Language of document : ECLI:EU:C:2019:108

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

12 febbraio 2019 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Cooperazione giudiziaria in materia penale – Decisione quadro 2002/584/GAI – Mandato d’arresto europeo – Articolo 12 – Mantenimento in custodia della persona – Articolo 17 – Termini per l’adozione della decisione di esecuzione del mandato d’arresto europeo – Legislazione nazionale che prevede la sospensione d’ufficio della misura detentiva allo scadere di 90 giorni dall’arresto – Interpretazione conforme – Sospensione dei termini – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 6 – Diritto alla libertà e alla sicurezza – Interpretazioni divergenti della legislazione nazionale – Chiarezza e prevedibilità»

Nella causa C‑492/18 PPU,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal rechtbank Amsterdam (Tribunale di Amsterdam, Paesi Bassi), con decisione del 27 luglio 2018, pervenuta in cancelleria il 27 luglio 2018, nel procedimento relativo all’esecuzione di un mandato d’arresto europeo emesso nei confronti di

TC,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da R. Silva de Lapuerta, vicepresidente della Corte, facente funzione di presidente della Prima Sezione, A. Arabadjiev (relatore), E. Regan, C.G. Fernlund e S. Rodin, giudici,

avvocato generale: M. Szpunar

cancelliere: M. Ferreira, amministratrice principale

vista la domanda del giudice del rinvio del 27 luglio 2018, pervenuta in cancelleria il 27 luglio 2018, di assoggettare il rinvio pregiudiziale al procedimento d’urgenza, ai sensi dell’articolo 107 del regolamento di procedura della Corte,

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 4 ottobre 2018,

considerate le osservazioni presentate:

–        per TC, da T.J. Kodrzycki e Th. O.M. Dieben, advocaten;

–        per l’Openbaar Ministerie, da R. Vorrink, J. Asbroek e K. van der Schaft, Officieren van Justitie;

–        per il governo dei Paesi Bassi, da M.K. Bulterman, M.A.M. de Ree e J.M. Hoogveld, in qualità di agenti;

–        per il governo ceco, da M. Smolek, J. Vláčil e A. Kasalická, in qualità di agenti;

–        per l’Irlanda, da A. Joyce e G. Mullan, in qualità di agenti;

–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da S. Faraci, avvocato dello Stato;

–        per la Commissione europea, da R. Troosters, in qualità di agente,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 6 novembre 2018,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 6 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito dell’esecuzione, nei Paesi Bassi, di un mandato d’arresto europeo emesso il 12 giugno 2017 nei confronti di TC dalle autorità competenti del Regno Unito (in prosieguo: il «mandato d’arresto europeo in questione»).

 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

 La Carta

3        A termini dell’articolo 6 della Carta, intitolato «Diritto alla libertà e alla sicurezza»:

«Ogni persona ha diritto alla libertà e alla sicurezza».

 Decisione quadro 2002/584/GAI

4        Il considerando 12 della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (GU 2002, L 190, pag. 1) così dispone:

«La presente decisione quadro rispetta i diritti fondamentali ed osserva i principi sanciti dall’articolo 6 del trattato sull’Unione europea e contenuti nella Carta (…)».

5        L’articolo 1 della medesima, intitolato «Definizione del mandato d’arresto europeo ed obbligo di darne esecuzione», al paragrafo 3 prevede quanto segue:

«L’obbligo di rispettare i diritti fondamentali e i fondamentali principi giuridici sanciti dall’articolo 6 del trattato sull’Unione europea non può essere modificat[o] per effetto della presente decisione quadro».

6        A termini dell’articolo 12 della decisione quadro in parola, intitolato «Mantenimento in custodia»:

«Quando una persona viene arrestata sulla base di un mandato d’arresto europeo, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione decide se la persona debba o meno rimanere in stato di custodia conformemente al diritto interno dello Stato membro dell’esecuzione. In qualsiasi momento è possibile la rimessa in libertà provvisoria, conformemente al diritto interno dello Stato membro di esecuzione, a condizione che l’autorità competente di tale Stato membro adotti le misure ritenute necessarie ad evitare che il ricercato si dia alla fuga».

7        L’articolo 15, paragrafo 1, della medesima decisione quadro, intitolato «Decisione sulla consegna», è del seguente tenore:

«L’autorità giudiziaria dell’esecuzione decide la consegna della persona nei termini e alle condizioni stabilite dalla presente decisione quadro».

8        L’articolo 17 della decisione quadro 2002/584, intitolato «Termini e modalità della decisione di esecuzione del mandato di arresto europeo», così recita:

«1.      Un mandato d’arresto europeo deve essere trattato ed eseguito con la massima urgenza.

(…)

3.      Negli altri casi, la decisione definitiva sull’esecuzione del mandato d’arresto europeo dovrebbe essere presa entro 60 giorni dall’arresto del ricercato.

4.      In casi particolari, se il mandato d’arresto europeo non può essere eseguito entro i termini di cui ai paragrafi 2 o 3, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione ne informa immediatamente l’autorità giudiziaria emittente e ne indica i motivi. In questi casi i termini possono essere prorogati di 30 giorni.

5.      Fintanto che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione non prende una decisione definitiva sull’esecuzione del mandato d’arresto europeo, essa si accerterà che siano soddisfatte le condizioni materiali necessarie per la consegna effettiva.

(…)

7.      Se, in circostanze eccezionali, uno Stato membro non è in grado di rispettare i termini stabiliti dal presente articolo, esso ne informa [l’Unità di cooperazione giudiziaria dell’Unione europea (Eurojust)], indicando i motivi del ritardo. Inoltre, uno Stato membro che ha subito ritardi ripetuti nell’esecuzione dei mandati d’arresto da parte di un altro Stato membro ne informa il Consiglio affinché sia valutata l’attuazione della presente decisione quadro a livello degli Stati membri».

 Diritto dei Paesi Bassi

9        Ai sensi dell’articolo 22 dell’Overleveringswet (legge sulla consegna) (Stb. 2004, n. 195; in prosieguo: l’«OLW») che recepisce la decisione quadro 2002/584:

«1.      Il rechtbank (tribunale) deve pronunciare la decisione relativa alla consegna entro sessanta giorni dall’arresto del ricercato, di cui all’articolo 21.

(…)

3.      In circostanze eccezionali e previa indicazione all’autorità giudiziaria emittente dei motivi alla base della sua decisione su tale punto, il rechtbank (tribunale) può prorogare il termine di sessanta giorni di un massimo di trenta giorni.

4.      Qualora il rechtbank (tribunale) non si sia pronunciato entro il termine di cui al paragrafo 3, esso può nuovamente prorogare il termine a tempo indeterminato, sospendendo contemporaneamente, a determinate condizioni, la custodia del ricercato e informandone l’autorità giudiziaria emittente».

10      A termini dell’articolo 64 dell’OLW:

«1.      Nei casi in cui, ai sensi della presente legge, può o deve essere adottata una decisione sulla custodia, si può disporre la sospensione della custodia, condizionatamente o fino al momento della pronuncia del rechtbank (tribunale) che autorizza la consegna. Le condizioni da prescrivere possono essere rivolte unicamente a prevenire la fuga.

2.      Alle decisioni adottate dal rechtbank (tribunale) o dal giudice istruttore in forza del paragrafo 1 si applicano, mutatis mutandis, gli articoli 80, fatta eccezione per il paragrafo 2, e da 81 a 88 del codice di procedura penale».

 Procedimento principale e questione pregiudiziale

11      TC, che è oggetto del mandato d’arresto europeo in questione, è un cittadino britannico residente in Spagna, sospettato di aver partecipato, quale membro di spicco di un’organizzazione criminale, all’importazione, alla distribuzione e alla vendita di droghe pesanti, in particolare di 300 kg di cocaina. Per un simile reato, la pena massima prevista dal diritto del Regno Unito è l’ergastolo.

12      TC è stato arrestato nei Paesi Bassi il 4 aprile 2018. Il termine di sessanta giorni per l’adozione della decisione di esecuzione del mandato d’arresto europeo in questione, previsto all’articolo 22, paragrafo 1, dell’OLW e all’articolo 17, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584, ha iniziato a decorrere dalla stessa data.

13      Il rechtbank Amsterdam (Tribunale di Amsterdam, Paesi Bassi), giudice del rinvio, ha esaminato il mandato d’arresto europeo in questione all’udienza tenutasi dinanzi al medesimo il 31 maggio 2018. Al termine di quest’ultima, esso ha disposto il mantenimento in custodia di TC e ha prorogato di trenta giorni il termine per l’adozione della decisione di esecuzione del mandato d’arresto europeo in questione. Con decisione interlocutoria del 14 giugno 2018, il medesimo giudice ha riaperto il dibattimento, sospeso il procedimento in attesa della risposta della Corte alla domanda di pronuncia pregiudiziale presentata il 17 maggio 2018 nella causa che ha nel frattempo dato luogo alla sentenza del 19 settembre 2018, RO (C‑327/18 PPU, EU:C:2018:733), e precisato che il termine per la decisione era sospeso con decorrenza dal 14 giugno 2018 e fino alla pronuncia di quest’ultima sentenza.

14      TC ha chiesto la sospensione della sua custodia con decorrenza dal 4 luglio 2018, data in cui sarebbero trascorsi 90 giorni dal suo arresto.

15      Il giudice del rinvio precisa che, a norma dell’articolo 22, paragrafo 4, dell’OLW, esso deve, in linea di principio, sospendere la misura detentiva ai fini di consegna del ricercato allo scadere del termine di 90 giorni, impartito per l’adozione di una decisione definitiva sull’esecuzione del mandato d’arresto europeo. Adottando la citata disposizione, il legislatore dei Paesi Bassi si sarebbe, infatti, basato sul presupposto secondo cui la decisione quadro 2002/584 impone una simile sospensione.

16      Tuttavia, dalla sentenza del 16 luglio 2015, Lanigan (C‑237/15 PPU, EU:C:2015:474), risulterebbe che il summenzionato presupposto è erroneo e non tiene sufficientemente conto degli obblighi che incombono, in forza di disposizioni del diritto primario dell’Unione, sul giudice investito di una domanda di esecuzione di un mandato d’arresto europeo, tra cui in particolare l’obbligo, quale giudice di ultima istanza in questo tipo di cause, di sottoporre alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale, qualora la risposta a tale domanda sia necessaria per emettere la sua decisione, e di sospendere il procedimento per quanto riguarda la consegna se esiste un rischio concreto di trattamento inumano o degradante nei confronti del ricercato nello Stato membro emittente, ai sensi della sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru (C‑404/15 e C‑659/15 PPU, EU:C:2016:198).

17      Pertanto, il giudice del rinvio riferisce di aver sviluppato una giurisprudenza che gli consente di dare all’articolo 22, paragrafo 4, dell’OLW un’interpretazione conforme, allo stesso tempo, alla decisione quadro 2002/584 e all’OLW, nel senso che nei casi illustrati al punto precedente il procedimento viene sospeso quanto alla consegna. Tale interpretazione non disapplicherebbe l’articolo 22, paragrafo 4, dell’OLW, atteso che il termine fissato per pronunciarsi sulla consegna è sospeso.

18      La suesposta interpretazione non precluderebbe la possibilità di disporre la sospensione della misura detentiva a fini di consegna, cui il giudice del rinvio procederebbe in genere, in particolare ove la fissazione di condizioni consenta di ridurre il rischio di fuga a un livello accettabile. Nel caso di specie, tuttavia, sussisterebbe un rischio di fuga molto elevato che non potrebbe essere ridotto a un livello accettabile.

19      Tuttavia, il Gerechtshof Amsterdam (Corte d’appello di Amsterdam, Paesi Bassi) avrebbe già dichiarato che l’interpretazione dell’articolo 22, paragrafo 4, dell’OLW illustrata al punto 17 della presente sentenza è errata, pur ritenendo al contempo che la rigorosa applicazione della disposizione di diritto nazionale in parola potrebbe compromettere l’effettività del diritto dell’Unione. Il Gerechtshof Amsterdam (Corte d’appello di Amsterdam) avrebbe quindi operato un bilanciamento in abstracto tra l’interesse dell’ordinamento giuridico dell’Unione, associato agli obblighi di sottoporre alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale e di attendere la sua risposta o di rinviare la decisione sulla consegna ove esista un rischio concreto che il ricercato sia sottoposto nello Stato membro emittente a condizioni detentive inumane o degradanti, e quello di garantire il rispetto del diritto interno nonché della certezza del diritto. Il risultato di detto bilanciamento implicherebbe che il termine per la decisione sulla consegna dovrebbe essere considerato sospeso dal momento in cui il rechtbank (tribunale) decide di sottoporre alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale o dal momento in cui il medesimo sospende il procedimento quanto alla consegna, a meno che il mantenimento della custodia a fini di consegna sia contrario all’articolo 6 della Carta.

20      Ciononostante, il giudice del rinvio avrebbe in seguito mantenuto la sua interpretazione dell’articolo 22, paragrafo 4, dell’OLW, conforme, a suo avviso, alla decisione quadro 2002/584, interpretazione che non avrebbe ancora condotto, ad oggi, a un risultato diverso dal bilanciamento astratto operato dal Gerechtshof Amsterdam (Corte d’appello di Amsterdam).

21      Nel caso di specie, TC sosterrebbe in particolare che tale interpretazione dell’articolo 22, paragrafo 4, dell’OLW è contraria al principio della certezza del diritto, sicché il mantenimento della custodia ai fini della sua consegna viola l’articolo 5 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), e l’articolo 6 della Carta. A sostegno di tale tesi, TC avrebbe indicato che, in una simile causa precedente, il ricercato avrebbe presentato dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo un ricorso contro il Regno dei Paesi Bassi per violazione dell’articolo 5 della CEDU (causa Cernea c. Paesi Bassi, ricorso n. 62318/16) e che, in tale causa, lo stesso Stato membro avrebbe reso una dichiarazione unilaterale secondo la quale l’articolo 5 della CEDU era stato violato. La Corte europea dei diritti dell’uomo, tuttavia, non si sarebbe ancora pronunciata sulla causa in questione.

22      A tale riguardo, secondo il giudice del rinvio, dal punto 32 della sentenza del 29 giugno 2017, Popławski (C‑579/15, EU:C:2017:503), emerge che uno dei limiti cui è soggetto l’obbligo di interpretazione conforme di una normativa nazionale a una decisione quadro sarebbe, infatti, rinvenibile nel principio della certezza del diritto. Inoltre, la custodia a fini di consegna dovrebbe essere conforme all’articolo 6 della Carta.

23      Il giudice del rinvio si chiede pertanto se il mantenimento della custodia a fini di consegna in un caso come quello di TC sia contrario all’articolo 6 della Carta, in particolare al principio della certezza del diritto che sarebbe ivi garantito.

24      Esso precisa, al riguardo, che la sua giurisprudenza relativa alla sospensione del termine per la decisione è circoscritta ai due tipi di situazioni illustrate che essa è chiara e coerente e che è stata resa pubblica. La stessa cosa varrebbe per la giurisprudenza del Gerechtshof Amsterdam (Corte d’appello di Amsterdam). Il giudice del rinvio ritiene dunque che TC potesse prevedere, se del caso dopo aver consultato il suo difensore, che la custodia ai fini della sua consegna avrebbe potuto protrarsi oltre i 90 giorni dopo il suo arresto.

25      Se la Corte dovesse ritenere che la custodia ai fini di consegna in un caso come quello di TC sia contraria all’articolo 6 della Carta, il giudice del rinvio chiede, inoltre, se esso debba disapplicare l’articolo 22, paragrafo 4, dell’OLW, in quanto l’applicazione di tale disposizione porta a un risultato contrario al diritto dell’Unione e non sarebbe allora possibile un’interpretazione della medesima disposizione conforme a tale diritto, e se un simile modo di procedere non sia a sua volta contrario al principio della certezza del diritto.

26      Stante quanto precede, il rechtbank Amsterdam (Tribunale di Amsterdam) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se, in un caso in cui:

–        lo Stato membro di esecuzione abbia recepito l’articolo 17 della [decisione quadro 2002/584] in modo che la custodia a fini di consegna del ricercato deve essere sempre sospesa, non appena è superato il termine di 90 giorni per l’adozione della decisione definitiva sull’esecuzione del mandato d’arresto europeo, e

–        le autorità giudiziarie di detto Stato membro abbiano interpretato il diritto nazionale in modo che il termine per la decisione viene sospeso non appena l’autorità giudiziaria di esecuzione abbia deciso di presentare una questione pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea, o di attendere la risposta a una questione pregiudiziale presentata da un’altra autorità giudiziaria di esecuzione, oppure di rinviare la decisione sulla consegna a causa di un rischio concreto di trattamento inumano o degradante nello Stato membro emittente,

il mantenimento della custodia a fini di consegna di un ricercato che sia a rischio di fuga violi l’articolo 6 della [Carta] non appena esso duri più di 90 giorni dalla data dell’arresto del ricercato».

 Sul procedimento d’urgenza

27      Il giudice del rinvio ha chiesto di sottoporre il presente rinvio pregiudiziale al procedimento pregiudiziale d’urgenza previsto all’articolo 107 del regolamento di procedura della Corte.

28      A sostegno della sua domanda, il medesimo giudice ha richiamato il fatto che TC era in stato di custodia nei Paesi Bassi sulla sola base del mandato d’arresto europeo in questione, emesso dal Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord al fine dell’esercizio dell’azione penale nei suoi confronti. Il giudice del rinvio riteneva di non potersi pronunciare sulla domanda di sospensione della misura di custodia di cui TC era oggetto prima della decisione della Corte sulla sua domanda di pronuncia pregiudiziale. A suo avviso, pertanto, il termine entro il quale sarebbe intervenuta la risposta della Corte avrebbe avuto un’incidenza diretta e determinante sulla durata della custodia di TC.

29      A tale riguardo, occorre constatare, in primo luogo, che la presente domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della decisione quadro 2002/584, la quale rientra nei settori disciplinati dal titolo V della terza parte del Trattato FUE, relativo allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Di conseguenza, tale rinvio è idoneo a essere sottoposto al procedimento pregiudiziale d’urgenza.

30      In secondo luogo, quanto al criterio relativo all’urgenza, occorre, sulla scorta di una giurisprudenza costante della Corte, prendere in considerazione la circostanza che l’interessato è privato della libertà e che il suo mantenimento in custodia dipende dalla soluzione della controversia principale. Inoltre, la situazione dell’interessato dev’essere valutata quale si presenta alla data dell’esame della domanda diretta a ottenere che il rinvio pregiudiziale sia sottoposto al procedimento d’urgenza (sentenza del 19 settembre 2018, RO, C‑327/18 PPU, EU:C:2018:733, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).

31      Orbene, nel caso di specie, a tale data, era pacifico, da un lato, che TC si trovava in stato di custodia e, dall’altro, che il mantenimento del medesimo in tale stato dipendeva dalla decisione da adottarsi quanto alla sua domanda di sospensione della misura detentiva in questione, domanda in merito alla quale era stato deciso di sospendere il procedimento in attesa della risposta della Corte, in particolare, in tale causa.

32      Alla luce di tali circostanze, la Prima Sezione della Corte ha deciso, il 9 agosto 2018, su proposta del giudice relatore e sentito l’avvocato generale, di accogliere la richiesta del giudice del rinvio di sottoporre il presente rinvio pregiudiziale al procedimento pregiudiziale d’urgenza.

33      In terzo luogo, il 9 ottobre 2018, il giudice del rinvio ha informato la Corte di aver disposto, il giorno precedente, la sospensione, soggetta a condizioni, della misura di custodia cui TC era sottoposto, con decorrenza dall’8 ottobre 2018 e fino alla pronuncia della decisione sulla sua consegna al Regno Unito. In base ai calcoli di detto giudice, infatti, il termine per la decisione di 90 giorni scadeva, tenuto conto del periodo durante il quale il medesimo termine sarebbe stato sospeso, l’8 ottobre 2018.

34      Inoltre, atteso che l’Openbaar Ministerie (Pubblico ministero, Paesi Bassi) aveva impugnato la decisione del giudice del rinvio dell’8 ottobre 2018, il Gerechtshof Amsterdam (Corte d’appello di Amsterdam) ha informato la Corte, il 12 novembre 2018, di aver sospeso la trattazione di tale procedimento di impugnazione in attesa della presente sentenza.

35      Stante quanto precede, la Prima Sezione della Corte ha ritenuto che l’urgenza in tale causa fosse venuta meno dall’8 ottobre 2018 e che, di conseguenza, non occorresse più proseguire la trattazione della medesima secondo il procedimento pregiudiziale d’urgenza.

 Sulla questione pregiudiziale

36      In via preliminare, è opportuno rilevare che la questione posta muove dalle premesse secondo cui, in primo luogo, una procedura di consegna, come quella di cui al procedimento principale, può durare più di 90 giorni, in particolare in uno dei casi oggetto della questione posta, in secondo luogo, l’obbligo di sospendere la misura di custodia del ricercato, in ogni caso, allo scadere di un termine di 90 giorni dall’arresto di quest’ultimo, come disposto all’articolo 22, paragrafo 4, dell’OLW, è incompatibile con la decisione quadro 2002/584, in terzo luogo, sia l’interpretazione di tale disposizione nazionale operata dal giudice del rinvio sia la giurisprudenza del Gerechtshof Amsterdam (Corte d’appello di Amsterdam) tendono a ristabilire la conformità del quadro normativo nazionale alla decisione quadro in questione e, in quarto luogo, le suddette interpretazioni non hanno dato luogo ad oggi, nonostante i loro fondamenti normativi distinti, a decisioni divergenti. Inoltre, come rilevato al punto 25 della presente sentenza, il giudice del rinvio chiede se esso debba, eventualmente, disapplicare la succitata disposizione nazionale.

37      Secondo una costante giurisprudenza della Corte, nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta a quest’ultima fornire al giudice nazionale una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia di cui è investito. In quest’ottica, la Corte è tenuta, se del caso, a riformulare le questioni a essa sottoposte. Il fatto che un giudice nazionale abbia, sul piano formale, formulato una questione pregiudiziale facendo riferimento a talune disposizioni del diritto dell’Unione non osta a che la Corte fornisca a detto giudice tutti gli elementi di interpretazione che possono essere utili per la soluzione della causa di cui è investito, indipendentemente dalla circostanza che esso vi abbia fatto o no riferimento nell’enunciazione delle sue questioni. A questo proposito, spetta alla Corte ricavare dall’insieme degli elementi forniti dal giudice nazionale, e segnatamente dalla motivazione della decisione di rinvio, gli elementi del diritto dell’Unione che richiedono un’interpretazione, tenuto conto dell’oggetto della controversia (sentenza del 27 giugno 2017, Congregación de Escuelas Pías Provincia Betania, C‑74/16, EU:C:2017:496, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).

38      Nel caso di specie, giacché il giudice del rinvio ha deciso, l’8 ottobre 2018, di sospendere la misura detentiva di TC e il Gerechtshof Amsterdam (Corte d’appello di Amsterdam) non ha riformato tale decisione, non è più necessario affrontare la questione sollevata nella motivazione della decisione di rinvio, relativa all’eventuale disapplicazione dell’articolo 22, paragrafo 4, dell’OLW. Per contro, al fine di fornire al giudice del rinvio elementi interpretativi utili alla soluzione della controversia di cui è investito, occorre riformulare la questione posta e rispondervi tenendo conto delle premesse esposte al punto 36 della presente sentenza.

39      Di conseguenza, si deve ritenere che, con la questione posta, il giudice del rinvio chieda, in sostanza, da un lato, se la decisione quadro 2002/584 debba essere interpretata nel senso che essa osta a una disposizione nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che prevede un obbligo generale e incondizionato di rimessa in libertà di una persona ricercata e arrestata in forza di un mandato d’arresto europeo allo scadere di un termine di 90 giorni dal suo arresto, allorché esiste un rischio molto elevato di fuga della medesima, che non può essere ridotto a un livello accettabile mediante l’imposizione di misure adeguate, e, dall’altro, se l’articolo 6 della Carta debba essere interpretato nel senso che esso osta a una giurisprudenza nazionale che consente il mantenimento in custodia del ricercato oltre tale termine di 90 giorni, sulla base di un’interpretazione di detta disposizione nazionale secondo la quale il termine in questione è sospeso quando l’autorità giudiziaria dell’esecuzione decide di sottoporre alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale o di attendere la risposta a una domanda di pronuncia pregiudiziale presentata da un’altra autorità giudiziaria di esecuzione, oppure di rinviare la decisione sulla consegna per il motivo che potrebbe esistere, nello Stato membro emittente, un rischio concreto di condizioni detentive inumane o degradanti.

40      A tale riguardo, in primo luogo, occorre ricordare che la decisione quadro 2002/584 è intesa, come risulta in particolare dal suo articolo 1, paragrafi 1 e 2, letto alla luce dei considerando 5 e 7 della medesima, a sostituire il sistema multilaterale di estradizione fondato sulla convenzione europea di estradizione, firmata a Parigi il 13 dicembre 1957, con un sistema di consegna tra le autorità giudiziarie delle persone condannate o sospettate, ai fini dell’esecuzione di sentenze o dell’esercizio di azioni penali, sistema quest’ultimo che è basato sul principio del riconoscimento reciproco [sentenza del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario), C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586, punto 39 e giurisprudenza ivi citata].

41      La decisione quadro 2002/584 è dunque diretta, mediante l’instaurazione di un nuovo sistema semplificato e più efficace di consegna delle persone condannate o sospettate di aver violato la legge penale, a facilitare e ad accelerare la cooperazione giudiziaria allo scopo di contribuire a realizzare l’obiettivo assegnato all’Unione di diventare uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia, fondandosi sull’elevato livello di fiducia che deve esistere tra gli Stati membri [sentenza del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario), C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586, punto 40 e giurisprudenza ivi citata].

42      Il succitato obiettivo di accelerare la cooperazione giudiziaria è alla base, in particolare, dei termini per l’adozione delle decisioni relative al mandato d’arresto europeo. A tale proposito, come si evince dalla giurisprudenza della Corte, gli articoli 15 e 17 della decisione quadro 2002/584 devono essere interpretati nel senso che impongono che la decisione definitiva sull’esecuzione del mandato d’arresto europeo venga adottata, in linea di principio, entro tali termini, la cui importanza è peraltro espressa in diverse disposizioni della stessa decisione quadro (v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2015, Lanigan, C‑237/15 PPU, EU:C:2015:474, punti 29 e 32 nonché giurisprudenza ivi citata).

43      Tuttavia, la valutazione, da parte dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione che deve decidere sulla consegna della persona oggetto di un mandato d’arresto europeo, dell’esistenza di un rischio concreto che tale persona subisca, in caso di consegna all’autorità giudiziaria emittente, un trattamento inumano o degradante, ai sensi dell’articolo 4 della Carta, o una violazione del suo diritto fondamentale a un giudice indipendente e, pertanto, del contenuto essenziale del suo diritto fondamentale a un equo processo, garantito dall’articolo 47, secondo comma, della Carta, conformemente all’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584 [v., in tal senso, sentenze del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru, C‑404/15 e C‑659/15 PPU, EU:C:2016:198, punti 83 e 88 nonché giurisprudenza ivi citata, e del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario), C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586, punti 59 e 60 nonché giurisprudenza ivi citata], può comportare che la durata della procedura di consegna superi un termine di 90 giorni, come indica giustamente il giudice del rinvio. Lo stesso potrebbe valere per quanto riguarda il termine supplementare connesso alla sospensione del procedimento in attesa di una decisione della Corte in risposta a una domanda di pronuncia pregiudiziale presentata dall’autorità giudiziaria dell’esecuzione, sulla base dell’articolo 267 TFUE.

44      In secondo luogo, si deve ricordare che, ai sensi dell’articolo 12 della suddetta decisione quadro, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione decide se la persona arrestata sulla base di un mandato d’arresto europeo debba o meno rimanere in stato di custodia, conformemente al diritto interno dello Stato membro dell’esecuzione. Il medesimo articolo precisa altresì che in qualsiasi momento è possibile la rimessa in libertà provvisoria della stessa persona, conformemente al diritto di tale Stato, a condizione che l’autorità competente di detto Stato adotti le misure ritenute necessarie a evitare che il ricercato si dia alla fuga.

45      Per contro, è necessario constatare che il succitato articolo non prevede, in generale, che il mantenimento in custodia del ricercato sia possibile solo entro limiti temporali precisi né, in particolare, che esso sia escluso dopo la scadenza dei termini previsti dall’articolo 17 della medesima decisione quadro (sentenza del 16 luglio 2015, Lanigan, C‑237/15 PPU, EU:C:2015:474, punto 44).

46      Analogamente, sebbene l’articolo 12 della decisione quadro 2002/584 ammetta la possibilità, a determinate condizioni, di una rimessa in libertà provvisoria della persona arrestata sulla base di un mandato d’arresto europeo, né tale disposizione né nessun’altra disposizione della decisione quadro in parola prevedono tuttavia che, a seguito della scadenza dei termini di cui all’articolo 17 di quest’ultima, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione sia tenuta a procedere a una simile rimessa in libertà provvisoria o, a fortiori, a una rimessa in libertà pura e semplice di tale persona (v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2015, Lanigan, C‑237/15 PPU, EU:C:2015:474, punti 45 e 46).

47      Invero, atteso che il procedimento di esecuzione del mandato d’arresto europeo deve essere proseguito anche dopo la scadenza dei termini stabiliti dall’articolo 17 della decisione quadro 2002/584, un obbligo generale e incondizionato di rimessa in libertà provvisoria o, a fortiori, di rimessa in libertà pura e semplice di tale persona allo scadere di detti termini o laddove la durata totale del periodo di custodia del ricercato ecceda i medesimi termini potrebbe limitare l’efficacia del sistema di consegna istituito da tale decisione quadro e, pertanto, ostacolare la realizzazione degli obiettivi da essa perseguiti (sentenza del 16 luglio 2015, Lanigan, C‑237/15 PPU, EU:C:2015:474, punto 50).

48      Pertanto, se l’autorità giudiziaria dell’esecuzione decide di porre fine alla custodia del ricercato, spetta allora alla medesima, in forza dell’articolo 12 e dell’articolo 17, paragrafo 5, della decisione quadro in parola, disporre, unitamente alla rimessa in libertà provvisoria di tale persona, qualsiasi misura ritenuta necessaria a evitare che quest’ultima si dia alla fuga e assicurarsi che permangano le condizioni materiali necessarie alla sua consegna effettiva fintantoché non venga adottata una decisione definitiva sull’esecuzione del mandato d’arresto europeo (v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2015, Lanigan, C‑237/15 PPU, EU:C:2015:474, punto 61).

49      Ne consegue che, nel caso in cui esista, come indica nella specie il giudice del rinvio, un rischio di fuga molto elevato che non può essere ridotto a un livello accettabile mediante l’imposizione di misure adeguate, che consentano di assicurarsi che permangano le condizioni materiali necessarie per la consegna effettiva del ricercato, la rimessa in libertà provvisoria di quest’ultimo potrebbe pregiudicare l’efficacia del sistema di consegna istituito dalla decisione quadro 2002/584 e, pertanto, ostacolare la realizzazione degli obiettivi perseguiti dalla medesima, giacché non sarebbe più garantita la permanenza di dette condizioni materiali.

50      Ne deriva che l’obbligo, ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 4, dell’OLW, di sospendere in ogni caso la misura detentiva di cui il ricercato era oggetto ai fini della sua consegna, allo scadere di un termine di 90 giorni dall’arresto del medesimo, è incompatibile con le disposizioni della decisione quadro 2002/584, come peraltro osservato dal giudice del rinvio nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale.

51      In terzo luogo, occorre rilevare, anzitutto, che l’interpretazione della succitata disposizione nazionale effettuata dal giudice del rinvio non sembra idonea a porre rimedio a tale incompatibilità in tutte le circostanze, poiché, come risulta dal punto 33 della presente sentenza, nel caso di specie, quantunque esso ritenesse espressamente, nella domanda di pronuncia pregiudiziale, che esistesse un rischio molto elevato di fuga da parte di TC, che non poteva essere ridotto a un livello accettabile mediante l’imposizione di misure adeguate che consentissero di assicurarsi che permanessero le condizioni materiali necessarie per la sua consegna effettiva, il giudice del rinvio ha disposto la sospensione, soggetta a condizioni, della misura detentiva di cui TC era oggetto con decorrenza dall’8 ottobre 2018, in quanto, in base ai suoi calcoli, il termine per la decisione di 90 giorni scadeva in tale data, tenuto conto del periodo di sospensione del medesimo termine.

52      Inoltre, sebbene la giurisprudenza del Gerechtshof Amsterdam (Corte d’appello di Amsterdam) possa parimenti dare luogo alla rimessa in libertà provvisoria di un ricercato, nonostante che esista un rischio di fuga da parte di quest’ultimo molto elevato che non può essere ridotto a un livello accettabile mediante l’imposizione di misure adeguate che consentano di assicurarsi che permangano le condizioni materiali necessarie per la consegna effettiva del medesimo, neanche tale giurisprudenza consente tuttavia di conferire all’articolo 22, paragrafo 4, dell’OLW una lettura che sia compatibile con le disposizioni della decisione quadro 2002/584.

53      Infine, occorre sottolineare che, in ogni caso, una qualsiasi sospensione del termine per la decisione definitiva sull’esecuzione del mandato d’arresto europeo può essere ammessa solo osservando gli obblighi di informazione imposti all’autorità giudiziaria dell’esecuzione, in particolare dall’articolo 17, paragrafi 4 e 7, della decisione quadro in parola.

54      In quarto luogo, va ricordato che l’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584 prevede espressamente che l’obbligo di rispettare i diritti fondamentali e i fondamentali principi giuridici sanciti dall’articolo 6 UE e contenuti nella Carta – obbligo che riguarda inoltre tutti gli Stati membri, e in particolare sia lo Stato membro emittente sia quello dell’esecuzione – non può essere modificato per effetto di detta decisione (sentenza del 16 luglio 2015, Lanigan, C‑237/15 PPU, EU:C:2015:474, punto 53 e giurisprudenza ivi citata).

55      L’articolo 12 della suddetta decisione quadro deve pertanto essere interpretato in conformità con l’articolo 6 della Carta, il quale prevede che ogni persona ha diritto alla libertà e alla sicurezza (sentenza del 16 luglio 2015, Lanigan, C‑237/15 PPU, EU:C:2015:474, punto 54).

56      A tale riguardo, occorre ricordare che l’articolo 52, paragrafo 1, della Carta ammette che vengano apportate limitazioni all’esercizio di tale diritto, purché le medesime limitazioni siano previste dalla legge, rispettino il contenuto essenziale di detti diritti e libertà e, nel rispetto del principio di proporzionalità, siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui (sentenze del 16 luglio 2015, Lanigan, C‑237/15 PPU, EU:C:2015:474, punto 55 e giurisprudenza ivi citata, e del 15 marzo 2017, Al Chodor, C‑528/15, EU:C:2017:213, punto 37).

57      Orbene, laddove la Carta contenga diritti corrispondenti a diritti garantiti dalla CEDU, l’articolo 52, paragrafo 3, della Carta è inteso ad assicurare la necessaria coerenza tra i diritti contenuti in quest’ultima e i corrispondenti diritti garantiti dalla CEDU, senza che ciò pregiudichi l’autonomia del diritto dell’Unione e della Corte di giustizia dell’Unione europea. Occorre dunque tenere conto dell’articolo 5, paragrafo 1, della CEDU ai fini dell’interpretazione dell’articolo 6 della Carta, in quanto livello minimo di protezione (v., in tal senso, sentenze del 15 marzo 2017, Al Chodor, C‑528/15, EU:C:2017:213, punto 37, e del 14 settembre 2017, K., C‑18/16, EU:C:2017:680, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

58      A tale riguardo, dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo relativa all’articolo 5 della CEDU risulta che il fatto che qualsiasi privazione della libertà debba essere regolare implica non soltanto che essa debba avere un fondamento nella legge nazionale, ma anche che quest’ultima sia sufficientemente accessibile, precisa e prevedibile nella sua applicazione, al fine di evitare qualunque rischio di arbitrarietà (v., in tal senso, sentenza del 15 marzo 2017, Al Chodor, C‑528/15, EU:C:2017:213, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).

59      Inoltre, conformemente alla giurisprudenza della Corte in materia, si deve sottolineare che l’obiettivo delle garanzie predisposte a tutela della libertà, sancite sia all’articolo 6 della Carta sia all’articolo 5 della CEDU, è costituito, in particolare, dalla protezione dell’individuo contro l’arbitrarietà. Pertanto, l’attuazione di una misura privativa della libertà, per essere conforme a tale obiettivo, implica, segnatamente, che la stessa sia priva di qualsiasi elemento di malafede o inganno da parte delle autorità (sentenza del 15 marzo 2017, Al Chodor, C‑528/15, EU:C:2017:213, punto 39 e giurisprudenza ivi citata).

60      Da quanto precede deriva che, poiché il mantenimento in custodia di un ricercato oltre un termine di 90 giorni pregiudica gravemente il diritto alla libertà del medesimo, esso è soggetto al rispetto di garanzie rigorose, ossia l’esistenza di un fondamento normativo che lo giustifichi e che soddisfi i requisiti di chiarezza, di prevedibilità e di accessibilità al fine di evitare qualsiasi rischio di arbitrarietà, come risulta dal punto 58 della presente sentenza (v., in tal senso, sentenza del 15 marzo 2017, Al Chodor, C‑528/15, EU:C:2017:213, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

61      Nel caso di specie, è pacifico che l’OLW costituisce il fondamento normativo, nell’ordinamento giuridico olandese, della misura detentiva di cui all’articolo 12 della decisione quadro 2002/584, che tale legislazione nazionale, quella dell’Unione e la giurisprudenza in materia sono liberamente accessibili e che non vi è alcun indizio che suggerisca che la legislazione nazionale in parola sia applicata in modo arbitrario. Pertanto, occorre unicamente verificare se la legislazione nazionale presenti i caratteri di chiarezza e di prevedibilità richiesti per quanto riguarda le norme sulla durata della custodia, nei Paesi Bassi, di una persona, come TC, in attesa della sua consegna nell’ambito dell’esecuzione di un mandato di arresto europeo.

62      A tale proposito, anzitutto, si deve rilevare che, ai sensi dell’articolo 12 della decisione quadro 2002/584, quando una persona viene arrestata sulla base di un mandato d’arresto europeo, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione decide se la persona debba o meno rimanere in stato di custodia conformemente al diritto interno dello Stato membro dell’esecuzione e la rimessa in libertà provvisoria di detta persona è possibile solo alla condizione che l’autorità competente dello stesso Stato membro adotti le misure ritenute necessarie a evitare che la medesima si dia alla fuga.

63      Come risulta dai punti 49 e 50 della presente sentenza, dalla giurisprudenza della Corte, richiamata ai punti 54 e 55 supra, emerge che, in presenza di un rischio di fuga molto elevato che non può essere ridotto a un livello accettabile mediante l’imposizione di misure adeguate, che consentano di assicurarsi che permangano le condizioni materiali necessarie per la consegna effettiva del ricercato, come ritiene il giudice del rinvio nel caso di specie, la rimessa in libertà del medesimo sulla base del solo motivo che è trascorso un termine di 90 giorni dalla data del suo arresto, foss’anche a titolo provvisorio, non è compatibile con gli obblighi derivanti dalla decisione quadro 2002/584.

64      Inoltre, la Corte ha altresì precisato, ai punti da 57 a 59 della sentenza del 16 luglio 2015, Lanigan (C‑237/15 PPU, EU:C:2015:474), le condizioni che deve soddisfare la proroga della custodia del ricercato oltre i termini di cui all’articolo 17 della decisione quadro 2002/584 e fino all’effettiva consegna del medesimo.

65      Ne consegue che il diritto dell’Unione, quale interpretato dalla succitata sentenza della Corte, pone regole chiare e prevedibili quanto alla durata della custodia di un ricercato.

66      In aggiunta, è pacifico che l’articolo 22, paragrafo 4, dell’OLW prescrive, anch’esso, una regola chiara e prevedibile, nella misura in cui prevede che la misura di custodia del ricercato è, in linea di principio, ipso facto sospesa per il solo effetto dello spirare di un termine di 90 giorni dal suo arresto. Tuttavia, è stato constatato, ai punti 49 e 50 della presente sentenza, che, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, la decisione quadro 2002/584 osta a un sistema di questo tipo.

67      A tale riguardo, da una giurisprudenza costante della Corte risulta che il carattere vincolante di una decisione quadro comporta, in capo alle autorità nazionali, ivi compresi i giudici nazionali, un obbligo di interpretazione conforme del diritto nazionale. Nell’applicazione del diritto nazionale, tali giudici, chiamati a interpretarlo, sono dunque tenuti a farlo per quanto possibile alla luce della lettera e dello scopo della decisione quadro di cui trattasi, al fine di conseguire il risultato perseguito da questa. Tale obbligo d’interpretazione conforme del diritto nazionale attiene al sistema del Trattato FUE, in quanto permette ai giudici nazionali di assicurare, nell’ambito delle rispettive competenze, la piena efficacia del diritto dell’Unione quando risolvono le controversie a essi sottoposte (sentenza del 29 giugno 2017, Popławski, C‑579/15, EU:C:2017:503, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).

68      In particolare, il principio d’interpretazione conforme esige che i giudici nazionali si adoperino al meglio, nei limiti delle loro competenze, prendendo in considerazione il diritto interno nel suo insieme e applicando i metodi di interpretazione riconosciuti da quest’ultimo, al fine di garantire la piena efficacia della decisione quadro di cui trattasi e di pervenire a una soluzione conforme allo scopo perseguito da quest’ultima (sentenza del 29 giugno 2017, Popławski, C‑579/15, EU:C:2017:503, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

69      Ne consegue che, nel caso di specie, era parimenti chiaro e prevedibile, da ben prima dell’avvio del procedimento principale, che il giudice del rinvio nonché il Gerechtshof Amsterdam (Corte d’appello di Amsterdam) erano tenuti a fare tutto ciò che rientrava nella loro competenza al fine di garantire la piena effettività della decisione quadro 2002/584, conferendo all’articolo 22, paragrafo 4, dell’OLW, e all’obbligo di rimessa in libertà provvisoria previsto dalla medesima disposizione, un’interpretazione conforme allo scopo perseguito dalla decisione quadro in questione.

70      Tuttavia, ai punti 51 e 52 della presente sentenza è stato constatato che le interpretazioni di tale disposizione nazionale alle quali procedono il giudice del rinvio nonché il Gerechtshof Amsterdam (Corte d’appello di Amsterdam) al fine di garantirne la conformità a tale decisione quadro non soddisfano interamente i requisiti di quest’ultima. In particolare, quella di cui si serve il giudice del rinvio non ha consentito di garantire, nella specie, la conformità alla decisione quadro 2002/584 dell’articolo 22, paragrafo 4, dell’OLW.

71      Infine, per quanto riguarda le circostanze evidenziate dal giudice del rinvio nella domanda di pronuncia pregiudiziale, secondo le quali sia la sua interpretazione dell’articolo 22, paragrafo 4, dell’OLW sia la giurisprudenza del Gerechtshof Amsterdam (Corte d’appello di Amsterdam) sono, anzitutto, chiare e prevedibili, poi, basate su ragionamenti giuridici divergenti e, infine, benché ciò non sia ancora avvenuto, tali da portare a decisioni divergenti, occorre ritenere quanto segue.

72      Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 60 delle sue conclusioni, dal momento che il giudice del rinvio e il Gerechtshof Amsterdam (Corte d’appello di Amsterdam) non fanno riferimento in particolare allo stesso punto di partenza ai fini del calcolo del periodo di sospensione del termine entro il quale essi stessi devono pronunciarsi sulla consegna del ricercato, la scadenza del termine di 90 giorni può variare a seconda del giudice interessato e, pertanto, dare luogo a durate di mantenimento in custodia diverse.

73      Mentre nel caso di specie, infatti, il giudice del rinvio ha disposto la sospensione del termine di 90 giorni con decorrenza dal 14 giugno 2018, come risulta dal punto 13 della presente sentenza, secondo l’approccio del Gerechtshof Amsterdam (Corte d’appello di Amsterdam), tale sospensione avrebbe preso effetto il 17 maggio 2018, giacché quest’ultimo giudice riterrebbe che una simile sospensione del termine debba avvenire non appena la Corte è investita di una domanda di pronuncia pregiudiziale che risulta pertinente per la causa principale.

74      Inoltre, è opportuno rilevare che tali approcci divergenti si inseriscono in un contesto giuridico contrassegnato da una disposizione nazionale incompatibile con la decisione quadro 2002/584, in quanto, da un lato, essa può dar luogo alla rimessa in libertà di un ricercato nonostante l’esistenza di un rischio di fuga che non possa essere ridotto a un livello accettabile mediante l’imposizione di misure adeguate, che consentano di assicurarsi che permangano le condizioni materiali necessarie per la consegna effettiva della medesima persona, e, dall’altro, le interpretazioni divergenti di detta disposizione nazionale cui procedono i giudici nazionali al fine di garantirne la conformità a tale decisione quadro non soddisfano interamente i requisiti di quest’ultima.

75      Ne consegue che, in una controversia come quella di cui al procedimento principale, persone arrestate nei Paesi Bassi ai fini della loro consegna, quali TC, si trovano di fronte a disposizioni di diritto nazionale, vale a dire l’articolo 22, paragrafo 4, dell’OLW, e di diritto dell’Unione, vale a dire gli articoli 12 e 17 della decisione quadro 2002/584, incompatibili tra di loro, nonché a una divergenza nella giurisprudenza nazionale relativa a detta disposizione di diritto nazionale volta a fornirle un’interpretazione conforme al diritto dell’Unione.

76      Premesso ciò, è necessario constatare che la divergenza esistente tra l’interpretazione contemplata dal giudice del rinvio e la giurisprudenza del Gerechtshof Amsterdam (Corte d’appello di Amsterdam) non consente di determinare con la chiarezza e la prevedibilità richieste dalla giurisprudenza della Corte, quale richiamata ai punti 59 e 60 della presente sentenza, la durata del mantenimento in custodia, nei Paesi Bassi, di un ricercato nell’ambito di un mandato d’arresto europeo emesso nei suoi confronti.

77      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla questione posta dichiarando che

–        la decisione quadro 2002/584 dev’essere interpretata nel senso che essa osta a una disposizione nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che prevede un obbligo generale e incondizionato di rimessa in libertà di una persona ricercata e arrestata in forza di un mandato d’arresto europeo allo scadere di un termine di 90 giorni dal suo arresto, allorché esiste un rischio molto elevato di fuga della medesima, che non può essere ridotto a un livello accettabile mediante l’imposizione di misure adeguate, e che

–        l’articolo 6 della Carta dev’essere interpretato nel senso che esso osta a una giurisprudenza nazionale che consente il mantenimento in custodia del ricercato oltre tale termine di 90 giorni – sulla base di un’interpretazione di tale disposizione nazionale secondo la quale il suddetto termine è sospeso quando l’autorità giudiziaria dell’esecuzione decide di sottoporre alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale o di attendere la risposta a una domanda di pronuncia pregiudiziale presentata da un’altra autorità giudiziaria di esecuzione, oppure di rinviare la decisione sulla consegna per il motivo che potrebbe esistere, nello Stato membro emittente, un rischio concreto di condizioni detentive inumane o degradanti – nella misura in cui tale giurisprudenza non garantisce la conformità della succitata disposizione nazionale alla decisione quadro 2002/584 e presenta divergenze che possono dare luogo a durate di mantenimento in custodia diverse.

 Sulle spese

78      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

La decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, dev’essere interpretata nel senso che essa osta a una disposizione nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che prevede un obbligo generale e incondizionato di rimessa in libertà di una persona ricercata e arrestata in forza di un mandato d’arresto europeo allo scadere di un termine di 90 giorni dal suo arresto, allorché esiste un rischio molto elevato di fuga della medesima, che non può essere ridotto a un livello accettabile mediante l’imposizione di misure adeguate.

L’articolo 6 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea dev’essere interpretato nel senso che esso osta a una giurisprudenza nazionale che consente il mantenimento in custodia del ricercato oltre tale termine di 90 giorni – sulla base di un’interpretazione di tale disposizione nazionale secondo la quale il suddetto termine è sospeso quando l’autorità giudiziaria dell’esecuzione decide di sottoporre alla Corte di giustizia dell’Unione europea una domanda di pronuncia pregiudiziale o di attendere la risposta a una domanda di pronuncia pregiudiziale presentata da un’altra autorità giudiziaria dell’esecuzione, oppure di rinviare la decisione sulla consegna per il motivo che potrebbe esistere, nello Stato membro emittente, un rischio concreto di condizioni detentive inumane o degradanti – nella misura in cui tale giurisprudenza non garantisce la conformità della succitata disposizione nazionale alla decisione quadro 2002/584 e presenta divergenze che possono dare luogo a durate di mantenimento in custodia diverse.

Firme


*      Lingua processuale: il neerlandese.