Language of document : ECLI:EU:C:2012:218

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 19 aprile 2012 (1)

Causa C‑416/10

Jozef Križan e altri

contro

Slovenská inšpekcia životného prostredia

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Najvyšší súd Slovenskej republiky (Corte suprema di cassazione della Repubblica slovacca)]

«Ambiente – Costruzione di una discarica di rifiuti – Domanda di pronuncia pregiudiziale – Legittimazione a sottoporre questioni alla Corte a seguito di una decisione di un giudice costituzionale nazionale – Direttiva 2008/1/CE – Prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento ambientale – Direttiva 1999/31/CE – Discariche di rifiuti – Partecipazione del pubblico – Accesso ad una decisione sull’ubicazione dell’impianto – Principio di effettività – Sanatoria di vizi procedurali – Direttiva 85/337/CEE – Valutazione di impatto ambientale per determinati progetti pubblici e privati – Attualità della valutazione di impatto ambientale – Potere dei giudici nazionali di verificare d’ufficio il carattere attuale della valutazione di impatto ambientale – Tutela cautelare in materia ambientale – Proprietà»






Indice


I – Introduzione

II – Contesto normativo

A – La Convenzione di Aarhus

B – Diritto dell’Unione

1. La direttiva IPPC

2. La direttiva sulle discariche di rifiuti

3. La direttiva sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale

4. La direttiva VIA

C – Diritto slovacco

III – Fatti, procedimento a quo e domanda di pronuncia pregiudiziale

A – Sull’ubicazione

B – Sulla valutazione dell’impatto ambientale

C – Sull’autorizzazione integrata dell’impianto

D – Sul procedimento giurisdizionale

E – Le questioni sollevate dalla Corte di cassazione slovacca

IV – Analisi giuridica

A – Quanto alla prima questione pregiudiziale – Legittimazione della Corte di cassazione al rinvio pregiudiziale

B – Sulla seconda questione pregiudiziale – Accesso alla decisione sull’ubicazione dell’impianto nella procedura di autorizzazione integrata

1. Sulla ricevibilità della seconda questione pregiudiziale

2. Sulla necessità di garantire l’accesso alla decisione sull’ubicazione dell’impianto

a) Sulla divulgazione di informazioni nell’ambito del procedimento di autorizzazione integrata

b) Sulla divulgazione della decisione sull’ubicazione

3. Sulla tutela dei segreti commerciali

4. Sul momento della divulgazione

5. Conclusione relativa alla seconda questione pregiudiziale

C – Sulla terza questione pregiudiziale – Applicazione della direttiva VIA

1. Sulla direttiva VIA

a) Sull’applicabilità della direttiva VIA

b) Sui criteri per la proroga della validità della decisione sull’impatto ambientale

c) Sulla partecipazione del pubblico alla decisione relativa al carattere tuttora sufficiente o meno di una valutazione di impatto ambientale pregressa

d) Conclusione parziale

2. Sull’ammissibilità di uno scorporo della tutela giurisdizionale in riferimento a vari presupposti di un’autorizzazione

3. Sulla rilevabilità d’ufficio di determinate questioni giuridiche

4. Conclusione riguardo alla terza questione pregiudiziale

D – Sulla quarta questione pregiudiziale – Tutela cautelare

E – Sulla quinta questione pregiudiziale – Portata della tutela accordata al diritto di proprietà

V – Conclusione

I –    Introduzione

1.        Il Najvyšší súd Slovenskej republiky, ossia la Corte suprema di cassazione della Repubblica slovacca, sottopone alla Corte varie questioni scaturenti da una lite estremamente complessa in merito all’autorizzazione di una discarica di rifiuti.

2.        Va chiarito in particolare se, nell’ambito della partecipazione del pubblico ad una procedura di autorizzazione ai sensi della direttiva sulla prevenzione e sulla riduzione integrate dell’inquinamento (2) (in prosieguo: la «direttiva IPPC» [Integrated Pollution Prevention and Control]), debba essere prodotta una decisione sull’ubicazione di una discarica di rifiuti, la quale sia stata adottata in un procedimento separato da quello di autorizzazione.

3.        Oltre a ciò, si pongono questioni in merito all’applicazione della direttiva concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (3) (in prosieguo: la «direttiva VIA»), e segnatamente in merito all’applicazione ratione temporis di tale direttiva, alla sufficiente attualità della valutazione di impatto ambientale ed alla partecipazione del pubblico alla decisione relativa al carattere sufficientemente attuale o no di tale valutazione.

4.        Tali questioni di diritto ambientale si collocano nel quadro di problematiche riguardanti l’attuazione del principio di effettività nella concreta delineazione dei procedimenti amministrativi e giurisdizionali nazionali.

5.        Si pone dunque, in correlazione all’accesso alla decisione sull’ubicazione, la questione se un eventuale diniego di accesso, illegittimamente disposto in un primo momento, possa essere successivamente sanato nell’ambito del procedimento amministrativo.

6.        Riguardo ai possibili vizi della valutazione di impatto ambientale, va chiarito se il diritto dell’Unione consenta di prevedere un procedimento giurisdizionale separato rispetto alla tutela giuridica accordata per contestare l’autorizzazione integrata della discarica, e se il giudice nazionale competente possa o debba rilevare, eventualmente d’ufficio, nella causa vertente sull’autorizzazione integrata, eventuali vizi della valutazione di impatto ambientale.

7.        Inoltre, la Corte di cassazione slovacca chiede se essa sia legittimata a concedere provvedimenti cautelari, e se l’attuazione delle due direttive sopra citate nonché della Convenzione di Aarhus (4) sia compatibile con il diritto fondamentale di proprietà.

II – Contesto normativo

A –    La Convenzione di Aarhus

8.        L’articolo 6 della Convenzione di Aarhus, sottoscritta dalla Comunità in tale città della Danimarca il 25 giugno 1998 (5), prevede una partecipazione del pubblico alle procedure di autorizzazione di determinate attività.

9.        L’articolo 6, paragrafo 4, della Convenzione disciplina le caratteristiche della partecipazione del pubblico:

«Ciascuna Parte provvede affinché la partecipazione del pubblico avvenga in una fase iniziale, quando tutte le alternative sono ancora praticabili e tale partecipazione può avere un’influenza effettiva».

10.      La disciplina dell’accesso alle informazioni nell’ambito della partecipazione del pubblico viene precisata nell’articolo 6, paragrafo 6, della citata Convenzione:

«Ciascuna Parte impone alle pubbliche autorità competenti di consentire al pubblico interessato, su sua richiesta e qualora ciò sia previsto dal diritto nazionale, di consultare gratuitamente, non appena siano disponibili, tutte le informazioni rilevanti ai fini del processo decisionale di cui al presente articolo ottenibili al momento della procedura di partecipazione del pubblico, fatto salvo il diritto delle Parti di rifiutare la divulgazione di determinate informazioni ai sensi dell’articolo 4, paragrafi 3 e 4. (...)».

11.      L’articolo 9 della Convenzione reca disposizioni in materia di tutela dei diritti; in particolare, quelle dettate dal paragrafo 4 presentano qui speciale interesse:

«Fatto salvo il paragrafo 1, le procedure di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 devono offrire rimedi adeguati ed effettivi, ivi compresi, eventualmente, provvedimenti ingiuntivi, e devono essere obiettive, eque, rapide e non eccessivamente onerose. (...)».

B –    Diritto dell’Unione

1.      La direttiva IPPC

12.      Il procedimento a quo verte su una decisione adottata il 18 agosto 2008. Già il 18 febbraio 2008 la direttiva 96/61/CE (6), più volte modificata, era stata codificata, senza modifiche sostanziali, dalla direttiva 2008/1 (in prosieguo: la «direttiva IPPC»), senza previsione di alcun periodo transitorio, secondo quanto disposto dall’articolo 22 di quest’ultima direttiva. Pertanto, qui di seguito farò riferimento alla direttiva IPPC nel testo di cui alla direttiva 2008/1.

13.      L’undicesimo considerando della direttiva IPPC disciplina i rapporti con la direttiva VIA:

«Le disposizioni della presente direttiva dovrebbero applicarsi fatte salve le disposizioni della [direttiva VIA]. Qualora informazioni o conclusioni ottenute a norma di quest’ultima direttiva vadano prese in considerazione per concedere un’autorizzazione, la presente direttiva non dovrebbe ostare all’applicazione della [citata direttiva VIA]».

14.      Il ventiquattresimo considerando riguarda la partecipazione del pubblico:

«Una partecipazione effettiva del pubblico al processo decisionale dovrebbe, da un lato, consentire che vengano espressi punti di vista e preoccupazioni che possono utilmente influire sulle decisioni, dall’altro, consentire ai responsabili di tener conto di tali rilievi, il che accresce la responsabilità e la trasparenza del processo decisionale, oltre a favorire la consapevolezza del pubblico sui problemi ambientali e l’adesione alle decisioni adottate. In particolare, il pubblico dovrebbe avere accesso alle informazioni sul funzionamento degli impianti ed ai loro potenziali effetti sull’ambiente e, prima di qualsiasi decisione, alle informazioni relative alle domande di autorizzazione di nuovi impianti o di modifiche sostanziali e alle autorizzazioni stesse ed ai relativi aggiornamenti e dati di controllo».

15.      L’articolo 1 della direttiva IPPC definisce la finalità di quest’ultima nei seguenti termini:

«La presente direttiva ha per oggetto la prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento proveniente dalle attività di cui all’allegato I. Essa prevede misure intese a evitare oppure, qualora non sia possibile, a ridurre le emissioni delle suddette attività nell’aria, nell’acqua e nel suolo, comprese le misure relative ai rifiuti, per conseguire un livello elevato di protezione dell’ambiente nel suo complesso, lasciando impregiudicate le disposizioni della [direttiva VIA] e altre disposizioni comunitarie in materia».

16.      L’articolo 6 della direttiva IPPC fissa i requisiti cui deve rispondere una domanda di autorizzazione:

«1.      Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché una domanda di autorizzazione presentata all’autorità competente precisi:

a)      l’impianto e le sue attività;

(...)

d)      lo stato del sito su cui l’impianto sorge;

(...)

j)      in forma sommaria, le eventuali principali alternative prese in esame dal richiedente.

La domanda di autorizzazione contiene anche una sintesi non tecnica dei dati di cui alle lettere da a) a j).

2.      I dati forniti a norma della direttiva 85/337/CEE (...), nonché altre informazioni conformi a qualunque altra normativa, qualora soddisfino uno dei requisiti di cui al presente articolo, possono essere inclusi nella domanda di autorizzazione o essere a essa acclusi».

17.      L’articolo 9 della direttiva IPPC detta norme disciplinanti il contenuto dell’autorizzazione:

«1.      Gli Stati membri si accertano che l’autorizzazione includa tutte le misure necessarie per soddisfare le relative condizioni di cui agli articoli 3 e 10, al fine di conseguire un livello elevato di protezione dell’ambiente nel suo complesso, attraverso una protezione dell’aria, dell’acqua e del suolo.

2.      In caso di nuovo impianto o di modifica sostanziale, cui si applichi l’articolo 4 della direttiva 85/337/CEE, le informazioni ottenute o le conclusioni raggiunte in base agli articoli 5, 6 e 7 di tale direttiva devono essere prese in considerazione per il rilascio dell’autorizzazione.

(...)

4.      Fatto salvo l’articolo 10, i valori limite di emissione, i parametri e le misure tecniche equivalenti di cui al paragrafo 3 si basano sulle migliori tecniche disponibili, senza l’obbligo di utilizzare una tecnica o una tecnologia specifica, tenendo conto delle caratteristiche tecniche dell’impianto in questione, della sua ubicazione geografica e delle condizioni locali dell’ambiente. In tutti i casi, le condizioni di autorizzazione prevedono disposizioni per ridurre al minimo l’inquinamento su grande distanza o transfrontaliero e garantiscono un elevato livello di protezione dell’ambiente nel suo complesso».

18.      L’articolo 15 della direttiva IPPC disciplina la partecipazione del pubblico nei seguenti termini:

«1.      Gli Stati membri provvedono affinché al pubblico interessato vengano offerte tempestive ed effettive opportunità di partecipare alle procedure relative:

a)      al rilascio di un’autorizzazione per nuovi impianti;

b)      (...)

(...).

Ai fini di tale partecipazione si applica la procedura stabilita nell’allegato V.

2.      (...)

3.      Le disposizioni dei paragrafi 1 e 2 si applicano nel rispetto delle restrizioni previste nell’articolo 4, paragrafi 1, 2 e 4, della direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale».

19.      L’articolo 16 della direttiva IPPC reca disposizioni particolari in materia di tutela dei diritti, in attuazione dell’articolo 9, paragrafo 2, della Convenzione di Aarhus.

20.      L’allegato V precisa quali informazioni possono essere rese accessibili al pubblico:

«1.      Il pubblico è informato (attraverso pubblici avvisi oppure in altra forma adeguata quali mezzi di comunicazione elettronici, se disponibili), in una fase precoce della procedura di adozione di una decisione o, al più tardi, non appena sia ragionevolmente possibile fornire le informazioni, sui seguenti aspetti:

a)      la domanda di autorizzazione o, secondo il caso, la proposta di aggiornamento di un’autorizzazione o delle condizioni di autorizzazione ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, compresa la descrizione degli elementi di cui all’articolo 6, paragrafo 1;

(...)

c)      informazioni sulle autorità competenti responsabili dell’adozione della decisione, quelle da cui possono essere ottenute informazioni [pertinenti], quelle cui possono essere presentati osservazioni o quesiti, nonché indicazioni sui termini per la trasmissione di osservazioni o quesiti;

(...)

f)      l’indicazione dei tempi e dei luoghi in cui possono essere ottenute le informazioni [pertinenti] e le modalità in base alle quali esse sono rese disponibili;

(...).

2.      Gli Stati membri provvedono affinché, entro scadenze ragionevoli, il pubblico interessato abbia accesso:

a)      conformemente alla legislazione nazionale, ai principali rapporti e [pareri] pervenuti alla o alle autorità competenti nel momento in cui il pubblico interessato è informato conformemente al [punto] 1;

b)      conformemente alle disposizioni della direttiva 2003/4/CE, alle informazioni diverse da quelle previste al [punto] 1 che sono pertinenti ai fini della decisione di cui all’articolo 8 e che [divengono] disponibili soltanto dopo che il pubblico interessato è stato informato conformemente al [punto] 1».

21.      La consultazione del pubblico viene disciplinata nell’allegato V, punti 3 e 4:

«3.      Il pubblico interessato ha il diritto di presentare osservazioni e di esprimere pareri all’autorità competente prima che sia adottata una decisione.

4.      Gli esiti delle consultazioni condotte ai sensi del presente allegato vanno tenuti nella dovuta considerazione al momento della decisione».

2.      La direttiva sulle discariche di rifiuti

22.      La direttiva relativa alle discariche di rifiuti (7) (in prosieguo: la «direttiva sulle discariche») disciplina la costruzione e la gestione delle discariche di rifiuti.

23.      Ai sensi del suo articolo 1, paragrafo 2, la direttiva sulle discariche stabilisce i requisiti tecnici delle discariche che ricadono sotto la direttiva IPPC:

«Per quanto riguarda le caratteristiche tecniche delle discariche, la presente direttiva contiene, per [le discariche] alle quali si applica la direttiva 96/61/CE, i pertinenti requisiti tecnici [volti a tradurre] in termini concreti i requisiti generali di [quest’ultima] direttiva. Si considerano soddisfatti i requisiti pertinenti della direttiva 96/61/CE se sono soddisfatti i requisiti della presente direttiva».

24.      L’articolo 7 della direttiva sulle discariche disciplina il contenuto della domanda di autorizzazione. Questa deve contenere, in particolare:

«d)      la descrizione del sito, ivi comprese le caratteristiche idrogeologiche e geologiche».

25.      Le condizioni per il rilascio dell’autorizzazione sono stabilite all’articolo 8:

«Gli Stati membri adottano misure affinché:

a)      l’autorità competente conceda l’autorizzazione per la discarica solo qualora:

i)      fatto salvo l’articolo 3, paragrafi 4 e 5, il progetto di discarica soddisfi tutte le prescrizioni pertinenti della presente direttiva, compresi gli allegati;

ii)      (...)».

26.      L’allegato I della direttiva sulle discariche definisce i requisiti cui deve rispondere una discarica, in particolare per quanto riguarda la sua ubicazione:

«1.      Ubicazione

1.1.      Per l’ubicazione di una discarica si devono prendere in considerazione i seguenti fattori:

a)      le distanze fra i confini dell’area e le zone residenziali e di ricreazione, le vie navigabili, i bacini idrici e le altre aree agricole o urbane;

b)      l’esistenza di acque freatiche e costiere e di zone di protezione naturale nelle vicinanze;

c)      le condizioni geologiche e idrogeologiche della zona;

d)      il rischio di inondazione, cedimento, frane o valanghe nell’area della discarica;

e)      la protezione del patrimonio naturale o culturale della zona.

1.2.      La discarica può essere autorizzata solo se le caratteristiche del luogo, per quanto riguarda i fattori summenzionati, o le misure correttive da adottare indicano che la discarica non costituisce un grave rischio ecologico».

3.      La direttiva sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale

27.      L’articolo 15, paragrafo 3, della direttiva IPPC rinvia alla direttiva sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale (8) (in prosieguo: la «direttiva sull’informazione ambientale»). L’articolo 4 di quest’ultima direttiva disciplina le eccezioni:

«1.      (...)

2.      Gli Stati membri possono disporre che la richiesta di informazione ambientale sia respinta qualora la divulgazione di tale informazione rechi pregiudizio:

(...)

d)      alla riservatezza delle informazioni commerciali o industriali qualora la riservatezza sia prevista dal diritto nazionale o comunitario per tutelare un legittimo interesse economico, compreso l’interesse pubblico di mantenere la riservatezza statistica ed il segreto fiscale;

(...).

I motivi di rifiuto di cui ai paragrafi 1 e 2 sono interpretati in modo restrittivo tenendo conto nel caso specifico dell’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione. In ogni caso specifico l’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione è ponderato con l’interesse tutelato dal rifiuto. Gli Stati membri non possono, in virtù del paragrafo 2, lettere a), d), f), g) e h), disporre che una richiesta sia respinta se quest’ultima concerne informazioni sulle emissioni nell’ambiente.

(...)

3.      (...)

4.      L’informazione ambientale detenuta dalle autorità pubbliche o per loro conto e oggetto di richiesta è messa a disposizione in maniera parziale quando è possibile estrarre dal resto dell’informazione richiesta le informazioni indicate al paragrafo 1, lettere d) ed e), o al paragrafo 2».

4.      La direttiva VIA

28.      L’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva VIA definisce la nozione di autorizzazione come segue:

«decisione dell’autorità competente, o delle autorità competenti, che conferisce al committente il diritto di realizzare il progetto stesso».

29.      L’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva VIA stabilisce l’obbligo fondamentale di effettuare una valutazione dell’impatto ambientale:

«Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché, prima del rilascio dell’autorizzazione, per i progetti per i quali si prevede un notevole impatto ambientale, in particolare per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, sia prevista un’autorizzazione e una valutazione del loro impatto. Detti progetti sono definiti nell’articolo 4».

30.      L’articolo 10 bis della direttiva VIA contiene, in attuazione dell’articolo 9, paragrafo 2, della Convenzione di Aarhus, norme particolari in materia di tutela dei diritti.

C –    Diritto slovacco

31.      La direttiva IPPC è stata trasposta nell’ordinamento della Repubblica slovacca mediante la legge n. 245/2003. Ai fini del presente procedimento assume rilievo, in particolare, l’articolo 8, paragrafi 3 e 4, di tale legge, il quale disciplina i rapporti con altri procedimenti amministrativi:

«(3)      Ove si tratti di un’autorizzazione integrata di gestione che richiede al tempo stesso l’autorizzazione di una nuova opera edilizia o di una modifica di un’opera edilizia preesistente, il procedimento comprende altresì un procedimento di autorizzazione edilizia. Nell’ambito dell’autorizzazione integrata, l’autorità edilizia riveste la qualità di autorità interessata (articolo 10, paragrafo 2).

(4)      La procedura di assenso urbanistico, la valutazione dell’impatto ambientale dell’impianto e la fissazione delle condizioni per la prevenzione di gravi incidenti industriali non formano parte dell’autorizzazione integrata».

32.      Va altresì richiamato l’articolo 11, paragrafo 2, lettera g), della legge sopra citata, il quale stabilisce che insieme alla domanda di autorizzazione va presentata un’eventuale decisione sull’ubicazione:

«Alla domanda vanno acclusi in allegato:

(...)

la decisione di assenso urbanistico, qualora si tratti di un nuovo impianto o dell’ampliamento di un impianto esistente;

(...)».

III – Fatti, procedimento a quo e domanda di pronuncia pregiudiziale

33.      Il procedimento a quo riguarda la costruzione di una discarica di rifiuti nella città slovacca di Pezinok. Sul terreno dove in passato sorgeva una fabbrica di mattoni si trova da vari decenni una vecchia discarica di rifiuti. Sullo stesso terreno, in una vecchia cava d’argilla, si intende ora costruire una nuova discarica.

34.      Secondo il fascicolo di causa, tale progetto ha costituito l’oggetto di tre decisioni, fondate l’una sull’altra e adottate in separati procedimenti amministrativi. Il comune e l’autorità regionale per la pianificazione urbanistica hanno individuato il sito, il Ministero per l’Ambiente ha deliberato sull’impatto ambientale e l’Ispettorato dell’Ambiente ha infine rilasciato, nell’ambito di un procedimento strutturato su due gradi, un’autorizzazione di esercizio integrata. La domanda di pronuncia pregiudiziale è stata proposta nell’ambito del procedimento giurisdizionale vertente su quest’ultima decisione.

A –    Sull’ubicazione

35.      Il comune di Pezinok ha adottato il 26 giugno 1997, mediante il regolamento generale n. 2/1997, un piano urbanistico che prevedeva, tra l’altro, la costruzione di una discarica di rifiuti nella vecchia cava d’argilla nelle immediate vicinanze della città (300 m circa). Tuttavia, il comune suddetto ha modificato tale piano nel 2002, e nel 2006, dopo che la Corte costituzionale slovacca aveva dichiarato incostituzionale il piano vigente, ha adottato un nuovo piano; in entrambe le circostanze il comune suddetto ha previsto che sul terreno in questione non potesse essere costruita nessuna discarica.

36.      Tuttavia, già il 7 agosto 2002 la società Ekologická skládka a.s. aveva presentato istanza di individuazione del sito della nuova discarica di rifiuti. Il comune ha respinto tale istanza il 30 novembre 2006, ma l’Ufficio urbanistico regionale di Bratislava ha riformato tale decisione in data 7 maggio 2007, rilasciando un’autorizzazione di trasformazione urbanistica, nella quale veniva individuato il sito della discarica.

37.      Nell’ambito di tale procedimento amministrativo, vari residenti (in prosieguo: il «sig. Križan e a.») hanno presentato obiezioni. Essi hanno lamentato in particolare la violazione del piano urbanistico modificato del 2006, nonché l’assenza di imparzialità dei dipendenti dell’Ufficio urbanistico regionale. I predetti residenti sono stati però estromessi dal procedimento, con la motivazione che i loro diritti non risultavano direttamente pregiudicati in tale stadio procedimentale. Pertanto, il provvedimento di riforma sopra menzionato non ha preso posizione in merito alle suddette obiezioni.

38.      Il ricorso giurisdizionale presentato dal comune di Pezinok contro tale provvedimento di riforma è stato respinto, in quanto detto comune non poteva rivestire in tale procedimento al tempo stesso la posizione di autorità amministrativa di prima istanza e quella di parte processuale (9). Il sig. Križan e a. affermano di aver vittoriosamente impugnato in sede giudiziale la loro estromissione dal procedimento (10), ma la decisione sull’ubicazione dell’impianto sarebbe divenuta nel frattempo definitiva.

B –    Sulla valutazione dell’impatto ambientale

39.      A seguito di una richiesta della società Pezinské tehelne a.s. in data 16 dicembre 1998, il Ministero dell’Ambiente ha effettuato una valutazione dell’impatto ambientale del progetto di discarica, emettendo un parere definitivo riguardo a tale impatto il 26 luglio 1999.

40.      In parallelo al procedimento per l’individuazione del sito, il Ministero dell’Ambiente, su istanza della Pezinské tehelne a.s., ha prorogato, con decisione del 27 marzo 2006, la validità del parere sull’impatto ambientale fino al 1° febbraio 2008.

C –    Sull’autorizzazione integrata dell’impianto

41.      Dopo la conclusione dei due succitati procedimenti, l’Ispettorato dell’Ambiente slovacco ha avviato, su richiesta della Ekologická skládka in data 25 settembre 2007, il procedimento integrato ai sensi della legge n. 245/2003, la quale ha dato attuazione alla direttiva IPPC. Il 17 ottobre 2007 l’Ispettorato dell’Ambiente ha pubblicato tale richiesta ed ha ammesso il pubblico a partecipare al procedimento.

42.      Nell’ambito del primo grado del procedimento amministrativo, il sig. Križan e a. ed il comune di Pezinok hanno sostenuto che la domanda non era completa, poiché non conteneva la decisione sull’ubicazione dell’impianto, la quale sarebbe un allegato prescritto dalla legge. Su richiesta dell’Ispettorato dell’Ambiente, la società Ekologická skládka ha presentato la decisione definitiva sull’ubicazione dell’impianto emessa dall’Ufficio urbanistico regionale, facendo però presente che il provvedimento era coperto dal segreto commerciale; per tale motivo la decisione suddetta non è stata resa accessibile.

43.      Il 22 gennaio 2008 l’Ispettorato dell’Ambiente ha concesso l’autorizzazione integrata per la costruzione e l’esercizio della discarica di rifiuti.

44.      Contro tale decisione il sig. Križan e a. nonché il comune di Pezinok hanno proposto un ricorso amministrativo in opposizione, sul quale era chiamato a decidere anche in questo caso l’Ispettorato dell’Ambiente. I detti ricorrenti hanno fatto valere, in particolare, una violazione del piano urbanistico, nonché il fatto che era stato loro precluso l’accesso alla decisione sull’ubicazione dell’impianto. A loro avviso, la progettata discarica di rifiuti era altresì non sufficientemente distante dalle abitazioni ed era incompatibile con una tutela globale dell’ambiente.

45.      In tale procedimento l’Ispettorato dell’Ambiente ha pubblicato la decisione sull’ubicazione dell’impianto mediante affissione all’albo dell’ufficio dal 14 marzo al 14 aprile 2008. Con decreto del 18 agosto 2008, la detta autorità ha respinto il ricorso amministrativo proposto. Riguardo alla doglianza relativa alla violazione del piano urbanistico, l’Ispettorato dell’Ambiente ha constatato che essa avrebbe dovuto essere presentata nell’ambito del procedimento relativo all’individuazione del sito.

D –    Sul procedimento giurisdizionale

46.      Contro la decisione del 18 agosto 2008 pronunciata in seconda istanza dall’Ispettorato dell’ambiente il sig. Križan e a. nonché il comune di Pezinok hanno proposto un ricorso giurisdizionale dinanzi al Tribunale regionale di Bratislava, che lo ha respinto con sentenza del 4 dicembre 2008.

47.      Nel procedimento di appello, la Corte suprema di cassazione slovacca ha inizialmente disposto, con decisione provvisoria del 6 aprile 2009, la sospensione dell’esecuzione dell’autorizzazione integrata, ed ha poi annullato quest’ultima con sentenza del 28 maggio 2009. A motivazione di tale decisione detto giudice ha addotto la tardiva pubblicazione della decisione sull’ubicazione dell’impianto, ed ha censurato la proroga di validità della decisione sull’impatto ambientale del progetto edilizio.

48.      Contro tali decisioni la società Ekologická skládka ha proposto un ricorso costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale. Quest’ultima, con sentenza in data 27 maggio 2010, ha annullato la decisione provvisoria della Corte di cassazione del 6 aprile 2009 nonché la sentenza del medesimo giudice del 28 maggio 2009, ed ha rinviato la causa alla Corte di cassazione medesima ai fini di una nuova decisione.

49.      A motivazione della propria pronuncia la Corte costituzionale ha addotto, in particolare, il fatto che nella sentenza impugnata la Corte di cassazione non aveva sufficientemente esaminato se nel procedimento amministrativo di ricorso in opposizione fosse stata garantita una sufficiente partecipazione del pubblico ai sensi del procedimento di autorizzazione integrata. Secondo il suddetto giudice costituzionale, tale possibilità non era esclusa dal punto di vista procedurale.

50.      La Corte costituzionale ha censurato inoltre le constatazioni riguardanti la proroga della decisione sull’impatto ambientale. Tale decisione non avrebbe costituito l’oggetto del procedimento, in quanto gli appellanti non ne avrebbero dedotto l’illegittimità nell’ambito del loro ricorso e per la verifica del parere relativo alla VIA sarebbe previsto un procedimento particolare.

E –    Le questioni sollevate dalla Corte di cassazione slovacca

51.      A seguito del rinvio il procedimento è nuovamente pendente dinanzi alla Corte di cassazione slovacca, la quale sottopone ora le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se il diritto comunitario (segnatamente l’articolo 267 TFUE) obblighi oppure consenta alla Corte suprema di cassazione di uno Stato membro di proporre d’ufficio alla Corte di giustizia dell’Unione europea una domanda di pronuncia pregiudiziale anche in una fase del procedimento principale nella quale la Corte costituzionale abbia annullato la sentenza della Corte suprema di cassazione, fondata principalmente sull’applicazione della normativa comunitaria in materia di tutela dell’ambiente, imponendo a quest’ultimo giudice l’obbligo di attenersi alle valutazioni giuridiche di detta Corte costituzionale fondate sulla violazione dei diritti costituzionali processuali e sostanziali di una parte del procedimento giurisdizionale, senza punto considerare i profili di diritto comunitario della controversia – vale a dire nel caso in cui la Corte costituzionale, in veste di giudice di ultima istanza, non sia giunta in tale procedimento alla conclusione di dover sottoporre alla Corte di giustizia dell’Unione europea una questione pregiudiziale e abbia provvisoriamente escluso l’applicazione nel procedimento principale del diritto ad un ambiente adeguato e alla sua tutela.

2)      Se sia possibile realizzare lo scopo fondamentale della prevenzione integrata, quale risulta anzitutto dai considerando 8, 9 e 23 della [direttiva 96/61] e dagli articoli 1 e 15 di quest’ultima, nonché dal diritto comunitario dell’ambiente in generale – ossia la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento anche tramite la partecipazione del pubblico all’obiettivo di raggiungere un elevato livello di tutela dell’ambiente nel suo complesso –, in una situazione in cui il pubblico interessato non abbia, alla data di inizio del procedimento relativo alla prevenzione integrata, accesso garantito a tutta la documentazione pertinente (articoli 6 e, in combinato disposto, 15 della [direttiva 96/61]), e soprattutto alla decisione sull’ubicazione di un impianto di discarica di rifiuti, ma successivamente, durante il procedimento di primo grado, il documento mancante venga prodotto dal soggetto istante a condizione che non lo si divulghi alle altre parti del procedimento, poiché si tratta di materiale coperto da segreto commerciale; se si possa fondatamente ritenere che la decisione sull’ubicazione dell’impianto (soprattutto la sua motivazione) influisca in modo sostanziale sulla presentazione di argomenti, osservazioni o altri rilievi.

3)      Se siano soddisfatte le finalità della [direttiva VIA], soprattutto sotto il profilo del diritto comunitario dell’ambiente – e più specificamente nell’ottica della condizione enunciata all’articolo 2, secondo la quale, prima di essere autorizzati, determinati progetti devono essere stati valutati con riferimento al loro impatto sull’ambiente –, nel caso in cui il parere inizialmente formulato dal Ministero dell’Ambiente nel 1999, con il quale si concludeva in passato una procedura di valutazione di impatto ambientale (VIA), venga prorogato a distanza di diversi anni con una semplice decisione, senza prima condurre una nuova procedura VIA. Altrimenti detto: se si possa ritenere che, una volta emanata, una decisione adottata ai sensi della [direttiva VIA] abbia validità illimitata.

4)      Se la condizione generale stabilita dalla [direttiva 96/61] (segnatamente dal suo preambolo e dagli articoli 1 e 15 bis) – in base alla quale ogni Stato membro assicura la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento anche con l’offrire al pubblico interessato procedure di ricorso amministrativo o giurisdizionale giuste, eque e tempestive –, in combinato disposto con l’articolo 10 bis della [direttiva VIA] e con gli articoli 6 e 9, paragrafi 2 e 4, della Convenzione di Aahrus, comprenda anche la possibilità per detto pubblico di richiedere l’adozione di una misura provvisoria amministrativa o giurisdizionale ai sensi del diritto nazionale (per esempio, un’ordinanza di sospensione dell’esecuzione di una decisione integrata), che consenta provvisoriamente, ossia fino alla decisione nel merito, di fermare la realizzazione di un impianto progettato.

5)      Se, mediante una decisione giudiziaria che soddisfa la condizione stabilita dalla [direttiva 96/61] o dalla [direttiva VIA] ovvero dall’articolo 9, paragrafi 2 e 4, della Convenzione di Aahrus – cioè in applicazione del diritto del pubblico, sancito da dette disposizioni, ad un’equa tutela giurisdizionale ai sensi dell’articolo 191, paragrafi 1 e 2, TFUE, relativo alla politica dell’Unione europea in materia ambientale –, sia possibile ledere illegittimamente il diritto di proprietà di un gestore sul suo impianto, quale garantito tra l’altro dall’articolo 1 del Protocollo aggiuntivo annesso alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ad esempio annullando, nell’ambito di un procedimento giurisdizionale, un’autorizzazione integrata per un nuovo impianto validamente concessa al richiedente».

52.      Il sig. Križan e a., il comune di Pezinok, l’Ispettorato dell’Ambiente di Bratislava e la società Ekologická skládka a. s., nonché la Repubblica ceca, la Repubblica austriaca, la Repubblica slovacca e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte. All’udienza del 17 gennaio 2012 ha preso parte inoltre la Repubblica francese, mentre la Ekologická skládka non è intervenuta.

IV – Analisi giuridica

A –    Quanto alla prima questione pregiudiziale – Legittimazione della Corte di cassazione al rinvio pregiudiziale

53.      Con la prima questione la Corte di cassazione slovacca desidera sapere, in sostanza, se la sentenza della Corte costituzionale osti alla domanda di pronuncia pregiudiziale. Detto giudice è infatti obbligato, in base al diritto nazionale, a decidere la lite principale conformandosi alle valutazioni espresse dalla Corte costituzionale. Tale questione mira inoltre a stabilire se la Corte di cassazione possa proporre la domanda d’ufficio, vale a dire senza una richiesta in tal senso delle parti del procedimento.

54.      Per contro, l’ulteriore questione – prospettata nella motivazione della domanda di pronuncia pregiudiziale – se il diritto dell’Unione consenta o addirittura imponga alla Corte di cassazione di sollevare d’ufficio determinate questioni giuridiche verrà da me affrontata nell’ambito del terzo quesito pregiudiziale (11). Infatti, ai sensi della giurisprudenza, proprio la normativa controversa può essere decisiva per stabilire se essa debba o no costituire l’oggetto di un rilievo d’ufficio (12). D’altra parte, la Corte di cassazione slovacca evoca la possibilità di un rilievo d’ufficio soltanto in connessione con le questioni giuridiche sollevate nell’ambito del terzo quesito pregiudiziale.

55.      Secondo la giurisprudenza, né le prescrizioni del giudice costituzionale, né l’assenza di istanze delle parti per un rinvio alla Corte di giustizia, ostano alla proposizione di una domanda di pronuncia pregiudiziale.

56.      Ai sensi dell’articolo 267 TFUE, i giudici nazionali godono della più ampia facoltà di adire la Corte – esercitabile cioè tanto d’ufficio quanto su istanza delle parti (13) – qualora ritengano che, nell’ambito di una controversia dinanzi ad esse pendente, siano sorte questioni essenziali per la pronuncia nel merito della causa di cui sono investiti, le quali implicano un’interpretazione o un accertamento della validità delle disposizioni del diritto dell’Unione (14).

57.      Un giudice contro le cui decisioni non sia più esperibile alcun ricorso giurisdizionale di diritto interno è obbligato ad adire la Corte, ai sensi dell’articolo 267, terzo comma, TFUE, nel caso in cui dinanzi ad esso sorgano questioni di interpretazione del diritto dell’Unione. Un ricorso giurisdizionale ai sensi della disposizione sopra citata deve poter avere ad oggetto l’esatta interpretazione del diritto dell’Unione (15), dal momento che l’obbligo di rinvio dei giudici di ultima istanza mira ad evitare che in uno Stato membro si consolidi una giurisprudenza nazionale in contrasto con le norme del diritto dell’Unione (16).

58.      Parto dal presupposto che la Corte di cassazione slovacca sia – quantomeno nel procedimento a quo – un organo giurisdizionale ai sensi dell’articolo 267, terzo comma, TFUE. Invero, le sue decisioni possono essere sottoposte all’esame della Corte costituzionale slovacca, ma quest’ultima garantisce unicamente l’osservanza della Costituzione di tale paese e non è competente a controllare il rispetto del diritto dell’Unione da parte di organi amministrativi e giurisdizionali nazionali (17).

59.      La Corte ha statuito che una norma di diritto nazionale, in virtù della quale gli organi giurisdizionali non di ultima istanza siano vincolati da valutazioni formulate dall’organo giurisdizionale superiore, non può privare detti organi giurisdizionali della facoltà di sottoporre alla Corte questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione interessato da tali valutazioni in diritto. Il giudice che non decide in ultima istanza dev’essere libero, se ritiene che la valutazione in diritto formulata dall’istanza superiore possa condurlo ad emettere un giudizio contrario al diritto dell’Unione, di sottoporre alla Corte le questioni con cui esso deve confrontarsi (18).

60.      Al fine di garantire il primato del diritto dell’Unione, il funzionamento del suddetto sistema di cooperazione esige altresì che il giudice nazionale sia libero, in ogni fase del procedimento che esso reputi appropriata, ed anche al termine di un procedimento incidentale di legittimità costituzionale, di sottoporre alla Corte qualsiasi questione pregiudiziale che ritenga necessaria (19).

61.      Inoltre, la sentenza con la quale la Corte si pronunzia in via pregiudiziale vincola il giudice nazionale ai fini della definizione della lite principale. Pertanto, il giudice nazionale che abbia esercitato la facoltà attribuitagli dall’articolo 267, secondo comma, TFUE è vincolato, ai fini della soluzione della controversia principale, dall’interpretazione delle disposizioni controverse fornita dalla Corte e deve eventualmente discostarsi dalle valutazioni dell’organo giurisdizionale di grado superiore qualora ritenga, in considerazione di detta interpretazione, che queste ultime non siano conformi al diritto dell’Unione (20).

62.      Tali statuizioni sono state invero formulate in relazione ad organi giurisdizionali che non sono chiamati a decidere in ultima istanza, ma debbono valere a maggior ragione per quelli che decidono su questioni di diritto dell’Unione in ultimo grado e che però sono assoggettati, per quanto riguarda il rispetto del diritto costituzionale interno, al controllo di un giudice costituzionale. Vero è che il diritto costituzionale interno può prevalere sulle norme ordinarie, ma esso non può impedire l’applicazione del diritto dell’Unione (21).

63.      Pertanto, alla prima questione pregiudiziale occorre rispondere dichiarando che l’articolo 267 TFUE obbliga il giudice di uno Stato membro, la cui decisione in merito all’interpretazione del diritto dell’Unione non sia impugnabile con un ricorso, ad effettuare d’ufficio, anche senza sollecitazione delle parti, un rinvio pregiudiziale dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea in caso di dubbi riguardanti l’applicazione del diritto dell’Unione in un procedimento dinanzi ad esso pendente, quand’anche la Corte costituzionale del medesimo Stato membro si sia pronunciata sulla controversia ed abbia imposto a detto giudice di risolverla conformandosi alle sue statuizioni relative al diritto costituzionale interno.

B –    Sulla seconda questione pregiudiziale – Accesso alla decisione sull’ubicazione dell’impianto nella procedura di autorizzazione integrata

64.      La seconda questione riguarda l’accesso alla decisione sull’ubicazione della discarica di rifiuti nell’ambito della procedura di autorizzazione integrata.

65.      Nel primo grado del procedimento amministrativo, tale decisione è stata inizialmente considerata come segreto commerciale e per tale motivo non è stata divulgata. Tuttavia, nel secondo grado del medesimo procedimento, detta decisione è stata messa a disposizione del pubblico. La Corte di cassazione slovacca vorrebbe sapere se tale modo di procedere sia compatibile con la direttiva IPPC.

66.      Occorre pertanto esaminare se la decisione sull’ubicazione di un impianto rientri tra le informazioni che, in linea di principio, devono essere messe a disposizione del pubblico nella procedura di autorizzazione integrata (in proposito, v. infra, sub 2.), poi, in che misura la tutela dei segreti commerciali giustifichi una deroga all’obbligo di divulgazione (in proposito, v. infra, sub 3.) e, infine, se la divulgazione effettuata nell’ambito del secondo grado del procedimento amministrativo soddisfi i requisiti imposti dal diritto dell’Unione o se abbia invece avuto luogo troppo tardi (in proposito, v. infra, sub 4.). Tuttavia, occorre anzitutto prendere in esame i dubbi relativi alla ricevibilità di tale questione (in proposito, v. infra, sub 1.).

1.      Sulla ricevibilità della seconda questione pregiudiziale

67.      La Ekologická skládka afferma che, secondo il diritto slovacco, la decisione sull’ubicazione di un impianto è indipendente dall’autorizzazione integrata di quest’ultimo (articolo 8, paragrafo 4, della legge n. 245/2003). La decisione sull’ubicazione non potrebbe più essere messa in discussione nell’ambito della procedura di autorizzazione integrata. Pertanto, a suo dire, la divulgazione della decisione non era necessaria. Da ciò la Ekologická skládka desume addirittura che la seconda questione pregiudiziale sarebbe irrilevante ai fini della decisione nel procedimento a quo e, di conseguenza, irricevibile.

68.      Tuttavia, le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione, sottoposte dal giudice nazionale nel contesto di diritto e di fatto che egli individua sotto la propria responsabilità e del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il rigetto, da parte della Corte, di una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora risulti in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale, qualora il problema sia di natura ipotetica, o anche quando la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte (22).

69.      La questione mirante a stabilire se e a quali condizioni la decisione sull’ubicazione debba essere resa pubblica nell’ambito della procedura di autorizzazione integrata è chiaramente connessa con una controversia riguardante la legittimità dell’autorizzazione. Infatti, un errore inficiante la divulgazione della decisione può dar luogo ad un vizio procedurale. Pertanto, la seconda questione sollevata dalla Corte di cassazione slovacca è ricevibile.

2.      Sulla necessità di garantire l’accesso alla decisione sull’ubicazione dell’impianto

70.      Per stabilire quali informazioni debbano essere rese accessibili al pubblico nell’ambito della procedura di autorizzazione integrata occorre fare riferimento agli articoli 15, paragrafo 1, e 6, nonché all’allegato V della direttiva IPPC.

a)      Sulla divulgazione di informazioni nell’ambito del procedimento di autorizzazione integrata

71.       Ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IPPC, al pubblico interessato debbono essere offerte tempestive ed effettive opportunità di partecipare alla procedura di rilascio di un’autorizzazione per nuovi impianti. Tale partecipazione è disciplinata dall’allegato V di detta direttiva.

72.      L’allegato V, punto 1, della direttiva IPPC prevede che il pubblico venga informato su determinati aspetti in una fase precoce della procedura di adozione di una decisione o, al più tardi, non appena sia ragionevolmente possibile fornire le informazioni. Tra gli aspetti in questione ricade, in particolare, la domanda di autorizzazione, ivi compresi gli elementi elencati nell’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva.

73.      Ai sensi dell’allegato V, punto 2, il pubblico interessato deve avere accesso, entro scadenze ragionevoli, a determinate informazioni. Queste ultime sono costituite, in primo luogo, dai principali rapporti e pareri pervenuti all’autorità o alle autorità competenti nel momento in cui il pubblico interessato è informato conformemente al punto 1 del medesimo allegato [lettera a)] e, in secondo luogo, da informazioni diverse da quelle previste al citato punto 1, le quali siano pertinenti ai fini della decisione di autorizzazione e divengano disponibili soltanto dopo che il pubblico interessato è stato informato conformemente al medesimo punto 1 [lettera b)].

74.      Tali disposizioni potrebbero essere restrittivamente interpretate nel senso che soltanto per le informazioni menzionate nell’allegato V, punto 2, della direttiva IPPC deve essere accordato l’accesso, mentre le informazioni contemplate dal punto 1 del medesimo allegato sono diffuse mediante comunicazione al pubblico al momento dell’avvio della procedura di autorizzazione. Tuttavia, secondo questa lettura delle norme, i pertinenti documenti originali – e in particolare la domanda di autorizzazione – potrebbero essere esclusi dalla divulgazione.

75.      Nondimeno, a favore di un più ampio accesso ai documenti originali depone già la previsione relativa alle informazioni che devono essere rese pubbliche ai sensi dell’allegato V, punto 1, lettere c) ed f). Infatti, si stabilisce che il pubblico deve essere informato in merito alle autorità presso le quali le informazioni rilevanti e/o pertinenti possono essere ottenute, nonché in merito ai tempi, ai luoghi e alle modalità di accesso a tali informazioni. Ciò vuol dire che l’informazione al pubblico prevista dal citato punto 1 non è ultima e conclusiva, bensì è destinata a consentire l’accesso ad ulteriori informazioni rilevanti ai fini della procedura di autorizzazione.

76.      Sarebbe peraltro contraddittorio concedere, ai sensi dell’allegato V, punto 2, lettera b), l’accesso ad informazioni prodotte in un momento successivo, rilevanti ai fini dell’autorizzazione, negandolo invece per le informazioni disponibili sin dall’inizio.

77.       Oltre a ciò, se si escludessero dall’accesso la domanda di autorizzazione e gli allegati della stessa, l’informazione a favore del pubblico risulterebbe meno estesa rispetto a quella garantita dal testo originario della direttiva IPPC, che prevedeva espressamente, all’articolo 15, paragrafo 1, l’accesso del pubblico alla domanda di autorizzazione. Tuttavia, attraverso la riformulazione dell’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva IPPC ad opera della direttiva 2003/35 (23), il legislatore non intendeva introdurre alcuna restrizione della trasparenza, bensì mirava soltanto, a mente del decimo e dell’undicesimo considerando di quest’ultima direttiva, ad adeguare la normativa alle prescrizioni di più ampia portata dettate dalla Convenzione di Aarhus.

78.      Tale Convenzione non è intesa a limitare l’informazione a favore del pubblico, bensì prevede espressamente, all’articolo 6, paragrafo 6, che venga accordato al pubblico l’accesso a fini di consultazione a tutte le informazioni rilevanti per il processo decisionale menzionato nell’articolo suddetto che possono essere ottenute al momento della procedura di partecipazione del pubblico. Le disposizioni della direttiva IPPC relative all’informazione del pubblico debbono, ove possibile, essere interpretate in conformità con gli obblighi internazionali gravanti sull’Unione in forza della Convenzione di Aarhus, i quali ricevono attuazione, tra l’altro, mediante la direttiva suddetta (24). Pertanto, le citate disposizioni devono essere interpretate nel senso che, in linea di principio, deve essere accordato l’accesso a tutte le informazioni che sono rilevanti ai fini del procedimento di autorizzazione integrata.

b)      Sulla divulgazione della decisione sull’ubicazione

79.      Sulla scorta delle suesposte considerazioni, nel procedimento di autorizzazione integrata doveva in linea di principio essere accordato l’accesso alla decisione sull’ubicazione, qualora questa fosse rilevante ai fini dell’autorizzazione.

80.      Sarebbe naturale attendersi che un procedimento di autorizzazione integrata di un impianto includa la determinazione del sito su cui questo sorgerà. L’elevato livello di tutela dell’ambiente richiesto, ad esempio, dagli articoli 1 e 9, paragrafo 1, della direttiva IPPC risulterebbe certo nel complesso incrementato se l’ubicazione di un impianto venisse prescelta tenendo conto dell’obiettivo di diminuire eventuali conseguenze pregiudizievoli per l’ambiente.

81.      Tuttavia, la direttiva IPPC non reca una disciplina complessiva dell’autorizzazione di un impianto, bensì stabilisce (soltanto) le misure necessarie per la tutela dei diversi elementi ambientali interessati, ossia, in particolare, aria, acqua e suolo. Essa disciplina in via prioritaria la gestione degli impianti e l’applicazione in questo contesto delle migliori tecniche disponibili. Vero è che la decisione sull’ubicazione può influire sull’autorizzazione integrata; ad esempio, l’articolo 9, paragrafo 4, della direttiva IPPC prevede che, nell’imporre le prescrizioni correlate all’autorizzazione, si tenga conto dell’ubicazione geografica dell’impianto e delle condizioni locali dell’ambiente. Non è però previsto che nel procedimento di autorizzazione integrata venga decisa anche l’ubicazione oppure che venga riesaminata una decisione sull’ubicazione già adottata. Pertanto, la decisione sull’ubicazione può tutt’al più, e in via eccezionale, essere messa indirettamente in discussione nel caso in cui, in forza della direttiva IPPC, l’impianto non possa essere autorizzato in virtù delle condizioni esistenti nel sito prescelto.

82.      Nondimeno, per le discariche di rifiuti valgono norme particolari, contenute nella direttiva sulle discariche. Ai sensi del suo articolo 1, paragrafo 2, la direttiva sulle discariche disciplina i pertinenti «requisiti tecnici» delle discariche ricadenti nella sfera di applicazione della direttiva IPPC, allo scopo di tradurre in termini concreti i requisiti generali dettati da quest’ultima direttiva. Con l’adempimento dei requisiti imposti dalla direttiva sulle discariche si intendono soddisfatti anche i pertinenti requisiti enunciati nella direttiva IPPC.

83.      L’allegato I, punto 1, della direttiva sulle discariche disciplina la scelta dell’ubicazione di una discarica di rifiuti. In particolare, il punto 1.1., lettera a), di detto allegato stabilisce che devono essere prese in considerazione le distanze che separano i confini dell’area della discarica dalle zone residenziali e di ricreazione nonché dalle aree urbane. Ai sensi del successivo punto 1.2., la discarica può essere autorizzata solo se le caratteristiche del luogo indicano che la discarica non costituisce un grave rischio ecologico.

84.      È possibile in verità dubitare del fatto che le norme della direttiva sulle discariche in merito alla scelta dell’ubicazione costituiscano «pertinenti requisiti tecnici» concretizzanti le prescrizioni della direttiva IPPC, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della citata direttiva sulle discariche; tuttavia, l’autorizzazione di una discarica deve comunque rispettare, ai sensi dell’articolo 8, lettera a), sub i), della direttiva sulle discariche, tutte le prescrizioni dettate da quest’ultima. Di conseguenza, l’autorizzazione integrata di una discarica non può essere rilasciata qualora siano state violate le prescrizioni relative alla scelta del sito.

85.      Anche nel caso in cui i requisiti imposti dalla direttiva sulle discariche riguardo all’ubicazione di una discarica di rifiuti venissero tenuti fuori dal procedimento di autorizzazione integrata, la decisione sull’ubicazione presenterebbe comunque interesse. Infatti, in tale procedimento debbono essere presi in considerazione vari elementi correlati all’ubicazione dell’impianto. Ai sensi dell’articolo 7, lettera d), della direttiva sulle discariche, già la domanda di autorizzazione deve contenere la descrizione del sito, ivi comprese le caratteristiche idrogeologiche e geologiche (25). I requisiti attinenti alla protezione del terreno e delle acque di cui all’allegato I, punto 3, sviluppano tali presupposti determinati dall’ubicazione. Una decisione amministrativa in merito all’ubicazione di una discarica dovrebbe anch’essa tenere conto di tali aspetti e dunque contenere corrispondenti informazioni.

86.      In ultima analisi, una decisione precedentemente adottata in merito all’ubicazione di una discarica presenta interesse nell’ambito della procedura di autorizzazione integrata anche per il fatto che essa fissa ai sensi del diritto nazionale un quadro di riferimento per l’autorizzazione integrata.

87.      Pertanto, la decisione sull’ubicazione di un impianto rientra in ogni caso tra le informazioni che sono rilevanti ai fini della procedura di autorizzazione integrata. Si spiega così il fatto che l’articolo 11, paragrafo 2, lettera g), della legge slovacca n. 245/2003 esige espressamente che insieme alla domanda di autorizzazione venga prodotta la decisione sull’ubicazione. Pertanto, nell’ambito della procedura di autorizzazione integrata deve in linea di principio essere accordato l’accesso ad una precedente decisione amministrativa riguardante l’ubicazione dell’impianto.

3.      Sulla tutela dei segreti commerciali

88.      L’accesso alle informazioni può tuttavia essere rifiutato qualora alla divulgazione ostino interessi meritevoli di tutela. Ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 3, della direttiva IPPC, le prescrizioni dettate dal paragrafo 1 del medesimo articolo riguardo alla partecipazione del pubblico si applicano nel rispetto delle limitazioni imposte dall’articolo 4, paragrafi 1, 2 e 4, della direttiva sull’informazione ambientale.

89.      Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, lettera d), della direttiva sull’informazione ambientale, gli Stati membri possono rifiutare l’accesso ad informazioni se la divulgazione reca pregiudizio alla riservatezza delle informazioni commerciali o industriali, nel caso in cui la riservatezza sia prevista dal diritto nazionale o dell’Unione per tutelare un legittimo interesse economico, compreso l’interesse pubblico a mantenere la riservatezza dei dati statistici ed il segreto fiscale.

90.      I motivi di rifiuto di accesso alle informazioni devono però, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva sull’informazione ambientale, essere interpretati restrittivamente, tenendo presente nel singolo caso l’interesse pubblico alla divulgazione (26). Persino nel caso in cui i documenti contengano segreti commerciali ai sensi di detta disciplina, l’articolo 4, paragrafo 4, impone di accordare l’accesso almeno alle parti non riservate.

91.      La Corte non può stabilire in modo definitivo entro quali limiti la decisione sull’ubicazione dovesse nella specie considerarsi riservata ai sensi della disciplina suddetta, dal momento che la Corte di cassazione slovacca non ha fornito indicazioni in merito ad eventuali segreti commerciali. Tale esame rimane dunque riservato ai giudici nazionali.

92.      La divulgazione della decisione sull’ubicazione disposta nel secondo grado del procedimento amministrativo lascia però presumere che detta decisione non contenesse alcun segreto commerciale. Sino ad oggi non è stato del resto addotto, neppure da parte della Ekologická skládka, alcun elemento idoneo a dimostrare che la decisione contenesse effettivamente informazioni meritevoli di tutela. Per contro, sussiste un rilevante interesse pubblico ad informazioni relative all’ubicazione di una discarica di rifiuti. Tale interesse di norma prevale sull’interesse alla tutela di informazioni a carattere imprenditoriale.

93.      Pertanto, ai fini dell’esame che segue, parto dal presupposto che la decisione sull’ubicazione non debba essere tutelata in tutto o in parte come segreto commerciale.

4.      Sul momento della divulgazione

94.      Occorre dunque verificare se la divulgazione della decisione sull’ubicazione ordinata nel secondo grado del procedimento amministrativo rispettasse i requisiti stabiliti dalla direttiva IPPC o se sia invece intervenuta troppo tardi.

95.      L’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva IPPC esige che al pubblico interessato vengano offerte tempestive ed effettive opportunità di partecipare al procedimento di rilascio di un’autorizzazione per nuovi impianti. Ancor più chiaro è l’articolo 6, paragrafo 4, della Convenzione di Aarhus, che deve ricevere attuazione nell’ambito della direttiva. In base a tale articolo, la partecipazione del pubblico deve avvenire in una fase iniziale, quando tutte le alternative sono ancora praticabili e tale partecipazione può avere un’influenza effettiva.

96.      Tuttavia, la divulgazione di informazioni non è di per sé sola sufficiente. L’allegato V, punto 3, della direttiva IPPC conferisce al pubblico interessato il diritto di presentare osservazioni e di esprimere pareri all’autorità competente prima che sia adottata una decisione. Ai sensi del punto 4 del medesimo allegato, gli esiti delle consultazioni vanno tenuti nella dovuta considerazione al momento della decisione. Tali disposizioni della direttiva corrispondono a quelle contenute nell’articolo 6, paragrafi 7 e 8, della Convenzione di Aarhus.

97.      Pertanto, nel caso in cui – come devesi presupporre – la decisione sull’ubicazione non ricadesse interamente sotto la tutela del segreto commerciale e dunque dovesse essere accessibile al pubblico, la procedura attinente alla decisione di autorizzazione integrata adottata nel primo grado del procedimento amministrativo non rispettava le condizioni fissate dalla direttiva IPPC. Il pubblico non ha avuto alcun accesso alla decisione sull’ubicazione e non ha potuto esprimersi né in ordine al rispetto della decisione stessa, né in merito alla conformità di quest’ultima alle condizioni fissate dall’allegato I, punto 1, della direttiva sulle discariche.

98.      La Corte di cassazione slovacca reputa per tale motivo tardiva la divulgazione. A suo avviso, non sarebbe stata garantita una sufficiente partecipazione del pubblico.

99.      Tuttavia, nel secondo grado del procedimento amministrativo la decisione sull’ubicazione è stata messa a disposizione e il pubblico ha avuto, successivamente alla modifica della decisione di autorizzazione integrata, intervenuta nell’ambito del suddetto procedimento, 30 giorni di tempo per formulare osservazioni al riguardo. La Corte costituzionale slovacca reputa possibile che tale divulgazione abbia sanato il vizio procedurale. Essa ha sottolineato che, in base ai principi generali dell’ordinamento slovacco in materia di procedimento amministrativo, l’autorità responsabile del secondo grado del procedimento amministrativo poteva modificare in ogni sua parte il provvedimento precedentemente adottato ed era altresì obbligata a prendere in adeguata considerazione le osservazioni del pubblico.

100. Indubbiamente, né la direttiva IPPC, né la direttiva sulle discariche contengono norme in merito alla sanatoria di vizi procedurali. Tuttavia, nel diritto dell’Unione viene riconosciuta in linea di principio la possibilità di sanare vizi inficianti il procedimento (27), e le due direttive sopra citate non possono d’altronde essere intese nel senso che escludano la sanatoria di vizi procedurali. La sentenza Wells contiene un giudizio in tal senso riguardo alla totale omissione di una valutazione di impatto ambientale, là dove in detta pronuncia viene considerata quale misura adeguata per rimediare ad una violazione della direttiva VIA la sospensione di un’autorizzazione già rilasciata, allo scopo di realizzare ora per allora la (precedentemente omessa) valutazione dell’impatto ambientale del progetto in discussione ai sensi della citata direttiva (28).

101. In assenza di una disciplina di diritto dell’Unione in materia di sanatoria di vizi procedurali nell’ambito del procedimento di autorizzazione integrata relativo a discariche di rifiuti, sono in tal senso applicabili le disposizioni del diritto nazionale. Le modalità procedurali dei ricorsi diretti a garantire la salvaguardia dei diritti che i singoli vantano in forza del diritto dell’Unione non devono però essere meno favorevoli di quelle riguardanti ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza) e non devono rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività) (29).

102. Qualora trovino applicazione le comuni norme di diritto interno in materia di sanatoria di vizi procedurali, il principio di equivalenza risulta soddisfatto. Al fine di rispettare il principio di effettività, l’atto costituente sanatoria del vizio deve porre i soggetti legittimati nella situazione in cui essi si sarebbero trovati qualora non fosse intervenuto l’errore di procedura (30). Oltre a ciò, l’atto di sanatoria non deve offrire alcuna possibilità di eludere o disapplicare il diritto dell’Unione, e deve costituire l’eccezione (31). In caso contrario, per i soggetti legittimati diverrebbe praticamente impossibile o quanto meno eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti loro spettanti.

103. Di conseguenza, il fatto che nel secondo grado del procedimento amministrativo siano stati accordati l’accesso alle informazioni inizialmente mancanti e l’opportunità di formulare osservazioni, nonché la circostanza che l’autorità di seconda istanza fosse legittimata a modificare la decisione di primo grado a seguito delle osservazioni presentate, costituiscono condizioni necessarie ma non sufficienti per una sanatoria del vizio procedurale.

104. Infatti, una sanatoria presuppone che, al momento della partecipazione suppletiva del pubblico, tutte le alternative fossero ancora praticabili. Se così non fosse, la fase procedurale realizzata a posteriori rappresenterebbe un atto puramente formale, incapace di concretizzare la funzione propria della partecipazione del pubblico.

105. La questione se al momento della partecipazione del pubblico disposta a posteriori per integrare il procedimento tutte le alternative fossero ancora effettivamente praticabili, deve essere risolta dai giudici nazionali. In tale contesto essi potrebbero esaminare, ad esempio, quali conseguenze abbia la soppressione di un grado di procedimento. Detti giudici potrebbero altresì attribuire rilievo alla questione se al momento della sanatoria la decisione dell’autorità amministrativa di primo grado avesse già trovato pratica attuazione e creato così una situazione definitiva, oppure se l’autorità amministrativa di secondo grado abbia esaminato in modo aperto ed obiettivo eventuali obiezioni. A questo proposito, dal momento che veniva in questione l’ubicazione di una discarica di rifiuti, ci si sarebbe potuti attendere, in particolare, un confronto vertente sui requisiti stabiliti dall’allegato I, punto 1, della direttiva sulle discariche in merito alla scelta dell’ubicazione di queste ultime.

5.      Conclusione relativa alla seconda questione pregiudiziale

106. In sintesi, occorre rispondere alla seconda questione pregiudiziale dichiarando che, nell’ambito del procedimento di autorizzazione integrata di una discarica di rifiuti, il pubblico deve avere accesso – secondo quanto previsto dall’articolo 15, paragrafo 1, e dall’allegato V della direttiva IPPC – ad una decisione sull’ubicazione di tale discarica intervenuta in un momento antecedente al procedimento in questione, se e in quanto a tale accesso non ostino motivi preminenti, come ad esempio la riservatezza delle informazioni commerciali. Nel caso in cui l’accesso a tale documento venga inizialmente rifiutato senza sufficienti giustificazioni, tale vizio può essere sanato nel prosieguo del procedimento amministrativo in base al diritto nazionale, purché il pubblico, attraverso l’accesso tardivo, venga posto nella situazione in cui si sarebbe trovato qualora l’accesso fosse stato concesso sin dall’inizio.

C –    Sulla terza questione pregiudiziale – Applicazione della direttiva VIA

107. Con la terza questione, la Corte di cassazione slovacca vorrebbe sapere se la valutazione di impatto ambientale del progetto di discarica, originariamente effettuata nell’anno 1999, potesse essere prorogata nella sua validità, nel 2006, senza un nuovo esame delle conseguenze per l’ambiente.

108. La Ekologická skládka dubita che tale questione sia rilevante ai fini della decisione nel procedimento a quo. Infatti, la Corte costituzionale slovacca ha già stabilito che eventuali vizi della valutazione di impatto ambientale non costituiscono l’oggetto del procedimento a quo. Detti vizi potrebbero essere esaminati soltanto in un separato procedimento previsto a questo scopo, e non sarebbero stati dedotti in giudizio neppure dalle parti processuali.

109. Tale obiezione si ricollega al punto che ho lasciato irrisolto al momento dell’esame della prima questione pregiudiziale, vale a dire se il diritto dell’Unione esiga o consenta che un giudice nazionale rilevi d’ufficio determinate questioni di diritto ambientale, sebbene ciò non sia previsto dal diritto nazionale (32). Pertanto, la terza questione pregiudiziale deve essere intesa in rapporto con la prima, nel senso che essa mira a stabilire se la direttiva VIA consenta di prorogare la validità di una valutazione di impatto ambientale senza un nuovo esame delle conseguenze per l’ambiente (al riguardo, v. infra, sub 1.), se tale questione debba essere esaminata in connessione con l’autorizzazione integrata, malgrado che il diritto nazionale preveda una procedura particolare per la contestazione di vizi della valutazione di impatto ambientale (al riguardo, v. infra, sub 2.), e se, ai sensi del diritto dell’Unione, detta questione possa o debba essere sollevata d’ufficio (al riguardo, v. infra, sub 3.).

1.      Sulla direttiva VIA

a)      Sull’applicabilità della direttiva VIA

110. Per stabilire se la valutazione di impatto ambientale risalente all’anno 1999 potesse essere prorogata nel 2006 senza una nuova verifica delle conseguenze per l’ambiente, occorre anzitutto chiarire se la direttiva VIA sia davvero applicabile.

111. La Corte ha statuito che la direttiva VIA non impone alcuna valutazione dell’impatto ambientale nei casi in cui un’autorizzazione sia stata rilasciata dopo la scadenza del termine di trasposizione della direttiva stessa, ma la procedura di autorizzazione fosse stata formalmente avviata prima di tale data (cosiddetti progetti «pipeline») (33).

112. Ai sensi dell’articolo 2 dell’Atto di adesione (34), la direttiva VIA doveva essere trasposta nell’ordinamento slovacco entro la data di adesione, vale a dire entro il 1° maggio 2004.

113. Ad un primo esame, il momento in cui potrebbe considerarsi formalmente avviato il procedimento di autorizzazione è quello della domanda di rilascio dell’autorizzazione integrata. Tale domanda è stata presentata il 25 settembre 2007, motivo per cui la direttiva VIA sarebbe applicabile.

114. Sulla base dei dati contenuti nel fascicolo occorre però verificare anche se i tre procedimenti susseguitisi nel tempo – vale a dire la valutazione di impatto ambientale, la determinazione dell’ubicazione e l’autorizzazione integrata – costituiscano una procedura di autorizzazione unica ai sensi della direttiva VIA (35). Infatti, se così fosse, la domanda presentata già il 16 dicembre 1998 per l’avvio della valutazione di impatto ambientale dovrebbe essere considerata quale formale momento di inizio della procedura di autorizzazione ai sensi della direttiva VIA. In tal caso, quest’ultima non sarebbe applicabile.

115. A favore di tale conclusione milita in particolare il fatto che l’impatto ambientale è stato esaminato proprio allo scopo di costruire la discarica di rifiuti. La circostanza che il diritto slovacco preveda che la valutazione dell’impatto ambientale venga esaminata in sede separata rispetto alla procedura di autorizzazione vera e propria non dovrebbe comportare un’estensione dell’ambito di applicazione temporale della direttiva VIA.

116. Poiché la procedura di valutazione dell’impatto ambientale costituisce un procedimento amministrativo in senso proprio e formale, essa si distingue dai contatti informali volti a preparare una domanda di autorizzazione, i quali non sono stati considerati dalla Corte quale avvio di un procedimento di autorizzazione (36).

117. Pertanto, dovrebbe ritenersi che la valutazione di impatto ambientale non abbia costituito l’avvio di un procedimento di autorizzazione soltanto nel caso in cui tale valutazione si riferisse ad un altro progetto, la cui pratica realizzazione non è mai stata iniziata (37). Decisiva al riguardo è la questione se il progetto di discarica sia stato proseguito senza interruzioni oppure sia stato nel frattempo abbandonato (38).

118. Il comune di Pezinok ha nel frattempo più volte modificato i propri piani, rifiutando la costruzione di una discarica; tuttavia, in base al diritto slovacco tali decisioni non hanno apparentemente portato alla dismissione del progetto. Malgrado una somiglianza di facciata, la presente fattispecie si distingue anche dalla situazione esaminata nella sentenza Gedeputeerde Staten van Noord‑Holland. Anche in quel caso un comune aveva più volte radicalmente modificato dei piani; motivo per cui la Corte aveva ravvisato nell’ultima misura pianificatoria un nuovo piano (39). Tuttavia, in tali procedimenti il comune stesso era l’autore della domanda ed aveva perciò avviato di volta in volta nuove procedure di autorizzazione (40).

119. Nel caso di specie la domanda è stata presentata dalla Ekologická skládka. Le allegazioni di quest’ultima depongono a favore di una prosecuzione ininterrotta del progetto, in quanto da esse risulterebbe che i ritardi rispetto al piano di scadenze originariamente previsto erano dovuti principalmente alle resistenze del comune di Pezinok.

120. In verità, la domanda di avvio del procedimento per la valutazione dell’impatto ambientale è stata presentata da un’altra società, ossia la Pezinské tehelne a.s. Tuttavia, queste due società sembrano essere collegate tra loro. E la Pezinské tehelne a.s. appoggia manifestamente la realizzazione del progetto, dal momento che essa ha richiesto la proroga della validità della valutazione di impatto ambientale, mentre nel procedimento per la determinazione dell’ubicazione compariva già la Ekologická skládka. In aggiunta a ciò, le due società hanno proposto congiuntamente il ricorso amministrativo per riesame che ha portato all’emanazione della decisione sull’ubicazione dell’impianto.

121. Peraltro, neppure un totale cambiamento dell’impresa intenzionata a realizzare un progetto porterebbe necessariamente a concludere per il provvisorio abbandono di quest’ultimo. Infatti, è ben possibile che l’interesse economico per un determinato progetto venga trasferito da un’impresa ad un’altra senza che il progetto stesso venga sostanzialmente modificato.

122. Tuttavia, in ultima analisi, sono i giudici nazionali a dover verificare se il progetto di discarica sia stato proseguito senza interruzioni oppure se sia stato a un certo punto abbandonato per poi essere nuovamente ripreso. Già per questo la presente questione deve essere oggetto di ulteriore esame, malgrado i dubbi quanto all’applicabilità ratione temporis della direttiva VIA.

123. Un interesse della Corte di cassazione slovacca alla soluzione di tale questione potrebbe per il resto risultare dalle allegazioni di varie parti, secondo cui la Repubblica slovacca già prima dell’adesione all’Unione aveva adeguato e applicato il proprio diritto nazionale in conformità alla direttiva VIA. Per tale motivo sarebbe naturale trattare una valutazione di impatto ambientale, realizzata per motivi temporali esclusivamente in base al diritto nazionale, esattamente come una valutazione alla quale sia già applicabile la direttiva VIA (41). La sentenza Ynos (42) non costituirebbe un ostacolo ad un simile modo di procedere da parte dei giudici nazionali, in quanto la procedura di autorizzazione ha sì avuto inizio prima dell’adesione della Repubblica slovacca, ma è giunta a conclusione soltanto molto più tardi.

b)      Sui criteri per la proroga della validità della decisione sull’impatto ambientale

124. Qualora dovesse risultare che la direttiva VIA è applicabile all’autorizzazione del progetto di discarica oppure che il diritto nazionale esigeva una corrispondente applicazione delle disposizioni di tale direttiva, si pone il quesito se sia compatibile con quest’ultima il fatto di prorogare nell’anno 2006 la validità della decisione sull’impatto ambientale adottata nel 1999.

125. A questo proposito il giudice nazionale dovrebbe esaminare anzitutto se la valutazione effettuata nel 1999 rispettasse già tutte le condizioni imposte dalla direttiva VIA. Infatti, neppure in caso di proroga della sua validità, una valutazione insufficiente può sostituire una valutazione nel senso di cui alla citata direttiva.

126. La direttiva VIA non chiarisce espressamente se la validità di una valutazione sufficiente sotto il profilo del contenuto possa essere prorogata. Tuttavia, occorre assumere a riferimento la finalità della valutazione di impatto ambientale, quale definita all’articolo 2, paragrafo 1, di detta direttiva. In base a tale norma, i progetti per i quali si prevede un notevole impatto ambientale, in particolare per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, devono essere sottoposti a valutazione sotto il profilo dell’impatto sull’ambiente. Tale valutazione non può avere ad oggetto soltanto le conseguenze ambientali che si sarebbero prodotte in caso di esecuzione del progetto in un momento qualsivoglia del passato. Essa deve piuttosto contemplare tutte le conseguenze che occorre effettivamente attendersi al momento dell’autorizzazione.

127. Ciò risulta del resto anche dall’allegato II, punto 13, della direttiva VIA, il quale comprende anche le modifiche dei progetti (43), là dove la nozione di modifica va intesa in senso ampio (44).

128. Qualora le condizioni ambientali o il progetto siano nel frattempo cambiati, con la conseguenza che siano divenute possibili ulteriori rilevanti conseguenze pregiudizievoli per l’ambiente, la procedura di valutazione dell’impatto ambientale deve essere integrata o addirittura effettuata interamente ex novo. Pertanto, può diventare necessario verificare se al momento dell’autorizzazione la valutazione di impatto ambientale offra ancora una corretta rappresentazione del possibile impatto ambientale di notevole entità (45); si tratta dunque in una certa misura di realizzare una valutazione aggiornativa allo scopo di accertare se sia necessario un esame suppletivo dell’impatto ambientale.

129. Nel procedimento a quo, è possibile che varie circostanze inducessero a ritenere necessaria una valutazione aggiornativa.

130. Una prima prospettiva è quella cronologica. In linea di principio, la valutazione di impatto ambientale deve prendere in considerazione già la concreta configurazione del progetto, quale risultante dall’autorizzazione integrata (46). Non vi sarebbe nulla di sorprendente se le conseguenze ambientali del progetto risultassero cambiate rispetto alla valutazione di impatto ambientale. Infatti, la direttiva sulle discariche è stata emanata soltanto nell’anno in cui è stata adottata la decisione sull’impatto ambientale, ma le sue prescrizioni dovevano essere rispettate nell’ambito dell’autorizzazione integrata. Anche nel caso in cui la Repubblica slovacca applicasse il diritto dell’Unione già nel 1999, in anticipo rispetto all’adesione, non è sicuro che la valutazione di impatto ambientale abbia già preso in considerazione le conseguenze della direttiva sulle discariche ai fini dell’impatto ambientale della discarica.

131.  Inoltre, il comune di Pezinok ha modificato i propri piani successivamente alla valutazione di impatto ambientale. Pertanto, non si può escludere, in particolare, che le conseguenze per l’ambiente del progetto di discarica debbano essere oggetto di una nuova valutazione in correlazione alle modifiche della destinazione d’uso di terreni vicini non ancora prese in considerazione. Tali nuove destinazioni d’uso possono risentire maggiormente dell’impatto di una discarica, ovvero possono intensificare gli effetti cumulativi rispetto alla valutazione originaria (47).

132. Tuttavia, degli effetti cumulativi rafforzati potrebbero risultare anche dal fatto che l’attuale discarica di rifiuti di Pezinok non è stata chiusa – come ritenuto nella valutazione di impatto ambientale – nell’anno 2001, bensì è stata gestita ancora fino al 31 ottobre 2007 almeno, o forse anche più a lungo. È possibile che in tal modo sia aumentato il carico pregresso sul territorio.

c)      Sulla partecipazione del pubblico alla decisione relativa al carattere tuttora sufficiente o meno di una valutazione di impatto ambientale pregressa

133. Secondo la motivazione della domanda di pronuncia pregiudiziale, la Corte di cassazione slovacca vorrebbe sapere anche se la valutazione aggiornativa potesse essere effettuata senza qualsivoglia ulteriore partecipazione del pubblico, soltanto sulla base di un’istanza del promotore del progetto.

134. A questo proposito occorre ricordare che, mediante la valutazione aggiornativa, si deve accertare se sia necessaria una nuova partecipazione del pubblico. Occorre procedere ad un bilanciamento tra l’interesse all’efficace e rapido svolgimento dei procedimenti amministrativi e i diritti del pubblico. Una partecipazione del pubblico costituirebbe un aggravio del procedimento, tanto più che nel corso di una procedura di autorizzazione può essere necessario verificare più volte se la valutazione di impatto ambientale sia ancora sufficientemente attuale a seguito di modifiche della situazione intervenute nel frattempo.

135. Anche nel caso in cui, in sede di decisione aggiornativa, non abbia luogo alcuna partecipazione del pubblico, quest’ultimo non viene privato di ogni diritto. La decisione aggiornativa presenta dei parallelismi con la verifica preliminare volta a stabilire se per i progetti di minore entità, elencati nell’allegato II della direttiva VIA, debba proprio essere effettuata una valutazione. Nell’ambito della verifica preliminare, gli organi competenti devono garantire che alla valutazione d’impatto non sfugga alcun progetto idoneo ad avere un notevole impatto sull’ambiente ai sensi della direttiva, a meno che lo specifico progetto esonerato dalla valutazione possa essere ritenuto, in base ad un giudizio complessivo, inidoneo ad avere ripercussioni ambientali importanti (48). Il pubblico, come del resto le altre autorità nazionali coinvolte, devono poter far garantire il rispetto di tale obbligo in materia di verifica, eventualmente in sede giurisdizionale (49). Per assicurare un’efficace tutela giurisdizionale, l’autorità nazionale competente ha l’obbligo di fare conoscere al pubblico ed alle autorità i motivi sui quali è basato il suo rifiuto, vuoi nella decisione stessa, vuoi in una comunicazione successiva effettuata su loro richiesta (50).

136. Tali principi debbono valere anche per una valutazione aggiornativa, in quanto anche quest’ultima mira ad individuare rilevanti conseguenze ambientali non ancora sufficientemente esaminate. In questa misura, dovrebbe restare riservato alla competenza degli Stati membri stabilire se ed eventualmente in che modo coinvolgere il pubblico nella decisione di aggiornamento (51).

d)      Conclusione parziale

137. In sintesi si può constatare che, qualora la direttiva VIA sia applicabile ratione temporis, una valutazione di impatto ambientale precedentemente realizzata mantiene la propria validità, purché essa offra, al momento dell’autorizzazione, una corretta rappresentazione del possibile notevole impatto ambientale del progetto. L’esame volto a stabilire se nel frattempo le condizioni ambientali o il progetto siano cambiati in misura tale da rendere possibile il prodursi di ulteriori rilevanti conseguenze pregiudizievoli per l’ambiente non esige necessariamente una partecipazione del pubblico.

2.      Sull’ammissibilità di uno scorporo della tutela giurisdizionale in riferimento a vari presupposti di un’autorizzazione

138. Ai fini del procedimento principale, le sopra esposte considerazioni assumono rilievo soltanto nel caso in cui eventuali vizi della valutazione di impatto ambientale possano effettivamente essere fatti valere nell’ambito della procedura di autorizzazione integrata. Il diritto slovacco sembra escludere tale possibilità, in quanto la Corte costituzionale di tale paese fa riferimento a questo proposito ad una separata procedura di tutela giurisdizionale. Occorre pertanto appurare se sia compatibile con il diritto dell’Unione il fatto di escludere dal procedimento giurisdizionale di controllo dell’autorizzazione integrata della discarica l’esame di eventuali vizi inficianti una valutazione dell’impatto ambientale effettuata in precedenza e di rinviare tale esame ad una separata procedura di tutela giurisdizionale.

139. La direttiva IPPC non impone di realizzare la valutazione di impatto ambientale includendola quale parte del procedimento di autorizzazione integrata. Invero, ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 2, della direttiva IPPC, le informazioni ottenute in occasione della valutazione di impatto ambientale vanno prese in considerazione, ma, ai sensi dell’articolo 1 e dell’undicesimo considerando della medesima direttiva, quest’ultima trova applicazione, per il resto, senza pregiudizio per la direttiva VIA. Pertanto, la direttiva IPPC consente in linea di principio agli Stati membri di attuare le due direttive nell’ambito di procedimenti amministrativi separati e di mantenere distinte anche le procedure giurisdizionali di controllo di tali procedimenti amministrativi.

140. Tuttavia, in base al diritto slovacco, l’autorizzazione integrata della discarica rappresenta sia un’autorizzazione alla gestione della discarica stessa ai sensi della direttiva IPPC, sia l’autorizzazione alla costruzione dell’impianto (articolo 8, paragrafo 3, della legge slovacca n. 245/2003). L’autorizzazione alla costruzione della discarica costituisce un’autorizzazione ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva VIA. Pertanto, tale autorizzazione può essere rilasciata soltanto a seguito di una valutazione dell’impatto ambientale. Di conseguenza, dal diritto slovacco emerge una interconnessione tra la valutazione di impatto ambientale e l’autorizzazione integrata, malgrado che il diritto dell’Unione non esiga una connessione di questo tipo.

141. L’articolo 10 bis della direttiva VIA prescrive che i membri del pubblico interessato devono avere accesso a una procedura di ricorso dinanzi ad un organo giurisdizionale o ad un altro organo indipendente ed imparziale istituito dalla legge, per contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni sulla partecipazione del pubblico stabilite dalla medesima direttiva VIA. Pertanto, il controllo giurisdizionale sull’autorizzazione alla costruzione della discarica deve essere esteso anche alla valutazione dell’impatto ambientale.

142. Tuttavia, la necessità di una procedura di ricorso non esclude necessariamente che il controllo su singoli aspetti – come ad esempio la valutazione di impatto ambientale – venga effettuato nell’ambito di distinte e specifiche procedure di ricorso.

143. Infatti, il diritto dell’Unione non stabilisce in dettaglio in che modo debba essere strutturata la procedura di ricorso. Ciò è di spettanza degli Stati membri. Le modalità procedurali dei ricorsi diretti a garantire la salvaguardia dei diritti che i singoli vantano in forza del diritto dell’Unione non devono essere meno favorevoli di quelle riguardanti ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza) e non devono rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività) (52).

144. Possono sussistere giustificati motivi per la creazione di specifiche procedure di ricorso destinate al controllo di singoli aspetti. In particolare, i richiedenti possono avvantaggiarsi di una maggiore certezza del diritto qualora determinate questioni siano state preventivamente chiarite in modo definitivo, prima che vengano messi in atto ulteriori procedimenti di vasta portata.

145. La valutazione di impatto ambientale non si presta però pienamente, per sua natura, a collocarsi in una posizione isolata, capace di garantire certezza giuridica. Infatti, essa deve riguardare le conseguenze per l’ambiente quali risultanti dal progetto autorizzato e dalle condizioni dell’ambiente interessato esistenti alla data dell’autorizzazione (53). Sarebbe incompatibile con tale esigenza il fatto di adottare, in uno stadio anticipato della procedura, constatazioni con valore già conclusivo e definitivo in merito all’impatto ambientale. Almeno le lacune della valutazione di impatto ambientale che sorgono o appaiono soltanto in un momento successivo devono anche poter essere contestate in tale momento successivo.

146. Oltre a ciò, eventuali vizi prodottisi in fasi procedurali scorporate e distinte devono ripercuotersi anche sulle fasi procedurali successive. Se ad esempio una lite giudiziaria porta alla conclusione che una valutazione di impatto ambientale era viziata, durante tale procedimento giudiziale il progetto non può essere definitivamente autorizzato oppure messo ad esecuzione (54). Al tempo stesso, la frammentazione della tutela giurisdizionale non può portare al risultato che persone od organizzazioni legittimate, ai sensi dell’articolo 10 bis della direttiva VIA, a promuovere il controllo giudiziale della legittimità procedurale e sostanziale di una decisione vengano escluse dal controllo su determinate fasi procedurali svoltesi separatamente. E in definitiva tale sistema non può aumentare in misura sproporzionata gli oneri che il pubblico dovrebbe sostenere per poter impugnare in sede giurisdizionale un progetto.

147. Un sistema nazionale di tutela giurisdizionale che non soddisfi tali requisiti non sarebbe compatibile con il principio di effettività, in quanto renderebbe eccessivamente difficile o addirittura impossibile l’attuazione dei diritti conferiti dalla normativa dell’Unione in materia ambientale.

148. In questo caso, l’effetto utile delle direttive in discussione imporrebbe di verificare, nell’ambito di una lite giudiziaria vertente su fasi procedurali svoltesi in un momento successivo, gli errori prodottisi nella realizzazione delle fasi precedenti (55). In particolare, ciò si imporrebbe nel caso in cui il comportamento delle autorità nazionali, in connessione con le disposizioni in materia di tutela giuridica, abbia avuto la conseguenza che una persona sia stata privata di qualsiasi possibilità di far valere i propri diritti dinanzi ai giudici nazionali (56), ad esempio in virtù del fatto che gli organi competenti tengono occultate le possibili vie di ricorso giurisdizionale.

149. La Corte non dispone di informazioni sufficienti per chiarire in modo conclusivo nella presente causa se le caratteristiche della tutela giurisdizionale offerta dall’ordinamento slovacco, ovvero l’applicazione di tale tutela nei procedimenti qui in questione, siano compatibili con il principio di effettività. Nondimeno, la domanda di pronuncia pregiudiziale contiene indicazioni che fanno dubitare di ciò. Infatti, la Corte di cassazione slovacca adduce elementi che fanno propendere per una cooperazione a carattere collusivo tra la Ekologická skládka e le autorità competenti. Più precisamente:

–        è stato esplicitamente asserito che il dirigente dell’ufficio che ha emanato la decisione sull’ubicazione sarebbe proprietario di terreni all’interno della zona interessata dal progetto, nonché membro, insieme alle sue sorelle, del consiglio di vigilanza della Ekologická skládka (57);

–        il sig. Križan e a. sono stati esclusi dalla procedura di determinazione dell’ubicazione dell’impianto, con la motivazione secondo cui in quel momento i loro diritti non sarebbero ancora stati direttamente pregiudicati; ma nella procedura di autorizzazione integrata la decisione sull’ubicazione è stata opposta nei loro confronti quale atto dotato di forza vincolante (58);

–        nel primo grado del procedimento amministrativo di autorizzazione integrata, la decisione sull’ubicazione è stata mantenuta segreta senza alcun motivo riconoscibile (59).

150. L’analisi concreta di tali circostanze è riservata ai giudici nazionali, che in caso di dubbio possono giovarsi del rinvio pregiudiziale al fine di ottenere informazioni più precise in merito all’applicazione del principio di effettività a determinati casi concreti.

151. In sintesi, occorre constatare che è compatibile con il diritto dell’Unione il fatto di escludere dal procedimento giudiziario di controllo dell’autorizzazione integrata per la costruzione di una discarica l’esame di eventuali vizi inficianti una valutazione dell’impatto ambientale effettuata in precedenza e di rinviare tale esame ad una separata procedura di tutela giurisdizionale, purché attraverso tale scorporo di tutela non venga reso praticamente impossibile o eccessivamente difficile il controllo giudiziale dell’autorizzazione integrata. Qualora le caratteristiche della tutela giurisdizionale offerta o l’applicazione di quest’ultima non soddisfino i suddetti requisiti, l’effetto utile delle direttive in discussione impone di verificare, nell’ambito di una lite giudiziaria vertente su fasi procedurali intervenute in un momento successivo, gli errori prodottisi nella realizzazione delle fasi antecedenti.

3.      Sulla rilevabilità d’ufficio di determinate questioni giuridiche

152. L’esame di eventuali vizi della valutazione di impatto ambientale nell’ambito del procedimento a quo potrebbe però essere precluso da una seconda constatazione operata dalla Corte costituzionale slovacca. Quest’ultima ha infatti osservato che le parti non avrebbero contestato la validità della valutazione di impatto ambientale, motivo per cui la Corte di cassazione slovacca avrebbe statuito ultra petita ed ecceduto così le proprie competenze. Per tale motivo, la Corte di cassazione chiede se essa, in forza del diritto dell’Unione, sia legittimata a sollevare tale questione d’ufficio.

153. Anche a questo riguardo vale essenzialmente, in linea di principio, e in assenza di pertinenti norme di diritto dell’Unione, l’autonomia procedurale degli Stati membri, la quale comunque deve essere esercitata rispettando i principi di equivalenza e di effettività (60).

154. La domanda di pronuncia pregiudiziale non reca alcun elemento che chiarisca entro quali limiti sia possibile rilevare d’ufficio questioni di diritto nazionale. Mancano dunque punti di riferimento utili per stabilire se il principio di equivalenza obblighi a rilevare d’ufficio eventuali vizi della valutazione di impatto ambientale. Sotto questo aspetto, il presente caso si differenzia da quello esaminato nella sentenza Van der Weerd, in cui si poneva il quesito se le disposizioni di diritto dell’Unione là in discussione corrispondessero a norme nazionali di ordine pubblico (ordre public) la cui violazione poteva, ai sensi del diritto dei Paesi Bassi, essere rilevata d’ufficio (61).

155. Quanto al principio di effettività, ogni caso in cui si ponga la questione se una norma procedurale nazionale renda impossibile o eccessivamente difficile l’applicazione del diritto dell’Unione dev’essere esaminato tenendo conto del ruolo di tale norma nell’insieme del procedimento, nonché dello svolgimento e delle peculiarità di quest’ultimo dinanzi ai diversi organi nazionali. A tal fine vanno presi in considerazione, se necessario, i principi che sono alla base anche del sistema giurisdizionale nazionale, quali la tutela del diritto alla difesa, il principio della certezza del diritto e il regolare svolgimento del procedimento (62). Si tratta di valutazioni caso per caso, effettuate in considerazione dell’intero contesto di fatto e di diritto proprio di ciascuna causa e che non possono essere trasposte automaticamente a settori diversi da quelli nell’ambito del quale sono state formulate (63).

156. In linea di principio, sono compatibili con il principio di effettività eventuali disposizioni di diritto interno che vietino ai giudici nazionali di sollevare d’ufficio un’eccezione attinente alla violazione di norme di diritto dell’Unione, nel caso in cui l’esame di tale eccezione li obbligherebbe a rinunciare al ruolo passivo cui essi sono sostanzialmente tenuti, portandoli ad esorbitare dai limiti della lite quale circoscritta dalle parti e a basarsi su fatti e circostanze diversi da quelli che la parte interessata all’applicazione di dette norme dell’Unione ha posto a fondamento della propria domanda (64).

157. Tale limitazione dei poteri del giudice nazionale è giustificata dal principio secondo il quale l’iniziativa del processo spetta alle parti e, di conseguenza, il giudice può agire d’ufficio solo in casi eccezionali, per il pubblico interesse. Tale principio tutela il diritto alla difesa e garantisce il regolare svolgimento del procedimento, in particolare preservandolo dai ritardi dovuti alla valutazione di motivi nuovi (65).

158. Tali statuizioni sono state pronunciate in procedimenti che riguardavano, rispettivamente, l’iscrizione ad un regime assicurativo statale obbligatorio (66) e la prova di un’epidemia animale che aveva costituito il fondamento per l’adozione di misure a carico dell’azienda agricola interessata (67).

159. L’ipotesi più rilevante in cui i giudici nazionali sono comunque obbligati a sollevare d’ufficio una questione attinente al diritto dell’Unione è quella contemplata dall’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva concernente le clausole abusive stipulate nei contratti con i consumatori (68). In considerazione della posizione di inferiorità dei consumatori rispetto ai loro partner contrattuali, detta disposizione stabilisce che le clausole abusive non vincolano il consumatore. Come risulta dalla giurisprudenza, si tratta di una norma imperativa che mira a sostituire all’equilibrio formale che il contratto istituisce fra i diritti e gli obblighi delle parti un equilibrio reale, finalizzato a ristabilire l’uguaglianza delle parti stesse. Al fine di garantire l’efficacia di detta disposizione, la Corte ha statuito che il giudice nazionale è tenuto ad esaminare d’ufficio il carattere abusivo di una clausola contrattuale (69).

160. Anche l’ambiente è meritevole di tutela e sussiste un interesse pubblico rilevante a che la valutazione di impatto ambientale imposta dalla normativa dell’Unione venga realizzata correttamente.

161. Ciò nonostante, la direttiva VIA non contiene alcuna norma paragonabile all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva sulle clausole abusive, la quale disciplini le conseguenze che eventuali vizi di una valutazione di impatto ambientale producono sulla validità di un’autorizzazione. In particolare, la citata direttiva non decreta l’inefficacia di un’autorizzazione in caso di vizi della valutazione di impatto ambientale.

162. Si può qui soprassedere alla questione se la completa rinuncia a realizzare una valutazione di impatto ambientale imposta dal diritto dell’Unione debba eventualmente essere rilevata d’ufficio. Ad ogni modo, una valutazione siffatta costituisce una base importante per la formulazione di obiezioni contro un determinato progetto fondate sulle norme ambientali.

163. Nondimeno, non reputo che sia necessario sollevare in ogni caso d’ufficio dubbi in merito all’attualità di una valutazione di impatto ambientale. Qualora esista, una valutazione di impatto ambientale dovrebbe offrire ad eventuali ricorrenti sufficienti elementi per contestarne possibili lacune. È peraltro relativamente facile che vizi siffatti sorgano per effetto del passare del tempo o in virtù di modifiche delle circostanze esterne, senza che essi conducano necessariamente ad ulteriori rilevanti conseguenze per l’ambiente. Una valutazione suppletiva è in definitiva già necessaria nel caso in cui siano possibili conseguenze ulteriori siffatte. Qualora l’attualità della valutazione di impatto ambientale dovesse essere verificata d’ufficio dai giudici, sorgerebbero gravi rischi di natura processuale, senza che da ciò sia lecito attendersi necessariamente un corrispondente vantaggio per l’ambiente. Pertanto, il pubblico interesse a che sia presa in considerazione una valutazione di impatto ambientale attuale non merita un’importanza tale da giustificare una verifica d’ufficio. Piuttosto, è sufficiente che dubbi siffatti vengano sollevati soltanto sulla scorta di esplicite doglianze.

164. Il bilanciamento degli interessi può portare ad un risultato diverso ove si faccia riferimento ad altri aspetti di diritto ambientale. Così, sulla base delle allegazioni del sig. Križan e a., sarebbe ovvio tra l’altro verificare se la vecchia discarica a Pezinok venga gestita in conformità all’articolo 14 della direttiva sulle discariche (70). Essa viene messa in collegamento con rilevanti rischi per la salute. Tuttavia, non risulta che la gestione della vecchia discarica costituisca oggetto del procedimento principale.

165. Per quanto riguarda la nuova discarica, la Corte di cassazione slovacca non offre elementi che portino a ritenere che essa venga gestita in contrasto con gli standard tecnici applicabili. Pertanto, rispetto alla prosecuzione della gestione della vecchia discarica, la nuova potrebbe addirittura determinare un miglioramento della tutela dell’ambiente.

166. Pertanto, non vedo motivi di pubblico interesse, attinenti specificamente alla disciplina dell’Unione in materia ambientale, tali per cui si debba obbligare la Corte di cassazione slovacca, in contrasto con le norme di diritto nazionale, a sollevare d’ufficio possibili dubbi riguardo all’attualità della valutazione di impatto ambientale.

167. Tuttavia, eventuali questioni giuridiche di diritto dell’Unione devono essere sollevate anche d’ufficio, in virtù del principio di effettività, nel caso in cui le parti non abbiano avuto la possibilità effettiva di sollevare dinanzi ad un giudice nazionale un motivo fondato sulle disposizioni controverse (71).

168. Qualora dalle indicazioni fornite dalla Corte di cassazione slovacca in merito ad una cooperazione a carattere collusivo tra la Ekologická skládka e le autorità preposte al rilascio dell’autorizzazione (72) dovesse realmente emergere una violazione del principio di effettività, occorrerebbe anche partire dal presupposto che il sig. Križan e a. non abbiano avuto la possibilità effettiva di dedurre dinanzi ai giudici nazionali l’asserita mancanza di attualità della valutazione di impatto ambientale. In tal caso, la Corte di cassazione sarebbe obbligata a sollevare d’ufficio tale questione.

4.      Conclusione riguardo alla terza questione pregiudiziale

169. Alla luce di quanto sopra esposto, occorre rispondere alla terza questione dichiarando quanto segue:

Qualora la direttiva VIA sia applicabile ratione temporis, una valutazione precedentemente realizzata riguardo all’impatto ambientale di un progetto può essere posta a fondamento dell’autorizzazione di quest’ultimo, purché essa offra, al momento dell’autorizzazione, una corretta rappresentazione del possibile notevole impatto ambientale del progetto. L’esame volto a stabilire se nel frattempo le condizioni ambientali o il progetto siano cambiati in misura tale da rendere possibile il prodursi di ulteriori rilevanti conseguenze pregiudizievoli per l’ambiente non esige necessariamente una partecipazione del pubblico.

È compatibile con il diritto dell’Unione il fatto di escludere dal procedimento giudiziario di controllo dell’autorizzazione integrata per la costruzione di una discarica di rifiuti l’esame del carattere attuale di una valutazione dell’impatto ambientale effettuata in precedenza e di rinviare tale esame ad una separata procedura di tutela giurisdizionale, purché attraverso tale scorporo di tutela non venga reso praticamente impossibile o eccessivamente difficile il controllo giudiziale dell’autorizzazione integrata in rapporto alla valutazione di impatto ambientale. Qualora le caratteristiche della tutela giurisdizionale offerta o l’applicazione di quest’ultima non soddisfino i suddetti requisiti, l’effetto utile delle direttive in discussione impone di verificare, nell’ambito di una lite giudiziaria vertente su fasi procedurali intervenute in un momento successivo, gli errori prodottisi nella realizzazione delle fasi antecedenti.

I giudici nazionali devono rilevare d’ufficio la questione relativa al carattere attuale di una valutazione di impatto ambientale, qualora i soggetti legittimati non abbiano avuto la possibilità effettiva di sollevare tale questione dinanzi ai giudici nazionali. Occorre ritenere, in particolare, che tale possibilità non sussista nel caso in cui le caratteristiche della tutela giurisdizionale offerta ovvero l’applicazione di quest’ultima non soddisfino i requisiti del principio di effettività.

D –    Sulla quarta questione pregiudiziale – Tutela cautelare

170. Con la quarta questione, la Corte di cassazione slovacca vorrebbe sapere se la tutela giuridica a favore del pubblico ai sensi della direttiva IPPC e della direttiva VIA includa la possibilità di chiedere l’emanazione di un provvedimento cautelare di natura amministrativa o giurisdizionale ai sensi del diritto nazionale (ad esempio, la sospensione giudiziale dell’esecutività di una decisione integrata), il quale consenta in via provvisoria, vale a dire fino alla decisione sul merito, di sospendere la realizzazione di un impianto progettato.

171. Invero, né la direttiva IPPC né la direttiva VIA prevedono misure cautelari; tuttavia, secondo una costante giurisprudenza, il giudice nazionale investito di una controversia disciplinata dal diritto dell’Unione dev’essere in grado di concedere provvedimenti provvisori allo scopo di garantire la piena efficacia della successiva pronuncia giurisdizionale sull’esistenza dei diritti invocati in forza del diritto dell’Unione (73).

172. Tale obbligo costituisce un’espressione del diritto, sancito dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, ad una tutela giurisdizionale effettiva, il quale deve essere garantito dagli Stati membri ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE.

173. Peraltro, anche l’articolo 9, paragrafo 4, della Convenzione di Aarhus, del quale si deve tener conto in sede di interpretazione delle direttive IPPC e VIA (74), esige che la tutela giuridica offerta ai sensi di tali direttive consenta l’adozione di adeguate misure provvisorie.

174. Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale emergono anche dubbi della Corte di cassazione slovacca quanto alla sussistenza o meno di un obbligo di procedere, prima dell’adozione del provvedimento provvisorio, all’audizione della parte interessata da quest’ultimo.

175. A questo proposito, deve essere rispettato il principio dell’equo procedimento, il quale comprende il diritto ad essere sentiti (75). Anche se le concrete modalità del diritto ad essere sentiti possono variare in funzione dell’eventuale urgenza della decisione, ogni restrizione all’esercizio di tale diritto deve essere debitamente giustificata e corredata di garanzie procedurali che assicurino ai soggetti interessati l’effettiva possibilità di contestare i provvedimenti adottati in via di urgenza (76).

176. Pertanto, in caso di particolare urgenza di una misura provvisoria, il giudice può inizialmente soprassedere all’audizione di tutte le parti (77); tuttavia, detto giudice deve provvedervi quanto prima (78), oppure deve almeno esistere la possibilità di contestare la misura nell’ambito di una procedura accelerata con un mezzo di impugnazione che consenta a tutte le parti di formulare le proprie osservazioni.

177. Pertanto, alla quarta questione pregiudiziale occorre rispondere dichiarando che la tutela giuridica del pubblico ai sensi della direttiva IPPC e della direttiva VIA comprende la possibilità di ottenere in via cautelare, conformemente al diritto nazionale, un provvedimento amministrativo o giurisdizionale che provvisoriamente consenta di sospendere la realizzazione di un impianto progettato. In casi di particolare urgenza è possibile soprassedere all’audizione delle parti, purché esse abbiano la possibilità di ottenere quanto prima un riesame della misura ordinata.

E –    Sulla quinta questione pregiudiziale – Portata della tutela accordata al diritto di proprietà

178. Con la quinta questione pregiudiziale, la Corte di cassazione slovacca desidera sapere se il provvedimento giurisdizionale con il quale, nel rispetto dei presupposti stabiliti dalla direttiva IPPC, dalla direttiva VIA o dall’articolo 9, paragrafi 2 e 4, della Convenzione di Aarhus, viene disposto l’annullamento di un’autorizzazione validamente rilasciata per un nuovo impianto, possa ledere illegittimamente il diritto di proprietà del gestore. Al giudice nazionale interessa in particolare sapere quale criterio di proporzionalità debba essere utilizzato nel bilanciamento tra il pubblico interesse alla tutela dell’ambiente e il diritto del singolo alla tutela della proprietà, nel caso in cui il contenuto di tale diritto di proprietà (in particolare, l’aspetto di godimento dello stesso) porti necessariamente, o sia inevitabilmente correlato, ad una manomissione dell’ambiente tutelato dal diritto dell’Unione.

179. Il diritto di proprietà è riconosciuto dall’articolo 17 della Carta dei diritti fondamentali e già in precedenza aveva trovato riconoscimento nella costante giurisprudenza della Corte. Tuttavia, il diritto di proprietà può essere sottoposto a restrizioni, a condizione che queste rispondano effettivamente ad obiettivi di interesse generale perseguiti dall’Unione e non costituiscano, in rapporto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa dei diritti così garantiti (79).

180. Nel procedimento a quo vengono in discussione due diversi aspetti del diritto di proprietà. Da un lato, la proprietà del terreno previsto per la discarica di rifiuti, il cui godimento subisce limitazioni per effetto della riserva di autorizzazione, e, dall’altro, il diritto, che può scaturire dall’autorizzazione, di costruire e gestire una discarica sul terreno in questione.

181. Tuttavia, il diritto alla costruzione e alla gestione di una discarica può acquisire la dignità di potere attinente al diritto di proprietà soltanto nel caso in cui l’autorizzazione non possa più essere contestata nella sua esistenza. Infatti, prima di tale momento può parlarsi soltanto di un’aspettativa riguardo alla facoltà di costruire e gestire una discarica. Tuttavia, semplici aspettative non possono essere tutelate alla stregua di un diritto di proprietà (80), almeno non quando la loro realizzazione è oggetto di controversia (81).

182. La riserva di autorizzazione per la discarica di rifiuti limita invece il godimento della proprietà dei terreni interessati.

183. A causa di tale riserva, prima del previsto utilizzo debbono essere attuate varie procedure amministrative. In tale contesto, la direttiva VIA deve garantire che tutte le rilevanti conseguenze per l’ambiente derivanti dal progetto verranno individuate e prese in considerazione nella decisione. E la direttiva IPPC è intesa a minimizzare l’impatto ambientale dell’impianto. Entrambe le direttive riconoscono inoltre la possibilità di contestare ampiamente la legittimità sostanziale e procedurale di decisioni adottate.

184. È possibile che, per effetto di tale disciplina, determinati progetti non possano affatto essere realizzati e che altri, quanto meno, subiscano ritardi ovvero vengano ridimensionati.

185. Tali restrizioni del diritto di proprietà possono tuttavia essere giustificate, in linea di principio, dall’interesse generale ad un elevato livello di tutela dell’ambiente (82), il quale costituisce una finalità dell’Unione ai sensi dell’articolo 191 TFUE e dell’articolo 37 della Carta dei diritti fondamentali (83).

186. Pertanto, è compatibile con il diritto fondamentale di proprietà vietare un utilizzo del terreno che pregiudichi eccessivamente l’ambiente. Deve altresì essere consentito assoggettare ad una valutazione accurata, prima che sia assentita la loro attuazione, i progetti che possano avere un notevole impatto sull’ambiente. Non vi sono motivi per ritenere che le condizioni fissate dalla direttiva VIA, dalla direttiva IPPC o dalla Convenzione di Aarhus siano sproporzionate sotto questo aspetto.

187. In ultima analisi, il diritto fondamentale ad una tutela giurisdizionale effettiva, sancito dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali, esige che sia consentito verificare in sede giurisdizionale il rispetto di giustificate norme in materia di tutela ambientale e che, se del caso, venga disposto l’annullamento di autorizzazioni rilasciate in violazione delle norme suddette.

188. In sintesi, occorre constatare che il provvedimento giurisdizionale con cui, nel rispetto dei presupposti stabiliti dalla direttiva IPPC, dalla direttiva VIA o dall’articolo 9, paragrafi 2 e 4, della Convenzione di Aarhus, viene disposto l’annullamento di un’autorizzazione rilasciata per un nuovo impianto, non configura un’illegittima lesione del diritto di proprietà del gestore.

V –    Conclusione

189. Alla luce delle considerazioni sopra esposte, propongo alla Corte di statuire come segue:

1.      L’articolo 267 TFUE obbliga il giudice di uno Stato membro, la cui decisione in merito all’interpretazione del diritto dell’Unione non sia impugnabile con un ricorso, ad effettuare d’ufficio, anche senza sollecitazione delle parti, un rinvio pregiudiziale dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea in caso di dubbi riguardanti l’applicazione del diritto dell’Unione in un procedimento dinanzi ad esso pendente, quand’anche la Corte costituzionale del medesimo Stato membro si sia pronunciata sulla controversia ed abbia imposto a detto giudice di risolverla conformandosi alle sue statuizioni relative al diritto costituzionale interno.

2.      Nell’ambito del procedimento di autorizzazione integrata di una discarica di rifiuti, il pubblico deve avere accesso – secondo quanto previsto dall’articolo 15, paragrafo 1, e dall’allegato V della direttiva 2008/1/CE, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento – ad una decisione sull’ubicazione di tale discarica intervenuta in un momento antecedente al procedimento in questione, se e in quanto a tale accesso non ostino motivi preminenti, come ad esempio la riservatezza delle informazioni commerciali. Nel caso in cui l’accesso a tale documento venga inizialmente rifiutato senza sufficienti giustificazioni, tale vizio può essere sanato nel prosieguo del procedimento amministrativo in base al diritto nazionale, purché il pubblico, attraverso l’accesso tardivo, venga posto nella situazione in cui si sarebbe trovato qualora l’accesso fosse stato concesso sin dall’inizio.

3.      Qualora la direttiva 85/337/CEE, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, nella versione introdotta dalla direttiva 2003/35/CE, sia applicabile ratione temporis, una valutazione precedentemente realizzata riguardo all’impatto ambientale di un progetto può essere posta a fondamento dell’autorizzazione di quest’ultimo, purché essa offra, al momento dell’autorizzazione, una corretta rappresentazione del possibile notevole impatto ambientale del progetto. L’esame volto a stabilire se nel frattempo le condizioni ambientali o il progetto siano cambiati in misura tale da rendere possibile il prodursi di ulteriori rilevanti conseguenze pregiudizievoli per l’ambiente non esige necessariamente una partecipazione del pubblico.

È compatibile con il diritto dell’Unione il fatto di escludere dal procedimento giudiziario di controllo dell’autorizzazione integrata per la costruzione di una discarica di rifiuti l’esame del carattere attuale di una valutazione dell’impatto ambientale effettuata in precedenza e di rinviare tale esame ad una separata procedura di tutela giurisdizionale, purché attraverso tale scorporo di tutela non venga reso praticamente impossibile o eccessivamente difficile il controllo giudiziale dell’autorizzazione integrata in rapporto alla valutazione di impatto ambientale. Qualora le caratteristiche della tutela giurisdizionale offerta o l’applicazione di quest’ultima non soddisfino i suddetti requisiti, l’effetto utile delle direttive in discussione impone di verificare, nell’ambito di una lite giudiziaria vertente su fasi procedurali intervenute in un momento successivo, gli errori prodottisi nella realizzazione delle fasi antecedenti.

I giudici nazionali devono rilevare d’ufficio la questione relativa al carattere attuale di una valutazione di impatto ambientale, qualora i soggetti legittimati non abbiano avuto la possibilità effettiva di sollevare tale questione dinanzi ai giudici nazionali. Occorre ritenere, in particolare, che tale possibilità non sussista nel caso in cui le caratteristiche della tutela giurisdizionale offerta ovvero l’applicazione di quest’ultima non soddisfino i requisiti del principio di effettività.

4.      La tutela giuridica del pubblico ai sensi della direttiva 2008/1 e della direttiva 85/337 comprende la possibilità di ottenere in via cautelare, conformemente al diritto nazionale, un provvedimento amministrativo o giurisdizionale che provvisoriamente consenta di sospendere la realizzazione di un impianto progettato. In casi di particolare urgenza è possibile soprassedere all’audizione delle parti, purché esse abbiano la possibilità di ottenere quanto prima un riesame della misura ordinata.

5.      Il provvedimento giurisdizionale con cui, nel rispetto dei presupposti stabiliti dalla direttiva 2008/1, dalla direttiva 85/337 o dall’articolo 9, paragrafi 2 e 4, della Convenzione di Aarhus sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, viene disposto l’annullamento di un’autorizzazione rilasciata per un nuovo impianto, non configura un’illegittima lesione del diritto di proprietà del gestore.


1 –      Lingua originale: il tedesco.


2 –      Direttiva 2008/1/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2008 (versione codificata) (GU L 24, pag. 8). Tale direttiva è destinata ad essere sostituita, con effetto dal 7 gennaio 2014, dalla direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento) (GU L 334, pag. 17).


3 –      Direttiva 85/337/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985 (GU L 175, pag. 40), nella versione introdotta dalla direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, che prevede la partecipazione del pubblico nell’elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale (GU L 156, pag. 17). Tale direttiva è stata codificata e sostituita, con effetto dal 16 febbraio 2012, dalla direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011 (GU 2012, L 26, pag. 1).


4 –      Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale (GU 2005, L 124, pag. 4).


5 –      Approvata mediante la decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005 (GU L 124, pag. 1).


6 –      Direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento (GU L 257, pag. 26).


7 –      Direttiva 1999/31/CE del Consiglio, del 26 aprile 1999 (GU L 182, pag. 1), come modificata dal regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 settembre 2003 (GU L 284, pag. 1).


8 –      Direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale e che abroga la direttiva 90/313/CEE del Consiglio (GU L 41, pag. 26).


9 –      Decisione della Corte di cassazione slovacca del 14 settembre 2010 (1 Sžo 373/2009, allegato 15 alla memoria della Ekologická skládka del 15 dicembre 2012, pagg. 82 e segg.).


10 –      Essi fanno riferimento alle decisioni della Corte di cassazione slovacca del 17 giugno 2010 (Sžp 52/2009) e del 28 settembre 2011 (Sžp 3/2011).


11 –      V. infra, sezione D.3. (paragrafi 152 e segg.).


12 –      Ad esempio, le sentenze del 27 giugno 2000, Océano Grupo e Salvat Editores, da C‑240/98 a C‑244/98 (Racc. pag. I‑4941, punto 26); del 21 novembre 2002, Cofidis C‑473/00 (Racc. pag. I‑10875, punto 33), e del 26 ottobre 2006, Mostaza Claro, C‑168/05 (Racc. pag. I‑10421, punto 29), si basano sul disposto dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU L 95, pag. 29).


13 –      Sentenza del 21 luglio 2011, Kelly, C‑104/10 (Racc. pag. I‑6813, punto 61).


14 –      Sentenza del 5 ottobre 2010, Elchinov, C‑173/09 (Racc. pag. I‑8889, punto 26 e la giurisprudenza ivi citata).


15 –      V. sentenza del 4 giugno 2002, Lyckeskog, C‑99/00 (Racc. pag. I‑4839, punti 17 e 18).


16 –      Ibidem (punto 14 e la giurisprudenza ivi citata).


17 –      V. la sentenza della Corte costituzionale slovacca del 27 maggio 2010 (I. ÚS 223/09‑131, allegato 9 della domanda di pronuncia pregiudiziale, punto 16).


18 –      Sentenza Elchinov, cit. alla nota 14 (punto 27 e la giurisprudenza ivi citata).


19 –      Sentenza del 22 giugno 2010, Melki, C‑188/10 e C‑189/10 (Racc. pag. I‑5667, punto 52).


20 –      Sentenza Elchinov, cit. alla nota 14 (punti 29 e segg. e la giurisprudenza ivi citata).


21 –      Sentenze del 17 dicembre 1970, Internationale Handelsgesellschaft, 11/70 (Racc. pag. 1125, punto 3), e dell’8 settembre 2010, Winner Wetten, C‑409/06 (Racc. pag. I‑8015, punto 61).


22 –      Sentenze del 7 settembre 1999, Beck e Bergdorf, C‑355/97 (Racc. pag. I‑4977, punto 22); del 5 dicembre 2006, Cipolla e a., C‑94/04 e C‑202/04 (Racc. pag. I‑11421, punto 25); dell’8 settembre 2009, Budĕjovický Budvar, C‑478/07 (Racc. pag. I‑7721, punto 63), e del 1° dicembre 2011, Painer, C‑145/10 (Racc. pag. I‑12533, punto 59).


23 –      Cit. alla nota 3.


24 –      Sentenza del 12 maggio 2011, Trianel Kohlekraftwerk Lünen, C‑115/09 (Racc. pag. I‑3673, punto 41). V., più in generale, le sentenze del 10 settembre 1996, Commissione/Germania, C‑61/94 (Racc. pag. I‑3989, punto 52); del 14 luglio 1998, Bettati, C‑341/95 (Racc. pag. I‑4355, punto 20); del 1° aprile 2004, Bellio F.lli, C‑286/02 (Racc. pag. I‑3465, punto 33); del 7 dicembre 2006, SGAE, C‑306/05 (Racc. pag. I‑11519, punto 35), e del 14 maggio 2009, Internationaal Verhuis- en Transportbedrijf Jan de Lely, C‑161/08 (Racc. pag. I‑4075, punto 38).


25 –      V. articolo 6, paragrafo 1, lettera d), della direttiva IPPC e, all’interno della medesima disposizione, anche la lettera j), dove viene richiesta l’illustrazione, in forma sommaria, delle principali alternative eventualmente prese in esame dal richiedente, vale a dire anche le ubicazioni alternative.


26 –      Sentenze del 16 dicembre 2010, Stichting Natuur en Milieu, C‑266/09 (Racc. pag. I‑13119, punto 52), e del 28 luglio 2011, Office of Communications, C‑71/10 (Racc. pag. I‑7205, punto 22).


27 –      V. sentenza del 25 ottobre 2011, Solvay/Commissione, C‑109/10 P (Racc. pag. I‑10329, punto 56), in merito alla sanatoria di vizi procedurali nei procedimenti condotti dalla Commissione in materia di intese, nonché, in materia di disciplina dei procedimenti doganali, sentenza del 16 gennaio 1992, Marichal‑Margrève, C‑334/90 (Racc. pag. I‑101, punto 25).


28 –      Sentenza del 7 gennaio 2004, Wells, C‑201/02 (Racc. pag. I‑723, punto 65). V. però anche la sentenza del 3 luglio 2008, Commissione/Irlanda, C‑215/06 (Racc. pag. I‑4911, punti 57‑60).


29 –      Sentenza Trianel Kohlekraftwerk Lünen, cit. alla nota 24 (punto 43).


30 –      V., nei procedimenti in materia di intese, la sentenza Solvay/Commissione, cit. alla nota 27.


31 –      Sentenza Commissione/Irlanda, cit. alla nota 28 (punto 57).


32 –      V. supra, paragrafo 54.


33 –      Sentenze del 18 giugno 1998, Gedeputeerde Staten van Noord‑Holland, C‑81/96 (Racc. pag. I‑3923, punto 23), e Wells, cit. alla nota 28 (punto 43).


34 –      GU 2003, L 236, pag. 33.


35 –      V. sentenze del 4 maggio 2006, Commissione/Regno Unito, C‑508/03 (Racc. pag. I‑3969, punto 102); del 17 marzo 2011, Brussels Hoofdstedelijk Gewest e a., C‑275/09 (Racc. pag. I‑1753, punto 37), e del 18 ottobre 2011, Boxus e Roua, da C‑128/09 a C‑131/09, C‑134/09 e C‑135/09 (Racc. pag. I‑9711, punto 44).


36 –      Sentenza dell’11 agosto 1995, Commissione/Germania, C‑431/92 (cosiddetta «Großkrotzenburg», Racc. pag. I‑2189, punto 32).


37 –      Sentenza Gedeputeerde Staten van Noord‑Holland, cit. alla nota 33 (punto 25).


38 –      V. le conclusioni da me presentate il 13 ottobre 2011 nella causa Nomarchiaki Aftodioikisi Aitoloakarnanias e a., C‑43/10, attualmente pendente (paragrafo 169).


39 –      Sentenza Gedeputeerde Staten van Noord‑Holland, cit. alla nota 33 (punto 25).


40 –      Conclusioni presentate dall’avvocato generale Mischo il 5 marzo 1998 nella causa Gedeputeerde Staten van Noord-Holland, C‑81/96 (Racc. pag. I‑3923, paragrafo 47).


41 –      V. sentenze del 18 ottobre 1990, Dzodzi, C‑297/88 e C‑197/89 (Racc. pag. I‑3763, punti 37 e segg.); del 17 luglio 1997, Giloy, C‑130/95 (Racc. pag. I‑4291, punto 28), e del 22 dicembre 2008, Les Vergers du Vieux Tauves, C‑48/07 (Racc. pag. I‑10627, punti 21 e segg.).


42 –      Sentenza del 10 gennaio 2006, Ynos, C‑302/04 (Racc. pag. I‑371, punto 36).


43 –      Sentenza del 15 dicembre 2011, Commissione/Spagna, cosiddetta «M‑501», C‑560/08 (non pubblicata nella Raccolta, disponibile soltanto nelle lingue francese e spagnola, punti 103 e segg.).


44 –      Sentenza del 24 ottobre 1996, Kraaijeveld e a., C‑72/95 (Racc. pag. I‑5403, punto 39).


45 –      V. le sentenze Wells, cit. alla nota 28 (punto 47); del 4 maggio 2006, Barker, C‑290/03 (Racc. pag. I‑3949, punti 47 e segg.); Commissione/Regno Unito, cit. alla nota 35 (punti 103‑106), nonché le conclusioni da me presentate nella causa Nomarchiaki Aftodioikisi Aitoloakarnanias e a., citate alla nota 38 (paragrafo 140).


46 –      V. supra, paragrafo 128.


47 –      Riguardo alla presa in esame di effetti cumulativi, v. sentenze del 24 novembre 2011, Commissione/Spagna, cosiddetta «Orso bruno spagnolo», C‑404/09 (Racc. pag. I‑11853, punti 76 e segg.), e Commissione/Spagna, cosiddetta «M-501», cit. alla nota 43 (punti 98 e segg.).


48 –      Sentenza del 10 giugno 2004, Commissione/Italia, cosiddetta «Lotto zero», C‑87/02 (Racc. pag. I‑5975, punto 44).


49 –      Sentenza del 30 aprile 2009, Mellor, C‑75/08 (Racc. pag. I‑3799, punto 58).


50 –      Ibidem (punto 59).


51 –      V., in materia di disciplina delle telecomunicazioni, sentenza del 21 febbraio 2008, Tele2 Telecommunication, C‑426/05 (Racc. pag. I‑685, punto 52).


52 –      Sentenze Trianel Kohlekraftwerk Lünen, cit. alla nota 24 (punto 43), nonché Boxus e Rua, cit. alla nota 35 (punto 52).


53 –      V. supra, paragrafo 128.


54 –      V. la sentenza del 28 febbraio 2012, Inter‑Environnement Wallonie, C‑41/11 (punto 47), in merito alla valutazione ambientale di piani e programmi.


55 –      Sentenza Brussels Hoofdstedelijk Gewest e a., cit. alla nota 35 (punto 37).


56 –      V. le sentenze del 15 settembre 1998, Edis, C‑231/96 (Racc. pag. I‑4951, punto 48); del 17 novembre 1998, Aprile, C‑228/96 (Racc. pag. I‑7141, punto 43); del 27 febbraio 2003, Santex, C‑327/00 (Racc. pag. I‑1877, punti 57 e segg.); del 15 aprile 2010, Barth, C‑542/08 (Racc. pag. I‑3189, punto 33), nonché dell’8 settembre 2011, Q‑Beef, C‑89/10 e C‑96/10 (Racc. pag. I‑7819, punto 51).


57 –      Punto 6 della domanda di pronuncia pregiudiziale.


58 –      Punti 5, 6 e 49 della domanda di pronuncia pregiudiziale.


59 –      V. le considerazioni svolte in ordine alla seconda questione pregiudiziale, paragrafi 88 e segg.


60 –      Sentenze del 7 giugno 2007, van der Weerd e a., da C‑222/05 a C‑225/05 (Racc. pag. I‑4233, punto 28 e la giurisprudenza ivi citata). In merito ai presupposti generali di tali principi, v. supra, paragrafi 101 e 143.


61 –      Sentenza van der Weerd e a., cit. alla nota 60 (punti 29 e segg.).


62 –      Sentenze del 14 dicembre 1995, Peterbroeck, C‑312/93 (Racc. pag. I‑4599, punto 14); del 14 dicembre 1995, van Schijndel e van Veen, C‑430/93 e C‑431/93 (Racc. pag. I‑4705, punto 19), nonché van der Weerd e a., cit. alla nota 60 (punto 33).


63 –      Sentenza Codifis, cit. alla nota 12 (punto 37).


64 –      Sentenze van Schijndel e van Veen, cit. alla nota 62 (punto 22), nonché van der Weerd e a., cit. alla nota 60 (punto 36).


65 –      Sentenze van Schijndel e van Veen, cit. alla nota 62 (punto 21), nonché van der Weerd e a., cit. alla nota 60 (punto 35).


66 –      Sentenza van Schijndel e van Veen, cit. alla nota 62.


67 –      Sentenza van der Weerd e a., cit. alla nota 60.


68 –      Cit. alla nota 12.


69 –      V., oltre alle sentenze citate nella nota 12, le sentenze del 4 giugno 2009, Pannon GSM, C‑243/08 (Racc. pag. I‑4713, punti 22 e segg.), e del 6 ottobre 2009, Asturcom Telecomunicaciones, C‑40/08 (Racc. pag. I‑9579, punti 30 e segg.).


70 –      V. la causa pendente C‑331/11, Commissione/Slovacchia (GU 2011, C 28, pag. 4), vertente su una discarica a Žilina – Považský Chlmec.


71 –      V. la sentenza van der Weerd e a., cit. alla nota 60 (punti 40 e segg.); v. anche la sentenza Peterbroeck, cit. alla nota 62.


72 –      V. supra, paragrafo 149.


73 –      Sentenze del 19 giugno 1990, Factortame e a., C‑213/89 (Racc. pag. I‑2433, punto 21); dell’11 gennaio 2001, Siples, C‑226/99 (Racc. pag. I‑277, punto 19), e del 13 marzo 2007, Unibet, C‑432/05 (Racc. pag. I‑2271, punto 67).


74 –      V. supra, paragrafo 78.


75 –      Sentenze del 28 marzo 2000, Krombach, C‑7/98 (Racc. pag. I‑1935, punti 27 nonché 39 e segg.); del 2 maggio 2006, Eurofood IFSC, C‑341/04 (Racc. pag. I‑3813, punto 66), e del 2 aprile 2009, Gambazzi, C‑394/07 (Racc. pag. I‑2563, punto 28).


76 –      Sentenze Eurofood IFSC, cit. alla nota 75, e del 15 luglio 2010, Purrucker, C‑256/09 (Racc. pag. I‑7353, punto 95). Vedi anche il nuovo orientamento della Corte europea dei diritti dell’uomo instaurato dalla sentenza del 15 ottobre 2009, Micallef/Malta (ricorso n. 17056/06, punti 85 e 86).


77 –      V. la sentenza del 21 maggio 1980, Denilauler, 125/79 (Racc. pag. 1553, punto 15).


78 –      A titolo illustrativo, v. la sentenza del 21 dicembre 2011, Francia/People’s Mojahedin Organization of Iran, C‑27/09 P (Racc. pag. I‑13427, punto 61), in merito all’adozione di misure amministrative. V. anche l’articolo 50, paragrafo 4, dell’Accordo TRIPS.


79 –      Sentenza del 16 novembre 2011, Bank Melli Iran/Consiglio, C‑548/09 P (Racc. pag. I‑11381, punto 114 e la giurisprudenza ivi citata), nonché articolo 17, paragrafo 1, terza frase, della Carta dei diritti fondamentali.


80 –      V. le sentenze del 14 maggio 1974, Nold/Commissione, 4/73 (Racc. pag. 491, punto 14), e del 5 ottobre 1994, Germania/Consiglio, C‑280/93 (Racc. pag. I‑4973, punti 79 e segg.), nonché la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo del 29 novembre 1991, Pine Valley Developments Ltd e a./Irlanda (ricorso n. 12742/87, punto 51).


81 –      Sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo dell’11 gennaio 2007, Anheuser‑Busch Inc./Portogallo (ricorso n. 73049/01, Recueil des arrêts et décisions 2007‑I, punti 64 e segg.).


82 –      Sentenze del 7 febbraio 1985, ADBHU, 240/83 (Racc. pag. 531, punto 13), e del 9 marzo 2010, ERG e a., C‑379/08 e C‑380/08 (Racc. pag. I‑2007, punto 81), nonché sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo del 29 marzo 2010, Depalle/Francia (ricorso n. 34044/02, punto 81 e la giurisprudenza ivi citata); Pine Valley Developments Ltd e a./Irlanda, cit. alla nota 80 (punto 57), nonché del 22 novembre 2011, Curmi/Malta (ricorso n. 2243/10, punto 44).


83 –      V. anche il nono considerando del preambolo del Trattato UE e l’articolo 11 TFUE.