Language of document : ECLI:EU:C:2019:283

SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

3 aprile 2019 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Concorrenza – Articolo 82 CE – Abuso di posizione dominante – Regolamento (CE) n. 1/2003 – Articolo 3, paragrafo 1 – Applicazione del diritto nazionale della concorrenza – Decisione dell’autorità nazionale garante della concorrenza che infligge un’ammenda in base al diritto nazionale e un’ammenda in base al diritto dell’Unione – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 50 – Principio del ne bis in idem – Applicabilità»

Nella causa C‑617/17,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Sąd Najwyższy (Corte suprema, Polonia), con decisione del 26 settembre 2017, pervenuta in cancelleria il 30 ottobre 2017, nel procedimento

Powszechny Zakład Ubezpieczeń na Życie S.A.

contro

Prezes Urzędu Ochrony Konkurencji i Konsumentów,

con l’intervento di:

Edward Dętka,

Mirosław Krzyszczak,

Zakład Projektowania i Programowania Systemów Sterowania Atempol Sp. z o.o. w Piekarach Śląskich,

Ommer Polska Sp. z o.o. w Krapkowicach,

Glimat Marcinek i S-ka spółka jawna w Gliwicach,

Jastrzębskie Zakłady Remontowe Dźwigi Sp. z o.o. w Jastrzębiu Zdroju,

Petrofer-Polska Sp. z o.o. w Nowinach,

Pietrzak B.B. Beata Pietrzak, Bogdan Pietrzak Spółka jawna w Katowicach,

Ewelina Baranowska,

Przemysław Nikiel,

Tomasz Woźniak,

Spółdzielnia Kółek Rolniczych w Bielinach,

Lech Marchlewski,

Zakład Przetwórstwa Drobiu Marica spółka jawna J.M.E.K. Wróbel sp. jawna w Bielsku Białej,

HTS Polska Sp. z o.o.,

Paco Cases Andrzej Paczkowski, Piotr Paczkowski spółka jawna w Puszczykowie,

Bożena Kubalańca,

Zbigniew Arczykowski,

Przedsiębiorstwo Produkcji Handlu i Usług Unipasz Sp. z o.o. w Radzikowicach,

Janusz Walocha,

Marek Grzegolec,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta da M. Vilaras, presidente di sezione, K. Jürimäe (relatrice), D. Šváby, S. Rodin e N. Piçarra, giudici,

avvocato generale: N. Wahl

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Powszechny Zakład Ubezpieczeń na Życie S.A., da W. Boruń e J. Wójcik, radcy prawni;

–        per il Prezes Urzędu Ochrony Konkurencji i Konsumentów, da B. Cebula, radca prawny;

–        per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente;

–        per la Commissione europea, da T. Christoforou, M. Farley, J. Szczodrowski e F. van Schaik, in qualità di agenti;

–        per l’Autorità di vigilanza EFTA, da C. Zatschler, M. Sánchez Rydelski e C. Simpson, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 29 novembre 2018,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione del principio del ne bis in idem sancito all’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 (in prosieguo: la «Carta») e dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (GU 2003, L 1, pag. 1).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone la Powszechny Zakład Ubezpieczeń na Życie S.A. w Warszawie (in prosieguo: la «PZU Życie») al Prezes Urzędu Ochrony Konkurencji i Konsumentów (presidente dell’Ufficio per la tutela della concorrenza e dei consumatori; in prosieguo: il «presidente dell’UOKiK») relativamente ad una decisione di quest’ultimo che infligge, per un abuso di posizione dominante, un’ammenda a titolo della violazione del diritto nazionale della concorrenza e un’ammenda a titolo della violazione del diritto della concorrenza dell’Unione.

 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

3        Il considerando 6 del regolamento n. 1/2003 così recita:

«Per garantire un’efficace applicazione delle regole di concorrenza [dell’Unione] sarebbe opportuno coinvolgere in maggior misura le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri. A tal fine, ad esse dovrebbe essere conferito il potere di applicare il diritto [dell’Unione]».

4        Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, del suddetto regolamento:

«Quando le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri o le giurisdizioni nazionali applicano la legislazione nazionale in materia di concorrenza ad accordi, decisioni di associazioni di imprese o pratiche concordate ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 1, [CE] che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri ai sensi di detta disposizione, esse applicano anche l’articolo 81 [CE] a siffatti accordi, decisioni o pratiche concordate. Quando le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri o le giurisdizioni nazionali applicano la legislazione nazionale in materia di concorrenza agli sfruttamenti abusivi vietati dall’articolo 82 [CE], esse applicano anche l’articolo 82 [CE]».

5        L’art. 5 del suddetto regolamento, intitolato «Competenze delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri», così dispone:

«Le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri sono competenti ad applicare gli articoli 81 e 82 [CE] in casi individuali. A tal fine, agendo d’ufficio o in seguito a denuncia, possono adottare le seguenti decisioni:

(…)

–        comminare ammende, penalità di mora o qualunque altra sanzione prevista dal diritto nazionale.

Qualora, in base alle informazioni di cui dispongono, non sussistono le condizioni per un divieto, possono anche decidere di non avere motivo di intervenire».

6        L’articolo 11 del medesimo regolamento, intitolato «Cooperazione fra la Commissione e le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri», dispone quanto segue:

«1.      La Commissione e le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri applicano le regole di concorrenza [dell’Unione] in stretta collaborazione.

(…)

3.      Quando le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri agiscono ai sensi dell’articolo 81 o 82 [CE], esse ne informano per iscritto la Commissione prima o immediatamente dopo l’avvio della prima misura formale di indagine. L’informazione può essere resa disponibile anche alle autorità garanti della concorrenza degli altri Stati membri.

(…)».

7        L’articolo 16 del regolamento n. 1/2003 è così formulato:

«1.      Quando le giurisdizioni nazionali si pronunciano su accordi, decisioni e pratiche ai sensi dell’articolo 81 o 82 [CE] che sono già oggetto di una decisione della Commissione, non possono prendere decisioni che siano in contrasto con la decisione adottata dalla Commissione. Esse devono inoltre evitare decisioni in contrasto con una decisione contemplata dalla Commissione in procedimenti da essa avviati. A tal fine le giurisdizioni nazionali possono valutare se sia necessario o meno sospendere i procedimenti da esse avviati. Tale obbligo lascia impregiudicati i diritti e gli obblighi di cui all’articolo 234 [CE].

2.      Quando le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri si pronunciano su accordi, decisioni o pratiche ai sensi dell’articolo 81 o dell’articolo 82 [CE] che sono già oggetto di una decisione della Commissione, non possono prendere decisioni che siano in contrasto con la decisione adottata dalla Commissione».

 Diritto polacco

8        L’articolo 8, paragrafo 1, dell’ustawa o ochronie konkurencji i konsumentów (legge sulla tutela della concorrenza e dei consumatori), del 15 dicembre 2000 (Dz. U. del 2000, n. 122, posizione 1319; in prosieguo: la «LPCC»), è così formulato:

«È vietato l’abuso di una posizione dominante sul mercato rilevante da parte di una o più imprese».

9        L’articolo 101, paragrafo 1, della LPCC così dispone:

«Il presidente [dell’UOKiK] può, mediante decisione, infliggere a un’impresa una sanzione pecuniaria per un importo non superiore al 10% dei ricavi realizzati nell’esercizio precedente a quello in cui è inflitta l’ammenda, ove tale impresa, anche non intenzionalmente, abbia violato:

1)      il divieto sancito nell’articolo 5, al di fuori dei casi di applicazione dei criteri di esclusione di cui agli articoli 6 e 7, o il divieto sancito nell’articolo 8;

2)      l’articolo 81 o all’articolo 82 [CE];

(…)».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

10      Con decisione del 25 ottobre 2007 il presidente dell’UOKiK ha considerato che, nel periodo intercorrente tra il 1o aprile 2001 e la data di adozione di tale decisione, la PZU Życie aveva abusato della sua posizione dominante sul mercato delle assicurazioni‑vita di gruppo per lavoratori in Polonia e, di conseguenza, aveva violato l’articolo 8 della LPCC.

11      Il presidente dell’UOKiK ha altresì ritenuto che la pratica costitutiva di tale abuso potesse incidere negativamente sulle possibilità che assicuratori stranieri entrassero nel mercato polacco e, a tale titolo, pregiudicare il commercio tra gli Stati membri. Esso ha quindi considerato che la PZU Życie aveva violato, oltre al diritto nazionale, l’articolo 82 CE.

12      Il presidente dell’UOKiK ha inflitto alla PZU Życie una sanzione per un importo complessivo di 50 361 080 zloty polacchi (PLN) (circa EUR 11 697 000), comprendente, da un lato, un’ammenda di PLN 33 022 892,77 (circa EUR 7 664 000) a titolo della violazione delle disposizioni del diritto nazionale della concorrenza per il periodo tra il 1o maggio 2001 e il 25 ottobre 2007, dall’altro, un’ammenda di PLN 17 358 187,23 (circa EUR 4 033 000) a titolo della violazione dell’articolo 82 CE per il periodo compreso tra il 1o maggio 2004, data dell’adesione della Repubblica di Polonia all’Unione, e il 25 ottobre 2007.

13      Con sentenza del 28 marzo 2014, il Sąd Okręgowy w Warszawie – Sąd Ochrony Konkurencji i Konsumentów (Tribunale regionale di Varsavia – Tribunale per la protezione della concorrenza e dei consumatori, Polonia) ha respinto il ricorso proposto dalla PZU Życie contro la decisione del 25 ottobre 2007. Tale sentenza è stata confermata dal Sąd Apelacyjny w Warszawie (Corte d’appello di Varsavia, Polonia) con sentenza del 17 settembre 2015.

14      La PZU Życie ha proposto ricorso per cassazione dinanzi al Sąd Najwyższy (Corte suprema, Polonia), deducendo una violazione del principio del ne bis in idem sancito all’articolo 50 della Carta e all’articolo 4 del protocollo n. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»). La ricorrente nel procedimento principale sostiene di essere stata sanzionata due volte per una violazione del diritto dell’Unione, vale a dire, una prima volta, in modo diretto, sulla base dell’articolo 82 CE, in combinato disposto con l’articolo 5 del regolamento n. 1/2003 e, una seconda volta, indirettamente, ai sensi del diritto nazionale della concorrenza.

15      Il giudice del rinvio ricorda che il principio del ne bis in idem riveste una importanza considerevole in uno Stato di diritto democratico e vieta di giudicare e di punire due volte uno stesso soggetto per uno stesso fatto. Esso sottolinea che la controversia di cui al procedimento principale verte, in sostanza, sulla questione di stabilire in quale ipotesi sussista, per uno stesso caso, un secondo giudizio o una seconda sanzione per violazione del diritto della concorrenza ai fini dell’applicazione del principio del ne bis in idem.

16      In primo luogo, esso sottolinea che, nella sentenza del 10 febbraio 2009, Sergey Zolotukhin c. Russia (CE:ECHR:2009:0210JUD001493903, punti da 78 a 82), la Corte europea dei diritti dell’uomo ha dichiarato che tale principio si applica in caso di identità dei fatti e non nel caso di una stessa infrazione. Da tale giurisprudenza risulterebbe che il fatto di punire, come nel caso di specie, una persona a due riprese per il medesimo comportamento anticoncorrenziale costituisce una violazione del principio del ne bis in idem. La Corte avrebbe seguito lo stesso approccio nelle materie diverse dal diritto della concorrenza, in particolare nelle sentenze del 5 maggio 1966, Gutmann/Commissione (18/65 e 35/65, EU:C:1966:24), e del 9 marzo 2006, Van Esbroeck (C‑436/04, EU:C:2006:165).

17      In secondo luogo, il giudice del rinvio rileva che, nella sua giurisprudenza in materia di concorrenza, la Corte ha invece dichiarato che il principio del ne bis in idem è soggetto alla triplice condizione di identità dei fatti, di unità del contravventore e di unità dell’interesse giuridico tutelato. Per quanto riguarda, più in particolare, l’identità dei fatti, la Corte avrebbe precisato, nella sentenza del 14 febbraio 2012, Toshiba Corporation e a. (C‑17/10, EU:C:2012:72, punto 99), che quest’ultima deve essere valutata non solo dal punto di vista del comportamento dell’impresa, ma anche alla luce dei suoi effetti sul piano temporale e territoriale.

18      Pertanto, secondo il giudice del rinvio, esiste una divergenza tra l’approccio della Corte nelle cause in materia di concorrenza e il suo approccio negli altri settori del diritto dell’Unione. Infatti, in materia di concorrenza, la Corte esigerebbe che sussista, oltre all’identità dei fatti e all’unità del contravventore, l’unità dell’interesse giuridico tutelato. Tale condizione supplementare limiterebbe l’ambito di applicazione del principio del ne bis in idem. Essa porterebbe, nel caso di specie, a constatare che non vi è stata violazione di tale principio.

19      Tale giudice si interroga dunque sulla portata del principio del ne bis in idem, dovendo applicare al contempo le disposizioni della CEDU e quelle della Carta. Inoltre, esso pone la questione se la giurisprudenza della Corte relativa all’applicazione di tale principio in materia di concorrenza sia conforme all’articolo 52, paragrafo 3, seconda frase, della Carta, poiché tale giurisprudenza accorda una tutela più limitata rispetto a quella garantita dalla CEDU.

20      In terzo luogo, nell’ipotesi in cui la Corte dovesse confermare che l’unità dell’interesse giuridico tutelato costituisce un elemento supplementare che condiziona l’applicazione del principio del ne bis in idem, il giudice del rinvio si chiede se la sentenza del 13 febbraio 1969, Wilhelm e a. (14/68, EU:C:1969:4), pronunciata in una causa che non metteva in discussione il principio del ne bis in idem, debba essere interpretata nel senso che il diritto dell’Unione e il diritto nazionale della concorrenza tutelano uno stesso interesse giuridico. Tale ambiguità risulterebbe anche dalla sentenza del 14 febbraio 2012, Toshiba Corporation e a. (C‑17/10, EU:C:2012:72, punti 81 e 98), la quale, tuttavia, potrebbe essere interpretata nel senso che tali due diritti tutelano uno stesso interesse giuridico. Detta questione, che non sarebbe stata ancora risolta, sarebbe determinante per dirimere la controversia principale, caratterizzata da un’identità dei fatti e in cui si è avuta un’applicazione parallela, nell’ambito di uno stesso procedimento, di disposizioni analoghe del diritto dell’Unione e del diritto nazionale.

21      In tale contesto, il Sąd Najwyższy (Corte suprema) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se sia ammissibile un’interpretazione dell’articolo 50 della [Carta] in base alla quale l’applicazione del principio del ne bis in idem è subordinata non soltanto all’identità dell’autore della violazione e all’identità delle circostanze di fatto, ma altresì all’identità dell’interesse giuridico protetto.

2)      Se l’articolo 3 del regolamento [n. 1/2003], in combinato disposto con l’articolo 50 della [Carta], debba essere interpretato nel senso che il diritto dell’Unione europea in materia di concorrenza e il diritto nazionale in materia di concorrenza, applicati in parallelo da un’autorità garante della concorrenza di uno Stato membro dell’Unione europea, proteggono uno stesso interesse giuridico».

 Sulle questioni pregiudiziali

22      Con le sue questioni pregiudiziali, che è opportuno esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il principio del ne bis in idem, sancito all’articolo 50 della Carta, debba essere interpretato nel senso che esso osta a che un’autorità nazionale per la concorrenza infligga ad un’impresa, nell’ambito di una stessa decisione, un’ammenda per violazione del diritto nazionale della concorrenza e un’ammenda per violazione dell’articolo 82 CE.

23      Ai sensi del suo considerando 6, il regolamento n. 1/2003 mira, al fine di garantire l’efficace applicazione delle regole di concorrenza dell’Unione, a coinvolgere in maggior misura le autorità nazionali conferendo loro il potere di applicare il diritto dell’Unione.

24      Pertanto, conformemente all’articolo 3, paragrafo 1, seconda frase, di detto regolamento, quando le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri applicano la legislazione nazionale in materia di concorrenza agli sfruttamenti abusivi vietati dall’articolo 82 CE, esse applicano anche tale articolo.

25      La Corte ha ripetutamente dichiarato che il diritto dell’Unione e il diritto nazionale in materia di concorrenza si applicano parallelamente. Le regole di concorrenza a livello europeo e nazionale considerano le pratiche restrittive sotto aspetti diversi e i loro ambiti d’applicazione non coincidono (sentenza del 14 febbraio 2012, Toshiba Corporation e a., C‑17/10, EU:C:2012:72, punto 81 e giurisprudenza ivi citata).

26      Ne consegue che, se, al momento in cui l’autorità nazionale garante della concorrenza applica le disposizioni del diritto nazionale che vietano il comportamento unilaterale di un’impresa atto a pregiudicare il commercio tra Stati membri ai sensi dell’articolo 82 CE, un procedimento ai fini dell’adozione di una decisione ai sensi del capo III del regolamento n. 1/2003 non è stato avviato dalla Commissione, l’articolo 3, paragrafo 1, seconda frase, di tale regolamento impone di applicare parimenti a tale impresa, parallelamente, il suddetto articolo 82 CE (v., per analogia, per quanto riguarda l’articolo 81 CE, sentenza del 14 febbraio 2012, Toshiba Corporation e a., C‑17/10, EU:C:2012:72, punti 77 e 78).

27      L’articolo 5 del regolamento n. 1/2003 precisa che ai fini dell’applicazione dell’articolo 82 CE l’autorità nazionale garante della concorrenza può infliggere ammende, penalità di mora o qualsiasi altra sanzione prevista dal diritto nazionale.

28      A tal riguardo, la Corte ha dichiarato che il principio del ne bis in idem deve essere rispettato nei procedimenti volti a infliggere ammende in materia di diritto della concorrenza. Detto principio vieta, in materia di concorrenza, che un’impresa venga nuovamente condannata o perseguita per un comportamento anticoncorrenziale per il quale sia stata sanzionata o dichiarata non responsabile in forza di una precedente decisione non più impugnabile (sentenza del 14 febbraio 2012, Toshiba Corporation e a., C‑17/10, EU:C:2012:72, punto 94 e giurisprudenza ivi citata).

29      Dalla giurisprudenza della Corte risulta quindi che il principio del ne bis in idem mira a evitare che un’impresa sia «nuovamente condannata o perseguita», il che presuppone che tale impresa sia stata condannata o dichiarata non responsabile da una precedente decisione non più impugnabile.

30      Tale interpretazione del principio del ne bis in idem è confortata dalla formulazione dell’articolo 50 della Carta nonché dalla ragion d’essere di tale principio.

31      In primo luogo, per quanto riguarda il tenore letterale dell’articolo 50 della Carta, quest’ultimo stabilisce che «[n]essuno può essere perseguito o condannato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato nell’Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge».

32      Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 21 delle sue conclusioni, tale articolo riguarda quindi specificamente la ripetizione di un procedimento conclusosi con una decisione definitiva riguardante il medesimo elemento materiale. Orbene, nella situazione in cui, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, seconda frase, del regolamento n. 1/2003, l’autorità nazionale garante della concorrenza procede ad un’applicazione parallela del diritto nazionale della concorrenza e dell’articolo 82 CE, è appunto assente siffatta ripetizione.

33      In secondo luogo, per quanto attiene alla ratio del principio del ne bis in idem, occorre ricordare, come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale al paragrafo 18 delle sue conclusioni, che, quale corollario del principio della res iudicata, tale principio ha lo scopo di garantire la certezza del diritto e l’equità garantendo che, allorché è stata perseguita e, se del caso, condannata, la persona interessata abbia la certezza che non sarà nuovamente perseguita per la medesima infrazione.

34      Pertanto, la tutela che il principio del ne bis in idem mira ad offrire contro la ripetizione dei procedimenti che conducono all’irrogazione di una condanna non è pertinente nell’ipotesi in cui, in una stessa decisione, sia data applicazione, parallelamente, al diritto nazionale della concorrenza e al diritto dell’Unione in materia di concorrenza.

35      Ne consegue, come fatto valere dal presidente dell’UOKiK, dal governo polacco, dalla Commissione e dall’Autorità di vigilanza EFTA nelle loro osservazioni, che il principio del ne bis in idem non è inteso applicarsi in una situazione, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, in cui l’autorità nazionale per la concorrenza, conformemente all’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003, applica in parallelo il diritto nazionale della concorrenza e le regole di concorrenza dell’Unione e sanziona, in forza dell’articolo 5 di tale regolamento, un’impresa, infliggendole, nell’ambito di una stessa decisione, un’ammenda per la violazione di tale diritto e un’ammenda per l’inosservanza delle suddette regole.

36      Si deve tuttavia precisare che, qualora decida, in applicazione di quest’ultima disposizione, di infliggere un’ammenda per violazione dell’articolo 82 CE, l’autorità nazionale garante della concorrenza è tenuta ad esercitare la sua competenza nel rispetto del diritto dell’Unione.

37      Infatti, secondo costante giurisprudenza, allorché un regolamento dell’Unione non contiene alcuna disposizione specifica che preveda una sanzione in caso di violazione delle sue norme o rinvia, a tal proposito, alle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative nazionali, l’articolo 10 CE impone agli Stati membri di adottare tutte le misure atte a garantire la portata e l’efficacia del diritto dell’Unione A tal fine, pur mantenendo la scelta delle sanzioni, essi debbono segnatamente vegliare a che le violazioni del diritto dell’Unione siano punite, sotto il profilo sostanziale e procedurale, in forme che siano analoghe a quelle previste per le violazioni del diritto interno simili per natura e importanza e che, in ogni caso, conferiscano alla sanzione stessa un carattere effettivo, proporzionale e dissuasivo (v., per analogia, sentenza del 10 luglio 1990, Hansen, C‑326/88, EU:C:1990:291, punto 17).

38      Pertanto, come sostenuto dall’Autorità di vigilanza EFTA nelle sue osservazioni, quando, nell’ambito di una stessa decisione, l’autorità nazionale garante della concorrenza infligge due ammende al fine di sanzionare, rispettivamente, una violazione del diritto nazionale della concorrenza e una violazione dell’articolo 82 CE, essa deve assicurarsi che le ammende considerate congiuntamente siano proporzionate alla natura dell’infrazione, circostanza che, nel procedimento principale, spetta al giudice del rinvio verificare.

39      Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alle questioni pregiudiziali dichiarando che il principio del ne bis in idem sancito dall’articolo 50 della Carta deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che un’autorità nazionale garante della concorrenza infligga ad un’impresa, nell’ambito di una stessa decisione, un’ammenda per violazione del diritto nazionale della concorrenza e un’ammenda per violazione dell’articolo 82 CE. In una situazione del genere l’autorità nazionale garante della concorrenza deve tuttavia assicurarsi che le ammende considerate congiuntamente siano proporzionate alla natura dell’infrazione.

 Sulle spese

40      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

Il principio del ne bis in idem, sancito dall’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che un’autorità nazionale garante della concorrenza infligga ad un’impresa, nell’ambito di una stessa decisione, un’ammenda per violazione del diritto nazionale della concorrenza e un’ammenda per violazione dell’articolo 82 CE. In una situazione del genere l’autorità nazionale garante della concorrenza deve tuttavia assicurarsi che le ammende considerate congiuntamente siano proporzionate alla natura dell’infrazione.

Firme


*      Lingua processuale: il polacco.