CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
HENRIK SAUGMANDSGAARD ØE
presentate il 31 maggio 2017 (1)
Cause riunite C‑52/16 e C‑113/16
«SEGRO» Kft.
contro
Vas Megyei Kormányhivatal Sárvári Járási Földhivatala (C‑52/16)
e
Günther Horváth
contro
Vas Megyei Kormányhivatal (C‑113/16)
[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Szombathelyi Közigazgatási és Munkaügyi Bíróság (Tribunale amministrativo e del lavoro di Szombathely, Ungheria)]
«Rinvio pregiudiziale – Articolo 49 TFUE – Libertà di stabilimento – Articolo 63 TFUE – Libera circolazione dei capitali – Discriminazione indiretta – Diritti contrattuali di usufrutto o d’uso su terreni agricoli – Divieto di acquisto di tali diritti da parte di persone diverse dai familiari prossimi congiunti del proprietario dei terreni agricoli – Normativa che prevede la soppressione di tali diritti ove non soddisfino la condizione suddetta – Assenza di giustificazione – Violazione della normativa nazionale relativa al controllo dei cambi – Lotta contro le pratiche abusive – Lotta contro la speculazione fondiaria – Articoli 17 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Inapplicabilità della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea indipendentemente dalla questione della violazione delle libertà di circolazione»
I. Introduzione
1. Con decisioni del 25 gennaio 2016 (C‑52/16) e dell’8 febbraio 2016 (C‑113/16), pervenute alla Corte, rispettivamente, il 29 gennaio e il 26 febbraio 2016, lo Szombathelyi Közigazgatási és Munkaügyi Bíróság (Tribunale amministrativo e del lavoro di Szombathely, Ungheria) ha rivolto alla Corte due domande di pronuncia pregiudiziale aventi ad oggetto l’interpretazione degli articoli 49 e 63 TFUE, nonché degli articoli 17 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).
2. Tali domande sono state presentate nell’ambito di controversie che oppongono, da un lato, la «SEGRO» Kft. al Vas Megyei Kormányhivatal Sárvári Járási Földhivatala (Servizi amministrativi del dipartimento di Vas – Ufficio fondiario del distretto di Sárvár, Ungheria) e, dall’altro, il sig. Günter Horváth al Vas Megyei Kormányhivatal (Servizi amministrativi del dipartimento di Vas, Ungheria), e vertenti su talune decisioni che hanno disposto la cancellazione dal registro fondiario di diritti di usufrutto su terreni agricoli di cui erano rispettivamente titolari la SEGRO e il sig. Horváth.
3. Tali decisioni di cancellazione erano fondate su una normativa nazionale che prevede l’estinzione dei diritti di usufrutto e dei diritti d’uso su terreni coltivabili a meno che non venga fornita la prova che tali diritti sono stati costituiti tra familiari prossimi congiunti.
4. Per le ragioni che illustrerò nel prosieguo, ritengo che tale normativa e le decisioni di cancellazione adottate sul suo fondamento siano contrarie alla libera circolazione dei capitali. Infatti, il requisito secondo cui siffatti diritti devono essere stati costituiti tra familiari prossimi congiunti esplica effetti indirettamente discriminatori a scapito dei cittadini degli altri Stati membri, e non può essere giustificato da nessuno degli obiettivi fatti valere dal governo ungherese.
5. Inoltre, per quanto attiene agli articoli 17 e 47 della Carta, la cui violazione è stata prospettata dal giudice del rinvio nella causa C‑52/16 SEGRO (2), proporrò alla Corte di interpretare l’articolo 51, paragrafi 1 e 2, della Carta nel senso che, quando una normativa nazionale viene esaminata alla luce delle libertà di circolazione, la violazione di un diritto fondamentale garantito dalla Carta non può essere invocata indipendentemente dalla questione della violazione di tali libertà.
II. Contesto normativo
A. Diritto dell’Unione
6. L’adesione dell’Ungheria all’Unione europea è stata prevista da un trattato di adesione (3) (in prosieguo: il «Trattato di adesione del 2003»), al quale è stato allegato un atto che prevede le condizioni di tale adesione (4) (in prosieguo: l’«Atto di adesione del 2003»), in conformità all’articolo 1, paragrafo 2, di detto Trattato. Il Trattato di cui sopra è entrato in vigore il 1o maggio 2004, a norma del suo articolo 2, paragrafo 2.
7. Il capo 3 dell’allegato X dell’Atto di adesione del 2003 è intitolato «Libera circolazione dei capitali». Il paragrafo 2 di tale capo 3 prevede quanto segue:
«Fatti salvi gli obblighi sanciti dai trattati sui quali si fonda l’Unione europea, l’Ungheria può mantenere in vigore, per un periodo di sette anni dalla data di adesione, i divieti previsti nella legislazione esistente alla data della firma del presente atto sull’acquisto di terreni agricoli da parte di persone fisiche che non sono residenti in Ungheria o non sono cittadini ungheresi e da parte di persone giuridiche. In nessun caso i cittadini degli Stati membri o le persone giuridiche costituite secondo le leggi di un altro Stato membro possono ricevere, per quanto riguarda l’acquisto di terreni agricoli, un trattamento meno favorevole di quello praticato alla data della firma del trattato di adesione [del 2003]. (…)
I cittadini di un altro Stato membro che desiderano stabilirsi come agricoltori autonomi e che risiedono e praticano l’agricoltura legalmente e continuativamente in Ungheria da almeno tre anni non sono soggetti alle disposizioni del precedente comma o a norme e procedure diverse da quelle previste per i cittadini ungheresi. (…)
Qualora ci siano prove sufficienti che, allo scadere del periodo transitorio, ci saranno gravi perturbazioni o rischi di gravi perturbazioni sul mercato di terreni agricoli dell’Ungheria, la Commissione, su richiesta dell’Ungheria, decide in merito alla proroga del periodo transitorio fino ad un massimo di tre anni».
8. Con decisione del 20 dicembre 2010, la Commissione ha prorogato fino al 30 aprile 2014 il periodo transitorio previsto per l’acquisto di terreni agricoli in Ungheria di cui all’allegato X, capo 3, punto 2, dell’Atto di adesione del 2003 (5).
B. Normativa ungherese
9. Il termőföldről szóló 1994. évi LV. törvény (legge n. LV del 1994 sui terreni coltivabili) (in prosieguo: la «legge del 1994 sui terreni coltivabili») è stato modificato, con effetto a partire dal 1o gennaio 2013, nel senso che la costituzione per contratto di diritti di usufrutto su terreni coltivabili era ormai consentita solo tra familiari prossimi congiunti.
10. In tale occasione, in detta legge è stato inserito un nuovo articolo 91, paragrafo 1, il quale così recitava:
«Tutti i diritti di usufrutto esistenti alla data del 1o gennaio 2013, e costituiti a tempo indeterminato o per un periodo determinato con scadenza successiva al 30 dicembre 2032, mediante un contratto tra persone che non sono familiari prossimi congiunti, si estingueranno ex lege il 1o gennaio 2033».
11. Il mező – és erdőgazdasági földek forgalmáról szóló 2013. évi CXXII. törvény (legge n. CXXII del 2013, relativa alla vendita di terreni agricoli e forestali) (in prosieguo: la «legge del 2013 sui terreni coltivabili») è stato adottato il 21 giugno 2013 ed è entrato in vigore il 15 dicembre 2013. Il suo articolo 5, punto 13, contiene la seguente definizione:
«“Familiari prossimi congiunti”: i coniugi, gli ascendenti in linea diretta, i figli adottivi, i figli propri e i figli del coniuge, i genitori adottivi, i genitori del coniuge, nonché i fratelli e le sorelle».
12. L’articolo 37, paragrafo 1, della legge del 2013 sui terreni coltivabili prevede la nullità dei diritti di usufrutto costituiti per contratto su terreni coltivabili, a meno che tale contratto non sia concluso tra familiari prossimi congiunti.
13. Il mező – és erdőgazdasági földek forgalmáról szóló 2013. évi CXXII. törvénnyel összefüggő egyes rendelkezésekről és átmeneti szabályokról szóló 2013. évi CCXII. törvény (legge n. CCXII del 2013, che stabilisce talune disposizioni e misure transitorie in relazione alla legge del 2013 sui terreni coltivabili) (in prosieguo: la «legge del 2013 relativa alle misure transitorie») è stato adottato il 12 dicembre 2013 ed è entrato in vigore il 15 dicembre 2013.
14. L’articolo 108, paragrafo 1, di tale legge, che ha abrogato l’articolo 91, paragrafo 1, della legge del 1994 sui terreni coltivabili, enuncia quanto segue:
«Tutti i diritti di usufrutto o di uso esistenti alla data del 30 aprile 2014, e costituiti a tempo indeterminato o per un periodo determinato con scadenza successiva al 30 aprile 2014, mediante un contratto tra persone che non sono familiari prossimi congiunti, si estingueranno ex lege il 1o maggio 2014».
15. L’articolo 94 del ingatlan-nyilvántartásról szóló 1997. évi CXLI. törvény (legge n. CXLI del 1997, relativa al registro fondiario) (in prosieguo: la «legge relativa al registro fondiario») dispone quanto segue:
«1. Ai fini della cancellazione dal registro fondiario dei diritti di usufrutto e dei diritti di uso colpiti da estinzione ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 1, della [legge del 2013 relativa alle misure transitorie] (in prosieguo congiuntamente denominati, nel presente articolo, “diritti di usufrutto”), la persona fisica titolare di diritti di usufrutto è tenuta, su diffida inviata entro il 31 ottobre 2014 dall’autorità incaricata della gestione del registro, a dichiarare, nei 15 giorni successivi alla consegna della diffida, tramite il formulario predisposto a tal fine dal Ministro, la propria eventuale qualità di familiare prossimo congiunto della persona menzionata quale proprietaria dell’immobile sul documento che è servito da base per la registrazione. In assenza di dichiarazione entro i termini, dopo il 31 dicembre 2014 non verrà dato seguito alla domanda di attestazione.
(…)
3. Se dalla dichiarazione non emerge la qualità di familiare prossimo congiunto o se non è stata effettuata alcuna dichiarazione entro i termini, l’autorità incaricata della gestione del registro fondiario cancella d’ufficio i diritti di usufrutto da tale registro, nei sei mesi successivi alla scadenza del termine entro il quale la dichiarazione deve essere effettuata, e al più tardi entro il 31 luglio 2015.
(…)
5. L’ufficio degli affari fondiari procede d’ufficio entro il 31 dicembre 2014 alla cancellazione nel registro fondiario dei diritti di usufrutto che erano stati iscritti a favore di persone giuridiche o di entità prive di personalità giuridica ma munite della capacità di acquistare diritti iscrivibili nel registro, e che sono stati soppressi in applicazione dell’articolo 108, paragrafo 1, della [legge del 2013 relativa alle misure transitorie]».
III. Controversie di cui ai procedimenti principali e questioni pregiudiziali
A. Causa C‑52/16
16. La SEGRO è una società commerciale avente la propria sede sociale in Ungheria, e i cui azionisti sono persone fisiche cittadine di altri Stati membri che risiedono in Germania.
17. Prima del 30 aprile 2014, la SEGRO ha acquistato dei diritti di usufrutto su due terreni agricoli situati in Ungheria. Tali diritti sono stati oggetto di iscrizioni nel registro fondiario. Il governo ungherese ha precisato, a tal riguardo, che i diritti controversi nei giudizi a quibus erano stati costituiti prima del 1o maggio 2004.
18. Con due decisioni datate, rispettivamente, 10 e 11 settembre 2014, l’Ufficio fondiario del distretto di Sárvár dei servizi amministrativi del dipartimento di Vas ha proceduto alla cancellazione di tali diritti di usufrutto dal registro fondiario, facendo valere l’articolo 108, paragrafo 1, della legge del 2013 relativa alle misure transitorie e l’articolo 94, paragrafo 5, della legge relativa al registro fondiario.
19. Nel ricorso da essa proposto dinanzi al giudice del rinvio, la SEGRO ha sostenuto, segnatamente, che le summenzionate disposizioni nazionali violavano la Legge fondamentale ungherese e il diritto dell’Unione.
20. Il giudice del rinvio ha avviato un procedimento dinanzi all’Alkotmánybíróság (Corte costituzionale, Ungheria) affinché fosse dichiarato che tali disposizioni erano contrarie alla Legge fondamentale ungherese. Con sentenza del 21 luglio 2015, n. 25, l’Alkotmánybíróság ha constatato l’esistenza di una contrarietà alla Legge fondamentale ungherese e ha invitato il legislatore a modificare la normativa di cui trattasi entro il 1o dicembre 2015. Secondo il giudice del rinvio, tale termine è scaduto senza che sia stata adottata una misura a tal fine.
21. Nuovamente investito della controversia di cui al procedimento principale, il giudice del rinvio ha considerato, anzitutto, che le disposizioni nazionali in questione possono dissuadere i cittadini di altri Stati membri dall’esercitare i loro diritti alla libertà di stabilimento (articolo 49 TFUE) e alla libera circolazione dei capitali (articolo 63 TFUE) acquistando diritti di usufrutto su proprietà fondiarie site in Ungheria, a causa del rischio di soppressione prematura e senza un equo indennizzo di tali diritti. Tali disposizioni arrecherebbero inoltre un pregiudizio sproporzionato al diritto di proprietà degli interessati, garantito dall’articolo 17 della Carta. Infine, la presunzione legale implicita, secondo la quale tutti i contratti privati che hanno costituito diritti di usufrutto e di uso su terreni coltivabili sarebbero stati conclusi per sottrarsi alle restrizioni relative all’acquisto della proprietà, lederebbe il diritto di ricorrere ad un giudice imparziale, tutelato dall’articolo 47 della Carta.
22. È in tali circostanze che lo Szombathelyi Közigazgatási és Munkaügyi Bíróság (Tribunale amministrativo e del lavoro di Szombathely) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se gli articoli 49 e 63 TFUE e gli articoli 17 e 47 della [Carta] debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa di uno Stato membro, come quella di cui al procedimento principale, la quale – senza prendere in considerazione altri criteri – stabilisca l’obbligo di cancellare l’iscrizione dei diritti di usufrutto e dei diritti d’uso gravanti su beni immobili agricoli e registrati a nome di società commerciali o di persone fisiche che non sono familiari prossimi congiunti del proprietario dei beni suddetti, senza prevedere nel contempo, a favore dei titolari dei diritti di usufrutto e di uso estinti, una compensazione per le perdite patrimoniali, compensazione che, pur traendo origine da un valido contratto, non può essere pretesa nel quadro di una definizione dei rapporti tra le parti contraenti.
2) Se gli articoli 49 e 63 TFUE e gli articoli 17 e 47 della [Carta] debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa di uno Stato membro, come quella di cui al procedimento principale, la quale – senza prendere in considerazione altri criteri – stabilisca l’obbligo di cancellare l’iscrizione dei diritti di usufrutto e dei diritti d’uso gravanti su beni immobili agricoli e registrati a nome di società commerciali o di persone fisiche che non sono familiari prossimi congiunti del proprietario dei beni suddetti, in virtù di contratti stipulati anteriormente al 30 aprile 2014, e che preveda nel contempo, a favore dei titolari dei diritti di usufrutto e di uso estinti, una compensazione per le perdite patrimoniali, compensazione che, pur traendo origine da un valido contratto, non avrebbe potuto essere pretesa nel quadro di una definizione dei rapporti tra le parti contraenti».
B. Causa C‑113/16
23. Il sig. Horváth è un cittadino austriaco residente in Austria, il quale ha acquistato, prima del 30 aprile 2014, dei diritti di usufrutto, destinati ad estinguersi al momento della sua morte, su due terreni agricoli situati in Ungheria. Tali diritti sono stati oggetto di iscrizioni nel registro fondiario. Il governo ungherese ha precisato, a tal riguardo, che i diritti di cui si discute nei procedimenti principali erano stati costituiti prima del 1o maggio 2004.
24. Con decisione datata 12 ottobre 2015, i servizi amministrativi del dipartimento di Vas hanno proceduto alla cancellazione di tali diritti di usufrutto dal registro fondiario, facendo valere l’articolo 5, punto 13, della legge del 2013 sui terreni coltivabili, l’articolo 108, paragrafo 1, della legge del 2013 relativa alle misure transitorie e l’articolo 94, paragrafi 1 e 3, della legge relativa al registro fondiario.
25. Il sig. Horváth ha proposto un ricorso avverso tale decisione dinanzi al giudice del rinvio.
26. Il giudice del rinvio si chiede se il requisito relativo all’esistenza, fra le parti del contratto che istituisce un diritto di usufrutto, di una relazione quali familiari prossimi congiunti costituisca una discriminazione dissimulata nei confronti dei cittadini degli altri Stati membri, dal momento che i terreni agricoli appartengono per la maggior parte a cittadini ungheresi. Tale effetto discriminatorio sarebbe tanto più palese in quanto in precedenza era vietato alle persone fisiche e giuridiche straniere acquistare la proprietà di tali terreni, cosicché la percentuale dei titolari di diritti di usufrutto o di uso sarebbe ben più elevata fra i cittadini degli altri Stati membri che fra i cittadini ungheresi.
27. Alla luce di tali circostanze, lo Szombathelyi Közigazgatási és Munkaügyi Bíróság (Tribunale amministrativo e del lavoro di Szombathely) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se configuri una restrizione contraria agli articoli 49 e 63 TFUE una normativa di uno Stato membro, come quella controversa nel procedimento principale, la quale subordini il mantenimento dei diritti di usufrutto e dei diritti d’uso costituiti su terreni agricoli alla prova dell’esistenza di un vincolo quale familiare prossimo congiunto con la persona che ha costituito tali diritti, con la conseguenza che, qualora il titolare del diritto di usufrutto o di uso non possa provare il vincolo suddetto, il suo diritto si estingue ex lege, senza dar luogo a indennizzo.
2) Se, tenuto conto degli articoli 49 e 63 TFUE, incida realmente in uguale misura sui cittadini dello Stato membro di cui trattasi e sui cittadini degli altri Stati membri una normativa di uno Stato membro, come quella controversa nel procedimento principale, la quale subordini il mantenimento dei diritti di usufrutto e dei diritti d’uso costituiti su terreni agricoli alla prova dell’esistenza di un vincolo quale familiare prossimo congiunto con la persona che ha costituito tali diritti, con la conseguenza che, qualora il titolare del diritto di usufrutto o di uso non possa provare il vincolo suddetto, il suo diritto si estingue ex lege, senza dar luogo a indennizzo».
IV. Procedimento dinanzi alla Corte
28. Le domande di pronuncia pregiudiziale sono state registrate presso la cancelleria della Corte il 29 gennaio 2016 (C‑52/16) e il 26 febbraio 2016 (C‑113/16).
29. Hanno presentato osservazioni scritte i governi ungherese, italiano, austriaco e portoghese, nonché la Commissione.
30. All’udienza del 7 marzo 2017 sono comparsi il governo ungherese e la Commissione per esporre oralmente i loro argomenti.
V. Analisi
31. Con le sue questioni, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 49 e 63 TFUE, nonché gli articoli 17 e 47 della Carta, debbano essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa nazionale che preveda l’estinzione dei diritti di usufrutto e dei diritti d’uso su terreni coltivabili, a meno che non venga dimostrato che tali diritti sono stati costituiti tra familiari prossimi congiunti.
32. Tutte le parti che hanno presentato osservazioni alla Corte, ad eccezione del governo ungherese, ritengono che tale questione debba essere risolta affermativamente.
33. Per i motivi illustrati nel prosieguo, propongo alla Corte di risolvere tali questioni dichiarando che l’articolo 63 TFUE, il quale garantisce la libera circolazione dei capitali, osta ad una siffatta normativa.
A. Ricevibilità delle domande pregiudiziali
34. Il governo ungherese ha espresso taluni dubbi sulla ricevibilità delle domande di pronuncia pregiudiziale.
35. In primo luogo, tale governo sottolinea che i diritti di usufrutto di cui ai procedimenti principali sono stati costituiti prima dell’entrata in vigore del Trattato di adesione del 2003, e che la loro costituzione era, inoltre, contraria alla normativa nazionale allora applicabile. Pertanto, non sarebbe possibile valutare, alla luce del diritto dell’Unione, la soppressione, da parte del legislatore nazionale, di tali diritti costituiti illegittimamente prima dell’entrata in vigore del suddetto Trattato.
36. Ricordo che, per quanto riguarda l’applicazione del diritto dell’Unione in un nuovo Stato membro, la Corte è competente ad interpretare tale diritto a decorrere dalla data di adesione di questo Stato all’Unione (6).
37. Nei procedimenti principali, è pacifico che i diritti di usufrutto in questione sono stati cancellati dal registro fondiario mediante decisioni amministrative adottate dopo il 1o maggio 2004 (7), data in cui è entrato in vigore il Trattato di adesione del 2003 (8), e ciò sul fondamento di disposizioni di legge adottate successivamente all’entrata in vigore di tale Trattato (9).
38. Di conseguenza, non mi pare contestabile il fatto che la Corte è competente ad interpretare il diritto dell’Unione per quanto riguarda sia le decisioni di cancellazione, sia le disposizioni di legge oggetto delle controversie principali, e ciò anche ammesso che tali diritti siano stati costituiti prima del 1o maggio 2004.
39. Preciso che esaminerò l’argomento del governo ungherese relativo all’illegittimità ab initio dei diritti di usufrutto nel prosieguo della mia esposizione (10).
40. In secondo luogo, il governo ungherese fa valere che le questioni pregiudiziali riguardano erroneamente l’articolo 108, paragrafo 1, della legge del 2013 relativa alle misure transitorie. Secondo tale governo, i diritti di usufrutto in questione si sono estinti ex lege alla data del 1o maggio 2014 in forza della summenzionata disposizione, cosicché soltanto l’applicazione dell’articolo 94 della legge relativa al registro fondiario sarebbe oggetto delle controversie principali.
41. Al riguardo va ricordato che, secondo una costante giurisprudenza, spetta soltanto al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolarità del caso di specie, tanto la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, quanto la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate vertono sull’interpretazione o sulla validità di una norma giuridica dell’Unione, la Corte è, in via di principio, tenuta a statuire (11).
42. Ne consegue che le questioni vertenti sul diritto dell’Unione sono assistite da una presunzione di rilevanza. Il rifiuto della Corte di statuire su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora risulti in modo manifesto che l’interpretazione o l’esame di validità richiesto relativamente ad una norma dell’Unione non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto della controversia nel procedimento principale, oppure qualora il problema sia di natura ipotetica, o anche quando la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere utilmente alle questioni che le vengono sottoposte (12).
43. Le questioni sollevate nell’ambito delle presenti cause non rientrano in nessuna delle fattispecie individuate da tale giurisprudenza. Infatti, è innegabile che l’articolo 108, paragrafo 1, della legge del 2013 relativa alle misure transitorie riveste un’importanza determinante nei procedimenti principali, dal momento che esso prevede l’estinzione dei diritti di usufrutto costituiti fra persone che non sono prossimi congiunti tra loro.
44. In terzo luogo, il governo ungherese afferma che il giudice del rinvio ha rimesso in discussione la sentenza del 21 luglio 2015, n. 25, dell’Alkotmánybíróság (Corte costituzionale), sebbene le decisioni di tale Corte siano vincolanti nei suoi confronti.
45. Ricordo che, come ripetutamente dichiarato dalla Corte, i giudici nazionali hanno la più ampia facoltà di sottoporre alla Corte una questione di interpretazione delle disposizioni pertinenti del diritto dell’Unione, laddove tale facoltà si trasforma in obbligo per i giudici che decidono in ultima istanza, fatte salve le eccezioni riconosciute dalla giurisprudenza della Corte. Una norma di diritto nazionale non può impedire a un organo giurisdizionale nazionale, a seconda dei casi, di avvalersi di detta facoltà o di conformarsi all’obbligo di cui sopra. Tanto detta facoltà quanto tale obbligo sono, difatti, inerenti al sistema di cooperazione fra gli organi giurisdizionali nazionali e la Corte, instaurato dall’articolo 267 TFUE, e alle funzioni di giudice incaricato dell’applicazione del diritto dell’Unione affidate dalla citata disposizione agli organi giurisdizionali nazionali (13).
46. Pertanto, la norma di diritto nazionale invocata dal governo ungherese non può ostare alla facoltà del giudice del rinvio di rivolgersi alla Corte in via pregiudiziale per sottoporle una questione di interpretazione del diritto dell’Unione, come quelle oggetto delle presenti cause.
47. Sulla scorta delle considerazioni che precedono concludo che le domande di pronuncia pregiudiziale sono ricevibili.
B. Sulla libertà di circolazione applicabile
48. Alla luce delle osservazioni sottoposte alle Corte, occorre stabilire se le misure nazionali in discussione nei procedimenti principali rientrino nell’ambito di applicazione delle disposizioni del Trattato FUE relative alla libera circolazione dei capitali o di quelle relative alla libertà di stabilimento. Tali misure sono intese a disciplinare la costituzione e il mantenimento di diritti di usufrutto e di uso su terreni agricoli.
49. Ritengo che dette misure rientrino non nell’ambito di applicazione della libertà di stabilimento, sancita all’articolo 49 TFUE, bensì in quello della libera circolazione dei capitali, garantita dall’articolo 63 TFUE, per le seguenti ragioni.
50. Per quanto mi consta, la Corte ha sempre dichiarato, con una sola lontana eccezione (14), che le misure nazionali che disciplinano gli investimenti immobiliari rientrano nell’ambito di applicazione della libera circolazione dei capitali (15).
51. Secondo tale giurisprudenza, da un lato, il diritto di acquistare, gestire e alienare beni immobili nel territorio di un altro Stato membro genera, quando viene esercitato, movimenti di capitali (16).
52. Dall’altro, i movimenti di capitali comprendono le operazioni mediante le quali soggetti non residenti effettuano investimenti immobiliari nel territorio di uno Stato membro, come risulta peraltro dalla nomenclatura dei movimenti di capitali che figura nell’allegato I della direttiva 88/361/CEE del Consiglio, del 24 giugno 1988, per l’attuazione dell’articolo 67 del Trattato [CE, articolo abrogato dal Trattato di Amsterdam] (17), tenendo presente che questa nomenclatura conserva il valore indicativo che le era proprio per definire la nozione di movimenti di capitali sancita all’articolo 63 TFUE (18).
53. A tal riguardo, risulta espressamente dalle note esplicative figuranti nell’allegato I della direttiva 88/361 che la categoria degli investimenti immobiliari «comprende anche i diritti di usufrutto, le servitù fondiarie e i diritti di superficie» (il corsivo è mio).
54. Peraltro, a mio avviso, tale giurisprudenza non opera alcuna distinzione in funzione della destinazione privata o professionale delle proprietà fondiarie oggetto degli investimenti in questione. In particolare, la Corte ha preso espressamente in considerazione i movimenti di capitali generati dal diritto di gestire beni immobili in un altro Stato membro, il che include, a mio modo di vedere, la possibilità di gestire tali beni nell’ambito di un’attività rientrante per altro verso nell’ambito della libertà di stabilimento (19).
55. In altri termini, le misure nazionali che incidono sugli investimenti immobiliari rientrano nella libera circolazione dei capitali anche qualora tali investimenti siano destinati a consentire l’esercizio del diritto di stabilimento nello Stato membro di cui trattasi, vuoi in quanto persona fisica (20) vuoi tramite una società creata in tale Stato membro (21).
56. Tale interpretazione mi pare trovi conferma nelle note esplicative figuranti nell’allegato I della direttiva 88/361, secondo le quali la nozione di investimenti immobiliari comprende «gli acquisti di terreni con immobili e senza, nonché la costruzione di immobili da parte di privati a scopo di lucro o personale» (il corsivo è mio).
57. Pertanto, l’eventuale sfruttamento dei terreni agricoli di cui ai procedimenti principali, da parte della SEGRO o del sig. Horváth, non è idoneo a far ricadere le misure nazionali in questione nell’ambito di applicazione della libertà di stabilimento.
58. Tale interpretazione è parimenti corroborata dal contenuto dell’allegato X dell’Atto di adesione del 2003, che prevede talune misure transitorie relative all’adesione dell’Ungheria all’Unione, in applicazione dell’articolo 24 di tale Atto.
59. Preciso che tali misure transitorie, le quali non formano l’oggetto delle questioni sollevate dal giudice del rinvio, non sono applicabili nelle circostanze che caratterizzano le controversie di cui ai procedimenti principali, come sostenuto dalla Commissione, dal momento che le decisioni amministrative oggetto di tali controversie sono state adottate successivamente al 30 aprile 2014, data di scadenza del periodo transitorio previsto, a seguito di proroga, per l’acquisto di terreni agricoli in Ungheria ai sensi dell’allegato X, capo 3, punto 2, dell’Atto di adesione del 2003 (22).
60. Cionondimeno, il testo di tali misure apporta un chiarimento utile in ordine all’ambito di applicazione della libera circolazione dei capitali. Infatti, il capo 3, paragrafo 2, di tale allegato consentiva all’Ungheria di mantenere in vigore, a talune condizioni e per un periodo transitorio di sette anni a decorrere dalla data di adesione (prorogato dalla Commissione fino al 30 aprile 2014 (23)), i divieti relativi all’acquisto di terreni agricoli da parte di persone fisiche non residenti in Ungheria o non aventi la cittadinanza ungherese, da un lato, o da parte di persone giuridiche, dall’altro.
61. Orbene, detto capo 3 è intitolato «Libera circolazione dei capitali». Pertanto, gli autori dell’Atto di adesione del 2003 hanno espressamente ritenuto che l’acquisto di terreni agricoli da parte di persone fisiche o giuridiche rientrasse nella libera circolazione dei capitali.
62. Risulta da quanto precede che occorre esaminare la portata delle misure nazionali di cui ai procedimenti principali alla luce della libera circolazione dei capitali garantita dall’articolo 63 TFUE.
63. Preciso nondimeno, in subordine, che le considerazioni che seguono sono trasponibili alla libertà di stabilimento, per quanto attiene sia all’esistenza di una restrizione sia all’assenza di giustificazione.
C. Sull’esistenza di una restrizione della libera circolazione dei capitali
64. Occorre a questo punto stabilire se le misure nazionali di cui ai procedimenti principali comportino una restrizione della libera circolazione dei capitali.
65. In via preliminare, il governo ungherese ha affermato che l’articolo 345 TFUE conferisce un’ampia libertà agli Stati membri per quanto riguarda il contenuto e le condizioni di acquisto di taluni diritti relativi alla proprietà, come il diritto di usufrutto, con il solo limite di non rendere l’acquisto impossibile e di non effettuare discriminazioni.
66. Ricordo che, benché l’articolo 345 TFUE esprima il principio di neutralità dei Trattati riguardo al regime di proprietà negli Stati membri, tale neutralità non implica però che le misure nazionali che disciplinano l’acquisto della proprietà fondiaria si sottraggano al rispetto delle regole fondamentali del diritto dell’Unione, e segnatamente quelle di non discriminazione, di libertà di stabilimento e di libertà dei movimenti di capitali (24).
67. Pertanto, il fatto che le misure di cui ai procedimenti principali possano rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 345 TFUE non vale ad escludere l’applicabilità delle norme del Trattato FUE relative alla libera circolazione dei capitali.
68. L’articolo 63 TFUE stabilisce che tutte le restrizioni ai movimenti di capitali tra Stati membri sono vietate. Rientra in particolare in tale divieto qualsiasi misura nazionale che istituisca una discriminazione in funzione dell’origine dei capitali (25).
69. Sottolineo che la constatazione dell’esistenza di una discriminazione, la quale rappresenta una violazione più seria degli obblighi derivanti dal diritto dell’Unione rispetto a quella risultante da una semplice restrizione non discriminatoria, può avere determinate implicazioni in sede di verifica della giustificazione (26).
70. Orbene, a mio avviso, le misure nazionali controverse nei procedimenti principali instaurano una discriminazione indiretta in funzione dell’origine dei capitali, come sostenuto giustamente dai governi austriaco e portoghese, nonché dalla Commissione.
71. Ricordo, a tal riguardo, che deve ritenersi sussistente una discriminazione indiretta qualora un requisito imposto da una normativa nazionale, pur non introducendo alcuna distinzione formale in funzione dell’origine, venga soddisfatto più facilmente dai cittadini dello Stato membro interessato che non da quelli degli altri Stati membri (27).
72. È vero che una misura nazionale come l’articolo 108, paragrafo 1, della legge del 2013 relativa alle misure transitorie, il quale prevede l’estinzione ex lege di diritti di usufrutto e di uso, a meno che non venga fornita la prova che il contratto che istituisce un siffatto diritto è stato concluso tra familiari prossimi congiunti, non distingue apertamente in funzione dell’origine dei capitali.
73. Tuttavia, una siffatta normativa introduce una discriminazione dissimulata in funzione dell’origine dei capitali nella misura in cui la probabilità di essere un familiare prossimo congiunto di una persona che ha concesso un siffatto diritto su terreni ungheresi sarà più elevata in capo ad un cittadino ungherese che non in capo ad un cittadino di un altro Stato membro. In altri termini, la condizione imposta dall’articolo 108, paragrafo 1, della legge del 2013 relativa alle misure transitorie sarà soddisfatta più facilmente, ai sensi della giurisprudenza sopra ricordata, dal gruppo dei cittadini ungheresi che non da quello dei cittadini degli altri Stati membri.
74. Tale effetto discriminatorio è rafforzato, inoltre, dalle restrizioni all’acquisto della proprietà di terreni agricoli che sussistevano prima dell’entrata in vigore delle misure nazionali oggetto delle presenti controversie. Risulta infatti dalle spiegazioni fornite dal giudice del rinvio che, nella sua versione iniziale, la legge del 1994 sui terreni coltivabili aveva escluso la possibilità per gli stranieri di acquistare la proprietà di terreni coltivabili, ma che tali persone restavano nondimeno libere di acquisire un diritto di usufrutto o di uso su siffatti terreni. Inoltre, e sempre secondo tale giudice, l’acquisizione, da parte di stranieri, del diritto di proprietà su terreni coltivabili era subordinata, prima dell’entrata in vigore della legge del 1994 sui terreni coltivabili, all’autorizzazione del Ministero delle Finanze.
75. Tali restrizioni hanno rafforzato in due modi l’effetto discriminatorio dell’articolo 108, paragrafo 1, della legge del 2013 relativa alle misure transitorie.
76. Da un lato, tali restrizioni aumentano la probabilità che i proprietari attuali di terreni agricoli situati in Ungheria siano cittadini ungheresi. Orbene, la probabilità di essere un familiare prossimo congiunto di un proprietario ungherese è più elevata in capo ad un cittadino ungherese che non in capo ad un cittadino di un altro Stato membro. Di conseguenza, tali restrizioni, in combinazione con il requisito di essere un familiare prossimo congiunto, operano a svantaggio dei cittadini degli altri Stati membri.
77. Dall’altro lato, tali restrizioni hanno incentivato i cittadini di altri Stati membri che desideravano investire in terreni agricoli situati in Ungheria ad acquisire diritti di usufrutto o di uso su siffatti terreni. Di conseguenza, l’estinzione di tali diritti, prevista dall’articolo 108, paragrafo 1, della legge del 2013 relativa alle misure transitorie, rischia di pregiudicare in maniera proporzionalmente più elevata i cittadini di altri Stati membri che non i cittadini ungheresi.
78. A tal riguardo, il governo ungherese ha fatto valere che, su più di 100 000 persone interessate dalla soppressione dei diritti di usufrutto e di uso prevista dall’articolo 108, paragrafo 1, della legge del 2013 relativa alle misure transitorie, il numero di cittadini stranieri, inclusi quelli dei paesi terzi, sarebbe pari soltanto a 5 058.
79. Tale argomento, che si focalizza soltanto sulla composizione del gruppo delle persone interessate da tale misura, non è pertinente ai fini della valutazione dell’esistenza di una discriminazione indiretta fondata sull’origine. Infatti, l’esistenza di una siffatta discriminazione deve essere constatata in esito ad un confronto fra:
– la percentuale di persone interessate fra i cittadini ungheresi e
– la percentuale di persone interessate fra i cittadini degli altri Stati membri.
80. Pertanto, si deve constatare l’esistenza di una discriminazione indiretta fondata sull’origine qualora sia probabile che la percentuale – e non il numero assoluto (28) – di persone interessate dalla misura in questione sia più elevata fra i cittadini di altri Stati membri che non fra i cittadini ungheresi. Sulla base degli argomenti esposti ai paragrafi da 70 a 77 delle presenti conclusioni, ritengo che tale situazione si presenti nelle fattispecie in discussione nei procedimenti principali.
81. Interpellato al riguardo in udienza, il governo ungherese non ha prodotto alcuna statistica o altro elemento idoneo a rimettere in discussione tale constatazione.
82. Il governo ungherese ha inoltre eccepito la possibilità, in caso di estinzione di diritti di usufrutto o di uso, che il titolare di tali diritti pretenda una compensazione finanziaria dalla sua controparte contrattuale. Tale governo ha precisato che, in applicazione delle pertinenti disposizioni del codice civile ungherese, tale compensazione è pari, in linea di principio, all’importo dell’arricchimento ottenuto senza corrispettivo dal proprietario. Secondo detto governo, la possibilità di una siffatta compensazione finanziaria è stata confermata dalla sentenza del 21 luglio 2015, n. 25, dell’Alkotmánybíróság (Corte costituzionale).
83. Rilevo, a tal riguardo, che le questioni sollevate dal giudice del rinvio nella causa C‑113/16 escludono la possibilità di una siffatta compensazione finanziaria, al contrario delle questioni sollevate nella causa C‑52/16.
84. Ciò premesso, l’eventuale possibilità, per il titolare di siffatti diritti, di esigere una compensazione finanziaria non può far venir meno, in conformità a quanto sostenuto dalla Commissione, la discriminazione indiretta la cui esistenza è stata constatata supra.
85. Infatti, nonostante tale possibilità, le misure nazionali in discussione nei procedimenti principali prevedono l’estinzione di diritti di usufrutto e di uso costituiti da soggetti privati, e ciò contro la loro volontà. Orbene, possono esistere numerose ragioni per le quali dei contraenti privati non desiderano l’estinzione di siffatti diritti, come la volontà del titolare di conservare il godimento di tali terreni a causa di caratteristiche specifiche dei medesimi, la prospettiva di redditi futuri per le due parti, o ancora l’impossibilità per il proprietario di pagare una compensazione finanziaria in caso di estinzione. In altri termini, l’estinzione di siffatti diritti può comportare, per i contraenti privati che li hanno costituiti, disagi che la prospettiva dell’eventuale versamento di un importo pecuniario non può fare venire completamente meno.
86. Pertanto, nella misura in cui l’estinzione di tali diritti, contro la volontà dei contraenti privati che li hanno costituiti, pregiudicherà una percentuale più elevata di cittadini di altri Stati membri, occorre desumerne che tale estinzione è discriminatoria, e ciò nonostante l’eventuale possibilità per il titolare di tali diritti di esigere una compensazione finanziaria dalla sua controparte contrattuale.
87. Risulta dalle considerazioni che precedono che le misure nazionali di cui ai procedimenti principali, le quali prevedono l’estinzione ex lege di diritti di usufrutto e di diritti di uso a meno che non venga fornita la prova che il contratto che ha istituito un siffatto diritto è stato concluso tra familiari prossimi congiunti, comportano una restrizione discriminatoria della libera circolazione dei capitali garantita dall’articolo 63 TFUE.
D. Sulla possibilità di giustificare la restrizione della libera circolazione dei capitali
88. In sostanza, il governo ungherese ha dedotto tre motivi di giustificazione, riguardanti, rispettivamente, la violazione della normativa nazionale in materia di controllo dei cambi, la lotta contro le pratiche abusive, nonché un obiettivo di interesse generale connesso allo sfruttamento dei terreni agricoli.
89. Per le ragioni illustrate nel prosieguo, ritengo che nessuno di tali motivi sia idoneo a giustificare la normativa nazionale oggetto delle presenti controversie.
1. Sull’esistenza di una giustificazione relativa alla violazione della normativa nazionale in materia di controllo dei cambi
90. Ai sensi dell’articolo 65, paragrafo 1, lettera b), TFUE, le disposizioni dell’articolo 63 TFUE non pregiudicano il diritto degli Stati membri di prendere tutte le misure necessarie per impedire le violazioni della legislazione e delle regolamentazioni nazionali, in particolare nel settore fiscale e in quello della vigilanza prudenziale sulle istituzioni finanziarie.
91. Il governo ungherese ha affermato che, nonostante la loro iscrizione nel registro fondiario, l’acquisizione dei diritti di usufrutto interessati dalle misure oggetto dei procedimenti principali era illegittima «ab initio». Infatti, prima del 1o gennaio 2002, l’acquisizione, da parte di non residenti, di diritti di usufrutto e di uso su terreni coltivabili sarebbe stata assoggettata, in forza della normativa nazionale in materia di controllo dei cambi, alla concessione di un’autorizzazione rilasciata dalla Banca nazionale d’Ungheria. Orbene, quest’ultima avrebbe indicato che nessuna autorizzazione di cambio era stata richiesta ai fini dell’acquisizione di tali diritti. Pertanto, lo Stato ungherese avrebbe adottato l’articolo 108, paragrafo 1, della legge del 2013 relativa alle misure transitorie al fine di porre rimedio a tale irregolarità, la quale incideva su tutti i diritti di usufrutto e di uso acquisiti da non residenti.
92. Risulta da una giurisprudenza costante della Corte che una sanzione che incide sull’esercizio delle libertà di circolazione garantite dal Trattato FUE deve essere conforme al principio di proporzionalità (29).
93. Nella specie, ritengo che l’estinzione dei diritti di usufrutto e d’uso prevista dalle misure nazionali oggetto dei procedimenti principali sia sproporzionata rispetto all’obiettivo consistente nel sanzionare la violazione della normativa nazionale in materia di controllo dei cambi.
94. In primo luogo, la sanzione prevista non mi sembra idonea a realizzare l’obiettivo assegnatole, ossia la regolarizzazione di transazioni effettuate in violazione del regime di controllo dei cambi. Infatti, tale sanzione – l’estinzione – colpisce qualsiasi diritto che non sia stato costituito tra familiari prossimi congiunti, criterio che non presenta il benché minimo rapporto con un’eventuale violazione del regime di controllo dei cambi.
95. In secondo luogo, tale sanzione mi sembra sproporzionata sotto il profilo della sua portata. A mio avviso, infatti, la violazione di una normativa che istituisce un controllo amministrativo in materia di acquisto e di vendita di valute estere non può essere sanzionata con l’estinzione di diritti costituiti mediante convenzioni fra soggetti privati e la cui validità sotto il profilo delle norme sostanziali non è, peraltro, contestata. Mi sembra più opportuno, a tal riguardo, collegare la violazione di un siffatto controllo amministrativo a sanzioni amministrative, segnatamente di natura pecuniaria.
96. In terzo luogo, tale sanzione mi sembra sproporzionata anche in ragione del suo ambito di applicazione generalizzato, nella misura in cui essa non consente ai soggetti i cui diritti si sono estinti di dimostrare che essi hanno rispettato la normativa nazionale in materia di controllo dei cambi.
97. In quarto luogo, ritengo che tale sanzione sia sproporzionata alla luce delle esigenze di legittimo affidamento e di certezza del diritto. Infatti, mi sembra contrario a tali esigenze imporre l’estinzione di diritti controversi più di dodici anni dopo la loro costituzione e l’asserita violazione della normativa nazionale in materia di controllo dei cambi (30).
98. Trovo conferma di tale ragionamento nella sentenza Burtscher (31), la quale verteva su una fattispecie comparabile a quella oggetto della presente causa, ossia l’annullamento retroattivo di un negozio fondiario a causa della violazione di una normativa amministrativa che fissava un obbligo di previa dichiarazione. La Corte ha statuito che una sanzione di nullità del negozio fondiario, irrogata in caso di deposito tardivo di tale dichiarazione, era sproporzionata per motivi in parte analoghi a quelli menzionati supra:
– l’ambito di applicazione di tale sanzione era sproporzionato, in quanto tale sanzione era pronunciata automaticamente, quali che fossero le ragioni del ritardo del deposito (punto 55 di tale sentenza);
– la sua estensione era parimenti sproporzionata, nella misura in cui rimetteva radicalmente in discussione un accordo che esprimeva le intenzioni delle parti, senza ragioni relative alla violazione delle disposizioni di merito applicabili, e ciò sebbene altre sanzioni, come un’ammenda, potessero sanzionare in maniera efficace il deposito tardivo della dichiarazione in questione (punti da 56 a 60 di detta sentenza), e
– tale sanzione non rispettava le esigenze di certezza del diritto, particolarmente importanti in materia di acquisto fondiario (punto 56 della medesima sentenza).
99. Deduco da quanto precede che l’estinzione dei diritti di usufrutto e di uso di cui ai procedimenti principali non può essere giustificata dall’eventuale violazione della normativa nazionale in materia di controllo dei cambi.
2. Sull’esistenza di una giustificazione fondata sulla lotta contro le pratiche abusive
100. Il governo ungherese ha parimenti fatto valere che l’estinzione dei diritti di usufrutto e di uso prevista dalle misure nazionali in questione era giustificata dalla volontà di combattere le pratiche abusive. Secondo tale linea argomentativa, i contratti di cui ai procedimenti principali sarebbero serviti ad eludere il divieto di acquisto della proprietà di terreni coltivabili imposto alle persone fisiche straniere e alle persone giuridiche. Tale governo precisa, a tal riguardo, che il mantenimento di un diritto di proprietà svuotato della sua sostanza dalla concessione di un diritto di usufrutto non obbedisce ad alcuna razionalità economica.
101. A tal riguardo, risulta da una giurisprudenza costante che la lotta contro le pratiche abusive rappresenta un motivo legittimo che può giustificare una restrizione delle libertà di circolazione garantite dal Trattato FUE. In forza di tale giurisprudenza, elaborata principalmente nel settore fiscale, una misura nazionale che restringe le libertà di circolazione può essere giustificata qualora concerna specificamente le costruzioni di puro artificio finalizzate ad eludere la normativa dello Stato membro interessato (32).
102. Tuttavia, dal momento che tale obiettivo ricomprende unicamente la lotta contro le costruzioni di puro artificio, esso non può essere invocato per giustificare una misura nazionale fondata su una presunzione generale di pratica abusiva (33). Infatti, per essere conforme al principio di proporzionalità, una misura preordinata ad un simile obiettivo deve consentire al giudice nazionale di procedere ad un esame caso per caso, prendendo in considerazione le peculiarità di ciascuna fattispecie, sulla base di elementi oggettivi, al fine di tener conto del comportamento abusivo dei soggetti interessati (34).
103. Nel contesto dei procedimenti principali, l’estinzione dei diritti di usufrutto e di uso sui terreni agricoli non è appropriata per combattere le pratiche abusive. Infatti, non può escludersi che una pratica abusiva, consistente nell’eludere il divieto di vendita di terreni agricoli a cittadini stranieri, sia stata elaborata tra familiari prossimi congiunti.
104. Tali misure eccedono, inoltre, quanto è necessario per conseguire detto obiettivo, nella misura in cui si fondano su una presunzione di pratica abusiva avente ad oggetto tutti i diritti non costituiti tra familiari prossimi congiunti, e ciò a prescindere dall’esistenza comprovata di una costruzione di puro artificio.
105. Risulta da quanto precede che tali misure non possono essere giustificate dall’obiettivo della lotta contro le pratiche abusive.
3. Sull’esistenza di una giustificazione fondata su un obiettivo di interesse generale connesso allo sfruttamento dei terreni agricoli
106. Per giustificare l’estinzione dei diritti di usufrutto e di uso sui terreni agricoli, ad eccezione di quelli costituiti tra familiari prossimi congiunti, il governo ungherese ha inoltre affermato che la normativa di cui ai procedimenti principali perseguiva un obiettivo di interesse generale, ossia quello di garantire che i terreni coltivabili fossero di proprietà delle persone fisiche che li lavorano. Sarebbe segnatamente in nome di tale obiettivo che è stato proibito l’acquisto della proprietà di un terreno agricolo a fini di investimento o di speculazione immobiliare, ossia con l’intenzione di lucrare sull’aumento dei prezzi dei terreni.
107. Secondo detto governo, tale normativa è intesa anche a consentire lo sfruttamento di terreni coltivabili da parte di imprese nuove, ad agevolare la creazione di proprietà di dimensioni idonee a consentire una produzione agricola sostenibile e concorrenziale, nonché ad evitare il frazionamento dei fondi agricoli.
108. Come correttamente sostenuto dal governo ungherese, siffatti obiettivi sono già stati riconosciuti di interesse generale dalla Corte, in particolare quelli volti ad assicurare che il terreno appartenga a chi lo lavora, a combattere la speculazione fondiaria, ad assicurare una ripartizione della proprietà fondiaria che consenta lo sviluppo di aziende economicamente sane, ovvero a favorire un uso ragionevole delle terre disponibili lottando contro la pressione edificatoria (35).
109. Tuttavia, ed anche secondo una consolidata giurisprudenza, una misura che limiti le libertà di circolazione può essere ammessa solo se persegue un obiettivo di interesse generale, se viene applicata in maniera non discriminatoria e se rispetta il principio di proporzionalità, ossia se è idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non eccede quanto è necessario al suo raggiungimento (36).
110. Alla luce di tale giurisprudenza, ritengo che il perseguimento dell’obiettivo di interesse generale invocato dal governo ungherese non consenta di giustificare le misure di cui ai procedimenti principali per almeno due motivi, ed eventualmente per un terzo.
111. In primo luogo, tali misure, le quali consentono il mantenimento dei soli diritti di usufrutto e di uso costituiti tra familiari prossimi congiunti, non sono appropriate per perseguire gli obiettivi fatti valere dal governo ungherese.
112. Infatti, e come giustamente spiegato dai governi austriaco e portoghese nonché dalla Commissione, niente consente di escludere che dei familiari prossimi congiunti del proprietario abbiano acquisito tali diritti su terreni agricoli a fini di speculazione immobiliare. Viceversa, è altrettanto ipotizzabile che persone che non sono familiari prossimi congiunti del proprietario abbiano acquisito siffatti diritti al fine di esercitare un’attività agricola.
113. In altri termini, il criterio scelto dal governo ungherese, ossia il fatto di essere un familiare prossimo congiunto del proprietario, non è adatto al perseguimento degli obiettivi fatti valere.
114. In secondo luogo, le misure di cui ai procedimenti principali non sono neanche necessarie al conseguimento degli obiettivi dedotti dal governo ungherese. Infatti, criteri diversi consentirebbero di perseguire tali obiettivi in modo al contempo più rispettoso delle libertà di circolazione. Ciò avverrebbe nel caso del requisito di uno sfruttamento effettivo dei terreni agricoli da parte dei titolari dei diritti di usufrutto o di uso costituiti su tali terreni, ove detti titolari siano persone fisiche, o da parte dei loro azionisti, qualora si tratti di persone giuridiche.
115. In terzo luogo, le misure di cui ai procedimenti principali rivestono carattere discriminatorio, come ho rilevato ai paragrafi da 70 a 86 delle presenti conclusioni.
116. Tale carattere discriminatorio sarebbe sufficiente, in applicazione della giurisprudenza citata al paragrafo 109 delle presenti conclusioni, per escludere la giustificazione fondata sull’obiettivo di interesse generale connesso allo sfruttamento dei terreni agricoli fatto valere dal governo ungherese.
117. Debbo però rilevare, a tal riguardo, l’esistenza di una certa incoerenza nella giurisprudenza della Corte. Infatti, la Corte ha già accettato di verificare se un obiettivo di interesse generale fosse idoneo a giustificare misure delle quali essa aveva previamente constatato il carattere discriminatorio (37).
118. Anche se reputo auspicabile, a fini di certezza del diritto, che la Corte chiarisca la propria giurisprudenza al riguardo, discende in ogni caso dalle considerazioni che precedono che le misure nazionali di cui ai procedimenti principali non possono essere giustificate dall’obiettivo di interesse generale connesso allo sfruttamento dei terreni agricoli fatto valere dal governo ungherese.
E. Sugli articoli 17 e 47 della Carta
119. Il giudice del rinvio ha chiesto alla Corte di pronunciarsi anche sulla compatibilità delle misure nazionali controverse nei procedimenti principali con gli articoli 17 e 47 della Carta.
120. Ritengo che non sia necessario prendere posizione su tale aspetto delle questioni sollevate, dal momento che dette misure sono contrarie al diritto dell’Unione per il fatto che comportano una restrizione non giustificata della libera circolazione dei capitali, e ciò a prescindere dall’interpretazione delle summenzionate disposizioni della Carta.
121. Per di più sono dell’avviso che, nel contesto delle presenti cause, l’asserita violazione degli articoli 17 e 47 della Carta non possa essere esaminata indipendentemente dalla questione della violazione delle libertà di circolazione.
122. Infatti, tale aspetto delle questioni poste solleva la delicata problematica dell’applicabilità della Carta al fine di valutare misure nazionali come quelle di cui ai procedimenti principali, le quali non attuano disposizioni di diritto derivato dell’Unione, ma creano un ostacolo non giustificato alle libertà di circolazione garantite dal Trattato FUE.
123. Va ricordato che l’ambito di applicazione della Carta, per quanto riguarda l’operato degli Stati membri, è definito al suo articolo 51, paragrafo 1, ai sensi del quale le disposizioni della Carta si applicano agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione (38).
124. A tal riguardo, la Corte ha dichiarato che, alla luce dei chiarimenti relativi all’articolo 51 della Carta, che devono essere debitamente presi in considerazione ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 7, di quest’ultima, la nozione di attuazione prevista da detto articolo 51 conferma la giurisprudenza della Corte relativa alla misura in cui l’operato degli Stati membri deve conformarsi alle prescrizioni derivanti dai diritti fondamentali garantiti nell’ordinamento giuridico dell’Unione (39).
125. Nella sentenza Åkerberg Fransson (40), la Corte ha dichiarato che i diritti fondamentali garantiti dalla Carta devono essere rispettati quando una normativa nazionale rientra nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione. Si ricordi che tale causa verteva non su una violazione delle libertà di circolazione, bensì su una normativa nazionale che attuava la normativa dell’Unione in materia di IVA, nonché l’articolo 325 TFUE (41).
126. Per quanto riguarda le libertà di circolazione, la Corte ha precisato, nella sentenza Pfleger e a. (42), che il ricorso, da parte di uno Stato membro, a eccezioni previste dal diritto dell’Unione per giustificare un ostacolo a una libertà fondamentale garantita dal Trattato deve essere considerato come attuazione del diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta.
127. A tal riguardo, e per essere ancora più precisi, risulta da una giurisprudenza costante che, qualora una normativa nazionale venga esaminata dalla Corte alla luce delle libertà di circolazione, i diritti fondamentali la cui protezione è garantita dal diritto dell’Unione possono essere fatti valere in due ipotesi, entrambe relative all’esistenza di una giustificazione (43).
128. La prima riguarda l’invocazione, da parte di uno Stato membro, di un motivo di giustificazione risultante direttamente dalla tutela di un diritto fondamentale. È l’ipotesi «Schmidberger» (44), nella quale i diritti fondamentali sono chiamati a servire da scudo per difendere la normativa di cui trattasi.
129. La seconda concerne il rigetto di un motivo di giustificazione fatto valere da uno Stato membro a causa di una violazione di un diritto fondamentale. È l’ipotesi «ERT» (45), nella quale i diritti fondamentali provocano la perdita di uno scudo alzato per difendere la normativa di cui trattasi.
130. Per contro, la Corte non ha mai ritenuto, per quanto mi consta, che l’asserita violazione di un diritto fondamentale potesse essere esaminata indipendentemente dalla violazione delle libertà di circolazione. In altri termini, qualora l’unico elemento di collegamento al diritto dell’Unione risieda nell’esistenza di una restrizione della libera circolazione, la tutela dei diritti fondamentali può o servire da giustificazione (ipotesi «Schmidberger») oppure provocare la perdita di una giustificazione (ipotesi «ERT»), ma non può rappresentare un motivo autonomo di contrarietà al diritto dell’Unione.
131. Orbene, le presenti cause rientrano esattamente in quest’ultima ipotesi. Infatti, l’unico elemento di collegamento al diritto dell’Unione risiede nell’esistenza di una restrizione della libera circolazione dei capitali (46). Il governo ungherese non ha fatto valere gli articoli 17 e 47 della Carta al fine di giustificare le misure nazionali in questione (ipotesi «Schmidberger») e la loro interpretazione non è necessaria per respingere i motivi di giustificazione addotti da tale governo (ipotesi «ERT») (47). In realtà, il giudice del rinvio vorrebbe sapere se tali misure violino gli articoli 17 e 47 della Carta indipendentemente dalla violazione della libera circolazione dei capitali (48).
132. In tali circostanze, e alla luce della summenzionata giurisprudenza, sono propenso a ritenere che tale asserita violazione degli articoli 17 e 47 della Carta non possa essere esaminata dalla Corte.
133. Mi preme porre chiaramente in evidenza la portata di tale posizione, consistente nell’escludere l’applicabilità della Carta nelle specifiche circostanze che caratterizzano le presenti cause. Tale posizione non riguarda evidentemente gli atti delle istituzioni dell’Unione (ipotesi «Kadi» (49)), né gli atti degli Stati membri che attuano le normative dell’Unione (ipotesi «Åkerberg Fransson» (50)).
134. Essa non riguarda neanche le misure nazionali giustificate alla luce delle libertà di circolazione ma che violano un diritto fondamentale garantito dalla Carta (ipotesi «ERT» (51)). In quest’ultima ipotesi, infatti, i diritti fondamentali sono applicati non in maniera indipendente bensì nel contesto della giustificazione di una restrizione delle libertà di circolazione.
135. In realtà, la posizione da me sostenuta, e consistente nell’escludere la possibilità di esaminare un’asserita violazione della Carta indipendentemente dalla questione della violazione delle libertà di circolazione, riguarda le due seguenti ipotesi. Da un lato, la Carta non può essere applicata in maniera autonoma qualora le misure nazionali comportino una restrizione che, in ogni caso, non è giustificata alla luce delle libertà di circolazione (ipotesi di cui alle presenti cause). Dall’altro, la Carta non può essere applicata in maniera autonoma qualora misure del genere non comportino alcuna restrizione delle libertà di circolazione (ipotesi «Keck e Mithouard» (52)).
136. Nella prima fattispecie, coincidente con quella delle presenti cause, è evidente che escludere la possibilità di applicare la Carta in maniera autonoma non fa, in pratica, alcuna differenza, in quanto le misure nazionali in questione sono, in ogni caso, contrarie al diritto dell’Unione.
137. Di conseguenza, la portata pratica reale della tesi giuridica che qui difendo è limitata alle normative nazionali del tipo «Keck e Mithouard». In tale ipotesi, infatti, accettare che una violazione della Carta possa essere esaminata indipendentemente dalla violazione delle libertà di circolazione implicherebbe che tutte le normative nazionali, anche quelle che non restringono tali libertà, potrebbero essere censurate con riferimento alla Carta qualora vengano chiamate in causa in una situazione fattuale che rientra nell’ambito di applicazione di dette libertà, vale a dire in qualsiasi situazione transfrontaliera. Per fare un esempio concreto, ciò significherebbe, in particolare, che una normativa che vieta il lavoro notturno nelle panetterie – riguardo alla quale la Corte ha statuito che non limitava la libera circolazione delle merci (53) – potrebbe ora essere esaminata alla luce delle disposizioni della Carta (segnatamente dei suoi articoli 15 e 16).
138. Un’interpretazione del genere mi sembra difficilmente conciliabile con l’articolo 6, paragrafo 1, TUE e con l’articolo 51, paragrafo 2, della Carta, secondo i quali le disposizioni della Carta non estendono in alcun modo le competenze dell’Unione quali definite nei Trattati.
139. A mio avviso, tale interpretazione deve essere respinta escludendo la possibilità di esaminare un’asserita violazione della Carta indipendentemente dalla questione della violazione delle libertà di circolazione. È esattamente questo l’approccio adottato nella sentenza Pelckmans Turnhout (54), nella quale la Corte ha dichiarato che la Carta non può essere applicata autonomamente allorché la normativa nazionale in questione non limita le libertà di circolazione.
140. Per contro, mi sembra che la sentenza Pfleger e a. (55), la quale aveva ad oggetto una normativa nazionale che comportava una restrizione ingiustificata della libera prestazione dei servizi, lasci sussistere un dubbio quanto alla possibilità di applicare la Carta in maniera autonoma.
141. Ai punti 35 e 36 di tale sentenza, infatti, la Corte ha correttamente ricordato che la Carta può essere invocata nell’ambito della valutazione dei motivi di giustificazione. Tuttavia, ai punti da 57 a 60 di detta sentenza, la Corte ha accettato di esaminare l’esistenza di una violazione degli articoli da 15 a 17 della Carta indipendentemente dalla questione della violazione della libera prestazione dei servizi (constatata ai punti da 39 a 56 della medesima sentenza) (56). A mio avviso, tale approccio lascia sussistere un dubbio, che occorre rimuovere, quanto alla possibilità di esaminare un’asserita violazione della Carta indipendentemente dalla questione della violazione delle libertà di circolazione.
142. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di risolvere tale aspetto delle questioni sollevate dichiarando che, quando la Corte esamina una normativa nazionale alla luce delle libertà di circolazione, l’asserita violazione di un diritto fondamentale garantito dalla Carta non può essere esaminata indipendentemente dalla questione della violazione di tali libertà.
VI. Conclusione
143. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere nei seguenti termini alle questioni pregiudiziali sollevate dal Szombathelyi Közigazgatási és Munkaügyi Bíróság (Tribunale amministrativo e del lavoro di Szombathely, Ungheria):
L’articolo 63 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale, come quella oggetto dei procedimenti principali, la quale preveda l’estinzione dei diritti di usufrutto e dei diritti d’uso su terreni coltivabili a meno che non venga fornita la prova che tali diritti sono stati costituiti tra familiari prossimi congiunti, e ciò nonostante la possibilità, per il titolare di detti diritti, di ottenere una compensazione finanziaria dalla sua controparte contrattuale.
L’articolo 51, paragrafi 1 e 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea deve essere interpretato nel senso che, quando la Corte esamina una normativa nazionale alla luce delle libertà di circolazione, l’asserita violazione di un diritto fondamentale garantito dalla Carta suddetta non può essere esaminata indipendentemente dalla questione della violazione di tali libertà.