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Ricorso proposto il 12 luglio 2019 – Corneli/BCE

(Causa T-501/19)

Lingua processuale: l’italiano

Parti

Ricorrente: Francesca Corneli (Velletri, Italia) (rappresentante: F. Ferraro, avvocato)

Convenuta: Banca centrale europea

Conclusioni

La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

Annullare la decisione del Comitato esecutivo della BCE, prot. L/LDG/19/182 del 29 maggio 2019, con la quale è stato negato l’accesso alla decisione della BCE di porre Banca Carige S.p.A., con sede a Genova - Italia in amministrazione straordinaria e al relativo fascicolo, con ordine alla convenuta di esibire e depositare in giudizio la predetta decisione e tutti gli atti presupposti, preparatori, connessi e consequenziali;

Con vittoria degli onorari e delle spese del giudizio.

Motivi e principali argomenti

Il presente ricorso ha per oggetto l’annullamento della decisione del Comitato esecutivo della BCE, prot. L/LDG/19/182 del 29 maggio 2019, con la quale è stato negato l’accesso alla decisione della BCE di porre Banca Carige S.p.A., con sede a Genova - Italia in amministrazione straordinaria e al relativo fascicolo, con ordine alla convenuta di esibire e depositare in giudizio la predetta decisione e tutti gli atti presupposti, preparatori, connessi e consequenziali.

A sostegno del ricorso, la ricorrente deduce quattro motivi.

Primo motivo, vertente sulla Violazione dell’art. 4 della Decisione BCE 2004/3, e sull’erronea applicazione dell’eccezione relativa alla riservatezza delle informazioni, tutelata come tale dal diritto dell’Unione.

Si fa valere a questo riguardo l’illegittimità della decisione impugnata, in quanto priva di elementi concreti, che indichino le parti riservate del documento controverso, la loro funzione e il loro scopo in seno alla BCE e i rischi che presenterebbe la loro divulgazione. Nel bilanciamento dei diversi interessi, si ritiene che il concreto interesse dei risparmiatori a tutelare la loro partecipazione azionaria nonché l’efficienza e la trasparenza della governance della società non possano che prevalere sulla generale e non motivata esigenza generale di tutelare i procedimenti di vigilanza.

Secondo motivo, vertente su un difetto di motivazione sul carattere riservato del documento richiesto.

Si fa valere a questo riguardo che La BCE non offre alcuna motivazione sulla natura “riservata” che avrebbe il provvedimento impugnato, limitandosi ad affermare in modo apodittico che la tutela dei propri procedimenti di vigilanza giustifica il diniego di accesso.

Terzo motivo, vertente sulla violazione degli art. 7, par. 1 e 8, par. 1, della Decisione BCE 2004/3, e su un difetto di motivazione.

Si contesta una grave violazione degli artt. 7, par. 1 e 8, par. 1, della Decisione 2004/3 e un difetto di motivazione, non sussistendo i presupposti per invocare una presunzione generale di riservatezza e non avendo la BCE comunque effettuato una valutazione concreta dei documenti per i quali è stato richiesto l’accesso.

Quarto motivo, vertente sulla violazione del diritto fondamentale ad una tutela giurisdizionale effettiva (Art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea) e degli artt. 7, par. 3, e 8, par. 2, della Decisione BCE 2004/3.

Si evidenzia che la BCE non può vanificare del tutto gli interessi delle parti destinatarie del provvedimento, ivi compresi gli azionisti stessi della Banca, che hanno diritto a una tutela effettiva, ai sensi dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, contro il c.d. “cattivo” esercizio del potere pubblico. La BCE ha violato anche gli artt. 7, par. 3, e 8, par. 2, della Decisione BCE 2004/3, poiché ha più volte richiamato un carico eccezionalmente elevato di lavoro, senza fornire alcuna prova al riguardo, al fine di prorogare di ulteriori 20 giorni il termine previsto per la risposta alla richiesta di accesso proposta dalla ricorrente.

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