Language of document : ECLI:EU:C:2016:621

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PAOLO MENGOZZI

presentate il 28 luglio 2016 (1)

Causa C‑173/15

GE Healthcare GmbH

contro

Hauptzollamt Düsseldorf

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Finanzgericht Düsseldorf (Tribunale tributario di Düsseldorf, Germania)]

«Rinvio pregiudiziale – Unione doganale – Codice doganale comunitario – Regolamento (CEE) n. 2913/92 – Regolamento (CEE) n. 2454/93 – Valore in dogana – Inclusione nel valore in dogana dei corrispettivi o diritti di licenza relativi a marchi – Pagamento di corrispettivi o diritti di licenza relativi a marchi a vantaggio di una società legata al venditore e all’acquirente delle merci – Corrispettivi o diritti di licenza dovuti per la vendita di merci, l’erogazione di prestazioni di servizi e l’impiego di un nome protetto – Opportuna ripartizione sulla base di dati obiettivi e quantificabili»





I –    Introduzione

1.        I corrispettivi o i diritti di licenza relativi a marchi possono essere inclusi nel valore in dogana delle merci importate se il loro ammontare non era noto all’atto dell’insorgenza dell’obbligazione doganale? In caso di risposta affermativa, i corrispettivi o diritti di licenza devono essere versati, e secondo quali modalità, quando essi non si riferiscono soltanto a merci importate e sia l’acquirente che il venditore appartengono allo stesso gruppo di società dell’impresa cui i corrispettivi o diritti di licenza medesimi devono essere assolti?

2.        Sono queste, essenzialmente, le questioni pregiudiziali sottoposte dal Finanzgericht Düsseldorf (Tribunale tributario di Düsseldorf, Germania) vertenti sull’interpretazione delle disposizioni del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario (2), come modificato dal regolamento (CE) n. 1791/2006 del Consiglio, del 20 novembre 2006 (3) (in prosieguo: il «codice doganale») (4) e di quelle del regolamento (CEE) n. 2454/93 della Commissione, del 2 luglio 1993, che fissa talune disposizioni d’applicazione del regolamento n. 2913/92 (5), come modificato dal regolamento (CE) n. 1792/2006 della Commissione, del 23 ottobre 2006 (6) (in prosieguo: il «regolamento d’applicazione») (7).

3.        Tali questioni si collocano nel contesto di una controversia tra la società GE Healthcare GmbH e l’Hauptzollamt Düsseldorf (ufficio doganale centrale di Düsseldorf) in merito ad una domanda di rimborso di taluni dazi all’importazione presentata dalla GE Healthcare in ragione del fatto che l’importo dei corrispettivi di licenza di marchio, versato alla società M., non avrebbe dovuto essere aggiunto al valore in dogana delle merci che la GE Healthcare ha importato nella Comunità da venditori di paesi terzi appartenenti allo stesso gruppo di società, ossia al gruppo General Electric (in prosieguo: il «gruppo GE»).

4.        Più precisamente, dagli atti emerge che la società cui la GE Healthcare è succeduta come avente diritto a titolo universale concludeva, il 1o gennaio 2003, un contratto di licenza (trademark agreement) con la società M., appartenente anch’essa al gruppo GE. In base all’articolo II A del contratto, la società M. concedeva alla GE Healthcare una licenza a titolo oneroso, non esclusiva, con cui l’autorizzava a servirsi del marchio del gruppo GE per prodotti fabbricati e commercializzati e per servizi forniti a terzi nel più rigoroso rispetto delle norme di qualità (8). Al 31 dicembre di ciascun anno, i corrispettivi di licenza dovuti a tal titolo erano pari allo 0,95% del fatturato della GE Healthcare per l’uso del marchio e allo 0,05% del suo volume d’affari per l’utilizzo del nome commerciale GE. Ai fini del calcolo dell’importo dei corrispettivi, il contratto prevedeva, in particolare, le modalità con cui la GE Healthcare doveva trasmettere alla società M. informazioni relative ai prezzi, nonché le modalità di controllo del calcolo da parte di quest’ultima società.

5.        La società M. concedeva peraltro alla GE Healthcare, a titolo gratuito, una licenza non esclusiva che l’autorizzava ad apporre, a sua discrezione, il marchio sui prodotti da essa utilizzati a fini di controllo, su campioni, rottami o residui. La GE Healthcare veniva inoltre autorizzata ad utilizzare, in regime di esenzione da corrispettivi e diritti di licenza, prodotti recanti tale marchio nell’ambito dei propri rapporti commerciali con società (appartenenti allo stesso gruppo) legittimate a utilizzare la licenza a condizioni analoghe a quelle del contratto di licenza.

6.        Secondo il giudice del rinvio, in base al contratto di licenza, la società M. disponeva di ampi poteri di controllo e, in caso di violazione delle norme di qualità, poteva recedere dal contratto con un breve preavviso.

7.        In occasione di un controllo doganale relativo al periodo compreso tra il 2007 e il 2009, l’ufficio doganale centrale di Düsseldorf accertava, segnatamente, che la GE Healthcare aveva acquistato da società del gruppo GE merci provenienti da paesi terzi, omettendo peraltro erroneamente di dichiarare i corrispettivi della licenza ai fini della determinazione del valore in dogana delle merci medesime. L’ufficio centrale delle dogane di Düsseldorf emetteva quindi un avviso di accertamento per il recupero a posteriori dei dazi all’importazione non assolti.

8.        Dopo aver versato i dazi in questione, la GE Healthcare ne chiedeva il rimborso secondo procedura di cui all’articolo 236 del codice doganale. Tale richiesta si fondava sul fatto che i corrispettivi di licenza versati in forza del contratto di licenza non avrebbero dovuto essere aggiunti al valore in dogana delle merci importate, ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 1, lettera c), del codice doganale. Secondo la GE Healthcare, infatti, tali corrispettivi non si riferivano alle merci importate e, in ogni caso, non costituivano una «condizione di vendita delle merci», ai sensi di detto articolo.

9.        A fronte del rigetto della richiesta da parte dell’ufficio doganale centrale di Düsseldorf, la GE Healthcare proponeva ricorso dinanzi al giudice del rinvio.

10.      Ritenendo che la definizione della controversia principale dinanzi ad esso pendente dipenda dall’interpretazione di talune disposizioni del codice doganale e del regolamento d’applicazione, il giudice del rinvio ha disposto la sospensione del procedimento e ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se i corrispettivi e i diritti di licenza ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 1, lettera c), del [codice doganale] possano essere inclusi nel valore in dogana anche qualora il sorgere di detti corrispettivi e diritti non possa essere determinato né all’atto della conclusione del contratto, né nel momento rilevante ai fini dell’insorgenza dell’obbligazione doganale, che nel caso di specie si desume dagli articoli 201, paragrafo 1, e 214, paragrafo 1, [di detto codice].

2)      In caso di risposta affermativa alla prima questione: se i corrispettivi e i diritti di licenza relativi a marchi possano riferirsi, ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 1, lettera c), del codice doganale, a merci importate, benché siano versati anche per servizi e per l’utilizzo della sigla contenuta nel primo elemento della ditta del gruppo societario.

3)      In caso di risposta affermativa alla seconda questione: se i corrispettivi e i diritti di licenza relativi a marchi possano costituire, ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 1, lettera c), del codice doganale, una condizione della vendita delle merci esportate verso la Comunità ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 5, lettera b), del codice doganale, anche qualora al loro assolvimento provveda un’impresa collegata, al tempo stesso, al venditore e all’acquirente.

4)      In caso di risposta affermativa alla terza questione, e ove i corrispettivi e i diritti di licenza si riferiscano, come nel caso di specie, in parte a merci importate e in parte a prestazioni successive all’importazione: se l’opportuna ripartizione, da effettuarsi solo sulla base di dati obiettivi e quantificabili ai sensi dell’articolo 158, paragrafo 3, del regolamento [n. 2454/93], e in conformità della nota interpretativa contenuta nell’allegato 23 del medesimo, relativa all’articolo 32, paragrafo 2, del codice doganale, implichi che possa essere rettificato unicamente il valore in dogana ai sensi dell’articolo 29 del codice doganale, ovvero se sia parimenti ammissibile ricorrere, nel caso in cui non risulti possibile la determinazione del valore in dogana ai sensi dell’articolo 29 del codice doganale, alla ripartizione prevista dall’articolo 158, paragrafo 3, del regolamento [n. 2454/93], nell’ambito della determinazione del valore doganale a termini dell’articolo 31 del codice medesimo, in modo da garantire che tali costi siano presi in considerazione.

II – Procedimento dinanzi alla Corte

11.      In merito a tale questione hanno presentato osservazioni scritte le parti del procedimento principale, i governi tedesco e italiano nonché la Commissione europea. Al termine della fase scritta del procedimento, la Corte si è ritenuta sufficientemente edotta per statuire senza udienza di discussione, conformemente all’articolo 76, paragrafo 2, del regolamento di procedura.

III – Analisi

A –    Considerazioni preliminari

12.      La normativa dell’Unione in materia di valutazione doganale di una merce importata è diretta ad istituire un sistema equo, uniforme e neutro che escluda l’impiego di valori in dogana arbitrari o fittizi (9).

13.      Il valore in dogana deve dunque riflettere il valore economico reale di una merce importata e tener conto di tutti gli elementi di tale merce che presentano un valore economico (10).

14.      In virtù dell’articolo 29 del codice doganale, il valore in dogana delle merci importate è quindi costituito, in linea di principio, dal loro valore di transazione, ossia dal prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci quando siano vendute per l’esportazione a destinazione del territorio doganale della Comunità, previa eventuale rettifica da effettuare conformemente all’articolo 32 di detto stesso codice (11).

15.      L’articolo 32, paragrafo 1, lettera c), del codice doganale precisa che, al fine di determinare il valore in dogana «ai sensi dell’articolo 29», si sommano al prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci importate «i corrispettivi e i diritti di licenza relativi alle merci da valutare, che il compratore è tenuto a pagare, direttamente o indirettamente, come condizione della vendita delle merci da valutare, nella misura in cui detti corrispettivi e diritti di licenza non sono stati inclusi nel prezzo effettivamente pagato o da pagare».

16.      A norma dell’articolo 157, paragrafo 1, del regolamento d’applicazione, per «corrispettivi e diritti di licenza», ai fini dell’articolo 32, paragrafo 1, lettera c), del codice doganale, s’intende, in particolare, quanto versato per l’uso di diritti inerenti «alla vendita per l’esportazione della merce importata (in particolare marchi commerciali o di fabbrica e modelli depositati)» o «all’impiego e alla rivendita delle merci importate (in particolare diritti d’autore e procedimento di produzione incorporati in modo inscindibile nelle merci importate)».

17.      L’articolo 157, paragrafo 2, del regolamento d’applicazione precisa le condizioni di applicazione dell’articolo 32, paragrafo 1, lettera c), del codice doganale nel senso che i corrispettivi o i diritti di licenza si devono aggiungere al prezzo effettivamente pagato o pagabile soltanto se tale pagamento, da un lato, «si riferisce alle merci oggetto della valutazione» e, dall’altro, «costituisce una condizione di vendita delle merci in causa».

18.      Ne consegue che la rettifica richiesta dall’articolo 32, paragrafo 1, lettera c), del codice doganale, vertente sul pagamento dei corrispettivi o dei diritti di licenza, è subordinata al rispetto delle seguenti tre condizioni cumulative: a) i corrispettivi o i diritti di licenza non devono essere stati inclusi nel prezzo effettivamente pagato o pagabile; b) devono riferirsi alle merci importate e c) l’acquirente deve essere tenuto a versare tali corrispettivi o diritti di licenza quale condizioni della vendita delle merci importate.

19.      Nel procedimento principale, la prima delle suddette condizioni non forma oggetto delle questioni sollevate dal giudice del rinvio. È pacifico infatti che la GE Healthcare non abbia incluso i corrispettivi o i diritti di licenza relativi all’impiego del marchio oggetto del contratto di licenza che la lega alla società M. nel valore in dogana delle merci da essa importate da paesi terzi (12).

20.      Per contro, le altre due condizioni relative, da una parte, al «riferimento» o al rapporto che deve sussistere tra i corrispettivi o i diritti di licenza relativi a marchi e le merci importate e, dall’altra, all’obbligo di versarli quali «condizione di vendita» delle merci in questione sono al centro delle prime tre questioni sollevate dal giudice del rinvio.

21.      Con le prime due questioni sollevate dal giudice del rinvio si chiede essenzialmente di stabilire se i corrispettivi o i diritti di licenza «si riferiscano» alle merci importate, pur a fronte dell’impossibilità di determinare, al momento della conclusione del contratto di licenza o all’insorgenza del debito doganale, se tali corrispettivi o diritti di licenza dovranno essere versati e sebbene essi vengano parimenti assolti a titolo di corrispettivo per i servizi forniti dalla GE Healthcare ad altre imprese e per l’uso della denominazione commerciale del gruppo GE. Con la sua terza questione, e subordinatamente alla risposta affermativa alle prime due questioni, il giudice del rinvio chiede se i corrispettivi o i diritti di licenza relativi a marchi costituiscano una «condizione di vendita» delle merci importate laddove, nella controversia principale, sono richiesti da un’impresa legata tanto all’acquirente quanto al venditore delle merci de quibus e sono versati a favore di questa stessa impresa. Come sarà spiegato infra, l’esame di tale questione presuppone, in particolare, l’interpretazione dell’articolo 160 del regolamento d’applicazione che precisa, essenzialmente, che quando l’acquirente paga un corrispettivo o un diritto di licenza a un terzo, detto corrispettivo o diritto di licenza si considera come condizione di vendita solo se il venditore o una persona ad esso legata chiede all’acquirente di effettuarne il pagamento.

22.      Solo in caso di risposta affermativa anche alla terza questione, il giudice del rinvio chiede, con la quarta questione, se la rettifica ex articolo 32, paragrafo 1, lettera c), del codice doganale, che consisterebbe, ai sensi dell’articolo 158, paragrafo 3, del regolamento d’applicazione, in un’opportuna ripartizione tra i corrispettivi o i diritti di licenza riferiti alle merci importate, da una parte, e, dall’altra, quelli relativi ai servizi prestati dalla GE Healthcare, possa essere compiuta solo laddove il valore in dogana possa essere determinato sulla base del valore di transazione di cui all’articolo 29 del codice doganale ma non sulla base del metodo sussidiario, previsto all’articolo 31 del suddetto codice che non rinvia espressamente al successivo articolo 32.

23.      Alla luce delle suesposte precisazioni, può ora procedersi all’esame, in successione, delle singole questioni.

B –    Sulle prime due questioni pregiudiziali – se i corrispettivi o i diritti di licenza relativi a marchi si riferiscano alle merci importate

24.      Il giudice del rinvio si chiede, essenzialmente, in primis, se i corrispettivi o i diritti di licenza «si riferiscano» alle merci importate ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 1, lettera c), del codice doganale benché sia incerto, all’atto della conclusione del contratto di licenza ovvero nel momento dell’insorgenza dell’obbligazione doganale, se detti corrispettivi o diritti di licenza debbano essere assolti. In secondo luogo, è dubbio, secondo il giudice medesimo, se tali corrispettivi o diritti di licenza possano parimenti soddisfare tale condizione anche qualora non siano versati unicamente ai fini della commercializzazione delle merci importate ma anche per i servizi forniti dalla GE Healthcare ad altre imprese e per l’utilizzo del nome commerciale del gruppo GE.

25.      Mentre la GE Healthcare ritiene che, alla luce di tali circostanze suddette, si debba escludere che i corrispettivi o i diritti di licenza si riferiscano alle merci importate, con la conseguenza che la rettifica di cui all’articolo 32, paragrafo 1, lettera c), del codice doganale non dovrebbe essere compiuta, tutte le altre parti interessate sostengono la posizione contraria.

26.      Da parte mia, desidero anzitutto ricordare che, nell’ambito del rinvio pregiudiziale, spetta soltanto al giudice del rinvio e non alla Corte valutare i fatti di cui al procedimento principale, in particolare le condizioni del contratto di licenza concluso tra la GE Healthcare e la società M.

27.      A questo proposito, dalle spiegazioni fornite dal giudice del rinvio risulta che, in base al contratto di cui trattasi, mentre le merci importate, recanti il marchio protetto, sono vendute a terzi al gruppo GE dietro versamento di corrispettivi o di diritti di licenza da parte della GE Healthcare, quest’ultima può anche importare merci recanti il marchio protetto in regime di esenzione dal pagamento di corrispettivi, ossia le merci utilizzate per fini di controllo, come campioni, rottami o residui, o quelle vendute ad altre società appartenenti al gruppo GE tenute, allo stesso titolo della GE Healthcare, al versamento di corrispettivi o di diritti di licenza. Inoltre, in base alle indicazioni del giudice del rinvio, l’importo dei corrispettivi o dei diritti di licenza relativi a marchi è fissato in funzione del volume d’affari annuale della GE Healthcare, volume d’affari che comprende anche i servizi erogati da detta società mediante le merci importate.

28.      A parere del giudice a quo, a fronte di tali elementi, vi è motivo di dubitare che i corrispettivi o diritti di licenza si riferiscano all’importazione delle merci. Infatti, da una parte, il pagamento dei primi sembra dipendere dall’utilizzo delle seconde, ossia da un’operazione successiva alla loro importazione, in un momento in cui la suddetta obbligazione doganale è già insorta e le merci sono già state immesse in libera pratica. Dall’altra, l’importo dei corrispettivi e dei diritti di licenza da versare non sono fissati sulla base del prezzo di ciascun prodotto importato.

29.      Quanto al primo aspetto, dagli atti emerge che l’obbligo di versare i corrispettivi o diritti di licenza corrispondenti all’uso del marchio apposto sulle merci importate dalla GE Healthcare è previsto dal contratto di licenza, eccezion fatta per i casi specifici menzionati supra al paragrafo 27 e che danno luogo ad esenzione. Ne consegue che detti corrispettivi o diritti di licenza si riferiscono in effetti alle merci importate, anche se il loro importo esatto non è determinato al momento della conclusione del contratto di licenza, o in seguito, all’atto dell’accettazione della dichiarazione in dogana o all’insorgenza dell’obbligazione doganale.

30.      Come correttamente rilevato dal governo tedesco e dalla Commissione, l’articolo 32, paragrafo 1, lettera c), del codice doganale non richiede, tra le sue condizioni di applicazione, che l’importo dei corrispettivi o dei diritti di licenza dovuto dall’acquirente delle merci importate sia già determinato all’atto dell’insorgenza dell’obbligazione doganale.

31.      Le disposizioni del regolamento di applicazione confermano che è in ogni caso possibile una rettifica ex post del prezzo da pagare dopo l’insorgenza del debito doganale. Così, in forza dell’articolo 156 bis, paragrafo 1, del regolamento d’applicazione, le autorità doganali possono, a richiesta dell’interessato, autorizzare che alcuni elementi da aggiungere al prezzo effettivamente pagato o da pagare, i quali non siano quantificabili al momento in cui sorge l’obbligazione doganale, siano calcolati sulla base di criteri adeguati e specifici. Inoltre, l’articolo 254 del medesimo regolamento consente alle autorità doganali di accettare, su richiesta del dichiarante, una dichiarazione d’immissione in libera pratica incompleta che, a norma del successivo articolo 257, può comportare una dichiarazione provvisoria del valore in dogana. La dichiarazione de qua può essere completata ulteriormente, o sostituita, alle condizioni previste agli articoli 256, 257 e 259 del regolamento medesimo.

32.      Del resto, se i corrispettivi o i diritti di licenza non potessero assolutamente essere riconosciuti come riferiti alle merci importate per il fatto che il loro importo non era determinato al momento dell’insorgenza dell’obbligazione doganale, una situazione di tal genere danneggerebbe l’effetto utile dell’articolo 32, paragrafo 1, lettera c), del codice doganale. Infatti, come risulta dal punto 14 del commento n. 3 del comitato del codice doganale (sezione del valore in dogana) relativo all’incidenza dei corrispettivi e dei diritti di licenza sul valore in dogana, i suddetti corrispettivi e diritti di licenza sono calcolati, in generale, successivamente all’importazione delle merci da valutare (13). Tale circostanza impone giustamente di differire la determinazione definitiva del valore in dogana, ai sensi, in particolare, dell’articolo 257 del regolamento d’applicazione, ovvero di ricorrere alla rettifica prevista dall’articolo 156 bis del regolamento in parola.

33.      Ne risulta, a mio avviso, che l’articolo 32, paragrafo 1, lettera c), del codice doganale non impone che l’importo dei corrispettivi o dei diritti di licenza relativi a marchi debba essere fissato, al più tardi, all’atto dell’insorgenza dell’obbligazione doganale affinché possa trovare applicazione la rettifica del valore in dogana delle merci importate prevista da detto articolo.

34.      Quanto al secondo punto, che si riferisce alla circostanza secondo cui, a norma del contratto di licenza, l’importo dei corrispettivi o dei diritti di licenza da versare è fissato indipendentemente dal prezzo di ciascuna merce importata, non consente di escludere, a mio avviso, che i corrispettivi o i diritti di licenza relativi a marchi si riferiscano o siano collegati alle merci importate.

35.      È vero che, a termini dell’articolo 161, [primo] comma, del regolamento d’applicazione, quando il metodo di calcolo dell’ammontare di un corrispettivo o di un diritto di licenza si basa sul prezzo delle merci importate, si presume che il pagamento di tale corrispettivo o diritto di licenza si riferisca alle merci oggetto della valutazione.

36.      Tale disposizione non significa tuttavia che, ove, come nel procedimento principale, il corrispettivo o il diritto di licenza non sia fissato in funzione del prezzo di ciascuna merce importata, sia escluso qualsivoglia rapporto tra i primi e la seconda.

37.      Infatti, dall’articolo 161, secondo comma, del regolamento d’applicazione risulta che il pagamento del corrispettivo o del diritto di licenza «può riferirsi alle merci oggetto della valutazione» quando l’ammontare di tale corrispettivo o diritto di licenza «venga calcolato senza tener conto del prezzo delle merci importate».

38.      Orbene, nel caso di specie, è pacifico che l’importo dei corrispettivi o dei diritti di licenza da versare corrisponda ad una percentuale del volume d’affari generato con la vendita delle merci importate cui è apposto il marchio oggetto del contratto di licenza. I corrispettivi sono così versati a fronte dell’uso del marchio apposto sulle merci importate.

39.      Tale situazione corrisponde ai due criteri enunciati all’articolo 159 del regolamento d’applicazione diretti a precisare, nel contesto particolare dei marchi di fabbrica o commerciali, la condizione relativa al fatto che il versamento dei corrispettivi o dei diritti di licenza relativi a marchi «deve riferirsi» alle merci importate. Detto articolo specifica quindi che il corrispettivo o il diritto di licenza relativo al diritto di uso di un marchio commerciale o di fabbrica va aggiunto al prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci importate «se il corrispettivo o il diritto di licenza si riferisce a merci rivendute tal quali o formanti oggetto unicamente di lavorazioni secondarie successivamente all’importazione» e se dette «merci sono commercializzate con il marchio di fabbrica, apposto prima o dopo l’importazione, per il quale si paga il corrispettivo o il diritto di licenza».

40.      Come esattamente si è verificato nella controversia principale, il pagamento di corrispettivi o diritti di licenza «si riferisce» quindi alle merci importate, recanti il marchio protetto, e più in particolare al beneficio annuale che la vendita di dette merci genera (14).

41.      Come sostenuto dal governo tedesco, il fatto che i corrispettivi o i diritti di licenza possano in parte riferirsi anche a prestazioni di servizi successive all’importazione di detti merci o, per una percentuale minima, all’uso del nome commerciale GE, non significa che i corrispettivi o i diritti di licenza non si riferiscano in alcun modo alle merci importate, ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 1, lettera c), del codice doganale.

42.      Infatti, come osservato correttamente dal governo tedesco e dalla Commissione, il regolamento d’applicazione ha previsto l’ipotesi in cui una ripartizione dei corrispettivi o dei diritti di licenza risulti necessaria per il fatto che essi si riferiscano soltanto in parte alle merci importate. A norma dell’articolo 158, paragrafo 3, del regolamento de quo, infatti, «[s]e i corrispettivi e i diritti di licenza si riferiscono in parte alle merci importate e in parte ad altri elementi o componenti aggiunti alle merci successivamente alla loro importazione, oppure ad attività o servizi svolti successivamente all’importazione, si effettua l’opportuna ripartizione, basandosi solo su dati obiettivi e quantificabili, in conformità della nota interpretativa figurante nell’allegato 23 [del regolamento d’applicazione] e relativa all’articolo 32, paragrafo 2 del codice [doganale]».

43.      L’articolo 158, paragrafo 3, del regolamento d’applicazione presuppone quindi che la condizione prevista all’articolo 32, paragrafo 1, lettera c), del codice doganale sia soddisfatta anche se i corrispettivi o i diritti di licenza si riferiscono solo in parte alle merci importate. In tal caso, la rettifica da operare sul valore in dogana di dette merci si fonderà su dati obiettivi e quantificabili che permettono di determinare l’importo dei corrispettivi o dei diritti di licenza che si riferiscono soltanto alle merci importate, ad eccezione di altri elementi o operazioni successive, comprese le prestazioni di servizi non inerenti all’importazione delle merci.

44.      Ne consegue che la condizione secondo cui, a norma dell’articolo 32, paragrafo 1, lettera c), del codice doganale, i corrispettivi o i diritti di licenza devono riferirsi alle merci importate da valutare è soddisfatta anche se detti corrispettivi o diritti di licenza si riferiscono soltanto in parte alle merci importate.

45.      Propongo pertanto alla Corte di rispondere alle prime due questioni pregiudiziali nei termini seguenti. Da un lato, l’articolo 32, paragrafo 1, lettera c), del codice doganale dev’essere interpretato nel senso che non esige che l’importo dei corrispettivi o dei diritti di licenza relativi a marchi sia già determinato nel momento dell’insorgenza dell’obbligazione doganale affinché possa trovare applicazione la rettifica, prevista dal suddetto articolo, del valore in dogana delle merci importate recanti tale marchio. Dall’altro, l’articolo 32, paragrafo 1, lettera c), del codice doganale ammette che corrispettivi o diritti di licenza relativi a marchi «si riferiscano» alle merci importate recanti il marchio stesso, ai sensi dell’articolo de quo e dell’articolo 157, paragrafo 2, del regolamento d’applicazione, anche se detti corrispettivi o diritti di licenza si riferiscono solo in parte alle merci di cui trattasi.

C –    Sulla terza questione pregiudiziale – se il pagamento di corrispettivi o di diritti di licenza relativi a marchi integri una «condizione di vendita» delle merci importate

46.      Con la terza questione, e subordinatamente alla risposta affermativa alle prime due questioni, il giudice del rinvio chiede se i corrispettivi o i diritti di licenza costituiscano una «condizione di vendita» delle merci importate, ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 1, lettera c), del codice doganale, laddove, nella controversia principale, siano richiesti da un’impresa legata tanto all’acquirente quanto al venditore e vengano assolti a favore di questa stessa impresa.

47.      Ricordo che, a norma dell’articolo 32, paragrafo 1, lettera c), del codice doganale, i corrispettivi o diritti di licenza sono inclusi nel valore in dogana delle merci importate se l’acquirente è «tenuto» a versarli direttamente o indirettamente, quale «condizione di vendita» delle merci da valutare. L’articolo 157, paragrafo 2, del regolamento d’applicazione riprende detta condizione.

48.      Né l’articolo 32, paragrafo 1, lettera c), del codice doganale, né l’articolo 157, paragrafo 2, del regolamento d’applicazione precisano, tuttavia, cosa debba intendersi per «condizione di vendita» delle merci importate.

49.      Al punto 12 del commento n. 3 del comitato del codice doganale (sezione del valore in dogana) relativo all’incidenza dei corrispettivi e dei diritti di licenza sul valore in dogana si afferma che si tratta di verificare se il venditore sia disposto a vendere le merci senza che siano pagati un corrispettivo o un diritto di licenza. Tale condizione può essere esplicita o implicita, senza che risulti necessariamente dalle disposizioni dell’accordo di licenza.

50.      Come già ricordato, pur non essendo giuridicamente vincolanti, i pareri o le conclusioni del comitato del codice doganale costituiscono strumenti importanti per garantire un’uniforme applicazione del codice doganale da parte delle autorità doganali degli Stati membri e possono, in quanto tali, essere considerati strumenti validi per l’interpretazione del detto codice (15).

51.      È infatti, a mio avviso, del tutto corretto ritenere che il pagamento di un corrispettivo o di un diritto di licenza costituisca una «condizione di vendita» delle merci importate qualora il venditore (o la persona ad esso legata) non sia disposto a vendere o non possa vendere la merce senza che il corrispettivo o il diritto di licenza sia versato ovvero, in altre parole, qualora l’acquirente non possa acquistare le merci importate senza corrispondere il corrispettivo o il diritto di licenza (16).

52.      La valutazione se detta condizione ricorra o meno spetta al giudice del rinvio alla luce dell’insieme dei documenti – tra cui in particolare il contratto di licenza e i contratti di vendita delle merci – e delle circostanze della controversia principale.

53.      A tal riguardo, osservo che la terza questione posta dal giudice del rinvio sembra muovere dal presupposto che la condizione enunciata all’articolo 32, paragrafo 1, lettera c), del codice doganale e dell’articolo 157, paragrafo 2, del regolamento d’applicazione, possa essere a priori soddisfatta.

54.      Il giudice del rinvio si chiede, tuttavia, se la controversia principale, caratterizzata da una triangolazione di rapporti (acquirente‑licenziatario, venditore e datore di licenza) all’interno di un medesimo gruppo di società, corrisponda alla fattispecie contemplata all’articolo 160 del regolamento d’applicazione. Infatti, a norma di detta disposizione, «[q]ualora l’acquirente paghi un corrispettivo o un diritto di licenza a un terzo, le condizioni previste dall’articolo 157, paragrafo 2 [del regolamento d’applicazione] si considerano soddisfatte solo se il venditore o una persona ad esso legata chiede all’acquirente di effettuare tale pagamento» (17).

55.      È pacifico, nella controversia principale, che il beneficiario del versamento dei corrispettivi o dei diritti di licenza sia lo stesso soggetto che ne chiede il versamento alla GE Healthcare.

56.      Sul piano dell’interpretazione dell’articolo 160 del regolamento d’applicazione, si tratta di accertare se il «terzo» beneficiario e «la persona legata» al venditore possano validamente essere un medesimo soggetto. In pratica, in caso affermativo, la condizione prevista all’articolo 32, paragrafo 1, lettera c), del codice doganale e all’articolo 157, paragrafo 2, del regolamento d’applicazione, secondo cui il pagamento di corrispettivi o diritti di licenza dev’essere «una condizione di vendita» delle merci importate, potrà essere considerata soddisfatta.

57.      Ad eccezione della ricorrente nel procedimento principale, che si fonda essenzialmente sulla versione tedesca dell’articolo 160 del regolamento d’applicazione e ritiene, in definitiva, che l’articolo in parola si applichi soltanto nei rapporti quadrangolari nei quali il «terzo» sia una persona distinta dall’acquirente, dal venditore e dalla «persona legata» a quest’ultimo, le parti che hanno depositato osservazioni scritte ritengono che né il codice doganale, né il regolamento d’applicazione escludano che il beneficiario del versamento dei corrispettivi o dei diritti di licenza e la persona legata al venditore delle merci importate siano un’unica entità o persona.

58.      Condivido parimenti tale tesi.

59.      Desidero anzitutto precisare che il giudice del rinvio non chiede alla Corte di pronunciarsi sulla natura dei rapporti o sull’intensità dei legami che devono sussistere tra il venditore e la persona «ad esso legata». Esso presuppone, infatti, che la società M. sia legata al venditore/ai venditori di merci importate dalla GE Healthcare in forza della circostanza che tutte le suddette imprese sono società appartenenti al gruppo GE e sono controllate, direttamente o indirettamente, dalla società madre di quest’ultimo.

60.      Alla luce degli elementi forniti dal giudice del rinvio, tale postulato mi sembra corretto. Infatti, dall’articolo 143, paragrafo 1, lettera f), del regolamento d’applicazione, pertinente ai fini dell’interpretazione delle disposizioni del codice doganale e del regolamento d’applicazione in materia di valore in dogana delle merci, risulta che le persone sono considerate legate se «l’una e l’altra sono direttamente o indirettamente controllate da una terza persona».

61.      Così, come riconosciuto dal governo tedesco, la versione in lingua tedesca dell’articolo 160 del regolamento d’applicazione, nella misura in cui sembra fare riferimento, nella seconda parte di detta disposizione, a una persona terza rispetto sia al venditore sia alla persona legata a quest’ultimo (18), potrebbe legittimare l’interpretazione sostenuta dalla parte ricorrente nel procedimento principale.

62.      Tuttavia, secondo costante giurisprudenza, la formulazione utilizzata in una delle versioni linguistiche di una disposizione del diritto dell’Unione non può essere l’unico elemento a sostegno dell’interpretazione di questa disposizione né si può attribuire ad essa un carattere prioritario rispetto alle altre versioni linguistiche. Le norme di diritto dell’Unione devono, infatti, essere interpretate ed applicate in modo uniforme, alla luce delle versioni vigenti in tutte le lingue dell’Unione. In caso di difformità tra le diverse versioni linguistiche di un testo di diritto dell’Unione, la disposizione di cui è causa deve essere interpretata in funzione dell’economia generale e della finalità della normativa di cui essa fa parte (19).

63.      Orbene, nessuna delle altre versioni linguistiche dell’articolo 160 del regolamento d’applicazione contiene un secondo riferimento al «terzo» cui viene effettuato il pagamento dei corrispettivi o dei diritti di licenza (20).

64.      Tale punto non è peraltro decisivo. Infatti, l’obbligazione che grava sull’acquirente di effettuare «tale pagamento» (in inglese «that payment») si riferisce evidentemente al pagamento dei corrispettivi o dei diritti di licenza che l’acquirente deve effettuare a favore del «terzo».

65.      Il fatto che una persona legata al venditore non sia qualificata come «terzo», ai sensi dell’articolo 160 del regolamento d’applicazione, non significa che il versamento dei corrispettivi o dei diritti di licenza non costituisca una «condizione di vendita» delle merci importate, ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 1, lettera c), del codice doganale.

66.      Infatti, ciò che rileva, a mio avviso, non è tanto la persona a favore della quale sono versati i corrispettivi o i diritti di licenza ma, come già rilevato, la questione se l’acquirente delle merci importate sia in grado o meno di acquistarle dal venditore senza doverli assolvere. In altre parole, a prescindere dalla questione se si tratti di una triangolazione o di una quadrangolazione di rapporti, non rileva quando il venditore o la persona ed esso legata richiede, in una maniera o nell’altra, all’acquirente delle merci importate di effettuare il pagamento di corrispettivi o diritti di licenza. Si tratta, in definitiva, di sapere se la persona legata al venditore benefici di un potere di costrizione o di controllo sull’acquirente e/o sul venditore tale da garantire che le merci coperte dal marchio oggetto del contratto di licenza siano importate solo a fronte del versamento di corrispettivi o di diritti di licenza relativi a marchi.

67.      Indubbiamente, se l’acquirente è tenuto a versare i corrispettivi o i diritti di licenza al venditore delle merci importate, il criterio della «condizione di vendita», ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 1, lettera c), del codice doganale, è soddisfatto e non si pone la questione se debba essere applicato l’articolo 160 del regolamento d’applicazione. Allo stesso modo, se il pagamento dei corrispettivi o dei diritti di licenza dev’essere effettuato a favore di una persona legata al venditore affinché quest’ultimo acconsenta a fornire le merci all’acquirente, si può presumere che detto pagamento integri una «condizione di vendita» delle merci di cui trattasi.

68.      Nel caso della controversia principale – nell’ambito della quale sembra che, in seno a un gruppo multinazionale di società tra loro collegate, il versamento di corrispettivi o diritti di licenza relativi a marchi sia richiesto dalla persona legata al venditore a favore di detta stessa persona legata – si può anche presumere che il venditore fornisca le merci recanti il marchio protetto all’acquirente unicamente in quanto questi deve versare i corrispettivi o i diritti di licenza relativi a marchi alla persona ad esso legata.

69.      Tale interpretazione trova conferma anche nel punto 13 del commento n. 3 del comitato del codice doganale (sezione del valore in dogana) relativo all’incidenza dei corrispettivi e dei diritti di licenza sul valore in dogana, in base al quale può considerarsi che il venditore o una persona al medesimo legata abbiano chiesto all’acquirente di effettuare il pagamento quando in un gruppo multinazionale le merci vengono acquistate da un membro del gruppo e il corrispettivo dev’essere versato a un altro membro dello stesso gruppo.

70.      Come fatto valere, essenzialmente, dai governi tedesco e italiano, solo un’interpretazione siffatta consente di garantire che i rapporti tra le controllate di un gruppo multinazionale di società in seno al quale le prime sono soggette alle direttive interne della società madre del gruppo secondo un modello commerciale strategico, non sfuggano al campo di applicazione dell’articolo 32, paragrafo 1, lettera c), del codice doganale.

71.      Nel caso di specie, il giudice del rinvio ha confermato che la società M., concedente la licenza, legata ai venditori appartenenti al gruppo GE, godeva di ampi poteri di controllo sulla GE Healthcare.

72.      È vero che, in una fattispecie come quella oggetto della controversia principale, l’acquirente è in grado di creare una certa concorrenza tra i venditori di uno stesso gruppo, potendosi rivolgere a più fornitori per importare le merci recanti il marchio protetto.

73.      Orbene, a norma dell’articolo 159, terzo trattino, del regolamento d’applicazione, il corrispettivo o il diritto di licenza relativo al diritto di utilizzare un marchio commerciale o di fabbrica va aggiunto al prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci importate solo se «l’acquirente non è libero di ottenere tali merci da altri fornitori non legati al venditore».

74.      Tale condizione è, a mio avviso, soddisfatta e la rettifica prevista all’articolo 32, paragrafo 1, lettera c), del codice doganale dev’essere effettuata ove risulti – circostanza di cui sono convinto e che può essere presunta, ma che il giudice deve verificare alla luce di tutti gli atti di causa – che tali fornitori siano essi stessi vincolati alle direttive interne del gruppo di società e possano vendere le merci all’acquirente solo ove questi versi i corrispettivi o i diritti di licenza relativi a marchi. Infatti, considerato che il contratto di licenza è stato concluso con un’altra società del gruppo, anteriormente alla vendita delle merci recanti il marchio protetto, si può presumere, in linea generale, che i fornitori di queste ultime acconsentano alla vendita a favore dell’acquirente solo in ragione del fatto che questi è già legato dal contratto di licenza.

75.      La circostanza, menzionata dalla ricorrente nel procedimento principale, che l’importo dei corrispettivi o dei diritti di licenza non sia noto al momento dell’importazione delle merci e all’atto dell’insorgenza dell’obbligazione doganale, dipendendo tale importo dal fatturato realizzato dalla Healthcare mediante la commercializzazione a terzi di merci importate recanti il marchio protetto, non incide sul fatto che i corrispettivi o i diritti di licenza siano dovuti per effetto del contratto di licenza per dette merci. Si può quindi presumere che, in seno a uno stesso gruppo di società, in assenza di assolvimento dei corrispettivi o dei diritti di licenza in questione, il venditore delle merci non avrebbe acconsentito a fornirle alla GE Healthcare.

76.      Infine, ove si accogliesse l’interpretazione formale desunta dal tenore letterale dell’articolo 160 del regolamento d’applicazione e sostenuta dalla ricorrente nel procedimento principale, solo i corrispettivi o i diritti di licenza versati dall’acquirente delle merci importate a un’impresa terza rispetto al gruppo di società potrebbero essere considerati come una «condizione di vendita» delle merci ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 1, lettera c), del codice doganale. Orbene, mi risulta difficile comprendere i motivi per i quali tale condizione non dovrebbe essere soddisfatta, in presenza di circostanze identiche, per il solo fatto che il pagamento dei corrispettivi o dei diritti di licenza del marchio avvenga in seno allo stesso gruppo di società.

77.      A mio avviso, una siffatta interpretazione formale dell’articolo 160 del regolamento d’applicazione si risolverebbe nel privare l’articolo 32, paragrafo 1, lettera c), del codice doganale di parte del suo effetto utile. Infatti, tale interpretazione lederebbe, senza alcuna giustificazione economica, l’obiettivo perseguito da quest’ultimo articolo – nonché, in termini più generali, dalle disposizioni del codice doganale in materia di valore in dogana delle merci – che, ricordo, è quello di garantire che le rettifiche del prezzo pagato o da pagare delle merci importate permettano di riflettere il valore reale di queste ultime tenendo conto del valore economico dell’insieme degli elementi che lo compongono.

78.      Suggerisco pertanto di rispondere alla terza questione pregiudiziale nei termini seguenti: l’articolo 32, paragrafo 1, lettera c), del codice doganale e gli articoli 159 e 160 del regolamento d’applicazione devono essere interpretati nel senso che il pagamento di corrispettivi o di diritti di licenza relativi a marchi può costituire una «condizione di vendita» delle merci importate laddove, in seno a uno stesso gruppo di società, l’impresa a favore della quale detti corrispettivi o diritti di licenza relativi a marchi sono versati sia legata tanto al venditore quanto all’acquirente di dette merci e quest’ultimo sia obbligato a versare i corrispettivi o i diritti di licenza relativi a marchi a richiesta del venditore o dell’impresa ad esso legata senza potersi rifornire da un altro fornitore non legato al venditore. Spetta al giudice del rinvio verificare se tali condizioni ricorrano nel procedimento principale.

D –    Sulla quarta questione pregiudiziale – se la rettifica prevista all’articolo 32 del codice doganale si applichi soltanto al valore in dogana quantificato a norma dell’articolo 29 del codice in parola

79.      Con la quarta questione, formulata soltanto nell’eventualità di una risposta affermativa alla questione precedente, il giudice del rinvio si chiede essenzialmente se la rettifica prevista all’articolo 32, paragrafo 1, lettera c), del codice doganale – che consisterebbe in una ripartizione appropriata sulla base di dati obiettivi e quantificabili a norma dell’articolo 158, paragrafo 3, del regolamento d’applicazione tra, da una parte, i corrispettivi o i diritti di licenza relativi a marchi riferiti alle merci importate e, dall’altra, quelli relativi ai servizi erogati dalla GE Healthcare – possa essere compiuta soltanto ove il valore in dogana possa essere determinato sulla base del valore di transazione indicato all’articolo 29 del codice doganale ma non su quello fondato sul metodo sussidiario, previsto all’articolo 31 del codice in parola, cui l’articolo 32 di detto stesso codice non rinvia espressamente.

80.      Sulla base della sola domanda di pronuncia pregiudiziale non è agevole comprendere l’origine della suddetta questione, né l’utilità di una risposta da parte della Corte.

81.      Informazioni utili ai fini della risposta della Corte si ricavano tuttavia dagli atti e dalle osservazioni delle parti interessate. Da tali elementi risulta quindi che per l’esercizio fiscale relativo all’anno 2009, l’ufficio doganale centrale di Düsseldorf, essendo stato informato della ripartizione del volume d’affari della GE Healthcare tra la parte relativa alle merci importate recanti il marchio protetto e quella relativa ai servizi prestati dall’impresa de qua, ha potuto applicare la rettifica ex articolo 32, paragrafo 1, lettera c), del codice doganale (e quindi maggiorare il valore di transazione fondato sull’applicazione dell’articolo 29 del codice de quo), corrispondente soltanto a una percentuale del volume d’affari prodotto con la vendita delle merci importate.

82.      Per contro, sembra che per vari esercizi fiscali precedenti, l’ufficio doganale centrale di Düsseldorf non abbia ricevuto informazioni sufficienti per consentire di effettuare la rettifica del valore di transazione. Considerato che l’ufficio doganale centrale di Düsseldorf non si è potuto fondare sull’articolo 29 del codice doganale, né, a quanto mi sembra, sul metodo di cui all’articolo 30 dello stesso codice, esso sembra aver applicato il metodo sussidiario di determinazione del valore in dogana previsto, in via sussidiaria, dall’articolo 31 del suddetto codice.

83.      Considerato che la parte iniziale dell’articolo 32 del codice doganale, relativa alle rettifiche da compiere, si riferisce espressamente soltanto al «valore in dogana ai sensi dell’articolo 29» del suddetto codice e non a quello fissato a norma del suo articolo 31, il giudice del rinvio si chiede, in definitiva, se l’impossibilità di determinare il valore di transazione in ragione del rifiuto della GE Healthcare di fornire l’insieme delle informazioni relative alla ripartizione del proprio volume d’affari per gli esercizi fiscali di cui trattasi impedisca all’ufficio doganale centrale di Düsseldorf di maggiorare il valore in dogana delle merci importate recanti il marchio protetto sulla base dei dati di cui esso dispone per l’esercizio fiscale dell’anno 2009.

84.      Alla luce delle suesposte precisazioni, si deve rammentare che è pacifico che il valore in dogana delle merci importate debba, anzitutto, essere determinato sulla base del valore di transazione previsto all’articolo 29 del codice doganale. Se ciò non è possibile in base al suddetto articolo, la determinazione del valore in dogana è compiuta in conformità delle disposizioni dell’articolo 30 del codice de quo. Qualora non sia più possibile determinare il valore in dogana delle merci importate sulla base di quest’ultimo articolo, la valutazione in dogana è effettuata conformemente alle disposizioni dell’articolo 31 di tale codice. Le suddette tre disposizioni sono quindi legate tra loro da un nesso di sussidiarietà (21).

85.      In quanto metodo sussidiario, l’articolo 31, paragrafo 1, del codice doganale permette di determinare il valore in dogana delle merci importate «sulla base dei dati disponibili nella Comunità, ricorrendo a mezzi ragionevoli compatibili con i principi e con le disposizioni generali», in particolare «delle disposizioni del (…) capitolo [3 di detto codice in materia di valore in dogana delle merci]».

86.      Tale rinvio alle disposizioni del capitolo 3 del codice doganale implica che i principi e le disposizioni generali del capitolo in parola, in cui rientra l’articolo 32, si applicano anche nel caso in cui il valore in dogana sia determinato in conformità dell’articolo 31, paragrafo 1, del codice doganale.

87.      Si tratta quindi di applicare, nel quadro di detta disposizione, i metodi di valutazione del valore in dogana con una «ragionevole elasticità» nel rispetto, segnatamente, dei principi che disciplinano la determinazione del valore de quo (22).

88.      Il rimando ai principi del capitolo 3 del codice doganale significa, da una parte, che la determinazione del valore in dogana esclude l’impiego di valori in dogana arbitrari o fittizi (23), come ricorda peraltro l’articolo 31, paragrafo 2, lettera f), del codice doganale.

89.      In tale prospettiva, è quindi possibile, a mio avviso, come prevede il giudice del rinvio, ricorrere, per analogia, alla ripartizione prevista all’articolo 158, paragrafo 3, del regolamento d’applicazione, secondo cui «[s]e i corrispettivi e i diritti di licenza si riferiscono in parte alle merci importate e in parte (…) [a] servizi svolti successivamente all’importazione, si effettua l’opportuna ripartizione, basandosi solo su dati obiettivi e quantificabili (…)». Come osservato dal giudice del rinvio, spetta a quest’ultimo verificare se esistano «dati obiettivi e quantificabili» sulla base dei quali è possibile procedere a una ripartizione analoga a quella prevista all’articolo 158, paragrafo 3, del regolamento d’applicazione.

90.      D’altra parte, e in modo corrispondente, la determinazione del valore in dogana in conformità dell’articolo 31, paragrafo 1, del codice doganale deve anche soddisfare il principio secondo cui il valore in parola deve riflettere il valore reale delle merci importate, tenendo conto dell’insieme degli elementi che le compongono e che possiedono un valore economico.

91.      Nel caso in cui un’impresa non fornisca o trasmetta in maniera incompleta alle autorità doganali di uno Stato membro le informazioni relative a uno o più esercizi fiscali necessarie per determinare il valore di transazione delle merci importate recanti un marchio protetto, le autorità medesime possono ricorrere, sotto il controllo dei giudici nazionali, al metodo previsto all’articolo 31, paragrafo 1, del codice doganale e prendere in considerazione i dati disponibili nella Comunità in loro possesso, in particolare quelli relativi ad altri esercizi fiscali dell’impresa medesima. Questi ultimi dati possono, in linea di principio, essere considerati «obiettivi e quantificabili» ai sensi dell’articolo 158, paragrafo 3, del regolamento d’applicazione e quindi permettere che sia realizzata l’opportuna ripartizione prevista dal suddetto articolo. Come hanno affermato giustamente la Commissione e il governo tedesco, una decisione diversa autorizzerebbe un operatore economico a beneficiare di un vantaggio indebito traendo beneficio dal suo rifiuto di trasmettere l’insieme delle informazioni richieste che permetterebbero di effettuare la valutazione corretta del valore in dogana delle merci importate.

92.      Suggerisco pertanto di rispondere alla quarta questione pregiudiziale nei termini seguenti: la rettifica prevista all’articolo 32, paragrafo 1, lettera c), del codice doganale e l’opportuna ripartizione sulla base di dati obiettivi e quantificabili prevista all’articolo 158, paragrafo 3, del regolamento d’applicazione tra, da una parte, i corrispettivi o i diritti di licenza relativi a marchi riferiti alle merci importate e, dall’altra, quelli relativi ai servizi erogati a seguito dell’importazione sono ammesse nel caso in cui il valore in dogana delle merci non può essere determinato sulla base del valore di transazione indicato all’articolo 29 del codice doganale, ma solo ricorrendo al metodo sussidiario previsto all’articolo 31, paragrafo 1, del codice in parola.

IV – Conclusione

93.      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alla domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Finanzgericht Düsseldorf (Tribunale tributario di Düsseldorf, Germania) nel modo seguente:

«1.      L’articolo 32, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario, come modificato dal regolamento (CE) n. 1791/2006 del Consiglio, del 20 novembre 2006 dev’essere interpretato nel senso che non esige che l’importo dei corrispettivi o dei diritti di licenza relativi a marchi sia già determinato nel momento dell’insorgenza dell’obbligazione doganale affinché possa trovare applicazione la rettifica, prevista dall’articolo medesimo, del valore in dogana delle merci importate recanti tale marchio.

2.      L’articolo 32, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 2913/92, come modificato dal regolamento n. 1791/2006, dev’essere interpretato nel senso che consente che corrispettivi o diritti di licenza relativi a marchi “si riferiscano” a merci importate recanti il suddetto marchio ai sensi dell’articolo in parola e dell’articolo 157, paragrafo 2, del regolamento (CEE) n. 2454/93 della Commissione, del 2 luglio 1993, che fissa talune disposizioni d’applicazione del regolamento n. 2913/92, come modificato dal regolamento (CE) n. 1792/2006, della Commissione, del 23 ottobre 2006, anche se detti corrispettivi o diritti di licenza si riferiscono solo in parte alle merci di cui trattasi.

3.      L’articolo 32, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 2913/92, come modificato dal regolamento n. 1791/2006, e gli articoli 159 e 160 del regolamento n. 2454/93, come modificato dal regolamento n. 1792/2006, devono essere interpretati nel senso che il pagamento di corrispettivi o di diritti di licenza relativi a marchi può costituire una “condizione di vendita” delle merci importate qualora, in seno a uno stesso gruppo di società, l’impresa a favore della quale detti corrispettivi o diritti di licenza relativi a marchi siano assolti sia legata tanto al venditore quanto all’acquirente delle merci stesse e quest’ultimo sia obbligato a versare i corrispettivi o i diritti di licenza relativi a marchi a richiesta del venditore o dell’impresa ad esso legata senza potersi rifornire da un altro fornitore non legato al venditore. Spetta al giudice del rinvio verificare se tali condizioni ricorrano nel procedimento principale.

4.      La rettifica prevista all’articolo 32, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 2913/92, come modificato dal regolamento n. 1791/2006, e l’opportuna ripartizione sulla base di dati obiettivi e quantificabili prevista all’articolo 158, paragrafo 3, del regolamento n. 2454/93, come modificato dal regolamento n. 1792/2006, tra i corrispettivi o i diritti di licenza relativi a marchi riferiti alle merci importate, da un lato, e, dall’altro, quelli relativi ai servizi erogati a seguito dell’importazione sono consentite nel caso in cui il valore in dogana delle merci non può essere determinato sulla base del valore di transazione indicato all’articolo 29 del regolamento n. 2913/92, come modificato dal regolamento n. 1791/2006, , ma solo ricorrendo al metodo sussidiario previsto all’articolo 31, paragrafo 1, dello stesso regolamento n. 2913/92, come modificato dal regolamento n. 1791/2006».


1 – Lingua originale: il francese.


2 – GU 1992, L 302, pag. 1.


3 – GU 2006, L 363, pag. 1.


4 – Si consideri che il codice doganale, quale risultava dal regolamento n. 2913/92, è stato prima oggetto di una «modernizzazione» [regolamento (CE) n. 450/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, che istituisce il codice doganale comunitario (codice doganale aggiornato) (GU 2008, L 145, pag. 1)] e poi è stato sostituito, a decorrere dal 1o maggio 2016, dal codice doganale dell’Unione [regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 ottobre 2013 che istituisce il codice doganale dell’Unione (GU 2013, L 269, pag. 1)].


5 – GU 1993, L 253, pag. 1.


6 – GU 2006, L 362, pag. 1.


7 – Si osservi che detto regolamento è stato abrogato con effetto a decorrere dal 1o maggio 2016 dal regolamento di esecuzione (UE) n. 2016/481 della Commissione, del 1o aprile 2016 (GU 2016, L 87, pag. 24).


8 – In base all’allegato al contratto di licenza, si tratta di un marchio figurativo GE, accompagnato dagli slogan «We Bring Good Things to Life» e «Imagination at Work».


9 – V., in particolare, in tal senso, sentenze del 20 novembre 2003, Kyocera (C‑152/01, EU:C:2003:623, punto 35); del 16 novembre 2006, Compaq Computer International Corporation (C‑306/04, EU:C:2006:716, punto 30); del 12 dicembre 2013, Christodoulou e a. (C‑116/12, EU:C:2013:825, punto 36), e del 16 giugno 2016, EURO 2004. Hungary (C‑291/15, EU:C:2016:455, punto 23).


10 – V., in particolare, sentenze del 16 novembre 2006, Compaq Computer International Corporation (C‑306/04, EU:C:2006:716, punto 30); del 12 dicembre 2013, Christodoulou e a. (C‑116/12, EU:C:2013:825, punto 40), e del 16 giugno 2016, EURO 2004. Hungary (C‑291/15, EU:C:2016:455, punto 26).


11 – V., in tal senso, sentenze del 16 novembre 2006, Compaq Computer International Corporation (C‑306/04, EU:C:2006:716, punto 19); del 12 dicembre 2013, Christodoulou e a. (C‑116/12, EU:C:2013:825, punti 38, 44 e 50); del 21 gennaio 2016, Valsts ieņēmumu dienests (C‑430/14, EU:C:2016:43, punto 15), e del 16 giugno 2016, EURO 2004. Hungary (C‑291/15, EU:C:2016:455, punto 24).


12 – La questione se la GE Healthcare abbia agito correttamente non includendo, in un primo momento, i corrispettivi e diritti di licenza di cui trattasi nel valore in dogana delle merci da essa importate dipende dalla sussistenza o meno delle altre condizioni elencate nell’articolo 32, paragrafo 1, lettera c), del codice doganale.


13 – Ricordo, ad ogni fine utile, che il comitato del codice doganale è stato istituito con l’obiettivo di garantire una collaborazione stretta ed efficace tra gli Stati membri e la Commissione in detto settore. In base all’articolo 249 del codice doganale, il comitato può esaminare qualsiasi questione attinente alla normativa doganale che sia sollevata dal presidente su iniziativa di questi oppure su richiesta del rappresentante di uno Stato membro. I pareri o le conclusioni tratte dal comitato del codice doganale, pur non essendo giuridicamente vincolanti, costituiscono tuttavia strumenti importanti per garantire un’uniforme applicazione del codice doganale da parte delle autorità doganali degli Stati membri e possono, in quanto tali, essere considerati strumenti validi per l’interpretazione del detto codice [v., in tal senso, sentenze dell’11 maggio 2006, Friesland Coberco Dairy Foods (C‑11/05, EU:C:2006:312, punti 39 e 40); del 22 maggio 2008, Ecco Sko (C‑165/07, EU:C:2008:302, punto 47), e del 6 febbraio 2014, Humeau Beaupréau (C‑2/13, EU:C:2014:48, punto 51)].


14 – In base alle osservazioni del governo tedesco, sembra che l’adozione di tale modalità di calcolo dei corrispettivi o dei diritti di licenza relativi a marchi in funzione del beneficio generato dalla vendita delle merci importate sia volta a garantire una ripartizione equilibrata dei rischi tra il titolare della licenza e il licenziatario, posto che quest’ultimo non deve sostenere il rischio di dover versare anticipatamente corrispettivi o diritti di licenza in funzione del prezzo di acquisto delle merci o del numero di unità acquistate senza sapere se otterrà benefici dalla vendita dei prodotti oggetto di licenza. Sempre per questo motivo, nel contesto del contratto di licenza oggetto della controversia principale, le merci importate in licenza utilizzate in particolare come campioni, a fini di controllo o non commerciali, sono esenti dal pagamento di corrispettivi o di diritti di licenza.


15 – V. nota 13 supra.


16 – V., inoltre, il punto 1 del commento n. 11 del comitato del codice doganale (sezione valore in dogana) relativo all’applicazione dell’articolo 32, paragrafo 1, lettera c), del codice doganale, relativo ai diritti e ai corrispettivi pagati a un terzo ai sensi dell’articolo 160 del regolamento (CEE) n. 2454/93.


17 – Il corsivo è mio.


18 – La versione tedesca dell’articolo 160 del regolamento d’applicazione è formulata come segue: «Zahlt der Käufer eine Lizenzgebühr an einen Dritten, so gelten die Voraussetzungen des Artikels 157 Absatz 2 nur dann als erfüllt, wenn der Verkäufer oder eine mit diesem verbundene Person die Zahlung an diese dritte Person vom Käufer verlangt» (il corsivo è mio).


19 – V., in particolare, sentenze del 9 aprile 2014, GSV (C‑74/13, EU:C:2014:243, punto 27), e del 15 novembre 2012, Kurcums Metal (C‑558/11, EU:C:2012:721, punto 48).


20 – V., in particolare, oltre alla versione francese, le versioni dell’articolo 160 del regolamento d’applicazione in lingua inglese «When the buyer pays royalties or licence fees to a third party, the conditions provided for in Article 157 (2) shall not be considered as met unless the seller or a person related to him requires the buyer to make that payment», in lingua spagnola «(…), vendedor, o una persona vinculada al mismo, pide al comprador que efectúe dicho pago», in lingua italiana «(…) se il venditore o una persona ad esso legata chiede all’acquirente di effettuare tale pagamento», in lingua portoghese «(…) vendedor o uma persoa a este vinculada pedir ao comprador para efectuar esse pagamento» e in lingua finlandese «myyjä tai myyjään etuyhteydessä oleva henkilö pyytää ostajaa suosittamaan tämään maskun».


21 – V. sentenze del 12 dicembre 2013, Christodoulou e a. (C‑116/12, EU:C:2013:825, punti da 41 a 43), e del 16 giugno 2016, EURO 2004. Hungary (C‑291/15, EU:C:2016:455, punti da 27 a 29).


22 – V., in tal senso, sentenza del 28 febbraio 2008, Carboni e derivati (C‑263/06, EU:C:2008:128, punti 60 e 61).


23 – V. in particolare, in tal senso, sentenza del 28 febbraio 2008, Carboni e derivati (C‑263/06, EU:C:2008:128, punto 60).