Language of document : ECLI:EU:C:2019:529

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

EVGENI TANCHEV

presentate il 20 giugno 2019 (1)

Causa C192/18

Commissione europea

contro

Repubblica di Polonia

«Inadempimento di uno Stato – Tutela giurisdizionale effettiva ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE – Indipendenza e imparzialità degli organi giurisdizionali – Irricevibilità del ricorso della Commissione ai sensi dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 157 TFUE – Articoli 5, lettera a) e 9, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2006/54/CE – Introduzione di un’età pensionabile diversa per i giudici dei tribunali ordinari, del Sąd Najwyższy (Corte suprema) e per i pubblici ministeri a seconda del sesso – Abbassamento dell’età pensionabile per i giudici dei tribunali ordinari, insieme al conferimento, al Ministro della Giustizia, del potere discrezionale di prorogare la funzione giudiziaria attiva di un singolo giudice»






I.      Introduzione

1.        Nella presente causa, la Commissione ha avviato una procedura d’infrazione nei confronti della Repubblica di Polonia ai sensi dell’articolo 258 TFUE per due motivi. In primo luogo, la Commissione sostiene che, introducendo nell’articolo 13, punti da 1 a 3, della Ustawa o zmianie ustawy – Prawo o ustroju sądów powszechnych oraz niektórych innych ustaw z dnia 12 lipca 2017 r (2) (Legge recante modifica della legge sull’organizzazione dei tribunali ordinari e di talune altre leggi) del 12 luglio 2017 (in prosieguo: la «legge di modifica del luglio 2017») un’età pensionabile dei giudici dei tribunali ordinari, dei pubblici ministeri e dei giudici del Sąd Najwyższy («Corte suprema») di 60 anni per le donne e di 65 anni per gli uomini, mentre essa era in precedenza di 67 anni per entrambi i sessi, la Polonia è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 157 TFUE e degli articoli 5, lettera a) e 9, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (3).

2.        In secondo luogo, la Commissione sostiene che la Polonia è venuta meno ai suoi obblighi derivanti dall’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, abbassando, all’articolo 13, punto 1, della legge di modifica del luglio 2017, l’età pensionabile applicabile ai giudici dei tribunali ordinari e conferendo, al contempo, al Ministro della Giustizia il diritto di decidere in merito al prolungamento del periodo di servizio attivo di singoli giudici di tribunali ordinari ai sensi dell’articolo 26 bis e ter della medesima legge.

3.        La prima delle censure della Commissione è nuova, nel senso che la discriminazione basata sul sesso deve ancora presentarsi nelle cause esaminate dalla Corte in merito alle riforme normative in materia di pensionamento dei giudici polacchi introdotte nel 2017 (4) e che sono state molto criticate dalla comunità internazionale (5). Infatti, come discusso nelle mie conclusioni nella causa C‑619/18 Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema) (6), la riforma del 2017 costituisce l’oggetto di una proposta motivata della Commissione in conformità con l’articolo 7, paragrafo 1, TUE concernente lo Stato di diritto in Polonia (7).

4.        Per quanto riguarda la seconda censura, nei limiti in cui essa concerne il potere della Commissione di basarsi sull’articolo 47 della Carta nelle procedure d’infrazione e il contenuto della norma della tutela giurisdizionale effettiva di cui all’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, tale aspetto è stato approfonditamente trattato nelle mie conclusioni dell’11 aprile 2019 nella causa Commissione/Polonia (indipendenza della Corte suprema) (C‑619/18) (8). Ivi ho sostenuto che se uno Stato membro non sta attuando il diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, la Commissione non può basare la sua censura sull’articolo 47 della Carta in un ricorso diretto ai sensi dell’articolo 258 TFUE.

5.        Con riferimento al secondo motivo, pertanto, la mia analisi si concentrerà dunque principalmente sulla questione se la norma di cui trattasi violi l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, in quanto tale disposizione costituisce una manifestazione concreta di osservanza dello Stato di diritto ai sensi dell’articolo 2 TUE (9). Approfondirò anche le fonti del diritto su cui ci si può fondare ai fini di tale valutazione; fonti che l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, condivide con quelle che determinano il contenuto del diritto ad un «giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge» di cui all’articolo 47 della Carta. Come verrà illustrato nella parte VI C infra, fonti comuni costituiscono una passerella costituzionale tra tali due disposizioni, così che la giurisprudenza elaborata in relazione alle due disposizioni si interseca inevitabilmente (10).

6.        Ciò posto, esaminerò, nella medesima sezione, le differenze tra l’articolo 19, paragrafo 1, TUE e l’articolo 47 della Carta e, segnatamente, la soglia della violazione dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE che deve sussistere prima che si possa invocare una violazione autonoma del diritto dell’Unione con riferimenti all’inamovibilità e indipendenza dei giudici, indipendentemente dalla Carta.

II.    Contesto giuridico

A.      Diritto dell’Unione

7.        L’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE così dispone:

«Gli Stati membri stabiliscono i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione».

8.        L’articolo 157, paragrafi 1, 2 e 4, TFUE così recita:

«1. Ciascuno Stato membro assicura l’applicazione del principio della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore.

2. Per retribuzione si intende, a norma del presente articolo, il salario o trattamento normale di base o minimo e tutti gli altri vantaggi pagati direttamente o indirettamente, in contanti o in natura, dal datore di lavoro al lavoratore in ragione dell’impiego di quest’ultimo.

La parità di retribuzione, senza discriminazione fondata sul sesso, implica:

(a)      che la retribuzione corrisposta per uno stesso lavoro pagato a cottimo sia fissata in base a una stessa unità di misura;

(b)      che la retribuzione corrisposta per un lavoro pagato a tempo sia uguale per uno stesso posto di lavoro.

(…)

4. Allo scopo di assicurare l’effettiva e completa parità tra uomini e donne della vita lavorativa, il principio della parità di trattamento non osta a che uno Stato membro mantenga o adotti misure che prevedano vantaggi specifici diretti a facilitare l’esercizio di un’attività professionale da parte del sesso sottorappresentato ovvero a evitare o compensare svantaggi nelle carriere professionali».

9.        L’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 79/7/CEE, del 19 dicembre 1978, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale (11), prevede:

«1. La presente direttiva non pregiudica la facoltà degli Stati membri di escludere dal suo campo di applicazione:

a)      la fissazione del limite di età per la concessione della pensione di vecchiaia e di fine lavoro e le conseguenze che possono derivarne per altre prestazioni».

10.      L’articolo 3 della direttiva 2006/54 è rubricato «Azione positiva» ed è così formulato:

«Gli Stati membri possono mantenere o adottare misure ai sensi dell’articolo 141, paragrafo 4, del trattato volte ad assicurare nella pratica la piena parità tra gli uomini e le donne nella vita lavorativa».

11.      L’articolo 5 della direttiva è rubricato «Divieto di discriminazione» ed enuncia quanto segue:

«Fermo restando quanto disposto dall’articolo 4, nei regimi professionali di sicurezza sociale è vietata qualsiasi discriminazione diretta o indiretta fondata sul sesso, specificamente per quanto riguarda:

a)      il campo di applicazione di tali regimi e relative condizioni d’accesso».

12.      L’articolo 9, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2006/54 prevede:

«1. Nelle disposizioni contrarie al principio di parità di trattamento sono da includere quelle che si basano direttamente o indirettamente sul sesso per:

(…)

f)      stabilire limiti di età differenti per il collocamento a riposo».

B.      Diritto polacco

13.      La censura della Commissione riguarda la legge di modifica del luglio 2017. Le disposizioni di detta legge di modifica, pertinenti nel caso di specie, sono l’articolo 1, punto 26, lettere b) e c), e l’articolo 13, punti da 1 a 3, concernenti le tre leggi di seguito elencate.

1.      Legge sui tribunali ordinari

14.      A norma dell’articolo 69, paragrafo 1, della legge del 27 luglio 2001 sull’organizzazione dei tribunali ordinari (in prosieguo: «la legge sui tribunali ordinari»), l’età pensionabile dei giudici (12) era di norma 67 anni sia per gli uomini che per le donne. Ciò era prorogabile su richiesta scritta del giudice interessato al Ministro della Giustizia e dietro presentazione allo stesso ministro di un certificato di buona salute. Il 16 novembre 2016, la relativa disposizione è stata modificata (13) e l’età pensionabile è stata abbassata a 65 anni sia per gli uomini che per le donne, prorogabile per un breve periodo su richiesta scritta del giudice interessato al medesimo ministro e dietro presentazione del medesimo certificato medico. Tale modifica è entrata in vigore il 1o ottobre 2017.

15.      Tuttavia, l’articolo 13 della legge di modifica del luglio 2017 ha modificato ancora una volta le disposizioni in materia di età pensionabile e [l’ha fissata] a 60 anni per le donne e a 65 anni per gli uomini. Ai sensi della legge di modifica del luglio 2017, l’articolo di cui trattasi è entrato in vigore il 1o ottobre 2017.

16.      L’articolo 69, paragrafo 1, della legge sui tribunali ordinari, come modificato dalla legge di modifica del luglio 2017 (14), è entrato in vigore il 1o ottobre 2017 ed è così formulato:

«I giudici vanno in pensione al raggiungimento dei 60 anni d’età, per le donne, o al raggiungimento dei 65 anni d’età, per gli uomini, salvo il caso in cui, entro 6 mesi e non prima di 12 mesi da tale data, i medesimi rendano al Ministro della Giustizia una dichiarazione nella quale indicano la loro volontà di continuare ad esercitare le loro funzioni e presentino un certificato, redatto in conformità alle condizioni applicabili ai candidati alla carriera di magistrato, attestante che il loro stato di salute consente loro di esercitare le funzioni di giudice».

17.      L’articolo 1, paragrafo 26, lettere b) e c), della legge di modifica del luglio 2017 ha inoltre aggiunto un comma 1 ter all’articolo 69 della legge sui tribunali ordinari e ha modificato la formulazione dell’articolo 69, paragrafo 3, di tale articolo. L’articolo 69, paragrafo 1 ter prevede quanto segue:

«Il Ministro della Giustizia può consentire ad un giudice di continuare ad esercitare le sue funzioni, tenendo conto della razionale assegnazione dei membri dei tribunali ordinari e delle esigenze legate al carico di lavoro di determinati tribunali. Nell’ipotesi in cui il procedimento collegato al giudice che continua ad esercitare le sue funzioni non si sia ancora concluso una volta che lo stesso abbia raggiunto l’età di cui al paragrafo 1, il giudice esercita le proprie funzioni fino a che detto procedimento non si sia concluso».

18.      L’articolo 69, paragrafo 3, a seguito della modifica, recita:

«Nel caso in cui il Ministro della Giustizia presti il consenso di cui all’articolo 69, paragrafo 1 ter un giudice può continuare ad esercitare le sue funzioni solo fino al raggiungimento del 70 anni d’età. Il giudice in parola può andare in pensione con un preavviso di tre mesi, presentando una dichiarazione in tal senso al Ministro della Giustizia. Il periodo di preavviso sarà prorogato per le ferie annuali maturate e non godute fino alla fine di tale periodo di preavviso. Ove il giudice ne faccia richiesta, il Ministro della Giustizia può autorizzare il pensionamento del giudice in parola prima della fine di tale periodo di preavviso».

19.      Per quanto concerne la retribuzione dei giudici, l’articolo 91 della legge sui tribunali ordinari così stabilisce:

«(1) Il livello di retribuzione dei giudici che esercitano funzioni giurisdizionali equivalenti è modulato in base agli anni di servizio o alle funzioni svolte.

(2) Lo stipendio base di un giudice è espresso in gradi, il cui livello sarà determinato mediante l’applicazione di coefficienti alla base ai fini della determinazione della retribuzione di base di cui al paragrafo 1 quater. I gradi dello stipendio base per le singole funzioni giurisdizionali e i coefficienti utilizzati per determinare il livello dello stipendio base dei giudici nei singoli gradi sono indicati nell’allegato alla presente legge.

(7) Inoltre, la retribuzione dei giudici è modulata in base ad un’indennità di anzianità che è pari al 5% dello stipendio base a partire dal sesto anno di servizio e cresce dell’1% ogni anno fino a raggiungere il 20% dello stipendio base.

(…)».

20.      L’articolo 91bis, paragrafo 2 della legge sui tribunali ordinari è così formulato:

«2.      Se prima di assumere una determinata funzione giurisdizionale un giudice ha occupato un un’altra funzione giurisdizionale o una funzione di pubblico ministero equivalente a tale posizione, egli ha diritto, nella sua nuova funzione, a un salario base non inferiore al grado a cui aveva diritto nella funzione precedentemente occupata

3.      Lo stipendio base di un giudice è stabilito al grado successivo dopo il completamento di cinque anni di servizio nell’esercizio di una data funzione giurisdizionale».

21.      L’articolo 91bis, paragrafo 3 della legge sui tribunali ordinari recita:

«3.      Lo stipendio base di un giudice è stabilito al grado successivo dopo il completamento di cinque anni di servizio nell’esercizio di una data funzione giurisdizionale».

22.      L’articolo 100, paragrafi 1, 2, 4 bis e 4 ter della legge sui tribunali ordinari, come modificato dall’articolo 13 della legge di modifica del luglio 2017, così recita:

(1) Un giudice che è andato in pensione, in caso di modifiche al sistema degli organi giurisdizionali o ai confini dei distretti giudiziari, ha diritto, fino al raggiungimento dei 60 anni di età anni per le donne e dei 65 anni di età per gli uomini, ad un trattamento economico pari alla retribuzione percepita per l’ultima funzione che ha esercitato.

(2) Un giudice che è andato in pensione o è stato collocato a riposo per motivi di età, malattia o perdita di resistenza ha diritto ad un trattamento economico pari al 75% dello stipendio base e dell’indennità a titolo di anzianità percepiti per l’ultima funzione che ha esercitato

(…).

(4 bis) Nella situazione di cui al paragrafo 1, un giudice in pensione riceve un pagamento una tantum al raggiungimento dei 60 anni di età per le donne e dei 65 anni di età per gli uomini.

(4 ter) Un giudice che è tornato ad esercitare le funzioni precedentemente esercitate o funzioni equivalenti a quelle precedentemente esercitate ai sensi dell’articolo 71 ter, paragrafo 4 o dell’articolo 74, paragrafo 1 bis, in caso di pensionamento o collocamento

a riposo ha diritto ad un pagamento una tantum di importo pari alla differenza tra l’importo del pagamento calcolato il giorno del pensionamento o del collocamento a riposo e l’importo del pagamento già erogato. Nella situazione di cui al paragrafo 1, il giudice ha diritto al pagamento al raggiungimento dei 60 anni di età per le donne e dei 65 anni di età per gli uomini».

2.      Legge del 23 novembre 2002 sulla Corte suprema

23.      Oggetto della presente causa è la Ustawa o Sądzie Najwyższym(15) (legge sulla Corte suprema; in prosieguo: la «legge del 2002 sulla Corte suprema»), come modificata dalla legge di modifica del luglio 2017.

24.      Fino al 3 aprile 2018 l’età per il pensionamento dei giudici della Corte suprema era stabilita, dalla legge del 2002 sulla Corte suprema, a 70 anni. Tuttavia, in tale data essa è stata abbassata a 65 anni. (16)

25.      Nonostante tali disposizioni, l’articolo 30, paragrafo 2, della legge del 2002 sulla Corte suprema include un’agevolazione per i giudici che intendano chiedere il pensionamento prima dei 70 anni di età. L’età a partire dalla quale un giudice della Corte suprema può presentare una domanda di pensionamento è stata da ultimo modificata dalla legge di modifica del luglio 2017, vale a dire l’età di cui trattasi è stata ridotta a 60 anni per le donne e a 65 anni per gli uomini. Nella versione precedentemente vigente, l’articolo 30, paragrafo 2, della legge del 2002 sulla Corte suprema stabiliva l’età di 67 anni per poter presentare una domanda di pensionamento. La legge del 16 novembre 2016 ha fissava tale età a 65 anni per uomini e donne.

26.      L’articolo 42, paragrafi 4 e 5, della legge del 2002 sulla Corte suprema prevede, in materia di retribuzione dei giudici della Corte suprema:

«(4) La retribuzione dei giudici della Corte suprema è espressa come livello normale o livello di promozione. Il livello di promozione è pari al 115% del livello normale.

(5) Un giudice della Corte suprema, all’atto di entrare in servizio, riceve uno stipendio base di livello normale. Dopo sette anni di servizio, lo stipendio base di detto giudice salirà al livello di promozione (…)».

27.      L’articolo 43 della legge del 2002 sulla Corte suprema così dispone:

«Un giudice della Corte suprema ha diritto ad un’indennità di anzianità che aumenta lo stipendio base dell’1% ogni anno senza superare il 20% di detto stipendio. Il periodo di servizio da cui dipende l’importo dell’indennità comprende altresì il periodo di servizio o il rapporto di lavoro che precede la sua nomina alla funzione giurisdizionale presso la Corte suprema, nonché i periodi di esercizio dell’attività professionale di avvocato, consulente legale o notaio».

28.      L’articolo 50 della legge del 2002 sulla Corte suprema così dispone:

«Un giudice della Corte suprema in pensione ha diritto ad un trattamento economico pari al 75% dello stipendio base e dell’indennità a titolo di anzianità percepiti per l’ultima funzione che ha esercitato. I termini e gli importi di tale trattamento vengono adeguati, se del caso, alle variazioni dello stipendio base dei giudici della Corte suprema in attività».

3.      Ustawa z dnia 28  stycznia 2016 r. Prawo o prokuraturze  (Legge del 28 gennaio 2016 sulla procura)

29.      L’articolo 127, paragrafo 1, della legge del 28 gennaio 2016 sulla procura (17) (in prosieguo: la «legge sulla procura») stabilisce, tra l’altro:

«Salvo quanto diversamente disposto dalla presente legge, le disposizioni di cui agli articoli da 69 a 71, 73, 74, 76, 85, paragrafo 4, articoli da 99 a 102 e 104 della [legge sui tribunali ordinari] si applicano, mutatis mutandis, ai pubblici ministeri».

30.      Di conseguenza, l’articolo 69 della legge sui tribunali ordinari si applica all’età pensionabile dei pubblici ministeri. Di conseguenza, l’età per il pensionamento dei pubblici ministeri prima delle modifiche apportate dalla legge di modifica del luglio 2017 era di norma di 67 anni sia per gli uomini che per le donne. La legge del 16 novembre 2016 ha abbassato l’età per il pensionamento dei pubblici ministeri a 65 anni per uomini e donne. La modifica in parola doveva entrare in vigore nell’ottobre 2017. L’articolo 13, paragrafo 2, della legge di modifica del luglio 2017 ha modificato ancora una volta le disposizioni relative all’età per il pensionamento e ha fissato tale età a 60 anni, per le donne, e 65 anni, per gli uomini.

31.      Per quanto concerne le prestazioni destinate ai pubblici ministeri in pensione, ai sensi dell’articolo 127, paragrafo 1, della legge sulla procura, si applicano altresì le disposizioni relative ai giudici dei tribunali ordinari, in particolare le disposizioni di cui all’articolo 100 della legge sui tribunali ordinari.

32.      La retribuzione di per sé è tuttavia determinata in conformità al disposto dell’articolo 124 della legge sulla procura. Esso dispone in particolare:

«(1) L’ammontare della retribuzione dei pubblici ministeri che esercitano funzioni equivalenti a quelle di pubblico ministero è modulato in base agli anni di servizio o alle funzioni esercitate. Lo stipendio base dei pubblici ministeri distrettuali e regionali è pari allo stipendio base dei giudici delle medesime unità organizzative dei tribunali ordinari. Lo stipendio base dei pubblici ministeri provinciali è pari allo stipendio base dei giudici degli organi giurisdizionali di appello.

Lo stipendio base dei pubblici ministeri della procura nazionale è pari allo stipendio base dei giudici della Corte suprema. L’indennità di servizio del pubblico ministero nazionale e degli altri sostituti pubblici ministeri nazionali sarà pari all’indennità di servizio rispettivamente del primo presidente della Corte suprema e del presidente della Corte suprema.

(2) Lo stipendio base dei pubblici ministeri è espresso in gradi, il cui livello sarà determinato applicando coefficienti alla base ai fini della determinazione dello stipendio base dei pubblici ministeri.

(…)

(4) Se, prima di assumere un incarico di pubblico ministero, un pubblico ministero esercitava altre funzioni di pubblico ministero o funzioni giurisdizionali equivalenti a detto incarico, il medesimo ha diritto, nell’esercizio delle sue nuove funzioni, ad uno stipendio base di grado non inferiore a quello a cui aveva diritto nell’esercizio delle sue precedenti funzioni.

(5) Lo stipendio base di un pubblico ministero è stabilito al grado successivo dopo il completamento di cinque anni di servizio nell’esercizio di una data funzione giurisdizionale.

(…)».

III. Procedimento precontenzioso

33.      Il 28 luglio 2017 la Commissione ha inviato alla Polonia una lettera di diffida con cui veniva contestata la conformità della legge di modifica del 17 luglio 2017 con il diritto dell’Unione, e in particolare con l’articolo 157 TFUE, la direttiva 2006/54 e il combinato disposto dell’articolo 19, paragrafo 1, TUE e dell’articolo 47 della Carta.

34.      Con lettera del 31 agosto 2017, la Polonia ha risposto alla lettera di diffida, contestando gli argomenti della Commissione.

35.      Il 12 settembre 2017 la Commissione ha inviato alla Repubblica di Polonia un parere motivato in cui, sulla base dell’articolo 258 TFUE, affermava in primo luogo che, istituendo, all’articolo 13, paragrafo da 1 a 3, della legge di modifica del luglio 2017 un’età pensionabile diversa per uomini e donne giudici dei tribunali ordinari, della Corte suprema e dei pubblici ministeri, la Polonia era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 157 TFUE, nonché dell’articolo 1, paragrafo 5, lettera a), e dell’articolo 9, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2006/54.

36.      In secondo luogo, la Commissione sosteneva che abbassando, all’articolo 13, paragrafo 1, della legge di modifica del luglio 2017 relativa all’organizzazione dei tribunali comuni, l’età pensionabile applicabile ai magistrati dei tribunali ordinari e conferendo, al contempo, al Ministro della Giustizia il diritto di decidere in merito al prolungamento del periodo di servizio attivo di siffatti giudici, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 26, lettere b) e c), della medesima legge, la Repubblica di Polonia è venuta meno a suoi obblighi derivanti dall’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, e dall’articolo 47 della Carta.

37.      Il 12 ottobre, la Polonia ha risposto al parere motivato, ribadendo la propria posizione secondo cui l’asserito inadempimento degli obblighi ad essa incombenti era infondato e chiedendo la conclusione della procedura.

38.      La Commissione ha deciso di adire la Corte per i seguenti motivi (paragrafo 39).

IV.    Procedimento dinanzi alla Corte

39.      Con il suo ricorso, depositato presso la Corte il 15 marzo 2018, la Commissione ha avviato il presente procedimento dinanzi alla Corte a norma dell’articolo 258 TFUE. Essa chiede che la Corte voglia:

–        dichiarare che, introducendo all’articolo 13, punti da 1 a 3, della legge di modifica del luglio 2017, una differenziazione nell’età pensionabile di uomini e donne che svolgono la funzione di giudici nei tribunali ordinari, di giudici della Corte suprema e di pubblici ministeri, la Polonia è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 157 TFUE e degli articoli 5, lettera a) e 9, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2006/54;

–        dichiarare che, abbassando, all’articolo 13, punto 1, della legge summenzionata, l’età pensionabile applicabile ai giudici dei tribunali ordinari e conferendo al Ministro della Giustizia il diritto di decidere in merito al prolungamento del periodo di servizio di siffatti giudici in base all’articolo 1, punto 26, lettere b) e c), della legge citata, la Polonia è venuta meno ai suoi obblighi derivanti dall’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e dell’articolo 47 della Carta a.

–        condannare la Polonia alle spese.

40.      Nel suo controricorso, presentato il 31 maggio 2018, la Repubblica di Polonia chiede che la Corte voglia:

–        respingere integralmente il presente ricorso in quanto infondato;

–        condannare la Commissione alle spese.

V.      Argomenti delle parti

A.      Ricevibilità del ricorso

41.      Nella sua controreplica, la Polonia sostiene che l’intero ricorso è divenuto privo di oggetto e invita la Commissione a rinunciare immediatamente ad esso.

42.      La Polonia afferma che l’articolo 13, punti da 1 a 3, della legge di modifica del luglio 2017 che la Commissione contesta ed in cui la Polonia ha fissato a 60 anni per le donne e a 65 anni per gli uomini l’età pensionabile di giudici di tribunali ordinari, giudici della Corte suprema e pubblici ministeri, è stato modificato dall’Ustawa z dnia 12 kwietnia 2018 r. o zmianie ustawy – Prawo o ustroju sądów powszechnych, ustawy o Krajowej Radzie Sądownictwa oraz ustawy o Sądzie Najwyższym (legge recante modifica della legge sull’organizzazione dei tribunali ordinari, della legge sul Consiglio nazionale della magistratura e della legge sulla Corte suprema) del 12 aprile 2018 (legge del 12 aprile 2018) (18). A norma dell’articolo 1, paragrafo 4, di tale legge, che modifica l’articolo 69, paragrafo 1, della legge sull’organizzazione dei tribunali ordinari, i giudici di entrambi i sessi vanno in pensione al compimento dei 65 anni. L’età per il pensionamento dei pubblici ministeri è determinata nello stesso modo, tenuto conto del fatto che, ai sensi dell’articolo 127 dell’Ustawa prawo o prokuraturze (legge relativa al pubblico ministero) del 28 gennaio 2016 (19), le disposizioni applicabili ai giudici dei tribunali ordinari si applicano, mutatis mutandis, ai pubblici ministeri. Per quanto concerne i giudici della Corte suprema, l’età per il pensionamento di coloro che ne hanno fatto richiesta era fissata ai sensi dell’articolo 37 dell’Ustawa o Sądzie Najwyższym (legge sulla Corte suprema) dell’8 dicembre 2017 (20) e corrisponde a 65 anni per uomini e donne.

43.      Per quanto riguarda il combinato disposto dell’articolo 13, paragrafo 1 e dell’articolo 1, paragrafo 26, lettere b) e c), della legge di modifica del 12 luglio 2017, che ha abbassato l’età pensionabile dei giudici dei tribunali ordinari e che ha conferito al Ministro della Giustizia il diritto di decidere in merito al prolungamento del periodo di servizio attivo di un giudice di un tribunale ordinario, essi sono state parimenti oggetto di modifica. L’articolo 1, paragrafo 4, della legge del 12 aprile 2018, ha modificato l’articolo 69, paragrafo 1 ter, della legge sui tribunali ordinari, di modo che spetta al Consiglio nazionale della magistratura autorizzare il periodo di servizio attivo di un giudice di un tribunale ordinario oltre i 65 anni d’età. Sono stati altresì modificati i criteri che il Consiglio nazionale della magistratura deve applicare. Il Consiglio nazionale della magistratura è un organo costituzionale che ha la responsabilità di garantire l’indipendenza degli organi giurisdizionali. Di conseguenza, il fatto di lasciare al Consiglio nazionale della magistratura la decisione circa il prolungamento del periodo di servizio attivo di un giudice non può costituire un atto nocivo per l’indipendenza dei giudici.

44.      All’udienza l’agente della Commissione ha dichiarato che la Commissione persiste nel ricorso. Le modifiche apportate alla legge non sono riuscite a risolvere tutte le questioni sollevate nel suo ricorso e vi è un interesse esplicito e importante a deliberare sul caso, a prescindere dalla circostanza se ed in quale misura la Polonia abbia modificato le sue disposizioni a seguito del parere motivato della Commissione.

B.      Discriminazione basata sul sesso

1.      Commissione

45.      La Commissione sostiene che, abbassando l’età pensionabile da 67 anni a 60 per le donne e a 65 per gli uomini, come previsto nella legge di modifica del luglio 2017, la Polonia non ha agito conformemente all’articolo 157 TFUE e all’articolo 5, lettera a) della direttiva 2006/54, nonché all’articolo 9, paragrafo 1, lettera f) della medesima direttiva, dato che la legge di modifica del 12 luglio 2017 impone età diverse per il pensionamento dei giudici a seconda del sesso (21).

46.      La Commissione sottolinea che, secondo la giurisprudenza della Corte, per stabilire se una disposizione costituisce un regime professionale di sicurezza sociale, disciplinato pertanto dalla direttiva 2006/54 e non dalla direttiva 79/7, l’aspetto decisivo è se esso sia essenziale al rapporto di lavoro; vale a dire se la pensione sia collegata alla retribuzione dell’interessato, rientrando pertanto nell’articolo 157 TFUE (22). Non vi è dubbio che i pagamenti effettuati all’atto del pensionamento nell’ambito del regime in parola sono effettuati a causa del rapporto di lavoro, non per considerazioni di ordine politico, sociale, etico o di bilancio, come nel caso di regimi pensionistici che rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 79/7. Pertanto, la Polonia non può invocare alcun potere discrezionale, previsto dall’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 79/7, per fissare diverse età pensionabili per uomini e donne in regimi pubblici di sicurezza sociale.

47.      Tre requisiti sono stati indicati nella giurisprudenza affinché si applichi questa preclusione. Le misure pertinenti devono interessare una categoria particolare di lavoratori, le somme versate dopo il pensionamento devono essere direttamente correlate agli anni di servizio prestato (che la Commissione ritiene non debba avere carattere automatico o matematico) e l’importo dei pagamenti deve essere calcolato in base alla retribuzione percepita per le ultime funzioni esercitate. Per la Commissione tutti gli elementi in parola sono soddisfatti in relazione alla misura contestata e in effetti le obiezioni della Polonia si limitano all’argomento secondo cui le prestazioni derivanti dal regime pensionistico di cui trattasi non sono direttamente correlate agli anni di servizio prestato.

48.      Più specificamente, la Commissione sostiene, tra l’altro, che il fatto che la determinazione delle prestazioni erogate sia collegata all’esercizio di funzioni pubbliche diverse da quelle giudiziarie suggerisce, contrariamente a quanto affermato dalla Polonia, che le prestazioni pensionistiche siano effettivamente correlate agli anni di servizio. L’esistenza nel sistema di limiti (23) non sminuisce il fatto che lo stipendio finale, su cui si basano le prestazioni, è determinato in base al grado (che è legato agli anni di servizio) e all’indennità di anzianità (parimenti legata agli anni di servizio). Gli anni di servizio sono un fattore fondamentale per determinare sia il grado sia una determinata durata dell’indennità di servizio.

49.      La Commissione conclude pertanto che è avvenuta una discriminazione diretta, in violazione dell’articolo 157 TFUE e della direttiva 2006/54, e fa particolare riferimento agli articoli 5, lettera a), e 7, paragrafo 2, della medesima direttiva.

50.      La Commissione respinge gli argomenti della Polonia secondo cui un’età pensionabile più bassa per le donne rispetto agli uomini è una misura di discriminazione positiva ammessa dall’articolo 157, paragrafo 4, TFUE e dall’articolo 3 della direttiva 2006/54, in quanto le misure in esame non aiutano le donne a progredire nella loro carriera e nelle pari opportunità di promozione (24). Non esiste neppure un nesso con l’educazione dei figli, dal momento che la legge si applica a donne che non ne hanno avuti o che non hanno interrotto la loro carriera dopo averne avuti. Anche gli uomini possono svolgere compiti di accudimento dei figli, ma a loro non si applica un’età pensionabile di 60 anni.

2.      Repubblica di Polonia

51.      La Polonia sostiene che il regime pensionistico di cui trattasi sia disciplinato dalla direttiva 79/7 e non dalla direttiva 2006/54, con l’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 79/7 che consente agli Stati membri di escludere dal campo di applicazione della direttiva la fissazione dell’età pensionabile e della pensione di vecchiaia. La Polonia sostiene, in alternativa, che anche se il regime pensionistico di cui trattasi rientra nel campo di applicazione della direttiva 2006/54, esso rappresenta una misura di discriminazione positiva ammessa dall’articolo 3 della direttiva 2006/54 e dall’articolo 157, paragrafo 4, TFUE.

52.      La Polonia afferma che il secondo dei tre criteri sopra menzionati non è stato rispettato e che la Commissione ha fondamentalmente frainteso il regime polacco in parola per la determinazione delle prestazioni pensionistiche. Gli anni di servizio svolgono soltanto un ruolo secondario nella determinazione delle prestazioni.

53.      La Polonia sostiene che il richiesto legame con gli anni di servizio è assente, in quanto, in particolare, il limite per il premio di anzianità al 20% della retribuzione base prevista dalla normativa per pubblici ministeri e giudici ordinari, si applica a prescindere dalla circostanza che un giudice abbia svolto 20 o 40 anni di servizio. L’elemento principale per determinare la retribuzione è lo stipendio base. La Polonia aggiunge che il metodo di calcolo della pensione versata non fa riferimento all’uno o all’altro sesso e il fatto che i periodi di servizio svolto presi in considerazione ai fini della determinazione delle prestazioni comprendano l’esercizio di funzioni di servizio pubblico che non sono giudiziarie indica che le prestazioni pensionistiche non sono direttamente correlate agli anni di servizio. Una pensione di vecchiaia può essere aumentata soltanto in funzione della variazione nella retribuzione dei giudici in servizio attivo, dimostrando così che gli anni di servizio sono privi di rilevanza. Per quanto riguarda lo stipendio base, ciò che conta non sono gli anni di servizio bensì una tabella tariffaria in riferimento alle funzioni esercitate e i coefficienti. Anche la promozione svolge un ruolo importante.

54.      Per quanto concerne l’azione positiva, la Polonia afferma che le posizioni apicali in magistratura sono meno accessibili alle donne a causa delle loro responsabilità nell’accudimento dei figli. Un pensionamento anticipato è una forma di compensazione per tale svantaggio. La grande maggioranza delle donne in Polonia ha figli e li accudisce più frequentemente degli uomini, a scapito della propria carriera.

55.      Infine, la Polonia fa riferimento a misure transitorie in vigore dal 1o ottobre 2017 al 30 aprile 2018, parallelamente alla legge di modifica del 12 luglio 2017, che permettevano ai giudici di andare in pensione alla stessa età, a prescindere dal sesso, a 67 anni. Esse sono state in vigore dal momento in cui le disposizioni contestate dalla Commissione sono entrate in vigore e prevedevano un regime transitorio, in base al quale i giudici che il 1o ottobre 2017 o entro il 1o aprile 2018 (vale a dire sei mesi dopo il 1o ottobre) avessero compiuto 60 anni (per le donne) o 65 anni (per gli uomini), dovevano semplicemente presentare una dichiarazione nella quale indicavano la loro volontà di andare in pensione a 67 anni e un certificato medico che ne attestasse la capacità, perché si applicasse la precedente età pensionabile. Ciò non era subordinato all’autorizzazione di alcuna autorità. L’unico altro requisito era un limite temporale per il fatto che tali documenti dovevano essere forniti entro il 1o aprile 2018 (25).

C.      Presunta violazione dell’articolo 19 TUE in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta

1.      Commissione

56.      La Commissione sostiene che l’inadempimento degli obblighi che incombono allo Stato membro ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, TFUE si verifica quando il diritto dello Stato membro impedisce agli organi giurisdizionali che applicano il diritto dell’Unione di rispettare il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva in maniera sistematica (26). Ciò è particolarmente importante per garantire il buon funzionamento del meccanismo di cui all’articolo 267 TFUE(27). Tra gli obblighi inerenti all’articolo 19, paragrafo 1, TUE vi è quello dell’indipendenza, in particolare se lo si legge alla luce dell’articolo 47 della Carta (28). Ciò si applica a prescindere dal modello di organizzazione della giustizia scelto da uno Stato membro, nell’esercizio della sua autonomia procedurale nazionale in tale campo.

57.      La Commissione si oppone ad un abbassamento dell’età pensionabile dei giudici, accompagnato dal diritto di prorogarla affidato al Ministro della Giustizia. La Commissione non si oppone, a livello più generale, a tutte le norme che stabiliscono un rapporto tra il potere giudiziario e il potere e l’esecutivo.

58.      La possibilità di impugnare le sentenze dei tribunali ordinari non garantisce una tutela giurisdizionale effettiva, quando l’indipendenza dei giudici a tutti i livelli del sistema giudiziario non è garantita.

59.      I criteri impiegati dal Ministro per adottare tale decisione sono vaghi e il diritto dello Stato membro non indica alcun termine per l’adozione della decisione in parola da parte del Ministro; conferendo a quest’ultimo una discrezionalità eccessiva ed un reale potere di influenzare i singoli giudici. Ciò viola il principio di inamovibilità dei giudici, elemento fondamentale della loro indipendenza, che deve essere sia personale che funzionale e deve includere la tutela contro rimozioni e interferenze da parte dell’esecutivo (29). Ciò non può essere giustificato allineando l’età per il pensionamento dei giudici all’età pensionabile ordinaria.

2.      Polonia

60.      La Polonia sostiene che il ricorso della Commissione è generale, ipotetico, astratto e rappresenta una violazione della competenza della Polonia di organizzare il proprio sistema di amministrazione della giustizia. L’interpretazione che la Commissione dà dell’articolo 19, paragrafo 1, TUE è troppo ampia. Inoltre, l’articolo 47 della Carta può essere applicato soltanto quando gli Stati membri attuano il diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta. Esso non può applicarsi al caso di specie, a causa del divieto di ricorrere alla Carta per estendere le competenze dell’Unione di cui all’articolo 6, paragrafo 1, TUE e all’articolo 51 della Carta. L’articolo 47 della Carta non è una misura di controllo astratto.

61.      In Polonia i giudici godono della tutela costituzionale di un’età pensionabile stabilita per legge. Non sussiste alcuna violazione dell’inamovibilità dei giudici in quanto il Ministro presiede unicamente alla questione della proroga. Il potere discrezionale del Ministro è inquadrato nell’articolo 69, paragrafo 1 ter, della legge sui tribunali ordinari. Esso obbliga il Ministro ad adottare la decisione alla luce di un’assegnazione razionale del personale dei tribunali ordinari e delle esigenze derivanti dal carico di lavoro dei diversi tribunali. I giudici sono altresì tutelati ai sensi del diritto polacco mediante, tra l’altro, il mantenimento dello status di giudice anche dopo il pensionamento e la segretezza delle deliberazioni.

62.      Le preoccupazioni sollevate dalla Commissione in relazione alla tentazione dei giudici di pronunciarsi a favore del Ministro della Giustizia o, più in generale, dell’esecutivo, potrebbero essere sollevate in relazione alla legge, in vigore per molti anni, che conferisce al Presidente della Repubblica la responsabilità delle promozioni. Suggerire che i giudici polacchi siano influenzabili è offensivo e vi sono molte situazioni in cui il potere giudiziario è collegato al potere esecutivo. La Polonia osserva che i mandati dei giudici della Corte vengono rinnovati ogni sei anni. Se ciò non compromette l’indipendenza del potere giudiziario, non lo possono fare neppure le misure contestate dalla Commissione. Non si può ammettere la coesistenza di norme diverse per la Corte e per i tribunali degli Stati membri.

63.      La Commissione non ha effettuato un’analisi globale del sistema giudiziario polacco e di tutte le sue tutele, il che è necessario prima di poter ipotizzare una violazione «sistematica» dell’indipendenza dei giudici. La Commissione si è limitata ad analizzare soltanto un elemento della stessa.

VI.    Analisi

A.      Ricevibilità

64.      In primo luogo, ritengo che il ricorso della Commissione non sia privo di oggetto. Faccio riferimento alla giurisprudenza consolidata secondo cui l’esistenza di un inadempimento ai sensi dell’articolo 258 TFUE deve essere valutata in funzione della situazione dello Stato membro, così come essa si presentava alla scadenza del termine fissato nel parere motivato (30), vale a dire il 12 ottobre 2017. In tale data, la Polonia ha risposto affermando che non sarebbero stati adottati provvedimenti (v. paragrafo 37 supra). Le modifiche apportate alla legge che la Polonia invoca per affermare che in ogni caso sia stato posto rimedio alle presunte violazioni degli obblighi che le derivano dal diritto dell’Unione, riguardano una legge del 12 aprile 2018 (v. paragrafi 42 e 43 supra).

65.      Per quanto concerne le misure transitorie (v. paragrafo 55 supra) e in vigore alla data cruciale del 12 ottobre 2017, in relazione alla prima censura esse prevedono un’esenzione soltanto per un esiguo numero di giudici per un breve periodo di tempo. Inoltre, l’esistenza di misure transitorie serve a determinare nel merito se siano stati violati i principi di inamovibilità e di indipendenza dei giudici e verrà discussa nella parte VI C infra.

66.      In ogni caso, come è avvenuto nella causa Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte Suprema), C‑619/18, esiste un forte interesse degli Stati membri, dei singoli e dell’Unione a una pronuncia della Corte sul ricorso proposto dinanzi alla medesima. Tale sentenza, come la sentenza attesa nella causa C‑619/18, si fonderà sul rispetto dello Stato di diritto nel sistema giuridico dell’Unione e fornirà indicazioni su cosa sia necessario per tutelarlo. Essa chiarirà altresì il confine tra i regimi di sicurezza sociale pubblica, disciplinati dalla direttiva 79/7, e i regimi pensionistici professionali, disciplinati dalla direttiva 2006/54.

67.      La seconda censura della Commissione è pertanto ricevibile, tranne che per il suo riferimento all’articolo 47 della Carta.

68.      Nel caso di specie ed in secondo luogo, mi riferisco ai paragrafi da 52 a 60 e da 65 a 67 delle mie conclusioni dell’11 aprile 2019 nella causa Commissione/Polonia (C‑619/18) (31). La Commissione non ha presentato alla Corte le informazioni necessarie per accertare una violazione dell’articolo 47 a causa dell’assenza di materiale concernente il modo in cui la Polonia stava attuando il diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, quando ha introdotto la legge di modifica del luglio 2017.

69.      Integro le osservazioni in parola semplicemente sottolineando che, se la Commissione è incaricata, a norma dell’articolo 17, paragrafo 1, TUE, di «vigila[re] sull’applicazione del diritto dell’Unione», ciò non implica affatto un’autorizzazione ad «estend[ere] in alcun modo le competenze dell’Unione definite nei trattati», come vietato dall’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, TUE. Come avvenuto nella causa C‑619/18, la Commissione non ha cercato di collegare i propri argomenti relativi all’articolo 47 della Carta ad una disposizione del diritto polacco, il cui obiettivo fosse quello di attuare una disposizione di diritto dell’Unione (32) o alla pretesa che la situazione in discussione nel suo ricorso fosse altrimenti «disciplinata dal diritto dell’Unione» (33).

70.      Ciò detto, concludo che accogliere gli argomenti della Commissione secondo cui il significato del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva ai sensi dell’articolo 19 TUE può essere direttamente influenzato dall’articolo 47 della Carta in sé e per sé equivarrebbe ad un’indebita ingerenza nella competenza della Polonia in materia di organizzazione e di amministrazione della giustizia. Come osservato dall’avvocato generale Saugmandsgaard Øe nella causa Commissione/Ungheria (Rights of usufruct over agricultural land) (34), quale suprema interprete del diritto dell’Unione, spetta alla Corte garantire il rispetto dei diritti fondamentali nell’ambito delle competenze dell’Unione. Diversamente dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, la Corte non ha il compito specifico di sanzionare tutte le violazioni dei diritti fondamentali commesse dagli Stati membri (35).

71.      Ciò premesso come spiegherò nella sezione VI C infra, ciò non pregiudica in alcun modo il ricorso a fonti di diritto comune per determinare se il principio dell’inamovibilità dei giudici, e la loro indipendenza e imparzialità, siano stati violati in un caso determinato, indipendentemente se il ricorso in esame sia basato sul secondo comma dell’articolo 19, TEU, una manifestazione specifica dei valori fondamentali che si riflettono nell’articolo 2 TUE, o ci si trovi in una situazione in cui uno Stato membro attua il diritto dell’Unione facendo scattare la tutela concessa dall’articolo 47 della Carta e il diritto a un «giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge».

72.      I limiti inerenti alla Carta, da cui risulta che essa si applica agli Stati membri solo quando attuano il diritto dell’Unione (Articolo 52, paragrafo 2, della Carta) non possono essere portati al punto tale da attenuare il dovere della Commissione di tutelare i valori fondamentali dell’Unione contenuti all’articolo 2 TUE(36) costituendo essi parte del patrimonio costituzionale comune europeo. Azioni dirette quali quelle istituite dai ricorsi della Commissione nella presente causa non comportano un’estensione della competenza dell’Unione incompatibile con l’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, TUE e con l’articolo 51, paragrafo 2 della Carta.

73.      In terzo luogo, il fatto che la legge di modifica del luglio 2017 faccia parte della proposta motivata della Commissione a norma dell’articolo 7, paragrafo 1, del trattato sull’Unione europea sullo Stato di diritto in Polonia (37) non impedisce in alcun modo alla Commissione di promuovere azioni dirette a norma dell’articolo 258 TFUE. Faccio riferimento alle mie conclusioni nella causa C‑619/18, Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte Suprema) (38), in cui spiego per quale motivo, sul piano del diritto dell’Unione, le due procedure non si escludono vicendevolmente (39).

B.      Prima censura

74.      Ritengo che la Commissione abbia formulato la propria prima censura principalmente per via dell’interpretazione eccessivamente prescrittiva, da parte della Polonia, dei requisiti stabiliti nella giurisprudenza della Corte perché un regime pensionistico possa qualificarsi come un regime che risponde a considerazioni di politica sociale e pertanto disciplinato dalla direttiva 79/7 come una misura attinente alla sicurezza sociale piuttosto che relativa alla «retribuzione» di cui all’articolo 157 TFUE e disciplinata dai divieti di cui a detto articolo e alle direttive che disciplinano la parità di retribuzione, nel caso in esame la direttiva 2006/54.

75.      Più in particolare, la Polonia è stata eccessivamente prescrittiva per quanto riguarda il requisito per cui, affinché un regime pensionistico non rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 79/7, le prestazioni versate in base ad un regime pensionistico devono essere «direttamente correlate» degli anni di servizio.

76.      Manca, negli argomenti della Polonia, un’analisi del confine tra le direttive 2006/54 e 79/7, come esso si è evoluto nella giurisprudenza della Corte con riferimento al significato di «retribuzione» di cui all’articolo 157 TFUE. Né sono stati discussi i più ampi principi che disciplinano tale confine, i quali si distinguono dai tre fattori pertinenti soltanto ai regimi professionali di sicurezza sociale, ossia (i) se essi interessano una categoria particolare di lavoratori; (ii) se le somme versate dopo il pensionamento sono direttamente correlate agli anni di servizio prestato; (iii) e se le prestazioni sono calcolate in base alla retribuzione percepita per le ultime funzioni esercitate.

77.      Ad esempio, la causa Dimossia Epicheirissi Ilektrismou /Evrenopoulos riguardava una domanda di pensione, presentata da un vedovo all’impresa pubblica di elettricità greca in virtù di un regime privato, che il ricorrente sosteneva esser stata respinta a causa del proprio sesso (maschile). Nel valutare se il regime fosse disciplinato dalla norma che precedeva l’articolo 157 TFUE (ossia l’articolo 119 del trattato CEE) o dalla direttiva 79/7, la Corte ha ribadito l’importante principio generale secondo cui «soltanto il criterio relativo alla constatazione che la pensione è corrisposta al lavoratore per il rapporto di lavoro tra l’interessato ed il suo ex datore di lavoro (…) può avere carattere determinante» (40).

78.      In precedenza, nella causa Beune, la quale riguardava la questione della discriminazione basata sul sesso in relazione all’importo delle prestazioni da erogare nell’ambito dei regimi pensionistici professionali pubblici, l’avvocato generale Jacobs descriveva il rapporto di lavoro come «l’elemento davvero determinante», sottolineando che «[la] giurisprudenza della Corte (…) in merito al nesso tra le prestazioni previdenziali e le disposizioni dell’articolo 119 [CEE] (…) si propone di operare una chiara distinzione tra i regimi generali di previdenza sociale e i regimi che operano nel contesto di un rapporto di lavoro» (41).

79.      Il ruolo fondamentale del rapporto di lavoro è stato evidenziato anche dall’avvocato generale Kokott nella causa Hlozek (42). In una controversia riguardante la discriminazione basata sul sesso e la questione se un sussidio di transizione rientrasse nella nozione di «retribuzione» ai sensi dell’articolo 157 TFUE, l’avvocato generale ha concluso che «soltanto il criterio dell’impiego», desunto dalla lettera stessa della citata disposizione, può avere carattere determinante circa lo status del sussidio (43). Per l’avvocato generale, l’unica questione era se l’erogazione del sussidio avvenisse «in ragione dell’impiego» (44), evidenziando ulteriormente che, in generale, il periodo di appartenenza è irrilevante ai fini della classificazione come retribuzione, nozione che va intesa in senso ampio (45). Ciò contribuisce a sottolineare che il requisito degli «anni di servizio» è specifico alle controversie relative a prestazioni erogate nell’ambito di regimi pensionistici professionali (46), il che, a sua volta, si oppone ad un’interpretazione eccessivamente prescrittiva dell’espressione «direttamente correlate».

80.      Pertanto, rientra nella sfera del principio giuridico di cui sopra la decisione della Corte se le considerazioni di politica sociale, di organizzazione dello Stato, di etica, o anche le preoccupazioni di bilancio, che hanno avuto o hanno potuto avere un ruolo nella determinazione da parte del legislatore nazionale di un particolare regime, sono prevalenti, in modo tale che un dato regime pensionistico rientri nella direttiva 79/7. I tre principi elaborati al paragrafo 76 supra costituiscono una guida per determinare quando la direttiva 79/7 non va applicata ad un determinato regime pensionistico, ma al contempo gli orientamenti non possono essere presi in considerazione in modo isolato, estrapolati dal più ampio corpus dei principi giuridici pertinenti. Essi includono, aggiungerei, l’importanza, nell’ordinamento giuridico dell’Unione, della norma fondamentale che vieta trattamenti discriminatori in relazione alla retribuzione (47).

81.      Non posso pertanto concludere che uno dei tre fattori per escludere un regime pensionistico professionale dall’ambito di applicazione della direttiva 79/7 è immutabile, nel senso che essi meritano un’interpretazione secondo cui anche un modesto scostamento da uno di essi rende necessario concludere che il regime in parola rientra nell’ambito di applicazione materiale della direttiva 79/7 e, più in particolare, nel potere discrezionale lasciato agli Stati membri dall’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), della medesima direttiva di fissare età differenti per il pensionamento di uomini e donne (48).

82.      La Polonia non ha provato a spiegare in che modo il regime di cui trattasi si distingua dalle pronunce in cui veniva enunciato il requisito secondo il quale le prestazioni pensionistiche erogate devono essere «direttamente correlate» agli anni di servizio. Nel caso di specie ho in mente sentenze in cause come Beune (49), Podesta (50), Griesmar (51), Niemi (52), Schönheit (53) e Commissione/Grecia (54). In tutte le sentenze in parola, la Corte ha dichiarato che le prestazioni erogate nell’ambito dei regimi pensionistici professionali in esame equivalgono alla «retribuzione» ai sensi delle disposizioni di diritto dell’Unione pertinente a ciascun caso di specie, a seguito dell’applicazione dell’orientamento direttamente collegato agli anni di servizio; unitamente al fatto se il regime riguarda una particolare categoria di lavoratori e se le prestazioni sono calcolate mediante riferimento all’ultimo stipendio; gli ultimi due fattori non sono in causa nel caso di specie (55).

83.      Tutto ciò mi porta a concludere che occorre soltanto che le prestazioni pensionistiche professionali si basino su un certo numero rilevante di anni di servizio, prima che tale regime sia escluso dall’ambito di applicazione della direttiva 79/7. Infatti, nella sentenza Commissione/Grecia la Corte ha dichiarato che il fatto che le prestazioni pensionistiche oggetto di tale causa a volte varino con riferimento alla difficolta del lavoro svolto o alla difficoltà delle circostanze in cui esso viene svolto non è sufficiente ad indebolire l’applicabilità della norma in base a cui le prestazioni erogate dipendono direttamente del periodo di servizio prestato (56).

84.      Pertanto, nell’espressione «direttamente correlate» l’accento è posto su «correlate» piuttosto che su «direttamente». Quest’ultimo termine non impone un requisito secondo cui la prestazione si deve basare o automaticamente o esclusivamente sugli anni di servizio, ad esclusione di altri fattori quali quelli sollevati dalla Polonia (e sintetizzati al paragrafo 53 supra). Questi includono il ricorso a limiti massimi (quale il limite del premio per l’anzianità di servizio), gli elementi di fatto che devono essere posti in essere prima che uno stipendio possa essere aumentato dopo il pensionamento, la promozione, coefficienti e tabelle tariffarie per determinare lo stipendio base. Qui lo stipendio base è anche sostanzialmente determinato dagli anni di servizio (v. infra paragrafi da 86 a 89). Nessuno dei fattori in parola può quindi spezzare un evidente collegamento tra gli anni di servizio e le prestazioni erogate.

85.      Inoltre, accolgo l’argomento della Commissione secondo cui ammettere che l’esercizio di funzioni non giudiziarie sia compreso nel calcolo degli anni di servizio depone a favore, e non contro, la conclusione che le prestazioni nell’ambito del regime pensionistico in parola siano direttamente correlate degli anni di servizio (v. paragrafo 48 supra). La circostanza che il regime per calcolare le prestazioni pensionistiche non menzioni un sesso in particolare non elimina la discriminazione nei confronti degli uomini perché la loro età pensionabile è più alta di quella delle donne.

86.      Accolgo altresì il nesso stabilito dalla Commissione tra prestazioni erogate e anni di servizio (v. paragrafi 46 e 48 supra). Mi riferisco, ad esempio, all’articolo 91, paragrafo 1, della legge sui tribunali ordinari, a norma del quale il livello di retribuzione dei giudici è determinato dagli anni di servizio e all’articolo 91, paragrafo 7, il quale stabilisce che anche la retribuzione debba essere modulata in base alla durata dell’indennità di anzianità (paragrafo 19 supra).Ai sensi dell’articolo 91 bis, paragrafo 3, della legge sui tribunali ordinari, anche il salario base è influenzato dagli anni di servizio (paragrafo 21 supra). Disposizioni statutarie di tale tipo non possono essere spiegate ricorrendo a fattori supplementari quali limiti massimi e coefficienti moltiplicatori (v. fattori menzionati al paragrafo 84 supra), o sminuire la realtà statutaria che le prestazioni pensionistiche versate si basano sul salario finale, che è regolato in misura sostanziale dalla durata del servizio.

87.      Più specificamente, l’articolo 91bis, paragrafo 3, della legge sui tribunali ordinari (paragrafo 20 supra) prevede che lo stipendio base di un giudice debba essere stabilito al grado successivo dopo il completamento di cinque anni di servizio nell’esercizio di una data funzione giurisdizionale. Ciò ha stabilito l’importante nesso con gli anni di servizio, in quanto, ai sensi dell’articolo 100, paragrafo 1 (paragrafo 22 supra), l’ultima funzione esercitata determina le prestazioni pensionistiche erogate. Tuttavia, l’ultima funzione esercitata sarà di un dato grado, legato agli anni di servizio. Inoltre, l’erogazione di prestazioni pensionistiche supplementari elencate all’articolo 100 (v. paragrafo 22 supra) non spezza il nesso tra gli anni di servizio, l’attribuzione di un grado e l’ultima funzione esercitata.

88.      Il nesso tra grado e anni di servizio presso la Corte suprema è stabilito a norma degli articoli 42, paragrafi 4 e 5, della legge del 2002 sulla Corte suprema (paragrafo 26 supra), mentre l’articolo 42, paragrafo 5 dispone che lo stipendio base è determinato dall’anno di entrata in servizio e aumentato dopo 7 anni, mentre l’articolo 50 prevede che le prestazioni pensionistiche siano determinate dagli stipendi base e dalle indennità di anzianità di servizio (paragrafo 28 supra). L’articolo 43 della legge sulla Corte suprema del 2002 prevede un’indennità di anzianità parzialmente determinata dagli anni di servizio (paragrafo 27 supra).

89.      Per quanto riguarda i pubblici ministeri, il collegamento diretto con gli anni di servizio è stabilito dall’articolo 127, paragrafo 1, della legge sulla procura (paragrafo 31 supra), nonché da alcune disposizioni più specifiche che collegano le prestazioni pensionistiche agli anni di servizio. Nel caso di cui trattasi mi riferisco, ad esempio, all’articolo 124, paragrafo 1, della legge sulla procura (paragrafo 32 supra), il quale dispone che gli anni di servizio rappresentano un fattore determinante in merito alla retribuzione. Si potrebbe parimenti fare riferimento agli articoli 124, paragrafi 4 e 5 (paragrafi 31 e 32 supra), in base a cui le funzioni precedentemente esercitate devono essere prese in considerazione per determinare lo stipendio e in cui l’indennità di servizio è collegata ad un grado.

90.      Per quanto riguarda gli argomenti della Polonia in relazione alla discriminazione positiva, è sufficiente ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte, i provvedimenti di discriminazione positiva perseguono lo scopo, «favorendo in special modo le donne, (…) di migliorare la loro capacità di competere sul mercato del lavoro e di coltivare una carriera in posizione di parità rispetto agli uomini» (57). Dal momento che le donne giudici in pensione non sono più in concorrenza sul mercato del lavoro o non perseguono più una carriera, le misure contestate dalla Commissione non possono in alcun modo rappresentare misure di discriminazione positiva ai sensi dell’articolo 3 della direttiva 2006/54 e dell’articolo 157, paragrafo 4, TFUE. Inoltre, occorre essere cauti nel considerare regole che perpetuano la tradizionale ripartizione dei ruoli nel futuro come misure che promuovono la parità (58). La «retribuzione» di cui all’articolo 157, paragrafo 4, TFUE non può essere utilizzata per perpetuare tali ripartizioni, anche se involontariamente.

91.      Come sostenuto dalla Commissione (paragrafo 50 supra), la misura contestata è priva di sfumature. Non è a applicabile a uomini che hanno perso opportunità di carriera per educare i figli, né tiene conto di donne che non si sono mai occupate dell’educazione dei figli.

92.      Per i suesposti motivi, la prima censura sollevata dalla commissione deve ritenersi fondata.

C.      Seconda censura

1.      Norme giuridiche pertinenti e loro fonti

93.      Nella sua sentenza nella causa Associação Sindical dos Juízes Portugueses (59) la Corte ha dichiarato che l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE tutela l’inamovibilità dei membri degli organi giurisdizionali. Esso fornisce garanzie essenziali all’indipendenza dei giudici (60).L’inamovibilità e l’indipendenza sono strettamente connesse, in quanto l’indispensabile libertà da elementi esterni richiede talune garanzie idonee a tutelare la persona che svolge la funzione giurisdizionale, come, ad esempio, l’inamovibilità (61).

94.      Nella sentenza Associação Sindical dos Juízes Portugueses e in altre pronunce, la Corte ha dichiarato che la garanzia di indipendenza è intrinseca alla funzione giurisdizionale (62). La nozione di indipendenza, tutelata dall’articolo 19, paragrafo 1 secondo comma, presuppone, in particolare, che l’organo di cui trattasi eserciti le sue funzioni giurisdizionali in piena autonomia, senza vincoli gerarchici o di subordinazione nei confronti di alcuno e senza ricevere ordini o istruzioni da alcuna fonte, e che esso sia quindi tutelato da interventi o pressioni dall’esterno idonei a compromettere l’indipendenza di giudizio dei suoi membri e ad influenzare le loro decisioni (63).

95.      La censura della Commissione in relazione ai giudici dei tribunali ordinari rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, che dà espressione concreta allo Stato di diritto; a sua volta un valore fondante dell’Unione ai sensi dell’articolo 2 TUE. I tribunali ordinari possono pronunciarsi su questioni riguardanti l’interpretazione e l’applicazione del diritto dell’Unione e fanno riferimento all’articolo 267 TFUE,. Ad essi si applica pertanto l’articolo 19, paragrafo 1, TUE (64). Come la Corte ha recentemente ribadito «ogni Stato membro deve garantire che gli organi rientranti, in quanto “giurisdizione”, nel senso definito dal diritto dell’Unione, nel suo sistema di rimedi giurisdizionali nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione soddisfino i requisiti di una tutela giurisdizionale effettiva» (65).

96.      A ciò vorrei aggiungere che i principi generali restano una fonte di diritti fondamentali (66) nonostante l’introduzione della Carta. Infatti l’articolo 6, paragrafo 3 TUE stabilisce che i diritti fondamentali «fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali». Come è stato osservato da parte della dottrina, la «coesistenza di diverse fonti di diritti fondamentali» garantisce lo scopo di «fornire un elevato livello di protezione dei diritti delle persone» (67). Pertanto, il contenuto della garanzia dello Stato di diritto di cui agli articoli 19, primo paragrafo, secondo comma, TUE, e il rispetto dell’inamovibilità e dell’indipendenza di giudici ivi contenuti, sono determinati, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, TUE (68), dalla CEDU e dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri (69).

97.      Esiste pertanto una passerella costituzionale tra l’articolo 47 della Carta e l’articolo 19, paragrafo 1,TUE, dato che queste medesime fonti sono rilevanti ai fini della determinazione del contenuto del diritto ad «un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge» ai sensi dell’articolo 47 della Carta. Il secondo comma dell’articolo 19,paragrafo 1, TUE e l’articolo 47 della Carta sono inoltre vincolati dal loro rapporto con i principi generali di diritto. Devono essere interpretati in armonia con i medesimi cosicché la giurisprudenza elaborata in relazione a tali due disposizioni inevitabilmente si interseca (70).

98.      Ciò detto sono consapevole del fatto che la tensione inerente all’articolo 6, paragrafo 1, TUE, nel senso che tale Carta è, di fatto, riconosciuta come una fonte di diritti fondamentali garantiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione, mentre la medesima disposizione statuisce anche, al suo secondo comma, che «le disposizioni della Carta non estendono in alcun modo le competenze dell’Unione definite nei trattati» (71).

99.      Ritengo dunque che occorra essere prudenti nel ricorrere direttamente all’articolo 47 della Carta nell’illustrare la tutela con riferimento allo Stato di diritto di cui all’articolo 2 TUE e all’inamovibilità dei giudici e al diritto ad un giudice indipendente imparziale inerente nell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE almeno in situazioni in cui uno Stato membro non attua il diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, nonostante l’intersezione tra queste due disposizioni che inevitabilmente sorge a causa di fonti comuni.

100. Infatti, spesso viene fatto riferimento alla Carta come fonte di diritti fondamentali (72), ciò che non stupisce, dato lo status ad essa conferito dall’articolo 6, paragrafo 1,TUE. Tuttavia sebbene la Carta costituisca diritto dell’Unione primario, il ricorso ad essa in quanto fonte (diretta) di diritti fondamentali trova il suo limite quando entrano in gioco gli articoli 51, paragrafo 2, della Carta e 6, paragrafo 1, secondo comma, TUE, come avviene nella fattispecie, poiché la Polonia non sta attuando il diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta. L’estensione delle competenze della Commissione, risulterebbe, in violazione dell’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, TUE e dell’articolo 51, paragrafo 2, della Carta, se si dovesse fare affidamento diretto sull’articolo 47 della Carta.

101. In caso contrario, tuttavia, le fonti di diritti fondamentali di cui all’articolo 6 TUE sono dirimenti per la questione se una presunta violazione dell’indipendenza e dell’imparzialità insorga nel contesto di un inadempimento strutturale che deve essere disciplinato dall’articolo 19, paragrafo 1, TUE o in un contesto in cui uno Stato membro attua il diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta (73), per cui l’articolo 47 diventa direttamente rilevante.

2.      Applicazione al caso in esame

102. La Commissione sostiene che abbassare l’età pensionabile dei giudici dei tribunali ordinari a 60 anni per le donne e 65 anni per gli uomini, attribuendo al contempo al Ministro della Giustizia il potere discrezionale di prorogare l’età per il pensionamento dei giudici interessati dalla legge di modifica del luglio 2017, non è compatibile con la tutela giurisdizionale effettiva garantita dall’articolo 19, paragrafo1, secondo comma, TUE, sebbene tale potere discrezionale sia sancito dall’articolo 69, 1 ter, della legge sui tribunali ordinari. La disposizione in parola impone al ministro di prendere la decisione alla luce di una razionale assegnazione dei membri dei tribunali ordinari e delle esigenze legate al carico di lavoro di diversi tribunali (paragrafi 17 e 61 supra). I giudici sono altresì tutelati, ai sensi del diritto polacco, tra l’altro, dalla conservazione dello status di giudice dopo il pensionamento e dalla segretezza delle deliberazioni (paragrafo 61). La Commissione presenta inoltre la censura di cui trattasi nonostante il regime transitorio sopra delineato (paragrafo 55).

103. Sono giunto alla conclusione che la legge di modifica del luglio 2017 non garantisce l’inamovibilità dei giudici e la loro indipendenza, come tutelata dall’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, per i motivi che seguono. Ciò dipende dall’importanza di contestare le misure che compromettono l’indipendenza istituzionale o operativa dei giudici (74).

104. In primo luogo, la garanzia di inamovibilità è di per sé un principio fondamentale di strumenti internazionali in materia di diritti umani come il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici («ICCPR»), a cui gli Stati membri hanno collaborato (75).Tali strumenti sono da tempo costituiti come fonti del contenuto dei principi generali dell’ordinamento giuridico dell’Unione (76).

105. Non è pertanto priva di significato la circostanza che il Comitato dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite ha di recente espresso l’opinione secondo cui, ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, dell’ICCPR, «le garanzie relative alla garanzia di inamovibilità [dei giudici] sono presupposti dell’indipendenza dei giudici» e «qualsiasi situazione in cui l’esecutivo sia in condizione di controllare o indirizzare la magistratura non è compatibile con il patto» (77). Il Comitato ha sottolineato l’importanza di «garanzie che li tutelino da rimozioni arbitrarie dall’incarico» (78).

106. Pertanto, un abbassamento dell’età pensionabile dei giudici deve essere accompagnato da garanzie (79) che impediscano di fatto la rimozione di un giudice dall’incarico (80). In effetti, la Corte ha recentemente dichiarato che casi di revoca dei giudici «siano determinati da espresse disposizioni di legge» (81).

107. All’udienza la Polonia ha riconosciuto che ad almeno 26 giudici era stata negata una proroga all’età di 70 anni (82) ai sensi della legge di modifica del luglio 2017. Sulla base delle risposte fornite dall’agente per la Polonia all’udienza, tale cifra può arrivare a 112 giudici, a seconda dell’impatto delle misure transitorie (vedi punto 55 supra).

108. Ciò avrebbe la conseguenza che le donne giudici in questione sono andate in pensione 7 anni prima rispetto all’età prevista per legge prima dell’entrata in vigore della legge di modifica del luglio 2017, ossia 67 anni, mentre i giudici di sesso maschile in questione 2 anni prima rispetto all’età prevista per legge per il pensionamento. Tale situazione non era accompagnata da alcun obbligo, da parte del ministro, di motivare il diniego e da alcun controllo giurisdizionale. Ciò è avvenuto altresì in un contesto in cui, come riconosciuto dall’agente della Polonia all’udienza, fino all’inizio del presente secolo, la proroga oltre l’età prescritta dalla legge per il pensionamento era decisa dal Consiglio nazionale della magistratura. A partire dal 2002, il Ministro della Giustizia ha ricevuto le domande in tal senso, ma esse dovevano essere accolte dietro presentazione di un certificato medico di idoneità al lavoro. Nel 2017, poi, al Ministro della Giustizia è stato conferito il potere discrezionale di cui trattasi.

109. Alla luce di tutto ciò, un obbligo previsto dalla legge nei confronti del ministro di effettuare una razionale assegnazione delle risorse dei tribunali ordinari, insieme alle esigenze legate al carico di lavoro e fattori come la segretezza delle deliberazioni dei giudici e le garanzie costituzionali polacche sull’età pensionabile come risulta dalla legge al momento vigente, non sono sufficienti a proteggere da una rimozione di fatto dall’incarico dei giudici interessati dalla legge di modifica del luglio 2017 (83),in particolare quando si verifica nel contesto della completa riforma governativa della magistratura di tale tipo avviata in Polonia (84).

110. Non è stato inoltre fornito alcun motivo politico impellente o convincente per il trasferimento del potere di concedere proroghe dal Consiglio nazionale della magistratura al ministro, né è stata fornita una spiegazione adeguata in merito alla ragione per cui la rimozione dall’incarico di un giudice con un basso carico di lavoro, e non il suo trasferimento ad altro tribunale ordinario, fosse l’unica soluzione praticabile.

111. Per quanto riguarda il requisito dell’indipendenza, il regime di cui alla presente causa, come il regime che ho preso in considerazione nella causa Commissione/Polonia (C‑619/18) (85), prevede il simultaneo trasferimento ad un membro dell’esecutivo, nel caso di specie addirittura il Ministro della Giustizia (86), delle decisioni in merito alla proroga del periodo di servizio attivo dei giudici e un abbassamento normativo dell’età per il pensionamento dei giudici. Il pacchetto in parola non è compatibile con l’oggettivo elemento di imparzialità come tutelato dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (87). Inoltre, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha dichiarato che l’indipendenza e l’imparzialità «implicano l’esistenza di disposizioni, relative, in particolare, alla composizione dell’organo e alla nomina, durata delle funzioni, cause di astensione, di ricusazione e di revoca dei suoi membri, che consentano di fugare qualsiasi legittimo dubbio che i singoli possano nutrire in merito all’impermeabilità del detto organo rispetto a elementi esterni ed alla sua neutralità rispetto agli interessi contrapposti» (88).

112. Si tratta nella specie non è una presunzione di mancanza di professionalità dei giudici polacchi, o che le loro decisioni saranno necessariamente viziate da pregiudizi, se il Ministro della Giustizia non si è ancora pronunciato sulla proroga dell’attività, bensì la questione se l’opinione pubblica può legittimamente avere l’impressione che il regime in esame mini l’imparzialità del procedimento in cui l’esecutivo è parte nel delicato periodo in parola, un periodo che può protrarsi per tempo considerevole, dato che il Ministro della Giustizia non è mai obbligato a prendere una decisione (89). Anche nel caso di specie, un siffatto timore di parzialità in relazione all’opinione pubblica è acuito dalla mancanza di garanzie, quali la trasparenza e il controllo giurisdizionale (90).

113. Per quanto riguarda il regime transitorio (v. paragrafo 55 supra), è sufficiente rilevare che esso non comprende tutti i giudici interessati dalla legge di modifica del luglio 2017, ma soltanto alcuni, in particolare quelli che avevano 60 anni (se donne) o 65 anni (se uomini) al momento in cui è entrata in vigore la legge di modifica del luglio 2017 o che li hanno compiuti tra il 1oottobre 2017 e il 1o aprile 2018. Come è stato concluso dal relatore speciale delle Nazioni Unite sull’indipendenza dei magistrati e degli avvocati in occasione della sua missione in Polonia (91), ciò che è richiesto è una modifica del «nuovo regime pensionistico applicabile ai giudici dei tribunali ordinari in modo tale che esso si applichi soltanto ai giudici che abbiano assunto le proprie funzioni dopo l’entrata in vigore della legge» (92), in combinazione con l’eliminazione del potere discrezionale di proroga del Ministro della Giustizia (93).

114. Vorrei, tuttavia, concludere sottolineando che, nel delimitare l’ambito di applicazione dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, sul piano istituzionale, è in gioco la misura in cui la Corte è competente a sostituirsi ai giudici costituzionali nazionali e alla Corte europea dei diritti dell’uomo (94) nel pronunciarsi su violazioni di diritti fondamentali. Il rispetto del confine tra le competenze dell’Unione e quelle degli Stati membri è altrettanto importante in un ordinamento giuridico dell’Unione basato sullo Stato di diritto come protezione dei diritti fondamentali (95)

115. Pertanto, l’ambito di applicazione materiale dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE si limita, nel contesto dell’inamovibilità e dell’indipendenza dei giudici, a correggere problemi relativi alla strutturale infermità di un dato Stato membro; è quanto avviene nel caso di specie, dal momento che le leggi contestate dalla Commissione si ripercuotono su interi livelli del potere giudiziario. Queste potrebbero essere meglio definite come carenze (96) sistemiche o generalizzate, che «pregiudicano il contenuto essenziale» (97) dell’inamovibilità e dell’indipendenza dei giudici.

116. Tuttavia, casi singoli o specifici di violazione dell’inamovibilità dei giudici devono essere disciplinati dall’articolo 47 della Carta e solo in un contesto ove uno Stato membro stia attuando il diritto dell’Unione a norma dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta. In via di principio un vizio strutturale che comporti in aggiunta un’attuazione del diritto dell’Unione da parte degli Stati membri ricadrà nell’ambito di entrambe le disposizioni.

117. Ad ogni modo, per i motivi di cui sopra, la seconda censura della Commissione deve ritenersi fondata.

VII. Spese

118. Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

119. Conformemente alla soluzione da me proposta, sebbene le censure formulate dalla Commissione debbano essere respinte in quanto irricevibili nei limiti in cui si basano sull’articolo 47 della Carta, entrambe devono essere accolte nei limiti in cui si fondano sull’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e sull’articolo 157 TFEU, in combinato disposto con gli articoli 5, lettera a) e 9, paragrafo 1, lettera f) della direttiva 2006/54. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda e la Repubblica di Polonia è rimasta soccombente, quest’ultima deve essere condannata a farsi carico delle proprie spese nonché di quelle della Commissione.

VIII. Conclusione

120. Alla luce delle considerazioni che precedono, suggerisco che la Corte voglia:

(1) dichiarare che, introducendo all’articolo 13, punti da 1 a 3, della Ustawa o zmianie ustawy — Prawo o ustroju sądów powszechnych oraz niektórych innych ustaw (Legge recante modifica della legge sull’organizzazione dei tribunali ordinari e alcune altre leggi) del 12 luglio 2017, una differenziazione nell’età pensionabile di uomini e donne che svolgono la funzione di giudici nei tribunali ordinari e nel Sąd Najwyższy (Corte suprema)e di pubblici ministeri, la Repubblica di Polonia è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 157 TFUE nonché degli articoli 5, lettera a) e 9, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego;

(2) dichiarare che, abbassando, all’articolo 13, punto 1, della legge summenzionata, l’età pensionabile applicabile ai giudici dei tribunali ordinari e conferendo, all’articolo 1, punto 26, lettere b) e c), della legge citata al Ministro della Giustizia il potere discrezionale di decidere in merito alla proroga del periodo di servizio di detti giudici, la Repubblica di Polonia è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE;

(3) respingere il ricorso quanto al resto;

(4) condannare la Repubblica di Polonia a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione europea.


1      Lingua originale: l’inglese.


2      Dz. U. of 2017, posizione1452


3      GU 2006, L 204, pag. 23.


4      Dinanzi alla Corte sono pendenti diverse cause in merito alla riforma del sistema giudiziario polacco, comprese le domande di pronuncia pregiudiziale presentate dalla Corte suprema polacca (C‑522/18, C‑537/18, C‑585/18, C‑624/18, C‑625/18 e C‑668/18), dal Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa) (C‑824/18) e dai tribunali inferiori polacchi (C‑558/18, C‑563/18 e C‑623/18). Causa ancora pendente. V. altresì l’ordinanza del presidente della Corte, del 15 novembre 2018, Commissione/Polonia (C‑619/18, EU:C:2018:910) e le mie conclusioni in detta causa, EU:C:2019:325 (sentenza pendente). Discriminazione in base all’età e pensionamento obbligatorio dei giudici sono stati esaminati dalla Corte nella sentenza del 6 marzo 2012, Commissione /Ungheria, C‑286/12, EU:C:2012:687.


5      V. parere della Commissione di Venezia n. 904/2017 dell’11 dicembre 2017 sulla proposta di legge di modifica della legge sul Consiglio nazionale della magistratura, sulla proposta di legge di modifica della legge sulla Corte suprema, presentata dal Presidente di Polonia, e sulla legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali di diritto comune CDL-AD(2017)031; Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, Relazione del relatore speciale sull’indipendenza dei magistrati e degli avvocati in occasione della sua missione in Polonia del 5 aprile 2018, A/HRC/38/38/Add.1, punto 55; Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, Opinion on Certain Provisions of the Draft Act on the Supreme Court of Poland (as of 26 September 2017) (parere su talune disposizioni del progetto di legge sulla Corte suprema della Polonia al 26 settembre 2017), 13 novembre 2017, JUD-POL/315/2017.


6      EU:C:2019:325


7      COM (2017) 835 final, 20 dicembre 2017. V. discussione ibidem ai punti da 48 a 51.In tale proposta motivata la Commissione censura le seguenti leggi. La legge dell’11 maggio 2017 che modifica la legge sulla Scuola nazionale di magistratura, la legge sull’organizzazione dei tribunali ordinari e alcune altre leggi (Dz. U. del 2017, capo 1139, come modificata); la legge del 12 luglio 2017 che modifica la legge sull’organizzazione sugli organi giurisdizionali di diritto comune e alcune altre leggi (Dz. U. del 2017, capo 1452, come modificata); la legge dell’8 dicembre 2017 sulla Corte suprema (Dz. U. of 2018, capo 5, come modificata); e la legge dell’8 dicembre 2017 che modifica la legge sul Consiglio nazionale della magistratura e alcune altre leggi (Dz. U. del 2018, capo 3, come modificata).


8      EU:C:2019:325.Userò l’espressione «tutela giurisdizionale effettiva [effective legal protection nella versione inglese]» nelle presenti conclusioni, in conformità con il testo dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, pur tenendo presente che la Corte ha dichiarato che tale disposizione, combinata con il principio di leale collaborazione e l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, garantisce una «tutela giurisdizionale effettiva [effective judicial protection nella versione inglese]» (il corsivo è mio). V. sentenza del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses, C‑64/16, EU:C:2018:117, punto 34 «gli Stati membri stabiliscono i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare ai singoli il rispetto del loro diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione».


9      Per commenti recenti sulla considerazione dell’articolo 2 TUE quale disposizione che comprende norme azionabili in giudizio v. ad esempio Jacqué, J.P., «Etat de droit et confiance mutuelle» RTDE Aprile/Giugno 2018, pag. 239 e Adam, S. e Van Elsuwege, P., «L’exigence d’indépendance du juge, paradigme de l’Union européenne comme union de droit», 2018, Journal de droit européen, pag. 334. Entrambi i contributi trattano, oltre l’indipendenza e l’imparzialità del potere giudiziario nell’ambito dell’articolo dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma TUE, la conseguenza di tale sviluppo giurisprudenziale per il principio della fiducia reciproca tra Stati membri che gli Stati membri. V. in particolare sentenza della Corte del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (C‑216/18 PPU, EU:C:2018:56) e le mie conclusioni in tale causa (EU:C:2018:517).


10      V. sentenza della Corte del 25 luglio 2018 Minister for Justice and Equality (C‑216/18 PPU, EU:C:2018:56).


11      GU 1979, L 6, pag. 24.


12      Nell’ordinamento giuridico polacco, giudici e pubblici ministeri non vanno in pensione ma (letteralmente) «passano ad una fase di riposo» – cessano l’esercizio delle loro funzioni ma conservano taluni diritti e privilegi.


13      La Ustawa o zmianie ustawy o emeryturach i rentach z Funduszu Ubezpieczeń Społecznych (Legge recante modifica alla legge sulle pensioni di vecchiaia e altre pensioni corrisposte dal Fondo di previdenza sociale) del 16 novembre 2016 (Dz. U. del 2017, capo 38).


14      Articolo 13 della legge di modifica.


15      Dz. U. del 2001, n. 240, capo 2052.


16      Il 20 dicembre 2017, il Presidente della Repubblica ha firmato la Ustawa z dnia 8 grudnia 2017 r. o Sądzie Najwyższym (legge dell’8 dicembre 2017 sulla Corte suprema, Dz. U. del 2018, capo 5, come modificata) che è entrata in vigore il 3 aprile 2018, introducendo tale modifica. V. paragrafi da 5 a 7 delle mie conclusioni nella causa C- 619/18 (EU:C:2019:325).


17      Dz. U. del 2016, capo 177.


18      Dz. U. del 2018, capo 848.


19      Dz. U. del 2017, capo 1767, come modificato.


20      Dz. U. del 2018, capo 5.


21      La Commissione fa altresì riferimento agli articoli 1, 2 e 7, della direttiva 2006/54.


22      Sentenze del 28 settembre 1994, Beune (C‑7/93, EU:C:1994:350, punto 46); del 29 novembre 2001, Griesmar (C‑366/99, EU:C:2001:648, punto 28), e  del 13 novembre 2008, Commissione/Italia  (C‑46/07, EU:C:2008:618, punti 40 e 41).


23      La Commissione fa riferimento alla sentenza del 29 novembre 2001, Griesmar (C‑366/99, EU:C:2001:648, punto 78), e del 23 ottobre 2003, Schönheit e Becker (C‑4/02 e C‑5/02, EU:C:2003:583, punto 20).


24      La Commissione fa riferimento alle sentenze del 17 ottobre 1995, Kalanke (C‑450/93, EU:C:1995:322); dell’11 novembre 1997, Marschall (C‑409/95, EU:C:1997:533); del 28 marzo 2000, Badeck e a. (C‑158/97, EU:C:2000:163); del 19 marzo 2002, Lommers (C‑476/99, EU:C:2002:183); del 12 settembre 2002, Niemi (C‑351/00, EU:C:2002:480); del 30 settembre 2004, Briheche (C‑319/03, EU:C:2004:574), e del 30 settembre 2010, Roca Álvarez (C‑104/09, EU:C:2010:561).


25      L’articolo 26, paragrafi 1 e 2, dell’Ustawa o zmianie ustawy o emeryturach i rentach z Funduszu Ubezpieczeń Społecznych oraz niektórych innych ustaw (legge recante modifica alla legge sulle pensioni di vecchiaia e altre pensioni corrisposte dal Fondo di previdenza sociale) del 16 novembre 2016 (Dz. U. del 2017, capo 38).


26      La Commissione fa riferimento alla sentenza del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses (C‑64/16, EU:C:2018:117, punto 40).


27      Ibidem, punti 42 e 43.


28      Ibidem, punto 41.


29      La Commissione fa riferimento, in particolare, alla sentenza del 31 maggio 2005, Syfait e a. (C‑53/03, EU:C:2005:333, punto 31).


30      Sentenze del 4 maggio 2006, Commissione/Regno Unito (C‑508/03, EU:C:2006:287, punto 73 e la giurisprudenza ivi citata), e del 22 febbraio 2018, Commissione/Polonia (C‑336/16, EU:C:2018:94, punto 47 e la giurisprudenza ivi citata).


31      EU:C:2019:325.


32      Sentenza del 13 giugno 2017, Florescu e a. (C‑258/14, EU:C:2017:448, punti 47 e 48 e la giurisprudenza ivi citata).


33      Sentenza del 7 marzo 2017, X e X (C‑638/16 PPU, EU:C:2017:173, punto 45 e giurisprudenza ivi citata). Per una sintesi delle norme giuridiche relative al momento in cui gli Stati membri «attua[no]» il diritto dell’Unione a norma dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, v. ad esempio conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa Gullotta e Farmacia di Gullotta Davide & C. (C‑497/12, EU:C:2015:168, paragrafo 55). Più recentemente v. conclusioni dell’avvocato generale Bot nelle cause riunite TSN e AKT (C‑609/17 e C‑610/17, EU:C:2019:459, paragrafi da 72 a 118).


34      C‑235/17, EU:C:2018:971. Sentenza del 21 maggio 2019, EU:C:2019:432


35      Ibidem, punto 111.


36      Per una proposta innovativa sul maggior ruolo che i cittadini dell’Unione potrebbero svolgere per assicurare un’esecuzione più rigorosa dei valori che si riflettono nell’articolo 2 TUE v. von Bogdandy, A., Kottmann, M., Antpöhler, C., Dickschein, J., Hentrei, S., e Smrkolj, M., «Reverse Solange- protecting the essence of fundamental rights against EU Member States» Common Market Law Review 42, 2012, pag. 489. Per quanto riguarda appelli a ragionamenti costituzionali più chiari sulla Carta quale strumento per garantire una buona governance v. Frantziou, E., «Constitutional reasoning in the European Union and the Charter of Fundamental Rights: in search of public justification», European Public Law 25, 2019, pag. 183.


37      COM (2017) 835 final, 20 dicembre 2017.


38      EU:C:2019:325.


39      Ibidem, paragrafi da 48 a 51.


40      Sentenza del 17 aprile 1997, Evrenopoulos (C‑147/95, EU:C:1997:201, punto 19). Da allora tale principio è stato applicato in modo coerente. V., ad esempio, nel contesto della discriminazione basata sul sesso in relazione al calcolo delle prestazioni pensionistiche dei giudici, sentenza del 29 novembre 2001, Griesmar (C‑366/99, EU:C:2001:648, punto 28 e giurisprudenza ivi citata). V., più recentemente, sentenza del 26 marzo 2009, Commissione/Grecia (C‑559/07, EU:C:2009:198, punto 47).


41      Conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa Beune (C‑7/93, EU:C:1994:173, paragrafi 38 e 42).


42      C‑19/02, EU:C:2004:204.


43      Ibidem, paragrafo 45. L’avvocato generale faceva riferimento alla formulazione dell’articolo 141, paragrafo 2, CE (ora articolo 157 TFUE) e anche alle sentenze del 9 febbraio 1982, Garland (12/81, EU:C:1982:44, punto 5); del 17 maggio 1990, Barber (C‑262/88, EU:C:1990:209, punto 12), e del 9 febbraio 1999, Seymour-Smith and Perez (C‑167/97, EU:C:1999:60, punto 23).


44      Ibidem. Corsivo nell’originale.


45      Ibidem, paragrafo 49.


46      Sentenza del 6 dicembre 2012, Dittrich e a. (C‑124/11, C‑125/11 e C‑143/11, EU:C:2012:771, punto 38).


47      V. le mie conclusioni nella causa Safeway (C‑171/18, EU:C:2019:272, paragrafo 62), in cui faccio riferimento alla sentenza del 28 settembre 1994, Coloroll Pension Trustees (C‑200/91, EU:C:1994:348, punto 26).


48      Come indicato nelle conclusioni dell’avvocato generale Alber nella causa Griesmar (C‑366/99, EU:C:2001:117, punto 50), l’avvocato generale Jacobs nelle sue conclusioni nella causa Beune (C‑7/93, EU:C:1994:173, paragrafo 22), ha suggerito un’analisi in cinque fattori per determinare se si applichi la discrezionalità: la natura legislativa del regime pensionistico, se esso abbia natura di accordo, le sue modalità di finanziamento, la sua applicabilità ad una categoria generale di lavoratori e se esso abbia natura accessoria.


49      Sentenza del 28 settembre 1994, Beune (C‑7/93, EU:C:1994:350).


50      Sentenza del 25 maggio 2000, Podesta (C‑50/99, EU:C:2000:288).


51      Sentenza del 29 novembre 2001, Griesmar (C‑366/99, EU:C:2001:648).


52      Sentenza del 12 settembre 2002, Niemi (C‑351/00, EU:C:2002:480).


53      Sentenza del 23 ottobre 2003, Schönheit e Becker (C‑4/02 e C‑5/02, EU:C:2003:583 ).


54      Sentenza del 26 marzo 2009, Commissione/Grecia (C‑559/07, EU:C:2009:198).


55      Né vi è stata alcuna discussione riguardo al modo in cui il regime in parola sia simile ai regimi oggetto delle principali sentenze in cui la Corte ha concluso che un regime pubblico generale di pensione rientrava nella discrezionalità lasciata agli Stati membri ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 79/7 (v. ad esempio, sentenza del 7 luglio 1992, Equal Opportunities Commission, C‑9/91, EU:C:1992:297).


56      Sentenza del 26 marzo 2009, Commissione/Grecia (C‑559/07, EU:C:2009:198, punto 57). Rilevo, per ragioni di completezza, che molto recentemente la Corte ha fatto riferimento ai tre fattori rilevanti per determinare se si è costituito un collegamento tra gli anni di servizio e le prestazioni pensionistiche nella sua sentenza del 15 gennaio 2019, EB (C‑258/17, EU:C:2019:17, punto 46), ma al paragrafo 47 ha dichiarato che spetta al giudice del rinvio decidere tale questione.


57      Sentenza del 30 settembre 2010, Roca Álvarez (C‑104/09, EU:C:2010:561 , punto 33 e giurisprudenza ivi citata).


58      Conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa  C‑104/09 Roca Álvarez (EU:C:2010:254,  paragrafo 47). L’avvocato generale fa riferimento alla sentenza del 19 marzo 2002, Lommers (C‑476/99, EU:C:2002:183, punto 41).


59      Sentenza del 27 febbraio 2018 (C‑64/16, EU:C:2018:117).


60      Ibidem, punto 45 e la giurisprudenza ivi citata.


61      Sentenza del 19 settembre 2006, Wilson (C‑506/04, EU:C:2006:587, punto 51 e la giurisprudenza ivi citata)


62      Associação Sindical dos Juízes Portugueses (C‑64/16, EU:C:2018:117, punto 42 e la giurisprudenza ivi citata). L’intersezione tra protezione dell’indipendenza e imparzialità nel contesto dell’articolo 47 in combinato disposto con l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE è evidente nel parere 1/17 della Corte (seduta plenaria) del 20 aprile 2019 punti da 202 a 204 e la giurisprudenza ivi citata. V. ad esempio sentenza del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equalit (C‑216/18 PPU:EU:C:2018:586; punti da 63 a 65).


63      Associação Sindical dos Juízes Portugueses (C‑64/16, EU:C:2018:117, punto 44 e la giurisprudenza citata). Sentenza del 7 febbraio 2019, Escribano Vindel (C‑49/18, EU:C:2019:106, punto 66).


64      Ibidem, punto 40. V. anche il paragrafo 63 delle mie conclusioni nella causa Commissione/Polonia, (Indipendenza della Corte suprema), C‑619/18, EU:C:2019:325.


65      Sentenza del 7 febbraio 2019, Escribano Vindel (C‑49/18, EU:C:2019:106, punto 63 e la giurisprudenza ivi citata), e sentenza della Corte del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (C‑216/18 PPU, EU:C:2018:56, punto 52).


66      Per un dibattito recente v. Mătuşescu, C., «The scope of application of fundamental rights guaranteed by European Union law on Member States’ action; Some jurisprudential landmarks» Law Review; International Journal of Law and Jurisprudence Open Source Online Publication (2017), pag. 22, a pag. 24. ((http://www.internationallawreview.eu/revista/?rev_id= 27).


67      Hofmann, H., e Mihaescu, B., «The relation between the Charter’s Fundamental Rights and the unwritten general principles of EU law: Good administration as the test case» 9 (2013) European Constitutional Law Review, pag. 73, a pag. 83. V. anche Lenaerts, K. e Gutiérrez-Fons, J.A., «The place of the Charter in the EU Constitutional Edifice» in Peers, S., Hervey, T., Kenner, J., e Ward, A., The EU Charter of Fundamental Rights: A commentary, Hart Publishing, Oxford, 2014, pag. 1573. A pag. 1575 e segg. gli autori tracciano alcuni «paralleli tra la Carta e i principi generali del diritto dell’Unione».


68      V. a tal proposito, ad esempio, sentenza della Corte EDU, 6 novembre 2018, Nunes De Carvalho c. Portogallo, CE:ECHR:2018:1106JUD005539113, punti da 144 a 150; sentenza della Corte EDU del 25 settembre 2018, Denisov c. Ucraina CE:ECHR:2018:0925JUD007663911, punti da 60 a 64. L’oggetto e gli elementi oggettivi di indipendenza e imparzialità si riflettono anche nella giurisprudenza della Corte. V., ad esempio, sentenza del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality, C‑216/18 PPU, EU:C:2018:56, punti da 63 a 65, intesi dalla Corte come aspetti esterni e interni.


69      Per una recente analisi delle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri v. Rossi, L.S. «Droit fondamentaux, primauté et autonomie: la mise en balance entre les principes “constitutionnels” de l’Union européenne», RTDE, 2019.


70      Sentenza del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (C‑216/18 PPU, EU:C:2018:56).


71      V. anche articolo 51, paragrafo 2, della Carta. V. recentemente sentenza del 25 ottobre 2018, Anodiki Services EPE (C‑260/17, EU:C:2018:864, punto 38). V. anche sentenza del 10 luglio 2014, Julián Hernández e a. (C‑198/13, EU:C:2014:2055, punti da 32 a 37 e la giurisprudenza ivi citata.


72      V. recentemente ad esempio. Frantziou, E., «Constitutional reasoning in the European Union and the Charter of Fundamental Rights: in search of public justification», European Public Law 25, 2019, 183, pag. 188; Lenaerts, K. e Gutiérrez-Fons, J.A., «The place of the Charter in the EU Constitutional Edifice» in Peers, S., Hervey, T., Kenner, J., e Ward, A., The EU Charter of Fundamental Rights: A commentary, Hart Publishing, Oxford, 2014, pag. 1573, pag. 1576.


73      V. supra note 32 e 33 supra.


74      V. il commento al punto 1.5 di The Bangalore Principles on Judicial Conduct, United Nations, Vienna, 2018,, pag. 39.


75      V., ad esempio, l’osservazione generale n. 32 relativa all’articolo 14 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, CCPR/C/GC/32, pubblicato il 23 agosto 2007, Comitato dei diritti dell’uomo dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, paragrafo 19 e il parere n. 1 (2001) del Consiglio consultivo dei giudici europei del Consiglio d’Europa, del 23 novembre 2001, CCJE (2001) OP n. 1, stabilisce, a pag. 13, quanto segue, al titolo «Inamovibilità e disciplina»: «È un principio fondamentale dell’indipendenza dei giudici che l’inamovibilità sia garantita fino al raggiungimento dell’età pensionabile obbligatoria o fino alla scadenza del termine stabilito per la cessazione dell’incarico» riferendosi ai principi di base delle Nazioni Unite su questo tema. V. inoltre per quanto riguarda la garanzia di inamovibilità fonti citate nella nota 5 supra.


76      V. le conclusioni dell’avvocato generale Mengozzi, K e B (C‑380/17, EU:C:2018:504, paragrafo 44 ), e, ad esempio, la sentenza del 14 febbraio 2008, Dynamic Medien (C‑244/06, EU:C:2008:85, punto 39).


77      Comunicazione n. 2203/2012 del 7 novembre 2017, Zamora/Venezuela, punto 9.3.


78      Ibidem.


79      Sull’importanza delle garanzie, v., ad esempio, sentenza della Corte EDU, 16 dicembre 2013, Cooper c. Regno Unito, CE:ECHR:2003:1216JUD004884399, punti da 123 a 126.


80      La Corte europea dei diritti dell’uomo ha dichiarato che i giudici non possono essere collocati a riposo precocemente sena il loro consenso. V. ad esempio, sentenza del 9 giugno 1998, Incal c. Turchia, CE:ECHR:1998:0609JUD002267893, punto 67.


81      Sentenza del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (C‑216/18 PPU, EU:C:2018:56, punto 66).


82      All’udienza, l’agente per la Polonia ha affermato che questa era l’età per cui sono state prese in considerazione le proroghe.


83      A pag. 27 della relazione della Commissione europea per la democrazia attraverso il diritto (Parere della Commissione di Venezia n. 904/2017, dell’11 dicembre 2017), nota 5 supra, si conclude che il «Ministro della Giustizia non deve avere il potere discrezionale di prorogare il mandato di un giudice oltre l’età pensionabile».


84      V. note 5 e 7 supra.


85      EU:C:2019:325.


86      La Corte europea dei diritti dell’uomo ha recentemente sottolineato, nel contesto dell’indipendenza del potere giudiziario, la crescente importanza della separazione dei poteri tra l’esecutivo e il giudiziario nella sua giurisprudenza. V., ad esempio, sentenza della Corte EDU, 12 marzo 2019, Ástráđsson c. Iceland CE:ECHR:2019:0312JUD002637418, punto 103


87      Nota 68 supra.


88      Sentenza del 19 settembre2006, Wilson (C‑506/04, EU:C:2006:587, punto 53 e la giurisprudenza ivi citata). V. anche sentenza nella causa Minister for Justice and Equality (C‑216/18 PPU, EU:C:2018:56, punti 66 e 77).


89      Il relatore speciale delle Nazioni Unite sull’indipendenza dei giudici e degli avvocati nella sua missione in Polonia, nota 5 supra, ha dichiarato al punto 52 che «la mancanza di un calendario per l’adozione di una decisione consente al Ministro della giustizia di mantenere l’influenza sui giudici interessati per il tempo rimanente del loro mandato giudiziario».


90      La Commissione di Venezia, di cui alla nota 5 supra, ha concluso, a pag. 26, che riforme al potere giudiziario polacco, inclusa la legge sui tribunali ordinari «consentono al potere legislativo ed esecutivo di interferire in modo grave ed esteso sull’amministrazione della giustizia e rappresentano dunque una seria minaccia per l’indipendenza del potere giudiziario quale elemento chiave dello Stato di diritto». V. ad esempio sentenza della Corte EDU del 12 marzo 2019, Ástráđsson c. Iceland CE:ECHR:2019:0312JUD002637418, punto 103, in cui la Corte EDU ha esaminato se una violazione delle norme nazionali applicabili sulla nomina dei giudici «creasse un rischio reale che gli altri organi del governo, in particolare l’esecutivo, esercitassero un indebito potere discrezionale inficiando l’integrità del processo di nomina».


91      Relazione del 5 aprile 2018, A/HRC/38/38/Add. 1, nota 5 supra.


92      Ibidem, paragrafo 83.


93      Ibidem. V. altresì il parere della Commissione di Venezia, nota 5 supra, pag. 27.


94      Avvocato generale Saugmandsgaard Øe nella causa Commissione/Ungheria (diritti di usufrutto su terreni agricoli), C‑235/17, EU:C:2018:971, paragrafo 68. V. anche Spaventa, E., «Should we “harmonize” fundamental rights in the EU? Some reflections about minimum standards and fundamental rights protection in the EU composite constitutional system», Common Market Law Review, 997. A pag. 1022, l’autore mette in discussione «la saggezza della centralizzazione dei diritti fondamentali nell’Unione europea».


95      Avvocato generale Saugmandsgaard Øe nella causa Commissione/Ungheria (Diritti di usufrutto di terreno agricolo), C‑235/17, EU:C:2018:971Ibidem, paragrafo 101


96      Sentenza del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (C‑216/18 PPU, EU:C:2018:56, punto 60).


97      Ibidem