaria amministrazione delle attività oggetto di concessione fino al trasferimento della gestione e dell’esercizio al nuovo concessionario, essa è idonea ad assicurare la continuità dell’attività legittima di raccolta delle scommesse al fine di arginare lo sviluppo di attività illecite parallele, ed è dunque idonea a contribuire alla lotta contro la criminalità (v., in tal senso, sentenza del 28 gennaio 2016, Laezza, C‑375/14, EU:C:2016:60, punti 33 e 34).

59      Tuttavia, spetta al giudice del rinvio verificare se una misura meno gravosa per il concessionario permetterebbe di raggiungere il medesimo obiettivo, tenendo conto del fatto che il concessionario è obbligato a fornire i servizi costituenti l’oggetto della concessione per un periodo di tempo che può anche essere indefinito ed eventualmente anche con un bilancio in perdita al fine di contribuire all’interesse generale.

60      Per quanto riguarda la misura prevista dall’articolo 1, paragrafo 78, lettera b), punto 23, della legge n. 220/2010, vale a dire l’inflizione di sanzioni sotto forma di penali nei casi di inadempimento delle clausole della convenzione accessiva alla concessione imputabili al concessionario, anche a titolo di colpa, occorre ricordare che le sanzioni non sono conformi al diritto dell’Unione qualora le condizioni che determinano la loro applicazione siano esse stesse contrarie al diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 6 marzo 2007, Placanica e a., C‑338/04, C‑359/04 e C‑360/04, EU:C:2007:133, punto 69). Le sanzioni non devono eccedere i limiti di quanto è necessario per gli obiettivi perseguiti e una sanzione non deve essere a tal punto sproporzionata rispetto alla gravità dell’infrazione da divenire un ostacolo a libertà sancite dal Trattato (v., in tal senso, sentenza del 5 luglio 2007, Ntionik e Pikoulas, C‑430/05, EU:C:2007:410, punto 54).

61      Al fine di valutare se una sanzione sia conforme al principio di proporzionalità, il giudice nazionale deve tener conto, in particolare, della natura e della gravità dell’infrazione che detta sanzione mira a punire, nonché delle modalità di determinazione dell’importo di tale sanzione (v., in tal senso, sentenze dell’8 maggio 2008, Ecotrade, C‑95/07 e C‑96/07, EU:C:2008:267, punti da 65 a 67, nonché del 20 giugno 2013, Rodopi‑M 91, C‑259/12, EU:C:2013:414, punto 38).

62      Nel caso di specie, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 78, lettera b), punto 23, della legge n. 220/2010, le sanzioni devono essere «gradua[te] (…) in funzione della gravità dell’inadempimento e nel rispetto dei principi di proporzionalità ed effettività della sanzione». Pertanto, non risulta né dal suddetto tenore letterale né dal fascicolo in possesso della Corte che le sanzioni previste dalla disposizione di cui sopra siano contrarie al diritto dell’Unione.

63      Inoltre, occorre ricordare che la Corte ha già statuito che l’istituzione di un sistema di responsabilità oggettiva non è sproporzionata rispetto agli obiettivi perseguiti, qualora tale sistema sia idoneo a incitare i soggetti interessati a rispettare le disposizioni di un regolamento e qualora gli obiettivi perseguiti rivestano un interesse generale tale da giustificare l’introduzione di un siffatto sistema (sentenza del 9 febbraio 2012, Urbán, C‑210/10, EU:C:2012:64, punto 48).

64      Allo stesso modo, un sistema, quale quello in discussione nel procedimento principale, nel quale una sanzione può essere inflitta, anche a titolo di colpa, nei casi di inadempimento delle clausole della convenzione accessiva alla concessione imputabili al concessionario, non è contrario al diritto dell’Unione.

65      Sulla base delle considerazioni sopra esposte, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che gli articoli 49 e 56 TFUE nonché il principio del legittimo affidamento devono essere interpretati nel senso che essi non ostano ad una normativa nazionale, come quella in discussione nel procedimento principale, la quale imponga a soggetti già concessionari nel settore della gestione telematica del gioco lecito nuove condizioni per l’esercizio della loro attività mediante un atto di integrazione della convenzione accessiva alla concessione esistente, laddove il giudice del rinvio concluda che tale normativa può essere giustificata da motivi imperativi di interesse generale, è idonea a garantire la realizzazione degli obiettivi perseguiti e non eccede quanto è necessario per raggiungerli.

 Sulle spese

66      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 267, paragrafo 3, TFUE deve essere interpretato nel senso che il giudice nazionale le cui decisioni non sono impugnabili con un ricorso giurisdizionale è tenuto, in linea di principio, a procedere al rinvio pregiudiziale di una questione di interpretazione del diritto dell’Unione anche nel caso in cui, nell’ambito del medesimo procedimento nazionale, la Corte costituzionale dello Stato membro di cui trattasi abbia valutato la costituzionalità delle norme nazionali alla luce delle norme di riferimento aventi un contenuto analogo a quello delle norme del diritto dell’Unione.

2)      Gli articoli 49 e 56 TFUE nonché il principio del legittimo affidamento devono essere interpretati nel senso che essi non ostano ad una normativa nazionale, come quella in discussione nel procedimento principale, la quale imponga a soggetti già concessionari nel settore della gestione telematica del gioco lecito nuove condizioni per l’esercizio della loro attività mediante un atto di integrazione della convenzione accessiva alla concessione esistente, laddove il giudice del rinvio concluda che tale normativa può essere giustificata da motivi imperativi di interesse generale, è idonea a garantire la realizzazione degli obiettivi perseguiti e non eccede quanto è necessario per raggiungerli.

Silva de Lapuerta

Bonichot

Arabadjiev

Rodin

 

Regan

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo, il 20 dicembre 2017.

Il cancelliere

 

Il presidente della Prima Sezione

A. Calot Escobar

 

R. Silva de Lapuerta


*      Lingua processuale: l’italiano.